L'Attualità Della Ricerca Etnomusicologica - Ignazio Macchiarella_0

March 26, 2018 | Author: Susanna Kabura 百合 Zema | Category: Pop Culture, Sardinia, Homo Sapiens, Idea, Mass Media


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© Ignazio Macchiarella, Università di Cagliari, 2009Attualità della ricerca etnomusicologia Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari) Negli ultimi tempi, il campo di studi globalmente individuato dal termine etnomusicologia ha avuto una vera e propria esplosione, frammentandosi in una miriade di approcci teorico-metodologici e di attività di ricerca. Di fatto, al giorno d’oggi non v’è uno statuto unanimemente accettato della disciplina, né essa viene allo stesso modo definita dagli studiosi che se ne dichiarano protagonisti. I suoi piani di interesse e indagine sono quanto mai diversificati e di conseguenza la letteratura risulta estremamente abbondante e diversificata: variabilità che, in effetti, dà spesso l’idea di un gran guazzabuglio benché rappresenti una risorsa di enorme importanza, ricchissima di riflessioni e di spunti sulla diversità del fare musica e quindi del fare cultura del mondo contemporaneo. Ecco qui di seguito, disordinatamente, delle brevi indicazioni basilari sull’attualità della ricerca etnomusicologica che spero potranno essere utili per chi abbia interesse ad avvicinarsi a questo campo di studi. Necessarie trasformazioni Fino agli anni Sessanta - Ottanta del Novecento l’etnomusicologia veniva considerata un ramo della musicologia definito “in negativo”, ossia come una disciplina che si occupava di studiare tutto quello che non apparteneva all’ambito della cosiddetta “musica colta” occidentale. Spesso l’etnomusicologia doveva lottare per conservare una propria identità a fianco della più consolidata e più elitaria musicologia storica. Quest’ultima dava ben poca importanza allo studio delle “non occidentali” (o “esotiche”, del cosiddetto “terzo mondo”), studio che era considerato nulla di più che un’attività semplice 1 © Ignazio Macchiarella, Università di Cagliari, 2009 (perché semplici in maniera pregiudiziale erano considerate le musiche del resto del mondo) e talvolta dilettevole: insomma una sorta di passatempo disimpegnato, giammai paragonabile alla “serietà” della ricerca sulla musica “colta”, sulle sue fonti scritte, sui grandi compositori e interpreti dell’Occidente e così via. Negli ultimi tre - quattro decenni le cose sono radicalmente mutate. L'etnomusicologia ha cominciato ad acquisire una dignità pari alla musicologia storica. Il moltiplicarsi di ricerche sistematiche ha portato alla piena consapevolezza della complessità, sia tecnico-formale che simbolico- concettuale, di tutte le musiche del mondo, complessità sostanzialmente differente da e non commensurabile con quella della musica “culta” occidentale - ragion per cui non ha alcun senso parlare di superiorità di una musica su un’altra (Becker 1986). L’estrema variabilità delle espressioni musicali studiate ha determinato lo sviluppo di apparati euristici molto complessi ed articolati, su base multi/interdisciplinare, indirizzati in prospettiva di dialogo transculturale. La necessità di confrontarsi con la varietà delle espressioni musicali del mondo ha portato a relativizzare lo stesso concetto di musica: come bene evidenzia Francesco Giannattasio, si è verificato un progressivo passaggio da una definizione a priori di musica propria dell'occidente (centro/ vertice piramide) alla presa di coscienza dell’esistenza di una molteplicità delle musiche da interpretare a posteriori nella diversità fra le culture: in altre parole «la storia di oltre cento anni di studi etnomusicologici può anche essere letta come la cronaca del passaggio da una definizione a priori di musica, basata sull'esperienza e le categorie cognitive occidentali, a una nuova griglia interpretativa in grado di spiegare a posteriori le profonde e reciproche alterità delle diverse culture» (Giannattasio 1992, p. 45). 2 ovviamente. sconfinate manifestazioni. quindi l’etnomusicologia si propone come prospettiva per studiare e interpretare qualsiasi musica del mondo. p. con l’inestricabile mescolamento multiculturale che oramai si manifesta in ogni parte del mondo (e che costituisce la prospettiva più verosimile per il futuro a dispetto dei rigurgiti xenofobi e razziali di gruppi fautori dello status quo come le nostrane “camicie verdi”). con i profondi cambiamenti demografici avvenuti in tutto il mondo (soprattutto i grandi processi di emigrazione dalle zone povere del mondo verso quelle ricche dovuti alle profonde trasformazioni economiche). etnie ecc.. Mentre nuove forme vanno emergendo. 2009 La crescita di importanza dell’etnomusicologia ha coinciso. poi nei mass media e nel mercato discografico. In questa situazione l’etnomusicologia si pone come un metodo. incrociandosi reciprocamente secondo direzioni e con modalità non presagibili ed ogni volta diverse.© Ignazio Macchiarella. esecutori ed ascoltatori in ciò che essi definiscono come situazione musicale » (Blacking 1987. con il crescere esponenziale dello spazio assunto dalle musiche del mondo dapprima nell'ambito nei contesti metropolitani occidentali abitati dai gruppi di immigrati.senza alcuna considerazione di barriere fra culture. «un approccio per comprendere tutte le musiche ed il far musica nei contesti dell’esecuzione e nell’ambito delle idee ed abilità manifestate da compositori. le musiche del mondo costituiscono un’indefinibile varietà di espressioni che continuamente si trasforma arricchendosi incessantemente di nuove. In altre parole. nazioni. The Study of People Making Music 3 . 