Tesina a Monoclonali 97

March 29, 2018 | Author: Danilo Inserra | Category: Immunoglobulin G, Antibody, Immune System, B Cell, Epitope


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INDICE5. PURIFICAZIONE DI ANTICORPI MONOCLONALI..........................................45 .........................................................................................................49 5.2 Gel filtrazione..............................................................................49 5.3 Cromatografia a scambio ionico ................................................................51 5.4 Cromatografia di affinità...........................................................................55 1. Introduzione 1.1 Sistema immunitario Il sistema immunitario rappresenta un prodotto dell’evoluzione estremamente specializzato e complesso. La sua funzione è quella di proteggere l’organismo dall’attacco di agenti estranei (detti antigeni) mediante la sintesi di molecole altamente specializzate quali gli anticorpi e la generazione di elementi cellulari quali linfociti e fagociti che contrastano e distruggono gli antigeni. Esso è costituito da numerosi organi linfoidi e da differenti popolazioni cellulari con una varietà di funzioni (fig. 1.1). Fig. 1.1- Localizzazione dei principali linfonodi, timo e midollo osseo femorale. 1.2 Anticorpi Gli anticorpi sono una classe di glicoproteine del siero, il cui ruolo nella risposta immunitaria specifica è di enorme importanza. Hanno la capacità di legarsi in maniera specifica agli antigeni (microrganismi infettivi come batteri, tossine, o qualunque macromolecola estranea). Vengono prodotti nel sangue, in presenza di un antigene, da un particolare tipo di cellule, le plasmacellule, derivanti dalla differenziazione dei linfociti B. Il legame antigene-anticorpo è altamente specifico e consiste in una serie di interazioni non covalenti, quindi reversibili (legame a idrogeno,legame ionico,interazioni di Van der Waals,interazioni idrofobiche). L’anticorpo riconosce una regione distinta dell’antigene detta epitopo o determinante antigenico. Si distinguono, in linea di massima, due tipi di epitopi: sequenziali e conformazionali. Gli epitopi sequenziali sono caratterizzati da una specifica sequenza amminoacidica lineare, ad esempio Arg-Glu-Ser. Quelli conformazionali sono tali in base alla loro struttura tridimensionale. 2 1.2.1 Struttura e meccanismo d’azione degli anticorpi Nella struttura di un anticorpo possiamo distinguere due domini: Dominio di legame: regione che riconosce l’antigene; Dominio effettore: regione che induce la risposta immunitaria al fine di distruggere l’antigene. • • Strutturalmente è un tetramero costituito da due catene proteiche pesanti H uguali fra loro e due catene proteiche leggere L anch’esse uguali, tenute insieme da legami idrogeno e ponti disolfuro localizzati. Queste interazioni fanno sì che le catene si dispongano nella caratteristica forma a “Y”. Ciascuna catena è costituita da regioni costanti (C) e da regioni variabili (V). Le regioni costanti sono comuni a tutte le immunoglobuline appartenenti alla stessa classe e la loro funzione è quella di avviare la risposta immunitaria. Le regioni variabili sono specifiche per ogni anticorpo e contengono i siti che riconoscono e fissano l’antigene. Dunque sono queste ultime che conferiscono specificità al dominio di legame. Le regioni variabili sono collocate alle estremità N-terminali delle due catene pesanti e delle due catene leggere. Fig.1.2- Struttura di un anticorpo. 3 papai na pepsi na plasmin a La struttura degli anticorpi è stata compresa attraverso l’uso di enzimi proteolitici quali: Papaina: scinde la molecola in tre frammenti. ovvero quel processo attraverso cui gli anticorpi legano in superficie il microrganismo rendendolo visibile al macrofago e permettendo così il processo di fagocitosi (citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente. la già citata • 4 . Il frammento di dimensioni maggiori è simile al dimero del frammento Fab. • L’opsonizzazione. generando così due nuovi frammenti pFc e Facb. Altri meccanismi coinvolgono l’agglutinazione delle particelle antigeniche. due uguali tra loro. denominati Fab (fragment antigen binding). Quest’ultimo meccanismo può essere direttamente mediato dalla porzione Fc dell’anticorpo riconosciuta dal fagocita.la precipitazione di antigeni solubili e. quindi è detto F(ab’)2. il frammento di dimensioni minori è una versione tronca del frammento Fc. in cui il semplice legame antigene-anticorpo blocca il processo di entrata nella cellula bersaglio. infine. ADCC).uno più piccolo ed alcuni oligopeptidi. • Pepsina: scinde la molecola in un frammento più grande. oppure mediato dall’intervento delle proteine del complemento. I meccanismi attraverso cui gli anticorpi proteggono il nostro organismo sono principalmente due: • La neutralizzazione del patogeno. quindi è detto Fc’. capaci di legare l’antigene. il terzo è denominato Fc (frammento cristallizzabile) perché a bassi valori di pH cristallizza facilmente. • Plasmina: scinde la molecola in due frammenti nella regione compresa tra i ponti disolfuro del frammento Fc. In alcuni casi.1. resta immunizzato in modo permanente.2 Classi di anticorpi 5 . Fig.3- Meccanismo d’azione degli anticorpi.attivazione del complemento. cioè. 1.2. che determina la formazione di pori nelle cellule microbiche e lisi cellulare. la produzione decresce e infine si arresta. l'organismo continua a produrre anticorpi specifici per un dato periodo di tempo: dopo avere raggiunto un valore massimo. Dopo essere stato a contatto con un dato antigene. l'organismo mantiene nel suo sangue alcuni anticorpi per quell' antigene: esso. assieme alle IgM. IgD e IgE. queste differiscono fra loro per la diversa composizione delle catene pesanti (γ per le IgG.Ogni anticorpo appartiene ad una delle 5 possibili classi di immunoglobuline denominate rispettivamente IgG. Le IgD si ritrovano soltanto sulla superficie dei linfociti B immaturi. prodotte in occasione della prima infezione con qualunque germe. IgA. che si rispecchiano nelle due possibili conformazioni in cui vengono prodotte: in forma monomerica rimangono ancorate ai linfociti B non ancora attivati e fungono da recettore per l’antigene. Sono potentissime opsonine. ossia captano le molecole estranee con cui il linfocita viene a contatto e trasmettono al suo interno un segnale che lo attiva. Hanno un'importante funzione nel proteggere il neonato durante i primi mesi di vita: le IgG sono infatti in grado di passare la barriera placentare. ε per le IgE). Rappresentano un importante mezzo di difesa contro le infezioni locali. Sono monomeri con PM di 150. Nelle secrezioni mucose che ricoprono l’apparato digerente e respiratorio sono prodotte in forma dimerica. µ per le IgM. α per le IgA. quelle presenti nel sangue (20-25 %) hanno un ruolo marginale. ed hanno come unica funzione quella di attivare i linfociti B e di promuovere la loro maturazione verso lo stadio di plasmacellule quando vengono a contatto con l'antigene per il quale sono specifiche. δ per le IgD. Le IgG sono gli anticorpi più importanti e più abbondanti nel sangue (70-75 %). Le IgA sono anticorpi predominanti nelle mucose. Si suddividono in quattro sottogruppi a seconda di diversi sottotipi di catene γ.000 dalton. in forma pentamerica vengono secrete nell'ambiente extracellulare e svolgono un'importantissima funzione di opsonizzazione e di attivazione del complemento. Le IgA sono molto importanti anche per la trasmissione di una prima forma di difesa dalla madre al lattante. 6 . Le IgM sono la classe di anticorpi predominanti nella risposta immunitaria primaria. mentre quelle presenti nel siero sono in forma monomerica. Non si ritrovano IgD libere nel plasma (se non in tracce). ossia si legano ai microbi con grande efficienza e ne permettono la fagocitosi da parte dei macrofagi. cioè sono prodotte tardivamente e in maniera massiccia dai linfociti B differenziatisi in plasmacellule. immettendosi nel sangue del feto. IgM. per l'eventuale configurazione delle subunità e per la diversa distribuzione fisiologica. Le IgG sono gli anticorpi maggiormente impiegati durante la risposta immunitaria secondaria. che nei primi sei mesi di vita è incapace di produrre anticorpi suoi. Hanno due funzioni. Gli anticorpi policlonali.3 Anticorpi monoclonali e anticorpi policlonali Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi identici tra loro. e sono in grado di riconoscere uno solo epitopo dell’antigene. 7 . invece. l’eczema o il raffreddore da fieno. Fig.1. Possono. proprio per la caratteristica di riconoscere epitopi diversi. Esse sono anche le principali responsabili di malattie allergiche quali l’asma. Questa differenza permette di sfruttare entrambe le tipologie di anticorpi per scopi diagnostici e terapeutici. Lo svantaggio di tali preparati era quello di indurre effetti indesiderati. tra cui possibili reazioni di ipersensibilità. essere utilizzati per la rilevazione di alterazioni della struttura proteica. le quali possono arrivare fino allo shock anafilattico. 1.4.Le IgE hanno fondamentalmente la funzione di proteggere l'organismo dalle infezioni da parte di parassiti e soprattutto elminti. essendo in grado di legare uno specifico epitopo. Gli anticorpi monoclonali. inoltre. Preparati di anticorpi policlonali sono stati usati per diversi anni per indurre immunizzazione passiva contro malattie infettive ed altri agenti dannosi.Conformazioni delle immunoglobuline. sono raccomandati per la rilevazione di proteine altamente espresse o per altre applicazioni dove è necessario legare il target con esattezza per evitare i falsi positivi. sono anticorpi prodotti da plasmacellule diverse. per cui sono in grado di riconoscere diversi epitopi di uno stesso antigene. in quanto prodotti da cloni di uno specifico linfocita B o di una plasmacellula. Gli anticorpi policlonali sono utili per la rilevazione di proteine con bassi livelli di espressione. nella profilassi del rigetto. 2.L’incomparabile specificità degli anticorpi monoclonali. E' necessario selezionare linee cellulari di mieloma che non secernono più la paraproteina. per evitare che l'ibrido dia luogo anche alla produzione dell'anticorpo della linea tumorale. asma. ad esempio: • • • • nell’ immunosoppressione. Ogni ibridoma clonato ( isolato e messo in coltura separatamente) produce uno specifico anticorpo (monoclonale) che sarà in grado di reagire specificamente proprio con l'antigene che è stato responsabile della sua stessa produzione. unita alla loro relativamente facile produzione e alla possibilità di averne scorte pressoché inesauribili. Ig del mieloma. la qual cosa è resa possibile dall'uso del terreno HAT. osteoporosi.La ricerca sui metodi di produzione degli anticorpi monoclonali ebbe un sostanziale sviluppo a partire dal 1975 grazie a Milstein e Kohler. Gli ibridomi Con il termine ibridoma intendiamo il prodotto della fusione tra un linfocita-B. Una volta mescolati i linfociti e le cellule di mieloma bisogna separare le cellule di mieloma non fuse e gli ibridi mieloma-mieloma da quelle che invece hanno subito la fusione. Schematicamente il processo di produzione di un anticorpo monoclonale mediante un ibridoma può essere schematizzato così (fig. nella terapia delle malattie autoimmuni. L'importanza degli ibridomi risiede nella possibilità di produrre anticorpi monoclonali in luogo di quelli policlonali per l'utilizzo diagnostico dei quali è necessaria una prolungata fase di purificazione. e dalla componente mielomica dipenderà la capacità di crescere in continuo. Il vantaggio consisterà nella maggiore specificità e nella possibilità di produzione in grande quantità a partire da un clone isolato. e una cellula tumorale del midollo osseo. L'ibrido ottenuto avrà le caratteristiche di entrambi i costituenti. Riguardo le applicazioni terapeutiche. li rende interessanti strumenti in campo biochimico e terapeutico. l'ibridoma. infatti. Una volta prodotto. ecc. nella terapia di patologie cardiovascolari. in quanto prodotto da un singolo linfocita-B. sarà un anticorpo (Ab) specifico . ma i preparati di anticorpi monoclonali trovano oggi diverse applicazioni cliniche.1) : 8 . responsabile della produzione di un anticorpo. 2. un mieloma. deve essere isolato e mantenuto in coltura. i primi studi sono stati concentrati sulla terapia anticancro. Immunizzazione 9 .1.Caratterizzazione dell'anticorpo 8.1.Immunizzazione 2.Fusione 4.Screening Ab 6.Scelta del mieloma 3.Produzione anticorpo in vitro-vivo Figura 2.Crescita selettiva dell'ibrido 5.Clonazione 7.Schema generale produzione ibridomi 1. L’antigene acquoso si adsorbe alla superficie. Sali complessi d’alluminio. Freund’s Complete Adjuvant) Composizione e utilizzo Olio minerale contenente micobatteri inattivati al calore (Mycobacterium tubercolosis o M. caratteristico per l'anticorpo che si vuole ottenere.2. Saponina derivata dalla Quillaja saponaria Molina (albero del Sud America). L’antigene è incluso nell’emulsione. Utilizzato come emulsione con antigeni in soluzione acquosa.Adiuvanti Le milze degli animali che producono una maggiore quantità di anticorpi vengono rimosse. mescolando vari sali. Organismo ucciso mescolato all’antigene acquoso. Utilizzato in varie formulazioni. Utilizzato come emulsione con antigeni in soluzione acquosa. spesso come emulsionante con oli. N-acetilmuramil-L-alanil-D-isoglutamina. L’antigene acquoso è adsorbito dal gel. private del grasso che le circonda e frantumate. Olio minerale. per esempio NaHCO3 con solfato di potassio e alluminio. Bentonite di sodio del Wyoming (montmorillonite) in gel. Mescolato con l’antigene acquoso. Alternativamente se la concentrazione è bassa si può procedere con un'iniezione di antigene senza adiuvante 3 giorni prima della fusione e 2 settimane dopo la prima immunizzazione. Solitamente i protocolli di immunizzazione prevedono una iniezione di richiamo 3-5 giorni prima della fusione.Consiste nella inoculazione dell'antigene . Adiuvante di Freund incompleto (FIA Freund’s Incomplete Adjuvant) Allume Bentonite Quil A Muramil dipeptide (MDP) Lipide A monofosforico (MPL) Bacillus pertossi Figura 2. Oltre all'antigene possiamo aggiungere un adiuvante ( fig. altre si possono preparare in laboratorio. Si utilizzano anche vari derivati del MPD come adiuvanti.2. Successivamente una sospensione di 10 . Miscelato per formare un complesso con l’antigene acquoso. nel topo. Adiuvante Adiuvante di Freund completo (FCA. Esistono diverse versioni dell’adiuvante: alcune sono vendute pronte all’uso (per esempio Alhydrogel).2) che si comporta da potenziante non specifico della risposta immunitaria. butyricum). Posso selezionare le cellule che vengono private della funzionalità di questo enzima facendole crescere in un terreno in cui è presente la 6-tioguanina (fig.2. linea che viene scelta per la mancanza di sintesi di una o di entrambe le catene immunoglobuliniche. Quando viene aggiunto il PEG.Struttura gene per l'enzima ipoxantina guanina fosforibosil trasferasi (HGPRT.4. si formerà una membrana citoplasmatica comune contenete due o più nuclei. La miscela viene quindi incubata con polietilenglicole per 8 minuti per favorire la fusione delle membrane cellulari. 2. 1:5 si centrifuga e si aggiunge PEG 4000 al 45% dunque le cellule vengono risospese in terreno e piastrate in multiwell da 24 o 96 pozzetti. Quando la funzionalità dell'enzima non è compromessa avviene la trasformazione della 6-tiopurina in 6-tirosina-5-monofosfato che provoca morte cellulare.3) HGPRT un'enzima di recupero che permette di ottenere nucletidi purinici a partire da purine libere derivate dalla degradazione degli acidi nucleici. La fusione di cellule di mieloma HGPRT 11 .3.fig-2. La linea plasmacellulare murina deve quindi • Scelta del mieloma • non produrre Ig perché non deve essere prodotto il tipo anticorpale della linea tumorale non deve essere in grado di produrre il Figura 2. A questo proposito una linea che viene spesso scelta è la MOPC 21. Fusione Per avere la fusione vengono mescolate cellule spleniche e cellule di mieloma in rapporto 1:2 .Struttura 6tioguanina 3. che si comporta da induttore della fusione delle membrane cellulari.4). I nuclei quindi in poco tempo si fonderanno e daranno luogo a mitosi sincrone. L'ideale sarebbe quello di avere linee mielomatose che non producano anticorpi in modo tale che gli ibridomi diano luogo ad anticorpi solo derivati dalle cellule B usate per la fusione.linfociti splenici (circa 108) viene mischiato con una di cellule di topo ottenute da un mieloma (circa 107). Figura 2. tumore murino indotto con olio minerale. 6). 2. 12 .negative e di cellule immuni di milza darà luogo in definitiva a cellule ibride di diversi tipi: mieloma-mieloma. milza-milza (fig.5. mieloma-milza.e 2. 5.Schema Fusione Figura 2. Crescita selettiva dell'ibrido.Fusione 4. terreno hat 13 .Figura 2.5. (amminopterina. inibisce le vie metaboliche di sintesi dei nucleotidi bloccando l'enzima diidrofolato reduttasi quindi la riduzione di folato a tetraidrofolato e la conseguente formazione di IMP. Aminopterina= antibiotico.E' proprio per selezionare l'ibrido mieloma milza che uso un terreno selettivo come l'HAT. fondamentale per la produzione di purine. ipoxantina. Esiste un percorso alternativo per la sintesi di questi che prevede il riciclo dei prodotti di degradazione degli acidi nucleici stessi. Questa via alternativa (che diventa l'unica in presenza del blocco (dovuto all'amminopterina) è accessibile se è presente una fonte esogena di precursori come ipoxantina e timidina (fornite dall'hat). Le cellule di mieloma mancanti della funzionalità dell'HGPRT non possono utilizzare questa via alternativa e quindi tutte le cellule di mieloma non fuse e quelle fuse ma mieloma-mieloma 14 . timidina). L'azione di blocco dell'aminopterina si estene anche alle pirimidine in quanto viene bloccata anche la metilazione di dUMP a dTMP. usare ipoxantina e timidina. Se invece la cellula di mieloma è fusa con una cellula di milza potrà contare su HGPRT. le cellule normali possono sopravvivere grazie al terreno HAT perchè contiene ipoxantina e timidina grazie alla normale funzionalità dell' HGPRT. Quindi se blocco con l' aminopterina. dividersi e moltiplicarsi. A questo punto le sospensione di cellule viene diluita e seminata in micropiastre in modo che per ogni pozzetto ci sia statisticamente una cellula 15 . Timidina= è aggiunta per risolvere il blocco dell'enzima diidrofolato reduttasi. Ipoxantina= infatti può essere usata come sorgente di purine in quanto grazie all'azione dell'enzima HGPRT può formare IMP.muoiono per azione del blocco dell'aminopterina non potendo percorrere questa altra strada. e viene determinata l’intensità del colore di ciascun campione che darà una misura della quantità di enzima marcante attaccato. In questo modo ogni clone di linfocita B produrrà un unico tipo di anticorpo. 16 . Per favorire la formazione dei cloni a partire da una singola cellula sarà utile seminare le cellule in gel agarosio al quale vengono aggiunti linfociti di un altro topo che coadiuveranno la crescita della cellula (feeder layer). producendo luce. Dopo un dato tempo necessario per lo sviluppo massimo del colore. La fase solida viene quindi lavata con tampone fosfato salino-Tween 20 per rimuovere l’antigene non adsorbito. 5. la fosfatasi alcalina (AP) che converte il p-nitrofenilfostato incolore in p-nitrofenolo giallo e la beta galattosidasi. la reazione enzimatica viene bloccata. test radioimmunologico (RIA). Quindi se è presente l’anticorpo specifico. sarà possibile visualizzare il complesso che questo forma con l’antigene tramite l’utilizzo di un anticorpo marcato con un enzima. Si legherà solo l’anticorpo specifico con reattività contro l’antigene. test immunoenzimatico (ELISA). In seguito viene aggiunto il substrato per l’enzima. Quindi sarà possibile procedere allo screening degli anticorpi specifici per l'antigene immunizzante. che è proporzionale all’anticorpo specifico dell’ibridoma nel medium del micropozzetto. Test enzimoimmunologico (ELISA) : l’antigene (immunogeno) viene attaccato od adsorbito ad un supporto in fase solida (polistirene). Dopo due settimane circa noteremo la formazione dei cloni. SCREENING Ab È un momento importante nella produzione di un ibridoma perchè comporta una ricerca dell'anticorpo che reagisce con l'immunogeno tra i medium di ciascun pozzetto. A ciascun pozzetto viene aggiunto il terreno in cui sono cresciuti diversi ibridomi.che possa quindi formare un clone e verranno quini coltivate in un mezzo di coltura senza HAT. Le tecniche più utilizzate sono essenzialmente tre: test di immunofluorescenza.Tra gli enzimi più utilizzati in tal senso ricordiamo: la perossidasi da rafano (HRPO). che ossida il luminolo. L’anticorpo che non ha reagito verrà rimosso. 