riassunto "La gestione dell'impresa"

June 5, 2018 | Author: Simona de Pinto | Category: Stakeholder (Corporate), Profit (Economics), Business, Economies, Business (General)


Comments



Description

SERGIO SCIARELLIRIASSUNTO DI: LA GESTIONE DELL’IMPRESA Ottava Edizione CEDAM PARTE PRIMA ELEMENTI DI ECONOMIA DELL’IMPRESA Capitolo Primo: IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO 1. I CONCETTI DI <<AMBIENTE>> E <<MERCATO>>. L’impresa vive all’interno di un ambiente più vasto con il quale scambia risorse e crea ricchezza. Questo ambiente può scomporsi in due contesti: micro-ambiente,definito dai mercati con cui l’impresa attiva lo scambio di risorse,e un macroambiente da cui ne derivano le condizioni e i vincoli entro cui questo scambio può verificarsi. Il micro-ambiente può a sua volta essere diviso in due gruppi: ambiente transazionale e ambiente competitivo. AMBIENTE TRANSAZIONALE: Ogni impresa avrà bisogno di attingere certe risorse dall’esterno collegandosi nei vari mercati con un insieme di transazioni o atti di scambio. Il tipo di risorse dipenderà dalle comparazioni di convenienza tra il produrre all’interno i materiali o il procedere all’acquisto all’esterno. Più l’impresa si orienta nella prima soluzione più si renderà autonoma nei confronti del mercato. Al contrario più si farà ricorso al mercato più si amplierà l’ambiente transazionale con il quale l’impresa dovrà interagire. AMBIENTE COMPETITIVO: Invece dipenderà dalla scelta delle porzioni di mercato a cui cedere beni e servizi prodotti. L’impresa definirà l’ambiente competitivo di riferimento. Opera in un micro-ambiente inserito nel macro-ambiente dove vi saranno più interlocutori (stakeholder) a cui dovrà rivolgersi per le risorse. Questi interlocutori si raggrupperanno formando dei mercati con il quale l’impresa dovrà attivare un sistema d’impresa. Ogni impresa si collegherà dunque con:     Il mercato del lavoro: costituito dall’offerta del lavoro Il mercato della produzione: composto dai produttori di materie prime, semilavorati, impianti macchinari ecc… Il mercato finanziario: composto dalle Borse Valori, dagli intermediari finanziari e da altri prestatori di capitale Il mercato di vendita: costituito dai potenziali acquirenti dei beni o servizi prodotti 2. L’AMBIENTE QUALE CONTESTO GENERALE DI RIFERIMENTO PER L’IMPRESA L’ambiente può essere inteso come il contesto socio-economico all’interno del quale l’impresa è chiamata a svolgere le sue funzioni. Questo contesto è regolato da una serie di condizioni politiche,legislative, sociali, culturali ed economiche che determinano il sistema di vincoli-opportunità entro cui dovrà trovare sviluppo l’attività aziendale. L’ambiente sul piano teorico può essere scomposto in quattro sub-sistemi generali:     Il Il Il Il sistema sistema sistema sistema o ambiente politico-istituzionale culturale-tecnologico demografico-sociale economico Il sistema o ambiente politico-istituzionale è rappresentato dalla forma di governo e dall’ordinamento legislativo prevalenti nel territorio considerato. Esercita delle influenze di primaria importanza sulla vita dell’impresa, il cui ruolo e le cui alternative di gestione possono essere più o meno vincolate dalle leggi, dagli interventi e dai controlli dei poteri pubblici. Poi sussistono delle influenze indirette relative al rapporto tra sistema politico e sistema economico. L’ambiente culturale-tecnologico può essere inteso, sotto il profilo culturale, come il contesto entro cui si affermano le manifestazioni tradizionali della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo. La cultura è definibile secondo una molteplicità di aspetti,in quanto trova espressione nei vari modi di vivere e di pensare che caratterizzano una società. Si compone di una serie di elementi ciascuno dei quali concorre ad influenzare il sistema di valori del singolo individuo e della società nel suo complesso. Influenza sia coloro che operano all’interno dell’impresa sia i gruppi esterni. Scienza e tecnologia rappresentano un prodotto della cultura. La tecnologia influenza l’impiego delle risorse mentre la cultura si riflette anche sul loro consumo sotto forma di beni e servizi prodotti. La prima è considerata da molti un sottosistema dell’ambiente culturale. L’ambiente demografico-sociale è definito dalla struttura della popolazione residente e dalle relazioni fra gli individui e i gruppi che la compongono. L’aspetto demografico è divenuto ancora più importante in un’epoca nella quale si vanno affermando delle tendenze di profondo mutamento della struttura della popolazione. Sotto il profilo sociale ciascun individuo, in funzione della professione svolta, delle capacità intellettive possedute, dei sentimenti,degli interessi, delle aspirazioni tende a collocarsi in una certa classe sociale e a muoversi all’interno di essa per raggiungere posizioni via via superiori. L’ambiente sociale risente in misura determinante del modo in cui si presenta il contesto politico e culturale. La stratificazione sociale determina i modelli di riferimento per i singoli,sulle cui scelte incide non solo l’aspetto psicologico ma anche quello sociologico. Il rapporto tra il singolo e il gruppo sociale finisce per esercitare un ruolo determinante nelle scelte e può creare opportunità o minacce. L’ambiente economico coinvolge la sfera di rapporti che vede l’impresa protagonista nei confronti dell’aggregato politico-sociale. Rappresenta il complesso delle macro-variabili che compongono l’ordinamento economico prevalente in un ambito territoriale. Si ha la distinzione fra economia di mercato, cioè un sistema a decisioni decentrate, regolato dalle leggi di mercato ,e economie di mercato, cioè un sistema in cui le decisioni sono prese solo al centro mediante l’elaborazione di piani governativi nazionali. Nell’economie di mercato prevale il principio della libera iniziativa e quello della proprietà privata dei mezzi di produzione,quindi sono <economie liberiste> mentre nell’altro tipo di economie tutto è regolato dal piano, anche l’uso dei mezzi di produzione, che sono di proprietà della collettività. Per questo motivo si adoperano economie di piano. Dunque l’impresa è un organo dello Stato, cioè una struttura con limitata autonomia decisionale per quanto attiene alle strategie da perseguire. Oggi nel nostro Paese molti servizi pubblici sono stati privatizzati e sono di fatto esercitati in regime di concorrenza mentre per altri si auspica da anni la privatizzazione. Questo perché si fa discendere tre benefici:il miglioramento dell’efficienza nella prestazione del servizio, l’accentuazione della concorrenza, con conseguente riduzione delle tariffe, e l’ottenimento di risorse finanziarie per lo Stato e gli Enti Locali. 3. I RAPPORTI TRA IMPRESA,IL MICRO-AMBIENTE E IL MACRO-AMBIENTE. Non è infrequente che l’impresa,con le sue scelte, possa influenzare il micro-ambiente e il macro-ambiente. Opera in un contesto esterno che si specifica in funzione delle caratteristiche dei comportamenti di gestione adottati. L’impresa non può scegliersi il macro-ambiente mentre può scegliersi l’ambiente transazionale e competitivo all’interno del quale operare. Per le aziende più grandi il macro-ambiente finisce per essere una variabile e non un vincolo da rispettare. L’ambiente determina il sistema dei vincoli-opportunità entro cui si dipana la gestione aziendale. I vincoli sono connessi con ciascun ambiente descritto prima. Non poche sono le influenze che le stesse imprese esercitano verso l’ambiente in cui vivono. E’ intuibile che i maggiori centri di potere economico detengono un rilevante potere politico. Questo potere extramercato finisce per incidere su tutte le variabili ambientali secondo uno schema di interrelazioni. Tale schema consente di intravedere un nesso assai stretto fra evoluzione dell’ambiente e trasformazione dell’organizzazione aziendale. Nell’interpretazione dei rapporti impresa-ambiente due sono i principali fili conduttori:il progresso tecnologico e l’equilibrio politico internazionale. Il progresso tecnologico influenza in modo considerevole la struttura di un settore industriale e la posizione competitiva delle imprese. A mano a mano che si diffonde il progresso tecnologico si modificano il tipo, il modo e l’organizzazione delle produzioni; mentre, a misura che procede lo sviluppo economico, migliora il livello di vita delle società, aumenta il reddito pro-capite, cresce in misura proporzionalmente più elevata la quota di reddito discrezionale a disposizione del consumatore e le scelte di quest’ultimo si rivolgono non tanto alla selezione di beni, quanto a quella di ampliamento dei bisogni. Il progresso tecnologico contribuisce anche ad aprire a nuove classi di consumatori bisogni già avvertiti, mediante una sostanziale riduzione del prezzo del bene. I fenomeni economici risultano influenzati in larga misura dalla stabilità politica e dalle condizioni di sicurezza dell’economia mondiale Questi fenomeni si propagano con immediatezza da un Paese all’altro, determinando situazioni di crisi, di prosperità, di incertezza nello svolgersi dei rapporti economici. Si può osservare che gli eventi di politica economica internazionale che hanno contrassegnato l’ultimo ventennio, hanno modificato le caratteristiche dell’ambiente socioeconomico. Turbolenza, ostilità diversità, complessità e insicurezza sono i connotati ambientali che l’impresa deve imparare a fronteggiare. 4. GLI EFFETTI DELL’INTERNALIZZAZIONE E DELLA GLOBALIZZAZIONE si soddisfano i bisogni umani. Per trasformare le risorse in modo da farle valere più del prezzo di acquisto (principio di marginalità). Con le risorse trasformate. che rende possibile la standardizzazione delle politiche aziendali nei vari Paesi serviti.Le modifiche avvenute negli ultimi anni. Come ottiene ricchezza? 12345- Bisogna soddisfare dei bisogni umani. per eliminare il fatto <<distanza>>. che recupera attraverso il reddito. piuttosto che ad un mercato mondiale omogeneo. L’impresa può essere vista come un sistema che opera con altri sistemi in cui è inserita. su scala internazionale. Attraverso lo scambio si genera un utile o reddito. Ogni impresa ha una struttura specifica. Ciò rende più difficile la delimitazione dei settori industriali e impone all’impresa una maggiore mobilità. ma anche ai processi di internazionalizzazione dell’economia e di globalizzazione dei mercati. l’impresa deve essere organizzata in modo specifico e efficiente. L’oggetto della protesta dei <<no global>> è quindi la possibilità di un distacco sempre più marcato tra paesi ricchi e paesi poveri. Un . svolge dei processi di acquisizione di beni e servizi per scambiarli con entità esterne per generare reddito. per poter concorrere su scala internazionale all’acquisizione delle risorse e al collocamento delle produzioni realizzate. In altre parole. Ciò significa che anche le piccole e medie imprese hanno dovuto imparare a proteggersi dalla concorrenza agguerrita delle imprese straniere. politici ed economici e come il superamento del controllo sociale degli Stati nazionali sull’economia ( globalizzazione del capitalismo: sottrazione della forza e delle logiche del capitale al controllo sociale degli Stati nazionali). Quindi è lo SCAMBIO. Per trasformarle l’impresa sostiene dei costi. e sotto l’aspetto dell’omogeneità della domanda. che ampliano la concorrenza a livello internazionale. La maggiore complessità non è dovuta solo ai fenomeni di turbolenza. il fulcro del concetto di impresa perché è per lo scambio che l’impresa prende le risorse e le trasforma. a livello mondiale. L’uomo paga per avere quella risorsa. Nel caso dell’economia di impresa il concetto deve essere approfondito sotto l’aspetto dell’interrelazione su scala mondiale di certi mercati. L’IMPRESA QUALE SISTEMA SOCIO-TECNICO IMPRESA: organizzazione di persone e beni rivolta a uno scopo produttivo. Il concetto di <<globalizzazione>> deve essere inteso come processo di convergenza. cioè il divario positivo tra ricavi e costi. Quindi l’impresa è un’ organizzazione economica che. Le risorse vengono trasformate. avvenute a seguito della <<compressione>> del tempo e dello spazio. Capitolo Secondo: L’IMPRESA COME SISTEMA 1. l’ambiente e il mercato. Proprio questi mutamenti hanno fatto si che vi fosse bisogno di flessibilità ed efficienza nell’impresa. hanno fatto si che si diffondessero mezzi di trasporto e comunicazione sempre più veloci ed efficienti. usando diverse risorse. degli aspetti culturali. Oggi si parla di industria globale per intendere un settore produttivo all’interno del quale la posizione competitiva di un’impresa di un certo Paese viene influenzata in modo rilevante dalla posizione che essa è in grado di conquistare e di mantenere in altri Paesi. ma tutte hanno come fine quello di mettere approfitto risorse scarse creando ricchezza. la globalizzazione si riferisce ad un mercato senza confini geografici. Ogni azienda può essere vista sotto tre diversi profili: . fatto da molte parti che sono interdipendenti tra loro rispetto a un obiettivo condiviso. rappresentando uno strumento per il soddisfacimento delle necessità soprattutto di coloro che operano al suo interno. sono qualcosa che si crea nel tempo attraverso procedure (le routine). l’impresa diventa protagonista e responsabile del contributo che produce. come centro di coagulazione degli sforzi di un insieme di gruppi sociali. La vita aziendale infatti si dirama intorno ad una serie di rapporti di scambio. Boulding ne individua nove tipi e secondo la sua classificazione si può dire che l’ impresa è un sistema sociale di tipo aperto: un sistema perché è fatto da parti e ogni parte svolge una funzione ma tutte sono coordinate tra loro per raggiungere un unico obiettivo. Mediante la funzione aziendale si genera maggiore utilità delle risorse per la collettività. poiché l’impresa opera a beneficio dell’intera società. si può comunque dire che è un sistema complesso in cui s’ . In questo senso l’impresa è un sistema di conoscenze che produce nuova conoscenza. Quando l’impresa riesce ad apprendere lavorando (learning by doing). cioè cambia dimensione e risorse per adattarsi all’ambiente. 4. I sistemi possono essere più o meno complessi. ma deve anche migliorare l’ambiente in cui opera (corporate social responsability) e quindi stringe con l’ambiente degli accordi su come deve o può funzionare. ed entrambi vanno organizzati. Il successo o la <<crisi aziendale>> trovano quasi sempre origine nella capacità o incapacità di creare i rapporti giusti tra i vari interlocutori o <<stakeholder<< e nel governare tali rapporti in modo favorevole allo sviluppo o producendo fenomeni involutivi dell’organizzazione. è inserito in un macro-ambiente. Per cui l ’impresa è un sistema ordinato. ma questo parallelo non è corretto perché l’impresa prima di tutto. Infatti la funzione principale dell’impresa e quella di investire il proprio capitale e le proprie capacità imprenditoriali. per cui si può parlare di sistema aperto di tipo socio-tecnico. Questo aspetto richiama due fattori importanti nella vita di qualsiasi organismo aziendale: il capitale e la capacità imprenditoriale. Aperto perché per operare deve interagire con altri sistemi attraverso lo scambio. Le imprese vivono mediante i rapporti interpersonali tra le persone operanti nell’impresa.Organizzazione economica: in quanto organizzazione economica il suo scopo è il soddisfacimento di bisogni umani mediante la messa a frutto di risorse trovabili in natura in misura limitata o non completamente idonee a soddisfare i bisogni umani. Dato che il continuo scambio di risorse influenza la vita della collettività. anche se a volte si tende a privilegiarne alcuni rispetto ad altri. stili di management. ecc non attraverso produzioni. e poi l’impresa ha un fine e i suoi sforzi sono mirano a quello.Struttura patrimoniale: l’impresa può essere vista come struttura patrimoniale. poiché la funzione più importante è quella di produrre reddito. il sapere e i valori si accumulano. know-how) e non da ciò che possiede a livello materiale. del mercato e dell’ambiente socio-economico e costituisce.come i brevetti. collaborazione. che può essere di input (approvvigiono). giuridica. ma spesso lo sviluppo aziendale sconvolge il suddetto ordine in base alle esigenze dell’impresa. ossia il complesso di beni organizzato e retto per lo svolgimento dei processi produttivi. Potrebbe esistere un ordine di importanza. LA VISIONE SOCIALE DELL’IMPRESA L’impresa non scambia solo beni e servizi. Le immobilizzazioni immateriali. Per queste caratteristiche l’impresa è spesso avvicinata a un corpo vivente. economica ed organizzativa. soggetti a certi coefficienti di rischio. informazione e interessi. va vista anche come distributrice della ricchezza creata. mentre un corpo cresce anche senza volerlo. cioè le parti che lo compongono sono dipendenti tra loro. e questo processo è ancora più efficiente quando la gestione riesce a trasmettere e incorporare questi due elementi. 2. vuole perdurare nel tempo e quindi oltre la morte del fondatore. allo stesso tempo. che dovrebbe concorrere al miglioramento delle condizioni dell’ambiente socio-economico. una realtà sociale. Ovviamente i tre profili devono coesistere. All’interno dell’impresa operano persone e mezzi tecnologici. Quindi anche se non si può dimenticare la materialità dell’impresa. sia quelle prodotte lavorando. dato da ambiente + mercato e per questo deve essere dinamico. LE MOLTEPLICI FUNZIONI DELL’IMPRESA L’impresa rappresenta una realtà complessa intorno a cui si sviluppa una rete di rapporti di scambio. .Sistema sociale: l’impresa. . per produrre reddito. Essa infatti svolge diversi ruoli nei confronti di chi vi partecipa. L’IMPRESA QUALE SISTEMA COGNITIVO Questa teoria si basa sul concetto che il vero patrimonio dell’impresa è dato dall’accumulo continuo delle sue conoscenze (sia quelle di chi vi lavora. 3. e di output (prodotti finiti). E’ evidente che la funzione primaria è quella di rappresentare una fonte di lavoro e di sostentamento per coloro che fanno parte della sua organizzazione.sistema è un complesso interrelato di parti. mentre quella economica è data dalla ricchezza che genera. ma anche sociale. è diventata un sistema si economico. sistema sociale e struttura patrimoniale. GLI ASPETTI TIPICI DELL’IMPRESA I concetti fondamentali per chi deve gestire un’impresa sono: a) L’impresa è un sistema aperto. b) L’impresa è allo stesso tempo un’organizzazione sia economica che sociale. risorse umane e finanziarie secondo un disegno che ha SEMPRE Come obiettivo la produzione di valore. tecnologia e intelligenza. Capitolo Terzo: I PROTAGONISTI DELLA VITA DELL’IMPRESA: LA TEORIA DEGLI <<STAKEHOLDER>> Tra i soggetti che operano nell’impresa bisogna fare una distinzione tra quelli che si occupano della gestione. perché vive in simbiosi con l’ambiente esterno. 1. GLI ORGANI DI GOVERNO NELL’IMPRESA: IMPRENDITORIALITA’ E MANAGERIALITA’ . La sua importanza sociale è legata alle ricadute delle azioni che modificano l’ambiente in cui opera. d) L’impresa. e) L’impresa. 5. in cui principi economici e sociali si mescolano fino a trovare un equilibrio che consenta all’impresa d sopravvivere nel lungo tempo. Possiamo allora definire l’ impresa come un’istituzione sociale a finalità plurime. in quanto sistema cognitivo. (organi di governo) e quelli che sono in posizione subordinata rispetto a questi.immobilizzazioni materiali e non. Entrambi legati alla sopravvivenza aziendale. c) L’impresa deve svolgere una triplice funzione in rapporto al suo essere organizzazione economica.intrecciano elementi tangibili e non tangibili . L’impresa non può più essere rivolta solo a finalità imprenditoriali di profitto. deve produrre conoscenza per promuovere l’innovazione. quale sistema cooperativo-conflittuale. dev’essere gestita migliorando i rapporti di collaborazione e riducendo le occasioni di conflitto con i suoi interlocutori. perché coinvolge molti gruppi che ne influenzano la gestione e sono a loro volta influenzati da essa. che a fronte delle scelte prese. o in quelle del manager. esecutivi e di controllo. compito dell’imprenditore diventa allora gestire i rapporti con i vari stakeholder e questo significa: 1) 2) 3) 4) INDIVIDUARLI.La figura centrale nell’impresa resta l’imprenditore. perché è il soggetto economico che decide di rischiare i suoi capitali e usare le proprie capacità nell’impresa. chi decide deve tenere conto anche di questo. produce e scambia beni e servizi con stakeholder interni e esterni. per cui le scelte che fanno riguardano tutta l’azienda. i cui interessi vanno considerati dall’impresa al momento di decidere. Facendo una classificazione degli organi se ne individuano 3: deliberanti . ma è utile fare questa distinzione a livello teorico. ha degli interessi da difendere. anche perché ha acceso a informazioni particolari cui gli altri non possono accedere. perché solo l’imprenditore può essere interessato a promuovere un cambiamento. - Deliberanti: composti da coloro che prendono le decisioni. relativo solo alla loro area di lavoro. VALUTARE CHE INTERESSI HANNO. Dato che i diversi interessi influenzano la gestione dell’impresa. oggi anche i gruppi con interessi indiretti vengono considerati stakeholder. Le caratteristiche (leadership. al crescere della complessità ambientale e tecnologica. 2. Per questa reciproca influenza. cioè portatore d’interesse. L’autorità da sola non è una condizione sufficiente per decidere. intuito) dell’imprenditore fanno si che egli arrivi a valutare e decidere in modo diverso da chi opera con i suoi stessi obiettivi in situazioni simili. Questi requisiti. L’ efficacia è tipica dell’ imprenditore che deve prendere le decisioni migliori. nello scambio. hanno più potere discrezionale nel prendere queste decisioni. managerialità è sviluppare queste decisioni e metterle in pratica razionalmente. e dato che talvolta questi gruppi hanno interessi convergenti o contrapposti. servono anche capacità di controllo delle operazioni. Schumpeter si basa sulle innovazioni come focus dell’imprenditorialità. quella imprenditoriale e quella manageriale. spirito d’iniziativa. Gli stakeholder possono essere divisi in primari e secondari: i primi incidono direttamente sulle scelte della gestione aziendale. che anche se con competenze diverse. - Controllo: coloro che controllano la coerenza tra esecuzione e decisione. Prima gli stakeholder erano solo i gruppi che avevano un interesse diretto nell’azienda. attraverso la combinazione delle risorse. . ORIENTARE LA MISSIONE DELL’IMPRESA ANCHE IN BASE A LORO. che deve farsi carico degli obiettivi da seguire e delle condizioni di sviluppo. i quali influenzano le politiche di gestione aziendale e ne sono a loro volta influenzati. che combinati fanno si che l’impresa abbia successo. i secondi incidono più sul clima sociale delle relazioni aziendali e quindi influenzano i comportamenti di lungo termine. quelli che decidono e quelli che le eseguono. diventano sempre più importanti per prendere le decisioni migliori e quindi il potere non sarà più legato allo status dell’organizzazione. caso tipico è dato dai gruppi ambientalisti. che firmano un contratto e vogliono vederlo rispettato. STABILIRE IL LORO PESO. Per cui imprenditorialità è l’attitudine a prendere decisioni anche rischiose per innovare i comportamenti dell’azienda. Uno decide l’altro deve saper mettere in pratica in modo razionale. ma proprio per l’ampliarsi dell’influenza aziendale sull’ambiente. Individuare vari tipi di stakeholder fa capire che a ognuno bisogna dare una risposta specifica in base all’interesse che ha. Si distinguono allora due funzioni di governo. per capirne le diverse caratteristiche. deve trovare il modo migliore per attuarle. questi gruppi diventano interlocutori dell’azienda e ognuno. Tutto questo esalta ancora di più il ruolo dell’imprenditore. Tale scambio è fatto per generare e distribuire valore tra i diversi processi di scambio. mentre l’ efficienza è tipica del manager. per cui è detto stakeholder. Secondo la teoria degli stakeholder l’ impresa si può definire come un’organizzazione economica. per esempio i lavoratori. In realtà questi organi non sono sempre divisi in maniera così netta nelle imprese. Nell’impresa vi sono due tipi di organi. capacità di previsione. valutano insieme le decisioni da prendere. disponibilità di informazioni e abilità professionale: queste caratteristiche dovrebbero essere peculiari per una buona governance. LA PLURALITA’ DEI SOGGETTI IN RELAZIONE CON L’IMPRESA: LA TEORIA DEGLI <<STAKEHOLDER>> L’ impresa entra quindi in contatto con molti gruppi sociali. amministrativi e di direzione. - Esecutivi: coloro che le eseguono hanno un margine di scelta ridotto. che. La gestione può essere nelle mani dell’imprenditore proprietario. ma ai requisiti soggettivi necessari. A questo si collegano i concetti di efficienza e efficacia. Questi organi sono costituiti dall’insieme di 3 organi : di proprietà (azionisti). . l’imprenditore e il management. Questo comporta che esisteranno degli stakeholder con una retribuzione fissata da contratto. DELL’INDIVIDUAZIONE E CLASSIFICAZIONE DEGLI Capire il comportamento di chi ho di fronte aiuta a definire in che modo comportarsi. L’IMPORTANZA. La teoria dell'agenzia riguarda dunque in generale qualsiasi relazione principale-agente in cui vi sia una delega di potere dall'uno all'altro. A seconda del tipo di stakeholder con cui ci si confronta si adotteranno: -Strategie di collaborazione con i →supportive. • COSTI DI OBBLIGAZIONE: che l'agente deve sostenere per assicurare il principale che non adotterà comportamenti opportunistici che lo possano danneggiare. . ma su un tipo di retribuzione variabile in base ai risultati dell'impresa e su altri tipi di incentivi (partecipazione azionaria. (teoria dell’agenzia) La relazione di agenzia è definita come "un contratto in base al quale una o più persone(principale) obbliga un'altra persona (agente) a ricoprire per suo conto una data mansione. Ma nel caso in cui la proprietà è gestita da un manager. Il ruolo centrale è sempre dell’imprenditore che oltre a rapportarsi con gli stakeholder. -Ricerca di collaborazione con i → non orientati -Di difesa con i →non supportive. . e altri che riceveranno solo ciò che resta del profitto dopo che questo è stato distribuito tra gli altri (azionisti).3. contrasto o minaccia verso l’impresa. dovuti al comportamento opportunistico delle parti. presenta alcuni rischi. ed eventualmente indennizzarlo. La teoria dell'agenzia suppone che i comportamenti opportunistici dell'agente non siano eliminabili. e può sfruttare queste asimmetrie informative tenendo comportamenti opportunistici.AZZARDO MORALE (opportunismo ex post): è costituito dal comportamento scorretto che l'agente mette in atto in presenza di asimmetrie informative in quanto esso è sicuramente a conoscenza di un maggior numero di informazioni rispetto al principale sul ruolo da svolgere. ha avuto tuttavia molta influenza sullo sviluppo di sistemi retributivi di manager basati non su una retribuzione fissa. In realtà sappiamo benissimo che questa parte non può essere residuale. che tendono a massimizzare la propria utilità (tale comportamento opportunistico non è eliminabile. perché ne andrebbe della quotazione dell’impresa.che implica una delega di potere all'agente". però. anche l’imprenditore diventa uno stakeholder. La proprietà ha un ruolo problematico nella teoria degli stakeholder perché esiste una proprietà investitrice. NEL <<STAKEHOLDER>> GOVERNO DELL’IMPRESA. Si crea una sorta di accordo tacito per cui ciò che viene distribuito non può essere residuale. • PARTE RESIDUA: che è rappresentata dalla differenza tra l'utilità derivante dal comportamento effettivo dell'agente e l'utilità derivante dal comportamento che avrebbe dovuto tenere l'agente. In particolare vi possono essere due tipi di opportunismo: -SELEZIONE AVVERSA (opportunismo ex ante): l'agente fornirà al principale informazioni erronee o incomplete sulle proprie capacità e competenze per farsi assumere. ma è sicuramente più proficuo. Il contratto di agenzia. può essere tuttavia limitato). L’impresa deve remunerare i suoi investitori attraverso i dividendi.questo genera dei costi detti "costi di agenzia": • COSTI DI SORVEGLIANZA ED INCENTIVAZIONE: necessari per orientare il comportamento dell'agente. ma deve essere massimizzato. stock option) volti a limitare i comportamenti opportunistici dei manager. Se ciò non accade l’impresa può decidere di licenziare il management o disinvestire. e che è praticamente impossibile che esso operi nell'interesse del principale. L’imprenditore cura il rapporto con gli stakeholder e quindi non è uno di loro. -Di monitoraggio con i →marginali Gestire un’impresa considerando anche gli interessi degli stakeholder è più difficile che gestirla solo in funzione delle finalità dell’imprenditore. deve mantenere un equilibrio generale che sia favorevole allo sviluppo aziendale. quindi gli stakeholder vengono divisi in 4 categorie a seconda del grado di collaborazione. Vi sono stakeholder: -AMICHEVOLI (supportive): da cui vi è un sostegno -AVVERSARI (non supportive): che generano difficoltà -NON ORIENTATI (mixed blessing): a seconda delle volte possono essere d’aiuto o d’ostacolo -MARGINALI: non hanno peso. Riguardo al rischio un’azione potrebbe essere intrapresa per ridurre il rischio di un’altra. Chi investe lo fa per ottenere qualcosa. Drucker individua 5 fattori e misura quanto sono stati raggiunti. il premio a fronte del rischio che corre nell’investire. Dal lato pratico però questa teoria è debole perché non spiega realmente cosa vuole ottenere l’imprenditore. Il profitto diventa così solo un mezzo per irrobustire la struttura e farla perdurare e si cerca di scegliere le attività meno rischiose per non mettere in pericolo l’azienda. inteso come vita dell’azienda e non vita dell’imprenditore. 3) Schumpeter vede il profitto come un premio che spetta a chi crea innovazione. 4) L’ ultima vede il profitto come il risultato per chi è riuscito a ottenere posizioni di monopolio rispetto ai concorrenti. anche se nelle diverse soluzioni cambia il tipo di profitto che si cerca di ottenere. il premio per l’innovazione che riesce a creare e come reddito legato alla posizione di monopolio raggiunta. cioè chi materialmente controlla l’azienda. ma questo soggetto può essere pubblico. Nel contesto. Da un punto di vista oggettivo è un’insieme di risorse. cioè è possibile vedere il profitto come un insieme composta da: compenso che spetta all’imprenditore. quindi deriva da condizioni esterne. i dirigenti e i lavoratori alla retribuzione e alla progressione di carriera. Il profitto come logica non può essere negato ed è indipendente dalla natura giuridica dell’azienda: essa può essere profit. tutti gli elementi puntano ad un incremento del valore globale creato dalla gestione e gli elementi di contrasto possono nascere nella successiva distribuzione del valore stesso. Per capire se le scelte non pregiudicano la continuazione dell’attività. . (il fine della redditività si collega a qualsiasi processo d’investimento). Le 4 teorie in realtà possono essere considerate complementari. per dare valore alla teoria bisogna aggiungere 2 variabili: tempo (time preference) e rischio (uncertainty conditions).Capitolo Quarto: LE MOTIVAZIONI DEI PARTECIPANTI ALL’IMPRESA E LE TEORIE SULLE FINALITA’ IMPRENDITORIALI 1. come nel caso dei manager. per massimizzare il profitto. da un punto di vista soggettivo è uno strumento nelle mani dell’imprenditore. I fattori sono: 1) POSIZIONE NEL MERCATO: rapporto forza-debolezza verso la concorrenza. ma chi gestisce l’azienda è più interessato alla sua sopravvivenza. ma opererà sempre per raggiungere un profitto.1 LA TEORIA DELLA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO Introduzione: teorie sul profitto. La teoria della sopravvivenza afferma che il fine del gruppo imprenditoriale è la sopravvivenza aziendale. privato. 