Tesina diDamiano Cristini Classe: 5° Bm Materie: – – – – – Meccanica; Tecnologia; Sistemi; Storia; Italiano; La Motocicletta Per me, come per molte altre persone in tutto il mondo, la Motocicletta, comunemente chiamata anche Moto, più che un semplice mezzo di trasporto è una vera e propria passione. Ho scelto di basare la mia Tesina su questa tematica perchè sono dell'idea che lavorare su ciò che ci appassiona trasforma il lavoro in assoluto piacere. Meccanica Le Ruote Dentate In una Motocicletta, come in una qualsiasi altra macchina che necessita di una trasmissione del moto, giocano un ruolo fondamentale le Ruote Dentate. Gli ingranaggi sono composti da coppie di ruote munite di denti che ingranano tra di loro, la forma dei denti deve essere tale per cui ognuno di essi, durante la rotazione, possa impegnarsi nel vano compreso fra due denti dell'altra ruota, permettendo appunto la trasmissione del moto. Nelle coppie di ruote dentate vi sono: – una ruota o corona, ovvero quella con il numero di denti maggiore; – un pignone o rocchetto, ovvero la ruota con il numero di denti minore; – il rapporto di ingranaggio (u), è il rapporto tra il numero di denti della ruota e del pignone; – il rapporto di trasmissione (i), è il rapporto tra la velocità angolare (o anche il numero di giri) della prima ruota motrice e l'ultima ruota condotta. Una ruota dentata dispone delle seguenti caratteristiche: – diametro primitivo (Dp), è il diametro della ruota di frizione fittizia capace di trasmettere il moto con lo stesso rapporto di trasmissione della ruota dentata; – diametro esterno (De), è il diametro di tornitura esterno della ruota; – diametro interno (Di), è il diametro tangente al fondo dei vani; – passo della dentatura (p), è la distanza fra gli assi di due denti consecutivi, misurata in corrispondenza della circonferenza primitiva; – altezza del dente (h), è la distanza dalla circonferenza di fondo alla circonferenza di testa; – addendum (Ha), è la distanza fra la circonferenza primitiva e quella di testa; – dedendum (Hd), è la distanza fra la circonferenza di fondo e quella primitiva; – larghezza del dente (b), in senso parallelo all'asse. Un tempo, il passo (p) veniva utilizzato come riferimento per il dimensionamento di tutte le altre parti, esso però presenta l'inconveniente di essere un numero con la virgola in quanto affetto dal π. Allora è stato introdotto il modulo (m), che sarebbe il rapporto tra il diametro primitivo e il numero di denti. Il calcolo delle ruote dentate si basa sul calcolo del modulo individuato per poi passare al proporzionamento modulare secondo le seguenti formule: passo: p = π ⋅ m diametro primitivo: Dp = m ⋅ z diametro esterno: De = Dp ± 2 ⋅ m = m ⋅ (z ± 2) diametro interno: Di = De ± 2 ⋅ h = De ± 2,25 ⋅ m addendum: Ha = m dedendum: Hd = 1,25 ⋅ m altezza del dente: h = Ha + Hd = 2,25 ⋅ m larghezza del dente: b = λ ⋅ m λ è il rapporto tra la larghezza del dente e il modulo, esso viene assunto normalmente pari a 10 nelle ruote a denti dritti, mentre può assumere valori più alti in caso di denti elicoidali o bielicoidali. Nelle formule dove compare “±” i segni negativi vanno utilizzati nel caso di ingranaggi interni. L'unificazione dei moduli varia a seconda della grandezza del modulo trovato, ecco di seguito le relative unificazioni: Risultato modulo: Fino a 4 mm Da 4 a 7 mm Da 7 a 16 mm Da 16 a 24 mm Da 24 a 45 mm Oltre 45 mm Unificazione: 0,25 mm 0,50 mm 1 mm 2 mm 3 mm 5 mm Procedimento per il dimensionamento delle ruote dentate Per prima cosa, si calcola il momento torcente Mt avendo la potenza trasmessa P (in kW) e il numero di giri n1 (in giri/min), con la seguente formula: P⋅9549 ; [ N⋅mm ] n1 Mt1= In seguito, a seconda del rapporto di ingranaggio u si ricava il numero minimo di denti z1 dalla tabella presente nel manuale (sezione I, pagina 125, Tabella I.87), e con la seguente formula si calcola il numero di denti della seconda