Lessico politico e retrodatazioni in due volgarizzamenti aretini di fine Ducento, in «Lingua Nostra», vol. LXXVIII, 3-4, 2017, pp. 69-75.

June 12, 2018 | Author: Mirko Volpi | Category: Documents


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Vol. LXXVIII, Fasc. 3-4

Settembre-Dicembre 2017

Casa editrice Le Lettere - Firenze

SOMMARIO R. Cardini, «Obtorto collo» (L. B. Alberti, De commodis, p. 90.20 e Pontifex § 210) . 65 M. Volpi, Lessico politico e retrodatazioni in due volgarizzamenti aretini di fine Duecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 M. Maggiore, Per scaltrimento in italiano antico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 L. Matt, Integrazioni ai dizionari storici dalle Prediche quaresimali di Emmanuele Orchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 Fiaschetteria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 A. Parenti, Lesena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 Una prima attestazione di Toni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 G. Fredianelli, Il linguaggio politico alla vigilia della Grande Guerra (XVIII) . . . . 109 Libri ed articoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

LINGUA NOSTRA intende promuovere l’interesse per la lingua italiana e lo studio dei

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problemi di essa, mirando a conciliare due esigenze ugualmente importanti: la consapevolezza di una antica tradizione e la rispondenza alle necessità moderne. La rivista, fondata nel 1939 da Bruno Migliorini e Giacomo Devoto, quindi diretta da Gianfranco Folena e da Ghino Ghinassi, è ora diretta da Andrea Dardi e Massimo Fanfani. Si articola in varie parti: storico-filologica: storia della lingua; grammatica storica; etimologia, lessicologia e semantica storica; retorica e stilistica; metrica; storia della questione della lingua e del pensiero linguistico; storia della grammatica e della lessicografia; onomastica; testi e documenti; descrittiva: grammatica e lessicologia dell’italiano d’oggi; neologismi, forestierismi e dialettalismi contemporanei; lingue speciali e terminologie tecniche; livelli sociali di lingua; varietà regionali; l’italiano all’estero; testimonianze linguistiche di letterati e di scienziati; didattica: discussioni sulla norma linguistica e sull’insegnamento della lingua; uso delle comunicazioni di massa; esperienze di insegnanti; insegnamento della lingua agli adulti; insegnamento dell’italiano all’estero; problemi di linguistica contrastiva e di traduzione. Direzione: Andrea Dardi e Massimo Fanfani dell’Università di Firenze. Redazione: Alessandro Parenti (Trento), Antonio Vinciguerra (Firenze). Comitato scientifico: Paolo Bongrani (Parma), Hermann Haller (New York), Fabio Marri (Bologna), Max Pfister (Saarbrücken), Sergio Raffaelli † (Roma), Wolfgang Schweickard (Saarbrücken). LINGUA NOSTRA si pubblica in fascicoli trimestrali. I contributi vanno inviati a A. Dardi (Via delle Palazzine 5, 50014 Fiesole - Firenze) o a M. Fanfani (Via Amendola 19, 50053 Empoli - Firenze). Direttore responsabile: Giovanni Gentile, c/o Editoriale Le Lettere, Via Meucci 17/19, 50012 Bagno a Ripoli (FI). Tel. 055645103; [email protected]; www.lelettere.it. Servizio abbonamenti: Editoriale Le Lettere, via Meucci 17/19, 50012 Bagno a Ripoli (FI). Tel. 055645103; [email protected]; www.lelettere.it.

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AIS = Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, von Karl Jaberg und Jakob Jud, Zofingen, Ringier, 1928-1940 ALI = Atlante linguistico italiano, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1995 segg. Crusca1, 2, 3, 4, 5 = Vocabolario degli Accademici della Crusca, Venezia, Alberti, 16121, Venezia, Sarzina, 16232, Firenze, Stamperia dell’Accad. della Crusca, 16913, Firenze, Manni, 1729-17384, Firenze, Tip. Galileiana, 186319235 (interrotta alla lettera O) DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960 segg. DCECH = Diccionario crítico etimológico castellano e hispánico por Joan Corominas con la colaboración de José A. Pascual, Madrid, Gredos, 1980-91 DEI = Carlo Battisti-Giovanni Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbera, 1950-57 DELI = Dizionario Etimologico della Lingua Italiana di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, Bologna, Zanichelli, 1979-1988 (2a ed. a cura di Manlio Cortelazzo e Michele A. Cortelazzo, ivi, 1999 con cd-Rom) DI = Wolfgang Schweickard, Deonomasticon italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona, Tübingen, Niemeyer, 1997 segg. FEW = Walther von Wartburg, Französisches Etymologisches Wörterbuch, Bonn (poi Leipzig e Basel), 1922 segg. GAVI = Giorgio Colussi, Glossario degli antichi volgari italiani, Helsinki, University Press, 1983-2006 GDLI = Grande dizionario della lingua italiana, fondato da Salvatore Battaglia, Torino, Utet, 1961-2002 (Supplemento 2004, a c. di Edoardo Sanguineti) GRADIT = Grande dizionario italiano dell’uso, diretto da Tullio De Mauro, Torino, Utet, 1999 con cd-Rom (Nuove parole italiane dell’uso, 2003; Nuove parole italiane dell’uso, II, 2007)

LEI = Max Pfister, Lessico etimologico italiano, Wiesbaden, Reichert, 1979 e segg. LIZ1, 2, 3, 4 = Letteratura italiana Zanichelli (su cdRom), a c. di Pasquale Stoppelli ed Eugenio Picchi, Bologna, Zanichelli, 19931, 19952, 19973, 20014 LN = Lingua nostra, Firenze, 1939 segg. LRL = Lexikon der Romanistischen Linguistik, Herausgegeben vor Günter Holtus, Michael Metzeltin, Christian Schmitt, Tübingen, Niemeyer, 1988-2005 LS = Lingua e stile, Bologna, 1966 segg. REW = Wilhelm Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg, Winter, 19684 RID = Rivista italiana di dialettologia, Bologna, 1977 segg. Rohlfs = Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, vol. I, Fonetica, 1966, vol. II, Morfologia, 1968, vol. III, Sintassi e Formazione delle parole, 1969 [si cita per paragrafo] SFI = Studi di filologia italiana, Firenze, 1927 segg. SGI = Studi di grammatica italiana, Firenze, 1979 segg. SLeI = Studi di lessicografia italiana, Firenze, 1979 segg. SLI = Studi linguistici italiani, Friburgo, poi Roma, 1960 segg. TB = Niccolò Tommaseo-Bernardo Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1865-1879 TLIO = Opera del Vocabolario Italiano, Tesoro della lingua italiana delle origini [fondato da Pietro G. Beltrami; leggibile in rete all’indirizzo ] VEI = Angelico Prati, Vocabolario etimologico italiano, Torino, Garzanti, 1951