3 – traduzione dello scrivente). linguaggi musicali consolidati si mescolano fra di loro . Così come le culture. Università di Cagliari. imprevedibili. intanto che forme e stili del passato diventano oggetto di ri-scoperta e/o di museificazione e via dicendo. il quale. nella pratica musicale chi emette i suoni (il produttore di musica) ha pari rilievo di chi li riceve (l’ascoltatore): quest’ultimo non è un semplice ricettore ma interagisce con il primo. si fa musica per qualcuno (e in mancanza di ascoltatori la musica semplicemente non c’è . 24-25) «Ero stato educato a considerare la musica2 come un sistema di organizzazione dei suoni. sulla base di regole grammaticali e codici interpretativi condivisi. prima di dedicarsi (nel 1954) alla ricerca etnomusicologica in gran parte svolta in Sud Africa presso i Venda. 1987 e 1995). Avevo acquisito un repertorio di tecniche compositive ed esecutive e un insieme di valori musicali [in realtà] indotti dal mio ambiente sociale e culturale allo stesso modo in cui il gusto e le abilità di un Venda derivano dalle convinzioni della sua società. è andata spostando la propria attenzione dall’indagine della “musica” come suono a quello degli “uomini che fanno musica”. 3 Il riferimento è all’idea sviluppata di “musica assoluta” sviluppata nel corso dell’Ottocento negli ambienti della “musica colta” (segnatamente d’area viennese e germanica). che si davano per dotati di un'eccezionale capacità musicale […].© Ignazio Macchiarella. […] I Venda mi hanno insegnato che la musica non può essere cosa a sé stante3 e che tutta la In quanto forma di comunicazione.vedi Blacking 1986. Nella stragrande maggioranza dei casi. è possibile solo se c’è qualcuno che materialmente la produce a beneficio di qualcun altro che ascolta. 2 John Blacking (1928-1990) è stato anche un discreto pianista. Università di Cagliari. Scrive tra l’altro Blacking (1986. p. in cui un insieme complesso di regole ed una gamma via via crescente di strutture sonore consentite erano state inventate e sviluppate dagli Europei. intendendo parimenti produttori e ascoltatori) 1 diviene quindi centrale per comprendere il risultato musicale in quanto frutto di pratiche sociali ed elaborazioni concettuali. La musica. secondo cui – semplifico molto – la musica è il prodotto di genialità artistiche staccate dalla realtà circostante 1 4 . 2009 Una parte importante del campo degli studi etnomusicologici. nell’atto della performance. a sua volta ne riceve indicazioni di feedback. Il fondamento dei processi essenziali della musica va quindi cercato nel corpo umano e nei processi di interazione sociale fra gli individui: lo studio di chi fa la musica (music making per Blacking. seguendo la fondamentale lezione del grande studioso britannico John Blacking. The Study of People Making Music è la sintetica definizione di etnomusicologia proposta nel British Forum for Ethnomusicology. A sua volta Jeff Titon (2003. Così. […] sono certo che un approccio antropologico verso tutti i sistemi musicali sarebbe molto più efficace ai fini di una loro comprensione. discussa e prodotta.thebfe. Quasi come retaggio di un’onda lunga tardo romantica questa concezione della musica è sostanzialmente predominante ancora oggi nel discorrere comune e nei mass media. e non solamente le strutture musicali in sé» traduzione dello scrivente). molti etnomusicologi definiscono la propria disciplina proprio come lo studio degli uomini che fanno musica o più in generale della “musicalità umana” (How musical is man? Come è musicale l’uomo? per l’appunto. (http://www. ecc. 9) afferma «Mi piace pensare all'etnomusicologia come lo studio delle persone che fanno musica. ad esempio. alla logica musicale della composizione senza alcun riferimento extramusicale. Università di Cagliari. e cercano di considerare globalmente i processi e contesti attraverso cui e nell’ambito dei quali la musica viene immaginata. la definizione prosegue: «in altre parole. ma ricchissimo nei contenuti e negli spunti di riflessione di cui caldamente consiglio la lettura).php. cioè un’idea di cosa essa sia (e cosa non sia) e di cosa produca. di un’analisi delle strutture sonore prese come entità a sé stanti» Su questa scia. e viene altresì estesa alle forme della popular music. il genio di Mick Jagger.org. fanno o individuano dei suoni che (per intenderci “il genio beethoveniano”. “wagneriano” e simili) e che i significati della musica siano immanente ad essa. p. 2009 musica è musica popolare [originale: folk music – nell’accezione dell’aggettivo in inglese] nel senso che non può essere trasmessa o avere significati al di fuori dei rapporti sociali. Le persone “fanno” musica in due modi: elaborano o costruiscono un concetto di musica. è il titolo dell’opera maggiore di Blacking). anch’essa vista come frutto di “opera d’ingegno individuale” (che so. di Fabrizio de Andrè. Naturalmente l’etnomusicologia ed anche tanta parte degli studi musicologici (tornerò più avanti su questo punto) si oppone a concezioni di questo tipo – si vedano le brillanti osservazioni di Cook 2005 (un libro piccolo nelle dimensioni.