ruota dentata: z2=z1⋅u ; Una volta calcolato il numero di denti delle due ruote, si procede con la scelta del materiale, e si ipotizza una velocità periferica V e il rapporto λ, e si procede con il calcolo del modulo m utilizzando il metodo di Lewis e ricavando il coefficiente y dalla seguente formula empirica: y=0,484− ( 2,865) ; z1 Metodo di Lewis Questo metodo considera i due denti nell'istante prossimo al distacco in modo che la spinta reciproca venga ad agire sullo spigolo di un dente e si inclina sull'angolo θ rispetto alla normale condotta sull'asse geometrico del dente. Così facendo di mettiamo in favore della sicurezza, infatti quanto descritto rappresenta l'ipotesi più gravosa. Per poter procedere si devono fare le seguenti ipotesi semplificative: – Trasportiamo la forza P sull'asse del dente e lo scomponiamo in due componenti: F tangenziale e S radiale; – trascuriamo l'effetto della componente radiale riducendo le sollecitazioni a semplice flessione; – consideriamo il dente come una mensola assimilata ad un solido di uniforme resistenza; – indichiamo la sezione piu sollecitata, quella relativa al punto di tangenza. Inglobando tutte le definizioni in un'unica formula (equazione di stabilità a flessione) troviamo un espressione che rappresenta la formula di Lewis: m=3 √[ 2Mt ( λ⋅Kd⋅y⋅z1 ) ] ; ; [ mm ] Kd (dinamico) si assume secondo la seguente formula valida per V > 1 m/s; Kd =K⋅ [( ) ] [ ] 3 3+V N 2 mm K è la ammissibile e si trova dividendo la di rottura del materiale scelto in precedenza per il coefficiente di sicurezza a. Per V ≤ 1 m/s si adotta la seguente formula per trovare Kd (statico): Kd = K ; √v [ ] N mm 2 Una volta calcolato e unificato il modulo si procede con il calcolo del diametro primitivo della prima ruota dentata: Dp1=m⋅z ; [ mm ] In seguito si esegue il calcolo per la verifica della velocità effettiva: Veff = ( π⋅Dp1⋅n ) 60 ; [ ] m s Se la velocità effettiva risulta essere minore di quella ipotizzata si procede con il dimensionamento della ruota a seconda del sistema modulare, altrimenti si ripetono i calcoli modificando il materiale o i valori ipotizzati affinchè la velocità effettiva risulti essere minore di quella ipotizzata. Se la velocità supera i 10 m/s è opportuno procedere alla verifica di resistenza dei denti. La verifica è basata sulla limitazione della pressione specifica che si manifesta nel punto di contatto tra due denti in presa. NB: la velocità periferica incide sull'usura dei denti, di conseguenza la verifica deve essere eseguita sulla ruota minore, che è la più sollecitata. La pressione specifica si esprime con la seguente formula: Pspec=K1⋅ √[ ( 2⋅Mt ) 2 ( b⋅Dp1 ) ⋅( 1+u ) ] [ ] ; N 2 mm Valore K1 473 385 335 K1 è tabellato e varia a seconda del materiale delle due ruote dentate: Materiale prima ruota Acciaio Acciaio Ghisa K1 è espresso in Materiale seconda ruota Acciaio Ghisa Ghisa ; [ ] N mm 2 Ai fini di verificare la resistenza all'usura del dente è necessario introdurre la durezza Brinell HB, il cui valore è tabellato in funzione del tipo di materiale usato. HB è espresso in [ ] daN mm 2 ; Po rappresenta la pressione limite stabilita dal tipo di materiale e ai fini della resistenza ad usura del dente non deve essere superata dalla Pspec: Po=25⋅ [ HB √( h⋅n ) ] [ ] ; N mm 2 h = ore di funzionamento della trasmissione [ore] Indicativamente la durata della trasmissione dipende essenzialmente dalle sue caratteristiche di funzionamento: 1) Funzionamento continuo: h varia da 150'000 a 130'000 ore; 2) Funzionamento discontinuo: h varia da 30'000 a 10'000 ore; 3) Funzionamento saltuario: h varia da 1'000 a 100 ore. E' fondamentale tener presente la seguente espressione se si vuole che l'usura non riduca rapidamente l'efficienza della trasmissione in esame: Po > Pspec ; Si esegue poi la seguente verifica per ottenere il modulo unificato: m '=m⋅ m' = modulo unificato; m = modulo non unificato; 3 √( Pspec