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«Transferendo», avrebbe detto il Landino, una locuzione toscana in latino, l’Alberti ha pertanto attuato un «ampliamento» o «arricchimento» del latino(26) a spese del volgare(27). Una prassi peraltro così in lui come in molti altri umanisti non inconsueta(28). Ma che è l’esatto rovescio (o l’altra faccia) dei «trasferimenti» dal latino in volgare e dell’«ar-

tutte. GEMMA. Era già. TROCCIO. E chi ti ha furato l’esserne ancora? GEMMA. Non te l’ho io detto? i collitorti. TROCCIO. Ribaldoni. GEMMA. Fratello, egli interviene a me, come a quegli che tanto arricchiscano quanto fanno una arte buona soli, dando poi giuso tosto che gli invidiosi ci moltiplicano. Dico che ne lo avvedersi gli scribi e i sacerdoti che il ruffianeggiare era una mercatanzia muta, e uno utile che potea far le fica a lo onore, si diedero a cotal traffico senza una vergogna al mondo; onde io ne cominciai a divenire di badessa conversa, seguitandogli di mano in mano pedagoghi e cortigiani; e di qui nasce i favoreggiamenti che mantengono coloro ne le case, e costoro in su le gale. TROCCIO. Io la vado capendo. GEMMA. Ma per ben che e le ciurme predette e li domestichi in le case, come saria il barbieri, il sarto, il compare e la comare, mi avessino scemato il guadagno, ci si poteva quasi che stare; e io anche ci saria bello che stata, se gli non-isputa-in-sacrato, non venivano a lupeggiarsi per simil via ogni mia sustanzia; sì che attàccati a loro se vuoi che i disegni ti rieschino […]. Ci è tra gli altri un ser Ipocrito, che corromperebbe la primavera. […] Egli condurrà la gatta al lardo, pur che il tuo padrone sappia cerimoniare d’intorno a lo squinterna-paternostri» (P. Aretino, Lo Ipocrito, I, 7, in Tutto il teatro, a cura di A. Pinchera, Roma, Newton Compton Italiana, 1974, pp. 193-94). Lo Ipocrito è del 1524. (26) In latino classico collotorto, bacchettone si direbbe pietatis erga deum simulator, e nel latino della Vulgata hypocrita. (27) Tra(n)sferire, ampliare e arricchire, in queste accezioni, sono vocaboli landiniani: C. Landino, Scritti critici e teorici, edizione, introduzione e commento a cura di R. Cardini, 2 voll., Roma, Bulzoni, 1974, I, pp. 35.37, 36.4, 36.33, 38.3, 138.18, 139.34; R. Cardini, “Andare” o “mandare in exercito”? Postilla landiniana (con un excursus su exercitus nell’Amphitruo di Plauto e un’appendice sulla lingua del Landino), in Interpres, 6, 1985-86, pp. 51-90, alle pp. 80-90. (28) R. Cardini, “Uxoria” dell’Alberti. Edizione critica, in Filologia umanistica. Per Gianvito Resta, a cura di V. Fera e G. Ferraù, Padova, Editrice Antenore, 1997, pp. 267-374, alle pp. 355-56, 373; Id., “Antichi e moderni” in Paolo Cortesi, in La rassegna della letteratura italiana, XCV (1991), 3, pp. 20-28. Ma per restare al nostro argomento segnalo che Angelo Poliziano si trovò, dopo cinquant’anni, dinnanzi allo stesso problema dell’Alberti: come rendere in latino il toscano collotorto? Genialmente incurante del ridicolo, nel Prologus ai plautini Menaechmi (1488) lo risolse con un incredibile arcaismo. Nel De lingua Latina di Varrone («Ceterum etiam ex praepositione et duobus vocabulis dure videtur struxisse Pacuvius: “Nérei repándirostrum incúrvicervicúm pecus”», V 7) o più presumibilmente in Quintiliano («Sed res tota magis Graecos decet, nobis minus succedit: nec id fieri natura puto, sed alienis favemus, ideoque cum κυρταύχενα mirati simus, “incurvicervicum” vix a risu defendimus», Inst. I 5, 67 e 70), pescò un calco dal greco di Pacuvio, incurvicervicus, e lo «trasferì» al «gregge accigliato dal collo torto» (superciliosum incurvicervicum pecus) degli ipocriti frati ne-

ricchimento» del secondo a spese del primo(29). «Trasferimenti» e «arricchimenti» intensivi e incessanti di arte, cultura, generi, modelli, mentalità che per il toscano comportarono una frattura netta e al tempo stesso un nuovo inizio: una «rifondazione, su basi umanistiche, della lingua e letteratura volgare» in cui va additato il principale contributo dell’Alberti alla nostra lingua e letteratura(30). ROBERTO CARDINI mici del teatro classico: «Sed qui nos damnant, histriones sunt maxumi; / Nam Curios simulant, vivunt bacchanalia: / Hi sunt praecipue quidam clamosi, leves, / Cucullati, lignipedes, cincti funibus, / Superciliosum incurvicervicum pecus, / Qui quod ab aliis habitu et cultu dissentiunt, / Tristesque vultu vendunt sanctimonias, / Censuram sibi et tyrannidem occupant, / pavidam plebem territant minaciis» (Prose volgari inedite e Poesie latine e greche edite e inedite di Agnolo Ambrogini Poliziano, raccolte e illustrate da I. Del Lungo, Firenze, Barbèra, 1867, pp. 283-84, vv. 40-48; Perosa, Teatro umanistico, cit., p. 218: il verso 44 non è chiosato in nessuna delle due pubblicazioni). Ma siccome Pacuvio quel calco l’aveva applicato a tutt’altra fattispecie, le greggi dei delfini dai rigonfi dorsi, Poliziano, non diversamente dall’Alberti, versò vino medievale e moderno in un otre antico. (29) Landino, Scritti critici, cit., I, pp. 33-40, 137-40; R. Cardini, La critica del Landino, Firenze, Sansoni, 1973, pp. 114-49. (30) R. Cardini, Cristoforo Landino e l’Umanesimo volgare, in La rassegna della letteratura italiana, 72 (1968), pp. 267-96 (poi, invariato, in Cardini, La critica del Landino, cit., pp. 124-27, 138-44); Id., “Andare” o “mandare in exercito”, cit., p. 81; Id., Landino e Lorenzo, in Lettere italiane, 45 (1993), pp. 361-75, a p. 361 n. 1; Id., La rifondazione albertiana dell’elegia. Smontaggio della “Deifira”, in Alberti e la tradizione, cit., pp. 305-56; Id., Alberti scrittore e umanista, in La vita e il mondo di Leon Battista Alberti. Atti dei Convegni internazionali del Comitato nazionale VI centenario della nascita di Leon Battista Alberti, Genova, 19-21 febbraio 2004, Firenze, Olschki, 2008, pp. 23-40 (poi, annotato, in Alberti, Opere latine, cit., pp. 3-18).

