IRCECH - Archeomafie 1.2009

March 16, 2018 | Author: kaede84 | Category: Organized Crime, Archaeology, Italy, Library And Museum, The United States


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1Avvertenza: la presente versione della rivista in formato elettronico (e-book) presenta le immagini di qualità volutamente ridotta rispetto alla versione cartacea, in modo da rendere il file più leggero e quindi più facile la diffusione gratuita in internet della rivista, secondo la filosofia dell’open source e dell’open archaeology abbracciata dall’IRCECH – OIA. 2 LIBERARCHEOLOGIA RIVISTE 3 4 . n.anno I. 1 (2009) a cura di Tsao Cevoli Osservatorio Internazionale Archeomafie 5 . Napoli 2009. ISSN: 2036-4539 6 . Stampa in proprio. ai sensi del D. L’International Research Center for Environment and Cultural Heritage è iscritto all’Anagrafe delle Ricerche del Ministero dell’Istruzione. la riproduzione.it). Napoli. Proprietà letteraria riservata.P. 382 dell’11 luglio 1980. 80133. dell’Università e della Ricerca.. invece.liberarcheologia. Coordinatore di Redazione: Lidia Vignola. pertanto. Via Depretis 88.ircech. Rivista dell’Osservatorio Internazionale Archeomafie International Research Center for Environment and Cultural Heritage (www. Ne è vietata. anche parziale e con qualsiasi mezzo effettuata. ARCHEOMAFIE. n. purché esclusivamente per uso personale di studio e di ricerca. Napoli. citando sempre la fonte. Direttore Responsabile: Tsao T. alla cultura e al sapere. Maria La Nova 12.R.org). Cevoli. COPYLEFT.10 del 21/02/2007. 80134. Presidente e Rappresentante Legale: Maurizio Montalto. a scopo direttamente o indirettamente commerciale o di lucro. Piazza S. e abbraccia la filosofia dell’open source e dell’open archaeology. A cura di Liberarcheologia (www. Consente. Testata registrata presso il Tribunale di Napoli n. La rivista “Archeomafie” crede nel diritto di libero accesso alla ricerca. la libera riproduzione cartacea e digitale di questo testo. a Fabio Maniscalco 7 . 8 . del furto e del traffico illecito internazionale di opere d’arte e reperti archeologici. ampliandone il significato. pos- 9 . che sono al tempo stesso tra le più ricche del nostro paese dal punto di vista del patrimonio culturale. oppure uno scavo clandestino possono anche essere opera di ladri isolati o di improvvisati tombaroli. Se un furto da una collezione o da un museo. è solo il primo di una lunga serie di passaggi che. attraverso il mercato clandestino. ma anche tra le più soggette ad un capillare controllo del territorio da parte della criminalità organizzata. le cosiddette “archeomafie”: una definizione nella quale. porta queste opere nelle mani di spregiudicati collezionisti o curatori di musei. Questa rete. l’esportazione clandestina delle opere d’arte e dei reperti archeologici e il loro inserimento in circuiti di vendita internazionali. presuppongono una rete criminale ben strutturata. da quello locale a quello internazionale. i passaggi successivi. soprattutto in zone come l’Italia meridionale. non può che essere gestita da organizzazioni criminali di carattere mafioso. capace di gestire questi traffici a più livelli. che provengano da un museo o da uno scavo clandestino. di far perdere le tracce della provenienza illecita delle opere e di attuare il loro decisivo passaggio dal mercato clandestino a quello “legale”.Presentazione della rivista “Archeomafie” è la prima rivista in Italia specificamente dedicata all’analisi del fenomeno degli scavi clandestini. Il nome della rivista deriva dalla constatazione che il furto di opere d’arte e di reperti archeologici. proponendosi come punto di incontro. La rivista. pubblicando contributi in diverse lingue e dando spazio a quanti.siamo far rientrare anche le organizzazioni criminali che in tutto il mondo. Ultima costatazione da fare è che la carta geopolitica mondiale attuale non ricalca in alcun modo la mappa delle civiltà e delle culture nate