Po ) 2 ; [ mm ] Osservazione: il dimensionamento fatto finora, cioè progetto a flessione con verifica di usura si applica nei seguenti casi: 1) Ruote lente; 2) le forze scambiate sono intense o con presenze di sovraccarichi; 3) materiali usati da trattamento termico superficiali; 4) la causa di messa fuori uso dell'ingranaggio sia dovuta alla rottura a fatica del dente. Progettazione ad usura Si applica il progetto a usura con verifica a flessione nei seguenti casi: 1) Ruote veloci; 2) le forze scambiate sono regolari o poco variabili; 3) materiali usati in genere sono acciai da bonifica che innalzano la tenacità e offrono buona resistenza a fatica; 4) la causa di messa fuori uso dell'ingranaggio sia dovuta ad un danneggiamento superficiale del dente per usura. La formula per calcolare il modulo è la seguente: 3 m=c⋅ √[ Mtcorr ( Po2⋅λ ) ] ; [ mm ] c = è tabellato in funzione del numero minimo di denti z1 e il rapporto di ingranaggio u. In questo caso il valore di deve essere scelto tra 6 e 16. Si procede poi alla verifica a fatica calcolando la tensione di lavoro ( limite) dalla seguente formula: σ limite= [( ( 2⋅Mtcorr ) m ⋅Xv⋅z1⋅λ⋅y 3 ] )] [ ; N mm 2 Xv = prende il nome di coefficiente di maggiorazione dinamica e la sua formula è la seguente: Xv= A ; ( A+V ) A = rappresenta un coefficiente empirico ed è in funzione della precisione delle ruote dentate, in genere si prende A = 3 per ingranaggi meno precisi adatti per ruote lente ( V < 5 m/s ), oppure A = 6 per ingranaggi precisi adatti per ruote veloci ( 5 m/s < V < 30 m/s ). Per il calcolo del rendimento si utilizza la seguente formula: η= 1 [ 1 1 1+ f⋅π + z1 z2 f = 0,2 ( )] ; Il rendimento è espresso in percentuale. Tecnologia L'usura Ogni Motocicletta con il passare del tempo e il ripetersi dei cicli di funzionamento tende ad usurare gli organi che la compongono, è un processo al quale non si può mettere fine, ma che si può alleviare. L'usura è la perdita progressiva e non desiderata di materiale dalla superficie attiva di un corpo a seguito del moto relativo di un altro corpo su detta superficie. La causa principale per cui si presenta l'usura è l'attrito, le cui conseguenze sono: l'aumento dei giochi, le degradazioni funzionali, le rotture. L'usura dipende da molteplici fattori che sono raccolti in due classi principali: – i materiali costituenti gli elementi della coppia; – le condizioni di esercizio della coppia. Esistono diversi tipi di usura: – per adesione; – per abrasione; – per fatica; – per corrosione; – per cavitazione; – per erosione; – termica. L'usura per adesione è la più frequente e sempre presente, può essere ridotta ma non eliminata; in questo tipo di usura il materiale subisce un trasferimento di particelle metalliche da una superficie all'altra o nella stessa superficie o da entrambe, e le cause possono essere dovute: – alla laminazione per deformazione plastica delle protuberanze della rugosità superficiale. Questa forma di usura può rivelarsi favorevole quando le asperità si livellano e la resistenza all'usura si stabilizza, esso è l'effetto del cosidetto “rodaggio”; – al distacco per taglio delle protuberanze della rugosità di una superficie per effetto delle protuberanze dell'altra superficie. Questa forma può essere favorevole nel caso in cui le particelle distaccate non provocano ulteriori protuberanze; – alla rimozione per saldatura, le protuberanze si saldano per effetto della pressione e della temperatura. L'usura per adesione può essere ridotta mediante un'alta durezza del materiale o delle superfici. L'usura per abrasione è la rimozione di materiale da una delle due superfici in moto relativo causata da protuberanze dure nella seconda superficie in contatto; le protuberanze di una superficie agiscono come un utensile scalfendo la superficie sottostante ed asportando materiale in forma di microtrucioli. Il secondo aspetto di questo tipo di usura si ha quando tra le