3) RISORSE UMANE: professionalità del personale. diretto o delegato. i finanziatori ad intessere rapporti d’affari. inoltre la massimizzazione non dà una risposta alle esigenze di tutti i soggetti con cui l’azienda ha dei rapporti. la figura centrale è quella dell’imprenditore. I fini non sono dettati dall’azienda. no profit. UN BREVE RICHIAMO ALLE TEORIE CLASSICHE SULLE FINALITA’ IMPRENDITORIALI 3. poiché le finalità da lui perseguite non possono essere condizionate da quelle di altri soggetti esterni e interni 2. Le finalità in oggetto sono quelle del soggetto economico. A seconda del tipo di soggetto si osservano varie finalità. Il governo aziendale deve essere dunque indirizzato a valorizzare gli elementi cooperativi e a contenere quelli conflittuali. Che cosa massimizza davvero l’imprenditore? Massimizza il risultato della gestione nel lungo tempo. Per far ciò deve saper promuovere un processo di fusione tra obiettivi aziendali e individuali. l’imprenditore punta all’ottenimento del profitto. pubblica. Massimizzazione: il gruppo imprenditoriale fa le sue scelte in modo da cercare di ottenere sempre il maggior divario possibile tra costi e ricavi. LE FINALITA’ DEI COMPORTAMENTI IMPRENDITORIALI L’azienda è l’espressione della volontà imprenditoriale. PREMESSA SULLE MOTIVAZIONI DEI PARTECIPANTI ALL’IMPRESA Schematizzando. 3. 3. 1) Classica: vede il profitto come il compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione dei fattori produttivi. Contrapposizioni: l’ incertezza fa si che non si raggiunga mai davvero il massimo profitto. 2) Un’ altra afferma che il profitto è un premio sull’investimento che ripaga del rischio corso nell’investire. ma da coloro che la governano e che cercano di raggiungere determinati scopi. Per via di questo cambiamento chi è proprietario è interessato principalmente al profitto. privata. 2) INNOVAZIONE: capacità di adeguare le tecnologie e i prodotti.2 LA TEORIA DELLO SVILUPPO E DELLA SOPRAVVIVENZA AZIENDALE Gli economisti hanno criticato la massimizzazione per via dei cambiamenti nella proprietà e gestione dell’impresa. i fornitori a trarre vantaggio dalle relazioni commerciali. 3) l’impresa tratta un solo prodotto. La creazione del valore però non può restare isolata. ma la sua vita è contrassegnata anche dai conflitti che si creano con i gruppi esterni (fornitori. Se si abbassa il costo unitario si dovranno ridurre gli stipendi. . 3. diventa più forte rispetto alla concorrenza. Poste queste basi se l’imprenditore vuole aumentare i ricavi può cercare di influire su 2 variabili: prezzo e quantità di beni. Quindi cresce il profitto.ma porre le basi per ottenere risultati sempre migliori. I gruppi sociali con cui l’impresa ha dei rapporti sono: CONSUMATORI CONCORRENTI LAVORATORI FORNITORI DISTRIBUTORI STATO SOCI RICAVI COSTI PROFITTI Partiamo dal presupposto che l’imprenditore vuole massimizzare il profitto e per farlo può o aumentare i ricavi o ridurre i costi. Agire sui costi comporta dei problemi: le variabili su cui posso agire sono riduzione del costo unitario o uso meno risorse. perché questo valore deve essere trasferito sul mercato. in primis. La gestione dovrebbe preoccuparsi solo di far crescere il valore economico dell’impresa. cioè diffuso. clienti. e quindi è più facile che sopravviva. garantendo una redditività continua aumentando le retribuzioni della direzione.3 LA TEORIA DELLA <<CREAZIONE>> E <<DIFFUSIONE>> DEL VALORE Creare valore interessa tutti i partecipanti. 5) REDDITIVITA’: fonte per sviluppare l’attività. A questa teoria si collega l’idea di qualità totale. Il profitto serve solo a rinforzare lo sviluppo delle vendite nel lungo periodo. in teoria l’imprenditore può licenziare la causa del problema ma in realtà la tutela sindacale limita la forza dell’imprenditore. mi autofinanzio e posso fare più investimenti: questa è detta crescita sostenibile.concorrenza. perché ci sono meno vincoli. UNA PRIMA REVISIONE DELLE TEORIE CLASSICHE: LA TEORIA COMPORTAMENTISTICA O DEI <<LIMITI SOCIALI>> ALLA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO Ogni azienda è cooperativa perché composta da più gruppi. Quindi far leva sul prezzo è limitato dall’elasticità della domanda. Se aumenta il prezzo si scontra con i consumatori che quindi potrebbero rivolgersi a un concorrente o semplicemente non acquistare e in questo modo si ottiene una riduzione dei volumi di vendita. Se mi autofinanzio sono più indipendente dal capitale di terzi e quindi più autonomo. Per fare l’analisi si parte da questi punti: 1) il profitto non genera dividendi che vanno divisi. Importante è trovare la combinazione tra prezzo e quantità che massimizzi il volume d’affari.4 LA TEORIA MANAGERIALE DELLO SVILUPPO DIMENSIONALE Secondo questa teoria i manager sono più interessati all’ espansione dell’impresa perché espandendosi si irrobustisce. considera tutti i partecipanti ed è più facilmente misurabile economicamente. 4. non solo l’imprenditore e i manager. e la domanda è sempre la stessa. Se aumenta la quantità. i margini ai distributori. ecc) e i gruppi interni (dirigenti. sindacati. quindi il rapporto prodotto/mercato resta stabile. Questa diffusione implica una trasformazione. i prezzi pagati ai fornitori. 3. per cui il valore economico viene tradotto in valore di mercato. mentre nei conflitti interni. 2) l’imprenditore non promuove innovazioni sui prodotti. La contrapposizione d’interessi. e quindi il fatturato. vuol dire che andiamo a cercare di sottrarre quote alla concorrenza. La teoria della creazione e diffusione del valore è migliore di quella della massimizzazione perché. Lo scopo ultimo è non pregiudicare la continuazione dell’attività e produrre un reddito costante e stabile che permetta di evitare i rischi e autofinanziarsi. Ogni gruppo è portatore di interessi specifici.ecc). incide in termini di costi e ricavi sulla creazione di profitto. L’investitore sarà più portato a investire quando riuscirà a guadagnare abbastanza per autofinanziarsi. e i relativi vincoli sociali. Nei conflitti esterni è più facile che l’impresa sfrutti la sua forza per imporre le proprie condizioni. Piuttosto che far crescere il profitto si mira a far crescere il volume d’affari. attraverso il quale gli azionisti lo percepiranno e decideranno se acquistarne o meno le azioni. Questa visione è orientata al futuro perché non è importante produrre adesso profitti. per cui tutti i processi sono accuratamente controllati per ottenere un miglioramento crescente che trasmette una buona immagine aziendale.4) RISORSE FINANZIARIE: disponibilità dei mezzi da usare per finanziare l’investimento. lavoratori. proprio perché tagliarli non comporta alcun conflitto. 2) Per innovare si sosterranno dei costi di ricerca e sviluppo. I vari gruppi sono in opposizione all’abbassamento del costo unitario e questo sembra non permettere all’imprenditore di ottenere vantaggi economici durevoli e consistenti. che si ha la possibilità di ridurre senza difficoltà.gli interessi ai finanziatori. 3) Il profitto è una quantità minima che risente delle crisi perché le altre grandezze economiche sono rigide e mancano i processi d’innovazione. LA TEORIA DEL <<SUCCESSO SOCIALE>> ED I RAPPORTI CON L’ETICA D’IMPRESA Per analizzare questa teoria bisogna definire meglio il concetto di valore economico. potere di mercato e profitto sono dei mezzi per superare la concorrenza e raggiungere il prestigio. La scalata sociale dell’imprenditore si baserebbe dunque sulla combinazione di valori etici ed. trovando un equilibrio tra costi e ricavi.con la quale si afferma nella classe sociale e nei confronti dei concorrenti. Quanto detto porta a 3 conclusioni: 1) Se non si fa innovazione difficilmente si cambierà l’equilibrio costi-ricavi. a meno che si considerino i dipendenti che svolgeranno queste ricerche. Se si sostengono costi di ricerca e sviluppo e costi organizzativi si potranno trovare nuove applicazioni delle tecnologie e nuovi modi per gestire l’azienda. fare meno finanziamenti. a cui l’impresa serve come strumento per dimostrare capacità. ma dall’interesse personale alla mobilità del manager. anche l’imprenditore otterrebbe un successo sociale. acquistare meno risorse. Per il manager raggiungere le 3P potrebbe essere solo un modo per spostarsi in imprese più grandi e migliori. Questi costi sono quelli che vengono tagliati più spesso. Non si possono cambiare le aliquote perché sono statali e su di esse non vi è potere di scelta. Imprenditore meno visibile e integrato perché l’impresa non è il centro della sua attività: “teoria della massimizzazione del valore economico dell’impresa nel lungo periodo” 3. Si può uscire dal circolo vizioso facendo innovazione. l’unica via percorribile sembra quella di aumentare il volume di attività e per farlo l’impresa deve trovare delle occasioni per espandersi nel suo mercato o in altri e quindi deve innovare . Manager delegato: “teoria della mobilità”. A questi costi non corrisponde nessun gruppo sociale specifico. per cui l’aspetto economico diventa solo un mezzo per raggiungere obiettivi sociali e morali proprio. . Secondo la piramide dei bisogni di Maslow si soddisfano in ordine bisogni di sopravvivenza. In generale si possono distinguere 3 situazioni tipo nella moderna teoria delle finalità. l’impresa ha successo grazie a lui. La novità è la natura delle motivazioni imprenditoriali.quindi può muoversi in altre aziende e questo gli consente di affermarsi socialmente. a cui corrispondo diverse teorie: 1. prestigio e profitto (3P) e così attraverso il successo della sua azienda. In quest’ottica. sicurezza. Si può concludere che il reddito è il risultato degli accordi di cooperazione e dei conflitti che si generano tra impresa e gruppi sociali e quindi non è determinabile unicamente dall’imprenditore. Applicando la piramide all’imprenditore si vede che questi cerca il successo e questo gli deriva dalla sopravvivenza all’impresa. Imprenditore “visibile” e molto integrato nell’impresa: “teoria del successo sociale”. Davanti a costi più alti per le voci di spesa. affermazione e autorealizzazione. ma riducendoli significherebbe avere una redditività e produttività minore. Le finalità imprenditoriali sarebbero di raggiungere il mix potere. Migliorare l’azienda non deriva da un rapporto stretto connessa. Se si usano meno risorse vuol dire che si dovrà licenziare. Per capire cosa significa creare valore per un imprenditore bisognerà capire le motivazioni di fondo che lo spingono a investire e a fare impresa. socialità. 2. 5. fine ultimo dell’imprenditore. che invece normalmente sono i primi a essere tagliati. ma strategia significa soprattutto scegliere in quale ambiente entrare. Infine. cioè fare in modo che tutte le parti che servono a farla funzionare interagiscano come devono. con la conseguenza che si rischia di rimanere sempre più tagliati fuori.ATTESA = RIPETITIVO. A questi 3 atteggiamenti corrispondono 3 modelli gestionali. Anche il processo decisorio ha carattere sistematico perché le varie scelte si legano ad un sistema che deve rispondere alle finalità da raggiungere e che deve tenere presenti le interrelazioni tra i vari atti decisionali. sia a quello dell’imprenditore che sceglie di innovare. passivo. PREMESSA La vita dell’impresa si sviluppa seguendo un complesso di decisioni. 4.PARTE SECONDA I COMPORTAMENTI IMPRENDITORIALI E LA GESTIONE STRATEGICA Capitolo Quinto: LA GESTIONE STRATEGICA 1. economico. L’atteggiamento attivo dipende dalla qualità di chi dirige. culturale e socio-demografico. 3. La gestione è pertanto l’insieme delle decisioni che permettono all’azienda di funzionare e di raggiungere gli obiettivi dell’imprenditore. LA GESTIONE STRATEGICA E OPERATIVA Con la strategia si definisce il contesto nel quale opera l’azienda. il modello attesa probabilmente non ha una strategia di sviluppo e non innova nelle . bisogna decidere come usarle: TATTICHE. spesso in azienda si guarda al breve periodo e si ripetono gli stessi comportamenti piuttosto che innovare. -ANTICIPATORIO = DIFENSIVO. risposta anticipata ai cambiamenti. -ATTIVO = non si è vittima dell’ambiente. per cui devo muovere molte risorse: STRATEGICHE. LA STRATEGIA E LE POLITICHE DI GESTIONE Anche se la gestione ottimale dovrebbe essere fatta pensando al lungo periodo. dalla posizione dell’azienda nell’ambiente e dalle sue dimensioni. -ANTICIPATORIO: si cambia. A livello strategico. E’ chiaro che all’interno del sistema sussiste un ordine gerarchico che vede le scelte di lungo tempo guidare quelle di breve tempo e inoltre le scelte di organizzazione disciplinare quelle relative a parti specifiche e sempre più limitate di essa. fine fare le scelte che mi permettano di mettere in pratica le altre due: OPERATIVE. per capire dove collocare il prodotto. Il termine strategia si applica sia all’atteggiamento dell’imprenditore che segue una via già applicata. dove approvvigionarmi ecc. dato dal sistema politico-istituzionale. l’adattamento è in funzione di una variazione. I PROFILI DELLA GESTIONE AZIENDALE Gestire un’impresa significa governarla. -ATTIVO: ci si innova. In questo modo non si guarda più all’ambiente. cioè schemi di comportamento: . Resta sempre vero che la gestione strategica si occupa di fare scelte sugli obiettivi da seguire e l’impiego delle risorse. ma si ha una posizione di leadership nei suoi confronti. le decisioni da prendere sono diverse. Di fronte ai cambiamenti si possono osservare 3 atteggiamenti o orientamenti strategici: -ATTESA: ai aspetta che il mondo cambi e poi si adegua la gestione di conseguenza. Gestire significa quindi prendere delle decisioni. All’inizio si devono prendere quelle relative a un periodo di tempo lungo. sforzandosi di prevedere i cambiamenti. Poi scelte le risorse. 2. cercando di influenzare l’ambiente con la propria gestione. (di sviluppo o mantenimento di posizioni già acquisite. 3. poiché è raro che un’impresa sia del tutto libera da condizionamenti esterni nella formulazione dei suoi comportamenti di mercato. considerando come si evolve il rapporto tra impresa e ambiente. Gli organi di governo scelgono i campi in cui operare seguendo una certa strategia d’impresa. modificando le regole del gioco. a volte. La conoscenza nell’impresa è quindi il prodotto dell’interazione sociale tra individui e tra gli individui e i loro contesti. migliorano le probabilità di successo competitivo. Nonostante ci sia una certa gerarchia tra strategie complessive (corporate) e competitive saranno sempre le ultime a influenzare le prime. IL RAPPORTO TRA STRATEGIA COMPLESSIVA E STRATEGIA COMPETITIVA Le scelte strategiche aziendali sono sempre guidate dalla preventiva valutazione delle possibilità di successo sul mercato. I PARADIGMI TEORICI PER LA DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA COMPETITIVA La produzione delle innovazioni non è il risultato delle trasformazioni aziendali. Si riconoscono 3 strategie: 1. o d’impresa. . 3) R– C – P : PARADIGMA FONDATO SULLE RISORSE (Risorse – Condotta – Performance): sono le risorse specifiche possedute dalle imprese che sostengono le condotte suscettibili di generare cambiamenti settoriali che. I paradigmi sono: 1) S – C – P : PARADIGMA STRUTTURALISTA (Struttura – Condotta – Performance): la struttura del mercato incide sul comportamento delle imprese e questo. 2. mentre gli altri due hanno obiettivi di lunga durata e piani ben definiti. o d’area d’affari: obiettivi e politiche da adottare in base alla concorrenza. A questo proposito vi sono dei paradigmi affermatisi in dottrina sui quali si può sostenere che sulle scelte dell’impresa pesano sia fattori esogeni che endogeni e che il rapporto sia in ogni caso di interdipendenza. Capitolo Sesto: LE STRATEGIE COMPETITIVE 1. Strategia è quindi un comportamento dell’imprenditore di tempo lungo per raggiungere gli obiettivi primari della gestione. Anche se l’imprenditore può avere preferenze di ordine differenti. L’ANALISI DI SETTORE SECONDO LO SCHEMA DELLA <<CONCORENZA ALLARGATA>> La strategia deve essere fatta per ogni area strategica d’affari (ASA) in cui si è deciso di operare e l’obiettivo è sempre quello di ottenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti della stessa area. Valutare come confrontarsi con la concorrenza che si può trovare nelle aree d’affari scelte. Competitive. Il rapporto di interdipendenza è sempre vivo. 2. 3. sia per la posizione competitiva che l’azienda potrà assumere. Secondo Porter nella valutazione dell’attrattività di un’area d’affari vanno considerati 5 forze che interagiscono e determinano o meno l’attrattività. 4) K – C – P : PARADIGMA FONDATO SULLA CONOSCENZA (Conoscenza – Capacità – Performance): sono le conoscenze (prodotte dall’interazione sociale) che si accumulano nell’impresa a produrre capacità in grado di ispirare condotte suscettibili di generare successo competitivo.Funzionali: sono fatte in base alle strategie competitive che si vuole attuare. 2) C – S – P : PARADIGMA COMPORTAMENTISTA (Condotta – Struttura – Performance): è il comportamento dell’impresa che influenza la struttura del settore. l’impresa si può quindi definire sistema dinamico di risorse e capacità posto in essere per la creazione di conoscenza. Un’ASA viene scelta quando dà la possibilità di attuare una strategia vincente. In genere comunque la strategia è volta a migliorare sempre di più l’azienda. Va però detto che l’impresa transazionale (cioè che opera a livello mondiale) ha perso parte del suo potere sui mercati in cui opera. Le trasformazioni ambientali si determinano (anche) per effetto dei comportamenti innovativi promossi dalle imprese. influenza il risultato (performance) della gestione aziendale. ma è soprattutto l’effetto di ricerca e sfruttamento di nuove innovazioni da parte delle imprese. Il modello della concorrenza allargata di Porter dice che un mercato viene scelto sia per il profitto che si pensa di trarne. Complessive. Quest’ultima deve aiutare la formulazione delle politiche da porre alla base della strategia competitiva.politiche di gestione. L’analisi della struttura di mercato deve essere completa della conoscenza dei comportamenti della concorrenza e degli acquirenti. la scelta ultima sarà in ogni caso legata allo studio delle aree in cui competere e alla valutazione delle risorse possedute o acquisibili per potere concorrere con successo. per effetto dell’allargamento delle aree di mercato e del ruolo degli organismi sovranazionali nella determinazione delle regole competitive. 4. inflazione. quelle interne invece tutelano i produttori dalle azioni espansionistiche degli altri produttori nello stesso mercato. il gruppo di clienti a cui ci si rivolgerà e le tecnologie usate per produrre. Abell suggerisce di considerare 3 varianti: le funzioni d’uso del prodotto.Altra teoria per definire l’area strategica d’affari è definire il business. Per valutare dove inserirsi. .costo storico). di apprendimento (accumulo esperienza. all’uscita e interne.Gestione: economie di scala. . si potrà identificare un target interessato al mio prodotto e individuare una quota di mercato. di scopo (sinergie) e di relazioni (reti con altre imprese). Decidendo la funzione del prodotto. LE BARRIERE ALLA CONCORRENZA Le barriere alla concorrenza possono essere: all’entrata.Possesso di brevetti o know-how. cioè la porzione di mercato in cui l’impresa vuole operare. Le barriere esterne sono quelle che impediscono ai concorrenti di entrare in un mercato. Le barriere all’entrata sono legate a: . sia da un punto di vista sociale. questa esperienza. pubblicizzando il prodotto e rendendolo innovativo. e non dalla concorrenza. per cui le imprese non possono chiudere perché dovrebbero licenziare personale. li ha pagati meno rispetto ai nuovi concorrenti. e dal margine di profitto che vuole ottenere. Questo valore è dato dai costi sostenuti dall’impresa per realizzare il prodotto. Lo steso avviene per i fattori produttivi. perché i nuovi concorrenti non hanno maturato la stessa esperienza. Le imprese riescono a fare economie di scala facendo grandi volumi di acquisti (più compro più posso contrattare prezzi migliori). e ciò significa avere una gamma di prodotti sempre più ampia. sia in quello competitivo. sia al’esterno. sarà possibile per la concorrenza posizionarsi in una nicchia o meno. perché magari è difficile disinvestire. cioè creando delle reti di relazioni con altri produttori. sia fase tecnica. Il vantaggio del costo storico ha senso solo quando le tecnologie di produzione sono poco dinamiche. . Un più alto valore corrisponde a una maggiore efficienza nelle attività ed è basandosi su questo punto che è possibile capire quali sono le attività che influiscono maggiormente sul vantaggio competitivo. per cui chi ha comprato i macchinari prima. questo vantaggio è detto del costo storico e con questo il produttore più “vecchio” si ritroverà sempre in vantaggio rispetto al più recente. e questo diventa una barriera all’ingresso per gli altri più piccoli. Quindi più le risorse di un’impresa sono uniche e inimitabili. e per questo le economie si definiscono di relazioni.Fattori produttivi. per cui alcune barriere sembrano più alte per quell’impresa che ha meno risorse per poterle superare. distribuirlo e assistere la clientela. La concorrenza risente anche delle barriere interne o di mobilità. Bisogna aggiungere che le barriere all’entrata variano in base alle risorse dell’impresa. competenze e capacità. GESTIONE Economie di scala: i costi diminuiscono al crescere dei volumi prodotti. 5. Alle imprese è richiesta sempre più flessibilità. che non li possiedono. BARRIERE ALL’USCITA Oltre che in entrata è possibile trovare barriere all’uscita. sia dal pdv economico. produrre di più ma con meno operazioni e quindi fare economie di scopo: risparmio attraverso lo svolgimento in comune di più attività (sinergie). sia nell’ approvvigionamento. acquisita con il processo di apprendimento. i nuovi. più quell’impresa può creare delle barriere all’entrata. Questa teoria è detta resource based theory per cui l’analisi competitiva va fatta partendo da ciò che l’impresa possiede: risorse. C’è poi il discorso dell’ inflazione. Alcuni mercati hanno volumi molto alti di produzione. trovano molte difficoltà a entrare in quel mercato. progettarlo. Questo a sua volta può diventare una barriera all’entrata.Differenziazione dei prodotti. sottraendosi alla concorrenza reale (cioè chi è già presente nel mercato) e potenziale (chi potrebbe entrarci). fa economie anche sulla commercializzazione e sull’amministrazione (d’impresa). Queste relazioni di fiducia s’instaurano sia con fornitori sia con i clienti e questo migliora la posizione dell’impresa sia nell’ambiente transazionale. Mano a mano che un’impresa si trova in un mercato. cioè vincoli o regolamenti che rendono difficile uscire da un mercato. perché i nuovi potrebbero essere fermati dal fatto che poi è difficile uscirne. perché solo con questi riescono ad abbassare i costi.. IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE: LA CATENA DEL VALORE Secondo Porter ciò che viene prodotto dall’impresa crea un valore per il cliente. Queste sinergie avvengono sia all’interno dell’impresa. è un altro ostacolo all’ingresso. ma avendo anche un’organizzazione più estesa. valore cui corrisponde un prezzo ch’egli paga o è disposto a pagare. più si creano una nicchia nella quale è difficile entrare. La grande impresa fa economie di scala perché ha impianti di grandi dimensioni (d’impianto). e quindi per entravi (barriera all’ingresso) è necessario raggiungere almeno lo stesso volume. perché a seconda di quanto le imprese si muovono. Le barriere smettono di avere senso quando i produttori di altri mercati entrano in un mercato diverso dal loro sostituendo i prodotti di questo mercato con dei prodotti tipici del loro mercato di partenza. cioè la possibilità per le imprese di spostarsi all’interno dello stesso mercato o settore. . KNOW-HOW – BREVETTI E FATTORI PRODUTTIVI Finché i brevetti e il know-how sono di proprietà di pochi produttori. Questo significa che per sottrarre quote alla concorrenza si deve far percepire al consumatore la differenza rispetto agli altri. DIFFERENZIAZIONE Altra barriera è data dal fatto che più i produttori differenziano i loro prodotti. Solo le imprese più grandi e forti riescono a fare grandi volumi di acquisto e quindi ad abbassare i prezzi. impara a razionalizzare i suoi comportamenti. tipo la contabilità. che sono date dalla gestione delle risorse umane. lo sviluppo della tecnologia e le attività infrastrutturali. . come la logistica interna e esterna. che servono comunque a realizzare quelle primarie. i servizi al cliente. e attività di supporto.Ci sono attività primarie . il marketing. Ogni voce ha però le sue caratteristiche. Altro fattore importante nella strategia competitiva è dato dalle scelte di marketing sui tipi di prodotto da vendere. Per valutare l’impatto delle risorse sul valore finale di un prodotto o servizio. al contrario quando le risorse non sono di valore e di conseguenza non sono sfruttate dall’impresa. clientela e concorrenza. La resourse based theory indicava l’importanza fondamentale delle risorse per la vita dell’impresa. Un vantaggio competitivo durevole dipende anche. le campagne promozionali da attivare e i canali distributivi di cui servirsi. A seconda di come si combinano le risorse si può ottenere un vantaggio temporaneo. L’analisi considera i rapporti tra impresa. una parità o una situazione di svantaggio. Inimitabilità(delle risorse) e Organizzazione. non possedute dai concorrenti. inimitabili. . processi e via dicendo che sono a disposizione dell’impresa. risorse date dall’insieme di conoscenze. esclusive. esperienze. LA FORMULAZIONE DELLA STRATEGIA COMPETITIVA Il vantaggio competitivo può essere raggiunto o perché si abbattono i costi delle attività della catena del valore o perché ci si isola dalla concorrenza differenziandosi. Rarità. la VRIO analysis. durevole. più l’impresa consegue un vantaggio durevole. si ha una situazione di svantaggio. cioè come vengono sfruttate le risorse dall’azienda. routine. persone. Quelle che si nota è che più le risorse sono di valore. altrimenti il fatto di spendere meno non verrà apprezzato dagli acquirenti. il loro prezzo. questo diventa un fattore del vantaggio e si punta alla leadership di costo. e sfruttate dall’impresa. è possibile applicare lo schema di Barney. dalle risorse possedute dall’impresa. Nel caso in cui si abbattono i costi.6. composto da clienti e fornitori. ma resta il fatto che deve essere percepita come pari alle altre (concetto di parità). chiarendo il ruolo dell’impresa nei confronti del mercato. Il vantaggio può anche derivare dalla differenziazione del prodotto. per cui il proprio prodotto risulta rispetto ai concorrenti. in larga parte. cioè l’analisi di Valore. o è totalmente diverso da ciò che c’è sul mercato e allora si sta usando una focalizzazione o specializzazione di mercato. per se l’impresa è leader di costo in un mercato. cioè quelle competenze distintive. Altro punto importante è che in base alle diverse strategie è che si creeranno dei sottogruppi di concorrenti all’interno della stessa quota di mercato. rare.significa che non vi sono altri leader di costo. stazionaria o in declino) adotteranno comportamenti diversi. il mercato è detto del compratore . Questa situazione dovrebbe essere diffusa. ma la potenzialità di produzione e la capacità di assorbimento. Questa situazione è però rara. quella è la preoccupazione principale. quando si ha tanta domanda. per avere un quadro generale bisogna analizzare anche come e quanto si sviluppano domanda e offerta perché gli imprenditori. perché le aziende devono contenderselo. la domanda supera la capacità di produzione. Oltre a capire la struttura del mercato. a seconda del tipo di domanda che dovranno fronteggiare (dinamica. LE STRATEGIE COMPETITIVE E L’EQUILIBRIO FRA LA DOMANDA E L’OFFERTA: IL <<MERCATO DEL VENDITORE>> E IL <<MERCATO DEL COMPRATORE>> Per capire come funziona un mercato e come si comportano le imprese.7. sia in modo separato.perché da solo non riesce a rispondere alla domanda. Ha più forza chi controlla quote importanti della domanda o dell’offerta. sia in modo congiunto. non ci si preoccupa della vendibilità dei prodotti. per capire chi dei due ha più forza. È ovvio che a un diverso mercato corrisponde una diversa impresa. Quando invece si produce più di quello che viene richiesto. . In questo caso il produttore non corre il rischio che i prodotti avanzino e in più gode della concorrenza. Nel caso del mercato del venditore. ma se se ne ha poca. perché il progresso porta a produrre più di quanto realmente possa essere assorbito. Ciò che conta non è l’equilibrio tra i risultati della produzione. infatti un grande produttore o un grande acquirente possono dettare certe condizioni di mercato. cioè ci sono più richieste di prodotti di quanti sia possibile produrne. bisogna analizzare la domanda e l’offerta. che la scelta della strategia non dipende dal mercato esterno. è cioè un processo di evoluzione nel rapporto impresa-ambiente. o le competenze. (qualcosa che uso. perché ci sono dei limiti che si superano solo con il tempo. perché non è ancora possibile entrare in possesso di tutte le risorse utili. e diventa una capacità. e quindi periodi brevi di recupero. L’ arbitraggio è necessario a causa sia dell’ammontare di risorse disponibili (che. UNA TIPOLOGIA SEMPLIFICATA DELLE STRATEGIE COMPLESSIVE La strategia complessiva dipende dagli obiettivi che l’impresa ha deciso di raggiungere considerando l’ambiente. cioè un concetto statico) viene applicata a un uso. 2. che vanno considerati in fase di scelte strategiche.Maggiori volumi . La spinta all’espansione deriva dalla necessità di usare meglio l’insieme di risorse a disposizione. Le economie di scala riducono il rapporto costi-ricavi spalmando su più prodotti i costi. LE OPZIONI STRATEGICHE La gestione è data da un continuo sistema di arbitraggi e opzioni. -PERCORSO DEL RISANAMENTO: impresa con squilibri.Capitolo Settimo: LA STRATEGIA COMPLESSIVA (CORPORATE) E I PERCORSI DI SVILUPPO AZIENDALE 1. ma anche il costo della rinuncia al progetto incompatibile con quello all’esame).Economie di scala . Il processo di espansione è graduale. fornitori e tutti quelli che potrebbero portare vantaggio. a limiti tecnici. Si possono raggiungere mercati più lontani. È possibile prevedere delle strategie in base al rapporto tra l’andamento del mercato e le condizioni dell’azienda. I limiti sono più che altro fisici. cioè le conoscenze che ha accumulato nel corso della sua esistenza. più si diventa esperto nel farlo. che spesso porta l’azienda a dover modificare organizzazione e gestione. Se l’ impresa può essere vista come un insieme di risorse materiali e immateriali. concetto dinamico →dynamic capabilities). Ci sono quindi 3 possibili percorsi: -PERCORSO DI SVILUPPO DIMENSIONALE. La competenza è di una persona. -PERCORSO DEL RAFFORZAMENTO O ASSESTAMENTO: difesa delle posizioni occupate. ma non è detto che tenda anche alla crescita. É ovvio. cioè legati all’impianto. e le opzioni strategiche a disposizione (risorse). Quando ci si sviluppa ci sono sia dei vantaggi sia degli svantaggi. Un’azienda che invece va male dovrà pensare solo a restare in vita. ma solo le sane ci riescono davvero. Gli obiettivi dello sviluppo sono: miglior uso delle risorse e acquisizione di forza nei confronti di concorrenti. sempre più spesso. se investite in un progetto. questa esperienza fasi che la produzione sia sempre più efficiente e porta a ridurre i costi unitari del prodotto. e quindi periodi lunghi di recupero. quindi più clienti e fare economie di scala anche sulle vendite e le operazioni distributive. Un impianto deve sottostare a limiti organizzativi. come la fiducia. in questo caso. ma passa all’azienda quando si trasforma in una routine. L’arbitraggio di fondo dipende dall’orizzonte temporale scelto. non ne consentono la realizzazione di altri) sia dell’incompatibilità tra progetti (l’arbitraggio. Le risorse più importanti per l’azienda sono. ma dalle risorse interne. consumatori. In questo passaggio la competenza (la conoscenza. cioè l’abilità di combinare dei fattori in modo innovativo. perché i cicli di lavorazione sono solo nella fase iniziale. o liquidità.Prezzi più elevati Riduzione dei costi: . ci si sposta in un altro). dovrebbe essere attuato da tutte le imprese. nei confronti del territorio. cioè se si preferisce fare investimenti. mentre l’impresa è generalmente più elastica (va male in un posto. cioè l’immagine positiva che l’azienda si è creata nella comunità. infatti lo sviluppo consiste in un “tendere verso il meglio”. 