7 17 .Figura 2. Figura 2.6.Schema ELISA Test di immunofluorescenza: Il legame dell'anticorpo monoclonale all'antigene è messo in evidenza con un secondo anticorpo anti-Ig marcato con sostanze fluorescenti le quali mostrano la capacità di emettere fotoni di lunghezza d'onda visibile se eccitate con radiazioni di lunghezze d'onda adeguate. 8).8.RIA 18 . per evidenziare il legame suddetto viene usato sempre un secondo anticorpo ma marcato con l'isopoto 125 (radiattivo) dello Iodio . La quantità di radioattività sarà proporzionale all'anticorpo dell' ibridoma (fig.Test radioimmunologico: è un test più sensibile del precedente. 2. Figura 2. 19 . onde impiantare linee cellulari da cellule individuali (cloni). La ripetizione delle tecniche di clonaggio aumenta la probabilità che le cellule risultanti siano monoclonali ma è comunque necessario eseguire dei controlli per accertarsi di aver ottenuto la monoclonalità. Un clone stabile viene mantenuto con la subclonazione. Questa operazione ripetuta più volte permette di ottenere in un pozzetto una singola cellula. Una volta individuati i pozzetti positivi.6_Clonazione I pozzetti della piastra da microdosaggio originale il cui mezzo fornisce all'immunodosaggio risposta positiva (colorazione) possono contenere una miscela di cellule di fusione. Sulle diverse colonie cellulari si ripete lo screening più volte. in quanto le cellule producenti anticorpi possono non essere stabili e portare ad un decadimento del titolo di anticorpi. questo procedimento corrisponde al clonaggio della cellula producente un singolo anticorpo. Dopo avere coltivato i cloni se ne saggia il mezzo nuovamente per stabilire quali linee cellulari (ibridomi) producano molecole di anticorpi monoclonali atte a riconoscere l'antigene bersaglio. Tali cellule perciò vengono diluite con mezzo di coltura e inoculate in pozzetti vergini. La tecnica per diluizione al limite (di meno di una cellula per coltura) o l’uso di terreni di coltura semisolidi come l’agar. Se si isola più di un ibridoma specifico si effettuano ulteriori saggi per stabilire se i diversi cloni producano anticorpi contro il medesimo determinante antigenico. Quando le cellule produrranno un titolo costante di anticorpi. permette agli ibridi di crescere con una densità talmente bassa che ogni crescita si può considerare derivante da un singolo clone. La procedura della riclonazione permette l’eliminazione della contaminazione di varianti. si potrà essere certi di aver selezionato un clone. ed inoltre nello stessso pozzetto si possono trovare cellule ibridizzate che non producono nulla. Quest’ultime sono pericolose in quanto proliferano velocemente e tendono a sostituirsi alle prime. La clonazione deve essere fatta quanto più velocemente possibile per eliminare varianti ed ibridi non producenti anticorpi. le cellule vengono diluite in una elevata quantità di terreno di coltura che viene ridistribuito in diversi pozzetti. Se si permette che la crescita continui. e le cellule che hanno perso la capacità di produrre anticorpi a causa della perdita di cromosomi. A questo scopo si preparano subcloni di linee ibridomi e si calcola la percentuale di cellule che secernono anticorpi con la specificità appropriata che deve essere vicina al 100%. da cui poi si origina una colonia di cellule. le varianti degli ibridi possono sovracrescere gli ibridomi desiderati. dei cloni che non producono anticorpi. Al fine di garantire un elevato grado di purezza. Questa può essere effettuata espandendo la coltura dell’ibridoma in vitro e raccogliendo il surnatante. è necessario effettuare prelievo e conservazione in forma sterile o aggiungendo 0. Per ovviare a questo inconveniente esistono in commercio terreni sintetici a basso contenuto proteico in grado di sostenere la crescita degli ibridomi.3.1 Terreni di coltura Gli ibridomi possono crescere in coltura di sospensione o stazionaria.2% di NaN3. si passa alla produzione su larga scala. si può ricorrere a metodi in vivo. 3. attraverso l’inoculazione dell’ibridoma in topi che abbiano derivazione genetica uguale a quella dell’ibridoma per la produzione di liquido ascitico.1 Introduzione Gli anticorpi. La contaminazione proteica più rilevante è dovuta alle proteine sieriche bovine nel siero utilizzato per la coltura. La quantità di anticorpo prodotta dipende dalla concentrazione delle cellule ottenute e dal periodo di tempo sufficienti a raggiungere quantità di anticorpo in cui rimangono vitali e produttive. PRODUZIONE DI ANTICORPI MONOCLONALI 3. L’eventuale morte delle cellule dovuta alla loro eccessiva concentrazione nel mezzo di coltura. oltre all’importanza che rivestono nella naturale risposta immunitaria. La crescita in vitro e il rendimento degli ibridomi vengono assicurati da diversi fattori: 20 . 3. si sono dimostrati uno strumento molto valido per la ricerca grazie alla loro specificità nell’identificare particolari molecole o cellule con conseguente possibilità di separarle da una miscela.2. In alternativa. Nel caso in cui gli mAb non vengano subito purificati. non dovrebbe alterare la quantità dell’ mAb poiché gli Ab risultano in genere resistenti alle proteasi rilasciate in seguito a morte cellulare.2 Produzione di mAb in vitro Per ottenere elevate rese di mAb è necessario far crescere in coltura liquida gli ibridomi fino a saturazione. essendo cellule ancoraggio-indipendenti. sia il surnatante che l’ascite possono essere conservati a -20 °C. I surnatanti contengono una quantità di Ab specifici variabile da 5 a 20 µg\ml e possono raggiungere i 50 µg\ml. Una volta individuati i cloni producenti l’anticorpo monoclonale a reattività desiderata. impedendo quindi qualsiasi forma di contaminazione batterica. fattori di crescita. La CO2 presente nell’incubatore tende a controbilanciare questo aumento. Il siero umano è usato solo per particolari scopi e non è commerciale. gli ibridomi vengono fatti crescere in terreni con quantità ridotte di siero o serum-free anche se non sempre riescono bene a svilupparsi o produrre l’anticorpo in tale mezzo.2. va incontro ad idrolisi basica tende a riformare l’acido debole di partenza) e poi si ha rilascio di CO2. minerali e ormoni. Quando non è disponibile un incubatore a CO2 .si può in alternativa utilizzare un tampone organico. In soluzione acquosa il bicarbonato dissocia. Il siero di uso più comune nelle colture cellulari è il siero fetale di bovino o vitello (FBS o FCS). mantenendo così il giusto pH del terreno. Spesso. Per la crescita ottimale le cellule richiedono un valore di pH del mezzo compreso tra 7.2 e 7. questo consente di mantenere le cellule nel terreno di coltura per periodi piuttosto lunghi fuori dall’incubatore. come transferrina e albumina. Il siero è una miscela complessa di proteine plasmatiche. Sali minerali) contenuti nel mezzo b) fattori di crescita (presenti nel siero) c) rimozione dei residui metabolici d) stabilità del pH e) temperatura f) adeguata diffusione di ossigeno Rispondono a questi requisiti due tipologie di terreni: DMEM (Dulbecco’s modified Eagle’s medium) e RPMI-1640. siero ed L-glutammina. Queste due formulazioni differiscono tra loro per il contenuto in amminoacidi e vitamine. Per mantenere costante tale valore di pH. 3. questi vanno perciò aggiunti prima dell’uso. poiché molto instabili. tuttavia.a) elementi nutritivi di base (glucosio. insieme a glucosio e piruvato.1 ) e terreni contenenti NaHCO3. al fine di ottenere elevata purezza. Inoltre costituisce un’importante fonte energetica mediante il ciclo di Krebs. aminoacidi. si ricorre per lo più ad incubatori con una fase gassosa contenente il 5% di CO2 (Fig. I terreni liquidi non contengono antibiotici. Numerosi terreni commerciali sono dotati di un sistema tampone misto HEPES\CO2 al fine di incrementare le capacità tamponanti del terreno. La glutammina costituisce una delle fonti principali di carbonio per molte cellule in coltura ed è in grado di fornire precursori per la biosintesi e per la sintesi proteica. 21 .4. come l’HEPES. Si ottengono colture ad alta densità che si avvicinano a 107-108 cells/ml.Incubatore a CO2 3. Uno svantaggio potenziale delle colture in sospensione è che alcuni ibridomi sono sensibili a forze di taglio (interazione del liquido in movimento sulla cellula) che si sviluppa in una coltura agitata.2.  Nella coltura stazionaria (per esempio T flask). Nella coltura in serie. La tecnica di alimentazione in serie consiste nella periodica aggiunta di terreno fresco. Ciò consente di fornire uno scambio migliore di gas. Nelle colture a perfusione (per esempio.1. Poiché le sostanze nutrienti sono continuamente aggiunte. la durata della coltura ad alimentazione in serie è prolungata e 22    . ma non sono esposte a forze di taglio. roller bottles o splinner flask). le cellule ed i terreni non sono agitati. Queste sono continuamente perfuse dal terreno. La vitalità della coltura è limitata dal consumo dei nutrienti o dall’accumulo di residui metabolici. le cellule vengono mantenute in compatimenti separati dal serbatoio del terreno. Usando questi metodi le concentrazioni massime di cellule non eccedono generalmente il milione di cellule per ml. tramite l’utilizzo di una membrana selettiva.2 I metodi di coltura Si possono crescere e mantenere ibridomi nelle colture i stazionarie.2. così da essere considerate colture a bassa densità. I sistemi a perfusione risultano più efficaci sia nel rifornimento di sostanze nutrienti sia nella rimozione dei cataboliti. Si può usare la tecnica in serie nelle colture sia stazionarie che in sospensione. in sospensione. Nella coltura in sospensione (per esempio. il mantenimento della sospensione è garantito dalla continua agitazione delle cellule e dei mezzi. o in perfusione.Figura 3. bioreattori a fibra cava). le cellule ed i terreni sono inoculati in coltura e non sono maneggiati fino alla raccolta. il terreno fresco è aggiunto continuamente. Le cellule raggiungono una concentrazione più alta che in una coltura in serie. La coltura di cellule animali è diventata il metodo d’elezione per la produzione di anticorpi monoclonali ad uso farmaceutico. A seconda dell’utilizzo previsto. Il sistema a coltura continua si può applicare sia a colture in sospensione che in perfusione. poiché non stanno consumando l'energia per la replicazione.può essere sostenuta per parecchie settimane. Il prodotto viene poi liofilizzato e venduto confezionato in atmosfera di gas inerte. la maggior parte dell’anticorpo anticorpo è prodotta quando le cellule si trovano nella fase stazionaria. mentre il terreno esausto è rimosso con o senza le cellule. che consente alle cellule di rimanere vitali per mesi. né dell’accumulo di cataboliti. come radionuclidi o tossine.  Nella coltura continua. glicina o albumina. Lo sviluppo degli ibridomi nella coltura continua in perfusione trae vantaggio massimo da una cinetica di produzione di secondo ordine per la maggior parte degli ibridomi: anche se una certa quantità di anticorpo è prodotta durante la fase di crescita logaritmica cellulare. l’anticorpo può essere coniugato a specifiche molecole “segnale”. poiché non vi è un limite né dell’apporto nutritivo. Alla fine vengono aggiunti al prodotto degli agenti stabilizzanti come tamponi. La durata della coltura è limitata dall’accumulo dei residui metabolici. La rimozione delle cellule dal mezzo contenente gli anticorpi è portata a termine mediante centrifugazione o filtrazione e normalmente si fa anche un’ultrafiltrazione per concentrare il filtrato. 23 . che viene poi sottoposto a diverse purificazioni di tipo cromatografico. Questa risulta essere.1 Requisiti essenziali per la preparazione dei terreni di coltura La preparazione dei terreni di coltura richiede l’utilizzo di acqua bi distillata o tridistillata (ancor meglio se prima deionizzata e poi bi distillata). si può riscontrare una vasta gamma di parametri nella produzione di mAb. dal tipo di terreno utilizzato e dai protocolli usati.3. La cappa a flusso laminare viene utilizzata per proteggere sia il prodotto dalla 24 .3.1) che consente di ottenere un ambiente sterile.3 Metodi in vitro In base alle differenti linee cellulari di ibridoma coltivate in vitro. E’ importate sottolineare che tutti i procedimenti che coinvolgono le colture cellulari . per l'appunto.2.2. 3.2. devono essere necessariamente effettuati con materiale sterile utilizzando una cappa a flusso laminare (fig. e di conseguenza anche la preparazione dei terreni. dal metodo di coltura utilizzato.3. dipendente dalla linea cellulare dell'ibridoma.3. 3. La lampada UV e’ abilitata al funzionamento solo quando il pannello di chiusura e’ posizionato correttamente nella zona frontale della cabina. stazionarie.Cappa per colture cellulari La cappa possiede un flusso laminare discendente che limita l’ingresso di microrganismi. in matracci Per colture stazionarie è possibile utilizzare matracci (T flask o fiasche) o in alternativa piastre. su cui e’ in genere montata una lampada germicida UV per la sterilizzazione della camera di lavoro durante la notte. Le pareti della cappa possono essere in acciaio inox o in cristallo temperato. E’ quasi sempre previsto un pannello asportabile per la chiusura dell’apertura frontale.contaminazione che l’operatore.3. previamente trattate al fine di garantire la proliferazione e l’adesione cellulare sulla superficie. sempre in vetro.2 Classificazione dei metodi in vitro Diversi sono i metodi di coltura cellulare.1. essi possono essere distinti in:  Colture cellulari. resistente agli UV. 3. Le 25 . può essere inclinato per facilitare la visione e la manipolazione all’interno dell’area di lavoro. Figura 3.2. Esse vengono inoltre commercializzate in confezioni sigillate e sterilizzate. Lo schermo frontale. in grado di impedire il passaggio di aerosol dall’interno all’esterno dell’unita’ e viceversa. La protezione dell’operatore e’ assicurata dalla barriera di aria frontale.2. Entrambe le tipologie di contenitori vengono realizzate con particolari materie plastiche. il tempo fra la fine della proliferazione delle cellule. Tuttavia e’ possibile acquistare fiasche i cui tappi sono dotati di un filtro. diminuendo cosi’ il pericolo di contaminazioni accidentali. La concentrazione di mAb è tipicamente tra 10-100 µg/ml. Poco o nessun controllo è richiesto e il contenuto del flask può essere raccolto quando il terreno vira al giallo (diventa acido) con colonie di cellule vitali al 5-10% circa. con zone di crescita dai 12.1a) sono disponibili in una varietà di formati. varia in relazione alle diverse linee cellulari. al fine di ottenere un risultato finale riproducibile e veloce. Le cellule ed i terreni vengono seminati nelle fiasche e mantenuti in un incubatore a CO 2.I tempi di incubazione sono di 7-10 giorni prima della raccolta. Le T flask sono caratterizzate dalla presenza di tappi che possono essere mantenuti chiusi al di fuori dell’incubatore o anche all’interno di incubatori a “secco”. il che minimizza i requisiti di spazio all’interno dell’incubatore. in questo caso le concentrazioni basse di mAb sono soddisfacenti. E’ necessario mantenere la fiasca sdraiata su una delle facce maggiori sulla cui superficie cresceranno le cellule. Per tali ragioni i T flask dovrebbero essere considerati solo per piccole produzioni di mAb.2. l'inizio del decremento della vitalità cellulare ed il livello di massima produzione dell'anticorpo è ibridoma dipendente. La densità di semina iniziale richiesta per la proliferazione delle cellule.3.fiasche (T flask) per colture cellulari standard (fig. con una produzione di piccole quantità di mAb. Sono relativamente economiche e sono accatastabili. Lo svantaggio principale legato alle colture in fiasche è che le concentrazioni di mAb ottenute sono notevolmente basse. che permette gli scambi gassosi pur mantenendolo chiuso..3. e volumi variabili dai 5 ai 400 ml. 26 . Le fiasche sono di semplice utilizzo e richiedono minima perizia tecnica.5 cm 2 ai 300 cm2. sono piastre quadrate suddivise in diversi pozzetti (da 6 a 96) a volume variabile a seconda del numero di pozzetti.Multiwells 27 .1b).2. il rischio di contaminazioni è maggiore.3.1 b.1a – Fiasche per colture cellulari standard Le piastre.3.3. utilizzate anch’esse per colture stazionarie.2.Piastre Petri da 6 e da 96 pozzetti Figura 3. al contrario.Figura 3.2. e pertanto queste richiedono una maggiore manualità nel trattamento.3. Figura 3.2.3. Le prime sono generalmente rotonde le seconde.1 a. possono essere distinte in piastre Petri e piastre multipozzetto (meglio conosciute come multiwell) (figure 3. Dal momento che le piastre sono dotate di un coperchio non a tenuta. Nei pozzetti della piastra da 96 vengono di solito inoculati circa 200 μL di sospensione cellulare.1a e 3.2. Figure 3.3. La coltura in spinner flask viene realizzata per creare condizioni dinamiche che favoriscano l’apporto uniforme di nutrimenti e ossigeno.1e) .1c-d) o roller bottles (fig. Le concentrazioni di mAb ottenute con questi due metodi sono in genere superiori rispetto alle tecniche di coltura stazionarie. I vantaggi e gli svantaggi sono simili a quelli descritti per i T flask.3.3. per la produzione di anticorpi monoclonali.2. variando da circa 10-220 µg/ml e la durata media della coltura è maggiore (circa 12 giorni).3. vengono realizzate attraverso l’utilizzo di spinner flask (fig.3. ma le roller bottles e gli spinner flask richiedono uno spazio maggiore nell’incubatore e sono inoltre più costose. I volumi della coltura sono tipicamente inferiori o uguali ai 2l.1.2.2. c-d – Spinner flask 28 .Colture cellulari in condizioni dinamiche Condizioni di coltura dinamica. 1 f). Cellbag viene parzialmente riempito con il mezzo di coltura e viene posta sull’unità di base del bioreattore. inoculato con le cellule ed il terreno. migliorando così l'ossigenazione delle cellule. La 29 Colture cellulari in bioreattori ad onda ( Wave . ciò riduce la contaminazione microbica e possono essere disposte orizzontalmente sul piano dell'incubatrice o essere appese. ma sembra che vi sia una produzione superiore di mAb per cellula.3. e. flessibili.Roller Bottles Colture cellulari in Sacchetti Gas-Permeabili I sacchetti gas permeabili sono in commercio: presterilizzati. i sacchetti hanno una maggiore superficie di diffusione per l'ossigeno e la CO2.3.Figura 3. viene disposto all’interno di un incubatore a CO2 e viene trattato come una coltura in serie. Il sacchetto. Questi sacchetti sono di semplice utilizzo grazie alla presenza di orifizi e tubi fissati con morsetti che permettono l’inoculazione di cellule e terreni. monouso e permeabili al gas.2. I sacchetti di coltura presentano altri vantaggi rispetto alle piastre o le T flasks: i sacchetti sono sistemi completamente chiusi. Non vi è un incremento della densità delle cellule rispetto ai T flasks. riducendo così lo Figura 3. sia in fase di produzione che in raccolta. Il terreno viene raccolto alla concentrazione plateau di mAb o quando la vitalità delle cellule cade al 10% circa (fig. Rispetto ai T flasks standard.3. presterilizzato con radiazioni gamma e può essere utilizzato una sola volta. inoltre la vitalità delle cellule è mantenuta per periodi di tempo più lunghi. Permeabile Bioreactor) Il bioreattore ad onda (Wave bioreactor) è costituito da un sacchetto (cell bag) plastico e flessibile.1 fSacchetto Gas.spazio richiesto.2.1. 