OPERATION “HUSKY” L’INVASIONE DELLA SICILIA E L’INTERVENTO DEGLI AEROSILURANTI DELL’ASSE Francesco Mattesini
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LO SBARCO IN SICILIA E L’ATTIVITA’ DEGLI AEROSILURANTI ITALIANI TRA IL 9 E IL 15 LUGLIO 1943 Lo sbarco in Sicilia (operazione “Husky”), era stato deciso dal Primo Ministro britannico Winston Churchill e dal presidente statunitense Frank Delano Roosevelt a Casablanca nella seconda metà di gennaio 1943, con l’intendimento di riaprire il Mediterraneo alla navigazione degli Alleati, fu pianificato e preparato dagli anglo-americani sotto la direzione del Comandante in Capo Alleato, generale Dwight Eisenhower, con sede ad Algeri. L’operazione anfibia fu preceduta da un’impressionante offensiva aerea diretta contro gli obiettivi dell’isola, gli aeroporti in particolare, sui quali furono letteralmente fatti a pezzi i reparti da caccia italo tedeschi rimasti a difendere l’isola, dopo il ritiro dalla Sicilia e dalla Sardegna dei bombardieri e degli aerosiluranti dell’Asse, che furono trasferiti nelle basi del continente verso la fine di giugno per sottrarli a quella temibile minaccia. L’operazione “Husky” iniziò nella notte tra il 9 e il 10 luglio in un tratto di costa lungo ben 110 km, tra Gela e Siracusa, che rappresentò la maggiore estensione di un’operazione anfibia realizzata nel corso della seconda guerra mondiale. Vi parteciparono 3.445 velivoli e ben 2.590 unità navali di ogni tipo, di cui 1.614 britanniche, 945 statunitensi e 31 di altre marine alleate. La forza anfibia fu ripartita in 21 convogli d’attacco, che trasportavano 181.000 uomini, 14.000 veicoli e 600 carri armati, mentre le forze navali destinate alla scorta, in massima parte britanniche, possedeva il suo nucleo principale nella famosa Forza H che, dislocata nello Ionio, comprendeva le corazzate Nelson, Rodney, Warspite e Valiant, le portaerei di squadra Indomitable e Formidabile (con 73 caccia e 27 aerosiluranti), cinque incrociatori e quindici cacciatorpediniere. Vi erano poi le moderne corazzate Howe e King Gorge V, gli incrociatori Dido e Sirius e sei cacciatorpediniere, con il compito di proteggere il movimento verso levante dei convogli d’assalto in navigazione tra Algeri e l’entrata occidentale del Canale di Sicilia, di effettuare diversioni in direzione della Sardegna, e di rinforzare la Forza H in caso di necessità. E infine altre numerosissime unità navali, comprendenti nove incrociatori (i britannici Uganda, Maritius, Orion, Carlisle, Colombo, Delhi, gli ultimi tre contraerei, e gli statunitensi Philadelphia, Savannah e Boise) erano assegnate alla scorta dei convogli d’invasione e per l’appoggio d’artiglieria nelle spiagge di sbarco. Infine la componente aerea degli Alleati comprendeva una massa di 3.680 velivoli di tutti i tipi, ossia bombardieri, aerosiluranti, cacciabombardieri, caccia e velivoli da trasporto per il lancio di paracadutisti. Per opporsi a questa imponente massa di mezzi, alla data del 9 luglio le forze dell’Asse potevano contare in Sicilia su 260.000 uomini, dei quali circa 30.000 tedeschi, mentre la forza aerea di prima linea, ripartita nelle basi della penisola italiana, in Sardegna e nella Francia meridionale, si avvaleva di 932 velivoli germanici della 2a Luftflotte (inclusi 50 ricognitori, 356 bombardieri, 32 aerosiluranti, 81 distruttori, 134 assaltatori e 279 caccia), e di 932 velivoli italiani (inclusi 3
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ricognitori strategici, 192 bombardieri, 77 aerosiluranti, 20 da combattimento, 28 tuffatori, 161 assaltatori e 514 caccia).1 Occorre dire che da parte degli Stati Maggiori delle Forze Armate italiane e e dei Comandi tedeschi in Italia, in particolare del Comando del Sud (OBS) del feldmaresciallo Albert Kesselring, l’operazione di sbarco degli in Sicilia era attesa e, contrariamente a quanto troppo spesso viene affermato con troppa enfasi, non generò alcuna sorpresa nei comandi dell’Asse, dal momento che non servirono ad ingannarli i vari espedienti realizzati dagli Alleati.
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Secondo quanto è scritto nella lettera del 4° Reparto di Superaereo n. 7025077 del 9 luglio 1943, la Regia Aeronautica poteva fare assegnamento su una massa di circa 280 velivoli siluranti dei tipi S. 79 e S. 79 bis, dei quali 180 destinati alle linee, e 100 di riserva. Tuttavia poiché 170 velivoli dovevano ancora completare la trasformazione in aerosiluranti, prevista nel termine di quattro mesi – con un ritmo di circa 40 esemplari al mese – ne restavano realmente disponibili 110, dei quali, escludendo i 30 assegnati ai gruppi complementari e alle scuole, soltanto 80 velivoli erano ripartiti nei vari gruppi d’impiego.
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Due giorni prima dello sbarco colonna di M4 Sherman in attesa di salire sui mezzi da sbarco per carri armati LST nel porti tubisini di La Pecherie.
Il più famoso fu quello del cadavere di un uomo deceduto in Inghilterra di polmonite e che, sotto il nome fittizio di “maggiore William Martin dei Royal Marines” e per simularne la morte per annegamento, fu mollato in mare, la notte del 29-30 aprile, dal sommergibile Seraph e fatto arenare sulle coste spagnole di Cadice, con lettere contraffatte di alti ufficiali britannici che indicavano la Grecia quale obiettivo dello sbarco. Nessuna forza tedesca, com’è stato sostenuto per vantare il presunto successo dell’Operazione “Martin”, lasciò la Sicilia che, anzi, fu per quanto possibile rinforzata, senza togliere forze destinate alla Grecia (1a Divisione corazzata dalla Francia) come dall’autunno 1942 Hitler spingeva per convincere il suo Alto Comando, l’O.K.W. In definitiva, nonostante quanto è stato detto e scritto, l’Operazione “Martin” non servì a nulla. Il primo contrasto ai convogli d’invasione degli Alleati si realizzò per mezzo dei sommergibili. Dopo la perdita di Pantelleria (10 giugno) e l’incertezza sulle prossime azioni nemiche, la Regia Marina mantenne agguati preventivi lungo le coste metropolitane e in una zona a sud della Sardegna. Da qui nel mese di giugno i sommergibili nazionali effettuarono alcune puntate offensive senza esito verso i porti algerini di Bougie e Philippeville, in cui era segnalato ingente traffico nonché il
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concentramento di una parte cospicua del naviglio anglo-americano destinato all’invasione dell’Italia. Vi furono alcuni attacchi ma senza successo.
L’ammassamento dei mezzi da sbarco per l’imbarco delle truppe in porto della Tunisia.
E poiché anche in precedenza, a parte in qualche occasione, i risultati degli attacchi dei sommergibili italiani erano stati deludenti, direi penosi non essendo riusciti a colpire una sola nave negli ultimi quattro mesi, e specie se confrontati con i risultati conseguiti degli U-boote tedeschi, era evidente che le modalità di addestramento e d’impiego dettate da Maricosom (il Comando della Squadra Sommergibili) e da Supermarina (L’organo operativo dello Stato Maggiore della Regia Marina) erano rimaste del tutto insufficienti. Perché altrimenti non si possono spiegare i mancati risultati conseguiti nei lanci di siluri, tutti da lontano e andati a vuoto, se non considerando che gli attacchi erano portati dai comandanti con estrema prudenza e da distanze eccessive. I rapporti britannici sostengono che gli attacchi dei sommergibili italiani erano sempre portati da grande distanza e i siluri, avvistati per tempo dalle navi che avevano il tempo di poter manovrare per evitarli. Lo stesso accadeva d'altronde anche nei reparti degli aerosiluranti, e questo era in gran parte da addebitare, più che alle modeste caratteristiche dei velivoli, alle deficienze di addestramento del nuovo personale, e a una certa prudenza nel condurre gli attacchi.
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Mezzi da sbarco britannici LCI in convoglio diretti verso le spiagge meridionali della Sicilia.
Notte del 9-10 luglio. Con pessime condizioni atmosfere, che avevano fatto temere di dover sospendere l’operazione di sbarco a causa delle onde che rendevano pericolosa la navigazione dei mezzi da sbarco calati dalle navi da trasporto, uno dei convogli britannici si avvicina alle coste della Sicilia.
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Lo sbarco in Sicilia di truppe e armi da combattimento da mezzi da sbarco per carri armati LCT.
Altre truppe e mezzi sono sbarcato sul settore statunitense dsa navi da sbarco LST.
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Da parte tedesca erano disponibili soltanto diciotto U-boote, i quali però furono opportunamente concentrati a ponente e a levante della Sicilia, ove ai primi di luglio ebbero modo di trovarsi sulla rotta di alcuni convogli d’invasione. Tre sommergibili, attaccando con la solita determinazione lungo le coste algerine il convoglio KMS.18/B – proveniente dalla Gran Bretagna con elementi della 1 a Divisione Canadese – riuscirono a silurare ed affondare, nei giorni 4 e 5 luglio, tre piroscafi britannici, due dei quali, St. Essylt e City of Venice, ad opera dell’U 375 (tenente di vascello Jürgen Konenkamp), mentre il Devis subì la stessa sorte per attacco dell’U 593 (tenente di vascello Gerd Kelbling). Un altro piroscafo britannico, lo Shahjehan – del convoglio MWS.36 proveniente dal Medio Oriente – fu attaccato il 6 luglio ad ovest di Derna dall’U 453 (tenente di vascello Gert Von Schlippenbach) e si perse con uomini e mezzi della 231a brigata di fanteria. Lo stesso sommergibile aveva silurato e danneggiato in precedenza, il 1° luglio, la grossa cisterna Oligarch, a nord di Tolemaide.
Il sommergibile tedesco U-593 che il 1° luglio silurò e danneggiò la grossa cisterna britannica Oligarch, a nord della Cirenaica, e il 5 luglio affondo il piroscafo britannico Shahjehan.
Infine, quando ormai le unità navali degli Alleati avevano iniziato l’invasione della Sicilia, il mattino del 10 luglio arrivò a bersaglio l’U-371 (tenente di vascello Waldmar Mehl), che al largo di Bougie silurò e danneggiò gravemente la nave Liberty Matthew Maury e la petroliera Gulf Prince, facenti parte di un convoglio d’invasione statunitense. Invece, attacchi senza esito realizzarono l’U 431 e l’U 616,
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mentre da parte tedesche andarono persi tra il 7 e il 12 luglio, a opera di unità navali britanniche l’U-409, a levante di Algeri ad opera del cacciatorpediniere Inconstant, e l’U 561, che fu silurato poco a sud dello stretto di Messina dalla motosilurante MTB81.
Il piroscafo britannico Devis che fu silurato e affondato dal sommergibile tedesco U-593.
Il sommergibile U-593.
Al momento in cui l’invasione ebbe inizio, a iniziare dall’alba del 10 luglio tutti i mezzi disponibili delle due aviazioni dell’Asse furono gettati nella battaglia al prezzo di elevate perdite, soprattutto a causa dell’aggressività dei caccia della RAF e dell’Air Force statunitense, di base a Malta, Pantelleria e Tunisia, e dei bombardieri strategici B.17 e B.24 della 9a e 12a Air Force, che partendo dalle basi del Nord Africa Francese e della Cirenaica avevano martellato gli aeroporti dell’isola,
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rendendoli impraticabili, tanto che le azioni aeree dovettero essere svolte dalle basi meridionali della Penisola italiana, in Puglia, Calabria e Campania.
Le distruzione delle incursione dei bombardieri statunitensi nell’aeroporto di Catania. In primo piano un vecchio caccia Cr. 42, dietro si ricon oscono due moderni caccia Re.2005.