© Ignazio Macchiarella.) che si erge dalla realtà circostante. “che manifesta la grandezza del musicista-produttore” che opererebbe senza tener conto di chi fruisce la sua musica e via dicendo. gli etnomusicologi sono interessati nello studio delle persone nel loro fare musica così come nei suoni musicali da loro fatti. 5 .uk/index. 5 Tale prefisso.è quindi in certo modo “musica etnica” dato il suo legame inscindibile con una cultura. Numerosi sono Non posso non far notare come le più note e frequentate risorse internet propongono definizioni distorte. Porter 1995). ragion per cui il prefisso “etno” finisce per svuotarsi di contenuti. riprende la definizione del più importante dizionario enciclopedico (The Grove): «the study of social and cultural aspects of music and dance in local and global contexts. La versione inglese dello stesso sito.musicaemusiche.© Ignazio Macchiarella. associandovi un insieme di idee e di attività. che (forse) potevano andare bene cinquanta e più anni fa. storicamente connotato per indicare ciò che l’occidente considerava altro da sé. qualche tempo fa lo studioso americano Frank Harrison aveva avanzato l’idea che qualsiasi ricerca sulla musica (anche quella culta) sia di fatto etnomusicologia (cfr. In altre parole. invece.». e questi concetti derivano dalle persone (noi compresi) che condividono la nostra cultura. negli ultimi anni vanno mostrando un certo sentimento di imbarazzo nei confronti del prefisso etno. anche se tra le due [le due cosa?] esiste una sottile e determinante differenza [?].. continua a riprodurre l’idea un sostanziale disequilibrio di valori fra una presunta superiorità della cosiddetta musica culta rispetto alle altre musiche – superiorità concettualmente da rifiutare poiché fondata su pregiudiziali comparazioni (come prima accennato).» Seguono deliranti affermazioni sui “popoli arcaici” (con capolavori tipo «La musica. 24). va evidenziato che diversi studiosi. la gente “fa” musica in un proprio ambito culturale. Con analogo presupposto. rappresentando altresì rapporti di forza fra colonizzatori e colonizzati (Feld 2004). Ogni musica – anche quella cosiddetta culta dell’Occidente . [cioè?] Viene detta anche musicologia comparata. l’inconsistenza concettuale del prefisso etno emerge nella grande lezione di John Blacking. 4 6 . 2009 essi stessi chiamano musica.org) 5 In realtà. non può essere trasmessa o avere un significato al di fuori dei rapporti sociali» (Blacking 1986: p.. La questione è naturalmente complessa: come consiglio è bene far affidamento a risorse on line che facciano riferimento a società e centri studi etnomusicologici professionali (per l’italiano si può partire seguendo i link in www. imbevute di banalità e luoghi comuni: è esemplare il caso della famigerata Wikipedia (consultata il 3 gennaio 2009) dove si legge che la disciplina «studia le tradizioni musicali orali di tutti i popoli. la nostra reazione all'ascolto dipende dai concetti che associamo a quella data musica. infatti. »4 Per altro verso. praticata dai sacerdoti.]. Università di Cagliari. veniva considerata una prerogativa esclusiva della classe sacerdotale»). [?] in quanto uno dei suoi fini è il confronto delle musiche dei popoli extraeuropei tra loro e con quelle dei popoli occidentali. Anche se percepiamo la musica come qualcosa “là fuori” nel mondo. il quale già nel 1977 sosteneva che «all music is folk music» intendendo che «la musica non può mai essere una cosa a sé stante [. quindi sia la musica popolare che colta. o verso una musicologia della performance (Cook 2003). di una brutta traduzione in italiano: chi può si riferisca all’originale inglese del 1964). dichiarandosi semplicemente “musicologi”. è un potente espediente umano spesso al centro delle occasioni di incontro comunitario e delle esperienze sociali (Lortat- Non tutte le culture comunque hanno un concetto di musica paragonabile al nostro: quanto detto vale perciò con qualsiasi altro concetto si esprime nelle altre culture il produrre suoni organizzati: vedi Giannattasio 1982 e 2003. 677) indirizzata verso lo studio della musica come pratica universale. c’est toujours beaucoup plus que la musique dove il sostantivo musica viene usato con due diverse accezioni: ossia la musica (come espressione che significa qualcosa) è sempre qualcosa di più di una musica (come combinazione di suoni). purtroppo. oltre la mera analisi delle strutture formali. ripresi o adattati dall’ambiente circostante) per creare delle successioni accettate come “musica” dai membri di un data società e per essi significativi. Università di Cagliari. 2009 pertanto gli studiosi che rifiutano di farvi ricorso. ossia di usare in un certo modo dei suoni (qualsiasi tipo di suoni emessi e costruiti dall’uomo. più o meno esplicitamente proiettandosi nella prospettiva «di una musicologia generale» (Nattiez 2002/a. si potrebbe definire la musica come l’intenzione di fare qualcosa che sia musica. Molto efficacemente tale prospettiva viene riassunta da una celebre (fra gli addetti ai lavori) frase di Gilbert Rouget: La musique.6 Risultato di complesse regole e comportamenti condivisi. di ricercate elaborazioni collettive: è qualcosa di più di un semplice riempire il silenzio con dei suoni.