2. La densità raggiunta dalle cellule è di 7 x 106 cellule/ml. Il sacchetto è dotato di due filtri dell'aria. priva di liquido. è presente una pompa d’aria elettrica che mantiene il sacchetto aerato e richiede 2 bar di pressione.parte alta del sacchetto. il volume del terreno può essere aumentato gradualmente. Ad esempio il pH del mezzo di coltura può essere controllato mediante:  il controllo on-line del pH attraverso la misurazione del pH e la regolazione del pH con aggiunte di acidi e basi. uno in ingresso e uno in uscita. mescola il liquido nel bioreattore e sospende le cellule con basse forze di taglio. Per alcuni parametri. CONFIGURAZIONE DEI SISTEMI WAVE I sistemi Wave Bioreactor sono disponibili in diverse configurazioni che consentono il controllo di alcuni parametri chiave. Non è richiesto il flusso laminare né per le eventuali aggiunte. è aerata continuamente. ossia da moduli WAVEPOD (disponibili con diverse funzionalità) e autonomi. L'azione dell'onda aumenta la superficie aria-liquido per il trasferimento dell'ossigeno. di una siringa per il campionamento e di un tubo connettore per l’aggiunta ed il prelievo. Questi possono essere controllati dagli strumenti integrati in WAVE bioreactor e/o da strumenti esterni. con aumento contemporaneo della densità cellulare. né per le campionature. Quando viene usato in sistemi ad alimentazione seriale. sono disponibili diverse opzioni di controllo. La velocità di oscillazione è regolata da un pannello digitale. L'agitazione generata dal meccanismo di oscillazione permette il trasferimento e la miscelazione dell’ossigeno.  Controllo indiretto del pH attraverso la regolazione della concentrazione di CO2 SCHEDE TECNICHE RELATIVE AD ALCUNI MODELLI DI WAVE BIOREACTOR SCHEDA TECNICA SISTEMA WAVE BIOREACTOR 2/10 Un sistema WAVE BIOREACTOR 2/10 è costituito da: WAVE Bioreactor 2/10 Supporto cellbag Cellbag presterilizzato mono uso Regolatore di perfusione 30 . - Moduli strumenti esterni Illustrazione di Wave Bioreactor 2/10 1 2 3 4 5 6 DESCRIZIONE Unità di base Bioreactor Pannello anteriore con comandi Display LCD Unità di oscillazione Supporto Cellbag Regolatore di perfusione (opzionale) SCHEDA TECNICA SISTEMA WAVE BIOREACTOR 5/20 Un sistema WAVE BIOREACTOR 5/20 è costituito da: WAVE Bioreactor 5/20 Supporto cellbag Cellbag presterilizzato mono uso WAVEPOD (opzionale) Moduli strumenti esterni (opzionale) Illustrazione di Wave Bioreactor 5/20 31 . meccanismo oscillante Unità di oscillazione Supporto Cellbag Pannello a sfioramento rimovibile SCHEDA TECNICA CELLBAG Illustrazione cellbag: 1 2 3 4 DESCRIZIONE Asta Cellbag Linee di inoculazione/raccolta Filtro dell’aria in uscita Filtro dell’aria in entrata 32 .1 2 3 4 5 DESCRIZIONE Unità di base Bioreactor Soffietti di protezione. modulo pompa aria Postazione 4. Illustrazione WAVEPOD 1 2 3 4 5 DESCRIZIONE Postazione 1. WAVE Bioreactor può essere azionato dal pannello a sfioramento di WAVEPOD. Questo comprende i controlli di pH.5 6 7 Oxywell2TM Punto di campionamento senza ago Raccordo Luer di ricambio/sonda pH opzionale SCHEDA TECNICA WAVEPOD Il modulo strumento WAVEPOD integra la strumentazione associata a Wave Bioreactor 20/50.modulo ossigeno disciolto (DO) Postazione 3.1g) sono basati su tecnologia di compartimentalizzazione delle membrane.moduli CO2e O2 Pannello a sfioramento Sistemi di coltura CELLine I dispositivi di coltura CELLine (figura 3.modulo pH Postazione 2. che è separato 33 . Per ottenere la funzionalità desiderata è possibile istallare contemporaneamente in WAVEPOD fino a quattro moduli strumenti.3.2. ossigeno disciolto e miscelazione dei gas di CO2/O2. Le cellule ed i mAb secreti sono mantenuti in uno scompartimento centrale di piccolo-volume. rispetto ad altre tecniche di coltura stazionarie.attraverso una membrana semipermeabile da quello superiore di più grande volume che contiene il terreno. I Figura 3.2.Bioreattore miniPERM® 34 .1g. il terreno è rimosso dallo scompartimento centrale del nutriente e una parte della sospensione cellulare è raccolta dallo scompartimento.1h. Il produttore segnala che se viene usato siero. Le cellule sono inoculate attraverso una pipetta nello scompartimento delle cellule ed il terreno è versato nello scompartimento centrale.3. Il terreno fresco è aggiunto sia allo scompartimento del terreno che a quello delle cellule. significativamente più alte. I sistemi sono facili da maneggiare e le unità sono collegate ed accatastabili per minimizzare i requisiti di spazio nell'incubatrice a CO2. Una membrana permeabile al gas sulla parte inferiore dello scompartimento delle cellule provvede all’ossigenazione ed allo scambio di CO2.3. Le cellule raggiungono alte densità. sono presterilizzati e monouso. Circa sette giorni dopo l’inoculazione.2. Colture cellulari in bioreattore miniPERM® Figura 3. e le concentrazioni di mAb. All’ingresso del compartimento contenente il terreno vi è un largo orifizio con un tappo a vite ed un altro orifizio è posizionato all’ingresso dello scompartimento delle cellule con setto a vite accessibile da una pipetta.Sitemi di coltura CELLine: destrizione della tecnologia a compartimentalizzazione sistemi sono costruiti con polistirene trasparente. sono ottenute in un piccolo volume. Questo processo è ripetuto approssimativamente ogni tre giorni. i costi sono ridotti considerevolmente perché il siero è presente soltanto nello scompartimento delle cellule. Colture cellulari in bioreattori a fibra cava (HFB) 35 .1 h) è un minifermentatore modulare da laboratorio.2. facilità di utilizzo. I vantaggi di questo sistema includono: sviluppo delle cellule ad alte densità (107 cell/ml). utilizzato per colture di ibridomi e altre linee cellulari.Il bioreattore miniPERM® (fig. capacità di effettuare le colture per un periodo di tempo relativamente lungo. Dall’altra estremità del modulo di produzione è presente una membrana in silicone gaspermeabile per l’ottimale scambio di ossigeno e anidride carbonica. così come i cataboliti vengono trasferiti nel modulo dei nutrienti dove vengono diluiti. ma non consente il passaggio di cellule e prodotti ad alto peso molecolare.3. Il modulo dei nutrienti è provvisto di tappo a vite con membrana integrata in grado di equilibrare la pressione con l’esterno. alta concentrazione di mAb. Il miniPERM® è dotato di un sistema di coltura ad alimentazione seriale con la possibilità di raccogliere periodicamente il prodotto dal modulo di produzione. “miniPERM®” è adatto per colture contenenti siero e colture serum-free. ideale per la produzione di proteine e anticorpi. Questo è progettato per ruotare su un dispositivo all'interno di un incubatore a CO2 che mantiene le cellule nel modulo di produzione in sospensione ed agita il mezzo nutriente per facilitare il passaggio delle sostanze nutrienti e dei metaboliti attraverso la membrana di dialisi. In questo modo i nutrienti e i gas disciolti passano dal modulo dei nutrienti a quello di produzione. Sul modulo di produzione sono presenti dei connettori che sono usati per l'inoculazione delle cellule e l'accumulazione del campione. alta purezza del prodotto dovuta alla riduzione o alla rimozione del siero dallo scompartimento nutriente. che nella versione in cui il modulo dei nutrienti è autoclavabile e riutilizzabile (il modulo di produzione è sempre monouso). Il bioreattore miniPERM®è fornito sia nella versione sterile monouso. capacità di riutilizzare alcuni componenti.3. Questo è costituito da due compartimenti: il modulo di produzione (40 mL) ed il modulo dei nutrienti (400 mL) separati da una membrana da dialisi semipermeabile che consente il trasferimento di gas e dei nutrienti. I bioreattori consistono tipicamente in fasci di fibre vuote posti in una cartuccia di plastica. Le cellule si sviluppano nello spazio extracapillare che circonda le fibre. una pompa a velocità variabile per mantenere un flusso di terreno continuo e unidirezionale. Gli orifizi di raccolta permettono l'accesso nello spazio extracapillare per l’esame delle cellule e la raccolta di mAb.1 i) originariamente sviluppati da Knazek. È inclusa all'interno del circuito del bioreattore una bottiglia di terreno. Le HFBs. attraverso la quale i terreni di coltura perfondono continuamente nello spazio intracapillare.2. in base al peso molecolare. e terreni che permettono lo scambio di ossigeno e CO2. fornendo un ambiente simil-fisiologico alle cellule coltivate.3. Le concentrazioni di anticorpo ottenute sono dell’ordine di grandezza di un liquido ascitico. Le pareti delle fibre vuote servono da membrane semipermeabili di ultrafiltrazione. vengono garantiti un costante apporto nutritivo. La maggior parte dei sistemi ha degli orifizi in cui sono presenti i campioni di terreno per il monitoraggio. sono apparati per colture cellulari. il percorso del fluido e il terreno. la rimozione di cataboliti ed il mantenimento di valori ottimali di pH. il quale è abbastanza ridotto da trattenere le cellule e lasciar passare il mAb che viene escreto nello spazio extracapillare. le sostanze nutrienti ed i residui metabolici diffondo liberamente attraverso la membrana secondo le differenze di pressione e le pendenze idrostatiche di concentrazione. 3. Grazie al continuo ricircolo del terreno di coltura e al passaggio in un apparato per lo scambio gassoso. Consentono quindi di mantenere l’ibridoma in coltura per lungo tempo. Il cut-off. è dato dalla dimensione del poro della membrana. progettati per simulare il sistema capillare in vivo.I bioreattori a fibra cava (fig. sono presterilizzati e monouso. una cartuccia HFB. 36 . Tutti i sistemi hanno un modulo di controllo dello strumento per la regolazione della portata dei fluidi ed un altro caratteristico per ogni sistema. mentre il gas. ad accumulo di liquido ascitico e a distensione addominale.1. In seguito all’accumulo di liquido è necessario effettuare un immediato drenaggio ( volume di liquido non superiore al 20 % del peso corporeo).Figura 3.14 giorni dopo l’innesco. che servono dunque da camera di fermentazione vivente. il primo anticorpo monoclonale approvato per l'uso terapeutico dalla Food and Drug Administration.2 ml). un adiuvante immunogenico.3 Metodi di mAb in vivo La produzione degli anticorpi monoclonali può essere anche condotta mediante iniezione degli ibridomi nella cavità peritoneale di ratti istocompatibili (fig 3. 10. Molti dei primi preparati di anticorpi monoclonali venivano prodotti in questo modo. tra questi OKT-3. Esso conterrà grandi quantità di anticorpi antigene-specifici. cominceranno a secerne l’anticorpo monoclonale nel liquido ascitico a concentrazioni più elevate (1-25 mg/ml) rispetto ai metodi di coltura in vitro. 37 . Questo metodo.1).0.3. le cellule di ibridoma trapiantate. viene iniettata una sospensione di ibridomi nella cavità peritoneale. presenta però degli svantaggi quali l'alto costo e il fatto che il prodotto sia contaminato da significativi livelli di lipidi ed altre sostanze presenti nel peritoneo del topo.1 h.2. capace di indurre reazioni granulomatose e di interferire con il drenaggio di liquido peritoneale. Crescendo. Di solito.3.Bioreattore a fibra cava 3. ciò porta allo sviluppo di un tumore. L’innesco nella cavità peritoneale è spesso realizzato attraverso una iniezione intraperitoneale di pristano (0. nonostante consenta di ottenere elevate concentrazioni di anticorpo. ma hanno una vita breve.3. intercettando quelle che producevano anticorpi anti-influenza specifici. che consiste nel creare anticorpi ibridi con cellule B. contro i tre mesi necessari alla tecnica attuale. Wilson ha spiegato: " Il problema è che non si può identificare e scegliere in modo semplice le cellule che producono gli anticorpi contro i patogeni che si vuole combattere". Con questa nuova tecnica. cioè circa l'80% delle plasmacellule isolate. J. di pochi giorni. ma ora è allo studio la creazione di anticorpi anche contro altre infezioni come antrace. 38 . pneumococco e epatite C. Donald Capra e Jens Wrammert.1 3.4 Recenti innovazioni produttive E' stata messa a punto una tecnica più rapida per la produzione di anticorpi monoclonali umani contro l'influenza. Ed è questo problema che limitava la produzione di anticorpi monoclonali con le tecniche tradizionali. anche cronica. Quando l'organismo è colpito da un agente infettivo. il sistema immunitario inizia a produrre anticorpi ma solo una piccola parte di questi si lega all'agente patogeno e lo neutralizza.Figura 3. delle quali vengono poi clonati i geni per gli anticorpi. i tempi di produzione degli anticorpi monoclonali si sono ridotti a poche settimane. ma esiste il rischio di incompatibilità fra le proteine di questi anticorpi ibridi e l'organismo. in corso.5 Vantaggi e limiti metodi in vivo ed in vitro. La nuova tecnica è stata messa a punto da un team di ricercatori della Oklahoma Medical Research Foundation (OMRF) e della Emory University. La risposta di questi anticorpi è molto rapida e mirata e potrebbero essere prodotti anche a partire dalla risposta immunitaria di persone che hanno un'infezione. 3. I ricercatori hanno trovato un modo per catturare le plasmacellule circolanti poco tempo dopo la vaccinazione. diretti da Patrick Wilson. Esiste un altro metodo più rapido. La nuova tecnica invece consiste nell'isolamento di plasmacellule dal sangue di persone vaccinate contro l'influenza. Le plasmacellule sono l'elemento centrale della reazione iniziale ad un'infezione o ad una vaccinazione. privo di influenze ormonali. Inoltre vi sono dei limiti alla produzione di mAB in ascite. Il metodo in vivo. Conseguentemente alla risposta HAMA avremo: 39 .TECNOLOGIA DEL DNA RICOMBINANTE Un problema alquanto rilevante per quanto concerne l'utilizzo degli anticorpi monoclonali.Sin dagli anni ’80 ebbero grande sviluppo i metodi in vitro. il metodo in vitro può diventare competitivo nonostante gli alti costi di ottimizzazione dati dalla selezione dei cloni e l’uso di terreni di crescita addizionati di siero che rendono il prodotto finale più difficile da purificare. i sistemi in vitro valutano gli effetti di un composto in un ambiente isolato. non richiedono l’uso di animali e possono essere utilizzati in svariati campi di applicazione (ricerca. Le colture cellulari sono più VELOCI e SPECIE-SPECIFICI. poco costoso e facile solo su piccola scala. 4. diagnosi. di ricreare un ambiente che mimi le interazioni dell’intero organismo. frequenti somministrazioni aumentano di gran lunga la risposta. non consentendo. possono essere osservate profonde differenze fra le linee cellulari. soprattutto se il prodotto è destinato all’uso umano. ma all’aumentare della quantità di mAb da produrre. e si rileva la presenza di anticorpi umani anti murini (HAMA) entro 14 giorni dalla somministrazione. risulta essere più veloce. quindi da neutralizzare e/o eliminare. quindi. Si è stimato che una singola iniezione di anticorpi monoclonali murini provoca una risposta immunitaria nel 50-80% dei pazienti. infatti. Nei topi. Inoltre. immunitarie o neuronali. sebbene consenta di ottenere elevate concentrazioni dell’anticorpo prodotto. è la loro suscettibilità al sistema immunitario umano il quale li riconosce come agenti estranei. La progressione delle anomalie è ibridoma-dipendente. anche negli individui che si erano dimostrati insensibili alla prima dose. Tuttavia. terapia ecc). si sviluppano spesso importanti anomalie clinico-patologiche come conseguenza della crescita del tumore all’interno della cavità peritoneale e dell’accumulo del fluido ascitico. dovute allo sviluppo degli ibridomi o alla secrezione di potenti sostanze bioattive secrete dall’ibridoma o dal topo. un’ottima alternativa tecnologica alla produzione di anticorpi monoclonali in ascite di topo. 4. pochi linfociti B presentano il recettore di superficie per questo virus. I linfociti umani produttori di anticorpi possono potenzialmente essere resi immortali per mezzo di EBV(epstain-Barr virus):è l'agente eziologico della mononucleosi infettiva e ha la capacità di infettare linfociti sia in vitro che in vivo inducendo cosi una trasformazione neoplastica. Comunque anche dopo un'eventuale trasformazione. conservando le regioni variabili murine ma utilizzando sequenze umane per la parte costante. Però. L'"ibridazione" degli anticorpi monoclonali di topo e di ratto è stata ulteriormente sviluppata. e quindi la maggior parte di essi risulta immune all'infezione. Fortunatamente la tecnologia del Dna ha portato ad una positiva conclusione fornendo un incisivo metodo per ridurre l'immunogenicità innata degli anticorpi monoclonali murini. Gli impieghi clinici dei mAb chimerici hanno tuttavia evidenziato ancora un effetto antigenico.• • • clearance accelerata Riduzione efficacia anticorpi monoclonali preclusione di somministrazioni ripetute L'unica plausibile soluzione al problema per ovviare a queste non trascurabili conseguenze. ottenendo cosi un anticorpo immunogenico. Altre possibili soluzioni ma pur sempre poco efficienti sono la fusione di linfociti umani con linee cellulari linfoblastoidi umane o con cellule di mieloma murino. La molecola ibrida è risultata meno immunogenica del mAb di partenza (la porzione murina rappresenta circa il 5% della molecola) e più efficiente nell’interazione con il sistema immune umano. rispetto alla formazione delle molecole 40 . Sono costituiti dalla fusione molecolare della regione variabile del mAb murino con la regione costante di una IgG umana. grazie alla presenza di un dominio Fc di origine umana.1 Anticorpi chimerici Conservano la specificità di legame ma assomigliano maggiormente ad un anticorpo umano naturale. è l' utilizzo di anticorpi monoclonali di origine umana. più adatto per impieghi in vivo. e le cellule sono spesso instabili. nonostante l'EBV sia capace di indurre trasformazione cellulare. imputabile alla regione variabile murina. molti producono anticorpi IgM a bassa affinità. I limiti di natura murina dei mAb sono stati superati smontando l'immunoglobulina murina. La clonazione dei geni di tutti i sottotipi di immunoglobuline umane ha permesso la produzione di vari anticorpi ibridi ad immunogenicità ridotta. gli anticorpi "umanizzati" potrebbero dimostrarsi utili come agenti terapeutici.chimeriche appena viste. tre dalla catena H. In base alla sequenza nucleotidica dei cDNA delle regioni leggere e pesanti (VL e VH) si possono delimitare i confini delle CDR. Inoltre ogni innesco comprende alla estremità 5' 12 nucleotidi in più. Poiché possiedono affinità di legame per l'antigene simile a quella degli anticorpi monoclonali di roditore originali. giacché queste regioni presentano sequenza altamente variabile. La PCR servirà ad amplificare le regioni variabili di tali cDNA. sostituendo negli anticorpi umani solo le CDR (regioni determinanti la complementarietà) degli anticorpi monoclonali di roditore. Gli inneschi oligonucleotidici adoperati per la suddetta amplificazione sono complementari alle sequenze delle estremità 5' e 3' del DNA che codifica le regioni variabili. complementari 41 . si possono isolare i cDNA per le catene L e H. Sulla base della sequenza dei DNA che codificano le CDR di roditore si sintetizzano sei coppie di inneschi PCR oligonucleotidici. Ciascuna coppia di inneschi è concepita per iniziare la sintesi del DNA di una delle CDR di roditore: tre provenienti dalla catena L. L'umanizzazione degli anticorpi monoclonali umani si può realizzare così. dove le sequenze nucleotidiche si conservano in grado elevato da un gene anticorpale all'altro. Partendo da una linea di ibridomi di roditore. laddove la sequenza delle regioni dell'intelaiatura tende relativamente a conservarsi. Di solito si stabilisce immediatamente dove incominciano e terminano le CDR. le sequenze sono fiancheggiate da 12 nucleotidi in più complementari al DNA umano. le CDR di roditore dentro l'intelaiatura dell'anticorpo umano. di fatto. tuttavia è costosa e lunga. Amplificazione delle sequenze di cDNA codificanti per le catene L e H . le sequenze DNA complete di ognuna delle CDR umane con il DNA amplificato originante dai roditori. Il procedimento "trapianta". per sostituire tutte le CDR occorrono sei cicli di mutagenesi mirata agli oligonucleotidi. una alla volta. la tecnologia è senza dubbio efficace e diffusamente applicabile. Così facendo. di solito cellule di E. Con questa tecnica sono già stati umanizzati oltre 50 anticorpi monoclonali diversi.alle regioni fiancheggiatrici interne al DNA dell'intelaiatura umana al quale è indirizzato il DNA delle CDR di roditore. costruite con mRNA 42 . in modo da produrre gli anticorpi. Coli o di mammifero. A questo punto si utilizza la mutagenesi mirata agli oligonucleotidi per sostituire. Una strategia promettente è comunque costituita da genoteche combinatorie a espressione fagica. Successivamente si clonano i cDNA delle regioni variabili umanizzati in vettori di espressione che vengono poi introdotti in cellule ospiti idonee. di solito cellule di E. che altrimenti non sarebbero legate covalentemente. Phage display: le catene pesanti e leggere delle regioni variabili (rispettivamente VH e VL) possono essere unite tramite un tratto di DNA sintetico che codifica un peptide di connessione (linker). NotI e IndIII ) e ligazione in un vettore fagico adatto per l’esposizione. Coli o di mammifero. per esempio pGZ-1. come prodotto di fusione con una proteina fagica dell’involucro (gene III). La tecnologia del phagedisplay è attualmente il metodo più diffuso per selezionare frammenti anticorpali ricombinanti con elevata affinità. separate dal linker. sulla superficie del fago. 3. 