A cominciare dalle ore 04.30 del 10 luglio la zona di sbarco statunitense di Scoglitti fu violentemente investita da ben centosette bombardieri “Ju.88” della 2a Luftflotte, dei quali novanta raggiunsero gli obiettivi, accolti da un violentissimo fuoco contraereo. Sei velivoli non rientrarono alla base, mentre i successi conseguiti furono limitati all’affondamento del cacciatorpediniere Maddox, che saltò in aria davanti a Gela, e del dragamine Sentinel, al largo di Licata. Seguirono le incursioni di quarantasei FW.190 assaltatori e cacciabombardieri Bf.110 che, scortati dai caccia Bf.109, durante tutta la giornata si dedicarono ad attaccare anche le unità navali presenti nelle aree di sbarco britanniche. Andarono perduti cinque velivoli (un FW. 190 e quattro Bf. 109), mentre i risultati conseguiti furono limitati all’affondamento della nave da sbarco per carri armati statunitense LST 313. Infine, a conclusione delle azioni della giornata, al crepuscolo tornarono all’attacco novantasei bombardieri Ju.88, che riuscirono però ad affondare soltanto la nave ospedale britannica Talamba, regolarmente illuminata al largo di Avola, e a danneggiare il monitore Erebus.
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Mentre venivano sbarcate con i mezzi da sbarco truppe e armamenti, le aree di sbarco erano sotto attacco aereo.
Nel corso di un attacco aereo un cacciatorpediniere distende una cortina di nebbia a difesa delle navi impegnate nello sbarco in Sicilia.
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10 luglio 1943. Alla distanza di 4 miglia a sud di Siracusa, nel settore di sbarco britannico “Acid North”, una nave carica di munizioni, colpita dalle bombe di un aereo tedesco, e in fiamme.
Il cacciatorpediniere britannico Eskimo. Sullo sfondo una nave da trasporto in fiamme dopo essere stata colpita dai bombardieri tedeschi.
Da parte della Regia Aeronautica furono impiegati quindici bombardieri e dodici aerosiluranti, che non conseguirono alcun successo, perdendo un quadrimotore P. 108 e tre trimotori S. 79. Mentre si svolgevano le azioni aeree a Roma fu discussa l’eventualità di poter fare intervenire il grosso della flotta italiana, come era stato pianificato e
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promesso ai tedeschi, che assieme alla Regia Aeronautica, avrebbero dovuto fornire alle navi il più efficace appoggio aereo. Ma le possibilità di realizzare l’azione, concentrando la flotta dell’alto Tirreno a Napoli, per poi attaccare all’alba, a seguito di una navigazione notturna, nella zona di Augusta, fu sconsigliata dalla realtà della situazione. La decisione di non intervenire, che avrebbe generato polemiche a non finire da parte dei tedeschi, in particolare del Comandante in Capo della Kriegsmarine Grande ammiraglio Karl Donitz, fu presa dopo una discussione che si svolse al Comando Supremo tra l’ammiraglio Arturo Riccardi, Capo di Stato Maggiore della Marina, ed il generale Vittorio Ambrosio, Capo di Stato Maggiore Generale. Benito Mussolini, lasciato arbitro di decidere l’intervento navale, autorizzò a non far intervenire le navi, perché si convinse che i rischi erano effettivamente troppo alti, per una flotta che, dopo i danni subiti dalle corazzate nell’attacco di sessanta aerei statunitensi B. 17 della 12a Air Force realizzato il 5 giugno sul porto della Spezia, avendo ancora in riparazione a Genova la nuova grande corazzata Roma (classe “Littorio”) poteva soltanto andare a compiere una missione di sacrificio. La flotta poteva disporre in efficienza soltanto sulle due navi da battaglia moderne Littorio e Vittorio Veneto, su cinque incrociatori leggeri (Garibaldi, Abruzzi, Aosta, Eugenio di Savoia e Scipione Africano), e al massimo su una decina di cacciatorpediniere. Nessun aiuto potevano dare le corazzate minori, la Duilio e l’Andrea Doria, che per mancanza di nafta erano state praticamente poste in riserva all’inizio del 1943, soltanto da alcuni giorni avevano ripreso l’addestramento a Taranto. Quanto alla Giulio Cesare essa era da tempo immobilizzata per lavori a Pola, dove si trovava anche la Conte di Cavour che stava cercando di ultimare le riparazioni dei danni riportati a Taranto l’11 novembre 1940, e per i radicali lavori di modernizzazione, specialmente nell’armamento contraereo. Lavori che non furono mai ultimati perché dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 cadde in mano ai tedeschi, che non sapevano che farsene. La Cavour fu affondata a Trieste il 20 febbraio 1945 colpita da due bombe di aerei britannici. In queste condizioni d’impossibilità operativa ogni sforzo per contrastare l’invasione della Sicilia fu riposto sul naviglio sottile e subacqueo, mandando di notte le motosiluranti a insidiare, senza successo, la zona a sud dello Stretto di Messina, e cercando di fare affluire i sommergibili alle aree di sbarco. Ciò avvenne al prezzo di fortissime perdite e risultati modestissimi, rappresentati dal mancato rientro alla base, tra l’11 e il 16 luglio, di cinque sommergibili (Flutto, Bronzo, Nereide, Acciaio, Remo), cui corrispose come unico successo italiano soltanto il danneggiamento dell’incrociatore Cleopatra, colpito da un siluro del sommergibile Alagi. L’episodio sarà descritto cronologicamente dopo quello che, sei ore prima, aveva portato al siluramento della portaerei Indomitable.
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Bellissima e aggressiva immagine della corazzata Littorio, che era la nave ammiraglia della Squadra Navale italiana. L’unità dispone sul torrione di due antenne di apparati radar “Gufo”, entrambi, dopo otto anni di lavori (1935-1943), di caratteristiche mediocri, da far disperare il Comandante della Flotta, ammiraglio Carlo Bergamini, irritato con l’industria che li costruiva. Altro che radar che ci invidiava tutto il mondo secondo quanto riportato in un discutibile saggio della Rivista Marittima, scritto da un visionario!
La Vittorio Veneto l’altra corazzata tipo “Littorio” efficiente a La Spezia per l’intervenire nelle acque della Sicilia, movimento che non si verificò.
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La corazzata Roma, la corazzata più moderna della classe “Littorio”. Danneggiata gravemente il 20 giugno da bombardieri statunitensi della 12a Air Force nel porto della Spezia si trovava ancora in riparazione a Genova.
Durante la campagna di Sicilia, a dispetto delle affermazioni dei bollettini di guerra che nel periodo 1° luglio 5 settembre 1943 vantarono l’affondamento di ben trentasei navi e il danneggiamento di altre sessantotto, i successi dei piloti degli aerosiluranti italiani si contarono sulle dita di una mano, cinque siluri a segno, sebbene che, come vedremo, in questo periodo fossero stati ben maggiori dei risultati positivi conseguiti dai colleghi tedeschi. Il primo attacco contro i convogli d’invasione vide protagonista la 205 a Squadriglia aerosiluranti della Sardegna, dislocata a Milis, il cui comando la sera del 9 luglio mandò quattro S. 79 in ricognizione offensiva sulle coste della Tunisia, tre dei quali attaccarono altrettanti convogli, con gli equipaggi che riferirono al ritorno, con il consueto ottimismo, di aver colpito tre piroscafi, uno dei quali visto esplodere a nord di Capo De Garde. L’Aeronautica della Sardegna impiegò altri due aerosiluranti nella notte del 10-11 luglio, uno dei quali rientrò con il pilota che sostenne di aver attaccato un convoglio di dieci navi a 5 miglia ad est di Capo Blanc con rotta est, notando lo scoppio del siluro seguito da violenta esplosione. Poi nella notte del 12 fu addirittura il Comandante degli Aerosiluranti, generale di brigata aerea Vittorio Sala, decollando con il suo S. 79 dalla Sardegna, ad attaccare un presunto incrociatore da 10.000 tonnellate nelle acque a sud di Gela, ma non poté constatare l’esito del lancio del siluro a causa della fortissima reazione contraerea. Nel frattempo, a iniziare dal mattino del 10 luglio tutti gli aerosiluranti disponibili dei vari reparti dislocati nella penisola italiana, si erano concentrati negli aeroporti della Campania e della Puglia, per attaccare le navi nemiche impegnate
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nello sbarco della Sicilia sud orientale. Contemporaneamente tutti i mezzi aerei italiani e tedeschi disponibili entravano in azione, e gli aerosiluranti per raggiungere le zone di sbarco furono costretti a lunghe navigazioni, che comportarono un maggiore consumo di carburante per aumentare l’autonomia. Ha scritto il generale Giuseppe Santoro, che ricordiamo durante la guerra, fino al settembre 1943, fu il Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica: 2 Fu subito evidente, però, che bombardieri e siluranti non avrebbero potuto essere impiegati di giorno se non a costo di immediato annientamento a causa della forte e continua difesa aerea delle spiagge e dei mezzi navali e della efficientissima reazione contraerea. Bombardieri e siluranti dovettero perciò limitare la loro azione alle ore notturne, subendo anche così notevoli perdite, soprattutto per la presenza di caccia notturni avversari che li attaccavano e li inseguivano a lungo, a volte fino su gli aeroporti, per mitragliarli nella fase di atterraggio … Le pochissime forze da bombardamento italiane e le poche forze aerosiluranti, dislocate nella maggior parte nell’Italia centrale, dovettero appoggiarsi per le azioni su campi intermedi, agirono con minor rendimento e nelle notti illuni non agirono affatto … Perdite notevoli subirono gli aerosiluranti.
Trasporto del siluro verso un S. 79 del 132° Gruppo Aerosiluranti, di base a Littoria.
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Giuseppe Santoro, L’Aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Volume Secondo, cit. p. 542.
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Da una tabella dell’Ufficio Aerosiluranti di Superaereo, dal titolo “Azioni di aerosiluramento effettuate contro naviglio nemico dal 7 luglio al 15 luglio 1943”, dall’autore di questo saggio pubblicata nel Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare di marzo 2002, risulta che furono svolti 136 attacchi, con 39 siluri a segno su altrettante navi, mentre in realtà soltanto un siluro, come vedremo, raggiunse il bersaglio danneggiando la portaerei britannica Indomitable. Dalle 136 missioni non rientrarono sei equipaggi con i loro velivoli. Di essi quattro andarono perduti l’11 luglio (capitano Frongia del 1° Nucleo Addestramento, Tenente Mario Baroni del 108° Gruppo, tenente Claudio Setta del 131° Gruppo, sergente Liberato Salvatore della 294a Squadriglia) e altri due il 13 luglio (tenente Luigi Buonaiuto del 41° Gruppo, e tenente Mario Tripodi della 204a Squadriglia). Dal rapporto dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante in Capo delle Forze Navali Alleate, ad Algeri, fu noto fin dagli anni ’50 che il 14 luglio 1943 sei aerosiluranti italiani attaccarono gli incrociatori britannici Euryalus e Cleopatra e due cacciatorpediniere, al largo di Capo Spartivento, ma le quattro navi riuscirono a schivare tutti i siluri. Quel giorno il tenente Remo Romani del 104° Gruppo della 4a Squadra Aerea riferì di aver attaccato e colpito un incrociatore, mentre il tenente Guido Focacci del 1° Nucleo Addestramento sostenne di aver affondato un cacciatorpediniere. LA COMPOSIZIONE E L’ATTIVITA’ DELLA FORZA H PER APPOGGIARE LE OPERAZIONI DI SBARCO IN SICILIA Per appoggiare le operazioni di sbarco in Sicilia, la Forza H del vice ammiraglio John Cunningham, imbarcato sulla veterana corazzata Nelson, era ripartita con le sue unità principali in tre divisioni: 1a Divisione, con le corazzate Nelson e Rodney, la portaerei Indomitable, gli incrociatori Cleopatra e Euryalus e i sette cacciatorpediniere Offa, Panther; Pathfinder, Quail, Queenborough, Qulliam e Piorum (polacco); 2a Divisione con le corazzate Warspite e Valiant, la portaerei Formidable, gli incrociatori Aurora e Penelope e gli otto cacciatorpediniere Faulknor, Fury, Echo, Eclipse, Inglefield, Ilex, Raider, Quenn Olga (olandese); ; 3a Divisione (cui fu assegnata la sigla di Forza Z), con le corazzate King George V e Howe, gli incrociatori Dido e Sirius e sei cacciatorpediniere Jervis, Panther, Patfinder Penn, Paladin e Petard. Queste tre divisioni navali, nel periodo precedente allo sbarco in Sicilia, dovendo proteggere una quantità imponente di naviglio in movimento verso il Mediterraneo centrale da eventuali puntate della Flotta italiana, erano state ripartite rispettivamente tra le basi di Mers-el-Kebir (Orano), Alessandria e Algeri. Quando il
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4 luglio ebbe inizio il movimento navale che doveva portare allo sbarco in Sicilia, la 1a e la 2a Divisione della Forza H, salpando dalle basi, furono trasferite a sud di Malta, per operare nello Ionio, mentre la 3a Divisione restava di riserva ad Algeri, pronta ad intervenire verso il Canale di Sicilia in caso fosse stata segnalata la partenza dalle basi di La Spezia e Genova della Squadra Navale italiana.