LESSICO POLITICO E RETRODATAZIONI IN DUE VOLGARIZZAMENTI ARETINI DI FINE DUECENTO 1. Tra i non molti trattati politici latini volgarizzati nel corso del Due e del Trecento in Italia, un posto eminente occupa il De regno ad regem Cypri di san Tommaso d’Aquino (opera incompiuta, risalente al 1267 circa), non tanto per l’impor-

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tanza o il successo del testo nella storia del pensiero tardo-medievale (invero assai flebile, benché ad esso non poco debba l’elaborazione teorica di Egidio Romano), quanto proprio per il contributo al vocabolario politico dell’italiano antico fornito dai due suoi volgarizzamenti, indipendenti l’uno dall’altro e tràdito ciascuno dei due da un solo manoscritto. Mi riferisco al Regimento del reame, presente nel codice Paris, BNF, Ital. 233, aretino, di fine Duecento, e al Regimento d’i principi, testimoniato dal ms. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Chigi M.VIII.158 (pieno o tardo XIV sec., quasi certamente d’area veneziana), che traduce, oltre alla porzione sicuramente tommasiana dell’opuscolo (che si interrompe al cap. IV del II libro), anche la continuazione del domenicano Tolomeo da Lucca (che vi aggiunge due altri libri), composta forse a Firenze tra il 1300 e il 1302(1). Di specialissimo rilievo risulta in particolare il Parigino 233, sia per la datazione, che ne fa probabilmente il volgarizzamento politico più antico della nostra tradizione(2), sia perché oltre al De regno (che occupa le cc. 1r-17r) accoglie di séguito (cc. 19r-220v) anche una versione del ben più fortunato De regimine principum di Egidio Romano, il

(1) Del Regimento del reame si ha ora un’edizione critica, cioè M. Volpi, Il “Regimento del reame”, volgarizzamento aretino di fine Duecento del “De regno” di san Tommaso d’Aquino. Edizione e commento linguistico, in Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano, XXII, 2017, in corso di stampa, cui si rimanda anche per l’inquadramento globale della questione e per la bibliografia pregressa (tra cui segnalo soltanto S. Cerrini, Libri dei Visconti-Sforza. Schede per una nuova edizione degli inventari, in Studi Petrarcheschi, VIII, 1991, pp. 239-81, alle pp. 245-48, per un’esaustiva descrizione del manoscritto, che nel XV secolo arricchì la biblioteca del Castello Visconteo di Pavia, prima di finire in Francia, assieme al resto della biblioteca pavese). Don Giuseppe De Luca, in Prosatori minori del Trecento, I Scrittori di religione, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954, pp. 793-801, aveva trascritto prologo e capitolo primo (che il codice però indica come capitoli primo e secondo) del volgarizzamento Chigiano, annunciando una mai portata a termine edizione, che confido di poter a breve pubblicare per intero. (2) Se, tra le altre notazioni possibili, i rilievi degli studiosi delle miniature, che lo collocherebbero nei primi anni ottanta del XIII secolo, sono corretti (vedine la sintesi in Volpi, Il “Regimento del reame”, cit.), questa versione tommasiana anticiperebbe dunque di pochi anni il celebre volgarizzamento senese del De regimine principum del 1288, tràdito dal ms. Firenze, BNCF, II.IV.129 per cui si veda ora Il “Livro del governamento dei re e dei principi” secondo il codice BNCF II.IV.129, edizione critica a cura di F. Papi, Pisa, ETS, 2016, 3 voll.).

Regimento dei prencipi(3), oltretutto voltato non dalla traduzione francese (come nel codice senese, di cui alla nota 2), ma direttamente dall’originale latino. Un composito ma non disorganico libro politico in volgare, dunque, e direi addirittura un unicum nel suo genere, confezionato ad Arezzo forse dietro commissione senese, senz’altro meritevole di mirati approfondimenti futuri che ne sappiano meglio puntualizzare il contesto storico in cui è sorto e le ragioni costitutive ad esso sottese. Venendo però subito a ciò che qui più preme, vale a dire il lessico politico (o meglio, la sua porzione relativa alla nomenclatura delle forme di governo), si possono fare alcune osservazioni sulla presenza di lessemi particolarmente significativi che il Parigino 233 attesterebbe per la prima volta in volgare: ben prima, ad esempio, proprio di altri volgarizzamenti di trattati politici. Dico cioè, più che della pur antica e fortunata versione senese di Egidio, che però traduce l’opera dal francese(4), del De regimine principum del codice 48 della Lolliniana di Belluno (metà XIV sec.), del Libro del difenditore della pace (traduzione del Defensor pacis di Marsilio da Padova), testimoniato da un codice Laurenziano del 1363 (e sono entrambi manoscritti fiorentini), nonché proprio della ricordata versione tommasiana del Chigiano, coeva ai due appena menzionati. Sulla falsariga di quanto messo in luce da F. Papi e C. Lorenzi, specialmente laddove viene richiamata l’attenzione sull’inedita versione egidiana (per altro realizzata direttamente dal latino) del codice Lolliniano(5), riscontriamo dunque nel Regimento del reame e nel Regimento dei prencipi parigini occorrenze importanti per il vocabolario politico e astratto italiano, in una serie di parole che recepiscono i tecnicismi latini di derivazione aristotelica presenti nei volumi tommasiano ed egidiano di partenza – credo anche, o alme-

(3) Il titolo si ricava dalla rubrica generale, a c. 19ra: «Questo è ’l libro del Regimento dei prencipi facto da frate Gilio Romano de lo ordene de sancto Agustino». (4) Il che comporta una perdita di terminologia tecnica, visto che il volgarizzatore francese cui attinge il senese aveva, in questo specifico settore, operato dei tagli proprio alle voci di nostro interesse (per una chiara esemplificazione di tale modo di procedere si veda F. Papi-C. Lorenzi, Lessico politico in due antichi volgarizzamenti del “De regimine principum”: le forme del governo, in L’italiano della politica e la politica per l’italiano, Atti del XI Convegno ASLI, Napoli, 20-22 novembre 2014, a cura di R. Librandi e R. Piro, Firenze, Cesati, 2016, pp. 165-78, alle pp. 170-71). (5) Ivi, pp. 165-71.