43 . questo viene introdotto in cellule ospiti idonee. SFiI.provenienti da cellule B umane di donatori non immunizzati(phage display). in modo da produrre gli anticorpi. il costrutto viene quindi amplificato nuovamente con primer contenenti siti di restrizione appropriati per la successiva digestione con endonucleasi (Xbal. questo vettore consente sia l’espressione delle due catene. 2. La disponibilità della tecnologia del phage-display ha consentito di ottenere anticorpi monoclonali interamente umani. 1. sia l’espressione della proteina solubile. L’uso del linker impedisce la dissociazione delle due catene. un vettore ibrido derivato dalla fusione di fagi e plasmidi 3. che codifica per 5 copie di una proteina del capside. in tal modo si ha un fagmide di fusione. Le sequenze codificanti per le catene H ed L. 2. vengono tagliate con gli enzimi di restrizione SfiI e NotI ed assemblate: le due sequenze sono separate da una regione codificante per un peptide linker.1. che consente il giusto orientamento dei frammenti. amplificate tramite PCR. Il costrutto viene fuso con l’estremità N-terminale del gene III del fago. Oltre a codificare per il capside. La produzione dei fagi è garantita 44 . Il costrutto viene inserito in un fagmide (pGZ-1). la pIII (geneIII) è essenziale per il riconoscimento del pilo batterico (F) e del fago nella cellula ospite. acidi nucleici e virus. Per la purificazione sono inserite sequenze di sei istidine (his6) che. A monte del costrutto è presente un peptide leader che. il campione in vivo può contenere gli anticorpi dell’ospite. In ceppi soppressori. In seguito alla replicazione. Durante la trascrizione dei geni del capside viene espresso anche il costrutto accoppiato al gene III. e transferasi. tutta la traduzione si interromperà all’amber generando la sola proteina anticorpale solubile. in seguito a distacco. sono inserite per purificare per affinità su colonne di Nickel. coli. nucleasi. PURIFICAZIONE DI ANTICORPI MONOCLONALI Dopo aver ottenuto. Il fago entra nelle cellule di E. gli anticorpi desiderati devono essere estratti. coinfettando la stessa cellula. la particella fagica viene selezionata in funzione delle sue capacità d’interazione con una proteina target (per questa ragione viene inserita la sequenza codificante per l’anti-anticorpo o tag).da un fago helper selvatico che. 4. su intervento di una peptidasi codificata dall’ospite lascia una nuova regione ammino terminale in cui vengono esposte le sequenze dei peptidi ospiti. coli soppressori in cui esiste un tRNA che la riconosce come codificante: una parte rilevante della traduzione del costrutto non si arresterà in corrispondenza della mutazione e sarà così prodotta la proteina di fusione In ceppi non soppressori. In 45 . in fusione alla proteina III. il DNA viene impacchettato nel capside ed espulso attraverso la membrana di E. tuttavia. proteasi. Replicazione in E. 5. La mutazione amber viene annullata in ceppi di E. fornirà proteine necessarie alla maturazione delle particelle fagiche. Al contrario. il costrutto viene esposto sulla superficie del fago M13. Una tripletta di basi amber che codifica per un codone di fine traduzione TGA. ormoni. 6. coli attraverso il pilo F. I contaminanti presenti nel campione di coltura cellulare possono essere principalmente componenti come fattori di crescita. 5. un campione di ibridomi o un campione di liquido ascitico. coli. creando una proteina chimerica di fusione. risoluzione. endotossine secrete dai batteri. un metodo (in vivo o in vitro) può essere preferibile agli altri. la concentrazione del prodotto nel campione può non essere sufficiente. Inoltre. Purificazione I metodi di purificazione comprendono tecniche di precipitazione che sfruttano le diverse caratteristiche degli anticorpi rispetto alle altre proteine e tali processi di purificazione saranno più lunghi e costosi quando l’anticorpo proviene dal liquido ascitico (a causa delle numerose proteine endogene murine che questo contiene). Le cellule. in genere mediante filtrazione con un filtro da 0. Queste particelle di grandi dimensioni possono provocare un intasamento nelle fasi di purificazione successive. Per ottenere elevati gradi di purezza. rispetto a quello che proviene dalle colture in vitro. A seconda della complessità dei mezzi necessari in coltura cellulare. e quindi contaminanti in oggetto. Può essere presente anche una contaminazione batterica e. di conseguenza. soprattutto nei casi in cui l'anticorpo desiderato è quello prodotto da una linea cellulare a bassa secrezione. detriti cellulari. capacità e recupero. lipidi.entrambi i casi possono essere presenti altre secrezioni degli ibridomi come le citochine. e materiale coagulato vengono prima rimossi. Il campione a questo punto viene preparato per la purificazione. cioè per quei anticorpi di uso clinico sono necessari due o più strategie di purificazione ed esse vanno scelte in funzione delle proprietà specifiche dell’anticorpo ed al bilancio tra velocità. 46 . In tal caso il campione viene quindi condensato tramite ultrafiltrazione o dialisi .45 micron. che sfrutta le specifiche interazioni tra anticorpo e ligando. perturbato dalle tecniche di precipitazione. Le alte concentrazioni saline allontanano lo strato di idratazione della proteina. 5. solventi e polimeri organici provocano la precipitazione di Ig in soluzione. separa gli anticorpi in base al grado di solubilità a diverse concentrazioni saline 2) gel filtrazione.1 Tecniche di precipitazione Alcuni sali. Queste sono solubili in un range di valori di concentrazione salina. 4) cromatografia d'affinità.1) Tecniche di precipitazione. 47 . Le Ig in soluzione sono circondate da uno strato di idratazione strettamente legato.e quindi causando un “raggruppamento di molecole” e la loro precipitazione. che separa gli anticorpi in base alle dimensioni 3) cromatografia a scambio ionico. ma diventano insolubili a valori più alti o più bassi. favorendo l'interazione delle parti idrofobiche delle Ig con regioni simili delle altre molecole. formando così un aggregato visibile insolubile che è recuperato tramite centrifugazione e successivamente risospeso nel tampone appropriato. che sfrutta le differenze di carica tra le Ig e le altre proteine. ma spesso vengono utilizzate solo come passo preliminare in un protocollo di purificazione a più passaggi. La precipitazione delle immunoglobuline tende ad essere più efficiente al punto isoelettrico in quanto si riduce al minimo la repulsione elettrostatica tra le molecole. ma a differenza del solfato di ammonio. l’acido caprilico non concentra le immunoglobuline che quindi rimarranno in soluzione. pH e concentrazione del campione. Questi parametri devono essere controllati per garantire la riproducibilità dei risultati. detto salting-out.Questo fenomeno. La maggior parte delle tecniche di precipitazione non sono adatti per la preparazione su larga scala. in maniera analoga l’ acido caprilico( ottanico) che viene utilizzato soprattutto per Ig provenienti da siero e liquido ascetico. i più usati sono solfato d'ammonio e di sodio. consente la precipitazione reversibile degli anticorpi monoclinali. perchè il prodotto non è sufficientemente puro. Non tutte le proteine sono facili da riportare in soluzione. La risolubilizzazione delle proteine Molte proteine sono facilmente risolubilizzate in una piccola quantità di buffer da utilizzare per il successivo step cromatografico. Si può anche usare. Tuttavia. il rendimento può quindi essere ridotto. Le tecniche di precipitazione sono economiche e di facile esecuzione. Questi agenti devono sempre essere rimossi 48 . può essere necessario un agente di denaturazione per proteine meno solubili. in questa tecnica gli ioni più efficaci sono gli anioni a carica multipla insieme a cationi monovalenti. Inoltre le tecniche di precipitazione sono influenzate dalla temperatura. 5. nei vari gel. Kd = 1 (cioè la particella partiziona egualmente tra interno ed esterno). E' proprio la variabilità di Kd tra questi due estremi che rende possibile. viene fluita. Kd è uguale a 0 e la parti-cella.2 Gel filtrazione Meccanismo: una colonna di particelle di gel è in equilibrio con un solvente adatto alle molecole da separare. Le molecole più grandi. Per ciascun tipo di gel il coefficiente di ripartizione Kd (tra il solvente interno e quello esterno al gel) di un determinato soluto è funzione del peso molecolare del soluto stesso.per consentire completo ripiegamento delle proteine e di massimizzare il recupero di massa e di attività. velocemente Se invece il soluto è abbastanza piccolo da essere liberamente permeabile alle particelle di gel. Se la molecola del soluto è così grande da essere esclusa dal solvente interno al gel. la separazione di soluti in un ristretto campo di pesi molecolari. completamente escluse dai pori. non trattenuta. mentre le molecole più piccole si distribuiscono nel solvente presente sia all'interno sia all'esterno del setaccio molecolare e attraversano quindi la colonna a velocità più bassa. 49 . rimangono nel volume vuoto (o volume escluso) e passano attraverso gli spazi interstiziali. Le matrici usate comprendono destrani a legami crociati, legami ottenuti da reazione con epicloridrina (Sephadex), agarosio (Sepharose, Bio-Gel A, Savagac), poliacrilammide (Bio-Gel P), poliesteri, gel di silice, poliacrilomorfolina e polistireni. Queste matrici funzionano sotto forma di gel idratato, ma spesso sono vendute sotto forma di polvere secca, che deve essere idratata prima di impaccare la colonna. L’idratazione si ottiene in genere mescolando una parte di polvere con dieci di soluzione tamponata, e lasciando che la matrice assorba tampone per parecchie ore, mescolando di tanto in tanto. L’impaccamento della colonna si ottiene, in estrema sintesi, sospendendo la matrice in tampone ed aggiungendola delicatamente all’interno della colonna. Il rubinetto d’uscita deve essere aperto, così che ci sia flusso di liquido nella colonna mentre la resina decanta e si assesta (dopo avere versato tutta la matrice, si continua ad aggiungere tampone).E’ importante effettuare l’impaccamento in un’unica fase ed evitare di intrappolare bolle d’aria nel gel, per evitare variazioni nella uniformità della matrice. 50 Risoluzione: nella gel filtrazione, la risoluzione dipende dalle dimensioni delle particelle di gel, dalle dimensioni dei pori, dalla lunghezza e dal diametro della colonna e dal volume del campione, che in questo sistema è particolarmente critico. Generalmente si consiglia di usare volumi di campione <5% del volume totale della resina impaccata. La gel filtrazione separa le molecole in base alle dimensioni e di solito si usa secondo metodi convenzionali o in HPLC. La sola gel filtrazione non è molto efficace per la purificazione di IgG, ma può essere impiegata a questo scopo in combinazione con altri metodi, come la cromatografia a scambio ionico. 5.3 Cromatografia a scambio ionico In questo tipo di cromatografia, l’adsorbimento delle particelle sulla fase stazionaria è determinato da interazioni di tipo elettrostatico (gruppi con cariche di segno opposto). Le proteine, possiedono gruppi ionizzabili e il fatto che essi possano portare una carica netta positiva o negativa può essere utilizzato nella separazione di miscele che li contengano. La carica netta che questi composti presentano dipende dal loro pK e dal pH della soluzione secondo l'equazione di Henderson-Hasselbalch. 51 Negli scambiatori anionici (come la DEAE nello schema a lato) la resina espone gruppi carichi positivamente (in generale, gruppi basici) che attraggono molecole cariche negativamente, e ne favoriscono l’adsorbimento sulla fase solida, mentre le molecole neutre o cariche po-sitivamente vengono eluite nel tempo morto della colonna. Gli scambiatori cationici possiedono invece gruppi carichi negativamente (acidi) e attraggono, quindi, molecole cariche positivamente. Si parla anche di scambiatori ‘forti’ o ‘deboli’, in riferimento al pK dei gruppi carichi attaccati alla resina: uno scambiatore forte ha un pK molto alto (per le basi) o molto basso (per gli acidi), tale per cui rimane ionizzato in un largo intervallo di pH. La conoscenza delle caratteristiche di anticorpi e frammenti aiuta notevolmente nella scelta delle condizioni corretta purificazione, soprattutto per quanto riguarda l'eliminazione di contaminanti noti. 52 maggiore è la competizione degli ioni in soluzione con la proteina. acidi nucleici e endotossine) passino attraverso.Se il P.possiamo minimizzare la contaminazione utilizzando uno scambiatore cationico(carica negativa) ad un pH sopra il pI delle impurità e inferiore a quello degli anticorpi. Più alta è la forza ionica. Analoghi ai derivati della cellulosa sono i derivati del destrano e dell'agarosio (Sephadex e Sepharose). la carbossimetilcellulosa (CM-cellulosa) e la DEAEcellulosa.I. dell'anticorpo è sufficientemente diverso da quello dei contaminanti. proteine diverse scenderanno in punti diversi del gradiente. Molti scambiatori ionici sono costituiti da matrici di cellulosa modificata chimicamente: ad es. solitamente le proteine vengono eluite in gradiente di pH oppure di forza ionica: a seconda della loro carica netta complessiva più o meno elevata. Questi scambiatori sono affini ai 53 . Per questo. Questo assicurerà che l’anticorpo (carica positiva) si leghi alla colonna e le impurità (a carica negativa. materiali impiegati nella gel filtrazione e presentano quindi limiti d'esclusione. Pertanto uniscono al processo di scambio ionico quello di filtrazione molecolare, migliorando così la risoluzione complessiva soprattutto nella separazione di proteine ad elevato peso molecolare e di acidi nucleici. Vice versa, per la separazione di molecole piccole sono preferibili supporti poco porosi o con bassi limiti di esclusione. Resina Supporto Gruppo funzionale Tipo DEAE (Pharmacia) Sepharose Agarosio DEAE Bio-Gel A (Bio-Rad) Scambio CH2CH2N+H(CH2CH3 anionico )2 (debole) dietilaminoetil (DEAE) QAE Sephadex (Pharmacia) C50 Destrano Dietil-(2-idrossipropil) Scambio aminoetil (un ammina anionico (forte) quaternaria) CM Sepharose (Pharmacia) Agarosio -CH2COOCarbossimetil Scambio cationico (debole) SP Sephadex (Pharmacia) C50 Destrano -(CH2) 3SO3Sulfopropil Scambio cationico (forte) 54 Nella scelta di una resina per lo scambio ionico è opportuno considerare anche la forma ionica (cioè, qual è il controione normalmente presente nella fase stazionaria) e la dimensione delle particelle. Molte resine per scambio ionico sono disponibili in diverse forme ioniche, ed è possibile convertire una forma ionica nell’altra (‘scambiare’ il controione). Diversi controioni avranno diverse affinità per una resina, e sarà quindi più o meno facile per le molecole del campione spiazzare questi controioni per legarsi. I sistemi di cromatografia a scambio ionico sia convenzionali che HPLC o FPLC (fast protein liquid chromatography) utilizzano la carica superficiale delle Ig per separarle dalle altre componenti. A ph neutro, la maggior parte delle Ig ha carica negativa, quindi legherà matrici anioniche con carica positiva. Queste possono poi essere eluite dalla matrice innalzando la concentrazione salina o variando il valore di ph del tampone. 5.4 Cromatografia di affinità La purificazione tramite cromatografia d'affinità non si basa sulle differenze nelle proprietà fisiche delle molecole da separare, ma sfrutta le interazioni altamente specifiche delle molecole biologiche. Per questo la cromatografia d'affinità è in grado, almeno in teoria, di raggiungere una purificazione completa in una singola tappa, anche partendo da miscele complesse. Questa tecnica sfrutta l’interazione specifica ma reversibile, tra l’anticorpo da purificare e un ligando attaccato covalentemente ad un supporto inerte. Nel caso degli anticorpi monoclonali il ligando è un antigene, oppure una proteina che lega anticorpi (molti ceppi batterici producono proteine che legano mAb). 55 Se, in condizioni sperimentali corrette, si introduce in una colonna contenente il ligando la miscela contenente il composto da purificare, solo quel composto si legherà alla colonna, mentre gli altri componenti, rimasti nella fase mobile, si potranno rimuovere con un semplice lavaggio. Il componente interessato sarà poi recuperato rimuovendolo dal ligando con un'opportuna eluizione. La tecnica è quasi esclusivamente preparativa e necessita di accurate conoscenze sulla struttura e sulla reattività della molecola da separare, tali da permettere la scelta di un giusto ligando. La matrice ideale da utilizzare nella cromatografia di affinità deve possedere le seguenti caratteristiche: - contenere gruppi reattivi numerosi ed essere stabile nelle condizioni in cui avviene l’attacco; - essere stabile nelle condizioni di interazione della macromolecola e nella successiva eluizione; non adsorbire macromolecole aspecificamente altre - possedere buone capacità di flusso. 56 solitamente costituite da derivati del destrano (Sephacryl S). che può essere specifica o aspecifica. dell'agarosio (Sepharose 4B e 6B. pH 2.8 2-8 M urea Modalità d’azione Modifica la conformazione e distrugge le interazioni elettrostatiche Fortemente denaturante 57 . Tabella 5. gel di poliacrilammide (Bio-Gel P) e cellulosa. quindi viene equilibrata con un tampone che favorisce il massimo di interazione con l’anticorpo da purificare. Una volta applicato il campione.1 Condizioni per l’eluizione di anticorpi da colonne d’affinità Condizioni di eluizione Glicina-HCl.2-2. Adsorbimento ed eluizione.In pratica si usano particelle uniformi. Bio-Gel A). la colonna viene lavata con lo stesso tampone (per allontanare i composti contaminanti legati aspecificamente) prima di operare l’eluizione vera e propria. sferiche e rigide. La colonna cromatografica viene impaccata con la matrice a cui è legato il ligando. 5-6 M guanidina cloridrato 3. in questo caso l'anticorpo viene denaturato reversibilmente. Il materiale così eluito conterrà anche gli agenti impiegati per l'eluizione che dovranno essere successivamente rimossi. non necessariamente accompagnata da una di pH. il ruolo dei legami aspecifici. una variazione della forza ionica. la macromolecola può essere staccata dalla fase stazionaria cambiando il pH o la forza ionica: una variazione di pH provoca una dissociazione dei gruppi del ligando o della macromolecola coinvolti nel loro attacco.5 10% (v/v) diossano a pH acido Distrugge le interazioni idrofobiche Agenti caotropici * Nell’eluizione aspecifica. L’eluizione specifica si ha per aggiunta di substrato o inibitori reversibili oppure per aggiunta di composti dotati di maggiore affinità per il ligando. in quanto la sua diminuzione tende a ridurre le interazioni idrofobiche. ma questa soluzione può essere molto costosa e se il legame è piuttosto forte possono essere necessarie elevate concentrazioni di ligando libero. in questo caso ci riferiamo alla struttura proteica 58 . la scelta del gruppo chimico da legare (tra un ligando di maggiori dimensioni e uno di minori dimensioni è più opportuno scegliere quello di maggiori dimensioni) e la stabilità del legame ligandomatrice o ligando-braccio spaziatore. * Gli agenti caotropici sono usati per ottenere la disgregazione della struttura cellulare. I problemi più rilevanti derivanti da questo tipo di cromatografia riguardano la bassa capacità degli adsorbenti. Anche la modificazione della temperatura provoca una eluizione aspecifica. NaI 50% etilenglicole. pH 11. solitamente si usa a questo scopo NaCl o sali caotropici. che è relativa e determina una progressiva perdita di ligando.5 M sodio tiocianato 4 M potassio tiocianato 2-5 M MgCl2. o ancora guanidina e urea. Un altro metodo di eluizione comporta l'aggiunta di ligando libero. KI. provoca anch'essa un'attenuazione del legame tra proteina e ligando. La glicina in HCl a pH 2-3 è l'eluente di elezione ad esempio per rompere l'interazione antigene-anticorpo. si hanno però problemi di denaturazione della proteina. in particolare in campo oncologico. ma oggi i preparati di anticorpi monoclonali sono utilizzati in svariati campi della medicina. APPLICAZIONI TERAPEUTICHE 6. carcinoma del colon.1 Applicazioni terapeutiche anticorpi monoclonali Gli anticorpi monoclonali rappresentano degli importanti strumenti in campo biochimico e terapeutico: costituiscono la più grande categoria di sostanze biofarmaceutiche attualmente in studio. 