superfici in contatto s'inserisce una sostanza abrasiva estranea o conseguente alla fratturazione delle protuberanze dure. La presenza dell'abrasivo può essere casuale, funzionale e naturale. L'usura per abrasione può essere ridotta con un'ottima finitura della superficie più dura, la quale durante il rodaggio luciderà la superficie più tenera; anche l'utilizzo di un lubrificante di idonea viscosità ridurrà l'abrasione grazie al riempimento delle depressioni tra le protuberanze. L'usura per fatica è la rimozione di particelle staccate per fatica a causa di fenomeni vibratori che generano stati di sollecitazioni cicliche, essa è tipica delle superfici accoppiate senza giuoco sottoposte a sfregamento a secco. Si elimina solamente impedendo lo slittamento vibratorio, ad esempio interponendo una pellicola di metallo diverso elettrodepositato. L'usura per corrosione è un processo di usura in cui predomina la reazione chimica o elettrochimica con l'ambiente in cui il metallo è posto. L'usura per cavitazione si presenta quando un oggetto, immerso nell'acqua, si muove rapidamente subendo brusche variazioni di velocità, si provoca così la formazione di cavità che vengono occupate da miriadi di bollicine di vapore acqueo. Queste bollicine hanno vita brevissima e, nel ripassare dallo stato aeriforme a quello liquido, generano la cavitazione sotto forma di microgetti con formazione di desquamazioni. L'usura per erosione è la rimozione di materiale da una superficie solida dovuta al moto relativo a contatto con un fluido che contiene particelle solide abrasive insolubili. L'usura termica è la rimozione di materiale dovuta a rammollimento, fusione od evaporazione durante lo strisciamento o il rotolamento. L'usura può variare nel tempo in modi diversi: – Usura costante, quando il danno varia proporzionalmente al tempo; – Usura smorzata, quando il danno tende a scomparire nel tempo; – Usura autoesaltata, quando il danno cresce nel tempo per effetti autoesaltati; – Usura pendolare, quando il danno varia ciclicamente nel tempo. Il Tasso d'usura è la quantità di materiale rimosso (in massa o in volume) nell'unità di lunghezza, nell'unità di tempo, in un giro o in una oscillazione, oppure anche lo spessore di materiale rimosso nell'unità di lunghezza. Il reciproco del tasso di usura caratterizza la resistenza all'usura, cioè la resistenza alla rimozione di materiale da un corpo per un processo di usura. L'attrito, causa principale dell'usura, è la resistenza che frena o impedisce il movimento relativo tra due corpi in diresione parallela alla loro superficie di contatto. Per poter vincere questa resistenza occorre una forza contraria di valore superiore all'attrito stesso. Il coefficiente d'attrito dinamico è il rapporto tra la componente tangenziale e la componente normale della forza che un corpo che striscia applica sulla superficie di strisciamento. E' espresso dalla tangente dell'angolo che il piano d'appoggio deve formare rispetto all'orizziontale. Il carico limite di deterioramento è il carico massimo che un sistema in strisciamento o in rotolamento può sopportare senza che il deterioramento superi i limiti previsti, esso può essere determinato con prove di laboratorio. Prove di usura Le prove di usura si dividono in prove convenzionali, prove simulate e prove reali o di sperimentazione d'esercizio: – Le prove convenzionali si eseguono in laboratorio con macchine idonee alla valutazione del danneggiamento e capaci di realizzare condizioni di prova controllate e costanti. Per questo tipo di prove si impiegano provette di forme e dimensioni variabili. Le prove sono di natura comparativa e i risultati non sono trasferibili agli oggetti ma permettono un orientamento sufficiente a stabilire le fondamentali condizioni nella progettazione degli oggetti stessi; – Le prove simulate, come quelle convenzionali, si eseguono in laboratorio, con particolari attrezzature tendenti