3. essa deve essere valutata anche come un insieme di competenze che svolgono determinate funzioni. allora. cercando di capire i vantaggi e gli svantaggi di ognuna. distributori. La strategia è strettamente legata alle risorse e competenze specifiche dell’azienda.Economie di apprendimento INTERNI EFFETTI LIMITI SVANTAGGI Diseconomia di scala Rigidità organizzativa Perdita di controllo Visibilità di mercato ( per cui le azioni dell’azienda sono più incisive e possono generare controreazioni forti da parte dei concorrenti ESTERNI . Ecco perché l’impresa tende allo sviluppo. Prudenza nel gestire le risorse. Le opzioni riguardano l’uso delle risorse a disposizione. Un’azienda sana può permettersi di crescere anche se il mercato è in crisi. perché sfrutta le opportunità ancora rimaste e cerca nuovi campi d’affari. riguarda non solo la convenienza ad attuare il progetto in corso di valutazione. IL PROCESSO DI SVILUPPO DIMENSIONALE Il concetto di sviluppo (qualità) è diverso da quello di crescita (quantità). Questo percorso può essere inserito negli altri due. a limiti urbanistici. Altro vantaggio è la cosiddetta curva di apprendimento: più si aumentano le vendite. quelle immateriali intangibili . per cui si deve determinare quante usarne e per quanto tempo per un certo progetto. VANTAGGI Aumento dei ricavi: . a cui spesso segue una crescita dimensionale. 2. Esso può indirizzarsi “a monte” dello stadio occupato (integrazione verticale ascendente) o “a valle” (integrazione verticale discendente).AUMENTO DEL CONTROLLO SUI COSTI DI PRODUZIONE. La risposta a queste necessità si trova spesso nei concorrenti.AMPLIAMENTO GAMMA DI PRODUZIONI INTERMEDIE COMPRESE NELLO STESSO CICLO TECNICOECONOMICO SUBOBIETTIVI: 1. Nel primo caso (CONCENTRAZIONE) si aumenta il peso dell’attività già esercitata e si sfrutta la propria esperienza e capacità.RIDUZIONE COSTI DI TRANSAZIONE. il rischio invece è pressoché non modificato. LA STRATEGIA DI SVILUPPO MONOSETTORIALE Si rafforza la posizione già esistente dell’impresa in due direzioni: da una parte si cerca di posizionare meglio il prodotto finale (integrazione orizzontale.INNALZAMENTO DI BARRIERE . Quando ci si sviluppa orizzontalmente spesso si cerca di completare la gamma di prodotti offerti. per spingersi nel mercato.Integrazione a monte: continuità dei processi di approvvigionamento. LO SVILUPPO ORIZZONTALE Esso può avvenire attraverso un’ espansione interna. La crescita orizzontale richiede tempi più brevi di attuazione. oppure con un’ espansione esterna. Cosa serve per uno sviluppo orizzontale? Capacità di marketing .Risorse manageriali Potenzialità organizzativa Capacità finanziarie INTERNE Risorse aziendali sfruttate solo in modo parzieale Sviluppo della domanda Pressione della concorrenza CAUSE ESTERNE Occasioni favorevoli di business 4. hanno stesso know-how. 1. VANTAGGI: SVANTAGGI: 1 . Il vantaggio è dato dalle economie di dimensione. acquisendo imprese simili (che funzionano in maniera simile. soddisfare più tipi di clienti. che per questo vengono annessi. L’INTEGRAZIONE VERTICALE E LA TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE Lo sviluppo verticale avviene quando un’impresa assume il controllo di uno stadio di produzione o di distribuzione diverso ma immediatamente collegato a quello in cui già opera. 3. In generale la scelta fondamentale è tra uno sviluppo di: 1) Business che esiste già (CONCENTRAZIONE) 2) Diversificazione verso nuovi business (DIVERSIFICAZIONE).Integrazione a valle: controllo dei mercati di sbocco. MODALITA’ DI ATTUAZIONE: Più spesso esterna. rischi più facilmente valutabili dall’imprenditore. stessa tecnologia) e che operano nello stesso mercato. Le economie di scala sono un risultato dell’espansione aziendale. e finanziarie per recuperare le risorse necessarie all’espansione. I PERCORSI DI SVILUPPO: LA FORMULAZIONE DELLA STRATEGIA COMPLESSIVA Per analizzare le diverse strategie di espansione si analizza il rapporto prodotto/mercato.1. OBIETTIVI: 1. 2. ALL’USCITA. . sia le tecnologie produttive. 3.INNALZAMENTO DI BARRIERE ALL’ENTRATA.MAGGIORE FORZA CONTRATTUALE. entrare in aree geografiche dove ancora non si è presenti. (strategia monosettoriale) Nel secondo caso (DIVERSIFICAZIONE) si estende il portafoglio clienti e mercati. per cui vengono potenziati gli impianti o create nuove unità produttive. si amplia il volume d’affari alla fine del processo) e dall’altra si cerca di migliorare l’approvvigionamento delle risorse (integrazione verticale. e si valorizzano le relazioni tra le varie aree del business (diversificazione correlata) o si cerca di ridurre il rischio globale di gestione (diversificazione conglomerale). perché restano uguali sia il mercato. si agisce a monte o a valle dl processo). 5. o scala e dalle economie di espansione che è possibile attuare. 2. un miglior sfruttamento delle risorse disponibili.MINORI RISCHI: . (strategia internazionale) 5. La direzione dello sviluppo dipende da cosa vuole raggiungere l’azienda. (strategia polisettoriale) Altra possibilità è data dall’aumento dei mercati con cui si fanno affari. 5.AUMENTO DEL VALORE AGGIUNTO (Il valore aggiunto si calcola sottraendo dal valore del prodotto finito (ricavi) tutti i costi di acquisizione di beni e servizi). LE MODALITA’ DI REALIZZAZIONE DELLE STRATEGIE DI SVILUPPO: IL RUOLO DEGLI ACCORDI STRATEGICI TRA IMPRESE . Per quanto riguarda la strategia. e conglomerale quando non esiste nessun legame: .Organizzazione multinazionale: coordinamento della gestione a livello multinazionale. Laterale: avviene quando si inserisce nella produzione dei beni legati al proprio o dal punto di vista tecnologico o al proprio mercato di sbocco. dunque. tutti i costi necessari per progettare. se ne abbattono i costi (perché ci sono costi del lavoro più bassi). Va poi aggiunto che alla diversificazione della produzione segue la diversificazione del rischio su più mercati. ma è probabilmente l’elemento che fa si che l’internazionalizzazione avvenga. Rappresentano.Produzione indiretta: si fanno accordi con imprese straniere a cui vengono ceduti brevetti e know-how (cessione di licenze di fabbricazione). con centri di direzione e di ricerca. senza la quale sarebbe impossibile operare. Diversificazione = produzioni diverse Esportazione = paesi diversi Esportazione: quando si entra in un nuovo mercato estero si seguono alcune tappe. L’espansione internazionale può essere vista come la prosecuzione logica della diversificazione ma le differenze ci sono: la diversificazione porta a una diminuzione della specializzazione dell’attività di un’impresa.Nel tentativo di spiegare i fattori che inducono l’impresa a orientarsi verso l’internalizzazione (make) o l’esternalizzazione (buy) di determinate attività. i costi d’uso del mercato. nel senso che lo sforzo tecnologico e commerciale si estende su più prodotti. Se si desidera crescere in maniera equilibrata è necessario cercare di compensare i risultati con la diversificazione delle attività. ma diversi per marketing: faccio carta da imballaggio e carta da parati (diversificazione laterale).Prodotti simili per marketing. La definizione del “confine efficiente” dell’organizzazione. ma anche allo sforzo sostenuto dall’acquirente e dallo stesso venditore per ricercare le informazioni utili a perfezionare la contrattazione.Produzione e vendita diretta: si costruiscono in loco impianti che seguono tutta la produzione. ma diversi per tecnologia: faccio prodotti per la casa e prodotti alimentari (diversificazione laterale). . ossia delle attività da svolgere all’interno per ottenere il massimo livello di efficienza operativa. sia con la diversificazione posso ottenere profitti in grado di assicurarmi un buon sviluppo dimensionale. va detto che a seconda del tipo di diversificazione scelta. Il costo del bene scambiato è uguale non soltanto al prezzo pagato per il suo acquisto. dipende da due tipologie di valutazioni: ECONOMICITA’: si ottiene comparando i costi d’uso del mercato con quelli da sostenere all’interno dell’organizzazione di impresa (e svolgendo all’interno le attività che sarebbero più costose se delegate all’esterno). il quale non è solo un fattore da sfruttare. la dottrina economica ha sviluppato la teoria dei costi di transazione.Prodotti simili per profilo tecnologico e di marketing (sviluppo orizzontale integrato).Prodotti simili per tecnologia.3. Diagonale: si introduce nell’organizzazione delle produzioni ausiliarie (faccio conserve. 6. ci deve essere una buona disponibilità di capitali. 5. in cui si osservano due tipi di diversificazione: laterale quando c’è un collegamento tra la produzione vecchia e nuova. LA STRATEGIA DI ESPANSIONE INTERNAZIONALE Il vantaggio dell’espansione internazionale è che spesso delocalizzando la produzione. ALTRI TIPI DI INTEGRAZIONE Laterale e diagonale.Costituzione di un’impresa all’estero: costruito l’impianto. negoziare e tutelare un accordo di scambio. L’impresa che si sposta all’estero deve essere gestita da un management adeguato e di qualità. assorbo uno scatolificio). ma la direzione resta in patria. viene spostata anche la direzione e creata un’impresa all’estero autosufficiente. o solo alcune fasi di essa. e sia con l’esportazione. 6. 1. 8. per cui ad una diversificazione laterale corrisponderà la creazione di nuovi impianti e un’espansione interna. 5.ci sarà una strategia adeguata. I costi di transazione comprendono. mentre alla diversificazione conglomerale corrisponderà un’espansione esterna. 7. RISCHIOSITA’ DELLA TRANSAZIONE: Il controllo delle condizioni d’acquisizione di beni o servizi è maggiore nell’ipotesi di produzione interna rispetto a quelle di un rapporto contrattuale di scambio. Certo. 4. 3. .Vendita diretta: si fanno investimenti in loco per creare nuove reti di vendita. . che può attenuare un andamento più o meno favorevole.Prodotti senza alcune legame: faccio prodotti dolciari e materie plastiche (diversificazione conglomerale). 2. LA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA In base al rapporto tra attività di marketing e profilo tecnologico si distinguono 4 casi. oltre al management. quindi.Esportazione: i prodotti vengono fabbricati in patria e poi esportati. LA FUNZIONE ORGANIZZATIVA L’ Impresa è una struttura composta da persone e macchine e le sue parti (organi) devono essere organizzate per conseguire un fine comune. PARTE TERZA LA DIREZIONE DELL’IMPRESA Capitolo Ottavo: IL CICLO DI DIREZIONE DELL’IMPRESA E IL PROCESSO ORGANIZZATIVO 1. delle competenze tecnologiche e commerciali. soprattutto per disciplinare l’uso delle risorse disponibili. Solo avendo adeguate risorse specifiche si potrà assicurare una crescita equilibrata e durevole nel tempo. IL RUOLO DEL MANAGEMENT La gestione dell’impresa si svolgerà in conformità delle strategie complessiva e funzionali definite dal vertice imprenditoriale. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE La scelta di un particolare modello di crescita si collega o dovrebbe collegarsi all’opportunità di realizzare strategie competitive di successo. 9. Per far si che le scelte assunte possano tradursi in risultati è necessaria un’attività di direzione sia sul piano direzionale che sul piano operativo. Tra il momento strategico e quello dell’esecuzione s’interpone il processo direzionale. IL PROCESSO DI DIREZIONE AZIENDALE L’azienda diventa più grande. conduzione (dico come vanno fatte le cose e motivo a farle) e controllo (valutazione) della gestione. dei mezzi finanziari.Spesso la decisione di integrazione verticale o sviluppo orizzontale è solo una fase del processo di crescita. . 2. per cui un’azienda prima si rafforzerà nel suo mercato (sviluppo orizzontale) e poi penserà di andare a svilupparsi o verticalmente o con la diversificazione. oltre che a dare ordini e farli eseguire. La crescita interna avviene in fase di start up e intende rispondere a coprire interamente la domanda. Dal raggiungimento di obiettivi d’integrazione verticale alla diversificazione oltre alla logica interna e esterna di crescita troviamo ora la crescita interrelata di tipo interaziendale. organizzazione (decidere chi esegue le decisioni). che consiste in una serie di azioni strettamente legate tra loro. In che modo? Con un ciclo. programmare il ciclo operativo e controllarne gli esiti configura la responsabilità specifica di chi riveste cariche direzionali all’interno del sistema aziendale. A chi dirige compete. infatti. Questo tipo di crescita crea una sorta di effetto-leva nel senso che a parità d’impiego di risorse di altri tipi di crescita. detto ciclo di direzione. che sono programmazione (stabilisco obiettivi e modo in cui raggiungerli). di logistica. A questo ciclo di direzione corrisponde un ciclo informativo. In generale la crescita si divide in 2 passaggi: 1. Se il processo di formulazione dei comportamenti strategici segue un iter di programmazione che vede al centro la definizione della strategie complessiva vi sarà un collegamento stretto anche tra strategia complessiva e strategia funzionale. quella esterna punta invece a stringere più rapporti prodotto/mercato. di realizzazione dei prodotti da porre sul mercato. la responsabilità dell’efficienza nell’impiego del fattore umano. Questa fase si sostituisce allo sviluppo orizzontale e all’integrazione verticale. Organizzare le forze in campo. di ricerca tecnologica e di approvvigionamento finanziario saranno alla base del tipo di strategia competitiva prescelta nelle aree di affari in cui l’impresa risulterà operante o vorrà inserirsi. I processi operativi di commercializzazione dei prodotti. Dato che il ciclo termina con il controllo è proprio il passaggio d’informazioni dalla fase di controllo a quella nuova di programmazione che permette di ricominciare un nuovo ciclo. il rapporto con il mercato più difficile e la tecnologia si è diffusa anche nei processi di gestione. Dalla produzione unica alla produzione multipla. due aziende che si uniscono possono svilupparsi di più. per cui attraverso la collaborazione si riescono lo stesso a raggiungere gli obiettivi di aumento della quota di mercato e del valore aggiunto. perché per passare da una fase all’altra deve avvenire un passaggio d’informazioni. Questo fa si che la direzione aziendale deve preoccuparsi. 2. anche di partecipare attivamente alla formulazione di strategie e politiche di gestione. CICLO DIREZIONALE PROGRAMMAZIONE (atti di decisione) ORGANIZZAZIONE (atti di disposizione) CONDUZIONE (atti di guida) CONTROLLO (atti di valutazione) CORRISPONDE CICLO INFORMATIVO PER DIREZIONE INFORMAZIONI SULL’AMBIENTE DIRETTIVE PER L’ESECUZIONE RISULTATI DELL’ESECUZIONE DATI INTERNI DI CONTROLLO LA 3. Altro scopo è soddisfare le esigenze di coloro che lavorano nell’impresa. perché sono presenti in tutti i tipi di azienda simili. 2) Quanti soldi si hanno a disposizione per organizzarsi. Per prima cosa bisogna definire le funzioni di vertice. ma questo avviene solo se centralizzandole si ottengono maggiori benefici dalla loro specializzazione e un miglioramento generale per l’organizzazione. Per suddividere i compiti esistono 2 mezzi: . . perciò si stabilisce il vertice e si segmentano i processi di gestione. 2) Fissati gli obiettivi la prima scelta da fare è definire il confine efficiente. I compiti sono divisi in base alla loro natura e ogni area operativa ne svolge uno. Se le divisioni si staccassero. In una già esistente il vincolo è dato dal personale già presente. Lo studio dell’organizzazione può essere fatto dal punto di vista di un profilo strutturale. la struttura tende a modificarsi. Da questa struttura è possibile arrivare alla cosiddetta multifunzionale. materiali e immateriali dell’impresa: 2) Ristretto: immagina che questa funzione si occupi solo di ordinare il fattore umano.IMPOSSIBILITA’ DI AGGREGAZIONE CON ALTRI FATTORI. ma anche per dividere gli utile. ha bisogno di meno coordinamento. i compiti si dividono per segmenti di gestione modello funzionale: divisione per funzioni.Per divisione. quindi. Si avrà per esempio la direzione marketing e all’interno altre sottofunzioni. dei lavoratori. ottenendo più autonomia. impiegandoli nel modo giusto e migliorando così il rendimento globale. perché il loro compito è quello principale dell’impresa.Costi fissi di lavoro che influiscono sulla propria rigidità. più l’azienda deve adattarsi.Investimento che si possono sostenere. perché ognuna ha diritto di farlo.Organizzare vuol dire appunto ordinare un sistema in varie parti correlate e interdipendenti. l’imprenditore è la figura centrale. ognuna con un responsabile. LE SCELTE ORGANIZZATIVE Progettare significa: 1) Fissare degli obiettivi da raggiungere in base ai quali fare scelte diverse. Lo scopo della funzione organizzativa è raggiungere l’efficienza dividendo. con il rischio che configgano. dando a ognuno il suo compito. per cui l’ organizzazione verrà sempre più destrutturata piuttosto che strutturata. pagando meno tasse. cioè una struttura holding. . Questa struttura risulta poco propensa all’ innovazione.specializzando e organizzando le attività in un sistema. che hanno carattere di: . le divisioni e i poteri devono essere chiare a tutti. 5. 3) Che risorse umane offre il mercato e quante se ne possono assumere. 6. in cui alcune divisioni vengono staccate dalle altre diventando comuni. Esistono 2 concetti teorici che parlano di organizzazione: 1) Marshalliano: vede la funzione organizzativa come un’ azione ordinata di tutti i fattori produttivi. Altri vincoli da considerare sono: . cioè i rapporti interpersonali di equilibrio e conflitto a fronte del funzionamento. Quando le aziende diventano più dinamiche si passerà al modello divisionale. utile per governare attività molto differenziate. A seconda che si debba svolgere questo processo in un’azienda di nuova nascita o già esistente cambiano i vincoli a cui si è sottoposti. è tipica di aziende poco diversificate. LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE INNOVATIVE: L’ORGANIZZAZIONE PER PROCESSI A RETE Più l’ambiente diventa complesso. e alcune funzioni vengono esternalizzate. . La multi divisionale pone l’attenzione ai risultati più che ai compiti e porta addirittura le divisioni a competere tra loro.Per funzione. cioè analizzo compiti. diversificare i rischi e avere più possibilità di ottenere finanziamenti. divisione del lavoro fatta in aree funzionali e i rapporti interpersonali sono forti e non codificati. come un centro di profitto nelle mani di un responsabile. cioè la convenienza tra produrre all’interno o esternalizzare.UNIVERSALITA’. arriveremmo all’organizzazione di gruppo. Quando il numero dei lavoratori in azienda cresce. Facendo questo si attiva un processo sinergico per cui ogni elemento rende di più in rapporto agli altri di quanto non renderebbe da solo.scelti dalla strategia e responsabilità. Il nuovo tipo di organizzazione che emerge è quello . . o da quello di un profilo comportamentale.SUDDIVISIBILTA’. In questa struttura ogni divisione può essere percepita come un’azienda a sé e.Capacità professionali presenti sul mercato che si possono acquisire. . . come la divisione finanza o gestione del personale. 4. in cui ogni divisione si occupa di un prodotto e all’interno della divisione ci si divide poi per funzioni.ESSENZIALITA’. perché si possono dividere in linee generiche. I MODELLI DI STRUTTURA ORGANIZZATIVA Strutture molto piccole: forme di organizzazione molto semplici. cioè compiti complementari e interdipendenti rispetto a un fine. in una nuova il vincolo principale è la quantità di fondi a disposizione. Se si organizza una nuova impresa i fattori che devo considerare sono: 1) Che obiettivi si hanno e che strategia perseguire in un certo settore. perché bisogna coordinare più persone e le funzioni. poca formalità. i compiti si aggregano e si affidano a un solo responsabile. diventando così delle regole da seguire. . diagramma di flusso. più livelli gerarchici creo. LA DEFINIZIONE DELLE PROCEDURE DECISIONALI ED OPERATIVE Per far funzionare il sistema bisogna definire le routine organizzative. per esempio se i compiti da svolgere sono facili. 8. L’ampiezza del controllo consiste invece nel definire quanto può essere grande un gruppo sotto uno stesso leader. per costi troppo alti. Quella a matrice è solo l’ istituzionalizzazione di quella a progetto. perché in qualunque caso è uno strumento per aumentare la produttività e usare meglio le risorse a disposizione. che porta a instaurare collaborazioni con i fornitori e i clienti.Operative.Decisionali. i subordinati sono maturi ed è facile comunicare. Quando le operazioni diventano molto più complesse il flow chart non basta più e si descrivono analiticamente le procedure. Quella a progetto è simile a quella funzionale. . gli organi che sono interessati nella procedura e come s’integrano gli uni con gli altri. . al contrario viene ridotto. bisognerà trovare altri modi per differenziarsi e far si che il proprio modo di organizzarsi non diventi d’intralcio all’azienda. Questo è importante soprattutto quando la concorrenza diventa agguerrita e se non si riesce a combatterla sul fronte prezzi o pubblicità. allora si potrà ampliare il controllo. Per consentire velocità e creatività molte imprese usano le strutture corte o appiattite.Di controllo. Le strutture più flessibili sono quelle a progetto e a matrice. In quella a matrice ogni responsabile sottosta a un direttore di linea e a quello di prodotto nello stesso momento. queste possono essere di 4 tipi: . Importante in questa struttura sono i rapporti. non si creano unità organizzative. con flessibilità e efficienza.D’informazione. Regole che possono essere rappresentate in un “flow chart”. 7. in cui i canali di comunicazione tra direttori e esecutori sono più corti e “parlano” meglio. ma possa anzi essere un punto di vantaggio. ed è indipendente dalla dimensione. Altro tipo di organizzazione è quella a rete. . più decentralizzo i poteri.per processi. cioè le procedure da svolgere. con la differenza che i gruppi si creano temporaneamente per portare a termine un progetto e poi si sciolgono. in cui tutte le attività sono coordinate secondo obiettivi globali a cui tutte tendono. Le procedure dicono anche come ci si deve comportare per svolgere un certo compito o risolvere un dato problema. che fa vedere l’ iter dell’ operazione e mostra i vari step da portare a termine. Altro fattore importante è la suddivisione dei poteri. Ovviamente perché questo sia possibile occorre che le informazioni circolino in fretta all’interno della rete. cioè il modo in cui si decide di regolare alcune procedure. in questo modo si lavoro più velocemente. LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO E L’EFFICIENZA AZIENDALE L’efficienza dell’organizzazione è alla base dell’efficienza gestionale dell’azienda. Per fare ciò stabilisce un insieme di politiche che. Nell’impresa si elabora anche un budget di cassa per governare il flusso monetario di entrate e di uscite. Il budget economico o bilancio preventivo è un documento contabile che traduce. in modo da predeterminare il saldo finanziario dell’esercizio. nell’indicazione delle sequenza di decisioni e di operazioni da porre in essere per perseguire gli obiettivi stabiliti. Il processo di programmazione si deve tradurre in un sistema di piani distinto secondo: a) I contenuti (piani strategici e operativi) b) L’ambiente gestionale (piani globali. La programmazione deve essere concepita quale processo di predeterminazione degli obiettivi. b) La previsione degli obiettivi raggiungibili nell’ipotesi di una persecuzione delle tendenze di mercato e della ripetizione delle azioni di gestione attuate in passato. d) L’individuazione delle modalità di eliminazioni del divario. tenuto conto dei vincoli predetti. le politiche costituiscono le linee generali di azione. Costituiscono la struttura portante del processo di gestione. in termini di costi e ricavi. E’ definito come un conto profitti e perdite anticipato perché tende a predeterminare il risultato della futura gestione. Le politiche rappresentano l’elemento di traduzione di un sistema di vincoli in un sistema di obiettivi. le scelte e le operazioni stabilite nel piano. cioè delle nuove politiche necessarie per rendere . L’impresa è protesa a massimizzare i risultati di gestione entro i limiti posti dall’ambiente esterno e dalla struttura interna. LA FUNZIONE DI PROGRAMMAZIONE AZIENDALE La programmazione aziendale assume un ruolo centrale nel processo di direzione aziendale perché si propone di regolare. Al budget economico si collega un budget finanziario che considera gli usi e le fonti di capitale. medio. in quanto sia il piano operativo sia i singoli piani d’esercizio dovranno essere elaborati in funzione del perseguimento degli obiettivi di lungo termine. Si può avere una diversa impostazione della programmazione che si basa sull’analisi del divario e parte dalla fissazione degli obiettivi che l’azienda intende raggiungere. attività e risorse.Capitolo Nono: LA PROGRAMMAZIONE DELLA GESTIONE 1. I punti fondamentali sono: a) La fissazione degli obiettivi collegati con i traguardi di sviluppo stabiliti nel piano di lungo termine. Gli obiettivi rappresentano i traguardi cui dovrà tendere l’organizzazione. Il primo rappresenta l’elemento di riferimento di tutto il sistema. con esso si riescono a valorizzare economicamente le decisioni programmate e a valutare l’opportunità di attuarle o di modificarle prima di tradurle in operazioni di gestione. Il conseguimento di questi ultimi richiederà la formulazione di un piano di sviluppo strategico. Esso è costituito da 4 elementi: obiettivi. Il procedimento di sviluppa nel valutare i modi di eliminazione dell’eventuale divario rispetto agli obiettivi normalmente conseguibili nel mercato. IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEI PIANI AZIENDALI Un piano si sostanzia. le attività configurano i flussi di operazioni da attuare durante la gestione e le risorse disponibili si pongono quali opportunità-vincoli da rispettare nello svolgimento di tali operazioni. 2. sulla base dell’organizzazione creata. il corso futuro della gestione. politiche. c) La determinazione del divario tra obiettivi desiderati e obiettivi realizzabili in assenza di innovazioni nella gestione. breve e brevissimo termine) d) Il grado di analisi (piani-progetto e piani esecutivi) I piani fondamentali sono quello strategico e quello operativo. la predisposizione di un piano di investimento da compiere per realizzare la strategia prescelta ed infine la messa a punto di un piano organizzativo per definire le strutture più idonee a dare attuazione alla strategia di sviluppo. delle politiche e delle attività da compiere entro un determinato periodo di tempo. Inoltre permette di esercitare un valido controllo sugli obiettivi raggiunti all’interno dell’organizzazione. piani di aree di affari e piani di funzioni) c) L’orizzonte temporale (piani di lungo. consentano di ottenere gli obiettivi di periodo. che ineriscono alla struttura interna dell’organizzazione e all’ambiente socio-economico. che non può tenere sotto controllo. . Quello prospettico deve essere inquadrato quale mezzo per verificare la bontà delle scelte strategiche e organizzative i essere. legate alla previsione dell’andamento dei fenomeni interessanti la vita dell’impresa. La previsione dovrà perciò riguardare non solo il mercato. Fra i primi si possono richiamare i limiti posti dalla potenzialità produttiva. In via susseguente per mezzo della determinazione di valori e indici di efficienza aziendale. In via prospettica mediante il controllo strategico. premesse che possono o no trovare verificazioni nel corso della gestione. . Il controllo susseguente va inteso come valutazione dell’efficienza e dell’efficacia della gestione. progresso tecnologico. di cui conserva invece il controllo perché esse dipendono pressoché esclusivamente dal suo comportamento. Esso è necessario per garantire l’ordinato svolgimento dell’attività aziendale a qualsiasi livello e a qualsiasi posizione organizzativa. Ogni impresa opera entro un sistema di vincoli. Bisogna tenere presente che qualsiasi piano è sempre il risultato di una sommatoria di nuove iniziative e di attività correnti. 