59 . leucemia e linfomi. I primi studi si sono concentrati sul loro uso nel campo della diagnostica per immagini(come agenti traccianti)e in terapia.6.con risultati chiaramente positivi nel trattamento del melanoma. considerando che gli epitopi espressi dalla cellula neoplastica variano nei diversi soggetti. quindi è possibile portare l’agente antineoplastico direttamente sulla cellula cancerosa: la produzione di anticorpi capaci di legarsi selettivamente al tessuto tumorale. riduce la tossicità e ne aumenta l’efficacia. questo cosi.dirige questi elementi del sistema immunitario direttamente alla superficie del 60 .6. ma lo spettro d’azione è limitato a quelle neoplasie che dipendono da specifiche alterazioni molecolari. La distruzione delle cellule tumorali mediata da anticorpi avviene mediante più meccanismi sia diretti che indiretti:  Il legame alla cellula tumorale da parte dell’anticorpo può indurre una risposta infiammatoria provocando la distruzione della cellula tumorale da parte del sistema immunitario.2 Terapia anticancro La comparsa di una massa tumorale è normalmente associata ad un aumento dell’espressione di antigeni di superficie riconosciuti come estranei dal sistema immunitario dell’organismo ospite.in campo oncologico. soprattutto mediante il rilascio di enzimi lisosomiali e di citochine tra cui la TNF(tumor necrosis factor). Il riuscire a colpire la cellula tumorale in modo specifico rappresenta un’importante speranza per migliorare la prognosi e la qualità della vita del paziente. La target therapy (terapia mirata). E’ importante precisare che l’applicazione di queste tecniche non è facile. in seguito all’identificazione di specifici antigeni presenti sul tumore. I principali elementi che costituiscono quest’ultimo sono:  Linfociti T in grado di riconoscere e distruggere le cellule maligne   Cellule Natural Killer (NK) che inducono la lisi delle cellule tumorali Macrofagi capaci di distruggere le cellule tumorali.riducendo gli effetti collaterali causati nel corso della chemioterapia sistemica.anche perché ogni paziente andrebbe trattato con uno specifico anticorpo monoclonale.  Anticorpi che mediante il legame con gli antigeni di superficie marcano le cellule tumorali per la distruzione. ha rivoluzionato l’approccio alla malattia. una volta legato all’antigene tumorale. Le cellule NK (natural killer) e i macrofagi esprimono recettori di superficie che si legano alla porzione Fc dell’anticorpo. In particolare l’anticorpo monoclonale è capace di riconoscere e reagire con una cellula tumorale presente tra oltre 100000 cellule sane vicine. mentre gli enzimi attivatori dovranno essere stabili in condizioni fisiologiche. L’impiego di anticorpi anti-idiotipo. verranno attivate molte molecole del pro-farmaco in questione e molti degli agenti citotossici-attivi rilasciati nella superficie del tumore entreranno nelle cellule tumorali per diffusione semplice o per trasporto attivo mediato da carrier. trattandosi di un meccanismo di natura catalitica. In alternativa è possibile somministrare.  L’anticorpo monoclonale può legarsi a un fattore di crescita critico o a un recettore per un fattore di crescita. amminopterina. manifestare un ragionevole numero di turn over in vivo e avere attività indipendente da cofattore. nonché farmaci che verranno dunque rilasciati selettivamente al tumore. I profarmaci usati dovranno essere poco costosi. Questo metodo è stato chiamato Antibody-directed enzyme prodrug therapy (ADEPT) o Antibodydirected catalysis (ADC). 61 . radioisotopi (principale applicazione è quella della diagnostica per immagini). stabili alla degradazione chimica/enzimatica in vivo. interferendo così con la crescita o regolazione della cellula tumorale.  Un altro meccanismo diretto è dovuto alla capacità dell’anticorpo monoclonale di indurre apoptosi. che vengono attivati solo alla superficie del tumore grazie ad enzimi che verranno accoppiati all’anticorpo monoclonale diretto contro antigeni specifici sulla superficie della cellula bersaglio. pro-farmaci inattivi. per stimolare la risposta anticorpale.  Gli anticorpi inoltre attivano il complemento. Le regioni variabili degli anticorpi anti-idiotipo che riproducono siti antigenici tumorali. può indurre un’attiva risposta immunitaria antineoplastica. ma solo un numero limitato di molecole può essere coniugato ad ogni anticorpo. Gli anticorpi anti-idiotipo sono diretti contro regioni variabili uniche (idiotipi) di altri anticorpi.tumore inducendo una risposta citotossica anticorpo mediata(ADCC Antibody Dependent Cell Cytotoxicity).  Gli anticorpi monoclonali nella terapia anti-cancro possono essere utilizzati come tali (interessanti per l’assenza di effetti di tossicità) o coniugati a molecole tossiche quali tossine (che vengono internalizzate per endocitosi e rese disponibili all’interno della cellula cosi da poter esplicare il loro effetto tossico). ad esempio per via iniettiva. in grado di mimare l’antigene tumorale. che è in grado di lisare le cellule tumorali direttamente (CDC Complement Dependent Cytotoxicity). Chiaramente. metotrexato e alcaloidi della vinca) ed anticorpi monoclonali specifici per le proteine situate sulla superficie delle cellule tumorali. biodisponibili. possono essere utilizzati come vaccini contro l’antigene in oggetto. E’possibile infatti accoppiare chemioterapici antitumorali (adriamicina. prevede l’attacco alla cellula neoplastica tramite il frammento Fc e l’attivazione di cellule natural killer (NK). o nei casi di recidiva tumorale dopo chemioterapia.disponibile in Italia dal 1998 per il trattamento dei linfomi non-Hodgkin follicolari in stadio avanzato. mentre diversi sono quelli approvati per il trattamento del cancro colon-retto: CERUXIMAB (ERBITUX®) nel 2004 e PANITUMUMAB (VECTIBIX®) nel 2006. di uso esclusivamente ospedaliero. come agenti terapeutici anticancro. E’stato approvato dalla FDA nel 1997. sulle plasmacellule normali. Esso si trova nelle cellule B normali e neoplastiche ma non è presente sulle cellule staminali emopoietiche. I meccanismi possibili della lisi cellulare mediata dall’effettore comprendono la citotossicità complemento-mediata (CDC) e la citotossicità anticorpo dipendente(ADCC) che. Si è anche dimostrato che il legame di rituximab all’antigene CD20 sui linfociti B induce la morte cellulare per apoptosi. E’ indicato anche nel trattamento del linfoma 62 . Uno solo al momento è stato approvato per la cura del carcinoma mammario metastatico. come abbiamo visto precedentemente. Il legame dell’anticorpo alla proteina bersaglio determina la lisi dei linfociti B.3 Anticorpi anti-cd 20 RITUXIMAB (Mabthera®)-CHIMERICO E’ un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano costituito da una immunoglobulina glicosilata le cui regioni costanti sono di origine umana (IgG1kappa). poiché l’organismo è in grado di sostituire rapidamente quelli danneggiati. una fosfoproteina non glicosilata presente sui linfociti pre-B e sui linfociti B maturi. Il GEMTUZUMAB (MYLOTARG®) è stato approvato nel 2000 per la leucemia mieloide acuta e nel 2001 è stato approvato l’ALEMTUZUMAB(MABCAMPATH®) per la leucemia linfocitica cronica.Finora sono stati approvati una decina di prodotti a base di anticorpi monoclonali. 6.non viene internalizzato dopo il legame con l’anticorpo. resistenti alla chemioterapia. Rituximab è diretto contro l’antigene transmembranico CD20. sulle cellule pro-B. il TRASTUZUMAB(HERCEPTIN) nel 1998. o su altri tessuti normali. Il Rituximab agisce attaccando sia i linfociti B maligni e sia quelli normali ma. mentre quelle variabili della catena leggera e di quella pesante sono di origine murina. non circola libero nel sangue e quindi non compete con il legame degli anticorpi. Il dominio Fab del rituximab si lega all’antigene CD20 sui linfociti B e il dominio Fc può attivare le funzioni effettrici del sistema immunitario.approvato dalla FDA per il trattamento dei linfomi non Hodgkin (1997). L’antigene viene espresso su oltre il 95% dei linfomi non Hodgkin a cellule B. Il primo è stato il RITUXIMAB (MABTHERA®). e ne blocca la crescita patologica. si riduce il rischio di effetti collaterali da linfocitopenia o comunque si rendono più tollerabili. in seguito sono stati approvati IBRITUMOMAB-ITTRIO90 (ZEVALIN®) e TOSITUMOMAB-IODIO131 (BEXXAR®) nel 2003. volti a valutare la percentuale di risposta al tumore. vomito. diffuso a grandi cellule B.il follow-up della durata della risposta e l’intervallo prima della progressione della malattia. Nel marzo 2001. hanno dimostrato che MABTHERA® ha un buon profilo di tollerabilità. Inoltre esso dovrebbe essere usato con cautela in pazienti con patologie cardiovascolari. nausea.vincristina. Gli studi clinici.possono essere esposti ad un rischio maggiore di sindrome da rilascio di citochine particolarmente grave. Dopo un anno l’83% dei pazienti che avevano ricevuto CHOP + rituximab erano sopravvissuti rispetto al 68% di coloro che avevano assunto solo CHOP. nel corso dei cicli successivi.prednisone)oppureCHOP+rituximab. Segnalati anche casi di neutropenia tardiva e di grave tossicità cutanea. dopo il primo ciclo di MABTHERA® si sviluppano anticorpi antichimerici umani (HACA): la loro presenza può essere associata ad un peggioramento delle reazioni infusionali o allergiche. ma dal punto di vista microbiologico deve essere utilizzata immediatamente. industria farmaceutica che commercializza il rituximab in Europa. in quanto sono stati riportati casi di riacutizzazione di angina. accompagnato da un tasso di risposta positivo e da una durata della risposta sufficientemente prolungata.non-Hodgkin. Si somministra per infusione endovenosa tramite un deflussore dedicato. la Roche. CD20 positivo. la risposta globale è stata del 78% contro il 43% dei pazienti non sottoposti a trapianto. trattati con una singola dose di rituximab nel range 10-500 mg/m 2 di 63 . ipossia. in associazione a chemioterapia. In alcuni pazienti. angioedema. caratterizzata da dispnea. oltre che da febbre. mentre nei pazienti precedentemente trattati con trapianto di midollo osseo. doxorubicina. Effetti collaterali legati all’infusione (inclusa la sindrome da rilascio di citochine) sono stati riportati di frequente e includono febbre. aumenta la percentuale di risposta del tumore con un significativo prolungamento della sopravvivenza senza progressione della patologia. pemfigo paraneoplastico). broncospasmo. Si è evidenziata una percentuale di risposta globale nella popolazione del 48%. Inoltre ad un anno il 69% del gruppo CHOP + rituximab era libero da malattia contro il 49% dei pazienti del gruppo CHOP. Studi di farmacocinetica su pazienti con linfoma nonHodgkin. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere CHOP (ciclofosfamide. I pazienti con elevata massa tumorale o con elevato numero di cellule neoplastiche circolanti. Poichè alcuni pazienti potrebbero sviluppare una reazione allergica al farmaco. ha comunicato di aver ricevuto 20 segnalazioni di gravi reazioni avverse mucocutanee con 8 decessi (sindrome di Stevens-Johnson. aritmie e scompenso cardiaco. La soluzione di MABTHERA® preparata per l’infusione è chimicamente e fisicamente stabile per 24h a temperatura compresa tra 2 e 8 °C. necrolisi tossica epidermica. la prima dose di rituximab viene somministrata molto lentamente al fine di ridurre tale rischio. la combinazione rituximab più chemioterapia piuttosto che la sola chemioterapia. in un ambiente con immediata disponibilità di strutture per la rianimazione. reazioni allergiche. orticaria. La media della Cmax dopo la prima infusione è stata di 205. nell’ambito della stessa popolazione neoplastica. con concentrazioni sieriche di rituximab statisticamente molto più elevate nei pazienti responsivi rispetto a quelli nonresponsivi.7µg/mL .3 h dopo la prima infusione e di 205. 6. quali i radionuclidi. Il primo. sfrutta l’emissione radioattiva indiretta sulle cellule tumorali: sia su quelle provviste di antigene. L’attività dell’immunoconiugato marcato è innanzitutto dovuta alla radioattività emessa dal radionuclide legato all’anticorpo. rispettivamente. ma l’anticorpo stesso può contribuire alla distruzione del tumore attraverso diversi meccanismi biologici. risultano prive di antigene e quindi non altrimenti raggiungibili dall’anticorpo. Infatti ancora oggi. e aprono nuove e interessanti prospettive nelle applicazioni di tecniche radioimmunoterapiche. la gestione del paziente affetto da linfoma rimane un evento difficile e complesso. prosegue con l’internalizzazione dell’anticorpo radioattivo all’interno della cellula tumorale e conseguente danneggiamento del DNA . La radio immunoterapia determina la distruzione delle cellule neoplastiche attraverso due distinti meccanismi fisiopatologici. L’elevata radiosensibilità ed immunogenicità del linfoma lo rendono particolarmente adatto al trattamento con anticorpi monoclonali impiegati come vettori di agenti citolesivi.superficie corporea. innescato dalla reazione antigene-anticorpo. di natura aspecifica.6 e 464.8 h dopo la quarta). sia su quelle che. questa azione in profondità è chiamata cross-fire effect ed è un elemento essenziale per l’efficacia della terapia. con un elevato numero di pazienti che sfugge alla capacità di controllo terapeutico della malattia. nonostante l’avvento di nuovi e più efficaci farmaci citotossici e di nuove strategie terapeutiche. andando incontro a recidiva o morte. La formazione dell’immunocomplesso può infatti provocare sia l’attivazione della cascata del complemento che l’induzione di 64 .Il secondo. l’emivita media è stata di 76.hanno indicato che i livelli sierici e l’emivita di rituximab sono stati proporzionali alla dose (nei pazienti trattati con rituximab 375 mg/m2.4 Anticorpi radioconiugati-radioimmunoterapia La radio immunoterapia è un metodo moderno per il trattamento mirato di determinati tipi di neoplasie come i linfomi non-Hodgkin. Altre caratteristiche vantaggiose sono l’assenza di danno tiroideo da iodio libero e il profilo più sicuro. Nonostante tali limiti è un radioisotopo molto utilizzato per la semplicità delle procedure di marcatura. non viene internalizzato. L’antigene CD20 è un buon target.prontamente disponibile.relativamente economico e di facile coniugazione. di non essere espresso nelle diverse varianti e infine di non staccarsi dalla superficie delle cellule maligne. attraverso l’azione effettrice di cellule che si legano alla regione costante Fc. rimanendo coniugato persino dopo l’endocitosi. inoltre lo iodio in caso di internalizzazione del complesso anticorpale viene liberato per dealogenazione e rimesso in circolo. rappresentano i fondamenti di questo approccio terapeutico. Lo iodio( 131I). In questo senso la radio immunoterapia si differenzia sostanzialmente dalla radio terapia esterna che. così da colpire selettivamente le cellule maligne e risparmiare dall’azione lesiva i tessuti sani. In generale l’antigene target ideale dovrebbe rispondere a determinati requisiti tra cui quello di essere espresso solo dalle cellule maligne.non è schermato e. Studi di laboratorio hanno dimostrato che l’apoptosi. Gli anticorpi inoltre legandosi agli antigeni di superficie. La marcatura con il beta-emittente ittrio –90 (90Y) rispetto a quella con I. Sono stati approvati due anticorpi monoclonali di origine murina radio coniugati: IBRITUMOMAB e TOSITUMOMAB. un numero pressoché illimitato di anticorpi con diverse caratteristiche e differente target. di avere una elevata densità di espressione sulla superficie delle cellule. ha il vantaggio di una dosimetria più favorevole. al contrario. L’attività antitumorale si esplica attraverso l’emissione continua ed esponenzialmente decrescente di radiazioni a basso rateo. 65 . la messa a punto di nuove tecniche di marcatura e la possibilità di veicolare direttamente sul tumore il radio farmaco.una citotossicità anticorpo –dipendente. dovrebbe inoltre avere un’emivita di diversi giorni tale da consentire la somministrazione di un’elevata dose al tumore . Di contro la disponibilità di 90Y è bassa e il costo è elevato. Il successo della terapia è ovviamente condizionato dalle caratteristiche dell’antigene associato alle cellule B. dopo legame con l’anticorpo. indotta da una prolungata esposizione a radiazioni a basso rateo. Gli anticorpi monoclonali marcati con un determinato radionuclide sono particolarmente adatti a veicolare direttamente all’interno del tumore dosi radioattive killer.in quanto espresso solo dalla linea cellulare B. in quanto ha un’emissione beta di più elevata energia e sufficientemente penetrante. Il radionuclide adatto alla radio immunoterapia deve essere un beta-emittente e deve avere un’emissione gamma a bassa energia. causano un segnale apoptotico nelle cellule linfomatose. è un importante mediatore di citotossicità. che lo rendono più efficace nel trattamento di tumori di grandi dimensioni. La possibilità di ottenere con tecniche di ingegneria genetica. per il trattamento di linfomi non-Hodgkin. o non essere secreto in circolo. somministra in un breve lasso di tempo alti ratei di dose. non ha caratteristiche ottimali a causa dell’emissione beta a bassa energia e dell’emissione gamma ad alta energia. Rituximab.in confronto al rituximab. tuttavia i risultati clinici sono simili: non ci sono differenze significative nella durata della risposta e nel tempo di progressione della malattia. inoltre non è dimostrato che l’uso di ibritumomab aumenti la sopravvivenza. Il regime terapeutico ZEVALIN® impiega un pretrattamento con un anticorpo non marcato. rituximab è somministrato a una dose inferiore rispetto a quella approvata per il suo uso in ionoterapia. La sicurezza e l’efficacia terapeutica del trattamento con ZEVALIN® . un chelante dell’ittrio-90. laddove queste non hanno risposto alla terapia con rituximab o in casi di ricaduta. a cellule B CD20 positivo. Il legame è molto specifico. legato covalentemente al tiuxetano. Anche le cellule maligne non accessibili all’anticorpo possono essere distrutte dalla radiazione ionizzante emessa dall’immunoconiugato. portando in modo specifico la radiazione a livello del linfoma. da cui deriva la sua capacità di distruggere sia le cellule bersaglio che quelle vicine. esso è fornito sottoforma di kit per radiomarcare l’ibritumomab tiuxetano con 90 Y. L’isotopo 90Y è un puro β-emittente. L’anticorpo coniugato possiede una costante di affinità apparente per l’antigene CD20 corrispondente a circa 17nM. Approvato dalla FDA nel Marzo 2002. sono 66 . allo scopo di distruggere le cellule tumorali. recidivo o refrattario al rituximab. La penetrazione media della radiazione nei tessuti di circa 5 mm permette di trattare tumori voluminosi o poco vascolarizzati.67 giorni). deve essere somministrata per infusione endovenosa lenta della durata di 10 minuti. Si raccomanda l’uso immediato dopo la radiomarcatura (è stata dimostrata la stabilità fisica e chimica del radiomarcato per 8 ore a 2-8 °C e al riparo dalla luce). L’ittrio90 decade per emissione di particelle β ad alta energia con un ‘emivita fisica di 64. ZEVALIN® radiomarcato con 90Y è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma non-Hodgkin follicolare. In questo regime terapeutico. La soluzione di ZEVALIN® preparata. Il trattamento con ZEVALIN® radiomarcato con 90Y provoca la deplezione delle cellule B CD20 positive normali. ZEVALIN® è la prima radio immunoterapia disponibile sul mercato. La preparazione combina la capacità selettiva dell’anticorpo monoclonale anti –CD20 con il potere citotossico del radioisotopo ittrio-90. il rituximab che risulta necessario per eliminare le cellule B circolanti e saturare così i punti di legame periferici. a partire da una linea cellulare ovarica di criceto cinese. Il farmaco ha un meccanismo d’azione nuovo rispetto agli altri farmaci con la stessa indicazione. senza alcuna reattività crociata con altri leucociti o con altri tipi di tessuto umano. Prodotto con tecniche di ingegneria genetica.1 h (2. ottimizza la biodistribuzione di ibritumomab radiomarcato. legandosi al CD20 dei linfociti circolanti e presenti nei tessuti normali.90Y-IBRITUMOMAB TIUXETANO( ZEVALIN® ) -MURINO E’ un anticorpo monoclonale della classe IgG1kappa ricombinante murino. L’Agenzia Italiana del Farmaco nel Giugno 2005 ha approvato l’autorizzazione all’immissione in commercio. con una penetrazione media della radiazione nei tessuti di circa 5mm. ma gli studi di farmacocinetica hanno dimostrato che si tratta di un effetto temporaneo. di norma irreversibile. fungendo da veicolo per lo iodio radioattivo (emivita 8. infezioni (per lo più di natura batterica). come ZEVALIN ®. L’anticorpo specifico anti-CD20. quando trattati con ZEVALIN® o altre proteine di origine murina. è un regime radio immunoterapeutico. e abilitato all’uso e alla manipolazione di radionuclidi in un contesto clinico. immesso nel mercato nel 2003. L’elevato percorso spaziale delle radiazioni di questo 67 . Le proprietà farmacocinetiche valutate su pazienti sotto regime terapeutico ZEVALIN® (pretrattamento con rituximab + ibritumomab tiuxetano 90Y)hanno evidenziato una mediana dell’emivita serica di ZEVALIN® radiomarcato con 90Y pari a 28h. il trasferimento. l’uso. Anche in questo caso il target è la proteina CD20.allo iodio-131 (131I). Sono state registrate anche reazioni cutanee e mucocutanee. 