a simulare la funzione reale dell'oggetto, ma in condizioni ideali e controllabili; si effettuano con gli stessi scopi di quelle convenzionali, ma con indirizzo pratico; – Le prove reali o di sperimentazione si eseguono sui particolari funzionanti nelle normali condizioni di esercizio. Sistemi L’evoluzione del motore a scoppio: il Motore Elettrico Per quanto concerne le due ruote, l’alternativa migliore al motore a combustione interna è certamente il motore elettrico, ovvero un dispositivo che converte l’energia elettrica in energia cinetica. Il motore elettrico è composto principalmente da due parti, uno statore, che consiste nell’insieme delle parti fisse, ed un rotore, ovvero l’insieme delle parti mobili. Semplificandone il funzionamento, lo statore è costituito da una o più coppie polari, che generano un campo magnetico, mentre il rotore consta di un avvolgimento di spire, immerse nel campo magnetico generato dallo statore. La corrente elettrica viene immessa nelle spire, creando così un secondo campo magnetico attorno alle stesse, che tenderà ad allinearsi al campo magnetico dello statore. Questo perché, supponendo che la spira si trovi in una posizione iniziale su di un piano parallelo alle linee di campo, la spira subirà una forza F, che determina una coppia di forze con la stessa direzione ma verso opposto, che costringe la spira a ruotare fino a che il suo piano diviene perpendicolare alle linee di campo. Per inerzia, la spira oltrepassa di poco questa posizione, ed in questo istante va invertito il verso della corrente, azione che permette alla spira di proseguire la rotazione. Ciò accade poiché una spira percorsa da corrente immersa in un campo magnetico uniforme, ruota fino a che il vettore superficie della spira non è parallelo ed equiverso al vettore del campo magnetico. L’inversione di corrente ogni mezzo giro è messa in atto da alcuni contatti striscianti fra il commutatore (in movimento) e le spazzole (fisse). Nei motoveicoli elettrici, si utilizza una versione più complessa del motore elettrico, in corrente alternata, con diverse bobine e definita brushless a causa della mancanza delle spazzole che regolano la corrente in maniera meccanica, soppiantate da una più efficace regolazione elettronica. Inoltre la corrente viene fornita da un accumulatore, generalmente agli ioni di litio, che può essere facilmente ricaricato anche da una normale presa di corrente. Le problematiche che affliggono i motoveicoli elettrici sono principalmente: prestazioni esigue, scarsa autonomia, tempi di ricarica lunghi, peso e ingombro delle batterie. Questi svantaggi relegano attualmente le moto elettriche ad una fascia corrispondente ai 50/100cc di un motore a scoppio, ma con un prezzo di acquisto notevolmente superiore. Storia Breve storia della Motocicletta La motocicletta a combustione interna nasce di fatto nel 1885 a Stoccarda, ma la prima produzione in piccola serie destinata al mercato fu intrapresa nel 1894 dalla Hildebrand & Wolfmuller, azienda che fallì dopo pochi anni a causa degli innumerevoli inconvenienti tecnici e della difficoltà di utilizzo. Nei primi anni del Novecento tuttavia, altre aziende si cimentarono nella produzione di motociclette, sia in Europa, con Bianchi, Gilera e Norton, che in America, con Harley-Davidson e Indian, che si distinguevano dalle più sportive europee con una guida più confortevole, maggiormente adatta alle pianeggianti strade americane. Le moto prodotte nel periodo bellico della Prima Guerra Mondiale, sono caratterizzate da un costo relativamente basso, da una meccanica semplificata e dalla grande facilità d’uso, caratteristiche che permettono un utilizzo della stessa anche in periodo di guerra, in particolare dai portaordini che sfruttano le proprietà di velocità ed agilità del mezzo. Alcune industrie sviluppatesi grazie ai conflitti mondiali, nel dopoguerra convertono la loro produzione in costruzione di