nel corso dei secoli. una tutela del patrimonio culturale parcellizzata e limitata nei confini degli Stati odierni. intende dare spazio a chiunque sia in grado di fornire dei contributi scientifici sul tema del furto. Per questo la rivista ha scelto di avere un carattere internazionale. in Italia e all’estero. ai territori e ai contesti di appartenenza.IRCECH 10 . dello scavo clandestino e del traffico illecito di reperti archeologici e di opere d’arte su scala nazionale ed internazionale. di analisi e di discussione interdisciplinare tra tutti gli operatori del settore che hanno a cuore la tutela del patrimonio culturale. soprattutto nelle aree più “deboli” in quanto afflitte da povertà e guerre. Di fronte a organizzazioni criminali sempre più internazionali è fondamentale che anche gli operatori della tutela del patrimonio culturale maturino un approccio globale. si occupano nei diversi settori dell’analisi e del contrasto del fenomeno delle archeomafie. soprattutto nell’epo-ca della globalizzazione. È dunque impossibile immaginare. Maurizio Montalto Presidente OIA . lucrano sulla sottrazione illecita e immorale del patrimonio culturale alle comunità. compresi studi di natura giuridica sulla legislazione del settore e ricerche che mirino a dimostrare la probabile provenienza di opere d’arte e reperti archeologici di “provenienza sconosciuta” in possesso di collezioni e musei. I suoi e i nostri primi nemici sono collezionisti e musei stranieri senza scrupoli. di farlo conoscere al mondo e di trasmetterlo alle generazioni future. invidiati da musei e collezionisti privati di tutto il mondo. ha il dovere civico di tutelare questo patrimonio culturale. Per quanto queste opere siano antiche e per quanto elevato sia il loro valore estetico. ma dell’intera civiltà occidentale. e per primo chi opera nel settore come professionista o come volontario. Questo patrimonio di conoscenze si materializza nei milioni di opere d’arte e reperti archeologici custoditi nei musei italiani e greci. pronti a sborsare cifre esorbitanti per entrare in possesso di reperti archeologi- 11 . tanti da non riuscire ad essere sempre valorizzati come meriterebbero. portatori di conoscenze. non si tratterebbe che di semplici oggetti. di insegnamenti vivi e di valore universale. È per questo che ogni persona. In esso affondano le radici della memoria collettiva di noi contemporanei. come invece sono. dell’identità storica e culturale non solo di due popoli. tra i quali si annoverano straordinari capolavori. se essi non fossero.Tsao Cevoli Il Getty Museum e l’esportazione illecita di antichità dall’Italia e dalla Grecia Il patrimonio archeologico e storico-artistico di paesi come l’Italia e la Grecia è unico al mondo. ferisce il territorio di paesi ricchi di storia e di patrimonio culturale. Milano 1992. Le organizzazioni criminali di stampo mafioso hanno da tempo fiutato l’affare. dunque. strappano i reperti archeologici e le opere d’arte al loro contesto geografico. di rado preoccupandosi di verificarne seriamente la provenienza lecita. il terribile quotidiano saccheggio del patrimonio culturale. le cosiddette “archeomafie”. la Grecia e gli altri paesi dell’area mediterranea1. alii. rendendo dunque per sempre impossibile ricostruirne la piena identità. sottraendole al nostro paese. 14 maggio 1990).ci e opere d’arte. storico e culturale. nel furto e nel traffico illecito internazionale di reperti archeologici e di opere d’arte. Atti del Convegno (Milano. arricchiscono le organizzazioni criminali che gestiscono l’esportazione illecita di reperti archeologici e opere d’arte. eufemismo usato.E. spesso consapevolmente. La Tutela e la circolazione dei beni culturali nei paesi membri della C. come l’Italia. Le brame di musei stranieri e collezionisti privati alimentano.. al territorio cui appartengono e alla fruizione da parte della collettività. 