131I. e lo smaltimento sono soggetti alle disposizioni e/o alle relative autorizzazioni da parte delle autorità ufficiali locali di competenza. Si produce da una linea cellulare murina (ibridoma).TOSITUMOMAB (bexxar ®)-MURINO Un altro anticorpo radio coniugato è il tositumomab. tositumomab. L’anticorpo riconosce un epitopo localizzato sul dominio extracellulare di CD20. emorragia durante lo stato trombocitopenico e reazioni allergiche(broncospasmo e angioedema). Visto che l’ittrio-90 forma un complesso stabile con ibritumomab tiuxetano.state valutate nell’ambito di studi clinici multicentrici che hanno evidenziato un indice di risposta globale significativamente più alta (80% versus 56%)nei soggetti trattati con ZEVALIN® .Hodgkin refrattario al trattamento con il rituximab. mediante legame chimico. BEXXAR ®. con indicazioni terapeutiche ristrette al trattamento chemioterapico del linfoma non. Dal punto di vista strutturale è costituito da un anticorpo monoclonale murino (IgG2a) legato. che associa la capacità dell’anticorpo monoclonale di individuare il bersaglio con l’azione terapeutica della radiazione. Il regime terapeutico ZEVALIN® può causare effetti indesiderati. Il farmaco deve essere manipolato e somministrato solamente da personale qualificato provvisto delle dovute autorizzazioni governative. tra cui grave e rara citopenia. I pazienti che hanno ricevuto anticorpi murini prima del trattamento con ZEVALIN® devono essere valutati per la possibile presenza di anticorpi umani antimurini(HAMA): in caso positivo.02 giorni) che le distrugge. L’emissione incrociata di radiazioni β e γ da parte di BEXXAR ® può uccidere le cellule normali e quelle tumorali del linfoma non –Hodgkin non accessibili all’anticorpo non radiomarcato. Sono possibili tumori secondari causati dalla dose di radiazioni derivante dall’esposizione terapeutica. si lega alle cellule tumorali. La sua preparazione. espressa sulla superficie delle cellule B. si possono verificare reazioni allergiche o da ipersensibilità. la biodistribuzione del radiomarcato è comparabile a quella dell’anticorpo. l’immagazzinamento. impiega un pretrattamento con l’anticorpo monoclonale non marcato (tositumomab) somministrato per infusione in un’ora. 6. suscettibilità alle infezioni. Il trattamento con BEXXAR® è stato anche associato ad un rischio di ipotiroidismo e.radionuclide. a causa della componente murina. per migliorare la distribuzione dell’anticorpo marcato (tositumomab coniugato con iodio-131). Tra i più comuni effetti avversi non ematologici sono stati registrati astenia. attraverso l’effetto cross-fire aumenta il danno. in questo studio invece. prima dell’anticorpo radioconiugato. ha evidenziato una risposta positiva nel 95% dei pazienti dopo una sola settimana di trattamento e una completa remissione della malattia nel 75% dei soggetti. Lo studio ha dimostrato che. Una temporanea riduzione dei globuli bianchi può evidenziarsi poche settimane dopo il trattamento. nausea. rash cutaneo. quali broncospasmo. di risposta HAMA. oltre a reazioni allergiche. per la prima volta BEXXAR® è stato usato come primo protocollo terapeutico di scelta e i risultati sono stati molto promettenti. La percentuale di sopravvivenza libera da progressione della malattia a cinque anni è stata del 59% e del 77% in coloro che avevano avuto una risposta completa. il 29% ha presentato una risposta completa (nessun segno clinico della malattia). febbre. E’ sufficiente una settimana di trattamento e come unico effetto collaterale importante si ha la riduzione dell’ematocrito nelle settimane successive. oltre che della cellula bersaglio. Il regime con BEXXAR® prevede un singolo ciclo terapeutico: non sono state valutate sicurezza di molteplici cicli di trattamento né la combinazione di tale regime terapeutico con altre forme di irradiazione o di chemioterapia. si è rivelata efficacissima e con minimi effetti collaterali una sola settimana di regime terapeutico BEXXAR® . Una sperimentazione condotta su 76 pazienti con linfoma follicolare di stadio III o IV. E’ stata valutata l’efficacia di BEXXAR® in uno studio clinico che ha coinvolto pazienti con linfoma non Hodgkin follicolare refrattario al rituximab e recidivante dopo chemioterapia: il 63% di questi ha risposto a trattamento con BEXXAR® con una durata media della risposta di 25 mesi. Si somministra per infusione lenta in vena e le dosi sono decise in maniera personalizzata per ogni malato. L’infusione è di solito ben tollerata. Il regime terapeutico Bexxar®. angioedema. come ZEVALIN®. il cui uso era stato già approvato dalla FDA nel 2003. ma la conta leucocitaria si normalizza generalmente nell’arco di 3-4 settimane. contro il linfoma follicolare (sesta causa di morte in USA per tumore).5 Radioimmunoterapia: la tecnica avidina-biotina La radioimmunoterapia è la cura dei tumori attraverso anticorpi carichi di radiazioni intelligenti che colpiscono le cellule maligne ma risparmiano quelle 68 . ma solo come ultima terapia possibile in caso di fallimento dei precedenti trattamenti. chemio resistenti o recidivanti dopo chemioterapia. anche di quelle circostanti (cellule tumorali non raggiungibili dall’anticorpo non coniugato). Questa nuova tecnica prende il nome di PAGRIT (Pre-Targeted Antibody Guided Radio Immuno Therapy) e sfrutta l’interazione naturale tra due molecole. L'avidina. che facilitano le interazioni con le diverse proteine. L’avidina. 69 . 24-48 ore dopo la prima somministrazione. La biotina (vitamina H) è una proteina di 244 D è disponibile commercialmente con diversi linkers. questa volta di avidina: grazie alla fortissima affinità fra queste due molecole. cioè l’anticorpo marcato si lega al tumore solo in una piccola percentuale mentre il restante continua a circolare nel sangue e finisce con il disperdersi nell’organismo. La sua completa applicazione è tuttavia frenata dal problema dei cosiddetti “anticorpi dispersi”. proteina presente nell’albume dell’uovo. Questi anticorpi andranno a localizzarsi sul loro bersaglio (il tumore) nell'arco di 24-48 ore. avidina-biotina. 4 piccole "tasche" in cui potrà nuovamente inserire altre molecole di biotina.sane. Lo schema terapeutico della nuova tecnica radioimmunoterapica si realizza in tre fasi: Il primo giorno il paziente riceve un'iniezione endovenosa di anticorpi monoclonali precedentemente legati a molecole di biotina. il paziente riceve un'altra infusione endovenosa. l'avidina si lega alla biotina già presente sul tumore. ha un peso molecolare di 66kD ed è composta da quattro subunità identiche ognuna delle quali presenta un sito di legame per la biotina. ha 4 siti di legame. mentre quella rimasta in circolo viene metabolizzata a livello epatico. I ricercatori dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano hanno messo a punto una tecnica grazie alla quale si evita la dispersione dell’anticorpo. grazie alla quale è possibile caricare di radioattività solo quegli anticorpi che si posizionano sul tumore. 70 . In teoria è applicabile a tutti i tipi di tumore per i quali siano disponibili anticorpi specifici. viene rilasciato e. Anche se complesso. somministrata per via endovenosa. il sistema non è difficile da usare. Sono anche stati riportati anemia. strutture idonee all'utilizzo di radioisotopi. un potente antibiotico con azione citotossica.6 Anticorpi anti-cd 33 L’antigene CD-33 è presente sulla maggior parte delle cellule emopoietiche. e raggiunge in pochi minuti il suo target specifico. dopo che erano risultate inefficaci le altre terapie. propri di altre terapie tradizionali. il paziente riceve l'ultima iniezione. 6. in più dell’ 80% dei blasti leucemici dei soggetti affetti da leucemia mieloide acuta e nella maggior parte delle mielodisplasie. provocandone la distruzione. quando gli anticorpi non legati al tumore sono stati eliminati. La biotina radioattiva non legata al tumore viene rapidamente eliminata attraverso i reni. Come risultato quindi avremo la morte delle cellule leucemiche.Il terzo giorno.positiva per il CD33. entrato nel nucleo. La terapia ha come bersaglio questo antigene e si attua con il GEMTUZUMAB. un anticorpo monoclonale umanizzato legato covalentemente ad un derivato semisintetico della calicheamicina. La biotina radioattiva è dunque "calamitata" dall'avidina presente nel tumore. I danni epatici e la mielosoppressione rappresentano le tossicità primarie. è doveroso sottolineare che si tratta ancora di una terapia sperimentale. Anche se il trattamento è stato ben tollerato e privo degli effetti collaterali. però. trombocitopenia. veicolato tramite l’anticorpo all’interno dei lisosomi dei mieloblasti. Il sistema di pretargeting a base di avidina-biotina rappresenta un modello di radioimmunoterapia mirata molto promettente per la terapia del cancro. causa rottura del DNA e conseguente morte cellulare. con intervallo compreso tra 14 e 28 giorni. La dose raccomandata è di 9mg/m2. Richiede. Finora questo tipo di radioimmunoterapia è stata applicata solo su casi gravi di tumore in stadio avanzato. infezioni e reazioni allergiche. senza essere state intaccate dall’intervento dell’antibiotico. mentre le cellule staminali emopoietiche sane continueranno nel rifornimento delle cellule sangiugne. indicata solo per alcuni tipi di neoplasie e solo quando il tumore non supera i 2 centimetri di diametro. L’azione terapeutica è svolta proprio da questo antibiotico che. I tipi di tumore che paiono più sensibili a questa terapia sono quelli del cervello ed i linfomi. MYLOTARG. Il piano terapeutico convenzionale prevede due o tre somministrazioni. questa volta di biotina precedentemente marcata con un isotopo radioattivo. MYLOTARG è stato approvato nel 2000 dalla FDA per il trattamento delle recidive della leucemia mieloide acuta. un antistaminico e un antidolorifico prima della dose iniziale e prima di ciascun aumento della dose. macrofagi. Ai pazienti devono essere somministrati steroidi. MabCampath deve essere somministrato in dosi crescenti: 3 mg il 1° giorno.7 Anticorpi anti-cd52 L’antigene CD52 è una proteina espressa ad alta densità su tutti i linfociti B e T. medicinali antibiotici e antivirali devono essere somministrati nel corso della terapia e dopo la terapia. Il medicinale può essere ottenuto soltanto con prescrizione medica. MabCampath deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico esperto nell’uso della terapia oncologica. Durante la prima settimana di trattamento. MabCampath è un farmaco antitumorale. dopo il legame all’antigene. Inoltre. eosinofili. Nel lisosoma subisce un taglio che rilascia l’agente citotossico. La LLC è un tumore dei linfociti (un tipo di globuli bianchi del sangue). purché ciascuna dose sia ben 71 . MabCampath è somministrato per infusione della durata di due ore circa. su monociti. MabCampath è utilizzato nei pazienti cui non si adattano terapie combinate comprendenti fludarabina (un altro farmaco usato nel trattamento della leucemia). indicato per il trattamento di pazienti affetti da leucemia linfocitica cronica (LLC).Internalizzazione di un coniugato farmaco-anticorpo: Il coniugato. 10 mg il 2° giorno e 30 mg il 3° giorno. 6. viene endocitato attraverso una via dipendente dalla clatrina. I pazienti vanno monitorati nel corso del trattamento sia per osservarne la risposta. si rimanda al Riassunto delle caratteristiche del prodotto (anch’esso accluso all’EPAR). il principio attivo di MabCampath. Alemtuzumab è stato concepito per legarsi a una glicoproteina (un proteina ricoperta con molecole di zucchero) denominata CD52 che si trova sulla superficie dei linfociti. Gli effetti indesiderati più comuni (osservati in oltre 1 paziente su 10) sono: infezioni. diarrea. MabCampath non è stato posto a confronto con altri trattamenti. iperidrosi (sudorazione eccessiva) e affaticamento. dispnea (difficoltà di respirazione). Analoghi risultati sono stati osservati negli altri due studi condotti su pazienti già trattati in precedenza. MabCampath è stato esaminato in quattro studi principali. Nei pazienti che non avevano ricevuto alcun precedente trattamento. Si manifestano effetti indesiderati nel 97% circa dei pazienti mai trattati in precedenza e in circa l’80% di quelli già precedentemente trattati. brividi. Il principale indicatore dell’efficacia era l’intervallo di tempo alla progressione della malattia o al decesso del paziente. si rimanda al foglio illustrativo. ALEMTUZUMAB. Uno studio ha interessato 297 pazienti mai trattati in precedenza.6 mesi. eruzioni cutanee. somministrati tre volte alla settimana (a giorni alterni). anoressia (perdita di appetito). vomito.tollerata. nausea. Nello studio principale condotto su pazienti già trattati in precedenza. ipotensione (bassa pressione arteriosa). Per i pazienti trattati con MabCampath. fino a un massimo di 12 settimane. Lo studio poneva a confronto l’efficacia di un trattamento di dodici settimane con MabCampath con quella di un trattamento di un anno con clorambucile (altro farmaco antitumorale). la dose raccomandata è di 30 mg al giorno. Il principale indicatore dell’efficacia era la risposta complessiva al trattamento. mal di testa. basso contenuto di cellule del sangue (granulociti. MabCampath non deve essere somministrato a persone che 72 . su di un totale di 446 pazienti affetti da LLC. l’intervallo medio intercorrente prima del peggioramento della malattia o del decesso del paziente era di 14. il linfocita muore e in tal modo si tiene sotto controllo la LLC. è un anticorpo monoclonale. il trattamento deve essere sospeso o interrotto. Nella LLC si producono troppi linfociti. Gli altri tre studi condotti hanno interessato in tutto 149 pazienti che avevano già ricevuto altri trattamenti. Questa modalità di somministrazione è detta “intensificazione della dose”. In seguito. la percentuale di pazienti che ha risposto parzialmente o completamente al trattamento con MabCampath è stata pari al 33%. rispetto a 11. MabCampath si è dimostrato più efficace rispetto al clorambucile. Per l’elenco completo degli effetti indesiderati rilevati con MabCampath. In seguito al legame. febbre. sia per controllare i livelli ematici di piastrine (i costituenti del sangue che aiutano la coagulazione) e neutrofili (i globuli bianchi che combattono l’infezione): se sono troppo bassi. orticaria. prurito. Lo studio principale ha riguardato 93 pazienti che non rispondevano più al trattamento con fludarabina. In questi studi.7 mesi per i pazienti trattati con clorambucile. piastrine e globuli rossi). Per ulteriori dettagli. dopo il trattamento iniziale Il trastuzumab agisce interferendo con una delle modalità di crescita e divisione delle cellule del carcinoma mammario. Il comitato ha raccomandato il rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio per MabCampath. comprendenti fludarabina.potrebbero essere ipersensibili (allergiche) ad alemtuzumab.Derivato dall’anticorpo umanizzato mumMAb 4D5. alle proteine del topo o a uno qualsiasi degli altri componenti. la suddetta condizione è decaduta il 4 luglio 2008. Il trastuzumab può essere somministrato sia da solo sia in combinazione con alcuni chemioterapici. ampiamente impiegati per il trattamento di pazienti affetti da LLC. Sono in corso degli studi miranti a verificare se il trastuzumab è in grado di ridurre le possibilità di recidiva del carcinoma mammario. recidivante o diffuso ad altri organi (carcinoma mammario secondario). Dal momento che la casa farmaceutica ha fornito le informazioni supplementari richieste. non è stato possibile ottenere informazioni complete sul medicinale. Il fattore di crescita umano dell’epiderma è una proteina prodotta naturalmente dal corpo umano.Questo è il recettore media la crescita cellularela cui espressione del gene HER2 è aumentata del 25-30% nel tumore al seno.8 Anticorpi anti-her-2neu Il gene codifica per una proteina transmembrana di 185 kDa che è il sottotipo 2 del recettore per il fattore di crescita dell’epidermide umano (HER2). Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha concluso che l’efficacia di MabCampath è stata dimostrata. L’autorizzazione di MabCampath è stata rilasciata inizialmente in “circostanze eccezionali” in quanto. sebbene non vi sia notizia di studi che abbiano messo direttamente a confronto MabCampath con trattamenti combinati. Allo stato attuale sembra che solo uno su cinque (20%) casi di tumore della mammella sia sensibile a questo farmaco. MabCampath non deve essere utilizzato in pazienti:     con infezione attiva. 73 . che si è propagata in tutto l’organismo. in gravidanza. che hanno tumori attivi secondari. 6. Il trastuzumab si usa soprattutto per il trattamento delle pazienti affette da carcinoma mammario avanzato. Il CHMP ha deciso pertanto che i benefici di MabCampath sono superiori ai suoi rischi nel trattamento di pazienti affetti da LLC a cellule B per i quali non è adatto un trattamento chemioterapico con fludarabina. con infezione da HIV. per ragioni scientifiche. una volta a settimana. Sono disponibili diverse modalità di determinazione del livello di HER2. Il trastuzumab agisce anche da stimolatore delle cellule immunitarie dell’organismo per aiutarle a distruggere le cellule neoplastiche. impedendone la divisione e la crescita. Il trastuzumab blocca tale azione attaccandosi alla proteina HER2. E’ stata rilevata una farmacocinetica dose dipendente dopo somministrazione i.attraverso la citotossicità anticorpodipendente cellulo-mediata. Attualmente il dosaggio della proteina HER2 non si esegue ancora di routine su tutte le pazienti affette da tumore della mammella. di concentrazioni comprese nel range di 10-500 mg.  down-regulation del fattore di crescita dell’endotelio vascolare e di altri fattori di moltiplicazione dei vasi sanguigni.che in alcuni casi si attacca ad un’altra proteina (HER2 o CerbB2) che si trova sulla superficie delle cellule neoplastiche. ma vi si fa ricorso di solito quando l’oncologo ritiene che il trastuzumab possa rappresentare un’opzione terapeutica per un caso specifico. Il dosaggio della proteina HER2 può essere eseguito in occasione del trattamento chirurgico di prima istanza oppure su campioni di cellule neoplastiche prelevati da biopsie o reperti operatori precedenti. di conseguenza. La farmacocinetica del trastuzumab è stata studiata in pazienti affetti da carcinoma mammario metastatico e in fase iniziale.  coinvolgimento delle cellule del sistema immunitario nella distruzione delle cellule tumorali bersaglio.I meccanismi d’azione attraverso i quali il farmaco esplica la sua azione antitneoplastica sono molteplici:  blocco dei segnali di crescita trasdotti dal recettore HER-2neu. dei Il trastuzumab è efficace solo nelle donne con un livello elevato di proteina HER2. Questa interazione impedisce al fattore di crescita epiteliale di interagire con il proprio recettore posto sulle cellule tumorali e ne blocca quindi la proliferazione.  potenziamento della chemioterapia. L’emivita è di circa 28 giorni e il periodo di eliminazione è fino a 24 settimane. 