4. pressione della concorrenza.ma estendersi anche ai più ampi mutamenti che si riflettono sul tessuto sociale nel quale l’azienda stessa è inserita. Con questa impostazione l’azienda tende ad imporre i suoi obiettivi al mercato. Il processo di controllo può avvenire in 4 momenti:     In via antecedente rispetto all’azione (mediante i vari tipi di analisi di mercato). finanziaria ed economico-strutturale e fra i quelli connessi con il mercato. LA FUNZIONE DI CONTROLLO DIREZIONALE. potenzialità economico-strutturale) ed esterni alla gestione aziendale ( crescita della domanda. con il progresso tecnologico e con la regolamentazione pubblica. LE PREMESSE PREVISIONALI E LA FLESSIBILITÀ DEI PIANI I programmi sono definiti in un rapporto ad un insieme di premesse. . visto come forma di controllo delle future linnee di gestione.Premesse controllabili.compatibili le aspirazioni imprenditoriali con i previsti andamenti di mercato. Mentre la prima ha l’obiettivo fondamentale di modificare il sistema di vincoli entro cui opera l’impresa. La programmazione a breve consiste nel preordinare le operazioni di gestione secondo gli obiettivi fissati per l’esercizio annuale. regolamentazione pubblica).Premesse non controllabili. Capitolo Decimo: IL CONTROLLO DIREZIONALE 1. ma su cui si può influire in misura più o meno rilevanti. che l’azienda non può influenzare in nessun modo. potenzialità organizzativa. la seconda ha lo scopo di adattare l’attività corrente ai vincoli interni (potenzialità produttiva. Le premesse rappresentano degli assunti circa il futuro svolgimento dell’attività aziendale. Il controllo concomitante si lega alla programmazione poiché ha lo scopo di guidare a tutti i livelli dell’organizzazione l’attuazione dei piani formulati. I piani non possono assumere un carattere assolutamente vincolante per lo sviluppo della gestione ma devono poter essere tempestivamente modificati in funzione del variare degli assunti in base ai quali furono costruiti. cioè come strumento d’indirizzo per la formulazione delle decisioni future. Il controllo antecedente serve a valutare preventivamente la bontà di certe scelte e trova sostanza nello stesso processo di programmazione. potenzialità finanziaria. organizzativa. Gli obiettivi dei programmi rappresentano sempre il risultato di un compromesso tra le aspirazioni del gruppo imprenditoriale e le realtà da fronteggiare e che la caratteristica fondamentale del processo di programmazione è l’iteratività. sfruttando le opportunità di mutamento delle sue politiche di gestione. La funzione di controllo conclude il ciclo di direzione e contemporaneamente crea le premesse per l’avvio con la programmazione di un nuovo ciclo di attività. 3. Questo tipo di programmazione viene definito di adattamento perché la modificazione di certi vincoli comporta tempi non brevi e fa si che il patrimonio di risorse dell’impresa appaia quale vincolo di partenza per la realizzazione delle operazioni di gestioni. LA PROGRAMMAZIONE STRATEGICA ED OPERATIVA Nell’affrontare la programmazione aziendale il management può dunque privilegiare una visione di tempo lungo dell’attività di gestione e procedere a formulare i piani secondo un’ottica di non breve periodo oppure può orientare previsioni e programmi nel tempo breve. Dalla programmazione di lungo termine si differenzia in modo netto la programmazione di breve termine. Sono distinguibili in tre tipi: .Premesse semicontrollabili. In via concomitante allo svolgimento dell’azione (mediante l’analisi degli scostamenti tra le prestazioni realizzate e gli obiettivi fissati in sede di programmazione). La misurazione dei risultati via via ottenuti. Il controllo di gestione non è sufficiente per fornire alla direzione aziendale gli elementi di guida dell’organizzazione perché soffre di due limiti. ma anche una modificazione del controllo strategico da procedura interna attuata dalla stessa dirigenza aziendale a procedura esterna realizzata da organizzazioni di consulenza. Il controllo strategico si amplia e diviene un tipo di controllo eccezionale ed esterno. allo scopo di seguire lo sviluppo della gestione e di garantire il rispetto degli obiettivi fissati in sede di costruzione dei piani. in modo da orientare il sistema stesso verso condizioni di equilibrio superiori a quelle primigenie. così che restino . I suoi obiettivi peculiari sono: a) Congruenza esterna del comportamento strategico dell’azienda che discende dalla rispondenza del comportamento aziendale. 3. nell’impresa assume un rilievo a se stante il sistema di direzione ossia il meccanismo procedurale mediante il quale strategia e struttura si legano durante la vita dell’impresa. Nell’impresa il check-up assume un’importanza rilevante. L’assunzione di interventi di correzione per riportare i risultati in linea con il piano. I limiti nel controllo di gestione fanno convincere della necessità di un altro tipo di controllo strategico. La costruzione di conti economici mensili consente di sorvegliare costantemente gli esiti dell’attività aziendale e di valutare le difformità rispetto a quanto programmato. In questo senso esso comporta un vero e proprio check-up aziendale che si caratterizza per il maggior grado di approfondimento e per l’estensione all’intero sistema dell’indagine diagnostica. rimane valida l’organizzazione prescelta. per il suo carattere di verifica. mentre l’efficacia è misurata dal rapporto tra gli obiettivi ottenuti e quelli che si sarebbero dovuti conseguire. Un’analisi non corretta può orientare in modo sbagliato gli interventi di gestione.sia le scelte di fondo e le successive revisioni in materia di organizzazione. Ogni schema di controllo si compone di 4 elementi: - La fissazione di obiettivi o standard da raggiungere. bisogna anche valorizzare le capacità d’iniziativa delle persone. Deve consentire anche di valutare le potenzialità non sfruttate o sfruttate soltanto parzialmente. proiettato nel medio-lungo periodo. L’ORGANIZZAZIONE DELLA FUNZIONE DIREZIONALE DI CONTROLLO Il controllo è legato alla programmazione per 2 motivi : controllare se i piani formulati sono rispettati e orientare le scelte future di programmazione. individuare le cause degli stessi e intervenire rapidamente con le opportune misure di gestione. ma oltre a cercare di evitare questa situazione. programmazione e controllo della gestione condizionerà sia la formulazione e l’aggiornamento delle strategie. Per ogni attività da compiere si stabiliscono degli obiettivi. IL CONTROLLO CONCOMITANTE E SUSSEGUENTE. L’analisi casuale è momento di grande importanza perché deve fornire elementi preziosi sulla genesi delle deviazioni. Il controllo concomitante trova la sua sintesi ideale nel raffronto tra i risultati economici di gestione raggiunti e quelli presi a base del budget aziendali. all’evoluzione dell’ambiente in cui l’impresa già opera e intenderà operare in futuro. che prescinde dall’emergere di particolari fatti patologici. 4. L’attuazione di una gestione programmata consente l’esplicazione di una funzione concomitante di controllo operativo. L’efficacia delle procedure di organizzazione. L’attuazione della programmazione e del controllo operativo consente di realizzare il tipo più moderno di conduzione dell’attività aziendale: la direzione per obiettivi e il controllo per risultati. Gli obiettivi possono essere desunti dalla programmazione formulata o essere fissati in fase di attuazione di specifiche politiche o azioni operative. Questo richiede che sia il budget economico che quello finanziario siano articolati per periodi infrannuali in modo da poter determinare gli scostamenti di maggiore rilievo. tendono a riportare l’attività in linea con la programmazione. Primo problema: nell’impresa moderna ogni scostamento dai piani significa non sfruttare appieno le risorse. c) Efficienza del sistema e dei responsabili di direzione. L’inserimento di questo obiettivo richiede non solo un ampliamento delle analisi da condurre. definito come la procedura attuata. L’efficienza è misurata dal rapporto tra i risultati conseguiti e le risorse impegnate. durante lo svolgimento delle operazioni aziendali. IL CONTROLLO STRATEGICO O PROSPETTICO. In ogni azienda è buona norma stabilire un sistema di reporting in grado di far giungere con regolarità i dati sui risultati di gestione ai dirigenti interessati. i secondi hanno invece per scopo il riadeguamento di quest’ultima alle mutate condizioni interne ed esterne di svolgimento della gestione. il primo è connesso con il rapporto di interdipendenza nei confronti del sistema di programmazione adottato nell’impresa. Solo con un buon controllo si può iniziare a usare forme più avanzate di governo aziendale. b) Congruenza organizzativa tra strategia e struttura dell’azienda in quanto intende verificare se in rapporto alla strategia in essere e alle sue eventuali modificazioni. Il controllo operativo deve assicurare il mantenimento dell’equilibrio tra obiettivi e risorse impiegate nell’attività di gestione. La funzione di controllo della gestione si completa con l’attuazione delle valutazione di efficienza sulla gestione aziendale. L’analisi delle cause di eventuali scostamenti. il secondo è rappresentato dalla difficoltà di ampliare le analisi sul piano dell’intera struttura organizzativa aziendale. Queste rappresentano dei controlli a posteriori del rendimento dei vari fattori impegnati nella combinazione produttiva. Il controllo porta ad individuare certe aree specifiche di scarsa efficienza. proprio a cagione delle possibilità del sistema aziendale di regolare e programmare il suo sviluppo. Gli interventi di correzione possono avere per oggetto il livello delle prestazioni ottenibili prefissati.2. ma non si spinge a valutare la rispondenza del modello base dell’organizzazione o il corretto impiego degli uomini che in questa organizzazione si trovano ad operare. L’ abilità di chi dirige sta nel raggiungere certi risultati operativi. e durante la fase operativa. così da evitare sprechi di risorse. L’efficacia del controllo si basa sulle fasi che lo precedono nel senso che. Nella direzione per obiettivi e in quella del controllo dei risultati il controllare e il controllato vengono così a coincidere. a volte contrapposti: l’imprenditore vuole ottenere il massimo rendimento rispetto ai costi che sostiene (salari e stipendi). Ultimo problema è l’uso di tecniche e strumenti adeguati alle esigenze dell’azienda. Capitolo Undicesimo: LA CONDUZIONE DEL PERSONALE E LA <<LEADERSHIP>> 1. mentre la programmazione prevede che ci sia stata prima un organizzazione e poi un controllo. dirigere invece vuol dire far sì che altri realizzino. Non sempre le tecniche e gli strumenti migliori rispondono in maniera adeguata alle necessità dell’azienda. e motivare le persone già presenti. regolato più da enti nazionali e esterni che da imprenditore e lavoratore. cioè relativi solo agli aspetti più importanti della gestione per identificare in fretta inefficienze e problemi. Il conflitto avviene nel momento della stipula del contratto. ma ancora non ne fa parte. cioè quando s’inizia a lavorare insieme. I controlli dovrebbero essere funzionali. il controllo prevede che prima ci sia stata un’organizzazione e una programmazione. e il lavoratore vuole ottenere il massimo dal suo lavoro (reddito da lavoro). Secondo problema: eccesso di controlli. È ovvio che tra imprenditore e lavoratori ci sono interessi diversi. Condurre significa ottenere il massimo del rendimento. essendo un ciclo. Per questo una soluzione positiva è lasciare ai responsabili di gestione un po’ più di autonomia e potere nelle decisioni da prendere. magari perché danno più di quello che serve. LA CONDUZIONE DEL FATTORE UMANO ED I PROBLEMI DELLA MOTIVAZIONE Saper gestire il personale è molto importante per chi dirige l’impresa.sempre motivate e rendano. Bisogna capire chi serve davvero all’azienda. che in questo modo diventano costosi e fanno perdere tempo. ma soprattutto nell’ . o corte. in cui è il lavoratore stesso che si autocontrolla.Dal sistema dei valori di chi dirige. La scelta tra l’uno e l’altro è data: . I bisogni sono in ordine d’importanza. e a produrre e quindi ad assicurare la produzione richiesta. 5) Bisogni di autorealizzazione: ottenere il meglio da sé stessi. Dai bisogni si può capire come variare il comportamento di una persona. che una volta appagati. mentre via via che si scende nella piramide. a una direzione partecipativa. Da questi fattori scaturisce una matrice: PERFORMANCE INDIVIDUALE PERFORMANCE DI GRUPPO BREVE PERIODO AUMENTI SALARIALI GRATIFICHE LUNGO PERIODO PIANO DI INCENTIVI STOCK OPTION La stock option consiste nella possibilità di fissare un prezzo per l’acquisto futuro di un’azione dell’azienda per cui si lavora. 4) Bisogni di stima: reputazione. 2) Il soddisfacimento di uno o dell’altro varia in base alla persona. A seconda di come viene considerata la persona adotterò uno stile direzionale adeguato. Lo stile di direzione è sempre il risultato dell’interazione di questi 3 fattori. è alla base della motivazione. . che si possono classificare attraverso la piramide dei bisogni di Maslow: 1) Bisogni primari di sussistenza: cibo. che se non soddisfatti. quindi ci sarà il passaggio da una direzione autoritaria. come accade in strutture snelle. che avvicinano i luoghi delle decisioni e favoriscono la comunicazione. 3) Bisogni di socialità: affetto.Dalle capacità dei subordinati. e bisogni insoddisfattivi .Dalle caratteristiche della situazione in cui si esercita la direzione.instaurare un clima favorevole al raggiungimento degli stessi. d’identificazione. si preferirà avere stimoli psicologici . gerarchia dei ruoli definita. cioè gratificazioni morali. In un’azienda si vede che i primi devono essere soddisfatti attraverso stimoli economici. Per fare questa scelta bisogna però capire qual è la parte di rendimento che è influenzata da questi comportamenti. se breve o lungo. basata sul consenso. così come in strutture che prevedono gruppi di lavoro integrati (a progetto). con forte controllo. e in base al periodo. per cui si lega una parte dello stipendio al raggiungimento di specifici risultati. . . Perciò si è pensato di distinguere l’incentivazione in base al tipo di performance. In questo modo anche i lavoratori sono collegati al rischio d’impresa. 2) Bisogni di sicurezza: avere un posto di lavoro. individuando quei bisogni che sono tipici dei lavoratori: bisogni soddisfattivi. 3) E’ possibile che attraverso le scelte di una persona si soddisfino contemporaneamente più bisogni. avere protezione. conducono all’azione. c’è meno gerarchia e si cerca di creare motivazione. e quindi a far parte dell’organizzazione. Motivazione che può essere di due tipi: a partecipare . portano alla frustrazione e quindi all’inazione. Il lavoratore renderà di più se i suoi obiettivi coincidono con quelli aziendali. 2. Herzberg costruisce un modello teorico adatto all’impresa. Ci sono però alcune critiche che vanno fatte: 1) Non è detto che per passare al bisogno successivo si debba soddisfare al 100% quello precedente. La motivazione a partecipare è influenzata anche dal tipo di struttura aziendale. casa. Oggi un metodo molto usato per incentivare le persone è dato dalla partecipazione economica ai risultati d’impresa. GLI <<STILI>> DI DIREZIONE Lo stile di direzione è il modello di governo dei rapporti di lavoro nell’organizzazione. se individuale o di gruppo. vestiti. e questo principio. Questo stile passa dall’essere autoritario a collaborativo. Il leader deve avere autorevolezza e creare motivazione.Stile autoritario: le decisioni sono nelle mani di uno o di pochi e si attuano attraverso il comando ed il controllo. ma cose da pensare. si deve agire anche sulle mansioni. Inoltre il solo rapporto gerarchico non è più pensabile in un’impresa che fonda il suo successo sul soddisfacimento degli interessi di tutti gli stakeholder che ne fanno parte. Secondo alcuni. coincide con quanto l’azienda è disposta a ottenere. o almeno coinvolgendo i subordinati. è più attenta ai problemi del lavoro e a smorzare i conflitti. così che i subalterni modifichino il loro comportamento in base a quello del leader. IL SISTEMA INFORMATIVO NELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE . ma lancia sfide. job rotation. La direzione partecipativa. diventando così un leader. Una volta definite le mansioni sarà possibile ampliarle. che trasmette conoscenze. Il “capo” non è più colui che ordina ma colui che coordina e guida. essere d’esempio. conoscere e saper fare. Per fare questo occorrono dirigenti capaci che sappiano conciliare le necessità dell’impresa. far capire e interiorizzare i valori dell’azienda. che desiderano crescere professionalmente ed essere valorizzati. Capitolo Dodicesimo: IL SISTEMA INFORMATIVO AZIENDALE E I PROCESSI DI <<KNOWLEDGE MANAGEMENT>> 1. cioè l’estensione della mansione a una mansione con più responsabilità. Attraverso la job analysis è possibile Identificare le caratteristiche specifiche di ogni mansione. 2) L’uomo accetta il lavoro come un fatto naturale della propria vita e accetta delle responsabilità se queste gli permettono di soddisfare ulteriori bisogni. quest’ultimo rientra nella teoria partecipativa di cui si parlava. quanto più riuscirà a realizzare velocemente le scelte e mantenere coeso il gruppo. Questo legame diventa produttivo quando ciò che il lavoratore è disposta a dare all’azienda. sembra essere la più adatta alle nuove esigenze di gestione del personale. quindi l’unico modo per farlo lavorare è il controllo e la minaccia. perché se restano solo teorici hanno un effetto negativo sulla motivazione e sulla presa di responsabilità. l’uomo non solo va motivato. 3. perché non ci sono cose da costruire. più la leadership partecipa in modo essenziale. i quali si autocontrollano e si assumono responsabilità precise. per cui sarà tanto più abile. Il leader deve essere in grado di creare spirito di gruppo. (job analysis). esistono 2 teorie alla base di ciascuno di questi concetti: 1) Si parte dall’idea che l’uomo detesta il lavoro e quindi lo fa ma non vuole prendere responsabilità in merito. voglia di competere e tensione ai risultati. job enlargement. In questo secondo caso. per cui il lavoratore viene coinvolto anche nella fase decisionale e non solo in quella operativa. Stile partecipativo: le decisioni vengono prese in modo comune. per cui se in un gruppo si affermano dei valori condivisi verso gli obiettivi aziendali. tenendo sempre un occhio all’operatività. Questo concetto è quello che sta alla base del principio del clan. quindi ciò che si deve fare. con quelle degli uomini impiegati. infine job enrichment. ma è va valorizzato e coinvolto. non è più necessario un rapporto gerarchico. così da mantenere sempre al top la performance dei lavoratori. LA MOTIVAZIONE DEL PERSONALE MEDIANTE L’ANALISI E L’ARRICCHIMENTO DELLE MANSIONI La motivazione diventa sempre più centrale e si pone al centro del contratto psicologico. Affinché lo stile partecipativo abbia successo occorre che il leader sia riconosciuto e seguito. per cui il lavoratore lavora a più mansioni e in questo modo evita la monotonia e acquisisce competenze nuove. Il rapporto è gerarchico: chi sta sopra comanda ed eventualmente punisce chi sta sotto. cioè il legame tra il lavoratore e l’azienda. Per far sì che i due obiettivi coincidano. Altro punto importante è la coerenza tra sistema premiante e premi effettivi. analizzandole e valutandole. sopravvivere nel tempo. Il leader quindi non chiede solo di risolvere dei problemi. anche perché più il lavoro diventa un lavoro di cervello. attraverso la possibilità di rotazione. Questo fa capire che il SID è utile a tutti i livelli in cui vengono prese decisioni dà informazioni sia su richiesta dell’utente. pull. la base usa il sistema operativo. o altre applicazioni del web. perché le raccoglie. per cui si decide. che gli permettano di avere un quadro generale. detti Erp (enterpriseresuorce planing) . Prima i dati venivano raccolti e elaborati solo da alcuni reparti specializzati. 4) PERSONE: il sistema informativo è trasversale a tutta l’impresa e coinvolge tutti gli utenti del sistema informativo. permettendo di velocizzare. per capire se sono accessibili. perché produce informazioni. coordinarle. l’altro d’ informazioni più dettagliate e analitiche. Fondamentale è poi capire i tempi in cui questa informazione è necessaria per realizzare un sistema informativo appropriato. Questo processo può essere favorito dai sistemi di business intelligence che aiutano il management a ricercare le informazioni utili per capire cosa influisce sui fenomeni aziendali. uno avrà bisogno di informazioni di sintesi.I macro obiettivi che il SID deve conseguire. sistema informativo direzionale. di qualità. Per realizzare un processo. 2. dove possono poi essere trattati usando software e applicazioni. sia non richieste. Questa fase è caratterizzata anche dalla possibilità di produrre informazioni diverse a seconda dell’utente che le richiede.I. Quelli interni si ottengono con dei sistemi operativi integrati. electronic data processing. SISTEMA INFORMATIVO DIREZIONALE E BUSINESS INTELLIGENCE Il sistema informativo aziendale può essere diviso in S. le fonti. sia in modo attivo. del sistema competitivo per costruire una buona base di dati. Le informazioni che interessano si ottengono elaborando i dati. gli EPD. sia passivo. e esaustive per il mio interesse. Per valutare questo aspetto si cerca di capire le specificità del processo di decisione e il comportamento degli utenti nel loro ambiente di lavoro. e in sistema operativo. Per fare questo si dovrà capire da dove si prendono i dati. ondemand.I. bisogna identificare le fonti da cui prendere i dati e definire chi e come dovrà occuparsi di questa raccolta. 3) MEZZI TECNICI: l’uso di tecnologie informatiche ha dato un forte contributo alla creazione dei sistemi informativi. prendere decisioni. Per prima cosa si deve quindi capire chi prende le decisioni e di che informazioni ha bisogno per decidere. Alla base del SID ci sono sistemi che contengono dati elementari. del caricamento e dell’elaborazione. sistemi alimentanti. si passa al controllo e da qui a una nuova fase di processo decisionale. dalla fase di esecuzione. . push.D.Le diverse soluzioni organizzative. CRM. documentarle e valutarne le performance. Il SID permette di produrre informazioni da le conoscenze necessarie a supportare le attività di management di qualunque livello.D elabora informazioni che servono al processo decisionale e a fissare gli obiettivi. I dati interni all’azienda devono essere integrati con dati esterni. si comunica la decisione. 3. interni o esterni. la si attua. I due sistemi interdipendenti dato che il S. o sistemi dedicati alla gestione della relazione con il cliente. per specifiche esigenze. Questi dati elementari entrano nel Data warehouse .Le informazioni sono fondamentali per far funzionare correttamente un’azienda: per pianificare le attività. razionalizzare e automatizzare le varie attività.I. Il sistemo operativo identifica una serie di sottosistemi eterogenei. Quindi il SID sta sopra gli altri sistemi operativi e da loro riceve periodicamente dei dati. I dati sono l’ input per produrre le informazioni. Il sistema informativo direzionale elabora le info che sostengono il management aziendale nell’assunzione di decisone complesse.I vincoli interni e esterni che devo rispettare (di legge. . cioè offerte con frequenza predeterminata. . Fatto questo si deve definire come si struttura il data warehouse. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DI UN SISTEMA INFORMATIVO Un sistema informativo è composto da 4 elementi: 1) DATI: i dati sono la materia prima . personale ecc). aggregate. una specie di magazzino di dati di interesse direzionale. SISTEMA DIREZIONALE E OPERATIVO Il vertice aziendale ha bisogno di informazioni diverse da quelle che servono alla base. ritrasmettendo i dati. oggi invece tutti sono coinvolti nel processo 4. LA PROGETTAZIONE DEL SISTEMA INFORMATIVO: OBIETTIVI E CRITICITA’ Per progettare il sistema informativo direzionale bisogna individuare: . 5..D. di produzione di marketing ecc. Il vertice sfrutta il S. cioè la rappresentazione di un fenomeno e prendono forma in una informazione. a cui è associato un significato utile per il soggetto. 2) PROCEDURE: le procedure sono l’insieme di norme da seguire per ottenere. Bisogna quindi evitare di accettare qualunque richiesta senza considerare i vincoli di costo. che forniscono supporto informativo per programmare lo svolgimento delle attività esecutive e per il loro controllo operativo. elaborare e diffondere i dati. cioè il tempo che impiegherà per cambiare il proprio lavoro in base al nuovo sistema e per appropriarsi delle sue potenzialità. così. I sistemi informativi tendono a recuperare tutte queste conoscenze. Per ovviare a questo problema. A volte poi il possesso di una conoscenza è considerato sinonimo di potere. e a farle parlare tra loro. Molti investono in KM secondo linee di sviluppo: . Le risorse immateriali diventano sempre più importanti per ottenere un vantaggio competitivo e quindi diventa fondamentale riuscire a far circolare le conoscenze che sono racchiuse nei singoli lavoratori e all’interno dell’impresa.Creando corporate knowledge base. ma anche quello presente nella mente di ciascun lavoratore. come somma di esperienze e competenze (conoscenza tacita). . La conoscenza deriva dal mix di conoscenze esplicita. e permettendo anche di comunicare.Il potenziale di setup dell’utente. pensa. così che dal confronto si generi altra conoscenza. L’ostacolo maggiore allo sviluppo del KM è di tipo culturale. È vero che l’impresa apprende (cioè modifica. aumenta le sue conoscenze) solo se gli individui apprendono a loro volta (learning orgnisation). cioè insieme di archivi che memorizzano documenti di ogni tipo. La conoscenza invece deriva dall’ integrazione tra diverse informazioni. groupware. non solo quello contenuto nei database. key users. lo usano e lo consigliano. PARTE QUARTA . .Realizzando knowledge map che fanno un censimento di chi sa cosa e lo mettono a disposizione.Le persone dovranno poi essere motivate a usare questo strumento. I processi aziendali potrebbero infatti migliorare se si riuscisse a capitalizzare la conoscenza che producono. capendone l’utilità e quindi è importante capire: . . mette a frutto le esperienze e ne rielabora il senso. Dall’informazione alla conoscenza L’ informazione deriva dall’ interpretazioni dei dati in base a ciò che interessa a un soggetto. gestendo correttamente la conoscenza. e conoscenza tacita. volta al knowledge sharing.Che interventi fare per coinvolgere gli utenti chiave. è inutile investire in tecnologia se nell’organizzazione non se ne promuove l’uso attraverso una cultura partecipativa. knowledge management. che risiede nella mente delle persone. Quest’ultimo tipo di conoscenza è quello più difficile da raggiungere e da far emergere. rischiando che altri li ricommettano. ottengono un prodotto adatto a loro. che può essere codificata.Creando strumenti che favoriscono le comunità di pratica e il lavoro di gruppo. DALL’ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI ALLA GESTIONE DELLE CONOSCENZE: IL MANAGEMENT KNOWLEDGE Il diffondersi di strumenti web based ha fatto capire sempre di più l’importanza di sistemi informativi per la gestione della conoscenza organizzativa. l’impresa deve valorizzare il KM. perché chi lo possiede lo considera un vantaggio sugli altri e sull’ambiente ed è poco disposto a condividerlo. 6. valorizzando prima i comportamenti partecipativi e creando un clima di rispetto e stima tra i lavoratori. . ma questa conoscenza in più deve essere resa accessibile a coloro che non l’hanno generata distribuendola in base alle specifiche necessità. Per esempio se sono coinvolte nella sua definizione. nei documenti e nelle procedure (conoscenze esplicita). è possibile coglierne tutto il patrimonio informativo. organizzate da una persona che realizza uno sforza cognitivo. In poche parole la conoscenza è un sistema di informazioni organizzate.Creando reti intranet e portali che permettono a tutti gli utenti di accedere a informazioni e conoscenze. Il knowledge management è un approccio strategico che identifica nel capitale intellettuale la risorsa da gestire per migliorare le capacità d’azione di una persona e dell’impresa. ma così non condivide neanche gli errori commessi. vendita. strategie competitive e strategie funzionali. Nell’ambito della funzione commerciale si possono individuare due gruppi di compiti che per la loro importanza tendono ad originare delle distinte sub-funzioni. c) Funzioni ausiliarie ( trasporti. pubblicità). Oggi l’impresa è orientata al business. situazione molto più facile dove bastava produrre a prezzi competitivi per poter ottenere dei profitti. promozione della domanda e esecuzione della vendita. L’ORIENTAMENTO DELL’IMPRESA NEI CONFRONTI DEL MERCATO In passato si potevano distinguere due orientamenti diversi nei confronti del mercato da parte dell’impresa: uno verso il prodotto. dato che ogni scelta aziendale dovrà inserirsi in un sistema di scelte che ricomprenderà i molteplici aspetti della gestione. contabilità).LA GESTIONE OPERATIVA Capitolo Tredicesimo: LE GESTIONE OPERATIVA E IL MARKETING 1. ecc… In realtà sussiste uno stretto legame tra strategia competitiva e tutte le strategie funzionai. con un allargamento ed arricchimento sostanziale della tradizionale area di vendita. promozione e distribuzione dei prodotti per cui il marketing costituisce anche una funzione fondamentale nell’ambito dell’organizzazione aziendale.) 4. individua l’esistenza di opportunità di business. 5 . dovrà curarne la distribuzione e la vendita.prezzo .analizza le tendenze della domanda e la situazione della concorrenza. La differenza tra “orientamento al mercato” e business è data dal fatto che nel primo caso si ricerca esclusivamente nel mercato in cui si opera. Questa funzione richiede la creazione di strutture idonee e la disponibilità di competenze professionali adeguate. ma non applicabile a qualsiasi genere di impresa. IL RAPPORTO TRA LA STRATEGIA COMPETITIVA E LE STRATEGIE FUNZIONALI Nelle imprese ben amministrate viene definito un quadro strategico (corporate) composto da una strategia complessiva. LE CARATTERISTICHE DELLA GESTIONE OPERATIVA Le funzioni operative di gestione si svolge con caratteristiche e problematiche diverse da azienda ad azienda.l’altro verso il mercato. Vi è infatti un complesso di attività operative legate al momento della vendita e un complesso di attività di programmazione necessarie per l’orientamento non solo della gestione commerciale ma anche della gestione produttiva e finanziaria. ai prezzi. Fra i due tipi di compiti sussistono delle diversità di attuazione che inducono appunto a specializzarli sotto il profilo organizzativo. manutenzione. alle promozioni e ai canali. il cui fine è quello di avvicinare l’offerta dell’azienda alla domanda presente nel mercato mediante un processo di adattamento che coinvolge le variabili essenziali dello scambio che sono: bene offerto. dovrà governare la finanza. ciò vuol dire ricercare nuove occasioni di affare da aggiungere a quelle già sfruttate nell’ambito del mix dei settori in cui opera. STRATEGIA COMPETITIVA STRATEGIA DI PRODUZIONE DI RICERCA E SVILUPPO STRATEGIA DI MARKETING STRATEGIA FINANZIARIA STRATEGIA 2. LA GESTIONE COMMERCIALE: FUNZIONI DI MARKETING E FUNZIONI DI VENDITA Il marketing si pone come una filosofia di gestione incentrata sul mercato e protesta a trovare il miglior rapporto tra offerta aziendale e domanda.nel secondo caso la ricerca si estende a tutt’i mercati in cui le risorse aziendali possono essere impiegate con successo. Le responsabilità di marketing richiedono competenze di studio e una centralizzazione degli organi a cui essere debbono essere confidate mentre quelle di vendita comportano prevalentemente delle azioni da svolgere in diretto contatto con il mercato. programmazione dei prodotti.IL MARKETING IN FUNZIONE DEL SERVIZIO AL CONSUMATORE CONCORRENZA BASATA SUL TEMPO(TIME-BASED COMPETITION) (CUSTOMER SATISFACTION) E DELLA Le politiche di marketing compongo l’insieme degli strumenti rivolti all’ottenimento degli obiettivi di mercato fissati di periodo in periodo. programmazione. Esse sono inquadrabili in 3 gruppi distinti: a) Funzioni primarie o organiche (produzione. crea la domanda per i nuovi prodotti e provvede a collocare questi ultimi presso gli sbocchi prescelti. attuare la ricerca. Ogni impresa infatti dovrà produrre un bene o servizio. Un modello organizzativo dell’area commerciale è un modello ideale. finanza). orienta la produzione in funzione dei potenziali acquirenti da conquistare. ricerca e sviluppo. L’orientamento al business è fondato sul concetto di marketing che indica il processo mediante cui l’azienda studia il mercato o i mercati che ritiene interessanti. In questa combinazione sono anche comprese delle scelte inerenti ai prodotti. 