Napoli, 24 luglio 1944. L’ammiraglio John Cunningham, Comandante della Forza H, tra il contrammiraglio Gerard Mansfield (sinistra) e il Re d’Inghilterra Giorgio VI, durante una sua visita in Italia.
In quel momento il gruppo aereo della portaerei Indomitable, la nave di bandiera del contrammiraglio Lumley Lyster, Comandante delle portaerei del Mediterraneo, era composto da circa 50 aerei, di cui 40 caccia Seafires, ripartiti negli Squadron 807°, 880° e 889° Squadron, mentre la componente d’attacco era di 15 Albacores dell’817° Squadron, impiegati come velivoli aerosiluranti e per la caccia antisom, diurna e notturna grazie al fatto che disponevano di radar di scoperta navale ASV. La portaerei gemella Formidable poteva contare su circa 45 aerei, dei quali 39 caccia, 5 del tipo Seafire dell’855° Squadron e 24 Martlet (lo statunitense F4F Wildcat) degli Squadron 888° e 898°. La componente d’attacco disponeva di 12 velivoli Albacore dell’824° Squadron.3 3
Secondo i dati più attendibili, tra i 100 aerei della Indomitable e della Formidable si aveva la seguente ripartizione: Indomitable, 12 Seafire IIC dell’807° Squadron, 14 Seafire IIC dell’880°
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La corazzata Nelson, la nave ammiraglia della Forza H, durante un’esercitazione di tiro.
Mare Ionio, 4 luglio 1943, la corazzata Warspite, nave ammiraglia della 2a Divisione della Forza H, rifornisce di nafta il cacciatorpediniere della scorta Raider, durante il passaggio del Canale di Sicilia per raggiungere da Gibilterra la base di Alessandria, per poi assumere la scorta di un convoglio da sbarco diretto verso la Sicilia.
La Indomitable che il pomeriggio del 12 agosto 1942, nel corso della grande Operazione Pedestal, era stata gravemente danneggiata a nord della Tunisia da tre bombe sganciate dai bombardieri in picchiata tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3 (capitano Martin Mussdorfer), era appena rientrata in servizio dopo estensive riparazioni in un arsenale degli Stati Uniti. E nella base scozzese di Scapa Flow (Isole Orcadi), prima di essere trasferita nel Mediterraneo, era stata messa in condizioni di integrare e potenziare la sua componente aerea e gli impianti radar.
Il ponte di volo della portaerei Indomitable dopo l’attacco del 12 agosto 1942.
Per il suo grande ascensore prodiero la Indomitable era in grado di stivare i caccia Supermarine Seafire, che non avevano ali pieghevoli, all’interno delle aviorimesse sottostanti al ponte di volo, generando però non poche difficoltà di spazio di manovra dei velivoli, e per consentire agli addetti alla manutenzione e alle loro attrezzature di muoversi in modo efficiente.
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Caccia Seafire sul ponte di volo della portaerei Indomitable nel 1943. In volo otto Albacore.
Ripresi dal ponte di comando della portaerei Formidable sei caccia Martlet (lo statunitense Wildcat) si apprestano al decollo per un pattugliamento di vigilanza aerea.
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Da sinistra, le corazzate Rodney e Warspite, un incrociatore tipo “Dido”, la corazzata Nelson nel Mare Ionio tra il 10 e il 16 luglio 1943.
Mare Ionio, luglio 1943. La corazzata Warspite vista dalla portaerei Formidable che ha sul ponte di volo tre caccia Seafire.
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Invece la Formidable, con ascensori molti più piccoli, era costretta a dover tenere in coperta i suoi cinque Seafire, allineati avanti e dietro l’isola, per permettere decollo e atterraggi degli altri velivoli. Ma quando dovevano atterrare aerei, specialmente se danneggiati e con limitate possibilità di manovra, questa sistemazione sul ponte dei Seafire portava spesso a intralci e di sovente anche a collisioni. La Formidable sarebbe stata in grado di ricevere nelle aviorimesse molti più aerei da caccia; ma questa possibilità era allora resa difficile dalle scarse forniture statunitensi, poiché i Grumman F4F Wildcat erano richiesti sulle portaerei americane impegnate nella guerra del Pacifico contro i giapponesi, e quelli che arrivavano all’Aviazione Navale britannica (FAA) servivano appena a reintegrare le perdite sulle sue portaerei, di squadra e di scorta che, con le nuove costruzioni, erano sempre più numerose. Con la Marina italiana che aveva deciso di non intervenire con le sue navi di superficie, lasciando il compito degli attacchi soltanto ai sommergibili e al naviglio sottile durante la notte, nel periodo fino al 14 luglio i radar delle navi britanniche della Forza H stazionanti nello Ionio, a levante di Malta, percepirono numerosi avvistamenti aerei, che costrinsero i velivoli da caccia in pattugliamento sopra la flotta a intervenire per intercettare gli intrusi.
I caccia Seafire, senza ali pieghevoli, nell’hangar della portaerei Indomitable. Osservare la difficoltà di lavoro degli specialisti, per spostare i velivoli e revisionarli.
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Ecco com’erano costretti a posteggiare sul ponte di volo i Seafire dell’885° Squadron della Formidable per la ristrettezza degli elevatori di questa portaerei. Un altro Seafire è in atterraggio. L’immagine è stata ripresa vicino a Gibilterra nell’estate 1943.
Supermarina Seafire tropicalizzato dell’885° Squadron della portaerei Formidable.
Non vi furono attacchi aerei alla Forza H, poiché lo sforzo dei velivoli offensivi della Regia Aeronautica e della Luftwaffe (II Luftflotte) continuava a essere rivolto principalmente ad attaccare il naviglio nemico nelle aree di sbarco siciliane, dove i bersagli non mancavano. Dopo le incursioni del 10 luglio, i bombardieri Ju. 88 della 2a Lutflotte avevano continuato a realizzare attacchi in massa, che portarono l’indomani ad affondare nelle zone di Avola, di Gela e di Licata il piroscafo olandese Baarn e due unità statunitensi, il piroscafo Robert Rowan, che essendo carico di munizioni saltò in aria, e la nave da sbarco per carri armati LST 158. Tuttavia, le forti perdite riportare dai reparti di volo costrinsero il feldmaresciallo von Richthofen, Comandante della 2a
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Luftflotte, a variare le tattiche d’impiego, rinunciando con i bombardieri alle azioni diurne in favore di quelle crepuscolari e notturne, e limitando agli attacchi di giorno l’impiego dei soli assaltatori Fw. 190, adottando la tattica “colpisci e scappa”, volando veloci e bassi, generalmente in piccole formazioni, per poi allontanarsi e svanire dopo aver sganciato le loro bombe.
Ore 15.50 dell’11 luglio 1943, la Liberty statunitense Empire Rowan esplode presso Gela dopo essere stata colpita dalle bombe sganciare durante l’attacco di una formazione di trentacinque un Ju. 88 del III./KG.54, tre dei quali intercettati dagli Spitfire del 92° Squadron di Malta non rientrarono alla base.
Ciò portò, durante le ora di oscurità, ad una minore possibilità di poter individuare i bersagli da attaccare, e di colpirli. Ne conseguirono risultati particolarmente modesti, quantificati, tra il 12 e il 13 luglio, dall’affondamento di due piroscafi, il britannico Ocean Peace e lo statunitense Timothy Pickering. In definitiva le azioni dei velivoli da bombardamento tedeschi portarono a subire fortissime perdite e risultati praticamente modesti, mentre altrettanto scarsi furono quelli conseguiti dai velivoli assaltatori e cacciabombardieri. Nessun successo ottenne fino alla notte del 16 luglio l’Aeronautica italiana, che pure dovette lamentare il mancato rientro alla basi di gran parte dei velivoli impiegati; anche perché la quantità delle forze aeree messe in campo, che poi era tutto quello che restava disponibile, risultò di natura quasi insignificante. I bombardieri in quota Cant. Z. 1007 bis e S. 84, dalle caratteristiche di velocità ed armamento inferiore ai corrispondenti velivoli degli alleasti tedeschi Ju. 88 e Do.217, generalmente venivano impiegati di notte in modeste aliquote che raramente superavano la mezza dozzina. I bombardieri in picchiata Ju. 87 e Re. 2002 e i cacciabombardieri Mc. 200 e G. 50 che attaccavano gli obiettivi navali di giorno in formazioni altrettanto esigue, sebbene
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fossero scortate da caccia Mc. 202 e Mc. 205, furono fatti letteralmente a pezzi dalla vigile caccia diurna e notturna del nemico e dalla violenza dei bombardamenti realizzati dagli anglo-americani contro gli aeroporti della Sicilia e dell’Italia meridionale. Nel frattempo, con la conquista dei porti meridionali della Sicilia, l’11 e il 12 luglio, in particolare di quelli di Siracusa e Augusta, gli Alleati poterono cominciare a sbarcare truppe e rifornimenti all’interno di quei vasti ancoraggi. Conseguentemente furono quelli gli obiettivi delle incursioni notturne, che però, nonostante il numero di Ju.88 impiegati, costituirono per il nemico soltanto punture di spillo, dal momento che soltanto il 17 luglio, per un attacco che vide l’impiego di ben ottantacinque velivoli, riportarono danni il piroscafo statunitense William P. Coleman e la grossa nave da sbarco per fanteria britannica Queen Emma.
Straordinaria immagine di un bombardiere tedesco Junker Ju. 88.
Da parte italiana di notte, nell’attacco agli obiettivi navali in navigazione, erano impiegati esclusivamente gli aerosiluranti S.79 italiani, restando quelli tedeschi del KG.26 in Provenza per attaccare i convogli Alleati lungo le coste dell’Algeria. Da parte delle portaerei della Forza H, trovandosi distanti di almeno 50 miglia dalle aree di combattimento, nella zona a sud di Capo Passero, ben poco potevano fare i velivoli da caccia Seafire e Martlet, se non impegnarsi contro i ricognitori dell’Asse, generalmente del tipo Ju.88D del II Fliegerkorps che volavano ad alta quota. Più impegnati erano stati i biplani Albacore nella ricerca dei sommergibili, anche se non portarono direttamente a conseguire un qualche successo, che invece fu
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realizzato da due cacciatorpediniere della scorta della 2a Divisione, Echo e Ilex, che il 13 luglio affondarono il sommergibile italiano Nereide (tenente di vascello Renato Scandola) a 25 miglia a sud-ovest di Capo Spartivento, per poi recuperarne i superstiti. Decedettero ventuno uomini dell’equipaggio del sommergibile.
Il sommergibile Nereide, con il quale decedettero ventuno uomini dcell’equipaggio. Fu affondato il 13 luglio a sud-ovest di Capo Spartivento dai cacciatorpediniere britannici Echo e Ilex.