74 . L’effetto indesiderato più frequente è una reazione similinfluenzale che si verifica nel corso della prima infusione. Questo legame stimola la moltiplicazione delle cellule neoplastiche.v. impedendo in tal modo al fattore di crescita umano dell’epiderma di raggiungere le cellule neoplastiche e.attraverso la prevenzione processi di ricaptazione del DNA daneggiato dai farmaci citotossici. mentre i suoi effetti sono meno evidenti nelle altre pazienti. Sono attualmente in corso degli studi per valutare gli effetti del farmaco somministrato in combinazione con alcuni chemioterapici. Il medicinale può essere ottenuto soltanto con prescrizione medica. Nel tumore recidivante (che ricompare in seguito a un precedente trattamento) o metastatico. 6.  carcinomi “a cellule squamose” di testa e collo. 3. Questi tipi di carcinomi colpiscono le cellule del tessuto che riveste la bocca o la gola oppure altri organi. Erbitux è indicato in associazione con altri farmaci antitumorali oppure da solo se un precedente trattamento antitumorale con oxaliplatino e irinotecan non ha dato risposta e il paziente non è in grado di ricevere irinotecan. come la laringe. “Metastatico” significa che il tumore si è diffuso ad altre parti del corpo. Erbitux è somministrato in combinazione con radioterapia (terapia radiante). Se associato in particolare con paclitaxel (Taxol®). Come si usa Erbitux? 75 . Che cos’è Erbitux? Erbitux è una soluzione per infusione (flebo in vena) contenente il principio attivo cetuximab. Erbitux è usato nei pazienti le cui cellule tumorali presentano sulla superficie una proteina detta recettore del fattore di crescita epidermica (EGFR) e contengono un gene “di tipo selvaggio” (non mutato) chiamato “KRAS”.Il trastuzumab somministrato da solo riduce la massa tumorale in una minoranza di casi. il trastuzumab migliora la risposta alla chemioterapia e potrebbe prolungare anche la sopravvivenza. Per che cosa si usa Erbitux? Erbitux è utilizzato per il trattamento dei seguenti tipi di tumori:  tumore metastatico del colon o del retto (intestino crasso).9 Anticorpi anti-egfr 1. Nel carcinoma localmente avanzato (quando il tumore è cresciuto ma non si è diffuso). Erbitux è indicato in associazione ad una combinazione di farmaci antitumorali “a base di platino” (tra cui farmaci quali cisplatino o carboplatino). 2. mentre ne blocca la crescita in altre. Quali studi sono stati effettuati su Erbitux? Per i casi di tumore metastatico del colon o del retto. La prima infusione viene somministrata a una dose di 400 mg per metro quadro di superficie corporea (calcolata in funzione dell’altezza e del peso del paziente) e dura due ore. Tra il 79 e l’89% dei tumori colorettali e più del 90% dei tumori a cellule squamose di testa e collo esprimono l’EGFR sulla superficie delle loro cellule. oxaliplatino o entrambi. Le infusioni successive sono di 250 mg/m2 e durano un’ora ciascuna.Erbitux va somministrato esclusivamente da medici esperti nell’uso dei farmaci antitumorali. che in precedenza non avevano ricevuto chemioterapia. Erbitux è stato studiato nel corso di due studi principali: 76 . Per i casi di tumore di testa e collo. il trattamento con Erbitux deve iniziare una settimana prima dell’inizio della radioterapia e va proseguito fino al termine della radioterapia.  tre studi hanno interessato 2 199 pazienti in cui la malattia era peggiorata durante un precedente trattamento comprendente irinotecan. In monoterapia o in associazione con altri farmaci antitumorali. o ai quali non potevano essere somministrati tali medicinali. Di conseguenza. Prima della somministrazione di Erbitux per la prima volta. e hanno analizzato gli effetti dell’aggiunta di Erbitux alla terapia di associazione a base di irinotecan od oxaliplatino. 5. un anticorpo monoclonale. che può essere presente sulla superficie di alcune cellule tumorali. Erbitux va somministrato una volta alla settimana. Erbitux è stato studiato nel corso di cinque studi principali:  due studi hanno interessato 1 535 pazienti. il paziente deve ricevere un antistaminico e un corticosteroide per evitare reazioni allergiche. Il cetuximab è stato concepito per legarsi al recettore del fattore di crescita epidermica (EGFR). ovvero un anticorpo (un tipo di proteina) concepito per riconoscere una struttura specifica (antigene) presente su alcune cellule dell’organismo e legarsi ad essa. il trattamento con Erbitux deve essere proseguito per il tempo necessario in funzione della risposta terapeutica. Quando Erbitux è somministrato in concomitanza con radioterapia. le cellule tumorali non possono più ricevere i messaggi necessari per crescere. progredire e diffondersi. Ciò è raccomandato anche per tutte le infusioni successive. Come agisce Erbitux? Il principio attivo di Erbitux è cetuximab. 4. 4 mesi rispetto ai 14.  il primo studio in pazienti che erano già stati sottoposti a chemioterapia non ha esaminato le mutazioni del gene KRAS. i pazienti con tumore con gene KRAS di tipo selvaggio sono sopravvissuti più a lungo senza peggioramento della malattia quando Erbitux era somministrato in associazione alla propria terapia.6 mesi con Erbituxil fino al peggioramento della malattia.9 mesi per i pazienti trattati soltanto con la miglior terapia di supporto (cura dei sintomi ma non del tumore stesso). Quali benefici ha mostrato Erbitux nel corso degli studi? Negli studi relativi al tumore del colon o del retto. Nelle cellule tumorali il gene KRAS stimola la crescita tumorale quando esso è mutato. Questo comprendeva chemioterapia con irinotecan (l’intervallo medio è stato di 9.9 77 . i pazienti sono sopravvissuti più a lungo fino al peggioramento della malattia aggiungendo Erbitux alla radioterapia (in media 24. mentre negli altri due studi. Per quanto riguarda il tumore di testa e collo localmente avanzato. rispetto a 1.7 mesi) e con oxaliplatino (l’intervallo medio è stato di 7. Tutti gli studi hanno esaminato la durata del periodo di vita senza peggioramento del cancro o il tempo di sopravvivenza dei pazienti. I pazienti che non avevano risposto al trattamento con oxaliplatino né con irinotecan sono sopravvissuti in media 3. il primo studio ha interessato 424 pazienti affetti da tumore localmente avanzato e ha analizzato gli effetti dell’aggiunta di Erbitux alla radioterapia.2 mesi).6 mesi con irinotecan da solo. i pazienti erano sopravvissuti più a lungo senza peggioramento della malattia quando erano stati trattati con Erbitux in aggiunta a chemioterapia. La maggior parte degli studi ha valutato separatamente i risultati nei pazienti con tumore con gene KRAS di tipo selvaggio rispetto ai pazienti con tumore con gene mutato.  il secondo studio ha interessato 442 pazienti con tumore recidivante o metastatico e ha analizzato gli effetti dell’aggiunta di Erbitux alla combinazione di farmaci antitumorali a base di platino. 6. i pazienti i cui tumori presentavano il gene KRAS di tipo selvaggio e che assumevano Erbitux sono sopravvissuti più a lungo senza peggioramento della malattia:  nei pazienti che non erano mai stati sottoposti a chemioterapia in precedenza.7 mesi rispetto a 7.0 mesi con Erbitux e irinotecan fino al peggioramento della malattia. rispetto a 2. I pazienti che non avevano dato risposta al trattamento con oxaliplatino sono sopravvissuti in media 4.9 mesi rispetto a 8. il primo in vitro dimostra maggiore affinità per il recettore. capogiri e difficoltà a respirare). EGFR positivo. si rimanda al foglio illustrativo.fibrosi polmonare. 78      . 8. Migliore farmacocinetica con possibilità di somministrazione mono-. Miglioramento della vita in quanto studi hanno dimostrato una regressione della massa tumorale fino al 50%. Perché è stato approvato Erbitux? Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha deciso che i benefici di Erbitux sono superiori a suoi rischi nel trattamento di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico con espressione di EGFR. Sono possibili gravi reazioni durante l’infusione. Eruzioni cutanee si verificano in oltre l’80% dei pazienti. Il comitato ha raccomandato il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio per Erbitux. Nel tumore di testa e collo recidivante o metastatico. reazioni correlate all’infusione (fra cui febbre. PANITUMUMAB (VECTIBIX)  Approvato della FDA nel 2006 indicato nel trattamento del cancro metastatico del colon-retto.il secondo ha la caratteristica di innescare azione citotossica anticorpo-mediata. Qual è il rischio associato a Erbitux? Gli effetti indesiderati più comuni associati a Erbitux (osservati in più di un paziente su 10) sono reazioni cutanee quali eruzioni.1 mesi rispetto ai 7. Per l’elenco completo degli effetti indesiderati rilevati con Erbitux.mesi). brividi.settimanali con rischio di tossicità inferiore. per cui in questa fase il paziente va tenuto sotto stretta osservazione.bi-.4 mesi). 7. la sopravvivenza era risultata maggiore aggiungendo Erbitux alla combinazione di farmaci antitumorali a base di platino (in media 10.tri. Erbitux non deve essere usato in soggetti che sono ipersensibili (allergici) al cetuximab. mucosite (infiammazione della mucosa della cavità orale) e valori elevati di taluni enzimi epatici. Anticorpo monoclonale umano ottenuto sfruttando la tecnologia XenoMouse che ha reso possibile la produzione di anticorpi monoclonali completamente umani. ipomagnesemia (bassi livelli di magnesio nel sangue). Efficacia terapeutica simile al Cetuximab. con gene KRAS di tipo selvaggio e di pazienti con tumore a cellule squamose di testa e collo. Effetti collaterali: tossicità dermatologica. alterazioni a carico dell’apparato gastrointestinale.  Altre applicazioni: malattie oculari ad impronta vasogenica. azione inibitoria della genesi vascolare della malattia. astenia.anticorpo monoclonale con regioni leganti l’antigene derivate dall’anticorpo murino muMAb VEGFA461.6. Riscontrate anche emoraggie a carico di vari organi. per pazienti affetti da carcinoma mammario.  Azione specifica sul VEGF in quanto previene il legame di tutte le isoforme del fattore angiogenico ai recettori relativi presenti sulla superficie delle cellule endoteliali inibendo la neoangiogenesi tumorale inibendo il tumore o le metastasi.10 Anticorpi anti-vegf  VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) è una proteina naturale che regola il processo dell’angiogenesi nelle sue diverse tappe.  Stabilità fisica e chimica dimostrata per 48 ore ad una temperatura compresa tra i 2 e 30 °C.v. disordini gastrointestinali e nausea.  Farmaco il cui principio attivo è il Bevacizumab.  Viene prodotto con tecniche di DNA ricombinante in cellule ovariche di criceto cinese. 79 . emivita 20 gg.  Approvato dalla FDA nel 2004 viene utilizzato per il trattamento di prima linea nei pazienti affetti da tumore metastatico al colon e al retto. 10 mg/Kg i.  Effetti indesiderati: ipertensione.  Terapia effettuata con Bevacizumad (AVASTIN).v. per pazienti con carcinoma al retto e al colon. emoraggica ed essudativa in cui la via di somministrazione è la via intraoculare.  Elevata secrezione di questa proteina si verifica dove c’è un’intesa proliferazione cellulare neoangiogenese tumorale.  Studi clinici hanno valutato la combinazione con altri chemioterapici(5-FU e AF) i cui risultati hanno evidenziato un incremento della sopravvivenza globale  Posologia: 5 mg/Kg 1 volta ogni due settimane i. in modo simile si può pensare di fare accettare al sistema immunitario tessuti estranei trapiantati. Successivamente. morbo di Crohn.11 Immunosoppressione Le patologie che coinvolgono il sistema immunitario costituiscono un significativo problema di carattere sanitario. finalizzata a creare uno stato di immunosopressione ha registrato qualche successo. la terapia con anticorpi.diminuendo la risposta immunitaria diretta contro l’organo trapiantato. Due sono gli obiettivi della terapia anticorpale di induzione:ritardare l’uso di farmaci immunosoppressori più tossici o intensificare la terapia immunosoppressiva iniziale nei pazienti ad alto rischio di rigetto. L’uso è stato favorito da diversi fattori. in qualche caso sono state realizzate modificazioni a carico delle sequenze nelle regioni costanti degli anticorpi. In questo ambito. Le prime strategie avevano l’intento di uccidere queste cellule utilizzando sia meccanismi effettori naturali degli anticorpi.12 Profilassi del rigetto La terapia di induzione con anticorpi era quella di somministrare ai pazienti un anticorpo specifico. ma che non attivino il complemento o il recettore Fc sulle cellule effettrici e.6.quali artrite reumatoide. Queste funzioni bloccanti degli anticorpi richiedono che essi siano ancora in grado di legare l’antigene.e di anticorpi diretti contro il recettore dell’IL-2 (IL-2 R).quali l’introduzione di anticorpi monoclonali chimerici o umanizzati. che non uccidono le cellule.che si legasse a ceri linfociti. Tali patologie includono una verità di malattie a base autoimmune . Mediante l’uso di anticorpi in grado di interferire nei normali processi cellulari l’obiettivo è potere riprogrammare le cellule nelle reazioni autoimmuni per bloccarle. non antigenici e con emivita serica prolungata . critiche per le funzioni effettrici. Preparazioni a base di anticorpi (sia mono che poli-clonali) diretti contro le cellule T-reattive costituiscono importanti terapia di supporto e forniscono un’opportunità unica per colpire. Gli anticorpi usati in terapia di induzione possono essere divisi in due gruppi : anticorpi che depletano i linfociti T e anticorpi immunomodulatori. psoriasi ecc. più sicuri. in modo selettivo specifiche cellule immuno-reattive permettendo trattamenti più mirati. La terapia di induzione con anticorpi si impiega in circa il 70%dei soggetti trapiantati. Farmaci immunosoppressori possono essere impiegati per attenuare la risposta immune nel trapianto d’organo e nelle malattie autoimmuni. 6. c’è stato uno spostamento di indirizzo della terapia anticorpale verso l’utilizzo di anticorpi bloccanti. 80 . sia agenti citotossici (immunotossine). Come preparazione di anticorpi monoclonale.13 Anticorpi anti –cd3 MUROMONAB-CD3 (orthoclone okt3). Tuttavia in alcuni pazienti è stato osservato un numero crescente di linfociti CD3 positivi prima della fine del trattamento con ORTHOCLONE OKT3. La produzione si realizza sempre in un linea cellulare di mieloma. inibendo tutte le funzioni di queste cellule. 6. che ne bloccano la capacità di legare l’antigene l’uso ripetuto di ORTHOCLONE OKT3 determina immunizzazione del paziente contro i determinanti di origine murina dell’anticorpo (risposta HAMA) e questo può neutralizzare e prevenire la sua efficacia immunosoppressiva.14 Anticorpi anti cd25 Daclizumab e Basiliximab sono anticorpi monoclonali diretti contro la subunità alfa del recettore dell’IL2 (antigene CD25)espresso sulla superficie dei linfociti T in risposta a uno stimolo antigenico. Il principale effetto collaterale è la sindrome da rilascio da citochine prevenuta da preventiva somministrazione di glucocorticoidi. che giocano un ruolo primario nel rigetto acuto. L’indicazione approvata è. per entrambi. ORTHOCLONE OKT3 in vivo reagisce con la maggiore parte dei linfociti T del sangue periferico e dei tessuti. denominato CD3.murina Muromonab-CD3 è stato il primo anticorpo monoclinale ad essere approvato dalla FDA americana. La ricomparsa di linfociti CD3positivi è attribuibile allo sviluppo di anticorpi anti muromonabCD3. come agente immunosoppresore nella profilassi del rigetto. Il legame dell’anticorpo alla molecola CD3induce una rapida internalizzazione del recettore dei linfociti T. la profilassi del rigetto 81 . ma non risulta che reagisca con altri elementi emopoietici o altri tessuti. L’immunosoppressione non è esente da svantaggi.opportunamente trasformata con plasmidi contenenti le sequenze per le regioni variabili di topo geneticamente fuse con quelle umane. E’un prodotto di origine murina. le cellule T riappaiono rapidamente e raggiungono entro una settimana i livelli di pre-trattamento.6. Al termine della terapia. lanciato negli anni 80’ come anticorpo monoclonale terapeutico di prima generazione. prevenendo così un successivo riconoscimento dell’antigene. dei linfociti T umani. Agisce legandosi specificatamente a un componente del complesso recettoriale sulla superficie cellulare. Sono state riportate reazioni gravi talvolta fatali a livello sistemico cardiovascolare e del sistema nervoso centrale. ogni qual volta riceva un’immunosoppressione intensa il paziente vede aumentare il rischio di subire infezioni e/o neoplasie. La somministrazione di muromonab -CD3 è seguita da deplezione della maggior parte delle cellule T dal torrente sanguigno e dagli organi linfatici periferici. Infliximab è stato geneticamente ingegnerizzato per fusione della regione variabile dell’anticorpo murino 2(lega con alta specificità il TNFalfa umano) con la regione costante di una immunoglobulina umana (Ig G 1K). L’azione anti CD3 dell’anticorpo impedisce la piena risposta immunitaria e ha aperto nuove prospettive per il trattamento del diabete. Entrambi gli anticorpi anti CD25.impiegando la tecnica del DNA ricombinante . segnale per la proliferazione dei linfociti T passaggio critico nella risposta immunitaria cellulare coinvolta nel rigetto allo genico.alterazioni dell’apparato respiratorio.15 Anticorpi anti cd3 di nuova generazione ChAglyCD3 e hOKT3yl sono anticorpi monoclonali umanizzati e ingegnerizzati. Infliximab rallenta o addirittura impedisce. Infliximab inoltre può determinare lisi cellulare attraverso l’attivazione classica del complemento. vengono associati alla ciclosporina e ai corticosteroidi.le mutazioni prevengono il loro legame ai recettori Fc e sono determinanti per il legame dell’anticorpo sulle cellule T attivate ma. E’ indicato per il 82 . L’umanizzazione minimizza l’instaurarsi di risposta AMA . la formazione dei complessi trimolecolari biologicamente attivi del TNFalfa . Di rado gravi reazioni di ipersensibilità.Legandosi sia la forma trimerica che quella monomerica.somministrati per iniezione o infusione endovenosa. Ad eccezione di fastidi digestivi reazioni cutanee e anemia.che gioca un ruolo centrale nel sistema immunitario come mediatore dell’infiammazione locale. Il legame ad alta affinità dell’anticorpo all’IL2R ne impedisce il legame con l’IL2. Le modifiche nella struttura anticorpale prevengono le complicazioni legate all’attivazione delle cellule T e associate alla terapia anti CD3 di prima generazione.acuto in pazienti adulti e pediatrici sottoposti a trapianto renale e allo genico. in grado di legare specificamente il complesso proteico di membrana CD3 presente sulle cellule T umane.16 Anticorpi anti tnf ALFA INFLIXIMAB Infliximab è un anticorpo monoclinale chimerico murino/umano ad azione inibitoria specifica nei confronti di una citochina proinfiammatoria. Per quanto riguarda gli effetti indesiderati sono state osservate alterazioni strutturali renali e della funzionalità epatica. 6. non è stato riscontrato alcun grave effetto indesiderato.processo che porta alla perdita di attività biologica della citochina. 6.non su quelle native.muscolo scheletrico e gastrointestinale. il fattore di necrosi tumorale alfa. con il dominio Fc dell’immunoglobulina umana Ig G 1. Anche in questo caso il legame è selettivo con il TNF alfa e bloccando la sua interazione con i recettori ne neutralizza le funzioni. dal momento che la porzione variabile dell’anticorpo che reca il sito di legame con il TNFalfa è costituita da proteine murine. ADALIMUMAB (humira) -umano Un altro prodotto diretto contro il TNFalfa è Adalimumab. costituito da tre molecole di adalimumab complessate con tre trimeri di TNF alfa. di uno specifico per u antigene a differenza dell’In cui la componente murina incrementa il potenziale immunogeno e limita l’uso a lungo termine. 