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no in prima istanza (e qui mi sto ora riferendo solo al volgarizzamento del De regno), in virtù di un atteggiamento di estrema, per non dire meccanica fedeltà ai testi latini. Ecco allora, per introdurci meglio al tema, un passo, tra i non pochi citabili, particolarmente significativo del Par. 233, cioè l’inizio del cap. III del Regimento del reame («Del regimento del re, lo quale è ottimo, et del tyranno, lo quale è pessimo»; c. 3ra): Sì como lo regimento del re è ottimo, cusì el regimento del tyranno è pessimo. Contrasta certo a la policia, cioè al bon regimento de la moltitudine, la democratia, cioè el mal regimento del popolo, et l’uno e l’altro, sì come dei detti appare, è reggimento che per più si adopera; et a l’aristogratia, oligartia, et l’una e l’altra si adopera(6) per pochi; e lo regimento del re al tyrannide, et l’uno e l’altro per uno s’adopra. Che lo regimento sia optimo, mostrato è prima; se donqua lo optimo el pessimo el contradia, necessaro è ch’el tyranno sia pessimo(7).

Cui corrisponde nel Chigiano il cap. 4 («Che così como la segnoria d’uno è optima quando è giusta, così è pessimo il suo contrario, per molte rasone et argumenti se prova»; cc. 2vb-3ra): Sì come il regimento del re è optimo, così è pessimo il regimento del tyrampno. Perché la democracia è opposta a la policia, ché segondo che se mostra per le dicte cose, l’uno et l’altro è regimento el quale s’adovra per plusori; et a la aristocracia è opposta obligarchia, ché l’uno et l’altro s’adovra per pochi; ma il regno è opposto al tyrampno, ché çascuno s’adovra per uno. Et ch’el regno sia optimo regimento, mostrado è prima; se donqua il pessimo se contrapone a l’optimo, necessario è che la tyrampnia sia pessima.

Quanto invece al Regimento dei principi presente nel Par. 233, mi limito a riportare il passo della traduzione che in questa sede più interessa, desunto dall’inizio del capitolo secondo, libro terzo, seconda parte, cioè «Capitolo secondo. Quanti sono li modi de’ principati e quali di loro sono buoni e quali mali. Rubrica» (c. 166ra): Nel terço de la Politticha distingue lo Filosofo vj generacioni de principati, de’ quali li tre sono boni et li tre mali. Certo lo regno et aristocracia et policia sono buoni principati. Tyrannia et obligarciia et democracia sonno mali. Tertio Politicorum distinguit Philosophus sex modus principantium, quorum tres sunt boni, & tres sunt mali. Nam regnum aristocratia, & politia sunt principatus boni: tyrannides, oligarchia, & democratia sunt mali(9).

2. Passando finalmente all’analisi, si rileva che praticamente tutti e sei i greco-latinismi che, sull’ovvia scorta della Politica di Aristotele, designano le varie forme di governo, si possono retrodatare grazie al Parigino 233. Mi sto riferendo, secondo lo schema triadico aristotelico (rinvenibile chiaramente nel brano sopra citato), poi appunto riutilizzato esplicitamente anche da Egidio Romano, a: monarchia, aristocrazia, politìa, da una parte, e, dall’altra, la loro degenerazione, ossia tirannide, oligarchia, democrazia(10). Vediamo allora la prima coppia oppositiva, che comprende appunto “monarchia” e “tirannide”. Nel Regimento del reame la voce monarchia conta due occorrenze, ai capp. IV e V (pacificamente nelle uniche due volte che compare nel testo di san Tommaso), e delle sei esaminate è senz’altro la più

Traduzioni dell’originale tommasiano: Sicut autem regimen regis est optimum, ita regimen tyranni est pessimum. Opponitur enim politie quidem democratia, utrumque enim, sicut ex dictis apparet, est regimen quod per plures exercetur; aristocratie vero oligarchia, utrumque enim exercetur per paucos; regnum autem tyranno, utrumque enim per unum exercetur. Quod autem regnum sit optimum regimen, ostensum est prius; si igitur optimo opponitur pessimum, necesse est quod tyrannis sit pessimum(8).

(6)

Si è emendato con adopera la lezione del ms. sopera. Volpi, Il “Regimento del reame”, cit. (8) Sancti Thomae de Aquino De regno ad Regem Cypri, in Id., Opera omnia iussu Leonis XIII P. M. edita, cura et studio Fratrum Predicatorum, Roma, Editori di san Tommaso, to. XLII. Compendium theologiae, De articulis fidei et (7)

ecclesiae sacramentis, Responsio de 108 articulis, Responsio de 43 articulis, Responsio de 36 articulis, Responsio de 6 articulis, Epistola ad Ducissa Brabantiae, De emptione et venditione ad tempus, Epistola ad Bernardum abbatem casinensem, De regno ad Regem Cypri, De secreto, 1979, pp. 41771, a p. 452. Va notato però che l’edizione tommasiana del 1954 (accolta nel sito www.corpusthomisticum.org) reca, al posto di tyranno, tyrannidi (e, come si vede, a tale lezione avrà attinto il volgarizzatore aretino). (9) Aegidii Columnae Romani […] De regimine principum. Lib. III, per Fr. Hieronymum Samaritanium […], Romae, apud Bartholomeum Zannettum, 1607, p. 453. (10) Cfr. Papi-Lorenzi, Lessico politico, cit., p. 166: tutte e sei le voci, naturalmente, compaiono nel volgarizzamento bellunese. Riflessioni utili al riguardo, benché riferite a volgarizzamenti danteschi assai seriori, in D. Ellero, Tra greco, latino e volgare: note sul lessico politico in due traduzioni quattrocentesche della “Monarchia” di Dante, in L’italiano della politica e la politica per l’italiano, cit., pp. 179-89.