Nel frattempo l’Aurora e il Penelope (famosi per le distruzioni causate negli ultimi due mesi del 1941 al naviglio dell’Asse diretto in Libia), al comando del capitano di vascello (commodoro) William Agnew Comandante della 12a Divisione Incrociatori sull’Aurora, si erano staccati dalla 2a Divisione della Forza H, assieme ai cacciatorpediniere Offa e Inglefield, per bombardare Catania (Operazione “Arsenal”). La loro impresa aveva generato invidia nel personale delle altre navi della formazione, in particolare da quelli delusi delle corazzate che anelavano a impegnarsi con le navi da battaglia italiane, venute a mancare all’attesa prova di forza. Il 12 e il 14 luglio, con le navi italiane rimaste nei porti, e con nessun accenno da parte dei ricognitori Alleati che si preparassero a muovere, la 1a e la 2a Divisione entrarono a turno nel Grand Harbour di Malta dove le navi da battaglia, le portaerei e le unità di scorta restarono ogni volta meno di ventiquattrore. Ossia il tempo necessario per rifornirsi di nafta e di imbarcare la benzina per gli aerei, per poi tornare in mare e riprendere il pattugliamento nello Ionio, a sud dello Stretto di Messina, da dove poteva verificarsi un possibile intervento della Flotta italiana, diretta dall’Alto Tirreno ad attaccare il naviglio di sbarco dei britannici nella zona Augusta – Siracusa.
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La corazzata Howe, che assieme alla gemella King George V (entrambe della 3a Divisione della Forza H), potevano essere in eventuale combattimento le antagoniste delle “Littorio”, se non altro nella velocità di 29 nodi, mentre le corazzate tipo “Nelson” e “Warspite” avevano una velocità di 23-24 nodi. Rispetto ai nove cannoni da 381 mm delle unità italiane le “King George V” potevano opporne dieci da 356 mm, mentre l’armamento contraereo era nettamente migliore di quello delle “Littorio” sia come calibro e numero dei cannoni (16 da 133 mm contro 12 da 90 mm) e mitragliere da 40 e 20 mm, superiori anche nella cadenza e precisione del tiro.
IL SILURAMENTO DELLA PORTAEREI DI SQUADRA BRITANNICA INDOMITABLE Poiché ancora oggi vi è molta incertezza nei paesi anglo-sassoni per come avvenne la notte del 16 luglio 1943 il siluramento della portaerei HMS Indomitable, successo che, a pensar male (forse per sottovalutazione delle possibilità combattive degli italiani), si continua ad assegnare a un aerosilurante Ju.88 della Luftwaffe, mentre invece in quelle ore notturne parteciparono agli attacchi al naviglio alleato soltanto otto aerosiluranti S. 79 italiani, trovandosi quelli tedeschi nella Francia meridionale, sugli aeroporti di Salon de Provence e Montpelier, riportò la mia ricostruzione, già pubblicata nel 1980 in forma più schematica nel libro La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), di cui è coautore il compianto amico Professor Alberto Santoni.4 4
Alberto Santoni & Francesco Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1980, p. 435-436. * In quest’opera, che ha costituito un radicale cambiamento nella conoscenza della guerra aeronavale nel
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Il 16 luglio qualche ora prima del sopraggiungere dell’oscurità, trovandosi l’intera Forza H del vice ammiraglio John Cunningham in pattugliamento a circa 90 miglia a nord-est di Malta per proteggere le operazioni di sbarco sulle spiagge meridionali della Sicilia, la corazzata Warspite (capitano di vascello Herbert Annesley Packet ), nave comando della 2a Divisione (vice ammiraglio La Touche Bisset che era anche il comandante in seconda della Forza H), segnalò la presenza di un ricognitore ostile, che poi aveva trasmesso un segnale di avvistamento. Non era un evento insolito, ma durante la notte, alle 00.23, accadde, qualcosa d’inaspettato. Poco dopo la mezzanotte il capitano Carlo Capelli, comandante della 204a Squadriglia del 41° Gruppo Aerosiluranti (maggiore Massimiliano Erasi) della 4a Squadra Aerea (generale Ferruccio Ranza), decollato con il suo S. 79 dall’aeroporto pugliese di Gioia del Colle, dirigendo a sud della Sicilia con notte illuminata dalla luna e con ottime condizioni di visibilità attaccò, alle ore 00.25 a 50 miglia a levante di Capo Passero, la grossa portaerei di squadra britannica Indomitable, di 22.637 tonnellate, e riuscì a colpirla al centro del fianco sinistro, proprio sotto l’isola, e sotto la cabina del Comandante, capitano di vascello Guy Grantham. Su questo importante episodio, riporto integralmente quanto ho personalmente scritto nel 1980:5 Riferiscono gli inglesi che nelle prime ore del mattino [del 16 agosto] la portaerei INDOMITABLE fu silurata a cinquanta miglia a sud-est di Capo Passero (latitudine 36°22’ nord, longitudine 16°08’ est) da un aerosilurante italiano e che alcune ore più tardi, esattamente alle 06.40, un sommergibili colpì con un siluro l’incrociatore CLEOPATRA al largo di Augusta (latitudine 37°13’ nord, longitudine 16°00’ est). Fino ad oggi nessuno era riuscito a stabilire la paternità del siluramento dell’INDOMITABLE, tanto che recentemente tale successo italiano è stato messo in dubbio e si è tentato di assegnarlo ad un aerosilurante Ju. 88 tedesco. In realtà nessun velivolo germanico armato con siluro operò quella notte nelle acque della Sicilia orientale mentre da parte italiana vennero impiegati otto S. 79. Fu proprio uno di questi ultimi, appartenente al 41° Gruppo Autonomo Aerosiluranti della 4° Squadra Aerea (Puglia) ad effettuare l’attacco in questione. Il velivolo, pilotato dal capitano Carlo Capelli e dal sottotenente Ennio Caselli, approfittando della luminosità lunare, alle 00.25 del 16 sganciò contro una grossa unità facente parte di una formazione navale di oltre dieci navi con rotta 110° a ottanta chilometri a levante di Capo Passero e dall’equipaggio dell’aereo, che riuscì a dileguarsi prima Mediterraneo, ponendo fine a parecchi miti, Alberto Santoni ha scritto i Capitoli “Introduzione” e “Conclusioni”, ed ha curato l’ortografia, mentre Francesco Mattesini, oltre alle ricerche d’archivio prolungatesi per oltre due anni, ha sviluppato tutta la parte operativa, statistica e iconografica, nonché l’intera battitura delle bozze e del testo definitivo. Le cartine sono state disegnate dal padre Antonio Mattesini, in guerra dal 1940 al 1945 capo disegnatore del SIM – Comando Supremo. 5 A. Santoni e F. Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra del Mediterraneo (194045), cit., pag. 435 sg.
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che da bordo aprissero il fuoco, fu osservato lo scoppio del siluro sul bersaglio. Il capitano Capelli riferì trattarsi di un piroscafo di 15.000 tonnellate, mentre il secondo pilota apprezzò giustamente trattarsi di una portaerei.6
Particolare pittorico di un S. 79 bis della 204a Squadriglia del 41° Gruppo del Raggruppamento Aerosiluranti nell’estate 1943.
La portaerei Indomitable.
Il Servizio Informazioni Segrete della Regia Marina (S.I.S.), tramite le intercettazioni e decrittazioni radio, comprese subito che qualche grossa nave era stata danneggiata, e alle 16.25 il colonnello pilota Francesco Martini, della Regia
6
Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Comunicazione telefonica del Comando 4a Squadra Aerea a Superaereo delle ore 04.20 del 16 luglio 1943.
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Aeronautica in servizio presso Supermarina, ne informò per telefono il maggiore pilota Boduel di Superaereo, riportando:7 Si riferisce all’azione del velivolo S.79 silurante della Quarta Aerosquadra che alle ore 00.25 di oggi 16 corrente a 40 migli a Sud di Capo Passero la lanciato e colpito unità apprezzata piroscafo da 15000 [tonnellate] o nave portaerei. Da fonte SIS azione sembrerebbe confermata da telegramma operativo lanciato alle ore 0037 dalla zona del siluramento e diretto a Malta. La caratteristica del telegramma e la sua composizione lasciano supporre che il velivolo abbia causato danni ad una unità importante. A detto telegramma dalla stessa zona e dalla stessa Stazione R.T. sono seguiti altri telegrammi con uguali caratteristiche che dovrebbero aver dato notevoli ragguagli sui danni subiti dal nemico.
La nave portaerei britannica Indomitable nel 1943. Poco dopo la mezzanotte del 16 luglio 1943 fu colpita a sud di Capo Passero dal siluro lanciato da un S.79 della 204a Squadriglia del 41° Gruppo con pilota e capo equipaggio il capitano Carlo Capelli, e secondo pilota il tenente Nevio Caselli.
Alle ore 20.15 del 16 luglio, accertato che l’azione era stata realizzata da un proprio aerosilurante, Superaereo ritrasmise la notizia per telescrivente al Comando Supremo nella seguente forma:8
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Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Comunicazione telefonica delle ore 16.25 di Supermarina a Superaereo.
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1-B/11239 SUPERAEREO PUNTO Per doverosa conoscenza si partecipa che fonte S.I.S. confermerebbe siluramento di unità importante (piroscafo da 15000 Tonn. o Nave Portaerei) effettuato da nostro aerosilurante alle ore 0025 di oggi 16 in zona 40 Mg. Sud Capo Passero/./Telegramma operativo intercettato alle ore 0037 da zona siluramento diretto Malta lascia supporre che velivolo abbia causato danni a unità importante /./ A detto telegramma dalla stessa zona emesso dalla stessa stazione R.T. sono seguiti altri cui caratteristiche lasciano supporre contenessero ragguagli su danni subiti da nemico /./ Velivolo aerosilurante era pilotato da Cap. Capelli Carlo da Budrio (Bologna) e da Ten. Caselli Ennio da Bologna /./ Generale Fougier/./
S. 79 della 204a Squadriglia Aerosiluranti (41° Gruppo), a cui apparteneva il velivolo del capitano Carlo Capelli e del tenente Ennio Caselli.
L’avvicinamento dell’S. 79 del capitano Capelli fu favorito dall’assenza di reazione della formazione navale britannica, che procedeva in linea di fila, con in testa l’incrociatore Aurora, seguito dalle corazzate Nelson (vice ammiraglio John Cunningham) e Rodney, dalla Indomitable (contrammiraglio Lumley Lyster) e dall’incrociatore Penelope, mentre otto cacciatorpediniere si trovavano di prora in posizione di scherno difensivo, nell’ordine da nord verso sud: Piorum, Tyrian, Tumult, Troubridge, Quennborough, Offa, Ilex e Echo (vedi grafico a p. 33). Questa formazione, la 1a Divisione della Forza H, avrebbe dovuto l’indomani svolgere un 8
Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Messaggio in chiaro n. 1243 trasmesso per telescrivente alle ore 20.15 del 16 luglio 1943, a firma del generale Rino Corso Fougier, Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica.
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bombardamento navale di Catania, dell’Indomitable non ebbe luogo.
che
in
seguito
al
danneggiamento
La Forza H poche ore prima che la portaerei Indomitable fosse colpita dal siluro dell’S. 79 del capitano Capelli. In primo piano caccia Seafire sul ponte di volo della portaerei Formidable. Sullo sfondo la Indomitable seguita dalle corazzate Nelson e Rodney.
La manovra di sgancio, realizzata dall’S.79 del capitano Capelli con i motori al minimo, fu agevolata, oltre che dalle favorevoli condizioni meteo e di luminosità lunare, dal fatto che sebbene dalla Nelson avessero avvistato l’aereo italiano alla distanza di 8 miglia, e dalla stessa Indomitable si fossero accorti della sua presenza, sulle due navi britanniche gli ufficiali del personale di servizio ritennero, erroneamente, si trattasse di uno dei sei velivoli Albacore dell’817° Squadron muniti di radar di scoperta navale ASV, che stava rientrando sulla portaerei da un volo di pattugliamento notturno antisom, iniziato alle 23.30 del 15 luglio. La Nelson e le altre navi britanniche, che per precauzione avevano già i pezzi in punteria, seguirono attentamente la manovra del velivolo in avvicinamento, fino a quando una vedetta dell’Indomitable avvertì che da quell’aereo si era staccato qualcosa. Immediatamente
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l’ufficiale di guardia dette ordine alla sala macchine di accostare alla massima velocità, ma era ormai troppo tardi per evitare il siluro.9 Nella fase di scampo, l’S.79 del capitano Capelli, passando tra la l’Indomitable e la corazzata Rodney e poi sorvolando lo schermo della scorta proprio sopra il cacciatorpediniere Ilex (capitano di corvetta Vere Alison Wight-Boycott), poté agevolmente allontanarsi senza subire danni.10 Un ufficiale osservatore dell’Indomitable riconobbe che il velivolo attaccante era un aerosilurante italiano, e ciò contrasta con il fatto che, a causa di quanto scrisse nella sua relazione il contrammiraglio Lyster, parecchie fonti britanniche, di Internet e cartacee, continuano a ritenere che il siluramento fu causato da uno Ju. 88 tedesco.11
Il siluramento della portaerei Indomitable da una carta britannica. La disposizione di crociera n. 23 della formazione navale britannica alle ore 00.20 del 16 luglio 1943.