© Ignazio Macchiarella. p. La musica è qualcosa di più di una musica Per la maggior parte degli etnomusicologi una espressione musicale non è una semplice combinazione di note: studiare un fatto musicale significa andare al di là del dato sonoro. nonché il basilare contributo di Merriam 1983 (benché si tratti. 6 7 . qualsiasi pratica musicale è il frutto di dense relazioni sociali radicate nel tempo. Semplificando. con estrema efficacia. eppure ogni Spesso si confonde il significato di un canto con il suo testo verbale: non è così. è molto radicato nella considerazione della popular music. 2009 Jacob 2007. […]. La musica. ed anche il concetto di “musica” significano cose differenti e comprendono diverse attività tra le persone nelle varie società. p. 7 8 . da gruppo a gruppo. «Gli uomini scelgono di inventare e di realizzare la musica […] perché il far musica offre una intensità emozionale e una qualità di esperienza che è molto più apprezzata di altre attività sociali » Blacking (1995. p. 1 – traduzione dello scrivente). 1987) è legata profondamente ai sentimenti e alle esperienze dell'uomo in quanto essere sociale. 90). forse. 7). La musica mette in moto dei processi di significazione complessi. «Le persone nelle società in giro per il mondo usano la musica per creare ed esprimere le proprie vite emotive interne […] la musica non è una forma d’arte unitaria ma piuttosto il termine si riferisce a tipologie fondamentalmente distinte di attività che soddisfano differenti bisogni e modi di essere umani » (Turino 2008. p.© Ignazio Macchiarella. meglio. fra l’altro. «Per quanto ne sappiamo. […] Le situazioni musicali. Macchiarella 2007). sostanzialmente diversa da cultura a cultura. insegnava John Blacking (1986.7 spesso misteriosa e controversa. la musica ha la capacità di veicolare. tratteggianti una semantica composita e mai immediata. per esempio nel caso dei cosiddetti “cantautori” – v. valori e immaginari. di altre “espressioni” culturali.» (Titon 2004. il testo è solo una delle componenti di un brano vocale il cui senso complessivo oltrepassa sempre il contenuto verbale (l’equivoco. Essa è universale ma non lo è altrettanto il suo significato. Università di Cagliari. riferibili a dei codici condivisi. è una pratica collettiva concernente degli attori sociali situati nell’insieme delle relazioni complesse che animano tutti i gruppi umani. p. La musica benché sia un fenomeno universale […] trae il suo significato dalla cultura. 2) Scrive bene Nicholas Cook: «Ogni musica è diversa dall’altra. Linguaggio simbolico per eccellenza. tutte le società umane possiedono musica. significati. giusto o sbagliato. si esprime con la musica […] “Musica” è una parola davvero piccola per poter comprendere qualcosa che assume tante forme quante sono le identità culturali e sottoculturali. infatti. grosso modo. sofferenza. molto diversamente dalla nostra opinione comune in cui un uomo che canta con voce acuta non richiama certamente l’idea di mascolinità. » (Cook 2005. La gente pensa per mezzo della musica. in un modo o nell’altro. credono che un tale brano musicale esprima particolari identità sociali. rapporti fra individui eccetera. sembra essere un fatto naturale. momenti di vita. La musica non è una cosa che capita: è una cosa che facciamo ed è ciò che ne facciamo. politiche. passione amorosa ecc. più essenzialmente ancora. dolore. 8 9 . 2009 musica è musica. Tutti i membri di un gruppo. l’idea che una data combinazione di suoni sia (o non sia) musica ed attribuiscono ad essa dei significati – in altre parole. e/o raffiguri divinità. decide chi essere con la musica. IX) I suoni e le loro combinazioni non significano quindi sempre le stesse cose. La musica. situazioni sociali. Al contrario.). del nostro senso di cosa sia buono o cattivo. una stessa combinazione può essere diversamente considerata all’interno di una stessa cultura e ha significati differenti fra culture diverse. di come la musica funziona (o potrebbe funzionare) come portatrice di significati. eppure è intrisa di valori umani. Università di Cagliari. esprima il metafisico … e così via per un infinita varietà di significati.. e/o rappresenti sentimenti (quali gioia. Ad esempio. la musica viene compresa da chi fa parte del gruppo entro cui si produce. l’idea di virilità si rappresenta anche cantando su registri quanto più possibile acuti.8 Nelle due accezioni della frase di Rouget citata in apertura di paragrafo.© Ignazio Macchiarella. p. Perché la musica non è solo qualcosa di piacevole da ascoltare. è qualcosa di profondamente radicato nella cultura umana […] . culturali ecc. […] Parlare della musica in generale è parlare di ciò che significa e. in diverse culture. nel loro rappresentarsi in quanto tali (ossia nel pensare se stessi come membri di un gruppo) condividono. sembra avere un’esistenza indipendente. la concezione ritmica – per parlare di espressioni esterne alla cosiddetta “musica culta”. l’organizzazione sociale.9 E così via. non sono costanti nel tempo e non necessariamente hanno a che fare con l’intenzionalità del produttore della combinazione sonora (si prenda il caso del celebre coro Va Pensiero di Giuseppe Verdi. ha un proprio sistema musicale. Università di Cagliari. ai diversi significati che può avere l’ascolto dell’Inno di Mameli per i cittadini italiani). Ancora oggi. Qualsiasi espressione musicale va quindi rapportata al proprio contesto culturale. 