3. personale. La realizzazione di questo obiettivo comporta lo svolgimento di attività di previsione. distribuzione. dove necessitava l’analisi della domanda globale. (analisi del mercato. b) Funzioni di supporto ( logistica. avrà bisogno di approvvigionarsi dei materiali. Le motivazioni di acquisto si dividono in tre gruppi: a) Motivazioni razionali. legandosi ad uno specifico sub-mercato dipenderà dalle vicende di quest’ultimo. più questo rapporto è alto più prevalgono i motivi ragionali e di patrocinio rispetto a quelli emotivi. c) Motivazioni di patrocinio. Parametri demografici 2. Ogni mercato si può frazionare in più sub-mercati e <segmenti> di mercato. I parametri più utilizzati per effettuare la segmentazione sono: 1. LIMITE: Limitazione al volume di affari ed elevati rischi. sfera dei sentimenti e fattori di gusto. MARKETING INDIFFERENZIATO: Considera il mercato come se fosse omogeneo dato che presenta sul mercato uno o pochi modelli di prodotto con modalità promozionali o contrattuali simili.di amministrazione e di promozione. . LA STRATEGIA COMPETITIVA E LE ATTIVITA’ DI MARKETING Non avrebbe nessun senso frammentare il mercato in parti tali che nessuna di essa possa poi essere conveniente e interessante per l’azienda. personalità del consumatore. LIMITE: è limitato nella quota di mercato e presenta dei rischi in quanto tutti gli sforzi aziendali sono concentrati su un unico modello di prodotto. b) Motivazioni emotive. fiducia nel produttore e nel distributore e creazione di un rapporto d’integrazione tra il consumatore e la marca. VANTAGGI: Maggiore specializzazione e in certi casi elevato tasso di redditività del segmento prescelto. La segmentazione può essere più o meno spinta a seconda della variabilità di tali comportamenti di acquisto e anche dalla consistenza dei segmenti così individuabili. e di conseguenza il consumatore si trova a dover fronteggiare una concorrenza indiretta o tra bisogni (scelta del bisogno non di prima necessità). di promozione e di distribuzione può anche concorrere a modificare la segmentazione preesistente con la creazione di nuovi segmenti o con il passaggio di gruppi di consumatori da un segmento ad un altro. informazione del prodotto e disponibilità del bene nei punti vendita. 6. di prezzo. VANTAGGI: Conquista larghe fette di mercato. Con diversi programmi di marketing può indirizzarsi ad un gran numero di segmenti di mercato 3. Quindi l’impresa può adottare tre atteggiamenti: 1. VANTAGGI: Realizza economie di costo. Parametri psicografici 5. Da qui si ha la distinzione di marketing indifferenziato. Il compito più difficile nell’attuazione del processo di segmentazione consiste nell’individuare le caratteristiche o fattori principali che distinguono strati differenti di mercato e nello scegliere quello o quelli che meglio si prestano a definire le classi di acquirenti. incentrate sul calcolo economico e orientate sulla valutazione del rapporto prezzo-qualità del bene da acquistare. MARKETING CONCENTRATO: Si fonda sulla scelta di un segmento di mercato su cui concentrare gli sforzi aziendali. ciascuno comprendente una particolare categoria di acquirenti. IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE E LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO Le scelte del consumatore dipendono dalla disponibilità del reddito che si può frazionare in due parti: impegnarlo per il soddisfacimento di bisogni essenziali (REDDITO IMPEGNATO) o per il risparmio o per l’appagamento di bisogni non essenziali (REDDITO DISCREZIONALE). una concorrenza allargata o tra beni alternativi (scelta del bene per soddisfare il bisogno non di prima necessità) ed una concorrenza diretta o tra marche (selezionare una particolare offerta). beni e marca).di vendita. Le difficoltà e i costi promozionali necessari per acquisire nuovi clienti fanno si che la customer satisfaction (qualità) e la customer retention (fidelizzazione) diventino obiettivi principali dell’azione del marketing. La condotta vincente sotto il profilo del marketing è quello di andare ad occupare delle porzioni di mercato in cui si dispone di un vantaggio competitivo conservabile nei confronti della concorrenza. Rivolgersi al mercato come se fosse omogeneo sulla base di un programma standard di marketing 2. Mirare ad uno solo o al massimo a pochi segmenti di mercato con un unico programma di marketing. differenziato e concentrato. estetica. MARKETING DIFFERENZIATO: Tende a soddisfare le esigenze e le aspettative di più segmenti di mercato effettuando una diversificazione dei modelli. LIMITE: Maggiori costi di produzione. Parametri ubicazionali 4. Parametri socio-economici 3. Il rapporto tra prezzo del bene e reddito disponibile influenza le modalità e le motivazioni dell’acquisto. Questo comportamento è più adatto alle aziende che non intendono raggiungere posizioni di leadership assoluta nel mercato. Poi per la destinazione del reddito discrezionale il consumatore attua un processo di scelta a tre stadi (bisogni. Parametri comportamentali 7. Il concetto di segmentazione e l’orientamento della strategia di marketing vanno intesi in senso dinamico perché l’impresa mediante le politiche di prodotto. da differenziare in funzione dei gruppi di consumatori da servire. e prodotti strategici.2.1 AMPIEZZA DELLA GAMMA DI VENDITA La gamma di vendita si può caratterizzare in ampiezza (tipologia produttiva). l’impresa C si è orientata per i prezzi più contenuti e standard qualitativi . b) Le segmentazione della domanda e il posizionamento dell’offerta. Ipotesi più frequente a livello distributivo è quello dell’inserimento nella gamma dei prodotti da richiamo.8.1 DIFFERENZIAZIONE DEI MODELLI E POSIZIONAMENTO DI MERCATO Le ragioni di marketing degli assortimenti si legano alla strategia di differenziazione con la quale l’impresa intende servire più segmenti e nicchie di mercato. 8. cioè l’insieme di iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto dell’impresa e ad impostare il marketing-mix più adatto per attribuire una certa posizione al prodotto nella mente del consumatore. La decisione fondamentale concerne il posizionamento. e coerenza (affinità dei tipi di prodotti). Nell’impresa il legame tra competenze distintive e gamma di prodotti da collocare è diretto.2 LA PROFONDITA’ DEGLI ASSORTIMENTI Ogni tipo di prodotto viene portato sul mercato in una varietà di modelli per varie ragioni: a) Le caratteristiche intrinseche del tipo di prodotto. All’interno della gamma si può avere la distinzione tra prodotti da reddito. 8. Il problema del posizionamento si collega direttamente a quello della segmentazione. La politica del prodotto ha un alto tasso di strategicità perché richiede delle decisioni che vincolano l’impresa per tempi molto lunghi e che determinano: a) L’ampiezza dell’offerta b) La differenziazione degli assortimenti c) L’ innovatività delle produzioni d) La visibilità dei prodotti 8. Come vediamo nel grafico l’impresa ha adottato 4 decisioni diverse per quanto riguarda il posizionamento: l’impresa A ha scelto una politica di qualità e di prezzo alto. cioè alla differenziazione verticale dei prodotti perché completa la definizione del rapporto impresa-domanda-concorrenza. LA POLITICA DI PRODOTTO E DELLA MARCA Il successo di un impresa dipende dal favore che riscuote la sua offerta commerciale e dal grado di accettazione dei beni che pone sul mercato. essenziali per collocare i primi. cioè i beni che possono richiamare l’attenzione dell’acquirente sull’intera gamma e contribuire alla vendita dei prodotti da reddito. c) L’invecchiamento dei modelli e la differente capacità di contribuire al reddito d’impresa. profondità (assortimento). che generano i maggiori flussi di cassa per l’impresa. 3. Le scelte del posizionamento derivano dalla considerazione congiunta dei fattori di produzione e di mercato e che esse possono essere attuate facendo leva anche su altre caratteristiche dell’azione di marketing. Introduzione nella quale inizia ad affermarsi con una crescita molto lenta della vendita. Maturità nella quale le vendite continuano a svilupparsi. 4. Sviluppo nella quale l’espansione delle vendite ha luogo ad un ritmo molto rapido.che assicuri all’impresa il successo durevole nei confronti della concorrenza operante nello stesso segmento. Declino. Prodotti con alta quota e rapido sviluppo della domanda (prodotto di successo). Prodotti con bassa quota e rapido sviluppo della domanda (prodotto rischioso).alla versione del prodotto e alla marca. che si svolge dalla nascita. Di conseguenza per l’impresa è importante decidere al ringiovanimento dei prodotti obsoleti e all’inserimento dei prodotti nuovi nella gamma di vendita. all’affermazione allo sviluppo e poi al declino.meno elevati. La gamma di vendita è la risultante di tre tipi di scelte: 1.nella fase del declino si perde interesse per il prodotto e i margini di profilo si comprimono tanto da decidere di radiare il prodotto dalla gamma. 2.In questa matrice per ciascun prodotto la situazione sfavorevole o favorevole dipende dalla quota di mercato detenuta dall’impresa e dal tasso di variazione della domanda globale. Scelta dei settori di attività. 2.nella fase della maturità il prodotto continua a generare profitti elevati. mentre le aziende B e D si sono attestate su posizioni intermedie di qualità e di prezzo del prodotto.2 CICLO DI VITA DEL PRODOTTO E NECESSITA’ DEL RINNOVAMENTO DELLA GAMMA Ciascun prodotto ha un suo ciclo di vita. Il ciclo del prodotto può riferirsi alla categoria del prodotto. Questa curva ha un andamento diverso in relazione alla natura del prodotto e alle politiche di mercato.2. 8. Questa partecipazione al reddito aziendale è alla base della “matrice del portafoglio prodotti”. La cosi detta conquista della nicchia di mercato è legata all’opportunità di offrire ad un certo gruppo di acquirenti un valore unico nelle condizioni di offerta. Scelta delle linee produttive. .durante lo sviluppo si ottengono dei margini crescenti .fase nella quale il volume di vendita comincia a ridursi per l’obsolescenza del prodotto. 3. Ogni prodotto attraversa 4 fasi: 1. Scelte dei modelli da produrre. All’interno di questa matrice figurano 4 quadranti: Prodotti con bassa quota di mercato e lento sviluppo della domanda (prodotto marginale). Nella fase di introduzione del prodotto si generano perdite dovute alla limitatezza della quantità collocata sul mercato. In generale la curva del ciclo di vita viene rappresentata con una funzione logistica. c) Ruolo del particolare prodotto all’interno della gamma di vendita. finisce per rappresentare un aspetto della politica del prodotto importante.che può servire per rivolgersi a più segmenti del mercato.3 LA POLITICA DELLA MARCA E LE ALTRE SCELTE CHE RIENTRANO NELLA POLITICA DI PRODOTTO La politica della marca. Il prezzo può essere lo strumento migliore per posizionare il prodotto nell’ambito del segmento di mercato prescelto. PRODOTTO MARGINALE: ha un flusso di cassa insoddisfacente. b) Equilibrio volumi-margini da conseguire. La formazione del prezzo finisce per essere più o meno regolamentata all’interno di mercati oligopolistici soprattutto quando pochi produttori detengono il controllo del mercato. L’impresa può scegliere tra l’adozione di una marca industriale o commerciale e fra quelle di una marca unica per l’intera famiglia di prodotti o di marche distinte per ciascun prodotto venduto.di certi beni durevoli e di quasi tutti i beni strumentali. E’ più importante se l’impresa vende direttamente al consumatore o all’utilizzatore perché determina il prezzo finale di vendita del bene o servizio.la quota detenuta è limitata così come i ricavi. anche se deve continuare ad investire risorse per battere la concorrenza.Prodotti con alta quota e lento sviluppo della domanda (prodotto da reddito).obiettivo difficile da raggiungere se vende al distributore. insieme a quella del confezionamento del prodotto e dell’assistenza post-vendita. costo elevato. Il metodo più usato è quello di aggiungere al costo un margine di profitto. mercato che non cresce dove l’azienda detiene una quota di mercato modesta. d) Peso della politica del prezzo nel marketing-mix. Successivamente per certi tipi di beni assume importanza sotto il profilo promozionale il tipo di confezionamento. l’aggiornamento e l’immagine dei prodotti. PRODOTTO RISCHIOSO: ha il cash-flow peggiore.1 LA DETERMINAZIONE DEI PREZZI DI VENDITA La determinazione del prezzo di vendita avviene sulla base di alcune premesse: a) Funzione del prezzo in relazione alla segmentazione del mercato e al posizionamento della marca. La garanzia di uso è uno strumento promozionale importante in alcuni settori produttivi. Per fare ciò bisogna tener conto dell’elasticità della domanda e dei prezzi praticati dalla concorrenza. Anche se con dei limiti la matrice del portafoglio prodotti può aiutare la direzione aziendale a valutare la potenzialità economico-finanziaria dei prodotti compresi nella gamma di vendita per far si che si determinano le quantità di risorse da investire nelle azioni di marketing. comune nella maggior parte dei prodotti. Il produttore può porsi la scelta fra l’adozione di una o più marche all’interno della gamma di vendita. 8. La rinuncia ad una politica della marca è frequente da parte delle piccole unità industriali che non hanno i mezzi finanziari. 9. nel primo caso dove di solito la marca è associata al nome dell’azienda viene sfruttato nel caso di prodotti di largo consumo. elevati investimenti per fronteggiare un mercato in rapido sviluppo. Nell’ambito della politica del prodotto c’è il problema delle garanzie da fornire ai compratori. PRODOTTO DA REDDITO: l’azienda sfrutta la sua posizione di forza in un mercato poco soddisfacente per la concorrenza. In altri casi invece può essere necessario specializzare le marche in modo da ottenere una differenziazione dei prodotti. PRODOTTO DI SUCCESSO: cash-flow positivo.2.metodo più semplice ma non considera le condizioni prevalenti del mercato. Per certe produzioni è lo Stato a fissare i prezzi massimi di offerta e in certe circostanze lo stesso committente stabilisce il prezzo di acquisto del bene o servizio. LA POLITICA DI PREZZO La fissazione del prezzo assume un ruolo importante nell’elaborazione del programma di marketing e assume un rilievo importante a seconda del mercato servito e del grado di concorrenza tra i produttori.poi rispetto a questi l’impresa potrà adottare una politica di imitazione o di differenziazione. La determinazione dei prezzi richiede un processo di approssimazioni successive dove elementi di conoscenza.poi in funzione dell’intera gamma trattata. e può essere implicita nel nome del produttore oppure nell’applicazione di marchi di qualità. esperienza e politica generale dell’impresa contribuiscono a definire le soluzioni da adottare. Quindi è la marca che rappresenta l’unico veicolo di marketing in quanto garantisce la qualità. e dell’assistenza post-vendita. La predeterminazione del costo è collegata alla previsione del volume di vendita e di produzione che a sua volta correlata al prezzo cui dovrà essere collocato il particolare prodotto. L’industrial packaging per molti prodotti alimentari è divenuto un fattore competitivo fondamentale. 9. Vengono classificati in base al concetto del cash-flow di prodotto. I dati di costo servono per valutare . Bisogna definire il margine di manovra del prezzo che risulta definita da tre elementi:il costo del prodotto. assicurare assistenza gratuita da parte del produttore di solito entro un lasso di tempo dalla data di acquisto del bene. La fissazione del prezzo avviene in due fasi: prima a livello di specifico articolo.l’elasticità della domanda e la pressione della concorrenza. le modalità e i mezzi di comunicazione con i vari pubblici e ad essa è confidato il compito d’inviare informazioni agli interlocutori con cui l’impresa è a contatto. 2. b) La concorrenza potenziale. I prezzi possono essere: IMPOSTI. altri produttori.l’opportunità di praticare certe quotazioni. ossia la possibile entrata di altri produttori. stabiliti dal produttore. e) Le qualità del servizio fornito insieme al prodotto. SUGGERITI. oppure si orienta a sfruttare una politica di prezzi differenziati in funzione delle marche con cui il prodotto viene proposto al mercato. Per determinazione del prezzo di vendita non si deve intendere come la scelta di quotazioni articoli per articoli. il cui fine è quello di massimizzare il prezzo unitario come via per massimizzare il profitto globale. d) Il grado di differenziazione del prodotto rispetto alla concorrenza. Una discriminazione dei prezzi finali può essere compiuta anche in rapporto a particolari clienti nell’ambito di margini di discrezionalità attribuiti agli organi di vendita. i più importanti: i volumi d’acquisto. Un primo problema è quello della definizione dei margini commerciali. 9. La promozione può essere definita in generale come il complesso di azioni poste in essere per indurre. L’imposizione del prezzo. La fissazione dei prezzi di vendita è orientata dagli obiettivi e dalle politiche che l’azienda intende perseguire nel tempo breve e nel lungo termine. L’impresa può prefiggersi di conquistare la quota più elevata di mercato nel minor tempo possibile. Sono stati elaborati dei modelli che individuano tre momenti nel processo mentale del consumatore nel momento in cui decide di spendere parte del suo reddito per l’acquisto di un bene di cui a bisogno: 1. e LIBERI. preservare o modificare i modelli di comportamento degli operari di mercato (consumatori.. oppure di sfruttare al meglio la differente capacità di spesa del consumatore con lo scopo di conquistare segmenti di mercato sempre meno ricchi o classi di consumatori disposte a spendere sempre meno per acquistare il particolare prodotto (SCREMATURA). . La possibile escursione del prezzo dipende da: a) La concorrenza reale.)allo scopo di ritrarre un vantaggio competitivo. realizzata tramite l’indicazione del prezzo sulla confezione. cioè il produttore.2 L’AMMINISTRAZIONE DEI PREZZI DI VENDITA L’impresa trova conveniente determinare. cioè la presenza nel mercato di prodotti con caratteristiche più o meno similari a quelle del prodotto considerati. nel momento in cui si accerta del possibile prezzo del bene nel mercato. quelli per cui è consentito un certo margine di manovra. anche se in certi casi questi limiti potrebbero non essere rispettati. Il concetto della politica di prezzo è la differenziazione del prodotto. La politica di penetrazione è consigliata quando è possibile ottenere significative economie di scala e la differenziazione del prodotto è annullabile in tempi brevi. che non vincolano il distributore. ecc. La politica di scrematura invece si preferisce quando il prodotto ha una protezione diffusa nel tempo. ha lo scopo di creare una migliore immagine della marca e di sorvegliare l’azione distributiva. Politica applicata soprattutto dalle grandi imprese. ma come la fissazione di scarti o differenziali di prezzo fra i vari articoli compresi in listino. tramite la pubblicizzazione e con il controllo dei rivenditori. cercando di raggiungere il numero più ampio di acquirenti fissando un prezzo minimo che gli consente di acquisire una fascia larga di clientela e di recuperare in termini di profitto globali un minor margine unitario (PENETRATURA). 10. intermediari. c) La concorrenza indiretta. Il momento emotivo quando l’attenzione si trasforma prima in interesse e poi nel desiderio di disporre del prodotto. Altro elemento rilevante di questa politica è rappresentato dal modo di fissazione del prezzo. per il medesimo prodotto. La determinazione del prezzo dovrebbe essere fondata sul valore attribuito al prodotto da parte del consumatore. quelli da praticare senza sconti ai compratori finali. I prezzi base possono variare poi secondo le condizioni contrattuali. finanziatori. Il momento cognitivo dove si ha la consapevolezza del bisogno da soddisfare e si inizia a porre l’attenzione sui prodotti idonei a tale scopo. cioè delle detrazioni sul prezzo finale di vendite da praticare agli intermediari mercantili. La minaccia della concorrenza reale e potenziale e l’opportunità di sfruttare delle economie di costo fanno scegliere al produttore la conquista rapida della più ampia quota di mercato. dovrebbe gestire i costi in modo da ottenere un margine positivo per l’impresa. Sulla base degli elementi interni (costi) ed esterni (domanda e concorrenza) si dovrebbero determinare i limiti di manovra del prezzo. che contribuisca a rendere l’offerta più elastica ed omogenea alle modalità secondo cui si manifesta la domanda. Il ragionamento però è stato semplificato e impostato in un rapporto a più ipotesi di costi-volumi-prezzi. Lo scopo è quello di indurre all’acquisto sfruttando le motivazioni che determinano il comportamento del consumatore. Nelle attuali condizioni di mercato si sostiene addirittura che i costi si fanno sui prezzi. le modalità di pagamento e il tempo di consegna. non viene accolto subito da larghe fasce di clientela e consente di segmentare redditiziamente il mercato. Le decisioni sui prezzi si collegano ad altre scelte di marketing in quanto il livello dei prezzi è un elemento determinante delle politiche di segmentazione del mercato e di posizionamento della marca. in quanto l’impresa ha interesse a fissare un prezzo al pubblico e scontarlo in funzione del livello commerciale dell’intermediario. cioè la minaccia di prodotti sostitutivi. Una politica di penetratura e di scrematura può essere adottata in fasi successive del ciclo di vita del prodotto e per fasce diverse di clientela. una scala di prezzi. una volta superate certe soglie di prezzo. cioè un differenziale favorevole di prezzo nella vendita del prodotto. LA POLITICA DI PROMOZIONE E SVILUPPO DELLE VENDITE La politica promozionale stabilisce gli obiettivi. E’ il grado di differenziazione che permette di ricavare un premium-price. collegandosi con i grossisti attraverso filiali oppure mediante rappresentanti dislocati nelle diverse zone. per far si che nel complesso i ricarichi di vendita si mantengano entro i limiti stabiliti. LA POLITICA DI DISTRIBUZIONE COMMERCIALE La distribuzione dei prodotti comporta scelte relative: 1. I problemi di composizione quali-quantitativa della miscela promozionale fanno parte della formulazione del “budget pubblicitario”.quindi lo scopo della promozione è proprio quello di far conoscere e ricordare il nome del prodotto in modo da ottenere il suo inserimento fra le alternative di acquisto. con la massima copertura dei punti finali di vendita. Un’innovazione importante potrebbe essere l’utilizzo di internet come mezzo d’informazione.3. Se l’impresa intende attuare una strategia di marketing di spinta deve far ricorso a forme distributive particolarmente incisive e penetranti nei confronti del mercato ultimo da raggiungere. Nell’ambito della politica stabilita bisogna poi valutare la convenienza del ricorso a certi sbocchi e a certi operatori commerciali e per fare ciò bisogna considerare una serie di elementi quantitativi e qualitativi relativi alle differenti vie di distribuzione. particolari incentivi per l’acquisto dei prodotti aziendali. e al dettaglio. b) La pubblicità. Accanto alla pubblicità possono. allo scopo di sviluppare le vendite. Si definisce imbuto per sottolineare l’immissione nell’attività promozionale di risorse. le imprese. c) La promozione in senso stretto. deve dimensionare le sue spese di distribuzione e gli sconti massimi da concedere ai diversi tipi d’intermediari. 3. Al tipo degli operatori cui affidare il collegamento del o dei prodotti aziendali. Tra i principali fattori quantitativi ci sono il costo e l’investimento. Il produttore. mentre il secondo si collega al grado di copertura del mercato. per cui la copertura distributiva va misurata sulla base di due indici molto importanti per valutare il grado di presenza dell’impresa nel mercato servito:la quota numerica dei punti vendita (rapporto tra punti di vendita aziendali e punti di vendita totali) e la quota ponderata (rapporto tra il volume di affari realizzato dai punti vendita toccati dall’azienda e quello ottenuto da tutti i punti di vendita). Per conoscere le vie di deflusso delle produzioni. La politica promozionale può essere realizzata mediante: a) L’attività di relazioni pubbliche. Ciò riguarda la decisione fra una vendita estensiva. Le scelte del consumatore sono effettuate soltanto fra le marche che egli conosce o ricorda al momento dell’acquisto. se invece vuole adottare una strategia di marketing di attrazione deve sfruttare lo strumento pubblicitario a cui si aggiungerà lo sforzo distributivo. che deve essere orientata dall’individuazioni dei target-group. Nel comparto del business to consumer l’uso di questo canale viene ostacolato da fattori tecnologici. che è funzione del numero dei punti vendita e sul loro peso relativo. Viene realizzata dai media ed è di solito attuata mediante apposite campagne necessarie per propagandare un nuovo prodotto. ricorrendo ad agenti di commercio. Per quando riguarda gli stadi per cui passa il prodotto per arrivare al mercato ultimo di deflusso bisogna scegliere tra canali diretti. S’intende per pubblicità qualsiasi forma di messaggio impersonale inviato a pagamento da un promotore individuato a coloro che sono o possono essere interessati al prodotto. Il primo aspetto concerne il grado di controllo che si desidera conservare sulla domanda finale. di solito per periodi limitati di tempo. diverse per modalità d’impiego e effetti prodotti. il loro numero e il modo di collegamento. Alla determinazione del livello di contatto con il mercato. La determinazione qualitativa del tipo di sbocchi attraverso cui far defluire il prodotto al consumatore e la definizione del loro numero rappresentano le fondamenta sulle quali poggia la decisione circa il modo di collegamento tra l’azienda e gli sbocchi prescelti. Il costo è un vincolo fondamentale per l’adozione di determinate alternative di distribuzione e l’elemento segnalatore della convenienza economica di ciascuna soluzione. per rivitalizzare un prodotto in declino. tranne nel caso di prodotti d’uso durevoli. . Queste attività si collocano in posizioni nell’imbuto promozionale. All’intensità della distribuzione. La promozione commerciale si può rivolgere agli intermediari mercantili (trade marketing) con la concessione di particolari sconti o con l’assenza sul punto di vendita. per lucrare una quota di profitto remunerativo per lo sforzo aziendale. è necessario conoscere la struttura della distribuzione prevalente nel mercato. culturali e giuridici-legali.canali brevi o canali lunghi. Il momento attivo in cui si passa alla fase materiale dell’acquisto mediante una comparazione delle varie offerte di mercato. Il primo problema da risolvere concerne l’ammontare dei mezzi da destinare alla promozione delle vendite. attraverso un numero limitato e selezionato di sbocchi. Nell’ambito di una combinazione di marketing s’inserisce una “combinazione promozionale”. d) L’attività persuasiva dei venditori. cioè creare. o selettiva. Successivamente la scelta del numero di sbocchi attraverso cui avviare i prodotti sul mercato. Le alternative per il produttore di beni di consumo sono quelle della distribuzione all’ingrosso. 11. rafforzare l’effetto di richiamo con azioni dette di promozione in senso stretto. Per quanto riguarda il canale diretto è molto raro nei beni di consumo nel ruolo di canale principale di vendita. 2. Le scelte distributive riguardano la tipologia degli sbocchi attraverso cui far defluire i beni posti in vendita. per rafforzare l’affermazione della marca e per sottolineare la continuità di presenza del prodotto nel mercato. economici. mentre i costi correlati possono ridursi. di trasformazione e di ottenimento degli output. L’obiettivo finale del marketing relazionale è il miglioramento della profittabilità della clientela nel lungo termine e la massimizzazione del customer lifetime value. 2. così da allungare l’orizzonte temporale della relazione. e la logistica in uscita si legano in un sistema operativo che diviene il sistema centrale di gestione. Il fenomeno del DECENTRAMENTO PRODUTTIVO ha un carattere strategico. L’organizzazione della produzione porta a relazioni ed accordi interaziendali perché nessuna azienda è in grado di compiere da sola l’intero ciclo di trasformazione delle risorse originarie. I consumatori fidelizzati diventano meno sensibili nei confronti di offerte alternative. il cui scopo è di costruire il sistema operativo. LA QUALITA’ DEL MARKETING: IL “CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT” Il customer relationship management deve consentire di mantenere un elevato grado di fedeltà dei clienti. IL RUOLO DELLA FUNZIONE DI PRODUZIONE NELLA GESTIONE AZIENDALE: IL SISTEMA OPERATIVO La funzione di produzione riguarda il processo di trasformazione dei beni. le imprese possono costruire un’offerta a misura di ciascun cliente.). 3. il cui obiettivo è di concorrere alla creazione del vantaggio competitivo. La logica in entrata.coordinando le risorse disponibili. ma anche gli assortimenti e le quote di produzione dei vari beni. Il punto cardine dell’efficienza è rappresentato dal coordinamento tra i processi d’approvvigionamento. Se i clienti restano fedeli all’azienda e continuano a comprare i suoi prodotti. concretandosi nel disciplinare i flussi di approvvigionamento e di lavorazione in funzione prevalentemente delle esigenze di mercato. Definisce il valore che un cliente può generare per una determinata impresa.il relativo flusso di ricavi aumenta nel corso del tempo. b) Scelte strutturali. anche se economicamente più vantaggiose. La funzione di produzione è collegata alle altre funzioni aziendali. conoscendo sempre meglio i bisogni. La FILIERA PRODUTTIVA è il complesso delle imprese che partecipano alla trasformazione di una serie di materiali in prodotti finiti. in modo da conferire stabilità al portafoglio detenuto.12. . Capitolo Quattordicesimo: LA GESTIONE DELLA PRODUZIONE 1. Tenere raccordati nel tempo e nelle quantità questi flussi significa ridurre i tempi e i costi di funzionamento dell’intero sistema operativo: il risultato è quello di migliorare il time-to-market. di comprimere i tempi d’ozio dei fattori produttivi. con la funzione finanziaria. I consumatori fidelizzati attivano un processo di passa-parola che può raggiungere nuovi potenziali clienti attirandoli verso l’azienda. contribuendo così alla realizzazione di un bene da destinare al mercato di consumo o ad utilizzatori industriali. il processo di lavorazione. i comportamenti di acquisto dei consumatori. Le scelte che ricadono nell’area della produzione possono essere distinte in tre gruppi: a) Scelte strategiche. la profittabilità dei clienti varia e non tutti i clienti sono ugualmente desiderabili. massimizzando il valore complessivo del portafoglio-clienti. con la gestione del personale e con le strategie di ricerca e sviluppo di un’impresa. le preferenze. In termini di ricavi può essere calcolato moltiplicando il valore medio delle transazioni per la frequenza annua di acquisto e per il ciclo di vita atteso del cliente. dovendo essere preceduto dalla fase degli approvvigionamenti e seguito da quelle delle vendite. Il ciclo produttivo si pone al centro del processo di gestione. Le scelte di produzione si collocano al centro delle strategie aziendali perché impegnano. ossia l’insieme di operazioni mediante il quale le risorse acquistate dall’impresa sono tramutate in prodotti finiti da collocare nel mercato. di ridurre gli immobilizzi in scorte. La grande impresa tende ad organizzare i suoi cicli di produzione sfruttando le economie di sistema ed ha finito per dedicarsi alla cura del mercato e al coordinamento generale delle risorse produttive esterne. Il coordinamento assume aspetti quali-quantitativi. Acquisire un nuovo cliente è un’attività che ha un costo che potrebbe non essere ammortizzato sulla singola transazione per cui i profitti derivanti dal singolo cliente aumentano dopo che i costi di acquisizione sono stati totalmente coperti. In questo modo la strategia di marketing riuscirà a proiettarsi nel lungo termine. che devono essere gestiti in un’ottica di lungo termine. L’incremento della customer retention genera effetti sulla profittabilità dell’impresa perché: 1. La produzione si svolge secondo cicli che debbono essere coordinati nelle fasi di predisposizione degli input. le risorse finanziarie e umane disponibili. riguardante l’approvvigionamento e la gestione delle scorte di materiali. 