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Fabio Bianchi e Antonio Marazziti, “Gli aerosiluranti italiani 1940-45”, collana Dossier di Storia Militare, giugno 2014. 10 T. Marcon, “La doppietta del 16 luglio 1943”, Storia Militare, aprile 1995, p. 39-40. 11 E’ stata cura dell’Autore di far conoscere la vera causa del siluramento dell’Indomitable in siti Internet di lingua inglese, in particolare in Wikipedia e uboat.net.
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La tardiva reazione di fuoco delle navi britanniche. Un complesso a otto canne pom-pom da 40 mm in azione.
Il siluro che colpì l’Indomitable esplose sotto la linea di galleggiamento presso il locale caldaie di sinistra, che ne fu devastato assieme ad alcuni compartimenti adiacenti che si allagarono rapidamente per le infiltrazioni d’acqua, entrata attraverso uno squarcio nello scafo di circa 8 metri, con lacerazioni che si prolungavano verso poppa per più di 18 metri. A causa della forza dell’esplosione, che oltre a causare sette morti determinò a bordo dell’Indomitable un certo stato di ansia fra quanti furono bruscamente svegliati mentre dormivano, uno dei complessi contraerei pompom a otto canne da 40 mm, che si trovava sopra il punto d’impatto del siluro, fu asportato dal suo supporto. E poiché subito, a causa dell’allagamento della sala macchine si ebbe il rallentamento della velocità della nave a 7 nodi, ed uno sbandamento che raggiunse i 12 ½ gradi, vi fu il timore che l’Indomitable potesse fare la fine dell’altra moderna portaerei Ark Royal, colpita da un solo siluro del sommergibile tedesco U-81 (tenente di vascello Fritz Guggenberger) il pomeriggio del 13 novembre 1941 a est di Gibilterra e per gli allagamenti affondata il mattino dell’indomani.12
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Per l’affondamento della portaerei Ark Royal vedi, in Accademia EDU, il recente esaustivo saggio dell’Autore L’Operazione “Perpetual I” e l’affondamento della portaerei Ark Royal (10 – 14 Novembre 1941).
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Il maggiore Massimiliano Erasi, terzo da sinistra, tra i piloti del suo 41° Gruppo Aerosiluranti, a Gioia del Colle (Lecce). Alla sua sinistra, in seconda fila e con il giubbetto di volo, è il capitano Carlo Capelli, comandante della 204a Squadriglia che colpì e danneggiò la portaerei Indomitable.
A questo punto, per ordine del comandante della portaerei, capitano di vascello Grantham che, come scrisse il contrammiraglio Lyster si assunse la responsabilità di un rischio calcolato, l’equilibrio fu corretto con il contro-bilanciamento allagando i locali dall’altra parte del siluramento, e impiegando le pompe per espellere l’acqua dai locali allagati. Era questa una misura cui Grantham aveva in modo fragrante disubbidito al volere dell’Ammiragliato britannico, che nonostante l’esempio della fine dell’Ark Royal, riteneva, con pensiero ridicolo, che “lasciare che l'acqua 13 entrasse nella nave fosse esattamente ciò che il nemico intendeva”. Quindi, ripristinato l’equilibri, con le pompe che funzionavano e con il mare calmo, la Indomitable inizialmente assistita da due cacciatorpediniere, alle 02.30 diresse per Malta, navigando alla velocità di 11 nodi, per il timore che attraverso il grande foro al di sopra della linea di galleggiamento la condizione degli allagamenti interni della nave peggiorasse. Nel frattempo fu presa la decisione di scortare la Indomitable con le due corazzate della 2a Divisione della Forza H Warspite e Valiant, e con tutti gli otto cacciatorpediniere della scorta Faulknor, Fury, Echo, Eclipse, Inglefield, Ilex, Raider e Quenn Olga. E ciò comportò di mandare la portaerei Formidable, che faceva parte di questa divisione, con i due incrociatori Aurora e Penelope, a inserirsi nella 1a Divisione in modo da rimpiazzare in quella formazione la Indomitable. 13
Operation Husky, relazione del Contrammiraglio Lumley Lyster.
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La Indomitable arrivò nel porto della Valletta alle 07.30 del 17 luglio, e alle 12.30 si ormeggiò nel Grand Harbour. Quindi, dopo sommarie riparazioni in bacino prolungatesi per dieci giorni, la portaerei partì da Malta e scortata dalle corazzate della 3a Divisione Howe e King George V, arrivò a Gibilterra alla velocità di 14 nodi. A sostituire la Indomitable nella Forza H fu inviata la gemella Illustrious della Home Fleet, che arrivò nel Mediterraneo ai primi di settembre in tempo per partecipare all’operazione Avalance, lo sbarco a Salerno.
La falla del siluro sganciato dall’S. 79 del 41° Gruppo sullo scafo della portaerei Indomitable. Al momento del siluramento aveva a bordo 55 aerei, dei quali 40 caccia Seafie IIC degli Squadron 807° (12), 880° (14), 899° (14) e 15 aerosiluranti Albacore dell’817° Squadron.
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Le riparazioni dei danni del siluro sulla Indomitable nell’Arsenale Navale statunitense di Portsmouth (Virginia), conclusi nel dicembre 1944.
La portaerei Indomitable il 30 marzo 1944 al termine delle riparazioni nell’arsenale di Portsmouth.
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Nella terza decade di agosto, scortata dai cacciatorpediniere Odburate, Obedient e Opportune, l’Indomitable, avendo sbarcato a Gibilterra la sua componente aerea con il personale di volo, attraversò l’Atlantico fino all’arsenale statunitense di Portsmouth (Virginia), per riparazioni complete ultimate in otto mesi; ma la nave non fu operativa fino al giugno 1944, quando salpò dalla Gran Bretagna per rientrare in servizio nella Flotta Orientale dell’Oceano Indiano, partecipando agli attacchi contro Sumatra e Giava. Nel febbraio del 1945 la portaerei si trasferì nel Pacifico con la costituita Task Force 57, per partecipare alle operazioni dello sbarco di Okinawa (Operazione Iceberg), dove il 4 e il 9 maggio la Indomitable fu danneggiata da due Kamikaze, che colpirono il ponte di volo, per poi entrare in collisione il giorno 20 con il cacciatorpediniere Quillian che fu gravemente danneggiato. Dovette andare in riparazione prima a Manus e quindi a Sydney, per poi rientrare nella Task Force 57 in tempo per assistere alla resa del Giappone. Non si può dire che fosse stata una nave particolarmente fortunata, poiché trascorse gran parte della guerra in continue riparazioni. Fu messa in riserva a Clyde il 5 ottobre nel 1953, e smantellata due anni dopo, a iniziare dal mese di ottobre.
Maggio 1945. La portaerei Indomitable nel momento in cui è colpita da un Kamikaze.
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I danni causati da un Kimakaze sul ponte di volo corazzato della portaerei Indomitable.
La Indomitable, colpita a prora da un primo Kamikaze il 4 Maggio 1945. Incrociatori e cacciatorpediniere della scorta stringono le distanze per proteggerla.
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E il fatto che la portaerei non fosse particolarmente fortunata lo dimostra quanto gli accadde nel dopoguerra. La Indomitable rimase assegnata alla Flotta del Pacifico (Pacific Fleet) fino al 12 novembre 1945, e rientrò in Gran Bretagna il successivo 12 dicembre. Trasferita in riserva nel 1946, tra il 1948 e il 1950 fu sottoposta ad estesi lavori di ammodernamento comprendenti la modifica dello scafo e l’installazione di nuovi apparati radar. La nave rimase assegnata alla Pacific Fleet fino al 12 novembre, tornando in patria il 12 dicembre seguente. Nel 1946 fu trasferita in riserva e tra il 1948 e il 1950 venne sottoposta ad estesi lavori di modernizzazione comprendenti la modifica dello scafo e l'installazione di nuovi radar. Rientrata in servizio quale nave ammiraglia dell’Home Fleet, il 3 gennaio 1953, nel corso di un’esercitazione in mare presso Malta, per un’esplosione di benzina verificatasi in uno spazio vicino all’entrata dell’aviorimessa, la Indomitable fu preda ad un grosso incendio nel quale decedettero tre uomini dell’equipaggio. Nel 1954 fu nuovamente trasferita in riserva e poi messa in vendita come rottame. Il 30 dicembre 1955 giunse a Faslane, nella Clyde (Scozia) per l'inizio della demolizione.
L’incendio del 3 gennaio 1953 sull’Indomitable per un forte esplosione di benzina.
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L’ATTACCO DEL SOMMERGIBILE ALAGI E IL SILURAMENTO DELL’INCROCIATORE CLEOPATRA L’episodio del siluramento dell’incrociatore Cleopatra, importante poiché in poche ore del medesimo giorno furono colpite e danneggiate due grandi navi della Forza H, viene di seguito descritto come nel 1980 ho riportato nel mio citato libro:14 Un controverso episodio riguarda il siluramento dell’incrociatore CLEOPATRA che, erroneamente, la Marina italiana nella sua storia ufficiale [poi dopo il nostro intervento rettificata] ha assegnato al sommergibile DANDOLO (tenente di vascello Aldo Turchio). In realtà quel bersaglio fu centrato tre ore e venti più tardi dall’ALAGI (tenete di vascello Sergio Puccini), un battello che si era distinto durante la battaglia di mezzo agosto 1942 per aver silurato l’incrociatore KENYA.15 Il DANDOLO attaccò infatti alle 02.57 del 16 luglio in latitudine 37°04’ nord, longitudine 16°02’ est, una formazione navale molto allungata di sei unità e lanciò contro un presunto incrociatore tre siluri, uno dei quali esplose prematuramente costringendo il sommergibile ad una rapida immersione. In tal modo il comandante Turchio non poté fare osservazioni a vista ma, avendo udito nella fase di disimpegno due scoppi prolungati, dopo,essersi allontanato dalla zona senza essere stato sottoposto ad alcuna caccia, riferì per radio di aver colpito il bersaglio. Nel dopoguerra, in base ad una documentazione incompleta e ad un apprezzamento inesatto, si convalidò al DANDOLO il siluramento del CLEOPATRA, mentre in realtà, come abbiamo detto, tale successo e da assegnare all’ALAGI. Questo sommergibile alle 06.13 del 16 luglio, trovandosi in latitudine 37°02’ nord, longitudine 15°55’ est, attaccò davanti ad Augusta tre unità apprezzate per cacciatorpediniere, con rotta sud, e avendo udito lo scoppio di uno dei tre siluri lanciati da una distanza di milletrecento metri dopo un minuto e quarantacinque secondi dal lancio riferì di averne colpito uno. A quell’ora transitava nella zona una formazione britannica composta dagli incrociatori CLEOPATRA e PENELOPE e da due cacciatorpediniere e fu la prima nave ad essere colpita in un locale caldaie da un siluro. Essa tuttavia con a bordo ventuno morti e quindici feriti, poté raggiungere Malta con le altre tre navi alla velocità di dieci nodi. Da parte britannica nessun contatto asdic segnalò la presenza del sommergibile, per cui si ritenne all’epoca che l’incrociatore fosse finito su una mina. Comunque, a scopo precauzionale, furono lanciate bombe di profondità, le cui
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A. Santoni e F. Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra del Mediterraneo (194045), cit., pag. 436-438. 15 Francesco Mattesini, La Battaglia Aeronavale di Mezzo Agosto, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1986, p. 241-242.