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diffusa in antico, già a partire dagli ultimi anni del Duecento, vale a dire col non precisamente databile volgarizzamento orosiano di Bono Giamboni (il termine ante quem è il 1292, anno della morte di Bono; cfr. TLIO): quindi, se tiene la datazione proposta, non molto distante dal Parigino. Ad essa si oppone, ben più ricorrente nel testo, tyrannide(11), che nel volgarizzamento tommasiano non viene mai sostituita dal più diffuso, in antico, “tirannia”; e che rende naturalmente il lat. tyrannis, di cui, prima del Cinquecento, ci sarebbero solo sporadiche attestazioni (stando alle banche dati sarebbero non più di quattro), tutte di pieno Trecento, la più antica delle quali, finora, si individuava nel volgarizzamento della Deca quarta di Livio (cfr. TLIO), ma in accezione generica, o appunto, e qui nel senso precipuo legato alla forma di governo (come nel Par. 233), nel più o meno coevo ms. Lolliniano(12). Diversamente il Regimento dei prencipi, almeno nel passaggio sopra riportato, ricorre al facile calco regno e a tyrannia (le cui prime occorrenze si collocano comunque – si veda nel Corpus OVI e in TLIO, s. v. – più o meno nei medesimi anni del Par. 233(13)). Sempre prime occorrenze ascrivibili al codice di Parigi sono i termini della seconda coppia di opposti, cioè “aristocrazia” e “oligarchia”. Il primo, diffusosi in italiano assai tardi, e registrato dal TLIO solo nel volgarizzamento del Difenditore della pace (occorrenze da integrare, si è già detto, con quelle del Lolliniano e del Chigiano(14)), si attesta ampiamente nel Par. 233, sia, come visto, nel Regimento dei prencipi, sia nel Regimento del reame: qui torna 4 volte (nelle forme aristocratia I, aristo-

(11) Si trova ai capp. III (5), IV, V (9), VI (4), VII rub., VII (10), XI rub., XI (2), XII (quando al numero, in romano, del capitolo, segue tra parentesi un numero arabo, questo indica il numero di occorrenze della voce presenti in quel singolo capitolo). (12) Dove però addirittura si mantiene la forma tyrannides: vedi i rilievi in Papi-Lorenzi, Lessico politico, cit., pp. 166-67. (13) Si tratta, e cito solo i sicuramente duecenteschi, del Novellino (sec. XIII u. v.) e del volgarizzamento del Tesoro di Brunetto Latini realizzato da Bono Giamboni (sec. XIII ex.). (14) Si possono appunto riscontrare nei brani editi in Prosatori minori del Trecento, cit., p. 800. Da una esplorazione più ampia da me condotta sul Chigiano esce confermata ulteriormente la tendenza, per così dire, conservativa dei volgarizzatori, tanto di Tommaso quanto di Egidio Romano (ma di quelli direttamente dal latino), nel trattamento delle parole chiave aristoteliche qui discusse.

gratia, -gracia III [3]), delle 5 totali presenti nel testo latino, la quinta delle quali viene resa – ed è un dettaglio meritevole di approfondimento – con superbia: «regnum in aristocratiam commutare volentes» → «lo regimento in superbia mutare volendo» IV(15). Parimenti fedele e puntuale è poi la resa del secondo termine, cioè oligartia III (3) e oligratia III, più un obbigargia I e, nel volgarizzamento egidiano, obligarciia, con una diversificazione morfologica in tutto accomunabile a quanto si riscontra nel volgarizzamento di Marsilio(16), ma anche nel Chigiano, che all’inizio del cap. 4, cioè terzo (c. 2vb)(17), reca in un caso obligarchia (poi sempre oligarchia(18)). Le stesse osservazioni si possono fare per l’ultima coppia di termini, altrettanto rari e ugualmente ricorrenti solo nei tre trattati politici volgarizzati, prima che si affermassero con decisione a partire dal XVI secolo. Dico, ovviamente, di “politìa”(19) e di “democrazia”(20), di cui il Par. 233 testimonia le

(15) Il Chigiano, qui (si ricordi che comunque le due versioni sono del tutto indipendenti e l’anonimo volgarizzatore veneto di certo non conobbe il testo aretino), ripropone tranquillamente aristocracia. (16) Cfr. i rinvii in Papi-Lorenzi, Lessico politico, cit., p. 168. (17) Non trascritto in Prosatori minori del Trecento, cit. (18) Spogli e banche dati certificano che tale voce, oltre che nei volgarizzamenti di san Tommaso, si trova solo nel Difenditore della pace e nel codice Lolliniano. A buon diritto, pertanto, si nota in Papi-Lorenzi, Lessico politico, cit., p. 168, che fino a tutto il Trecento «i lemmi in volgare (prestiti diretti della forma greca attraverso il latino) avevano una circolazione (minima) esclusivamente in trattati politici di ispirazione aristotelica». (19) Oltre che nel Libro del difenditore della pace, nel volgarizzamento Lolliniano e in quello Chigiano, politia / policia, nel senso precipuo di ‘sistema o buon sistema di governo’, si trova svariate volte (fatto non segnalato, nemmeno in Papi-Lorenzi, Lessico politico, cit.) nel Commento alla Commedia di Iacomo della Lana, risalente agli anni 1324-1328. Su questa voce si veda F. Bruni, Osservazioni su alcuni termini intellettuali nella «Scienza Nuova», in Rendiconti dell’Accademia dei Lincei. Classe di Scienze Morali, s. IX, XXVI, 2015, pp. 241-63, e Id., Sul lessico politico di Guicciardini: primi assaggi, in Id., Tra popolo e patrizi. L’italiano nel presente e nella storia, a cura di R. Casapullo, S. Covino, N. De Blasi, R. Librandi, F. Montuori, con la collaborazione di R. Piro, Firenze, Cesati, 2017, pp. 761-91 (già in La “Storia d’Italia” di Guicciardini e la sua fortuna, a cura di C. Berra e A. M. Cabrini, Milano, Cisalpino, 2012, pp. 221-57), a p. 764, dove si cita anche la continuazione del De regno di Tolomeo da Lucca, per «l’equivalenza civilitas sive politia, e cioè il pareggiamento del termine latino al grecismo corrispondente». (20) Ancor meno frequente: alle due occorrenze nel Libro del difenditore della pace (cfr. TLIO), si aggiungono i casi del Lolliniano e del Chigiano (negli stessi luoghi del Parigino; e si veda la segnalazione in Papi-Lorenzi, Lessico poli-