4. Questo coordinamento si complica a causa della varietà del mix produttivo. intervallato con scelte di marketing. per tempi non brevi e in misura rilevante. La necessità di offrire una gamma di prodotti al consumatore o utilizzatore richiede che siano coordinati non solo i tempi dei tre processi. Le radici concettuali del CRM sono impiantate nel relationship marketing dal quale trae alcuni principi fondamentali: i clienti sono asse dell’impresa. di produzione e di vendita(SLIDE N°26 ORGANIZZAZIONE DI IMPRESA. 3. L’ORGANIZZAZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE: LA TIPOLOGIA DEI SISTEMI PRODUTTIVI Per individuazione delle differenti tipologie di processo di lavorazione. l’impresa deve conseguire un vantaggio rispetto alle altre aziende. . rappresentato dalla procedura e dalle modalità di attuazione del ciclo di trasformazione di determinati input ma deve essere piuttosto intesa come l’abilità a rinnovare le caratteristiche qualitative e quantitative della funzione di produzione. la cui finalità è di razionalizzare l’operatività del processo produttivo mediante la programmazione e il controllo della produzione. Le priorità strategiche possono essere rappresentate dalla qualità della trasformazione. dal basso costo di produzione e dal servizio reso alla clientela. ovvero deve allinearsi al progresso dei competitori per non generare effetti sfavorevoli sotto il profilo della formulazione aziendale. oppure può esserle attribuito un vero e proprio ruolo attivo nel senso che. c) La logistica. Si identificano 4 tipi fondamentali di lavorazione: a) Produzione di beni per unità distinte. La strategia di produzione deve assicurare il migliore contributo alla creazione del vantaggio competitivo. b) La progettazione dell’impianto. dalla flessibilità del ciclo produttivo. La tecnologia non può essere più considerata come il tradizionale know-how. I RAPPORTI TRA STRATEGIA DI PRODUZIONE E STRATEGIA COMPETITIVA: LE SCELTE DI LUNGO PERIODO La funzione di produzione è direttamente correlata con la strategia competitiva perché o consente di perseguire l’obiettivo dei bassi costi necessari per una strategia di price-competition o a concorrere a garantire la qualità essenziale per una strategia di differenziazione. proprio tramite essa. 2. Alla produzione può essere confidato un ruolo di neutralità rispetto alla concorrenza.c) Scelte di gestione operativa. Sul piano strategico le principali scelte riguardano: a) La determinazione del mix e delle quantità di produzione. del cemento e dell’acciaio. Una commessa può essere singola (progetto) o ripetitiva (job). caratterizzate da alcune differenze.quando ogni impianto produce un particolare tipo di prodotto inserito nella gamma aziendale. Le soluzioni adottabili sono: a) Un modello di ripetizione degli impianti quando ogni centro operativo lavora fondamentalmente gli stessi prodotti. Si definisce per lotti in quanto si sviluppa nell’allestimento di particolari serie di prodotti.  Intermittente. al fine di ottenere vantaggi in termini di maggiore flessibilità nei costi (da fissi a variabili). si presenta l’esigenza di scegliere un determinato modello di suddivisione dei cicli o delle linee di produzione. All’altro estremo si colloca la produzione continua. focalizzazione sul core business. e comunque prodotte in numero limitato. mentre diventa finale quando non richiede ulteriori trasformazioni per essere destinato ad un particolare uso (utilizzo diretto per il consumo o per produrre altri beni). c) Produzione di massa standardizzata. produttive ed eventualmente accessorie. La concezione del lay-out è legata alla programmazione del ciclo di produzione. materials. L’organizzazione di una produzione di massa standardizzata (ripetitiva) è comune nelle situazioni in cui è possibile sfruttare a fondo il principio delle economie di scala. machines. La deintegrazione è una scelta organizzativa che rappresenta una tendenza diffusa nell’attuale economia globale. c) Un modello di specializzazione. L’outsourcing è il principio in base al quale le aziende acquistano all’esterno funzioni logistiche.delle attrezzature e dei posti di lavoro all’interno della fabbrica che deve contribuire all’ottimazione delle 4 “M” (men. La produzione assume il carattere delle parti componenti e sulla creazione della differenziazione in fase di montaggio finale. Si può riconoscere una distinzione fondamentale tra OUTSOURCING e DEINTEGRAZIONE. suddividendo il processo in fasi ed assegnando ciascuna di queste ad un particolare reparto o centro operativo. oltre al problema del dimensionamento di ciascuna di esse. money) rendendo più rapido e diretto il movimento dei materiali in corso di lavorazione e riducendo i tempi di ozio. Questi tipi di produzione si ordinano secondo il grado di ripetitività e di uniformità dei prodotti. b) Un modello di parcellizzazione del ciclo di produzione allorché ciascun impianto svolge una certa parte del processo di fabbricazione. Si attua questo processo su produzione per processi o per convenienza economica. La progettazione del LAY-OUT è elemento fondamentale dell’allestimento dell’impianto perché incide sull’ampiezza e sull’utilizzazione degli spazi coperti degli stabilimenti. Quando un’azienda dispone di più unità produttive. Ogni commessa richiede l’apposita programmazione dell’intero ciclo di lavoro ed il costante controllo del suo avanzamento. LA PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO La disposizione fisica delle strutture tecnico-produttive costituisce il LAY-OUT. Un prodotto è finito quando esce dal ciclo di lavorazione di un’azienda (impresa produttrice). innovazioni e investimenti. rinunciando a certe fasi di lavorazione.producendo parti o semilavorati da avviare ad alcuni stabilimenti centrali di montaggi.b) Produzione di massa differenziata. disposizione delle strutture edilizie. La sistemazione dei macchinari all’interno dello stabilimento può seguire due criteri: i macchinari possono essere posizionati in sequenza secondo le lavorazioni successive necessarie per giungere alla realizzazione di un certo prodotto finito ( LAYOUT PER PRODOTTO ) oppure per essere accorpati per tipo di operazioni/attività svolta (LAYOUT FUNZIONALE). prima svolte all’interno dell’organizzazione. Nel secondo caso l’output ha dimensioni inferiori e può essere rappresentato da più unità. In queste aziende multiplant l’organizzazione dei cicli produttivi si amplia fino a comprendere un modello di rete di impianti differentemente articolato da caso a caso. Richiede una programmazione più flessibile del ciclo produttivo poiché bisogna predisporre le operazioni in funzione delle caratteristiche dei lotti da allestire. è il modello tipico delle lavorazioni petrolchimiche. In posizione intermedia si situa la produzione di massa. riduzione fabbisogni finanziari e rischi. la lavorazione si svolge ininterrottamente dall’ingresso in ciclo dei materiali fino all’uscita del prodotto finito. simili tra di loro. Viene preferito nei cicli di produzione meno facilmente automatizzabili e richiedenti prestazioni . nel primo caso l’output di processo è unico e spesso caratterizzato da tempi lunghi di realizzazione o da dimensioni considerevoli. economie di scala e di rete per gli operatori specializzati. delle macchine.attrezzature meno specializzate e personale più versatile. d) Produzione omogenea continua. 4. Con la scelta del lay-out si definiscono la collocazione dei posti di lavoro nella sequenza ottimale richiesta dal tipo e dalle condizioni di produzione e si disciplinano i flussi di materiali e l’ubicazione dei servizi di fabbrica. L’impresa a volte però è costretta a decidere di adottare una particolare forma di organizzazione legata alla tecnologia utilizzata che può imporre processi di lavorazione a ciclo:  Continuo. Mentre è finale quando non richiede ulteriori trasformazioni per essere destinato ad un particolare uso. caratterizzata dalla continuità e dall’indifferenziazione dei prodotti posti in essere. La produzione su commessa comporta un’elevata capacità di adattamento alle richieste della clientela. concentrazione know how. L’output presenta una varietà pressoché nulla e viene realizzato in quantità elevate e commercializzato a peso o con altra opportuna unità di misura. Il primo caso è quello di produzioni che si differenziano per caratteristiche sostanziali in rapporto ad indicazioni specifiche del committente. Le imprese possono suddividere la loro produzione tra più stabilimenti. Questa previsione dovrà essere proiettata ad un certo periodo di tempo. La decisione circa il volume globale di produzione deriva dalla considerazione dei fattori di mercato. non sempre misurabile. L’esigenza di fondo diviene quella di assicurare flessibilità al sistema di produzione e a questo proposito bisogna distinguere tra:  Il grado di elasticità o FLESSIBILITÀ ECONOMICA. L’attività di produzione deve adattarsi al ciclo di vendita di solito contraddistinto da un’accentuata variabilità nel tempo e nello spazio. ossia la capacità dell’impianto di adattarsi a produrre beni differenti senza incorrere in costi non facilmente sopportabili sotto il profilo competitivo. collegandosi al concetto di capacità produttiva massima.  Il grado di FLESSIBILITÀ TECNICA. Le imprese hanno anche interesse nel conferire maggiore flessibilità alle strutture di produzione per poter disporre di capacità di adattamento ai mutamenti dell’ambiente e del mercato. a parità di volume annuo di affari. che ha raggiunto un suo punto ottimale mediante l’informatica. organizzato in parte in modo continuo e in parte in modo intermittente. cioè dalla previsione delle quote di vendita ottenibili nei mercati in cui opera l’impresa. definibile teoricamente come quella idonea a minimizzare il sosto unitario di prodotto. Il problema è quello di ottenere la flessibilità senza rinunciare ai vantaggi dell’automazione. coordinano le singole fasi del processo e di produrre a ciclo continuo su “commessa”e la robotica che ha permesso di sottrarre all’uomo i lavori più faticosi. E’ opportuno tenere distinte due scelte: la determinazione della capacità produttiva massima dell’impresa e quella della potenzialità ottimale degli impianti. ovvero la capacità dell’impianto di rimanere competitivo anche in condizioni di parziale utilizzazione. dati i riflessi positivi da questi generati sull’economicità del processo produttivo. il governo computerizzato del processo ha reso possibili variazioni nelle fasi di lavorazione con tempi di preparazione ed attrezzaggio (setup) nell’ordine di pochi minuti. 5. I progressi in fabbrica sono stati straordinari sotto due profili: L’AUTOMAZIONE.è frequente l’applicazione di sistemi computerizzati per la progettazione. Si attua perché alcune fasi possono essere totalmente automatizzate mentre altre richiedono operazioni complesse ed affidate ad altri reparti. nell’allestimento dell’impianto. su livelli più o meno elevati in rapporto all’esigenza di soddisfare in qualsiasi momento la domanda di punta . Oggi.  Misto. per la trasformazione industriale e per la gestione dei fabbisogni dei materiali. IL DIMENSIONAMENTO DELLA PRODUZIONE E DELL’IMPIANTO L’obiettivo del DIMENSIONAMENTO dell’impianto di produzione è quello d’individuare la dimensione ottimale. e al concetto di rischiosità che implica la stima del grado di sfruttamento dell’impianto in rapporto al suo punto di pareggio. Le scelte qualitative nella progettazione dell’impianto riguardano la determinazione del layout. che consente il governo dell’intero ciclo mediante computer. Il dimensionamento del processo produttivo può avvenire.di lavoro differenziate. il livello di tecnologia e l’organizzazione del lavoro in fabbrica e gli obiettivi di queste scelte sono quelli di disporre di strutture tecnicamente efficienti e in grado di minimizzare i costi di produzione e i rischi di mercato. Per la flessibilità. che vengono svolti da robot sempre più sofisticati. Il punto di pareggio si ricava graficamente con la costruzione del diagramma di redditività che con un sistema di assi cartesiani riproduce l’andamento dei costi fissi. . Il regime di produzione andrebbe regolato in funzione dell’entità e del periodo in cui potrebbero verificarsi le maggiori richieste da parte del mercato. Questa soluzione va comunque tenuta sotto controllo e ridefinita durante l’esercizio. Nell’area della produzione il controllo dovrebbe articolarsi nel: 1) Controllo dei risultati di produzione. utilizzando tecniche di tipo statistico. il problema si concreta nel dimensionare la capacità di produzione intorno al livello medio della domanda per poter soddisfare le esigenze attuali e prospettiche del mercato producendo un quantitativo costante di output. per individuare le aree di risparmio di costi nella funzione produttiva. Questo comporta l’acquisto di una seconda macchina con un salto verso l’alto dei costi fissi. il lavoro straordinario. Nell’ipotesi di produzione di serie. il cosiddetto punto di pareggio o break-even point. poiché l’imprenditore deve decidere fino a che punto sfruttare questo vantaggio potenziale. La programmazione della gestione produttiva richiede una particolare attenzione perché si traduce in scelte che impegnano l’azienda per tempi non brevi e che esigono l’investimento di cospicue risorse finanziarie. 3) Controllo economico o di valore (value analysis).più aumenta il rischio. più cresce il vantaggio generato dell’espansione dell’attività produttiva. Nei casi di produzione “make to stock” (per il magazzino ovvero su previsione). La condizione di leva operativa si traduce nell’opportunità di diminuzione dei costi globali unitari di produzione all’aumentare del volume prodotto. La scelta del livello di leva operativa s’inquadra all’interno della strategia aziendale. L’impresa è del tipo mono-plant quando l’attività produttiva si realizza in un solo stabilimento.oppure quella media.mentre nel caso di “assemble to order”(produzione di componenti per il magazzino e assemblaggio degli stessi solo dopo la ricezione dell’ordine) l’oggetto della programmazione saranno proprio i componenti. Definire il programma di produzione significa ricercare la soluzione più economica di impiego delle risorse per raggiungere il livello e la composizione del mix produttivo fissato nel programma annuale di gestione. La potenzialità di un impianto è definita dalla potenzialità della fase terminale del processo. vale a dire quello che i programmi considerano come output. al duplice scopo di evitare di sopportare costi a vuoto e di garantire la qualità al consumatore. L’impresa tende allo sfruttamento integrale dei fattori per ridurre al minimo il costo unitario di produzione. in funzione del migliore sfruttamento dei costi fissi. In pratica ciò non accade perché nell’ipotesi di produzione di beni e non di servizi. Più gioca la leva operativa. quindicinali o mensili da realizzare. in modo da raggiungere i traguardi di produzione posti dal programma annuale di vendita. si tratta di un controllo operato su campioni di materiali. Un’efficace programmazione della produzione deve articolarsi: a) Nel medio-lungo termine per precostruire la capacità produttiva necessaria in rapporto agli obiettivi strategici dell’impresa. 7. La complessità della programmazione della produzione è funzione del sistema di fabbricazione adottato nell’azienda e della sua regolarità nel tempo. nell’ipotesi di produzione di beni per unità distinte per le quali bisogna programmare la commessa di lavorazione. Ogni azienda opera con una certa struttura di costi e di ricavi con una differente “leva operativa”. Per ottenere il bilanciamento tra quote di produzione e richieste del mercato l’impresa può ricorrere ad altri strumenti. Il problema sorge per il fatto che non tutte le macchine hanno una capacità produttiva uguagliabile in ordine al numero delle operazioni da realizzare nella stessa quantità di tempo. Un impianto è un sistema complesso. Nel caso del ricorso alle scorte. il problema assume aspetti sempre nuovi e richiede procedure particolari. Questi sbalzi di costi fanno variare l’altezza del costo unitario in rapporto al grado di utilizzazione dell’impianto. la programmazione assume un carattere standard e si attua mediante procedure che possono essere agevolmente automatizzate. l’oggetto della programmazione. E’ sempre necessario comunque raggiungere un volume minimo di attività per recuperare integralmente i costi fissi e variabili. sarà il prodotto finito. Quindi gli impianti saranno caratterizzati da un grado di utilizzazione che andrà via via diminuendo all’aumentare della variabilità del ciclo di vendita. il lavoro interinale e l’acquisto di prodotti da terzi. quali l’aumento dei turni di lavoro. 2) Controllo di qualità di prodotti. LA PROGRAMMAZIONE DELLE OPERAZIONI DI PRODUZIONE Nella programmazione della produzione occorre distinguere l’ottica del lungo termine da quella di breve termine. poiché in quella condizione per l’impresa dovrebbe essere indifferente produrre o rimanere inattiva. Il suo obiettivo è quello di prevenire anomalie nel ciclo e nei prodotti. questo tipo di controllo si estrinseca nel calcolo e nell’analisi di indici di produttività. IL CONTROLLO DI EFFICIENZA DELLA PRODUZIONE: FATTORI STATICI E DINAMICI Il controllo di produzione riguarda sia il ciclo di svolgimento delle operazioni produttive sia per le qualità dei prodotti finiti da destinare al mercato. 6. c) Nel brevissimo termine per organizzare il lavoro dei centri di produzione in funzione delle quote settimanali. La scelta dell’ampiezza di un impianto deriva dall’effetto sui costi unitari di produzione di una diversa potenzialità di lavorazione. dei costi variabili e dei ricavi al variare delle quantità prodotta. b) Nel breve termine per allocare le risorse disponibili. organizzate con cicli continui. A questo concetto si lega quello del MARGINE DI SICUREZZA rappresentato dalla differenza tra il previsto volume di utilizzo dell’impianto e quello a cui corrisponde il punto di pareggio. ciascuna macchina rappresenta un fattore quanto il cui costo prevalente è in funzione del fluire del tempo più che della sua effettiva utilizzazione. l’equilibrio temporale rispetto alle vendite è ottenuto mediante la creazione di scorte di prodotti utilizzabile per rispondere al variare dell’andamento delle richieste del mercato. b) Dalla razionalizzazione dei consumi di materie prime e ausiliarie mediante riduzione di sfridi. Un altro obiettivo di fondo dell’organizzazione della produzione è costituito dalla riduzione degli scarti. Ad essa contribuiscono gli investimenti di ammodernamento delle strutture impiantistiche e gli investimenti organizzativi. Si tratta di un approccio orientato al miglioramento continuo ed alla responsabilizzazione dei vari livelli gerarchici presenti nell’organizzazione aziendale. che debbono risultare efficaci ed economicamente sostenibili. Il controllo comporta costi rilevanti e deve rendere in misura più che proporzionale rispetto ai costi sostenuti. se la difettosità viene accertata in house. cioè prima che il prodotto lascia la fabbrica. Questi possono essere relativi sia a materie prime e semilavorati sia a prodotti finiti. Il problema della resa di prodotti difettosi o ritenuti tali dal clienti comporta degli oneri di amministrazione collegati alla gestione del fenomeno. All’interno degli elementi richiamati si combinano fattori statici o strutturali di efficienza e fattori dinamici od operativi. l’assistenza prima. Il TMQ richiede la costruzione di valori aziendali condivisi congruenti con le finalità da raggiungere e l’applicazione di procedure molto rigorose e precise. si subiscono danni d’immagine. Da ciò l’assoluta importanza del controllo di qualità che si pone come uno strumento essenziale di efficienza della gestione produttiva nel suo complesso. In questo modo si punta ad ottimizzare l’impiego delle risorse ed evitare operazioni superflue. Se la difettosità viene accertata dopo l’invio del prodotto al cliente. d) Dall’idoneità dei servizi di supporto alla produzione. Nel caso di materie prime e semilavorati il danno consiste nello spreco di materiali e ore di lavoro con conseguente riduzione dell’output produttivo. la gestione corretta di tutti i termini contrattuali. L’impresa deve impegnare considerevoli sforzi e mezzi finanziari per curare la formazione del personale e per procedere alla corretta progettazione di sistemi. Il total quality management riguarda la garanzia del servizio ottimale al cliente.Il concetto base è che è possibile comparare alternative o singole fasi di produzione al fine di individuare quella più economica. nell’ipotesi di prodotti finiti. con la conseguenza che l’ottimizzazione del processo è sempre la risultante di una struttura tecnologicamente avanzata e di un’organizzazione altamente coordinata. durante e dopo l’acquisto. non solo per quanto concerne la validità del prodotto ma anche per le modalità e i tempi di consegna. dovuti a difetti dei materiali o di lavorazione. c) Dalla produttività dei gruppi di lavori mediante il miglioramento dell’organizzazione e la formazione del personale. . Un indice sintetico per valutare il grado di sfruttamento complessivo delle risorse disponibili è dato dal rapporto tra le ore produttive (impegnate) e quelle teoricamente impegnabili. essa può essere associata ai costi di rilavorazione. L’importanza dell’analisi del valore è comprovata dal consistente risparmio di costi conseguente alla sua applicazione in azienda. perdite e cali di lavorazione. oltre ai danni economici. I principali fattori di efficienza nel processo produttivo sono rappresentati: a) Dallo sfruttamento ottimale dell’impianto. . FABBISOGNO FINANZIARIO = CAPITALE FISSO + CAPITALE CORRENTE Il fabbisogno varia a seconda del momento in cui si trova l’impresa. Relativo quando il costo dell’investimento è più della redditività che porterebbe al capitale. che finanzia il ciclo acquisti-produzione-vendite. e quindi molte immobilizzazioni. LA SCELTA DEI PROGETTI DI INVESTIMENTO I problemi di fondo della gestione sono la programmazione degli investimenti e delle fonti di copertura. LA GESTIONE FINANZIARIA La gestione finanziaria deve permettere la gestione caratteristica. Questa gestione si occupa quindi di scegliere le decisioni e operazioni per reperire e usare le fonti. La scelta degli investimenti rientra in fase di formulazione di strategie aziendali. e si basa su una procedura detta capital budgeting. Inoltre finita la produzione ci vuole del tempo prima che si reintegrino i ricavi. Debiti verso fornitori. è necessario avere più capitale fisso. mentre nel caso di dilazioni o anticipi anche se i due cicli restano uguali uno dei due sarà posticipato o anticipato rispetto all’altro. per cui in situazione di parità si sceglierà quello che porterà a margini più alti di profitto a fronte di un rischio più basso. e guidano allora lo sviluppo industriale. sia legati a progetti specifici su singole operazioni di immobilizzo. è sempre valutato in base al rischio e al profitto. Invece tra ciclo economico e finanziario è diverso. breve e brevissimo periodo. ma nella gestione corrente è normale che non sia così. In particolare deve mantenere 3 equilibri: .Programmazione finanziaria a lungo. per cui in fase di startup ha bisogno di un tot per partire. mentre quelli operativi sono legati solamente a decisioni alternative che non influenzano le scelte strategiche. i 2 cicli coincidono e si sovrappongono. i rapporti con la clientela. fondata su tecniche decisionali avanzate. Quando si ha bisogno di avere molti impianti.FINANZIARIO: tra impieghi e fonti di capitale . Quando acquisti e vendite sono regolati in contanti. a causa dei costi e ricavi “differiti” o “anticipati”. PREVISIONE DEL FABBISOGNO FINANZIARIO L’impresa ha bisogno di capitali per finanziare gli investimenti e per la gestione corrente. Per essere ottimale la gestione deve cercare di mantenere l’equilibrio tra le fonti e gli impieghi nel lungo. . Altre attività o passività correnti. Oltre a trovare i fondi per finanziare il fabbisogno dell’impresa. Attività finanziarie che possano assicurare liquidità. In teoria nel lungo periodo entrate e uscite corrispondono. Crediti verso clienti. Ingenerale un investimento. mentre il capitale corrente è più legato a necessità di breve periodo (entro l’anno). la gestione finanziaria è responsabile anche di come vengono usati i capitali. insieme ai responsabili delle altre funzioni. I responsabili della finanza devono curare.Capitolo Quindicesimo: LA GESTIONE DELLA FINANZA: INVESTIMENTI E FINANZIAMENTI 1. Nel scegliere gli investimenti le risorse finanziarie possono essere un vincolo assoluto o relativo. per cui dalla differenza tra i due deve generarsi un profitto. breve e brevissimo termine. e da capitale corrente. fissare le condizioni di pagamento. Assoluto quando non è possibile trovare altri mezzi per attuare l’investimento.MONETARIO: tra entrate e uscite di cassa per mantenere la liquidità. perché sono in funzione delle dilazioni concesse ai cliente o ottenute dai fornitori. Quelli strategici sono quegli investimenti che potrebbero modificare la posizione competitiva dell’impresa. gestire il patrimonio mobiliare e immobiliare e verificare la fattibilità dei progetti I compiti fondamentali di questa funzione sono dunque 3: .governo della liquidità. In generale il fabbisogno finanziario è dato dal capitale fisso. 2. mentre in altre fasi ha necessità legate alla gestione corrente. perché il primo parte solo quando riceve i mezzi per farlo dal ciclo economico. oltre ai fattori etici più o meno presenti. . 3.Gestione del piano finanziario. Gli investimenti possono essere sia di tipo strategico. Di solito il ciclo di produzione dura meno di quello economico.ECONOMICO: tra costi e ricavi. Il capitale circolante è costituito da: - Scorte necessarie ad alimentare le vendite. cioè quello che serve a finanziare le immobilizzazioni. Questo significa che chi sceglie le fonti di finanziamento. altri sul fabbisogno di capitale circolante. dipende dal grado di controllo che vuole avere il proprietario. Flessibilità: possibilità di modificare la struttura finanziaria in base al fabbisogno. capitale di terzi ecc. elasticità e economicità alla struttura finanziaria. Elasticità: una struttura è tanto più elastica quanto più è possibile trovare soluzioni di espansione. Gli strumenti a disposizione per capire questa dinamica sono l’analisi dei flussi di capitale circolante e l’analisi dei flussi monetari. leasing. Si cerca l’equilibrio tra fonti e impieghi. rischio di insolvenza. La gestione finanziaria è orientata alla minimizzazione degli oneri e del rischio. migliorando così il risultato finanziario. quando ce ne sono. Il rischio è legato allo squilibrio che può verificarsi tra fonti e impieghi. 4. rischio di illiquidità. flessibilità. Alcuni fattori incidono sul fabbisogno di capitale fisso. ma in generale il fabbisogno può essere coperto: - Dalla dotazione di mezzi propri. . per cui libero o attraggo fondi a seconda delle prospettive di ritorno economico che ho. o trovare nuove fonti di finanziamento. La gestione finanziaria deve garantire la solvibilità (equilibrio finanziario) e la liquidità (equilibrio monetario). LE SCELTE DI STRUTTURA FINANZIARIA: MINIMIZZAZIONE DEGLI ONERI E DEL RISCHIO FINANZIARIO La struttura finanziaria è data dall’insieme delle fonti di copertura aziendale ed è legata al tipo di assetto proprietario dell’impresa. oppure diventare più dipendente dalle banche. e quindi avere meno potere. Omogeneità: uso di capitali omogenei al fabbisogno da coprire. per capire come usare le fonti in esubero. infatti aumentare il capitale potrebbe voler dire fare entrare altri soci. Economicità: si deve massimizzare la differenza tra il rendimento dell’investimento e la costosità del capitale. Flessibile: si modella in base alle esigenze della gestione. Elastica: può essere espansa. Dal finanziamento esterno. Il finanziamento con capitale proprio. e a carenze occasionali di cassa. La flessibilità dipende dalla combinazione delle fonti di finanziamento. ecco perché serve fare 2 analisi. Dal finanziamento interno dei soci. qualora sia necessario.Nell’impresa è quindi importante avere sott’occhio costantemente il fabbisogno finanziario netto. Dal risultato economico. La gestione finanziaria ha l’obiettivo di assicurare: omogeneità. Se finanzio immobilizzazioni lo faccio con mezzi finanziari di lungo termine e viceversa. Si cerca di ampliare il processo di scelta delle fonti di finanziamento. ha più possibilità tra cui scegliere. L’illiquidità è comunque sinonimo di incapacità a gestire i flussi correnti e se non viene analizzata in maniera approfondita, può portare all’insolvenza. 