9 10 . ad esempio. è. La letteratura etnomusicologica è ricca di contributi sull’argomento: già più di vent’anni fa. si tende ad usare il sistema “euro-culto” – e in particolare la scrittura su pentagramma. grosso modo. 10 Ciò riguarda anche gli aspetti propriamente tecnici. 2009 In quanto simbolici. con la consapevolezza che in Naturalmente la questione significato della musica è oggetto di una vastissima letteratura al di là di quella comunemente definita etnomusicologica. dei procedimenti compositivi e così via.© Ignazio Macchiarella. ossia i suoni e le loro combinazioni. i significati della musica non sono mai circoscrivibili e definibili (che so. come le diverse accezioni di una parola sul vocabolario). troppo spesso. il sistema di scale. Un contributo di estrema importanza (di cui in gran conto tiene l’etnomusicologia nella sua interdisciplinarietà) proviene dalla cosiddetta semiologia musicale: come punto di partenza si vedano Nattiez 2002 e Marconi 2001. oggetti. Diego Carpitella parlava di insufficienza della “semiografia euro culta” (Carpitella 1973) . Ciascuna cultura. dei meccanismi di selezione e combinazione di suoni. alle idee. infatti. senza andar lontano. i comportamenti. Ciò. ossia delle regole grammaticali sue proprie. il cui ascolto oggi rinvia a significati ben diversi per cui era stato pensato). comunque. Qualsiasi cultura musicale deve necessariamente essere studiata nei suoi propri termini: 10 cercare di capire come dei suoni vengano combinati e di interpretare cosa significhino per chi li combina e per chi li ascolta nel relativo contesto culturale. insomma a tutto quello che in gruppo umano ha a che fare con la musica: l’espressione cultura musicale viene solitamente utilizzate proprio per indicare la relazione suoni organizzati/cultura (vedi Titon 2004. Giannattasio 1998). ciò che molti etnomusicologi si sforzano di fare. d’accademia (per dire m’è capitato di recente vedere un testo per la scuola media in cui si presentavano delle “musiche del mondo” riportandole banalmente e snaturandole sul pentagramma). non vengono percepiti allo stesso modo da tutti i membri di un gruppo (basta semplicemente pensare. ritengono d’essere tenuti a fare. ha una fondamentale importanza nella costruzione della popular music occidentale. Frutto di logiche di pianificazione commerciale — pur se associate ad iniziative umanitarie a partire dal celebre Live Aid del 1985. Anche se non appariscente. Equivoci universalistici Va detto per inciso che la prospettiva degli studi etnomusicologici si discosta sostanzialmente dallo “pseudo universalismo” oggi di moda con il fenomeno commerciale della cosiddetta world music che invece ripropone la politica assimilazionista dell’Occidente egemone spacciandola per l’esito di dialoghi interculturali (Feld 2004 e 2007. quasi nulla dell’estrema varietà delle strutture scalari e delle logiche di combinazione sonora delle culture del mondo rientra nelle proposte della world music.© Ignazio Macchiarella.come se ciò fosse un dato universale. L’immagine di uniformità musicale che ne deriva è già evidente nel fatto sonoro in sé che sistematicamente fa ricorso alle note della nostra scala temperata e si articola in forma di “melodia con accompagnamento” . l’idea equivoca d’interculturalità musicale come estensione della norma musicale occidentale alle altre culture. 2009 nessun caso si può pretendere di avere individuato esaustivamente tutti i significati messi in gioco dal fatto musicale durante un’esecuzione. e né quelli che potrebbero entrare in gioco in una successiva esecuzione dello stesso pezzo musicale. come base della costruzione armonica. Lortat-Jacob 2000). In realtà. a discorsi terzomondisti o ecologisti — la world music riduce infatti la diversità culturale delle musiche del mondo ad un esotismo sonoro indotto. Al contrario. come è noto. costituito essenzialmente di colori vocali e ritmi da inserire entro il solido impianto musicale del pop internazionale per ricavarne prodotti destinati al semplice ed immediato consumo edonistico. Università di Cagliari. la presenza del basso viene percepita immediatamente dalle orecchie degli ascoltatori occidentali rendendo così “familiare” 11 11 .11 È esemplare in tal senso la pervasiva presenza di strumenti musicali come il basso elettrico che finisce per “accompagnare” quasi ogni proposta della world music: tale strumento. nella concettualizzazione e trasmissione di significati e valori culturali. 2009 proposta dalla quasi totalità della world music delinea prospettive d’omologazione culturale alquanto inquietanti. ma anche all’estero e in tanti siti web) fare ricerca di (etno)musicologia continua ad essere sinonimo di la cornice musicale entro cui eventualmente si collocano “suoni strani” di voci e strumenti non occidentali. nei comportamenti collettivi a cui dà vita. visto il pesante fardello proveniente dallo sviluppo del senso di identità di ciascuna cultura. In realtà. in quanto costrutto simbolico la musica rappresenta le differenze fra le culture: è manifestazione di diversità nella scelta e organizzazione dei suoni. Lo sforzo di comprensione/interpretazione della varietà delle musiche e dei significati musicali del mondo costituisce il livello base dell’attualità della ricerca etnomusicologica odierna. Lungi dall’essere un “linguaggio universale” (una banalità. di meccanismi d’esclusione dell’altro. 