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prime, importanti attestazioni. Se il Regimento dei prencipi reca, come visto, policia e democracia, nel Regimento del reame riscontriamo le forme policia, -tia I, III (2) e democratia I, III (4; entrambe le voci sempre esattamente presenti nei luoghi in cui le usa Tommaso), per le quali si segnala però un caso di notevole interesse, al cap. III, in quel brano sopra trascritto, di cui riporto uno stralcio in particolare: «Contrasta certo a la policia, cioè al bon regimento de la moltitudine, la democratia, cioè el mal regimento del popolo». Si rinvengono cioè qui (sottolineate col corsivo) due chiose, una per ciascuna delle due voci: si tratta quindi di una innovazione del volgarizzatore (tipologia di intervento rarissima in questo testo), che forse ha sentito il bisogno di puntualizzare nuovamente il senso di termini cruciali che nell’originale tommasiano venivano sì già spiegati, ma un po’ prima, nel primo capitolo. Tali glosse risultano particolarmente significative perché con le altre voci indicanti le forme di governo non avviene così, anzi il volgarizzatore del Regimento del reame evita con scrupolo di aggiungere elementi assenti nel testo di partenza – come del resto quasi sempre fa nel corso della traduzione, una traduzione a dir poco letterale, pedissequa, così aderente al dettato latino, non solo nel lessico e nella sintassi, ma anche nell’ordo verborum, che spesso la lettura del testo risulta quanto mai difficoltosa. 3. Ai luoghi appena esaminati va inoltre aggiunto un altro passaggio, dal cap. XVII del Regimento del reame, in cui l’avverbio politice, vòlto in politicamente(21), viene del pari glossato: «non vivunt autem politice» → «ma non vivono politicamente, cioè civilmente et costumatamente». Non meno interessante, poi, che a poche righe di distanza il medesimo avverbio sia tradotto così: «politice vivere possunt» → «citadinescamente(22) vivere possono»; e si tratta delle uniche due occorrenze di tale avverbio nel trattato tommasiano, peraltro citazione di un brano della Politica di Ari-

tico, cit., pp. 167-68, dove si ricorda come gli altri strumenti lessicografici, dal DEI al GDLI al – aggiungo – GRADIT, individuino attestazioni solo dal Cinquecento). (21) Si tratta di una prima occorrenza, attestata finora nei commenti alla Commedia dell’Ottimo e del Maramauro, e nel Libro del difenditore della pace (cfr. TLIO). (22) Avverbio rarissimo: solo quattro occorrenze registrate dal Corpus OVI, tre delle quali duecentesche (la più antica in Andrea da Grosseto, 1268; cfr. anche TLIO, s. v.).

stotele. In questo stesso finale di capitolo si rinviene inoltre l’aggettivo politicha (in riferimento alla vita(23)), a tradurre il corrispettivo latino politicam (sempre nella porzione aristotelica) nella seconda delle due sole occorrenze in cui viene usato da san Tommaso: e saremmo in presenza di una nuova retrodatazione, rispetto al 1312 segnalato dal TLIO, con Ugo Panziera(24). La prima volta, invece, l’anonimo aretino, alle prese (nel cap. I) con la celebre definizione di uomo come «animal sociale et politicum», ricorre a civile: «animale di compagnia et civile», secondo un procedimento sinonimico che varrà ancora per tutto il tempo di Dante, e oltre(25), e che realizza dunque la significativa catena politico-civile-cittadinesco, come voci – si vede – intercambiabili(26). Sempre restando nell’ambito politico del vivere comune, in società o comunità, il Parigino 233, o meglio, il Regimento del reame, attesta anche la prima occorrenza di compagnevole, che si attribuiva finora proprio al volgarizzamento senese di Egidio Romano (1288)(27), e che ricorre due volte, a traduzione di due diversi, ma ovviamente assimilabili, attributi, ossia gregalis e socialis: «magis igitur homo est communicativus alteri quam quodcumque aliud animal, quod gregale videtur» → «magiormente donqua l’omo è comunicante(28) a l’altro ke alcuno altro animale, lo quale compagnevele pare» (cap. I); «socialis vite […] utilitas» → «l’utilità

(23) Anche se si trova in un passo dalla traduzione un poco incerta: «temperata regio ad politicam vitam non modicum valet» → «la temperata vita non pocho a la politicha vale». (24) Come sostantivo, invece, il primato spetta alla Rettorica di Brunetto Latini (cfr. TLIO). (25) Cfr. le osservazioni di Bruni, L’italiano della politica: quattro momenti in prospettiva storica, in L’italiano della politica e la politica per l’italiano, cit., pp. 25-62, a p. 35. (26) Fuori da questo caso (e dal civilmente citato appena sopra), nel Regimento del reame si ha poi sempre civile solo come traduzione di tutte le occorrenze del civilis latino. (27) Vedine le occorrenze nel Corpus OVI (e cfr. ora anche Il “Livro del governamento dei re e dei principi”, cit.), pure in altri autori, benché il TLIO, s. v. compagnevole, nel senso politico precipuo di ‘atto a vivere in società e comunità’, indichi appunto soltanto il volgarizzamento egidiano, dimenticando (lo nota Bruni, L’italiano della politica, cit., p. 32) l’occorrenza dantesca che si sta per citare. (28) In italiano antico (secondo i dati forniti dal TLIO e dal Corpus OVI) si riscontra un solo caso di comunicante nella Bibbia volgare (fine XIV-inizio XV sec.), ma nel senso di ‘che trasmette un’informazione’. Il calco del lat. med., comunicativo, parimenti spurio, o quasi, si può leggere in due sole opere, tra cui il Commento alla Commedia del Buti.

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de l’aconpagnevele vita» (cap. II)(29). L’aggettivo sarà poi dantesco – impiegato (ed è un hapax nella produzione dell’Alighieri) nel IV libro del Convivio per tradurre la sopra ricordata definizione aristotelica («l’uomo naturalmente è compagnevole animale») –, benché non abbia «attecchito in italiano», al pari del tomistico (ma anche di Alberto Magno) congregale, usato dal solo Giordano da Pisa(30). Questo fitto reticolo semantico-lessicale credo possa permettere di estendere, si parva licet, anche al nostro anonimo aretino (o, se si vuole, al responsabile dell’intero Parigino 233) le considerazioni che Francesco Bruni dedica a Dante e a Giordano da Pisa, «impegnati a travasare nel volgare almeno una parte del patrimonio intellettuale mediolatino»(31). Che è poi quanto fanno, con le loro forze, proprio i non molti volgarizzatori politici (e non) due-trecenteschi. 4. Allargando per un attimo il campo d’indagine alla sfera militare, noto solo che il Regimento del reame permette di registrare almeno un’altra prima occorrenza, vale a dire quella di un aggettivo non di poco momento come cavalleresco(32). Qui è interessante sottolineare come il volgarizzatore, in un passaggio alla fine del cap. XIX, traduca militaris, non solo con cavallaresco («exercitio militari» → «exercitio cavallaresco»), ma anche con cavallaria («ad labores militaris» → «a fatigha di cavallaria»); nonché miles, militis con cavaleri, sempre al cap. XIX, ma già anche prima, al cap. XI (con la forma cavallieri), oltre che al XIV, dove se ne serve per rendere satellites. Nessuno stupore, se si considera che cavalleria può valere in antico genericamente anche ‘il mestiere, l’esercizio delle armi; l’arte militare’, come riporta il TLIO, al