5. LA LEVA FINANZIARIA Ogni impresa ha bisogno di un fondo che le permetta di coprire le esigenze di avviamento e di mantenimento e questo fondo è destinato a crescere in base alla crescita delle dimensioni aziendali. Il fabbisogno è dato da 4 esigenze: - Strutturali: permane nel tempo ed è legato alle caratteristiche della struttura; Corrente: permane nel tempo ed è legato al volume di attività della gestione corrente; Straordinario: legato a esigenze di lungo periodo che cessano in un ampio arco di tempo; Occasionale: legato a fenomeni imprevedibili che si risolvono in poco tempo. A seconda del fabbisogno che deve coprire, l’azienda cercherà capitali a diversa scadenza e con diverse modalità di vincolo. Una delle scelte fondamentali riguarda proprio il livello di indebitamento da scegliere per l’impresa. Oltre a considerare la rischiosità e la rigidità legate all’aumento della situazione di debito, sarà opportuno valutare l’effetto del fattore leva finanziaria. Questo fattore può migliorare o peggiorare la redditività: la migliore se il reddito sarà superiore al costo dell’indebitamento. La peggiora se invece costa più indebitarsi di quanto se ne ricavi. Si parla di leva per sottolineare la capacità dell’indebitamento di ampliare la redditività aziendale. Da cosa dipende l’effetto leva? Dalla distanza tra il rendimento netto del capitale investito e il costo reale del capitale preso a prestito: caricando gli oneri finanziari a conto economico capisco la cifra che risparmierei, a questo punto sottraggo tale cifra agli interessi da dare al finanziatore. Il risultato, cioè il costo reale del capitale, servirà anche per capire se preferisco finanziare l’investimento con capitale proprio o con capitale di terzi. Altro aspetto fondamentale, in questa scelta, è la congiuntura del mercato, per cui in caso di congiuntura favorevole l’effetto leva è di solito positivo, perché i ritorni sono superiori al costo del capitale preso a prestito, ma se il segno cambia, cambia anche l’effetto leva. 6. LE PRINCIPALI FONTI DI FINANZIAMENTO Le scelte di finanziamento interessano periodi lunghi e sono legate ai diversi tassi di redditività che ci saranno in quest’arco di tempo e a condizioni vincolanti di partenza. Il capitale proprio è di solito una forma di finanziamento durevole, mentre l’indebitamente può essere a breve o brevissimo termine. Il finanziamento interno può essere di 3 tipi: - L’ autofinanziamento è il reinvestimento in azienda dei profitti. In qualunque impresa che si consideri equilibrata, una parte degli investimenti dovrebbe derivare dall’autofinanziamento, così da immobilizzare parte dei profitti lucrati; - Se invece ci fosse bisogno di un finanziamento occasionale, i soci potrebbero fare dei finanziamenti diretti, anticipazioni o prestito obbligazionario; - Quotazioni in borsa, cioè mercato mobiliare, con cui si colloca parte del capitale sociale tra i risparmiatori. In questo modo è possibile ampliare la struttura facendo aumenti di capitale e successivo collocamento azionario. Altro tipo è la partecipazione di venture-capitalist, in veste di investitori istituzionali. Oltre a queste modalità, c’è poi il ricorso alle fonti esterne, tra cui la più diffusa è il credito bancario, oltre ai risparmiatori, gl’investitoti, i dipendenti e i fornitori. Finanziamento da fonti esterne: - Credito bancario: il finanziamento è di lungo periodo se si fa un mutuo, oppure di breve in altri casi. Proprio perché così diffuso a livello di finanziamento d’imprese, il credito si è specializzato proponendo operazioni autoliquidantesi e non autoliquidantesi. Le autoliquidantesi sono anticipi concessi alle imprese che vantano crediti su terzi e che quindi si estinguono al momento dell’incasso. Le non autoliquidantesi sono fidi allo scoperto, per cui la banca chiede garanzie personali o reali. A livello bancario ci sono poi altri strumenti disponibili, come i crediti di firma, per esempio le fidejussioni. Per ricevere qualunque tipo di prestito l’imprese deve dare delle garanzie alle banche, che ne valutano il merito creditizio e attribuiscono un rating in base alla solidità patrimoniale e reddituale di impresa e imprenditore. Oltre a queste formule di finanziamento esterno, esistono il leasing, il factoring e il forfaiting; - Leasing: l’impresa ottiene il bene di cui ha bisogno senza sostenerne l’investimento, perché paga un canone di locazione per un certo periodo, alla fine del quale ha diritto a riscattare il bene, o lasciarlo all’agenzia. Gli oneri finanziari sono i canoni, che tra l’altro sono costi deducibili dal reddito quando il contratto ha durata superiore alla metà del periodo di ammortamento fiscale previsto; - Formula particolare è il lease-back, per cui si vende un bene a una società di leasing e lo si richiede contestualmente in locazione. In questo modo si ottiene un finanziamento immediato, ma si mantiene anche il bene, che può essere riscattato alla fine del periodo; - Altra opzione è il factoring, avviene per fatture o titoli imperfetti, di cui si cede il credito a un factor. La norma più comune per la cessione del credito è pro-solvendo, in cui il rischio di insolvenza è ripartito tra debitore e cedente, oppure, se il rischio non è condiviso, si chiama pro-soluto. Si affida la gestione del portafoglio clienti a un factor, di solito un istituto specializzato, che dovrà occuparsi di riscuotere il credito, ricevendo una commissione; - L’altra forma di finanziamento a breve è il forfaiting, una tecnica finanziaria che permette lo smobilizzo dei crediti derivanti da operazioni di esportazione con pagamento dilazionato a medio termine. L’impresa vende pro-soluto questi crediti a un tasso detto forfait. Anche il credito commerciale, cioè i crediti verso i fornitori o gli anticipi dei clienti, viene a volte considerato una forma di finanziamento esterno, anche se è più parte del capitale circolante. Questo credito comporta comunque sempre un costo, esplicito o nascosto: esplicito perché si devono pagare degli interessi sui pagamenti dilazionati ai fornitori, nascosto se a causa della dilazione perdo lo sconto di cassa. 7. GLI STRUMENTI PER LA PROGRAMMAZIONE E IL CONTROLLO FINANZIARIO (RINVIO) La finanza è influenzata dalla gestione e dall’andamento del mercato finanziario. Per salvaguardare la liquidità (cioè disponibilità immediata di mezzi di pagamento in contanti), rispettando la situazione di solvibilità (cioè il poter pagare un debito o un tasso d’interesse) dell’impresa, occorre controllare costantemente i flussi monetari e verificare sempre, nel tempo, il bilanciamento tra impieghi e relative fonti di copertura. Capitolo Sedicesimo: LA LOGISTICA INDUSTRIALE E LA GESTIONE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI 1. LA LOGISTICA QUALE PROCESSO La logistica è sempre più importante per l’organizzazione a rete della produzione e per l’ampliamento geografico dei mercati di acquisto e di vendita. Il processo logistico si attua mediante due flussi: un flusso fisico dei materiali, che ha inizio dal momento dell’evasione dell’ordine da parte del fornitore e si conclude con il ricevimento della merce da parte del cliente; e un flusso di informazioni che attraversa in senso bidirezionale l’intero processo. L’obiettivo da raggiungere è rappresentato dal migliore equilibrio tra costo della logistica e standard di servizio reso ai clienti interni ed esterni. Praticamente minimizzare i livelli delle scorte e massimizzare il livello dei servizi alla clientela. Questo significa ricercare e mantenere un trade-off positivo tra aspetti in naturale contrapposizione. Le funzioni di acquisto,magazzinaggio, trasporto e distribuzione fisica generano un ammontare rilevante di oneri e consentono, mediante il miglioramento del livello di efficienza,di conseguire vantaggi significativi in termini di costi di produzione. La logistica si pone quale elemento fondamentale della strategia competitiva sia perché riesce a contenere i costi sia perché contribuisce ad elevare la qualità del servizio. All’interno del processo logistico i due sotto-processi di maggiore rilievo sono quelli di approvvigionamento e di distribuzione. 2. LA FUNZIONE DI APPROVVIGIONAMENTO: ASPETTI STRATEGICI E TATTICI La funzione di approvvigionamento ha l’obiettivo di assicurare il rifornimento delle materie prime, ausiliarie, parti, componenti ed accessori da utilizzare nell’attività di gestione. Questa funzione operativa si lega al processo di produzione e all’acquisto di materiali. Per funzione di approvvigionamento s’intende far riferimento al processo di acquisto e di gestione delle scorte dei materiali diretti all’alimentazione dei cicli di lavorazione. Il suo obiettivo è quello di assicurare l’economicità della gestione degli acquisti e di preservare la continuità dei cicli di lavorazione. Il rifornimento di materiali deve garantire l’ininterrotto svolgimento della produzione, al fine di evitare tempi d’ozio per l’impianto e conseguenti costi sprecati per l’azienda. Nell’organizzazione della funzione di approvvigionamento dev’essere operata una distinzione tra aspetti strategici e tattici o operativi. La decisione sul make or buy, cioè il grado d’integrazione verticale, costituisce la base su cui si definiranno i contenuti della funzione. Sulle decisioni da assumere peseranno le caratteristiche dell’impresa e quelle del mercato di fornitura. Il ruolo della funzione di approvvigionamento assume in realtà contenuti strategici sia per l’incidenza sul conto economico aziendale (per il peso dei costi d’acquisto sul costo globale del prodotto) sia per i riflessi generati sulla qualità e sul volume dei prodotti venduti. L’impostazione del processo di approvvigionamento è in effetti legata a due elementi: a) La criticità dei materiali da acquistare: l’impresa dovrà operare con un’assoluta garanzia di rifornimento per quei materiali, componenti o parti o accessori che possono creare delle strozzature nel ciclo di lavorazione, bloccando fasi importanti o impedendo il processo terminale di allestimento del prodotto finito; b) L’impatto economico sul costo del prodotto: se l’azienda lavora con un basso valore aggiunto, l’economicità degli approvvigionamenti riveste un carattere fondamentale ai fini della competitività aziendale. Cresce il rischio economico che si massimizza se l’impresa dovesse adottare o operare secondo una strategia di price-competition. Incrociando questi due elementi si costruisce una matrice, MATRICE DI KRALIJIC (matrice degli acquisti) che consente di distinguere i vari tipi di acquisti e suggerisce i modelli organizzativi per gestire il relativo processo di approvvigionamento. I prodotti si possono suddividere in: a) Prodotti leva o chiave, il cui peso economico,dati gli elevati costi di acquisto e di magazzinaggio, incide significativamente sul profitto finale dell’impresa, ma che presentano un basso rischio di fornitura; b) Prodotti strategici, il cui ruolo, nell’allestimento del bene oggetto di produzione da parte dell’impresa, è critico perché sono di difficili reperimento e di elevato impatto sulla redditività; c) Prodotti colli di bottiglia, caratterizzati dalla difficile reperibilità, ma da un peso economico modesto; d)Prodotti non critici o di routine, facilmente reperibili nel mercato e di incidenza modesta in rapporto al valore del bene da produrre. prevedere l’andamento congiunturale del mercato per quanto attiene le quantità disponibili e ai relativi prezzi di acquisto. La possibilità di visionare i prodotti disponibili in tempo reale e spiccare l’ordine in modo più o meno autonomo rappresenta il vero punto di forza del business to business. 3. dalla qualità e dalla puntualità del fornitore. per realizzare le miglior condizioni di acquisto. il direttore finanziario (per determinare il fabbisogno di capitale circolante potendo influire sulle quantità e sulle dilazioni di pagamento). I criteri oggettivi di scelta dei fornitori sono rappresentati dal costo. per i prodotti all’interno dell’impresa. il direttore della ricerca e dello sviluppo (per valutare le possibilità d’impiego di nuovi materiali utilizzabili in luogo di materiali difficilmente approvvigionabili). per altre (colli di bottiglia) sarà necessario garantirsi la tempestività e la precisione dell’esecuzione degli ordini selezionando più fornitori ad alta affidabilità. Ciascun approvvigionatore deve essere in grado di crearsi una rete ampia e differenziata di fornitori. in relazione ai materiali che vanno acquistati. 4. Sul marketing d’acquisto poggia l’economicità e l’efficienza della funzione e che l’abilità previsionale sull’andamento dei prezzi gioca un ruolo di grande rilievo nell’economia complessiva dell’azienda produttrice. ricorrere a formule contrattuali che riducono i rischi d’acquisto. che conoscono i mercati d’acquisto e che siano in grado di prendere le decisioni più convenienti e nel momento più opportuno. Alcune soluzioni nella gestione delle scorte sono attuabili solo se è facile o meno reperire un prodotto. La gestione delle scorte s’inserisce negli approvvigionamenti. se ci sono specifiche condizioni d’acquisto ecc. A livello gestionale bisognerà conciliare le esigenze logistiche e quelle commerciali. Più l’immediatezza del rifornimento è percepita come importante da parte dell’acquirente più rileva la brevità del lead time di rifornimento. Inoltre deve agire con i responsabili di altre funzioni aziendali quali: il direttore di produzione (per garantire la continuità dei processi di rifornimento e per concordare le caratteristiche di affidabilità tecnica dei materiali). L’ORGANIZZAZIONE DELLA FUNZIONE “ACQUISTI” Al vertice della funzione ci devono essere uno o più approvvigionatori (buyer). Programmare e controllare le scorte diventa allora un altro modo per migliorare l’efficienza dell’impresa.per altre (prodotti non critici) converrà disporre di un ampio albo dei fornitori. che solo un ciclo logistico specificamente disegnato può garantire. partecipare alla gestione attiva degli stock. L’avvento di internet ha consentito la nascita di borse elettroniche per la fornitura all’ingrosso di B2B. per alcune delle quali (prodotti leva e critici) sarà opportuno stringere accordi durevoli con i fornitori assicurandosi le migliori condizioni di acquisto. il direttore del marketing (per valutare i riflessi dell’approvvigionamento sulla politica del prodotto e del prezzo). sapere applicare l’analisi del valore per tutti i materiali da acquistare. LA GESTIONE DELLE SCORTE Le scorte sono indispensabili per bilanciare i diversi momenti di attività e stallo di richiesta e sono quindi importanti nella gestione dell’operatività del sistema. In materia di acquisti un aspetto di rilievo è rappresentato dal business to business ovvero dal ricorso ad internet per gli acquisti industriali.Questa classificazione ci fa comprendere la difficile gestione delle varie tipologie di prodotti. e nelle vendite. . in modo da poter usufruire di una pluralità di offerte tra cui operare le scelte più vantaggiose. per tecnologia s'intende un processo o insieme di processi che permettono di applicare determinate conoscenze alla produzione. per cui ci sono degli strumenti giuridici di difesa (es. .NEUTRALI: si portano sullo stesso livello dei competitori eliminando le inefficienze. si sviluppa in sistemi di diversificazione di risorse. intendendolo come l'applicazione di conoscenze per l’ unità di risoluzione di PROBLEMI.Capitolo Diciassettesimo: LA GESTIONE DEL PROCESSO INNOVATIVO 1. innovazioni PROTEGGIBILI. occorre creare la possibilità di un clima favorevole in azienda. ma a tutte le attività dell'impresa. in grado di far divenire veloce lo scambio di Informazioni e la programmazione della gestione. dall'imprenditoria agli ambienti tecnico-scientifici. rielaborare idee di terzi e osservare e raccogliere Informazioni.DIFENSIVE : Riduzione del gap tecnologico per evitare gli svantaggi competitivi insostenibili. Per sviluppare l'iniziativa e la creatività individuale. 2. ELEMENTI DI ECONOMIA DELL’INNOVAZIONE L’ innovazione e sempre più importante nella creazione di un vantaggio competitivo con le more imprese. Essa è infatti tra i primi fattori strategici per la nascita e lo sviluppo delle imprese. che possono essere protette solo facendo degli investimenti per scoraggiare il processo imitativo. E’ necessario stimolare o ricevere innovazione. ma il concetto di tecnologia può essere esteso. il che coinvolge più attori. Quindi di fianco al fattore chiave dell'energia per i cambiamenti e tecnici economici. . cioè facilmente copiabili da tutti. Anche se l'Innovazione e un concetto alla base alla dell'Impresa. nei quali si lavora in gruppo per creare idee originali. sarà comunque necessario organizzare appositi centri per la produzione di innovazione. ma tutto il cambiamento culturale che verifica le procedure e i prodotti per valutare possibili modifiche alla base dell' andamento del mercato. ma un fattore da sviluppare. oggi si trova la conoscenza. In questo modo la tecnologia non si applica più solo alla produzione.OFFENSIVE: dirette ad acquisire un nuovo vantaggio competitivo. cioè rendere l'organizzazione snella o appiattita. il che accumula applicazioni e le condivide per la possibilità di creare il patrimonio distintivo dell'impresa. essa deve diventare un fatto continuo e diffuso a tutti i livelli e a tutte le posizioni gerarchiche. Aspetto collegato all'economicità del processo d'innovazione e dato dalla proteggibilità delle innovazioni. non più limitato solo uno dei settori. Le innovazioni possono essere: .sociali e economici. L'Innovazione e il risultato di un processo dinamico e sistemico. Limitando l'innovazione alla sola produzione. LA CLASSIFICAZIONE DELLE INNOVAZIONI DELL’IMPRESA L'Innovazione non e più solo quella tecnologica. brevetti). Se l'innovazione applicata va a tutta l'impresa. mirano ad erodere le posizioni di mercato della concorrenza. per cui si trovano innovazioni PROTETTE. cercando di coinvolgere tutte le competenze presenti in azienda. e la sua produzione può avvenire in maniera spontanea. e per farlo servono uomini e mezzi ed è necessario investire. Innovare quindi non è solo un'idea da seguire. e innovazioni NON PROTETTE. delle tendenze organizzative o delle tecniche produttive. Questa distinzione si riferisce alla vita utile . IL PROCESSO INNOVATIVO L'Innovazione deve essere vista come il risultato di un processo continuo. è creare novità nel prodotto. 3) Adottare sistemi operativi in grado di riconoscere le competenze distintive. PROFILO STRATEGICO PROFILO OPERATIVOGRADO DI IMPATTO GRADO DI PROTEZIONE PROFILO ECONOMICO SULL’ORGANIZZAZIONE OFFENSIVE MANAGERIALI AUTONOME PROTETTE REDDITIVITA’ IMMEDIATA NEUTRALI TECNOLOGICHE: -Prodotto SISTEMATICHE PROTEGGIBILI REDDITIVITA’ -Processo DIFFUSA -Impianto DIFENSIVE COMMERCIALI NON PROTETTE REDDITIVITA’ FUTURA 3. cioè generazione delle idee. e l'unico modo. l’acquisizione e lo sviluppo delle conoscenze critiche. 4.DI PRODOTTO: Apportano cambiamenti alla gamma . di decisione. poiché possono produrre vantaggi solo se accompagnate da altre innovazioni complementari e accessorie. Il momento più critico del processo è forse quello in cui il gestione fa partire tutte le attività con cui può valutare e selezionare i progetti di innovazione. che permettano all'impresa di accrescere le conoscenze nel tempo. chesiI articola in vari stadi: Invenzione.D’IMPIANTO: Progettano impianti con ONU Più alto Coefficiente di rendimento. e il demand-pull.dell'innovazione che incide sull'economicità. che integra il technology-push. nel modo di distribuire. in modo da produrre conoscenze utili nella gestione dell'Impresa. Il knowledge management è la capacità dell'impresa di organizzare l'apprendimento. . cioè valutazione della fattibilità delle idee e infine. si problem solving. E’ ancora possibile distinguere innovazioni autonome. Selezione. Per svilupparlo è necessario: 1) Finalizzare la gestione della conoscenza rappresentata dalla creazione di valore.DI PROCESSO: Migliorano l'Efficienza del ciclo di Lavorazione . 2) Definire una strategia in linea con gli obiettivi competitivi basandosi sul capitale intellettuale. IL PROCESSO DI PRODUZIONE DELLE INNOVAZIONE E IL <<KNOWLEDGE MANAGEMENT>> I cambiamenti oggi sono all'ordine del giorno. la condivisione delle informazioni ed il monitoraggio del patrimonio di conoscenze nell’organizzazione. e sistemiche. cioè l’attivazione delle opportunità tecnologiche. Tra tutti gli step ci sono continue risposte. 4) Attivare processi di valutazione. che possono essere portate avanti in maniera indipendente da altre innovazioni. cioè il percorso stimolato dalle opportunità di mercato. Le innovazioni tecnologiche possono essere: . nelle tecniche direzionali ed operative. La diffusione dell'innovazione nell'impresa è solo il punto finale del processo innovativo. nel modo di produrre. poiché si mettono in gioco tutte le risorse tecnico-scientifiche e finanziarie di cui dispone l’azienda. che invece possono essere realizzate solo se inserite in un sistema di innovazioni. di restare in vita. Diffusione. ciò vuol dire che bisogna cercare di rientrare velocemente nell'investimento prima che l'innovazione possa essere copiata e non rappresenti più un vantaggio nell’ambiente competitivo. in modo da combattere la concorrenza. per l'impresa. ecco perché ogni innovazione è influenzata o influenzabile da ogni passaggio di apprendimento. nuove gamme da produrre e nuove tecnologie per produrre. I diversi tipi di progetti di R&S dipendono da: . Esistono poi vari processi di apprendimento. Più è orientata alla leadership tecnologica.L'impresa si trova all’interno di un ambiente da cui deve imparare. anche un ricavo. più la funzione R&S (ricerca e sviluppo) ha peso nell’impresa.L’obiettivo dell’indagine.Lo stadio delle conoscenze da cui prende avvio il progetto. e solo le imprese di grandi dimensioni riescono a permettersela. In realtà però mantenere questa funzione costa parecchio. Importante è quindi la funzione di ricerca e sperimentazione. che diventa un altro strumento per aumentare le opportunità e le fonti d’innovazione dei processi operativi e dei prodotti. In base a questi diversi fattori. ottenendone. IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA RICERCA NELLO SVILUPPO AZIENDALE L’impresa deve trovare nuove occasioni di business. . o più produce prodotti o usa processi tecnologici. e dalla posizione che vuole occupare in dal punto di vista tecnologico. è possibile distinguere 3 tipi di progetto: . Ovviamente il peso all’interno dell’impresa dipende dal settore in cui l’impresa si trova. . quando cedono know-how o licenze di fabbricazione. a volte.La distanza dai ritorni economici e finanziari. interni ed esterni: 5. sia per tipologia. Questa fase è come una sorta di incubazione tecnologica. 6. In questa fase tutte le funzioni organizzative collaborano tra loro e da qui si parte per diffondere l’innovazione. ma anche dal quadruplice profilo delle scelte mediante le quali trova attenzione.Di ricerca pura o di base: c’è molta incertezza tecnica perché ci sono poche conoscenze sull’oggetto d’indagine. Lo scopo è cercare di instaurare il miglior clima tra i lavoratori e i loro rappresentanti da una parte. GLI ASPETTI STRATEGICI E AMMINISTRATIVI La particolarità della funzione deriva non solo dalla varietà di compiti in essa compresi. . Il rischio legato a questo tipo d’investimento non è sempre controbilanciato da garanzie reali e questo rende difficile chiedere debiti. -Ricerca di sviluppo: è molto vicina al momento dei ritorni economici perché gli ostacoli tecnici e scientifici sono stati superati. Questi progetti hanno l’obiettivo di sfruttare economicamente l’innovazione. LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE Gestire le risorse umane è al centro del processo amministrativo. 2. per capire se le si può applicare al prodotto o al processo. cioè l’entità e il tipo di risorse da investire.La struttura finanziaria. Capitolo Diciottesimo: LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE 1. Quando si deve finanziare si valuta: .Il rischio intrinseco. e la redditività avviene in archi di tempo piuttosto lunghi e per più aspetti e inoltre l’investimento è immateriale e non permette di dare adeguate garanzie agli investitori. . -Ricerca applicata: si cerca di consolidare le conoscenze acquisite durante la ricerca pura. . sia per quantità necessarie. Ma gestire le risorse umane è diventato ancora più importante nel momento in cui l’impresa è passata dall’essere produttrice di beni a produttrice di conoscenza. impegnando l’impresa in trasformazione che ne permettano l’utilizzo. IL FINANZIAMENTO DELL’INNOVAZIONE Punto delicato nel gestire l’innovazione è il reperimento dei fondi. Perché è così difficile trovare fondi? Perché di solito ne servono molti per innovare. e di solito le risorse impegnate non sono poche. cioè il grado d’incertezza dei ritorni economici previsti dai processi innovativi. per motivare i lavoratori a partecipare alla produzione.. e il management dall’altro.Tempo di recupero: prima di rientrare dell’investimento occorre molto tempo. Il momento della ricerca e di selezione è importante sia per l’impresa sia per il lavoratore. poteri e responsabilità nella struttura aziendale.Un profilo organizzativo. perché la fuoriuscita di personale comporta la perdita di valore. e per farlo si analizzerà il lavoratore dal punto di vista delle capacità. che ha costi molto elevati e che per questo ha visto il moltiplicarsi di centri specializzati a supporto delle imprese. che riguarda la formazione dell’organico necessario per il raggiungimento delle finalità imprenditoriali e la sua valorizzazione nel tempo. perché è il primo momento di contatto tra offerta e domanda. comportamento e potenzialità. 4. quella fissa è determinata dagli accordi contrattuali. le persone vanno reclutate. in cui una quota degli utili realizzati viene destinata ai lavoratori. A questo punto un fattore molto importante è la formazione. a favore della concorrenza. conoscenze. rendendoli anche partecipi delle attività decisionali (gain sarin). hanno in genere un tasso di turn over molto basso. e la necessità di trovare altre risorse con i costi che questo comporta. in cui risulta più necessario mettere in pratica tutte le capacità migliori. quella variabile è legata a accordi tra le parti e dipende dal raggiungimento di specifici risultati. I costi di queste attività sono spesso elevati e perciò si esternalizzano ad agenzie specializzate in grado di fare economie di costo. e delle capacità acquisite in fase di formazione. correlato ai problemi della motivazione dei dipendenti e dello sviluppo delle carriere. Un tipo di retribuzione variabile è il profit sharing. comprendente la definizione contrattuale del rapporto di lavoro.Al riguardo è possibile individuare: . selezionate e eventualmente formate. La retribuzione monetaria può essere fissa o variabile. Le aziende che intendono formare persone. .Un profilo direzionale o di conduzione. 3. Importante allora dovrebbe essere la valorizzazione del personale. . LA VALUTAZIONE E RETRIBUZIONE DEL LAVORO La retribuzione resta tra i principali fattori governati dall’impresa per attrarre. relativo alla definizione di mansioni (job description) allo scopo di coordinare compiti.Un profilo strategico. La formazione è in questo senso un investimento sul capitale umano e non un onere digestione. trattenere e motivare il personale. La politica retributiva ai articola in: . IL RECLUTAMENTO E LA SELEZIONE DEL PERSONALE Prima di assumere il personale.Un profilo amministrativo. durante i periodi di crisi. L’obiettivo è di individuare i soggetti con le caratteristiche più vicine a quelle cercate. . Altre forme di lavoro atipico sono quelle del part time. Le informazioni sulla gestione passata fanno parte della contabilità generale. è fonte di costi per l’impresa e può quindi condizionarne le potenzialità economico-strutturali. è necessario poi amministrarli. L’AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE Oltre a gestire i rapporti con il personale.malattie ecc.Struttura della retribuzione. Lavoro intermittente. il lavoro intermittente o lo staff leasing. PARTE QUINTA STRUMENTI E TECNICHE DI GESTIONE Capitolo Diciannovesimo: LE TECNICHE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO 1.Tipologia produttiva della domanda. l’IVA e la redazione del bilancio. il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi. (Il rapporto è quindi a 3). La rigidità del fattore lavoro. Part time: occupazione regolare e volontaria in cui si lavora a orario ridotto rispetto al normale. L’aspetto contabile è dato dal volume di operazioni da fare in modo ricorrente in base a procedure fissate.Dinamica della retribuzione. Il compito principale dell’amministrazione del personale. per poter controllare l’andamento dell’impresa e eventualmente correggerlo e riprogrammarlo. la tenuta dei libri obbligatori e in generale le pratiche di ferie. ecc. del lavoro a tempo determinato e il job sharing. per esempio nel caso del lancio di un nuovo prodotto. Una forma di lavoro temporaneo esiste anche per i manager. e questo è ciò di cui si occupa la parte amministrativa dell’impresa. mentre quello finanziario è dato dalla programmazione e controllo della provvista e dell’impiego delle fonti nella gestione.. . senza però perdere i clienti. le partecipazioni azionarie. Staff leasing: un’impresa esterna affitta un gruppo di lavoratori a un’altra per svolgere alcune attività esterne. . le proprietà industriali. dei costi. cioè le variazioni salariali in base al tempo. del lavoro interinale. a chiamata: c’è un picco di lavoro ed è necessario avere più personale. In questo modo possono organizzarsi e ridurre l’assenteismo. . Job sharing: lo stesso posto di lavoro è condiviso da due lavoratori. è facile misurare i risultati e il rapporto è solo temporaneo. É quindi importante per la direzione avere in mano i dati contabili per poter fare le scelte giuste nel corso della gestione. come tutte le rigidità. amministrare i beni immobili. che gestiscono un’impresa solo per determinati periodi. UN’ AREA FONDAMENTALE AMMINISTRATIVO-CONTABILE DI <<SUPPORTO>> NELLA GESTIONE AZIENDALE: LA FUNZIONE La funzione amministrativa deve tenere la contabilità generale e ciò la mette in stretto rapporto con la funzione finanziaria. è l’elaborazione delle paghe. mantenere i rapporti con il fisco.Grado di utilizzo della capacità produttiva. industriale. e ne sono entrambi responsabili. Ma accanto a questa è necessario anche portare avanti il recupero dei crediti. 6. in base a quanto viene dato normalmente sul mercato e tramite la contrattazione collettiva e alle possibilità dell’impresa. cioè i cosiddetti temporary manager. o l’entrata in un nuovo mercato. che poi spesso è inserito in quella contabile. LE TECNICHE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO .Livello della retribuzione. permessi. In questo modo la disponibilità è immediata e l’intervento è rapido.Modalità temporali della domanda. Attraverso i compiti di natura amministrativa è possibile curare i rapporti finanziari tra l’organizzazione e i gruppi esterni con cui l’impresa entra in contatto. cioè quanto prende ogni lavoratore in base alla posizione. 5. Lavoro interinale: si svolge un lavoro temporaneo attraverso la mediazione di un’agenzia che è l’unica titolare del contratto di lavoro. La flessibilità nasce dalla combinazione di condizioni esterne e interne che variano in base a : . . 2. ed il saldo è dato dalla somma algebrica tra l’ammontare dei debiti e crediti all’inizio dell’esercizio. Tasso di redditività attualizzato: il denaro ha un valore che è stabilito in modo oggettivo dal mercato. quelli CONCORRENTI. Per condurre queste valutazioni si possono utilizzare apposite tecniche di carattere economico-finanziario atte a: a) STABILIRE L’ACCETTABILITA’ DI UN PROGETTO RISPETTO A VALORI STANDARD PREFISSATI. FONTI CONCORRENTI. attraverso il tasso d’interesse. e in modo soggettivo dall’investitore in base alla preferenza per disponibilità liquide. il vantaggio economico prodotto in altre aree dell’organizzazione (rendimento indiretto) e i ritorni non economici o di qualità. b) COMPARARE PROGETTI ALTERNATIVI. Questo saldo viene poi riportato nel quadro generale dei movimenti monetari in cui si spiega da cosa sono composte entrate e uscite. Nel primo caso il prospetto indica la presenza di una disponibilità netta derivante dalle partite “correnti” di carattere commerciale-finanziario. La gestione finanziaria sarà quindi controllata con il piano di cassa e il prospetto delle fonti e degli impieghi. Il piano di cassa è il cosiddetto budget. 