12 . in quanto tali. a cercare le condizioni di un dialogo paritetico che si sforzi di superare etnocentrismi per disporsi ad una conoscenza approfondita dell’altro. la musica raffigura i modi di pensare se stessi e il mondo elaborati da ciascun gruppo culturale esprimendo identità frutto. dalla realtà di sperequazioni nei rapporti fra i popoli e così via: ma si tratta di una condizione sempre più necessaria ed urgente per vivere nel gran bazar di diversità del mondo contemporaneo L’equivoco della raccolta Nell’opinione comune (in Italia in modo particolare. Università di Cagliari. troppo spesso reiterata dai mass media). Si tratta di una condizione forse impossibile da raggiungere in pieno. Uno sforzo che può offrire importanti contributi per la convivenza multiculturale. prospettando un’idea di interculturalismo come una propensione a relativizzare la propria cultura riconoscendo la complessità degli altri. ahimè!.© Ignazio Macchiarella. che non è affatto qualcosa che è stata fissata una volta e per sempre nel passato: se fosse così sarebbe qualcosa di morto. di “culture tribali” che sarebbero “arrivate intatte” (o quasi) fino ai nostri giorni (o fino a qualche decennio fa) e di cui sarebbe possibile raccogliere (per l’appunto!) le ultime testimonianze e vestigia. Nessuna musica è mai rimasta uguale a se stessa ed è improprio parlare di “origine” a proposito dell’espressione musicale. 13 . come spassionata ed impersonale raccolta/collezione di brani musicali da salvare dall’oblio. ad una inesistente (perché inverosimile) “autenticità musicale”. di mera attività di “registrazione sul campo” di espressioni musicali a seconda dei casi chiamate “tradizionali”. considerabile come un riflesso tardo romantico. solitamente si associa alla convinzione che le trasformazioni dei modi di vita abbiano portato (o stiano portando) alla scomparsa di “musiche arcaiche”. Questa idea di raccolta. va sgombrato del tutto il campo da un’idea ingenua di “ricerca sul campo” come attività evidente in sé. “popolari”. Le espressioni musicali sono invece vive perché realizzate da persone vive (sic!) e che vanno continuamente cambiando così come cambiano continuamente le persone nel passaggio da una generazione all’altra. 2009 “raccolta di musica”. qualcosa di paragonabile a dei documenti scritti. Non si tratta di dar la caccia ad un presunto “arcaico musicale”. “etniche”. In realtà. “primitive” – senza però che questi aggettivi siano ben definiti o risultino efficaci nell’individuare con esattezza dei raggruppamenti omogenei di pratiche o fatti musicali (lo si vedrà fra poco a proposito della definizione di “musica tradizionale”). o di “lontane civiltà esotiche”.© Ignazio Macchiarella. di “autentiche musiche contadine”. Non si può partire dall’assurdo presupposto che vi siano delle persone che oggi eseguano delle musiche rimaste immutabili nel tempo: tutte le musiche continuamente si sono trasformate nel corso del tempo e continuano a trasformarsi. Università di Cagliari. comprensibili e verificabili da tutti. Usato come sinonimo di eredità (heritage music). La musica non perdura: si può fissare in una registrazione (che può conservarsi a lungo) ma i suoni. di retaggi senza vita arrivati (chissà come) ai nostri giorni. del “passato”. 2009 Fare ricerca di etnomusicologia quindi non vuol dire mettere dei microfoni davanti a delle persone che suonano e cantano premendo il tasto “rec”. 14 . anzi abusata.© Ignazio Macchiarella. invece di cercare la propria identità nel dato sonoro. 697). quel che conta è che lo studioso conduca il proprio lavoro in maniera scientifica. Senza entrare nel merito di una trattazione terminologica. appena prodotti. di patrimonio. Quando è un fare. La musica è attualità: l’atto del cantare/suonare (e dell’ascoltare) si concretizza quando si da il via ad un’esecuzione. forse. Al di là degli delle diverse definizioni. come continuità/persistenza del passato. di formulare delle problematiche «nelle quali la musica. ad un anacronismo. applicata a una enorme il cui significato si dà troppo per scontato. dei diversi approcci e metodologie utilizzati. nell’hic et nunc della performance.» (Pelinski 2002. ad una persistenza nel tempo e. Nasce nel momento e nel luogo in cui la si fa. si è incrostato di una tale varietà di accezioni da diventare inutile: Il termine “tradizione” rinvia subito all’idea di qualcosa di “antico”. Università di Cagliari. simbolizza pensieri e prassi politiche. Si tratta invece di condurre delle serie ipotesi. del discorrere contemporaneo. sociali e culturali del nostro tempo. quando si parla di tradizione è inevitabile pensare ad una continuità. la musica è nello spazio e nel tempo della sua produzione. Musica tradizionale? Musica tradizionale è una espressione molto usata. ad alcunché fuori dal tempo. sulla base di procedimenti analitici esplicitati. p. Spesso invece si ha l’impressione che il riferimento “alla tradizione” venga usato quasi che di per sé spiegasse qualcosa (una tale usanza. p. non è e non può essere “tradizionale”. espressione eccetera è così perché è tradizione/tradizionale). Alla stessa maniera la musica non è tradizionale» (Lortat-Jacob 2000. però. tanto più che come chiarisce Bernard Lortat-Jacob: «Musica tradizionale è una sillessi. si tratta di qualcosa che si (ri)costruisce ogni giorno nell’azione continua di chi in certi meccanismi e forme del far musica trova motivo di mobilitazione: tutt’altro quindi che qualcosa di immobile nel tempo. le musiche continuamente cambiano. passando attraverso (trans-datio) le generazioni. è l’immagine dei padri elaborata dai figli (Lenclud 1987). trasmettersi dal passato.