(29) Si noterà che nelle altre due occorrenze di socialis e in quella di socialiter del testo tommasiano l’anonimo aretino coerentemente impiega – come avviene nel passaggio sopra citato a proposito di civile – l’espressione de compagnia (capp. V e XIII) o in conpangnia (XIII). (30) Il reperimento si deve a Bruni, L’italiano della politica, cit., pp. 31-32, cui si rimanda anche per la discussione su questi e altri aggettivi politici qui trattati (osservazioni in realtà già svolte in Id., Sul lessico politico di Guicciardini, cit.). L’esiguo catalogo si può oltretutto rimpolpare, e la cosa è di un certo interesse, proprio col Chigiano, che al cap. II (corrispondente al primo nella numerazione del Parigino) così rende il già citato passaggio «animal sociale et politicum»: «animale acompagnevele et politico» (c. 1va). (31) Bruni, L’italiano della politica, cit., p. 32. (32) Cfr. TLIO, s. v. cavalleresco, che segnala in prima istanza la Cronica del fiorentino Paolino Pieri (circa 1305).

significato 4(33); ma mi pare di rilievo il fatto che quasi tutte le occorrenze lì citate con questo significato provengano da volgarizzamenti, e per lo più politico-militari, a partire dalla prima, cioè proprio la versione senese del De regimine principum (oltre al Vegezio di Bono Giamboni e al Valerio Massimo di Accurso da Cremona, tra gli altri). 5. Per chiudere. I dati e le osservazioni lessicali che ho cercato di radunare mi pare che consentano anzitutto di confermare una volta di più la centralità linguistico-culturale dei volgarizzatori di tardo Duecento e primo Trecento, e il loro ruolo fondativo per il nascente vocabolario volgare astratto e tecnico, in tutti i settori del sapere(34). Tali rilievi permettono inoltre di ridefinire quanto emerso dall’indagine sul volgarizzamento egidiano del codice Lolliniano(35) e ne chiamano in causa in special modo un altro, cioè proprio quello che nel Parigino 233 segue il Regimento del reame. Al pari di quella accolta nel Lolliniano, anche questa versione aretina del De regimine principum, come detto, attinge direttamente al testo latino, e non al francese Gouvernement des rois et des princes, il cui estensore, Henry de Gauchy, già nei luoghi in cui comparivano i tecnicismi originari era intervenuto eliminandoli e mantenendo le sole glosse, e così condizionando la versione senese. Uno studio (complessivo e non, come ho dovuto fare qui, mirato a luoghi selezionati) del Regimento dei prencipi, ovviamente in un’ottica di riconsiderazione globale di questo “libro” parigino, potrebbe dunque certificare – al netto del fatto che il volgarizzatore delle due opere possa essere lo stesso o meno, il che andrà puntualmente verificato(36) – le medesime modalità di traduzione e apportare un ulteriore e decisivo contributo sia alla storia della tradi-

(33) E quindi cavalleresco può stare per ‘ardito, coraggioso in guerra’ e ‘soldatesco, militare’ (cfr. TLIO, s. v., ai significati 2 e 3). (34) Cfr., anche per ragguagli bibliografici, R. Cella, Volgarizzamenti, lingua dei, in Enciclopedia dell’italiano, a cura di R. Simone, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2010 (consultabile al sito ‹www.treccani.it/enciclopedia›); e G. Frosini, Volgarizzamenti, in Storia dell’italiano scritto, II, Prosa letteraria, a cura di G. Antonelli, M. Motolese, L. Tomasin, Roma, Carocci, 2014, pp. 17-72. (35) Cui naturalmente in Papi-Lorenzi, Lessico politico, cit., in assenza di spogli dal Par. 233, si attribuivano le prime occorrenze di quasi tutte le voci qui discusse – per quel poco che conta spostare da una parte o dall’altra le palme dei (quasi sempre provvisori) primati. (36) Di sicuro è unica la mano del copista.

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zione e della fortuna del De regimine, sia a quella del lessico politico medievale e della cultura volgare italiana. Una storia che, per quanto il trattato di Egidio Romano nelle sue varie versioni si imponga facendo presto dimenticare il tommasiano De regno, di questo e del suo volgarizzamento aretino si può adesso giovare(37), secondo le direttrici che si sono qui sommariamente tracciate. MIRKO VOLPI (37) Senza dimenticare la versione del Chigiano, realizzato in un’altra area e in un diverso contesto storico-culturale, e soprattutto, come si è detto, recante anche il completamento di Tolomeo da Lucca, sul quale occorreranno ulteriori indagini.

PER SCALTRIMENTO IN ITALIANO ANTICO La presente breve nota(1) non si prefigge lo scopo di ricostruire nel dettaglio la storia della parola ricordata nel titolo, ma soltanto, assai più modestamente, di segnalarne una singola attestazione medievale finora non riconosciuta dagli studiosi. A conferire, forse, un qualche interesse alla puntuale segnalazione, sta il fatto che la nuova occorrenza si rinviene entro un gruppo di glosse romanze (edite) redatte in alfabeto greco tra la fine del sec. XIII e gli inizi del XIV nell’Italia meridionale continentale estrema, vale a dire in un’area scarsamente rappresentata dalla documentazione antica e all’interno di un ambito scritturale, quello cosiddetto «greco-romanzo»(2), frequentato molto di rado da lin-

(1) Ringraziamo per consigli e materiali molto utili alla stesura di queste pagine Alessandro De Angelis, Pär Larson, Luca Lorenzetti e Valentina Nieri. (2) Il termine risale a Rocco Distilo, Scripta letteraria greco-romanza. Appunti per due nuovi testi in quartine di alessandrini, in Cultura neolatina, XLVI (1986), pp. 79-99; cfr. anche Id., Κάτα Λατίνον. Prove di filologia greco-romanza, Roma, Bulzoni, 1990. Si segnalano almeno, tra i più recenti interventi di impianto generale sui testi romanzi medievali in caratteri greci del Mezzogiorno e della Sicilia, i lavori di Angela Basile, Repertorio dei testi romanzi in caratteri