3. mentre le difficoltà di valutazione comprendono le attendibilità delle previsioni formulate (flussi e costo del capitale) e la complessità della stima dei risultati di carattere non quantitativo. per esempio gli stipendi.La programmazione e il controllo della gestione finanziaria servono per preservare le condizioni di solvibilità e liquidità dell’impresa. Gli elementi da valutare sono il ritorno economico (rendimento diretto). che riviene dalla contrapposizione di fonti e usi concorrenti ed attiene ai tre cicli economico. (CUTOFF PERIOD: tempo prefissato per il . gli incassi e le uscite durante l’esercizio e l’ammontare dei debiti/crediti alla fine dell’esercizio. e FONTI NON CONCORRENTI. IL VAN E IL TIR. anche se è specifica di una funzione della gestione. relativi al finanziamento dell’esercizio. Questo fa capire che l’elemento determinante è il tempo di esposizione al rischio piuttosto che il rischio in sé ed è importante capire la velocità con cui si riesce a rientrare e quanto ci vorrà per ottenerne un reddito accettabile. di rimborso dei debiti a medio – lungo termine e di distribuzione dei dividendi. Questo valore tenderà a diminuire più la possibilità di averlo liquido si allontanerà nel tempo. la situazione è ottimale perché c’è equilibrio tra fonti e usi correnti e non e quindi l’omogeneità è rispettata. sarà più facile capire che tipi d’investimento fare. Con questa operazione si può determinare un saldo monetario. Se i saldi tendono a 0. Se il saldo è molto positivo bisogna ricercare un’ opportunità di investimento per evitare di tenere della liquidità infruttifera. viene di solito presa come una dimensione generale della stessa. IL QUADRO GENERALE DEI MOVIMENTO MONETARI E IL PIANO DI CASSA O BUDGET DI TESORIERA. La situazione di cassa e banca è il collegamento tra i due esercizi. in cui si fa rientrare l’aumento dei debiti a breve. analizza i 2 documenti precedenti mese per mese. e il SALDO COMPLESSIVO (saldo concorrente + saldo non concorrente). Anche gli usi sono divisi in due gruppi. guardando il flusso delle entrate e delle uscite.. per esempio il licenziamento di dipendenti. come l’IVA. Questo prospetto permette di determinare il saldo positivo o negativo derivante dalle operazioni connesse con l'esercizio. nell'altro indica il sopravvenire di un fabbisogno netto. alienazioni patrimoniali. capire se è possibile coprire i saldi negativi che si hanno o usare meglio le risorse. in grado di accrescere le risorse intangibili. molto probabili e probabili. Le fonti sono distinte in tre gruppi: FONTI DELLA GESTIONE. inerenti ad esempio a processi di investimento. in modo da avere sempre liquidità. in cui si comprendono dati relativi a periodi pluriennali (capitale. di produzione e finanziario. Il prospetto è suddiviso in due parti: la parte superiore si riferisce alla valutazione tra equilibrio e omogeneità tra le FONTI E GLI USI NON CONCORRENTI ( ossia quelli che si riferiscono a periodi pluriennali) e la parte inferiore è destinata a stimare le stesse caratteristiche per le FONTI CONCORRENTI (ovvero quelle che sono relativi all’esercizio). Se è negativo si deve provvedere anticipatamente alla sua copertura o al ridimensionamento degli impieghi. il prospetto e i preventivi di cassa. mentre le uscite possono essere fisse mensili. Per questo la pianificazione finanziaria. Questo metodo fa capire quanto è rischioso un investimento perché indica quanto tempo passa tra il momento in cui inizia l’investimento e il momento in cui rientra dell capitale investito (inflow). che sono IL PROPETTO DELLE FONTI E DEGLI IMPIEGHI. Con questo prospetto è dunque possibile verificare anticipatamente le alternative per la copertura dei flussi finanziari determinati dagli usi al fine di preservare costantemente l’equilibrio finanziario nel rispetto del principio dell’omogeneità. LA VALUTAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA E STRATEGICA DEI PROGETTI DI INVESTIMENTO Nell’ambito della programmazione finanziaria.). periodiche. o straordinarie. e quanto capitale lasciare corrente. Il prospetto delle fonti e degli impieghi serve per valutare l’equilibrio tra il fabbisogno finanziario e le possibilità di fonti di finanziamento per un periodo pluriennale e serve anche a controllare che tale equilibrio sia raggiunto e mantenuto nel rispetto del principio dell’ omogeneità. Analizzando i tempi dei vari progetti si può definire una graduatoria di priorità degli impieghi. Il prospetto consente la determinazione di tre saldi: il SALDO FINANZIARI. La situazione monetaria diventa difficile quando alla fine del periodo il saldo banche è maggiore di quanto si è ricevuto all’inizio. IL PROSPETTO GENERALE DEi FLUSSI MONETARI DELLE OPERAZIONI DI ESERCIZIO. LA PROGRAMMAZIONE E IL CONTROLLO DELLA GESTIONE FINANZIARIA Ai fini del controllo vi sono da redigere dei documenti fondamentali. Quando si considerano entrate e uscite bisogna tener conto che le entrate possono essere certe. il SALDO CONCORRENTE. Pay back period: periodo di recupero. Se si compila il piano finanziario. debiti a medio-lungo termine. Il prospetto dei flussi monetari delle operazioni di esercizio analizza per ogni partita l’entrata o l’uscita effettiva. che nel loro complesso rappresentano il CASH-FLOW aziendale (risultato d’esercizio + ammortamenti + accantonamenti). centrale è il problema della valutazione dei progetti di investimento. derivato dalla contrapposizione di usi e fonti non concorrenti e che riguarda la modificazione della struttura finanziaria dell’azienda. Le principali tecniche di valutazione sono tre: il PAY-BACK PERIOD. e quelli NON CONCORRENTI. ecc. Quando si sono individuo costi e ricavi si passa al grafico.Di abbandono: possibilità di interrompere l’investimento se ci si rende conto che non è conveniente. Questo permette di vedere se la redditività attualizzata è superiore al costo che si sta sostenendo per realizzarla. costo per acquisire i fondi 6%. cioè mentre si investe potrebbero presentarsi altre opportunità e queste saranno di più o di meno a seconda che si riesca a smobilitare il proprio investimento. VAN valore attuale netto Si immagini che il tasso di attualizzazione sia uguale al costo del capitale.Capacità finanziaria (quanto si ha a disposizione). perché si compara in un unico momento storico. Trovato questo tasso si potrà compararlo con quello che bisogna pagare per reperire i fondi e se il divario è positivo. infatti anche se si ottengono risposte certe. Ogni investimento deve poi essere valutato anche in base al suo grado di flessibilità strategica.Di sviluppo: possibilità di crescita legate allo sviluppo dell’investimento. Per costruire il grafico si deve rilevare (per fare un’analisi consuntiva) o ipotizzare (per un’analisi preventiva) i costi fissi (costi il cui ammontare non risulta significativamente correlato al volume produttivo). Il diagramma di redditività è quello che misura la potenzialità economico-strutturale e valuta come le scelte aziendali abbiano impatto sul rapporto costi-volumi-risultati. prima si troveranno i costi fissi. Per costruire il grafico si deve inserire poi un coefficiente di variabilità e un’unità di misura (per esempio quanto venduto). I vincoli interni sono dati da: .recupero di un progetto. . LA MISURAZIONE DELLA POTENZIALITA’ ECONOMICO-STRUTTURALE MEDIANTE IL DIAGRAMMA DI REDDITIVITA’ La capacità di produrre reddito non deriva solo dai comportamenti attuati dall’impresa.Di differimento: possibilità di scegliere il tempo dell’investimento.Potenzialità economico-strutturale (rapporto tra costi fissi.Capacità di produzione. 4. senza che gli effetti siano influenzati dalla concorrenza (per esempio si sfrutta un brevetto). non si riesce a dire quale incidenza può avere quell’investimento su altre aree dell’azienda. allora è conveniente investire. ma anche dai vincoli esterni ai quali è sottoposta. variabili (costi il cui ammontare risulta significativamente correlato al volume produttivo) e i ricavi. . Con questi metodi matematici non si ha una risposta per capire se è giusto fare l’investimento. Questa teoria è detta delle opzioni e ne individua 4: . poi quelli variabili. . per capire se l’incidenza dei costi è rimasta uguale negli anni in base all’unità di misura scelta. Perché allora attualizzare? Per comparare più facilmente i progetti. ma piuttosto un’indicazione della priorità.Di flessibilità: possibilità di poter cambiare l’investimento in base ai cambiamenti dell’ambiente. . TIR tasso interno di rendimento Per prima cosa si deve ottenere il tasso di attualizzazione che rende uguali i flussi di entrate e uscite. I ricavi si trovano con la contabilità. Quindi la potenzialità economico-strutturale si basa sulla variabilità dei costi piuttosto che su quanto venduto. TIR 9%. Per fare questa operazione si ha bisogno di due metodi: TIR e VAN. in cui individuare il . così si capisce se il proprio investimento attuale è conveniente. per cui quell’investimento potrebbe essere utilissimo. costi variabili e ricavi). Un VAN più alto fa capire che l’investimento è conveniente. mentre i costi si devono calcolare analizzando periodi di tempo di 5-10 anni. . si investe. perché è più conveniente usare le proprie risorse piuttosto che indebitarsi. soglia di accettazione o rinuncia del progetto). Dato che divide la zona di perdita e quella di ricavo se si hanno più costi o meno ricavi si sposta verso destra. Leva Operativa = Variazione percentuale del reddito operativo Variazione percentuale delle vendite Un’azienda con alti costi fissi in rapporti a quelli totali e ai ricavi ha una leva operativa alta. 2) Dipende dall’andamento della domanda: . Il punto di pareggio può essere calcolato. Q la quantità di vendita. intesa come il rapporto tra la variazione percentuale del reddito operativo e quella delle unità vendute. che altrimenti incidono molto sul prezzo . Da ciò derivano il Material Requirements Planning (MRP).Staticità dell’ambiente di riferimento.Flow Control: cioè le scorte vengono determinate in base agli ordini di vendita da evadere. ma permette di risparmiare sulle scorte. Se l’area dei profitti aumenta si ha una maggiore potenzialità economico-strutturale. Grazie a questo punto si riuscirà a dire. anche se molto utile. se positivo e di deficit. R sono i ricavi. si basa su 4 linee semplificatrici. La differenza tra quanto prodotto e quanto venduto serve per ottenere il pareggio. LE TECNICHE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO DELLE SCORTE Altra area della gestione su cui soffermarsi è quella della logistica. Cf i costi fissi. cioè si cerca di far coincidere le scorte con il fabbisogno di breve periodo. Due diverse impostazioni di gestione della quantità di giacenze da tenere in magazzino: 1) Dipende dai tempi di assorbimento dei materiali e dai tempi di riapprovigionamneto degli stessi: . è detto margine di sicurezza. partendo dall’equazione del profitto. . o di prodotti finiti.e il Just-in-time per cui si cerca di ridurre a zero le giacenza per generare vantaggi economici e eliminare i rischi d’immobilizzo. Oltre questo punto si avrà un ricavo. semilavorati o in corso di produzione da vendere. Più costi fissi si hanno e più bisogna produrre perché questi incidano meno sulle singole unità prodotte.punto di pareggio. Il punto di pareggio prevede che il profitto sia pari a 0 e quindi R x Q = Cf + ( Cv x Q ) da cui ottenere Q= Cf / R – Cv. Per farlo si parte dall’ordine di vendita e si acquistano i materiali in base ai tempi di produzione dei prodotti ordinati. può essere intesa anche come il grado di sfruttamento dei costi fissi. si avrà questa formula: x=ay + k da cui deriva y=k/1-a. Questo grafico. partendo dall’equazione x=y. il costo complessivo x e i costi fissi k. cioè il punto in cui i costi e ricavi si eguagliano. cioè relativa alle scorte e al magazzino. In Q determinata così si ha il punto di pareggio. . in modo da ridurre le giacenze accumulate. l’area delle perdite aumenta e diminuisce quella dei profitti e viceversa. . Se invece si avesse il coefficiente della linea dei costi (a). Al punto di pareggio si collega il concetto di leva operativa. Il justin time rende fragile la lean production.Proporzionalità dei costi variabili. per produzioni omogenee. che vanno considerate per ridimensionare il valore dello strumento: . se negativo. perchè all’aumentare della produzione il suo reddito cresce più in fretta rispetto a una con leva operativa più bassa. qual è la potenzialità economico-strutturale dell’impresa. . Cv i costi variabili.Costanza dei ricavi unitari di vendita. prima una perdita.Invariabilità della composizione quali-quantitativa della gamma. cioè quelle che servono per produrre.Stock Control: cioè controllo il livello delle scorte senza considerare come cambiano i processi di produzione e vendita (scorte separate e ciclo di ordinazione). Le scorte possono essere di materie. o break even point. Il problema è capire quando e quanto ordinare le materie che servono nella produzione. 5. a seconda di dov’è posizionato. Per farlo bisogna creare una rete molto efficiente con i fornitori e questo è possibile se si ha potere per imporsi sui fornitori. D’altra parte in questo modo la struttura è meno flessibile e più rischiosa. cercando di definire una quantità ottimale. Altri criteri per distinguere i prodotti e le scorte è la valutazione dell’ essenzialità dei materiali. In realtà questa soluzione è un po’ semplificata perché parte dal presupposto che i costi per la conservazione cambino solo al cambiare della quantità di scorte. Questo costo deriva dal costo di mantenimento e dal costo di ordinazione. L gestione delle giacenze è fatta in modo selettivo e questo metodo è detto ABC. Ciclo di ordinazione: si parla di scorta ottimale perché la quantità cambia di volta involta. determina quando ordinare e il quanto segue. mentre resta ferma la quantità di stock da avere all’ inizio di ogni periodo. Determinato il livello di riordino. Dato che i prodotti da stoccare sono molti e diversi. cioè tutte le spese che sostengo per ordinare. devo vedere quanto ordinare. ricevere la merce e distribuirla. scende il costo di ordinazione e sale il costo di mantenimento. Attraverso una serie di calcoli si può dire che i due costi variano al variare della quantità: all’aumentare della quantità ordinata. determina quanto ordinare e il quando segue.1 LE TECNICHE DELLE SCORTE SEPARATE E DEL CICLO DI ORDINAZIONE Esistono due tipi di Tecniche Stock Control: Tecnica delle scorte separate (two byn system): tecnica a quantità fissa. cioè i prodotti sono divisi in prodotti A che hanno più valore per l’impresa. ma meno rispetto agli A e prodotti C che sono meno necessari. mentre per C si usa il ciclo di ordinazione. Scorte separate: definire il livello di riordino.5. cioè la quantità che fa scattare il riordino. È anche da considerare che più acquisto più potrei avere costi di trasporto e di acquisto più bassi e questi fattori possono portare a fare scelte diverse. prodotti B che hanno valore. cioè il lotto con cui il costo di gestione complessivo è minimizzato. A e B di solito vengono gestiti con il metodo delle scorte separate. Decide quanto comprare alla fine di ogni ciclo produttivo in base alle scorte che si hanno via. la difficoltà di reperirli e la variabilità dell’offerta nel tempo. . la si riordina. tranne il costo reale dell’oggetto richiesto. alcuni hanno più valore di altri e quindi andranno stoccati in modo diverso. Questo livello dipende dal tempo guida. Tecnica del ciclo di ordinazione (ordering cycle system): tecnica a tempo fisso. Quando la scorta raggiunge un valore minimo. dato dalla somma del tempo che ci vuole per ordinare. L’indice con cui valuto l’efficienza sulle scorte è il tasso di rotazione. Si ottiene un risultato che mi dice in media dopo quanto si è rinnovato il magazzino. Vista la difficoltà nel calcolare l’indice considerando i prezzi.3 LA MISURAZIONE DELL’EFFICIENZA DELLA GESTIONE DELLE SCORTE E DEL MAGAZZINO Avere un magazzino significa avere una parte del capitale immobilizzato e quindi una situazione finanziaria meno elastica.5. così che il cliente decida di aspettare. sia fisica. I rischi legati ai prodotti possono essere legati alla deperibilità del prodotto stesso. 5. cioè riducendo i costi. facendo attenzione a mantenere il tempo d’attesa molto basso. Calcolare il tasso di rotazione permette di capire la velocità di assorbimento dei prodotti immessi sul mercato e quindi l’andamento della domanda e se la rotazione è in linea con gli anni precedenti o con la concorrenza si può pensare a scelte alternative di produzione o vendita. che dicono comunque quante volte si rinnova il magazzino in un lasso di tempo. sia tecnica (un computer). dato dal rapporto tra materiale uscito dal magazzino in un certo lasso di tempo e giacenza media nello stesso periodo. Si fanno delle misurazioni proprio per capire come migliorare il rendimento di questi investimenti e per trovare metodo di gestione più efficienti. Avere pochi prodotti può voler dire perdere una vendita se il cliente non è disposto ad accettare e la disponibilità all’attesa è fortemente condizionata dalla brand loyalty del cliente. Altri due indici significativi sono: costi di magazzino a) costi di magazzino b) .2 LA GESTIONE DELLE SCORTE DI PRODOTTI FINITI Il rischio di avere in magazzino prodotti e non materie è diverso ma lo stesso importante. per cui il prodotto diventa inutilizzabile e dal fatto che una materia ha un valore più basso di un prodotto finito e quindi è meno rischioso stoccarla e costa di meno in termini di oneri di custodia. Si cercherà quindi di lavorare molto su commessa e usando un network telematico si cercherà di far partire la produzione appena si riceve l’ordine. rapportando il costo del magazzino con il costo di produzione e 2) Quanto incide lo stesso costo su ogni singola unità prodotta rapportando il costo di magazzino con la giacenza media. Può essere infine utile capire: 1) Quanto incide il magazzino sul costo di produzione. sarà meglio usare solo quantità fisiche. Più questo indice è elevato meglio è stato gestito il magazzino perché vuol dire o che sono usciti più materiali o che è diminuita la giacenza media. operativa e finanziaria. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLA VALUTAZIONE DEI RISCHI D’IMPRESA APPENDICE: LA COSTRUZIONE DEL BUSINESS PLAN Il Business Plan e’ il documento che presenta in ottica prospettica un’iniziativa imprenditoriale allo scopo di: 1) Valutarne anticipatamente la fattibilità (sia in relazione alla struttura aziendale che al contesto nel quale l’impresa andrà ad operare). che definisce in maniera esplicita i contenuti strategici cui devono riferirsi i diversi attor aziendali.Rappresenta un’occasione di riflessione per l’imprenditore. come le banche. potenziali investitori. Una business idea è composta da tre elementi: 1) Il sistema di prodotto. che identifica l’offerta rivolta al mercato.Risorse umane necessarie e modello di struttura organizzativa. 3) Le risorse interne attraverso le quali si confida di poter realizzare l’idea imprenditoriale. sottolineando i vantaggi per la clientela ed i punti di forza rispetto ai concorrenti. . con cui l’imprenditore può presentare la sua idea imprenditoriale a diverse categorie di interlocutori (potenziali finanziatori. nonché i risultati economicofinanziari attesi. .E’ uno strumento di pianificazione e controllo. come società di venture capital. business angel. 2) Stimare le risorse (economico-finanziarie. o. Andrà qui evidenziato anche il contributo richiesto al destinatario del business plan. Il piano di impresa dovrebbe prima di tutto presentare i connotati distintivi della business idea e valutarne anticipatamente la validità e la fattibilità. Si indicano i prodotti/servizi che si intendono offrire. dunque.I mercati di sbocco . valutando anticipatamente l’impatto che tale progetto potrà produrre sul mercato e i risultati economicofinanziari che potranno derivarne. umane e tecnologiche) da investire per implementare il progetto imprenditoriale.Idea imprenditoriale e compagine aziendale .E’ uno strumento di comunicazione esterna. Executive summary . le opportunità di mercato che si ritiene di poter cogliere. Il cuore del piano di impresa è dunque rappresentato dalle scelte strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale. potenziali partner) e persuaderli della bontà del progetto per ottenerne il coinvolgimento e le risorse.costo di produzione giacenza media 6. fornendo un’utile base di raffronto per valutare la bontà dei risultati conseguiti. ecc. in cui si presentano brevemente natura e finalità del progetto.Prodotti/servizi da realizzare . 2) Il segmento di mercato. che è chiamato ad analizzare criticamente (e. si valuta la dimensione del mercato. ossia la tipologia di clienti cui l’impresa si rivolge. affinare) le proprie intuizioni relative all’opportunità imprenditoriale intravista.un documento di riepilogo. indicando le strategie da adottare. . . .Analisi dell’ambiente esterno . evidenziando la mission aziendale e l’essenza della business idea. ancora. RICAVI OPERATIVI – COSTI OPERATIVI In ogni impresa si possono separare quattro tipi di attività o fenomeni di differente matrice gestionale: . Il Business Plan risulterà coerente quando siano presi nella giusta considerazione i collegamenti fra strategie. È un classico controllo di tipo susseguente. non può essere considerato un valido indicatore dell’efficienza globale della gestione. Capitolo Ventesimo: LE TECNICHE DI VALUTAZIONE DELL’EFFICIENZA AZIENDALE 1. si adoperano altri indicatori. in linea teorica. Alcune delle tecniche e degli strumenti utilizzati per la valutazione dell’efficienza aziendale possono essere impiegati anche per il controllo antecedente. Il reddito di esercizio. condizionato dalle scelte passate e dalle prospettive di gestione. Il margine o reddito operativo rappresenta il risultato della sola gestione caratteristica. concomitante e susseguente. LE TECNICHE DI VALUTAZIONE DELL’EFFICIENZA AZIENDALE La valutazione dell’efficienza consente di apprezzare lo stato di salute dell’impresa nel suo complesso o in relazione a sue parti significative. lordo e netto.L’errata formulazione della previsione dei volumi di vendita. funzione delle politiche di bilancio. ipotesi di partenza e dati economico-finanziari e venga parallelamente garantito il rispetto delle connessioni logiche (nessi di causalità o interdipendenza) che sussistono tra insiemi di scelte diverse e tra i differenti prospetti economico-finanziari. come il cash flow e il margine (o reddito) operativo. può inficiare l’attendibilità e l’utilità del complessivo business plan. scelte operative. 2. RICAVI DI ESERCIZIO – COSTI DI ESERCIZIO Per questo motivo. misura il successo delle operazioni svolte nell’anno. IL CASH-FLOW E IL MARGINE OPERATIVO QUALI VALORI INDICATIVI DELL’EFFICIENZA AZIENDALE A questo scopo. Il Cash-flow rappresenta la misura dell’autofinanziamento aziendale. E’ un valore residuale. Generalmente viene realizzato sui dati annuali. ma può riguardare anche periodi infra-annuali (in tal caso si avvicina alla logica del controllo concomitante). Esso può essere FINANZIARIO (risultato di esercizio + ammortamenti netti + accantonamenti netti) o reddituale (risultato di esercizio + accantonamenti netti). se riferito al singolo esercizio. 3. caricati sempre all’esercizio. non è possibile costruire degli indici quantitativi o qualitativi. La valutazione di questo tipo di efficienza va dunque condotta sia mediante la misurazione del rendimento del personale. L’ efficienza economica può invece essere misurata con riferimento a tre parametri: costi. LA VALUTAZIONE DELL’EFFICIENZA ORGANIZZATIVA E COMMERCIALE La valutazione dell’efficienza organizzativa e commerciale riguarda le risorse umane. che è composta dagli eventi imprevedibili. Il primo è generalmente valutato sulla base di indici quantitativi e qualitativi. insussistenze. sia per mezzo di appropriate analisi organizzative. È dato dalla sommatoria dell’utile netto di esercizio e delle quote di ammortamento e di accantonamento al netto degli usi (cash-flow finanziario) oppure dalla sommatoria all’utile netto di esercizio delle sole quote di ammortamento al netto degli usi (cash-flow reddituale). 4) La gestione straordinaria. di cui il più importante è senza dubbio l’indice di produttività. ma bisogna condurre delle analisi piuttosto complesse mediante interviste ai responsabili dei servizi o delle divisioni amministrative.1) La gestione tipica o caratteristica. Il cash-flow o flusso di cassa rappresenta la quantità di risorse finanziarie generate nell’esercizio. Per quanto riguarda l’altro aspetto dell’efficienza organizzativa. o accessoria. ecc. ricavi e reddito. costituita da tutte le operazioni destinate a raggiungere l’obiettivo fondamentale per cui l’impresa stessa è stata creata. . Il valore più significativo è il risultato collegato alla gestione operativa. cioè quello relativo all’attività tipica o propria dell’impresa. un immobile dato in locazione a terzi). valutazione delle mansioni. 3) La gestione patrimoniale. cioè quello relativo alla struttura e alle procedure di lavoro. Queste analisi richiedono l’impiego di specialisti in organizzazione aziendale. straordinaria e accessoria. plusvalenze. proprio mediante la dilatazione o la compressione delle politiche di ammortamento e di accantonamento. nel loro verificarsi o nella misura degli effetti prodotti (es. costituita dall’amministrazione dei beni non strumentali per l’esercizio della gestione tipica (p. in grado di valutare l’adeguatezza della struttura alle strategia che l’imprese intende attuare. 2) La gestione finanziaria. È pari all’utile netto prodotto dalla gestione più il complesso di costi. ma non seguiti da uscite di cassa. La maggiore significatività del cashflow rispetto al reddito deriva dal fatto che spesso. minusvalenze). che si costruisce ponendo a raffronto il risultato conseguito e lo sforzo sostenuto e che serve a misurare l’efficienza del lavoro sia umano sia meccanico. Due sono i tipi di indici quantitativi più utilizzati: 1) INDICI DI ECONOMICITA’: costi di singole funzioni (o costi totali) / ricavi. la struttura e le procedure. con particolare riguardo al corretto impiego delle capacità personali presenti nell’azienda. sopravvenienze. si determina il risultato di esercizio. È quindi molto importante determinare quanta parte del risultato di esercizio scaturisca dalla gestione caratteristica e quant’altra da quella finanziaria. rappresentata dalle operazioni di reperimento e d’impiego dei fondi occorrenti o prodotti dall’attività aziendale.e.. Effetto dell’inflazione nell’interpretazione dei dati Indicatori prevalentemente interni sono il tasso di sviluppo del fatturato. Gli aspetti rilevanti sono: . 4. .Consapevolezza dei limiti informativi legati alla fonte dei dati (bilancio). gli indici di ampliamento della clientela.Difficoltà di reperimento del dato sulle vendite del mercato .Analisi temporale e spaziale. GLI INDICI DI REDDITIVITA’ E DI ECONOMICITA’ (RATIO) Gli indici (ratio) sono uno strumento per l’interpretazione del bilancio di esercizio e costituiscono una base per le valutazioni prospettiche della situazione patrimoniale. Passando poi a considerare l’ efficienza esterna l’indice che meglio rappresenta le valutazioni sintetiche è la quota di mercato.Definizione del mercato dell’impresa . . cioè il rapporto tra vendite aziendali e vendite complessivamente effettuate nel particolare mercato.2) INDICI DI REDDITIVITA’: misure del reddito aziendale / misure del capitale.Riclassificazione delle poste di bilancio. finanziaria ed economica di un’azienda.Dimensione dell’impresa e concentrazione del mercato . QUOTA DI MERCATO = VENDITE AZIENDALI VENDITE COMPLESSIVE E DEL MERCATO SERVITO LIMITI . . gli indici di penetrazione distributiva. trasporto). Un indicatore di particolare valore. oneri finanziari. Il costo di distribuzione è inteso come il complesso degli oneri che l’impresa sostiene per far defluire le sue produzioni al mercato di sbocco. . zone. zone di vendita. stipendi. gruppi di clienti. 6. canali). canali di distribuzione. Gli aspetti da misurare riguardano la solvibilità. c) SOGGETTIVA: per segmenti di vendita (prodotti. b) OGGETTIVA: per oggetto di spesa (fitti. GLI INDICI DI VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA Vi è un altro gruppo di valori e indici che consentono di valutare la situazione finanziaria dell’impresa. L’ANALISI DEI COSTI DI DISTRIBUZIONE Serve a stimare i margini di contribuzione o i tassi di redditività di prodotti. che non è un ratio. L’analisi può essere sviluppata secondo tre procedure: a) FUNZIONALE: per attività specifiche di vendita (promozione. la solidarietà patrimoniale e la liquidità. magazzino.5. è il cosiddetto margine di struttura.ecc…). oggetto di spesa o segmento di vendita).A seconda dell’oggetto dell’analisi (specifica attività. 8. a) DIRETTI: specificamente attribuibili all’elemento per cui si conduce l’analisi. grazie all’allargamento dello spettro di “prospettive” da monitorare per una valutazione complessiva della performance aziendale: 4 PROSPETTIVE: 1. i costi distributivi possono essere distinti in diretti. L’ANALISI QUALI-QUANTITATIVA DELL’EFFICIENZA: LA <<BALANCED SCORECARD>> E’ un sistema di rilevazione dell’efficienza aziendale alternativo ai tradizionali strumenti esclusivamente quantitativi. indiretti e semidiretti). Questa impostazione è tanto più significativa quanto meno rilevante è l’incidenza dei costi indiretti sul totale dei costi di distribuzione. c) SEMIDIRETTI: costi indiretti che. strettamente integrate. La balanced scorecard si caratterizza per la grande flessibilità di utilizzo: il modello va adattato alle peculiarità della specifica realtà aziendale. Processi aziendali 4. Economico finanziaria 2. ponderandole. sulla base di criteri razionali. L’ANALISI DEI RENDIMENTI DELLA RETE DI VENDITA Serve a misurare l’efficienza della rete di vendita mediante la costruzione di una serie di indicatori volti ad analizzare specifici aspetti. 7. . Soddisfazione del cliente 3. Apprendimento Le 4 prospettive. possono essere attribuiti in modo appropriato all’elemento dell’analisi. consentono una valutazione della performance che combini. La tecnica del direct costing prende in considerazione solo i costi diretti. indiretti e semidiretti. La tecnica del costo pieno (full costing) considera tutti i costi sostenuti per la distribuzione (diretti. b) INDIRETTI: non imputabili direttamente all’oggetto dell’analisi. misure di breve termine e misure di medio lungo termine. L’UTILITA’ DEL CONFRONTO COMPETITIVO (BENCHMARKING) . Lo scopo è di individuare le cause del vantaggio competitivo soprattutto delle imprese eccellenti per poter ridurre lo svantaggio.Attività sistematica di controllo della concorrenza mediante il confronto delle performance realizzate. di fondamentale importanza è la corretta scelta delle imprese da utilizzare come parametro di raffronto e di riferimento. Per una valida attività di benchmarking. .
Copyright © 2024 DOKUMEN.SITE Inc.