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scariche, pur non procurando nessun danno all’ALAGI, tennero lo stesso battello in 7allarme per un certo tempo.16 Il Cleopatra, era una nave famosissima avendo guidato, al comando del contrammiraglio Philip Vian, la 15a Divisione incrociatori della Mediterranean Fleet nelle battaglie della Prima Sirte (17 dicembre 1941) e della Seconda Sirte (22 marzo 1942),17 e il suo danneggiamento ebbe importanza perché l’unità praticamente non ebbe più occasione di operare nel prosieguo della guerra. Alle 17.00 del 15 luglio, per ordine del Comandante della Forza H, la Forza Q costituita dagli incrociatori Euryalus e Cleopatra e dai cacciatorpediniere Quiberon e Quail, lasciò la 1a Divisione per andare ad effettuare un pattugliamento notturno, manovrando in unica fila, vicino alle coste orientali della Sicilia, spingendosi nella zona meridionale dello Stretto di Messina alla velocità di 24 nodi. Durante la navigazione la Forza Q, che era comandata dal capitano di vascello Eric Wheeler Bush sull’Euryalus, fu avvistata da aerei nemici che mantennero il contatto tenacemente, e che furono ingaggiati dalle artiglierie delle navi. Avendo l’ordine di rientrare a Malta con le prime luci del giorno per rifornirsi, alle ore 06.00 del mattino del 16 luglio le quattro navi sospesero lo stato di vigilanza notturna e ai posti di combattimento, e gli stanchi equipaggi, dopo una notte di tensione e di calura estiva, cominciarono a lavarsi prima della colazione, Alle 05.00 del 16 luglio la velocità delle navi fu aumentata a 26 nodi, con l’incrociatore Euryalus seguito dal Cleopatra, che avevano i due cacciatorpediniere di prora, il Quilliam sul fianco sinistro alla distanza di circa 1.400 metri dall’Euryalus, e il Quail un po’ distanziato sul fianco destro. Alle 06.17 in posizione lat. 37°13’N, long. 16°00’E, e rotta 205°, il Cleopatra (capitano di vascello Joh Felgate Stevens) fu scossa da una forte esplosione a dritta, ritenuta causata dal siluro di un sommergibile, seguita da un lampo arancione, mentre tutte le luci si spegnevano. Nel frattempo la mancanza di energia fece scendere la velocità dell’incrociatore, mentre fu reso limitato il controllo dell’armamento principale. Vi furono ventidue morti e ventiquattro feriti, quasi tutti ustionati. Alle 06.35 il Cleopatra si fermò, e mentre i cacciatorpediniere per proteggerlo lanciarono in mare cariche di profondità, le riparazioni di emergenza e controllo dei danni ebbero successo e alle 06.43 l’incrociatore poté riprendere gradualmente velocità, raggiungendo alle 08.00 i 10 nodi.
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Nella notte dell’indomani, 17 luglio, la Regia Marina ottenne il suo unico e modesto affondamento navale di tutta la campagna siciliana. Esso fu realizzato dal velocissimo incrociatore leggero Scipione l’Africano (capitano di fregata Ernesto Pellegrini) che, attaccato da tre motosiluranti britanniche a sud dello stretto di Massina, mentre da Napoli si trasferiva a Taranto, riuscì ad evitare l’insidia con la manovra e con il nutrito fuoco delle sue armi (otto cannoni da 135 mm, 8 da 37 mm e otto da 20 mm), che centrarono e affondarono la MTB 316 (tenente di vascello R.B. Adams) e danneggiarono la MTB 260 (tenente di vascello H.F. Wadds). 17 Per gli episodi della Prima e Seconda Battaglia della Sirte vedi la pagina di Francesco Mattesini in Accademia EDU. https://independent.academia.edu/FrancescoMattesini.
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Bellissima immagine dell’incrociatore Cleopatra. Notare la mimetizzazione adottata nel Mediterraneo.
Il siluro aveva colpito tra la sala macchine di prua e il locale caldaie con effetti devastanti, aprendo un ampio squarcio nello scafo, e rendendo le pareti dei vicini compartimenti come una massa contorta di acciaio e rottami. Le squadre di salvataggio, subito intervenute per tamponare le infiltrazioni d’acqua di mare, e per provvedere alla messa in sicurezza dei feriti, estraendoli ustionati dai locali in cui erano intrappolati con la nafta che risalendo dai depositi sotto la sala caldaie sgorgava in fiamme sui ponti superiori, permise all’incrociatore di continuare nella sua rotta verso Malta anche se a bassa velocità, mentre i due cacciatorpediniere Quiberon e Quail, dopo aver ricercato il sommergibile attaccante, ritornarono verso il Cleopatra per assumerne la scorta ravvicinata.
Il punto sullo scafo del Cleopatra dove ha colpito il siluro dell’Alagi. Rosso, incendio; giallo immediato allagamento; verde allagamento del deposito della nafta sotto la sala caldaie.
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Nel riprendere la rotta per Malta i due cacciatorpediniere si dislocarono su entrambi i fianchi del Cleopatra, mentre l’Euryalus, che era rientrato in formazione, dopo essersi allontana al momento del siluramento del Cleopatra dalla zona pericolosa aumentando la velocità per portarsi al di fuori di un eventuale nuovo lancio di siluri, si sistemò a poppa della nave danneggiata, procedendo con navigazione a zig-zag. Il Cleopatra, fu precauzionalmente raggiunto dal rimorchiatore Oriana salpato da Siracusa assieme agli sloop Eggesford, Seaham e Poole, che alle 09.00 si aggiunsero alla protezione antisom all’incrociatore, che fu poi raggiunto alle 10.30 anche dall’incrociatore Newfoundland (capitano di vascello William Rudolph Slayter) con a bordo il contrammiraglio Cecil Halliday Jepson Harcourt Comandante della 15a Divisione. Con la scorta antisom costituita da cinque navi, con l’appoggio di due incrociatori e di un rimorchiatore, e con in cielo una scorta di velivoli da caccia decollati da Malta, alle ore 16.30 del 16 luglio il Cleopatra riuscì a entrare nel Grand Harbour con le sue macchine mantenendo la velocità di 10 nodi.18
L’incrociatore Newfoundland. Fu silurato e danneggiato il 23 luglio 1943 al largo di Augusta dal sommergibile tedesco U-407.
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AUSMM, Scambio notizie con Ammiragliato Britannico. Relazione del capitano di vascello E. Bush, comandante della Forza Q, ADM 199, Volume 943.
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A destra, il contrammiraglio Cecil Halliday Jepson Harcourt, Comandante della 15a Divisione Incrociatori, qui ripreso al Comando di Napoli il 12 settembre, assieme al Primo Lord del Mare, Signor Onorevole Albert Victor Alexander.
L’enorme falla aperta sotto lo scafo dell’incrociatore Cleopatra dall’esplosione del siluro del sommergibile Alagi.
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Il Cleopatra restò immobilizzato alla Valletta fino al mese di ottobre quando, dopo lavori di riparazioni temporanee, l’incrociatore, facendo scalo ad Algeri, fu trasferito a Gibilterra, da dove salpò il 9 novembre per l’arsenale della Marina statunitense di Philadelphia. Le definitive riparazioni del Cleopatra, iniziate nel mese di dicembre ebbero temine in agosto 1944, ma per la necessità di effettuare le prove di macchina, e rendersi conto della robustezza delle strutture dello scafo, soltanto il 28 novembre l’incrociatore poté raggiungere Clyde, per riprendere il suo posto nella Flotta. Ma non era finita, la necessità di dover imbarcare nuovi tipi di radar e di incrementare l’armamento contraereo, sostituendo una delle tre torri prodiere da 133 mm con un complesso quadrinato contraereo statunitense da 40 mm, comporto per il Cleopatras, che era stato destinato a operare con la Flotta Orientale (Eastern Fleet), di raggiungere la destinazione dell’Oceano Indiano soltanto il 12 luglio 1945, quando arrivò a Colombo.
Il Cleopatra modificato dopo siluramento, tolta una torre sostituita da impianto quadruplo contraereo Bofors da 40 mm statunitense, e notare i telemetri asserviti a nuovi tipi di radar sopra il ponte di comando. La mimetizzazione è quella della Home Fleet.
Ciò significò che il siluro del sommergibile Alagi aveva messo fuori Squadra quell’incrociatore per ben due anni, ossia fino a quando la guerra con il Giappone era ormai al termine. Ed in effetti il Cleopatra non effettuò alcuna operazione bellica di rilievo, se non quella di essere la prima nave britanbnica a rientrare nella base di Singapore, dopo la resa della guarnigione giapponese il 15 agosto 1945.
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L’ATTACCO DEL KG.26 AL CONVOGLIO KMS 21 PRESSO L’ISOLA DI ALBORAN Durante la campagna della Sicilia e fino all’armistizio dell’Italia, anche gli aerosiluranti tedeschi del 26° Stormo (KG.26), i cui tre Gruppi erano dislocati sugli aeroporti della Francia meridionale di Salon de Provence (I. e II./KG.26) e Montpelier (III./KG.26) ottennero risultati modesti.19 Il solo attacco positivo, ma non esaltante rispetto alla forza aerea impiegata, si ebbe il 13 agosto, quando ben quaranta velivoli He. 111 del I./KG.26 e ventiquattro Ju. 88 del III./KG.26, guidati dal comandante dello stormo maggiore Werner Klümper, partendo alle ore 14.00 dalle loro basi provenzali attaccarono in due formazioni nei pressi dell’Isola Alboran, a nord-ovest di Orano, il grande convoglio MKS 21, partito da Alessandria e diretto a Gibilterra, e che era stato avvistato nella sua rotta ad ovest e poi tenuto sotto osservazione dagli aerei da ricognizione tedeschi. Nell’occasione, in considerazione del lungo volo che comportava di avere una sufficiente quantità di carburante, gli Ju. 88, di minore autonomia rispetto agli He. 111, portavano un solo siluro invece che due. La prima formazione, quella degli He. 111 del I./KG.26, guidati dal capitano Klaus Toball, e con alla testa il maggiore Klümper, si avvicinò al convoglio da nord, volando a 40 miglia dalle coste spagnole; la seconda formazione, con gli Ju. 88 del III./G.26, guidati dal maggiore Klaus Nocken, ridotti a venti velivoli per il rientro alla base di quattro Ju. 88 per sopraggiunti guasti meccanici, seguì una rotta meridionale, verso le coste africane, per poi convergere sull’obiettivo. Il convogliò, che comprendeva settantadue navi mercantili e dieci unità di scorta, fu attaccato in tal modo sui due lati, secondo la segnalazione dell’OBS a Superaereo, da cinquantanove velivoli con le navi che si difendevano con intenso fuoco contraereo e con le unità di scorta che tentavano di nascondere i mercantili con cortine di nebbia artificiale. Furono colpiti al prezzo di diciotto velivoli (gli statunitensi ritennero di averne abbattuti quindici, cinque dei quali atterrati in Spagna dove furono internati, cifra che rappresentava la perdita di oltre il 30% della forza impiegata), due soli piroscafi: il britannico Empire Haven, di 6.852 tsl, e la Liberty statunitense Francis W. Pettygrove, di 7.176 tsl, che partita in zavorra da Porto Said per Gibilterra, attaccata contemporaneamente da tre aerei fu colpita dall’ultimo velivolo con un siluro nella sala macchine. La Liberty, che non subì perdite umane, sbarcati parte 19
Il 5 agosto 1943 vi erano disponibili nella Luftwaffe 120 velivoli aerosiluranti, dei quali 62 efficienti, e 206 equipaggi. Di questi velivoli 78 si trovavano nella Francia Sud nel KG.26, che però aveva il suo 2° Gruppo (6 velivoli) in Germania, a Lubecca, dove si stava trasformando da He. 111 su Ju. 88. Sempre in Germania vi era in trasformazione e addestramento, anch’esso su Ju. 88 (24 velivoli), il 77° Stormo, con la Stab, I. e II./KG.77. In Norvegia vi era il I./Ku.Fl.Gr. 406 con idrovolanti He. 115 (12 velivoli). La massa operativa degli aerosiluranti del KG. 26 era quindi concentrata nel Mediterraneo, negli aeroporti francesi. A Salon en Provence, sede del Comando dello Stormo (Stab./KG.26), vi era il I./KG.26 (capitano Klaus Toball) con 57 He. 111, dei quali 25 efficienti, e a Montpelier vi era il III./KG.26 (capitano Klaus Nocken) con 21 Ju. 88 dei quali 14 efficienti.