motociclette. E’ questo il caso di BMW dopo la I Guerra Mondiale e di Ducati dopo la II Guerra Mondiale. A partire dagli Anni ’60 la moto diventa simbolo di libertà, ribellione ed emancipazione. La Motocicletta nella storia italiana Storicamente la motocicletta ha giocato in Italia un ruolo tutt’altro che marginale. Fin dai primi anni del Ventennio fascista infatti, essa fu oggetto di interesse da parte di Mussolini a causa del costo relativamente ridotto sia di produzione che di esercizio, che ne faceva mezzo ideale per un impiego militare anche in zone impervie. In breve tempo, egli vide nella motocicletta anche un mezzo di motorizzazione di massa, tanto che spesso nelle famiglie era presente una moto che veniva utilizzata per vari scopi laddove non era possibile o conveniente muoversi in bici, a piedi o con bestie da soma. Rispetto alla Germania che già dagli anni Trenta conosce un rapido sviluppo economico e la nascita della Volkswagen, l’Italia era ancora piuttosto povera ed arretrata, e l’automobile era un lusso concesso a pochi. Se da un lato la motocicletta incarnava gli ideali di rapidità, forza e velocità teorizzati dai Futuristi, ed aveva un ampio spettro di utilizzo in campo militare, d’altro canto anche i Partigiani scoprirono in essa un metodo efficace per coloro che dovevano riferire messaggi a distanze medio-lunghe. A partire dal dopoguerra, in Italia si svilupparono aziende di costruzione di motocicli, come Bianchi, Ducati e Gilera, che contribuirono al traino dell’economia verso il boom economico degli anni ’60. E proprio grazie al boom economico il settore motociclistico ricevette un forte impulso. Infatti si avvertiva sempre più forte la necessità di mobilità individuale, anche da parte del pubblico femminile, necessità che trovò risposta nelle prime FIAT 500 e 600 e in una nuova forma di motocicletta, ovvero lo scooter. Lo scooter nasce di fatto in Italia, con la produzione delle prime Vespa e Lambretta, caratterizzate da un’elevatissima praticità d’uso. Infatti gli scooter sono più semplici da guidare rispetto alle moto, hanno pedane ampie che permettono sia di riporvi borse o bagagli, sia alle donne di guidare con la gonna (cosa altrimenti impossibile nella classica guida “a cavalcioni” delle moto). Inoltre il cambio al manubrio e la carrozzeria dalle linee gradevoli e tuttora apprezzate, favorirono l’enorme diffusione di questi mezzi, fino ad assurgere a simboli del miracolo economico italiano. Italiano Gabriele D'Annunzio Gabriele D'Annunzio, durante la sua vita conobbe Tazio Nuvolari, grandissimo pilota di Macchine, ma anche di Moto, e grande appassionato di Biciclette, insomma, un ragazzo che passò la vita tra le ruote, due o quattro che siano. Un giorno Gabriele D'Annunzio, regalò al famoso pilota un prezioso oggetto raffigurante un piccolo animale. Questo oggetto gli veniva donato con un biglietto che narrava testuali parole: “l'animale più lento... all'uomo più veloce”. Fu così che Tazio Nuvolari adottò come emblema personale il simbolo della “tartaruga”. Biografia Gabriele D'Annunzio afferma che la vita deve essere un'opera d'arte. Egli nacque nel 1863 a Pescara da un'agiada famiglia borghese. Esordì nel 1876 sedicenne con un libretto di versi intitolato Primo vere, titolo latino che significa “all'inizio della primavera”. Si trasferì a Roma per frequentare l'università, acquistò notorietà attraverso la produzione di versi e di articoli giornalistici. D'Annunzio mentre frequentava ambienti altolocati con grande vita mondana si avvicinò all'estetismo, atteggiandosi da individuo superiore di squisita sensibilità, che rifiuta la mediocrità borghese rifugiandosi in un mondo di pura arte; furono esperienze dispendiose, di cui si trova ampia traccia nel suo primo romanzo Il piacere. Egli avendo studiato le opere del filosofo tedesco Nietzsche, durante il periodo napoletano arrivò a creare il proprio mito del superuomo, che interpretava