© Ignazio Macchiarella. come l’espressione ‘mezzanotte è suonata […] ma mezzanotte non è mai suonata e mai suonerà. In questo senso la musica. usanze) che si ricevono passivamente dal passato. 5 – traduzione dello scrivente) Sono i meccanismi costruttivi e le forme della musica che possono essere tradizionali. Ciò. È il carillon che lo segnala. non vuol affatto dire che meccanismi e forme siano immobili. mentre è proprio il contrario: non spiega nulla e andrebbe costantemente definito. Come tale. siano la prosecuzione di qualcosa fissato una tantum in una presunta epoca primordiale e che verrebbe ripetuta allo stesso modo nel corso del tempo. Non c’è niente di più falso nell’affermare che le odierne esecuzioni – 15 .non è un insieme di prodotti e di idee (costumi. La “tradizione” – lo sappiamo bene da tanta letteratura antropologica . Università di Cagliari. Prodotti vivi. in sé. Locuzione musica tradizionale pare perciò piuttosto impropria a proposito di qualsiasi manifestazione sonora. 2009 muoiono e si deve ricrearli ogni volta. perché prodotti da esseri umani. ma è una retroproiezione condotta dagli uomini del presente su ciò che li ha preceduti. una interpretazione del passato. possono resistere nel tempo. un altro radicato ed intollerabile luogo comune alimentato dalla stampa non specialistica e da tanta pseudo etnomusicologia. sono sullo sfondo dell’attività di ricerca di diversi etnomusicologi. dialogando.» (Pelinski 2002. nelle trasmissioni radiofoniche e televisive. Per me significa interessarsi a studiare qualsiasi espressione musicale venga pratica in uno spazio. infatti. non di ricercare la (o le) musica/che della Sardegna e della Corsica. con gli uomini (e le donne) che le producono per cercare di capire/interpretare la loro idea di musica e i significati che essi attribuiscono ad essa ed esprimono attraverso essa. 2009 che so . di “arcaicità” che oggi hanno grande negli scenari della globalizzazione contemporanea. «Se l’estraneità dell’altro è già la mia stessa estraneità. p.di un canto a tenore. Questo tipo di visione offre il vantaggio di aguzzare la vista da lontano dell’etnografo con la certezza immediata dell’insider. o che in paese o villaggio per quanto sperduto nei monti o nel deserto possa essere “si canti e si suoni come si cantava cinquanta. Per molti aspetti “musica tradizionale” è diventata un’etichetta che serve ad alimentare dei circuiti commerciali. oggi. a creare e soddisfare bisogni di “autenticità”. 702) Più in concreto. Università di Cagliari. cento o cinquecento anni fa”. E ciò senza andare lontano. monotonamente reiterato in certi scenari concertistici. significa interagire.© Ignazio Macchiarella. significa tante cose diverse. lavorando intorno a me. però. È questo. di un brano di qawwali rispecchino (siano uguali) a quelle del passato. il mio intendimento. serve a vendere dei prodotti musicali. Fare ricerca. tanto vale rimpatriare l’oggetto del mio studio. Fare ricerca e (è) rispettare gli altri Le problematiche teoriche che ho grossolanamente ricordato. di un buleria. La diversa preposizione (in / di) è strategica in quanto significa considerare meno 16 . è quello di far ricerca in Sardegna e in Corsica. Università di Cagliari. rock? E come la mettiamo con tanta musica che viene definita “musica sarda” ma che ha le strutture della popular music internazionale (per esempio quella di Andrea Parodi e dei Tazenda)? (tra l’altro in Sardegna esiste anche un mensile sulla “musica sarda” in cui si parla di tutto e di più: in un numero si parlava anche di Eros Ramazzotti e Noa che avrebbero cantato della “musica sarda” visto che avevano collaborato con i Tazenda!). ma di delineare ed interpretare degli scenari musicali di ricerca nell’ambito delle forme di vita collettive delle due regioni: e per far ciò considero qualsiasi tipologia di musica vi venga fatta – o meglio mi interesso degli uomini (e delle donne) nel loro produrre espressioni che richiamano un’idea di “tradizione” (nel senso prima visto) come il cosiddetto canto a tenore. Ma cos’è la musica sarda? Quella fatta dagli abitanti della Sardegna? (ma in Sardegna ci sono tanti immigrati. Lo studioso deve essere in grado di stabilire rapporti umani con le persone della cui musica si interessa. così come espressioni di più o meno recente importazione come la popular music. di rapporti umani. D’altra parte.delle due isole. bisogna aver sempre presente che far ricerca di etnomusicologia significa aver a che fare con delle persone. alcuni saggi riportano i risultati di diverse interviste con musicisti sardi (nati e residenti) che danno le più diverse (e a volte divertenti) definizioni di “musica sarda”. Insomma un lavoro dichiaratamente (quanto meno intenzionalmente) diverso rispetto alle idee sulla figura stereotipa dell’etnomusicologo come “cultore d’arcaismi”. “musica sarda”.