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degli uomini sul dragamine di squadra britannico Hebe (capitano di corvetta George Mowatt), due giorni dopo raggiunse Algesiras, sulla costa spagnola presso Gibilterra, ma portata all’incaglio per le sue condizioni fu abbandonata e considerata total loss. Fu venduta, riportata a galla il 21 giugno 1949 e rimorchiata ad Algeciras per la demolizione. Quanto all’Empire Haven, che era stato varato il 28 aprile 1941, raggiunta Gibilterra a rimorchio del dragamine di squadra Rye (tenente di vascello John Andrew Pearson) vi rimase immobilizzato. Nel 1947 fu recuperato e riparato a Tyne per conto della R. Chamman & Son con il nome di Clearton e poi, ceduto a una società liberiana che lo ribattezzò Amaconte. Fu smantellato nel gennaio del 1970 ad Aviles, in Spagna. Nel siluramento dell’Empire Haven non vi furono perdite di vite umane.
La Liberty Henry Failing nave gemella della Francis W. Pettygrove silurata il 13 agosto 1943 dagli aerosiluranti del KG.26.
Dopo che il convoglio KMS 21 era sfuggito all’attacco degli aerosiluranti tedeschi con danni modesti, l’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante in Capo delle Forze Navali Alleate, segnalò:20 Mi congratulo con voi, la forza di scorta e il convoglio KMS 21, per la vostra difesa del convoglio contro un attacco pesante e molesto. Il nemico ha la testa dolorante che probabilmente ricorderà.
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Naval Matters, Salvage award of two pounds and five shillings for SS Empire Haven, 1943, in Internet. Nell’articolo sono sbagliate le date del siluramento dei due piroscafi, 13 ottobre 1943, invece che 13 agosto 1943.
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Il piroscafo britannico Empire Haven, uno dei due piroscafi colpiti il 13 agosto nell’attacco al convoglio UGS 21 dagli aerosiluranti He. 111 e Ju. 88 del I. e III./KG.2.
Il maggiore Werner Klümper, asso degli aerosiluranti tedeschi, comandante del I./KG.26, poi dal marzo 1943 al novembre 1944 tenente colonnello e comandante dello Stormo KG.26. Era insignito della Rittgerkreuz, la Croce di Cavaliere. A destra e nella cabina di un aerosilurante He. 111, vicino al pilota.
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He. 111 del KG.26. Sotto la carlinga i due siluri, e sul fianco il simbolo dello Stormo, lo “Stemma dei leoni”.
Nell’attacco al convoglio KMS 21 gli equipaggi degli aerei tedeschi, sganciando novantanove siluri, dichiararono con particolare ottimismo di aver colpito ben trentadue navi mercantili per 170.000 t.s.l. e due cacciatorpediniere. 21 Le valutazione del servizio informazioni germanico (Abwehr) furono ancora più ottimistiche elevando la cifra a trenta navi per 186.000 tsl e ben sette da guerra, specificando che di queste ne erano state affondate dodici per 84.280 tonnellate e un cacciatorpediniere. Non ci risulta che gli equipaggi degli aerosiluranti italiani, giapponesi o anglo-americani fossero stati capaci di dichiarare cifre di affondamenti e di danneggiamenti così ottimistiche e abbiano ottenuto in un unico attacco risultati tanto scadenti: una nave total loss e un’altra danneggiata, rispetto alle 37 navi dichiarate colpite e in gran parte affondate. L’attacco al convoglio KMS 21 non aveva nulla di paragonabile ai risultati conseguiti, con l’attacco degli stessi due gruppi di aerosiluranti tedeschi contro il convoglio PQ. 18 nell’Artico, dove il 15 settembre 1942 furono affondate da un’ondata di trentaquattro aerei sette navi mercantili. Nell’occasione il I./KG.26 era guidato dall’allora capitano Klümper, che guidò all’attacco ventiquattro He. 111. Gli altre quattordici erano Ju. 88 del III./KG.26. Dopo l’attacco al convoglio KMS 21 la ricognizione aerea degli alleati fu inviata sugli aeroporti della Francia meridionale, occupati dalla 2a Flieger Division 21
J. Rohwer e G. Hummelchen, Chronology of the war at sea 1939-1945, Vol. II, Londra, Ian Allan, 1974, p. 344; A. Santoni e F. Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), cit., p. 445.
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rilevandovi centoquaranta velivoli, tra He. 111, Do. 217 e Ju. 88. In seguito a tale scoperta il 17 agosto una forza di centottantadue fortezze volanti statunitensi B. 17 del 2° 97°, 99° e 301° Gruppo da bombardamento della Northwest African Strategic Air Force (NASAF), che dedicava i suoi attacchi quasi esclusivamente ai vari obiettivi dell’Italia, sganciarono 25.619 tonnellate di bombe a frammentazione sulle basi aeree di Istres, Le Tubé e Salon, situate a 23 miglia a nord-ovest di Marsiglia, procurando pesanti danni alle installazioni aeroportuali, la distruzioni di diciannove aerei e di ottantotto alianti e il danneggiamento di altri ventuno aerei e di sessantacinque alianti.
Aerosilurante tedesco Ju.88 armato con due siluri.
GLI ULTIMI SUCCESSI ITALIANI PRIMA DELL’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943 Come abbiamo detto, i successi conseguiti dagli aerosiluranti italiani furono nei mesi di agosto e settembre superiori a quelli conseguiti dagli aerosiluranti tedeschi. Tre risultati positivi si ebbero a metà agosto, subito dopo l’attacco degli aerosiluranti tedeschi al convoglio UGS 21. Le azioni videro protagonisti gli S.79 della 279a e 281a Squadriglia del 132° Gruppo Aerosiluranti (maggiore Gabriele Casini) di base a Littoria, oggi Latina.22 22
Il 17 luglio il Comando del Raggruppamento Aerosiluranti si trasferì da Pisa a Lecce, con i reparti a disposizione che rimasero nelle sedi avanzate fino al 23 agosto, quando per non lasciare
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L’inizio di questo incremento dell’attività offensiva ebbe però un prologo doloroso dal momento che il 12 agosto tre S. 79 partiti da Littoria al comando del tenente colonnello Vittorio Cannaviello per ricercare e attaccare convogli nelle acque della Sicilia, volando con tempo pessimo, non dettero più notizie e non rientrarono alla base. E’ possibile che abbiano effettuato l’attacco contro qualche obiettivo navale, e che siano stati abbattuti dalla contraerea o dai velivoli da caccia notturni, sempre particolarmente attivi, ma non si può neppure escludere che la perdita dei tre aerosiluranti sia stata causata dalle spietate forze della natura. Al tenente colonnello Cannaviello fu concessa postuma alla memoria la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Un primo successo fu conseguito dal capitano Carlo Faggioni, comandante della 278a Squadriglia, che la sera del 14 agosto era decollato da Littoria assieme all’S.79 del tenente Ottone Sponza, il quale al rientro alla base riferì di aver colpito alle 00.15 del 15 agosto un cacciatorpediniere facente parte di una formazione navale. In realtà fu un abbaglio. Il capitano Faggioni, che coadiuvato dal secondo pilota tenente Leopoldo Ruggeri, si spinse molto più a sud, alle 01.35 silurò, nei pressi dell’isola Cani (a nord di Biserta), la nave da sbarco per carri armati britannica LST 414 (tenente di vascello Howard Baskerville Cadogan), di 1.780 tonnellate, che in un piccolo convoglio diretto a Malta stava rimorchiando la gemella LST 416. Ciò rappresentò per Faggioni l’unico successo sicuro di tutta la sua attività di pilota di aerosiluranti; francamente troppo poco per poterlo ritenere un asso, sebbene fosse considerato un buon aviatore. Per la sagoma piatta della nave da sbarco attaccata Faggioni riferì di aver colpito, incendiato e visto esplodere una petroliera di oltre 10.000 tonnellate. In seguito ai danni riportati, la LST 414, che secondo gli statunitensi fu colpita a centro nave alle 02.00, per l’allagamento della sala macchine e per impedirne l’affondamento dovette essere rimorchiata dalla LST 425 e quindi portata a incagliare in spiaggia presso Biserta, dove fu abbandonata, andando completamente perduta. L’unità, cui furono asportati parti che potevano servire come pezzi di ricambio, fu cancellata dal Registro Navale statunitense il 24 novembre 1943. Il relitto, già cannibalizzato, fu poi venduto alla Marina olandese nel 1946. Nel siluramento vi era stato un solo decesso. Il 14 agosto sei S. 79 della 281a Squadriglia del 132° Gruppo Aerosiluranti di base a Littoria (Latina) erano stati inviati in Sardegna, nel nuovo aeroporto di Milis, per svolgere, nel periodo favorevole di luna, un breve ciclo operativo contro il naviglio nemico in movimento lungo le coste dell’Algeria e della Tunisia. Comandava la squadriglia il capitano Giuseppe Cimicchi.
ancora esposti i velivoli all’offesa aerea nemica furono spostati su basi arretrate. Il Comando del Raggruppamento tornò a Pisa con il 108° Gruppo e il 131° Gruppo, trasferitisi rispettivamente da Lecce e Grottaglie; il 41° Gruppo, che si trovava a Gioia del Colle, e il 104° Gruppo, a Lecce, si trasferirono sull’aeroporto Ampugnano di Siena. Degli altri reparti di aerosiluranti il 132° Gruppo restò a Littoria, il 1° Nucleo Addestramento a Gorizia, e il 3° Nucleo Addestramento, al comando del tenente colonnello Carlo Unia, andò sull’aeroporto di Salon en Provence, per svolgere ricognizioni armate nel Mediterraneo occidentale.
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La notte del 16 agosto, tra le 00.25 e le 01.00, decollarono per ricognizione offensiva cinque S. 79. In azioni singole, quattro velivoli attaccarono convogli e i piloti sostennero di aver affondato tre piroscafi per 30.000 tonnellate, e attaccato un cacciatorpediniere con esito non controllato. Il quinto velivolo, non avendo fatto avvistamenti, rientrò alla base con il siluro.
La LST 326. Allo stesso tipo apparteneva la LST 414, britannica, che andò perduta dopo essere stata silurata dall’S. 79 del capitano Carlo Faggioni, comandante della 279 a Squadriglia del 132° Gruppo Aerosiluranti.
E’ sintomatico a questo riguardo quanto è scritto nel Diario Storico del Comando dell’Aeronautica della Sardegna: Dalle ore 0025 alle ore 0100 sono partiti, dall’Aeroporto di Milis, n. 5 S. 79 con siluro per effettuare una ricognizione offensiva sulle coste del nord Africa. Alle ore 0110 un velivolo ha silurato un piroscafo di tipo imprecisato di circa 12.000 tonnellate, facente parte di un convoglio di 7 Unità, navigante a 10 miglia dalla costa ad ovest di Capo Bougaroni con rotta 090°. E’ stato notato lo scoppio del siluro. Sorvolando nuovamente il convoglio, dopo la rotta di scampo, il pilota a notato un piroscafo sbandato. Alle ore 0246 un altro velivolo ha silurato un piroscafo di 12.000 tonnellate facente parte di un grosso convoglio di circa 50 unità, navigante a velocità ridotta da Capo Bengut con rotta 90°. E’ stato notato lo scoppio del siluro seguito da una forte esplosione e, subito dopo, il piroscafo affondava. Alle ore 0335 il terzo velivolo ha silurato un piroscafo o petroliera da 6/7000 tonnellate navigante in convoglio di 4 unità con rotta 270°, a nord-est di Biserta. E’
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stato notato lo scoppio del siluro e, subito dopo, la nave è esplosa ed affondata. L’apparecchio è stato colpito all’ala destra dalla fortissima reazione contraerea. Alle ore 0340 il quarto velivolo ha attaccato un grosso cacciatorpediniere facente parte di un convoglio di 4 unità che entrava nella baia di Bougie con provenienza da ovest. Non è stato accertato l’esito del lancio a causa della fortissima reazione contraerea. Il quinto velivolo, pilotato dal tenente Antonio Saccillotto e dal sergente Franco Rava, non è rientrato. Gli altri apparecchi hanno atterrato fra le 0350 e le ore 0700. In realtà, furono silurate due navi mercantili dai piloti della 281 a Squadriglia. Il capitano Cimicchi alle ore 02.10 attaccò il convoglio UGS 13 (da Hampton Roads a Porto Said) e affondò, a 10 miglia da Capo Bougaroni, il piroscafo britannico Empire Kestrel (ex statunitensi Lake Ellithorpe e Texas Trader), di 2.674 tsl, costruito nel 1919 e nel 1940 preso in carico dal Ministero dei Trasporti di Guerra britannico. Il tenente Vezio Terzi alle 02.46 silurò e danneggiò a 16 miglia da Capo De Garde (Bona), il piroscafo Liberty statunitense Benjamin Contee, di 7.176 tsl, proveniente da Bona e diretto ad Orano con 1.800 prigionieri italiani, dei quali 264 decedettero e altri 142 furono feriti. Vi erano a bordo tra equipaggio, cannonieri e passeggeri 103 britannici, che restarono illesi.