in chiave nazionalistica e antidemocratica, ma in realtà puntava a creare l'immagine di una vita eccezionale. Per qualche tempo tornerà in Abruzzo in seguito alla morte del padre, ma fino al 1910 si trasferirà nella villa della Cappoccina, in Toscana, dove condusse una vita da principe rinascimentale. A creargli intorno un alone di mito contribuirono i suoi numerosi amori, tra cui quello con la moglie Maria Hardouin di Gallese, da cui nacquero tre figli, Mario, Gabriellino e Ugo Veniero, quello con la principessa siciliana Maria Gravina Cruyllas, da cui nacque la piccola Renata e soprattutto quello con Eleonora Duse (attrice di teatro). Lo scrittore voleva mettersi in primo piano nell'attenzione pubblica per vendere meglio la sua immagine e i suoi prodotti letterari. Vi sono state molte fasi di pensiero, della poetica e della produzione dannunziana, suddivise cronologicamente: 1) La prima fase è di stampo carducciano ma si rifà anche a un Verismo e un Naturalismo primitivo e istintuale, si manifesta soprattutto nelle liriche di Primo vere e Canto novo e nella raccolta di novelle Terra vergine. Si presenta fino al 1886 circa. 2) La seconda fase può essere definita dell'estetismo edonistico e a tutto antepone la bellezza e il piacere, temi dominanti delle nuove raccolte liriche e soprattutto del romanzo intitolato Il piacere; intanto negli anni romani prende forma il personaggio D'Annunzio che per la prima volta presenta se stesso nella raccolta Intermezzo di rime. 3) La terza fase risale ai primi anni Novanta, in essa predominano i temi della bontà, dell'innocenza, dell'accostamento ai valori cristiani; si ispira anche alla narrativa russa e, nell'opera in versi Poema paradisiaco (1893) cominciano ad intravedersi questi temi. 4) La quarta fase, ispirata in prevalenza al superomismo e al panismo va dal 1893 al 1909, gli anni che precedono e coincidono con il soggiorno in Toscana. Il gruppo delle Odi navali è già tutto ispirato all'ideale della forza, al piacere dell'azione eroica. 5) La quinta e ultima fase è detta notturna, dal libro di prosa Notturno pubblicato nel 1921 e comprendente le pagine diaristiche scritte in seguito all'incidente aereo e alla grave ferita che causa al poeta la perdita di un occhio. Il Notturno si distingue per struttura e tono dalla precedente narrativa dannunziana. D'Annunzio non si accontentava più di un vivere estetico, ma vagheggiava anche di sogni di attivismo politico, nel 1897 aveva peccato l'avventura parlamentare come deputato dell'estrema destra, sognava una restaurazione di Roma e una missione imperiale dell'Italia, del dominio di una aristocrazia che ripristinasse la bellezza contaminata dalla borghesia. Nel 1900 passò alla Sinistra perchè questa ambigua disponibilità è propria delle posizioni irrazionalistiche, estetizzanti e vitalistiche; nel 1899 si rivolse a teatro grazie al quale poteva raggiungere un vasto pubblico, ma i sogni attivistici, l'ideale della forza e il piacere dell'azione eroica erano destinati a restare nella letteratura. Nel 1910 per i troppi debiti fu costretto a fuggire dall'Italia e a rifugiarsi in Francia dove riuscì ad orchestrare la campagna interventista. Allo scoppio della I° Guerra Mondiale tornò in Italia, si arruolò volontario nonostante l'età non giovanile (52 anni), attirando nuovamente su di sé l'attenzione; la guerra di D'Annunzio fu una guerra combattuta attraverso l'aereo, si fece poi interprete dei rancori per la “vittoria militata”, nel 1920 sperò di proporsi come Duce di una rivoluzione reazionaria. Il fascismo lo esaltò come padre della patria, attraversò oltre un cinquantennio di cultura italiana influenzandola in numerose fasi e lasciò notevole impronta sul costume dando vita al fenomeno del D'Annunzianesimo, ispirando anche una cultura di massa che traduceva le atmosfere estetizzanti ad uso di lettori di mediocre cultura. D'Annunzio morì nel 1938 a Gardone Riviera.