83 .anticorpo monoclinale interamente umano (IgG 1) creato con la tecnologia del phage display. La possibilità di sviluppare anticorpi anti Infliximab (risposta AMA)limita l’efficacia del farmaco e aumenta il rischio di reazioni infusionali. che permette la selezione da un ampio repertorio di anticorpi. Etanercpet è il dimero di una proteina chimerica. con una basso grado di immunogenicità. influenza. Un aspetto importante da considerare è la immunogenicità . responsabile del legame con il ligando. Il trattamento con Infliximab è stato associato ad infezioni talvolta gravi come tubercolosi e setticemia e i pazienti devono essere monitorati prima durante e dopo il trattamento. Adalimumab è in grado inoltre di determinare lisi delle cellule immuni attraverso meccanismi anticorpo mediati e complemento mediati.sintetizzata geneticamente mediante fusione di due identiche catene monometriche del recettore 2 del TNF umano. Nel trattamento della psoriasi Infiximab determina un netto miglioramento delle chiazze della pelle anche in casi gravi.Infliximab è indicato per il miglioramento della funzionalità e la riduzione dei sintomi dell’artrite reumatoide. nel trattamento di disordini reumatologici ed è indicato per la riduzione dell’infiammazione associata all’artrite reumatoide. E’ una proteina di fusione prodotta in un sistema di espressione di mammifero (cellule CHO) attraverso la tecnologia del DNA ricombinante. ETANERCEPT Un agente terapeutico che manifesta un meccanismo d’azione simile all’Infliximab pur non essendo un anticorpo monoclonale. Etanercpt è efficace in analogia ad Infliximab. herpes. la natura umana di adalimumab consente l’ottenimento di una risposta a lungo termine.trattamento di soggetti adulti affetti da diverse patologie su base immunitaria. In combinazione con metotrexato . Il legame specifico dell’ adalimumab con TNF alfa dà luogo ad un addotto voluminoso.come la proteina C reattiva. E indicato nell’artrite reumatoide e psoriasica e morbo di Crhon. urinarie. Nel morbo di Crohn il trattamento con infliximab riduce l’infiltrazione di cellule dell’infiammazione delle aree dell’intestino coinvolte e la presenza in queste sedi di marker dell’infiammazione. Gli effetti avversi più comunemente riportati comprendono infezioni delle vie respiratorie. fungine superficiali. L’Il6 rappresenta un altro target molecolare nel trattamento dell’artrite reumatoide.febbre. eruzioni cutanee e soprattutto al sito di iniezione. il frammento Fab è stato pugilato. fino a possibili setticemia e tubercolosi. aumenta l’emivita del farmaco e sono in via di sperimentazione protocolli di somministrazione a cadenza bi-settimanale e mensile. Il sito di pegilazione è in corrispondenza della cerniera tiolica.ma sebbene leghi sia la forma solubile che transmembranica della citochina.19 Anticorpi anti-cd11a EFALIZUMAB (raptiva). Per estendere l’emivita ad un valore comparabile a quello dell’intera molecola anticorpale.6. Il farmaco è risultato complessivamente ben tollerato: gli effetti collaterali gravi sono stati rari e distribuiti uniformemente tra i gruppi di trattamento.18 Anticorpi anti il. Il legame ad alta affinità dell’anticorpo ai recettori dell’IL-6 impedisce il legame della citochina proinfiammatoria ai suoi recettori e ne neutralizza gli effetti.FRAMMENTO FAB Certolizumab è un singolo frammento Fab di un anticorpo monoclonale anti TNF alfa umanizzato. infezioni. La terapia con anti TNFalfa ed anti IL1 ha già dimostrato di possedere una certa efficacia nel trattamento di questa patologia.IL6. In generale si osservano mal di testa.umanizzato 84 . La pegilazione comparabile con la somministrazione per via sottocutanea. dolori addominali. nausea. Certolizumab pegol è dotato di affinità per il TNF alfa e ne neutralizza gli effetti pato-fisiologici. 6.17 Anticorpi anti –tnf ALFA di nuova generazione CERTOLIZUMAB PEGOL (cimzia). Tocilizmab è un anticorpo monoclinale umanizzato diretto contro i recettori dell’IL-6.IL1.non induce apoptosi dei linfociti e dei monoliti nel sangue periferico.6r di nuova generazione TOCILIZUMAB (actemra)-umanizzato L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria autoimmune caratterizzata da una iperattività di citochine infiammatorie come il TNFalfa. 6. espresse sulla superficie di tutti leucociti. 6. Le reazioni avverse più frequentemente osservate durante la terapia sono state sintomi similinfluenzali acuti e dose-correlati.20 Anticorpi anti –ALFA 4 integrine NATALIZUMAB (tysabri)-umanizzato Natalizumab è un anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato prodotto in una linea cellulare murina mediante la tecnologia del DNA ricombinante. vertigini. mal di testa. Un ulteriore meccanismo d’azione di Natalizumab può consistere nella soppressione delle reazioni infiammatorie in atto nei tessuti ammalati. Sequenze umane (Ig G1k) sono state inserite in luogo di quelle murine. nausea. Efalizumab ha come bersaglio la subunità CD 11° dell’LFA-1 (antigene associato alla funzione dei linfociti).interferendo con l’adesione dei linfociti T ad altri tipi di cellule LFA-1 è presente sui linfociti T attivati. TYSABRI non va usato nei pazienti che potrebbero essere ipersensibili (allergici) al Natalizumab o ad uno qualsiasi degli altri componenti. TYSABRI è indicato come monoterapia per il trattamento di pazienti con sclerosi multipla recidivanteremittente.critica per il passaggio delle cellule T dalla periferia all’interno del sistema nervoso centrale. In tal modo Natalizumab può sopprimere l’attività infiammatoria presente nell’area malata ed inibire un’ulteriore migrazione nei tessuti infiammati di cellule del sistema immunitario.orticaria (rash). brividi.del naso e della gola). Gli effetti indesiderati più comuni associati a Natalizumab sono stati: infezione (delle vie urinarie. Gli effetti collaterali sono di norma lievi. 85 . Il legame specifico di Efalizumab all’antigene CD 11a previene il legame tra LFA-1 e ICA-1 . ad eccezione dei neutrofili. Natalizumab si lega al’integrina alfa4beta1 bloccando così l’interazione con il suo recettore complementare VCAM-1.preservando solo le CDR originarie. vomito. artralgia.mediante l’inibizione dell’interazione dei leucociti che esprimono alfa4 con i loro ligandi nella matrice extracellulare e sulle cellule del parenchima.importanti per il riconoscimento dell’antigene. l’alterazione di tali interazione molecolari impedisce la migrazione dei leucociti mononucleati attraverso l’endotelio fino al tessuto parenchimale infiammato.nei pazienti con PML e nei pazienti a rischio di contrarre un’infezione. con tecniche di ingegneria genetica.Efalizumab è un anticorpo monoclinale umanizzato ricombinante prodotto da cellule ovariche di criceto cinese. una proteina di adesione della superficie delle cellule leucocitarie. e con i ligandi osteopontina 23 e CS-1. molecola di adesione delle cellule vasali . piressia e stanchezza. È un inibitore selettivo delle alfa4 subunità delle integrine umane alfa4 beta1 ed alfa4beta7. La proteina chimerica (IgG1k-7E3) originaria è una proteina ricombinante costituita dalle regioni variabili del topo e dalle regioni costanti dell’uomo e viene secreta nel mezzo di coltura da una cellulare di ibridomi. Si ritiene che Abciximab comporti un impedimento sterico e modifiche conformazionali a livello del recettore glicoproteico. Inoltre. maggiormente coinvolti nell’aggregazione piastrinica. in cui sia stato precedentemente inserito il gene chimerico. e quindi della capacità delle piastrine di legarsi. Questi recettori glicoproteici di membrana appartiengono alla famiglia delle integrine. A causa della 86 . l’ Abciximab si lega al recettore della vitronectina presente sulle piastrine e sulle cellule endoteliali.ALTRE APPLICAZIONI IN CAMPO FARMACEUTICO 7. Il frammento Fab si ricava per digestione della proteina chimerica con la papaina. E’ diretto contro il recettore glicoproteico GPIIb/IIIa situato sulla superficie delle piastrine umane.1 Anticorpi anti-gpiib/iiia ABCIXIMAB (ReoPro®) frammento Fab Abciximab è un singolo frammento Fab di un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano prodotto a partire dall’anticorpo monoclonale murino 7E3. Il prodotto finale è costituito per il 50% circa da sequenze murine e per il rimanente da sequenze di origine umana.7. Il recettore della vitronectina è responsabile delle proprietà pro-coagulanti delle piastrine e delle proprietà proliferative delle cellule endoteliali e muscolari lisce della parete vasale. con il conseguente blocco dell’accesso al recettore delle grandi molecole di adesione. 7. E’ un potente inibitore dell’aggregazione piastrinica. Per l’umanizzazione. non contiene conservanti ed è indicato per mono somministrazioni. ipotensione. mentre nei bambini che godono di buona salute. che può portare a manifestazioni allergiche. la somministrazione di Abciximab può causare la formazione di anticorpi umani antichimerici. anche se il REOPRO® rimane in circolo per 15 giorni o più legato alle piastrine. A causa della componente murina. che richiedono ospedalizzazione. provocate da RSv. nei bambini ad alto rischio di malattia. Abciximab blocca più efficacemente il meccanismo di amplificazione della generazione di trombina conseguente all’attivazione piastrinica. E’ indicato per la prevenzioni di affezioni gravi del trattamento respiratorio inferiore. Previene l’occlusione delle arterie coronariche e le complicanze da angioplastica e impianto di stent. Il legame di Palivizumab alla glicoproteina F sulla superficie virale impedisce al virus di infettare le cellule. Altri effetti indesiderati comprendono complicanze emorragiche. una delle due maggiori glicoproteine dell’envelope del virus sinciziale respiratorio (RSV). rispetto ad altri composti che inibiscono solo il recettore GPIIb/IIIa. La funzione piastrinica viene ripristinata generalmente entro 48 ore. o reazioni di ipersensibilità. determina una potente attività neutralizzante nei confronti dell’RSV. trombocitopenia. è stata osservata in circa il 5-6% dei pazienti. In questi. La risposta HACA. In Europa è stato approvato nel 1999. Il livello del blocco dell’ 80% dei recettori è stato scelto come obiettivo per la dimostrazione dell’efficacia farmacologica di REOPRO®.2).2 Anticorpi anti-proteina f di rsv PALIVIZUMAB – (synagis®) – umanizzato Palivizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato (classe IgG1k) prodotto in linee cellulari stabili di mieloma murino. Approvato dalla FDA nel 1994 REOPRO® è formulato in soluzione acquosa tamponata (pH 7. sequenze codificanti le CDR dell’anticorpo murino mAb1129 sono state introdotte in sequenze di DNA codificanti le regioni variabile (Fab) e costante (Fc) di una immunoglobulina umana. Synagis® viene somministrato per iniezione intramuscolare una volta 87 .duplice specificità. l’RSV provoca una infezione lieve delle vie aeree superiori. e inibendo la fusione delle cellule indotta da virus. Deve essere impiegato subito dopo la diluizione. l’RSV puo causare bronchiolite e polmonite grave. e manifesta una potente attività neutralizzante e inibitoria dei meccanismi di fusione nei confronti del RSV. L’ Abciximab dovrebbe essere utilizzato solo una volta: non si dispone di dati da indagine sistematica concernenti la reiterazione del trattamento. nausea. E’ diretto contro un epitopo nel sito antigenico A della glicoproteina F. dolore toracico. Rappresenta il primo anticorpo approvato dalla FDA per la profilassi di una malattia infettiva. con rischio di ospedalizzazione. sia ceppi del sottotipo A. che in quelli del sottotipo B. febbre. Gli effetti indesiderati piu comuni comprendono febbre. a contatto con un allergene. 88 . Anticorpi anti. disturbi gastrointestinali. determinando una risposta HAHA clinicamente non rilevante.Palivizumab sono stati riscontrati approssimativamente. che innesca il rilascio di istamina e l’inizio della cascata infiammatoria.3 Anticorpi anti-ge OMALIZUMAB (xolair®)-umanizzato Omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante in una linea cellulare ovarica di criceto cinese (CHO). basofili ed altre cellule. dopo la ricostruzione la stabilità è stata dimostrata per tre ore. L’allergene che interagisce con il suo sito di legame sulle IgE legate alle cellule. Omalizumab legando con alta affinità il dominio Fc della IgE previene il legame delle IgE al recettore espresso su mastociti e basofili. Commercializzato in polvere e solvente per soluzione iniettabile. 7.al mese durante la stagione a rischio per il RSV. nervosismo. La regione Fc della catena pesante dell IgE si lega con alta affinità ai recettori situati sulla membrana plasmatica di mastociti. La maggior parte degli effetti indesiderati è stata di carattere transitorio e di gravità da lieve a moderata. L’asma allergica è scatenata dal legame di IgE allergenespecifiche al proprio recettore (FcεRI). reazioni in sede di iniezione. L’individuo che soffre di asma allergica. produce un eccesso di IgE. si lega indirettamente al recettore attraverso un legame a ponte (cross-linking) e attiva le cellule. di rado possono verifiacarsi episodi di difficoltà respiratoria. E’ in fase di valutazione l’uso nei bambini con fibrosi cistica. diminuzione del numero di globuli bianchi e alterazione dei test di funzionalità epatica. che ha l’incidenza massima tra novembre e aprile. reazioni da ipersensibilità. L’anticorpo è una IgG1k. I dati di sicurezza dimostrano che Palivizumab è in genere sicuro e ben tollerato. rash. contenente regioni di supporto umane insieme a regioni determinanti la complementarietà di un anticorpo murino (MAE11) diretto contro le IgE. nell’1% dei pazienti durante la prima fase della terapia. Inoltre non è stato osservato nessun effetto rebound sul livello di IgE dopo il periodo di eliminazione del farmaco. E’ indicato per il controllo dell’asma allergica grave e persistente. senza 89 . La maggior parte delle reazioni è stata di lieve o moderata gravità. è dispensato sotto forma di polvere e solvente per soluzione iniettabile ed il prodotto deve essere utilizzato subito dopo la ricostituzione. che si ritiene contribuiscano alla progressione della forma neovascolare della degenerazione maculare senile. gonfiore. Inoltre. Si riproduce in cellule di Escherichia coli. in pazienti adulti e adolescenti.4 Anticorpi anti-vegf RANIBIZUMAB (lucentis®) – frammento anticorpale Il Ranibizumab è un frammento anticorpale umanizzato. Il blocco delle funzioni del VEGF-A esercitato dal Ranibizumab comporta inibizione della crescita neovascolare e riduzione della permeabilità vasale. rispetto alla molecola intera bevacizumab. Le piccole dimensioni del frammento Ranibizumab. e ad un aumento della permeabilità vasale. prurito e cefalea. dopo somministrazione intravitreale. In generale. rispetto al quale ha delle proprietà peculiari. derivato dall’anticorpo monoclonale anti-VEGF bevacizumab. prevenendone così il legame ai recettori specifici VEGFR-1 e VEGFR-2. Tra gli effetti collaterali non comuni. Nello spazio extracellulare. comprendenti dolore. eritema. Omalizumab riduce il rilascio di istamina ed il numero dei recettori situati sui mastociti e basofili. privo di affinità per il recettore. La somministrazione per tale via ha l’obbiettivo di massimizzare l’effetto inibitorio del VEGF-A. riduce la quantità di IgE libera che può innescare la cascata allergica. Ranibizumab si lega con elevata affinità alle diverse isoforme del VEGF-A. alterazioni dell’apparato respiratorio e gastrointestinale. L’effetto collaterale piu frequente è stato rappresentato dalle reazioni al sito di infezione. di accertata natura IgE mediata. le IgE libere nel siero e blocca l’attivazione cellulare indotta da allergene. xolair® è il primo farmaco biologico disponibile per il trattamento dell’asma. impiegando la tecnologia del DNA ricombinante. causa principale di perdita della funzione visiva nei pazienti affetti dalla forma essudativa della degenerazione maculare. xolair® è ben tollerato. Il legame del VEGF-A ai suoi recettori porta ad una proliferazione delle cellule endoteliali. quali il piccolo raggio ed il minor peso molecolare. Omalizumab neutralizza in tal modo. E’ diretto contro il fattore di crescita endoteliale vascolare umano A (VEGF-A). ad una neovascolarizzazione. 7. maggiore responsabile della formazione dei neovasi sottoretinici. sono stati riportati infezioni parassitarie. Approvato dalla FDA nel 2003. consentono una ottimale capacità di penetrare tutti gli strati della retina e di diffondere nello spazio sottoretinico.L’anticorpo lega lo stesso dominio sulla IgE che interagisce con il recettore specifico e il complesso ad alta affinità (IgE-anti IgE) che origina. In condizioni fisiologiche. Il 34-40% dei pazienti trattati ha manifestato un miglioramento clinicamente significativo della visione. mediatore primario del riassorbimento dell’osso. Nell’occhio. aumento della pressione intraoculare. aiuta a controllare il processo di riassorbimento osseo. o RANKL (receptor activator of nuclear factor kappa B ligand). Negli studi condotti Denosumab è risultato ben tollerato. stimola la differenziazione. i più comuni effetti indesiderati causati da Ranibizumab. nel verificarsi di effetti avversi. sintetizzato in laboratorio. che dei loro precursori. o dalla procedura di iniezione. Denosumab. l’attivazione e la sopravvivenza degli osteoclasti e ne inibisce l’apoptosi. tra cui il distacco della retina. cataratta. in numerose condizioni fisiopatologiche. 7. è indicato per il trattamento della degenerazione neovascolare essudativa correlata all’età. inibisce specificatamente gli effetti del ligando di RANK. ne previene il legame con il suo recettore.5 Anticorpi in fase di sviluppo DENOSUMAB (già AMG162). mimando l’azione dell’OPG. quali osteoporosi. senza alcuna differenza significativa. inoltre. Il RANKL è una citochina appartenente alla famiglia dei ligandi per TNF. favorendo. dolore all’occhio. e quindi dell’indebolimento e della fragilità ossee. RANKL. che agendo come un recettore solubile per il RANKL. tra anticorpo. cataratta traumatica. artrite reumatoide. alendronato e placebo. Il legame di OPG a RANKL. localizzato sia sulla superficie degli osteoclasti. comprendono: emorragia della congiuntiva e retinica. legandosi al suo recettore RANK. l’attivazione dei processi di protezione endogeni. corpuscoli o macchie nella visione. Alterazioni nel rapporto OPG/RANK/RANKL sono critiche nella patogenesi del danno osseo di molte malattie. Approvato dalla FDA nel 2006. Il blocco risulta in una diminuzione del riassorbimento osseo e in un aumento della densità minerale ossea. legando ad alta affinità il RANKL. senza interferire con il processo di formazione delle ossa. espresso su cellule della linea osteoclastica. in quanto l’OPG. diretto contro il ligando del recettore attivante il fattore nucleare kappa B. viene prodotta l’osteoprotegerina (OPG).umano Il Denosumab è un anticorpo monoclonale interamente umano (IgG2). definita come aumento di 15 o più lettere a 12 mesi. una citochina appartenente alla famiglia dei recettori per il TNF. responsabile della riduzione del tessuto osseo mediata dagli osteoclasti.interferire con il suo ruolo fisiologico nei tessuti extraoculari. metastasi delle ossa.1% delle iniezioni intravitreali. Come effetti 90 . ne modula gli effetti. impedendo la formazione e l’attivazione degli osteoclasti. Gravi eventi avversi correlati alla procedura iniettiva si sono presentati in meno dello 0. I risultati degli studi clinici hanno dimostrato che quasi tutti i pazienti trattati con LUCENTIS® hanno mantenuto la loro acuità visiva. Nel trattamento del dolore cronico. Da un punto di vista funzionale. riducendo la trasmissione e la percezione del dolore.avversi non comuni. la sensitizzazione dei nocicettori periferici è ampiamente dipendente dalla disponibilità di NGF. sono stati riportati anticorpi anti-denosumanb. poiché permette di ridurre il rischio di risposte immunitarie avverse da parte del paziente. Il legame specifico dell’anticorpo al recettore TrkA è responsabile dell’azione inibitoria nei confronti del fattore di crescita NGF. nerve growth factor). Nella prospettiva di una utilizzazione clinica. costituisce un vero e proprio sistema di controllo della diffusione dell’infiammazione a livello delle terminazioni nervose. sia la proteina NGF che il suo recettore ad alta affinità (TrkA) rappresentano due bersagli terapeutici estremamente importanti. sostituendosi alla proteina NGF. neoplasie. dal momento che il sistema NGF/TrkA. infezioni. MNAC13. 91 . traducibili in un’elevata efficacia terapeutica e un eccellente compliance alla terapia da parte del paziente. inoltre. uno dei mediatori chiave del dolore. Tra i potenziali vantaggi della molecola MNAC13 sono da sottolineare l’elevata specificità di azione e il profilo di tollerabilità.6 MNAC13 –umanizzato MNAC13 è un anticorpo monoclonale umanizzato con azione bloccante il fattore di crescita delle cellule nervose (NGF. funzionando a monte di diversi meccanismi molecolari coinvolti nel processo infiammatorio. 7. ne impedisce il legame con il suo recettore. i neuroni nocicettivi mostrano durante il processo infiammatorio livelli aumentati di NGF. la produzione della versione umanizzata dell’anticorpo risulta vantaggiosa.
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