guisti e lessicologi dell’italiano. Si vedrà inoltre, come possibile ulteriore giustificazione dell’esercizio critico, che il riconoscimento dell’attestazione comporterebbe la soluzione di un piccolo enigma interpretativo legato al contesto in cui essa ricorre. Per quanto concerne la storia della parola e della relativa famiglia lessicale, del resto, non molto si potrebbe aggiungere alla ricostruzione fornita da LEI XIII, 463-73 (cui si rinvia senz’altro per i dati): il lat. CAUTERīRE ‘bruciare con il cauterio’ si è continuato nelle varietà italiane anzitutto nel tipo calterire, con introduzione di -l- interpretata dal Rohlfs come pronuncia ipercorretta(3). Il lessema calterire è attestato in toscano antico coi significati ‘ferire’, ‘scalfire, intaccare’ (cfr. TLIO s. v.), e in seguito risulta documentato piuttosto debolmente fino ai secc. XVII-XVIII insieme a qualche derivato (cfr. LEI XIII, 463-65). Nella nostra lingua ha goduto di fortuna ben maggiore il derivato scaltrire, per sincope da *scalterire(4). A scaltrire, soprattutto nel significato traslato ‘rendere qno consapevole di un pericolo, accorto, smaliziato’ (a partire dagli originari valori ‘bruciare’, ‘scaldare’ attraverso quello, attestato nei dialetti, di ‘sgrossare, eliminare le impurità’, cfr. LEI XIII 464-65), si richiama una famiglia lessicale che copre un’area semantica relativa a comportamenti e attitudini umane: la capacità di prevenire i pericoli e di affrontare abilmente ogni situazione; l’accortezza, anche come conseguenza di esperienze negative; l’astuzia che può volgersi all’inganno e alla menzogna. All’interno di tale famiglia lessicale, il sostantivo più frequente nella lingua scritta medievale è proprio scaltrimento, che, con la più rara variante non sincopata scalterimento, esprime i valori semantici ‘prontezza di mente’, ‘accortezza’, ‘abilità’, ‘astuzia’, ‘stratagemma ordito sagacemente’(5). La voce è ben docu-

greci dell’Italia meridionale e della Sicilia (secc. XIII-XVI), in Medioevo letterario d’Italia, IX (2012), pp. 49-88, e di Alessandro De Angelis, La trascritturazione del romanzo in caratteri greci, in Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, XXVII (2016), pp. 175-200; sia infine consentito il rinvio a Marco Maggiore, Sui testi romanzi medievali in grafia greca come fonte di informazione linguistica, in Zeitschrift für romanische Philologie, CXXXIII, fasc. II (2017), pp. 313-41. (3) Cfr. Rohlfs §§ 42, 134 (cit. in LEI XIII, 472). (4) È invece ben documentata la forma del participio (con impiego aggettivale o sostantivale) scalterito: cfr. TLIO s. v. scaltrito agg./s. m. (5) Cfr. TLIO s. v. scaltrimento s. m., scaltrire v., scaltrità s. f., scaltritamente avv., scaltritanza s. f., scaltritezza s. f., scaltrito agg./s. m., scaltro agg./s. m., scotrìa s. f.

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SOMMARIO R. Cardini, «Obtorto collo» (L. B. Alberti, De commodis, p. 90.20 e Pontifex § 210) . 65 M. Volpi, Lessico politico e retrodatazioni in due volgarizzamenti aretini di fine Duecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 M. Maggiore, Per scaltrimento in italiano antico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 L. Matt, Integrazioni ai dizionari storici dalle Prediche quaresimali di Emmanuele Orchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 Fiaschetteria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 A. Parenti, Lesena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 Una prima attestazione di Toni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 G. Fredianelli, Il linguaggio politico alla vigilia della Grande Guerra (XVIII) . . . . 109 Libri ed articoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

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AIS = Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, von Karl Jaberg und Jakob Jud, Zofingen, Ringier, 1928-1940 ALI = Atlante linguistico italiano, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1995 segg. Crusca1, 2, 3, 4, 5 = Vocabolario degli Accademici della Crusca, Venezia, Alberti, 16121, Venezia, Sarzina, 16232, Firenze, Stamperia dell’Accad. della Crusca, 16913, Firenze, Manni, 1729-17384, Firenze, Tip. Galileiana, 186319235 (interrotta alla lettera O) DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960 segg. DCECH = Diccionario crítico etimológico castellano e hispánico por Joan Corominas con la colaboración de José A. Pascual, Madrid, Gredos, 1980-91 DEI = Carlo Battisti-Giovanni Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbera, 1950-57 DELI = Dizionario Etimologico della Lingua Italiana di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, Bologna, Zanichelli, 1979-1988 (2a ed. a cura di Manlio Cortelazzo e Michele A. Cortelazzo, ivi, 1999 con cd-Rom) DI = Wolfgang Schweickard, Deonomasticon italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona, Tübingen, Niemeyer, 1997 segg. FEW = Walther von Wartburg, Französisches Etymologisches Wörterbuch, Bonn (poi Leipzig e Basel), 1922 segg. GAVI = Giorgio Colussi, Glossario degli antichi volgari italiani, Helsinki, University Press, 1983-2006 GDLI = Grande dizionario della lingua italiana, fondato da Salvatore Battaglia, Torino, Utet, 1961-2002 (Supplemento 2004, a c. di Edoardo Sanguineti) GRADIT = Grande dizionario italiano dell’uso, diretto da Tullio De Mauro, Torino, Utet, 1999 con cd-Rom (Nuove parole italiane dell’uso, 2003; Nuove parole italiane dell’uso, II, 2007)

LEI = Max Pfister, Lessico etimologico italiano, Wiesbaden, Reichert, 1979 e segg. LIZ1, 2, 3, 4 = Letteratura italiana Zanichelli (su cdRom), a c. di Pasquale Stoppelli ed Eugenio Picchi, Bologna, Zanichelli, 19931, 19952, 19973, 20014 LN = Lingua nostra, Firenze, 1939 segg. LRL = Lexikon der Romanistischen Linguistik, Herausgegeben vor Günter Holtus, Michael Metzeltin, Christian Schmitt, Tübingen, Niemeyer, 1988-2005 LS = Lingua e stile, Bologna, 1966 segg. REW = Wilhelm Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg, Winter, 19684 RID = Rivista italiana di dialettologia, Bologna, 1977 segg. Rohlfs = Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, vol. I, Fonetica, 1966, vol. II, Morfologia, 1968, vol. III, Sintassi e Formazione delle parole, 1969 [si cita per paragrafo] SFI = Studi di filologia italiana, Firenze, 1927 segg. SGI = Studi di grammatica italiana, Firenze, 1979 segg. SLeI = Studi di lessicografia italiana, Firenze, 1979 segg. SLI = Studi linguistici italiani, Friburgo, poi Roma, 1960 segg. TB = Niccolò Tommaseo-Bernardo Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1865-1879 TLIO = Opera del Vocabolario Italiano, Tesoro della lingua italiana delle origini [fondato da Pietro G. Beltrami; leggibile in rete all’indirizzo ] VEI = Angelico Prati, Vocabolario etimologico italiano, Torino, Garzanti, 1951

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