Da destra, i capitani Carlo Faggioni e Giuseppe Cimicchi comandanti della 278a e della 281a Squadriglia del 132° Gruppo Aerosiluranti, che nei giorni 14 e 15 agosto affondarono rispettivamente la nave da sbarco britannico LST 414 e il piroscafo britannico Empire Krestel.
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Il piroscafo statunitense Lake Ellithorpe nel 1927, poi britannico Empire Kestrel che fu affondato dall’S. 79 del capitano Cimicchi.
Il piroscafo statunitense Benjamin Contee al momento del varo il 15 giugno 1942. Fu silurato e danneggiato il 16 agosto 1943 dall’S.79 del tenente Vezio Terzi della 281 a Squadriglia del 132° Gruppo Aerosiluranti.
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I danni prodotti allo scafo al siluro, che colpì a prora allagando le stive n. 1 e n. 2, pur essendo gravi non impedirono al Benjamin Contee di rientrare a Bona alla velocità di 4 nodi. Messa in condizioni di navigare a Gibilterra, la Liberty raggiunse New York, dove fu riparata per poi rientrare in servizio nel febbraio 1944. Fu poi usata in Normandia, a Vierville, nel mese di giugno, come elemento di uno dei famosi porti artificiali, ma a causa di danni riportati in violente mareggiate che ne causarono l’affondamento in bassi fondali nei giorni tra il 19 e il 22, fu abbandonata il 16 luglio di quell’anno. Non conseguì invece nessun risultato l’S. 79 comandato del sottotenente Carlo Bernocchi, che attaccò un piroscafo alle 03.35 a nord-est di Biserta.
Aerosilurante S. 79 della 281a Squadriglia del 132° Gruppo. Nel ciclo operativo partendo dalla Sardegna furono colpite due navi, una delle quali affondata dal capitano Cimicchi.
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Aerosilurante S. 79 della 281a Squadriglia. Da Wikimedia Commons.
Nella notte del 17 agosto, alle ore 21.00. partirono da Milis per un’altra missione, l’ultima del ciclo operativo della 281 a Squadriglia, tre S. 79, ma di essi uno con pilota e capo equipaggio il tenente Mario Jotta andò perduto, un altro rientrò per avaria agli strumenti di bordo, e il terzo, con il capitano Cimicchi, attaccò alle 0315 un convoglio a ovest di Capo Serrat senza successo, nonostante fosse stato ritenuto dall’equipaggio di aver affondato un piroscafo di 15.000 tonnellate. Anche le successive dieci missioni velivolo del 132° Gruppo, svolte nei giorni 19, 22 e 24 agosto partendo direttamente da Littoria, non furono coronate da successo, contrariamente a quanto dichiarato dai piloti attaccanti, tenenti Irnerio Bertuzzi, Caio Tredici e Silvio Cella, che sostennero di aver silurato tre navi mercantili. Gli aerosiluranti della Regia Aeronautica terminarono la serie dei successi alle 21.25 del 7 settembre 1943, vigilia dell’armistizio dell’Italia, per opera di un altro S. 79 della 281a Squadriglia del 132° Gruppo, pilotato dal tenente Vasco Pagliarusco e decollato dall’aeroporto di Littoria. L’S. 79 attaccò presso Termini Imerese il convoglio d’invasione TSF 1 che, costituito da tre navi da sbarco LST e otto mezzi da sbarco LCT con a bordo truppe speciali, costituite da Ranger e Commandos, era salpato da Palermo diretto a Salerno. Il siluro del velivolo colpì la nave da sbarco per carri armati britannica LST 417 (capitano di corvetta Robert James William Crowdy), che ebbe distrutta la zona presso il timone e asportato 8 metri della poppa. Dopo l’esplosione del siluro, avvenuta in lat. 37°59’N, long. 13°43’E, le paratie furono immediatamente chiuse, e per evitare l’affondamento della nave, il comandante fu costretto a portarla ad incagliarsi sulla vicina costa siciliana. Il mezzo da sbarco per fanteria LCI 288 si accostò per prendere a bordo i feriti, mentre le LCI 115 e la LCI 306 presero a rimorchio la LST 417 e l’indomani la condussero al sicuro nel porto di Termini.23
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La LST 417, impostata nei cantieri statunitensi di Baltimora, il 20 ottobre 1942, fu varata il 30 novembre dello stesso anno e ceduta ai britannici il 29 gennaio 1943. Riparata dai danni del siluramento, rientrò in servizio, per poi essere restituita agli statunitensi il 31 maggio 1946 e smantellata a New York a iniziare dal 4 dicembre 1947.
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La LST 417 (britannica), che la sera del 7 Settembre 1943 fu colpita e danneggiata da un siluro lanciato da un S. 79 della 281a Squadriglia del 132° Gruppo, con pilota il tenente Vasco Pagliarusco. Fu l’ultima nave colpita dagli aerosiluranti della Regia Aeronautica prima dell’armistizio dell’8 settembre.
Nella notte fra l’8 e il 9 settembre, poco dopo che la radio ebbe fatto conoscere che l’Italia si era arresa agli Alleati, bombardieri e aerosiluranti tedeschi del I. e
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III./KG.26, agevolati dalla luce lunare che permetteva di distinguere nettamente le navi, attaccarono in più occasioni i convogli di sbarco degli Alleati diretti a Salerno, portandosi a pelo d’acqua sotto un fuoco di sbarramento formidabile di complessi di mitragliere pom pom da 40 mm e Oerlikon da 20 mm e cannoni di ogni calibro. Un aerosilurante Ju. 88 del III./KG.26, attaccò la corazzata Warspite, l’unità del vice ammiraglio La Touche Bisset comandante della 1a Divison da Battaglia e comandante in seconda della Forza H, che solo per poco riuscì ad a evitare un siluro, passato lungo il fianco sinistro della corazzata, che lo evitò mettendo il timone in accostata di 35° e aumentando la velocità a 18 nodi. Un altro siluro fu evitato dalla nave da sbarco Prince Charles, e altre unità dovettero manovrare per non essere colpite. Da questi attacchi inconcludenti non rientrarono alle basi, perché abbattuti dalla contraerea delle navi, ben sei He. 111 del I./KG.26, nonché due Ju. 88 del III./KG.26, tra cui quello del capitano Hans Wilde comandante della 8a Squadriglia. Il cacciatorpediniere Inglefield (capitano di corvetta Charles Fraser Harrington Churchill) si accreditò l’abbattimento di un aerosilurante.
Salerno, 9 settembre 1943. La corazzata britannica Warspite fronteggia l’attacco notturno degli aerosiluranti tedeschi sparando con i sui pezzi contraerei.
Gli S. 79 del Raggruppamento Aerosiluranti, che nel pomeriggio dell’8 settembre, con decollo alle 19.30 da Pisa e da Siena di quattordici velivoli, erano già in volo per attaccare i convogli d’invasione, e che dovevano essere seguiti da altri cinque S. 79 del 132° Gruppo partiti da Latina, in base agli accordi stabiliti con gli Alleati con la firma dell’armistizio dell’Italia, alle 20.20 furono richiamati alle basi.
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Operazione “Avalance”, lo sbarco degli Alleati nel Golfo di Salerno. Nell’immagine la portaerei leggera britannica Unicorn e due delle quattro portaerei di scorta assegnate alla Forza V del vice ammiraglio Vian e destinate all’appoggio aereo nelle aree di sbarco.
Sempre il 9 settembre a Salerno, il cacciatorpediniere Tartar, una delle unità della Forza H, ripreso da un’unità vicina mentre spara ad alta elevazione con i cannoni di poppa da 102 e 120 mm.
Ebbero poi l’ordine di trasferirsi in Sardegna, a Decimomannu, per rispettare gli accordi armistiziali. Essi imponevano alla Regia Aeronautica che ogni aereo italiano in grado di volare dovesse raggiungere le basi aeree controllate dagli Alleati. Durante questo trasferimento da Ampugnano (Siena) di ventotto S. 79, ad iniziare dal 41° Gruppo con in testa il maggiore Massimiliano Erasi, seguito dal 104° Gruppo e dal 132° (arrivato da Latina con dieci S. 79 appena in tempo per evitare la cattura da
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parte tedesca), caccia Bf. 109 germanici abbatterono presso le coste della Sardegna due aerosiluranti del 132° Gruppo, e ne danneggiarono altri due costringendoli a rientrare a Siena Ampugnano. Uno di essi era pilotato dal capitano Carlo Faggioni, mentre uno dei piloti degli aerei abbattuti era il tenente Ottone Sponza, che si salvò. Entrambi gli ufficiali servirono poi nelle file dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana. Non riuscirono a decollare gli aerosiluranti dislocati a Pisa che furono inutilizzati a causa dell’occupazione dell’aeroporto da parte tedesca, avvenuto proprio mentre la massa dei velivoli si preparava a decollare. In definitiva, nel disastro dell’8 settembre, soltanto trentaquattro S. 79 si trasferirono in Sardegna e in altre parti dell’Italia meridionale, sottraendosi alla cattura. *** Comandanti delle Gruppi e delle Squadriglie degli Aerosiluranti Italiani in linea secondo un Promemoria del 5 Settembre 1943 compilato per il Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, generali Giuseppe Santoro. 41° Gruppo: maggiore Massimiliano Erasi 204a Squadriglia: capitano Giuseppe Cipelletti 205a Squadriglia: capitano Alberto Piacentino 104° Gruppo: tenente colonnello Ubaldo Puccio 252a Squadriglia: capitano Alfredo Reyer 253a Squadriglia: capitano Enrico Marescalchi 108° Gruppo: capitano Mario Spezzaferri 256a Squadriglia: capitano Pietro Greco 257a Squadriglia: capitano Giuseppe Zucconi 131° Gruppo: maggiore Paris Pernazza 279a Squadriglia: capitano Carlo Cerqueni 284a Squadriglia: capitano Michele Palumbo 132° Gruppo: maggiore Gabriele Casini 278a Squadriglia: capitano Carlo Faggioni 281a Squadriglia: capitano Giuseppe Cimicchi Secondo la situazione organica di Superaereo delle ore 20.00 del 7 settembre il Raggruppamento Aerosiluranti disponeva nelle basi di Pisa e di Siena, e quindi alle dipendenze della 3a Squadra Aerea, di 51 aerosiluranti S. 79 dei Gruppi 41°, 108°, 131° e 104°, a cui se ne aggiungevano a Littoria altri 12 del 132° Gruppo e a
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Capodichino un solo S. 79 della Sezione Autonoma Aerosiluranti. In totale 64 velivoli in linea con un’efficienza di 46.24 Queste cifre contrastano con quelle del generale Santoro che la sera del 7 settembre assegna al Raggruppamento Aerosiluranti, compreso il 132° Gruppo e la Sezione Autonoma, una disponibilità di 51 aerosiluranti, dei quali 36 efficienti.25
Francesco Mattesini
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Rodolfo Gentili, Storia delle operazioni aeree nella seconda guerra mondiale (19391945), p. 212. 25 Giuseppe Santoro, L’Aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Volume Secondo, cit. p. 576.
Report "OPERATION " HUSKY " L'INVASIONE DELLA SICILIA E L'INTERVENTO DEGLI AEROSILURANTI DELL'ASSE"