© Ignazio Macchiarella. anche la loro è musica sarda?) Quella fatta da chi è nato in Sardegna? E come la mettiamo con i tantissimi sardi – nati e abitanti in Sardegna – che fanno jazz. 12 17 . 2009 l’idea di “ascrizione etnica” che è relativamente importante (è forse definibile un concetto di musica sarda/corsa? Quante idee di musica sarda/corsa esistono?)12 e più l’idea di giustapposizione /commistione fra pratiche musicali diverse.musicaemusiche. Deve aver chiaro Nel discorso comune si definiscono spesso delle musiche con delle aggettivazioni a carattere regionale – come. appunto. In altre parole io non cerco di individuare e inventariare documenti sonori (o peggio dei retaggi.e/o di gruppi sociali o d’altro tipo . il reggae. delle sopravvivenze del passato) propri di una (o più) cultura(e) . Tra l’altro.org alla sezione saggi (si tratta di un sito che gestisco con i miei studenti cagliaritani). pop. la paghjella eccetera. Sulla questione si trovano diversi testi nel sito www. l’hip-hop. È una faccenda di relazioni interpersonali. di “musiche esotiche” e così via. Clueb. 389-402 18 . 1986. Palermo Steven Feld. or. 1987. 1986 (tit. 1995. How musical is man?. in T. Cambridge University Press. A Common Sense View of all Music. Cambridge John Blacking. 1973. 2009 che si tratta di persone e non di “informatori” o “portatori” (termini bruttissimi. 2004. Is Western Art Music Superior? «Musical Quarterly». L’espressione musicale è parte dello stare al mondo delle persone: non si può estrapolarla. rispettare l’altrui sensibilità e complessità del pensiero. John Blacking. Il problema dei rapporti con le persone è il vero nocciolo della faccenda. Bologna. Diego Carpitella. Musica e tradizione orale. 72:3. e che per fortuna oggi sono quasi del tutto scomparsi) a cui “rubare” qualche esecuzione musicale. Unicopli. 1973) (ristampa LIM. Come è musicale l’uomo?. che evocano uno stato di polizia o di appestati che trasmettono epidemie. Lo studio dell’uomo come music-maker. a cura di.© Ignazio Macchiarella. Una si douce berceuse pour la World Music. Lucca 2000) John Blacking. 171-172. 11): «ho sempre pensato che non ci si può interessare degli uomini – in particolare a quelli che l’etnologia ci permette di avvicinare – senza amarli profondamente». Università di Cagliari. pp. Magrini. non si può studiare la musica di un gruppo di persone senza considerarle nel loro insieme. in «L’Homme» nn. Uomini e suoni. University of Washington Press. 1986. Milano. nel loro modo di stare al mondo. Flaccovio. Cito ancora Lortat-Jacob (2007: p. Riferimenti bibliografici Judith Becker. Sapersi rapportare con le persone è la sola conditio sine qua non della ricerca sul campo. Bernard Lortat-Jacob. Etnomusicologia. 1. Musiques du monde:le point de vue d'un ethnomusicologue. Luca Marconi. Einaudi. Le “musiche del mondo”. La tradizione non è più quella di un tempo. 2007. in «Revista Transcultural de Música /Transcultural Music Review». Muzak. in Incontri di etnomusicologia. Ignazio Macchiarella (a cura di). Il concetto di musica. Saggio di musicologia dialogica. 2003. My life in the Bush of Ghosts: la “world music” e la mercificazione dell’esperienza religiosa. Denis-Constant Martin. Aipsa. or. Merriam. . a cura di Andrea Cannas. vol . Antropologia della musica. Einaudi. Venezia. 1998. Udine. Nota. Nuova Serie n. Echi d'altre tradizioni musicali. Ignazio Macchiarella.© Ignazio Macchiarella. in «EM». Ignazio Macchiarella. 2001. Bulzoni. 1964). Il pianto dell’altopiano. Cagliari. pp. vol II. Evaston. Università di Cagliari. 19 . 2001. Sellerio. Einaudi. jingles e video clips. Northwestern University Press. in Cantami di questo tempo. Carocci. Roma. n. 2008. Accademia Nazionale di Santa Cecilia. in Enciclopedia della Musica. Alan P. 21-48. a cura di Cesare Bermani e Antonella de Palma. Società di Mutuo Soccorso Ernesto De Martino. Immaginari contraddittori della globalizzazione. 2009 Steven Feld. Torino. Francesco Giannattasio. Id. 5 (rivista online). Poesia e musica in Fabrizio De Andrè.. in Clemente Mugnaini Oltre il folklore. 2007. Enciclopedia della Musica. 2008. Udine. in Fonti orali. Roma. a cura di Giovanni Giuriati. 2000. Tradizioni popolari e antropologia nella società contemporanea. Torino. Antioco Floris e Stefano Sanjust. 2007. Istruzioni per l’uso. 2002/a. in Enciclopedia della Musica. Bernard Lortat-Jacob. 2003. Il concetto di musica in prospettiva culturale. Roma. Cantare a Cuncordu. Jean-Jacques Nattiez. Francesco Giannattasio. III Gérard Lenclud. Torino vol I. Palermo 1983 (tit. The Anthropology of Music. Nota. Perché (e quindi come) fare ricerca etnomusicologica. vol II. Torino. Chicago-London. pp. 694-711. New perspective in Ethnomusicology: a critical survey in «Trans 1» Thomas Turino. vol II. 2002. Einaudi. Music as Social Life. 1995. 2009 Jean-Jacques Nattiez. Musica e significato. Università di Cagliari. 2002/b. 2008. in Enciclopedia della Musica. Ramon Pelinski. The Politics of Participation. Einaudi. Torino. 20 . James Porter.© Ignazio Macchiarella. Etnomusicologia nell'epoca postmoderna. The University of Chicago Press. in Enciclopedia della Musica.
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