12 . dai musei stranieri per definire manufatti quasi sempre di provenienza illecita. E la caccia alle antichità ha fatto così un salto di qualità: dal vecchio tombarolo si è passati ad organizzazioni criminali specializzate nello scavo clandestino. decifrare il messaggio che la storia ha loro consegnato. Il fenomeno della circolazione sul mercato internazionale di opere d’arte e reperti archeologici di “provenienza sconosciuta”.Reverdini et. Alla perdita di grandi capolavori si aggiunge un altro danno irreparabile: gli scavi clandestini con i quali i moderni archeocriminali di terra e di mare si procurano i loro bottini.E. 1 Per i problemi di circolazione di beni culturali in Europa cfr: B. Il Getty Museum si autodefinisce un museo e centro educativo dedicato allo studio dell’arte e della cultura 2 S. infine. è stata recentemente restaurata e riaperta al pubblico. Questi traffici illegali presuppongono necessariamente una rete criminale ben strutturata. della droga e degli esseri umani. Ospitato in una struttura fatta costruire negli anni ‘70 dal miliardario Jean Paul Getty (fig. Un esempio eclatante delle enormi dimensioni di questo mercato illecito. The Battle Over the Stolen Treasures of the Ancient World. Una lunga serie di passaggi porta poi questo patrimonio di opere d’arte e reperti archeologici nelle mani di spregiudicati collezionisti privati. 13 . gallerie d’arte. del giro di affari che ne deriva. infatti. sfuggendo ai controlli.Ogni giorno il patrimonio archeologico e storicoartistico di questi paesi è violentato da furti e scavi clandestini. dal livello locale a quello internazionale: solo le organizzazioni criminali di stampo mafioso dispongono. in California. attraverso raffinate operazioni di riciclaggio. è rappresentato dal Getty Museum2. La villa. della quantità di opere che. su quello legale.2. progettata dall’architetto Richard Meier prendendo a modello la Villa dei Papiri di Ercolano (fig.1) a Malibù. queste organizzazioni sono in grado di mettere in circolazione prima sul mercato clandestino e poi. di un controllo capillare del territorio e di una rete internazionale abbastanza irradiata da essere in grado di gestire tutto il lungo e complesso iter che va dal furto e dallo scavo clandestino all’esportazione illegale delle opere. pag.3). il Getty Museum è oggi uno dei più grandi e ricchi musei degli Stati Uniti. sfruttando gli stessi sistemi e canali dei traffici delle armi. e. Waxman. 318 e sg. New York 2009. case d’asta e conniventi musei stranieri. “storie della guerra di Troia”) e 5 per quelle temporanee. Antiquities in the J. id. Nato a Minneapolis.200 opere esposte.dell’antica Grecia. Paul Getty. di “provenienza sconosciuta”. Paul Getty Museum Journal 12. 5 Per la vita di Jean Paul Getty cfr. è appositamente dedicata alla statua bronzea di Lisippo raffigurante un vincitore dei giochi olimpici. Paul Getty Museum. nota in Italia come “Atleta di Fano”. Sulla statua di Fano molti i contributi del primo curatore lo stesso Frel. definito invece dai curatori del museo “Giovane Vittorioso”3 o “Bronzo del Getty”4. Il museo possiede in totale circa 44. 11. The Getty bronze.. id. 1984. Jean Paul Getty era figlio di un avvocato che aveva fondato una compagnia petrolifera dopo aver vinto al gioco una licenza per l’estrazione del petrolio in Oklahoma. L’ingresso al museo è gratuito. il 15 dicembre 1892. idoli cicladici. con complessivamente circa 1.000 opere d’arte e reperti archeologici greci. nel Minnesota. Los Angeles 1997. per la quasi totalità. Nel 1914. Oggi le sue collezioni comprendono 23 gallerie dedicate alle esposizioni permanenti.C. Malibu 1981. si C. ma regolato da un biglietto a tempo. Paul Getty Museum Journal. ma per tema (con temi come “dei e dee”. Roma ed Etruria. organizzate non cronologicamente. a ventiduenne anni. in The J. pag. Mattusch... Una sala al secondo piano. Molti di essi non sono mai stati esposti al pubblico. The Conservation of Two Marble Sculptures at Malibu. Malibu 1978. Some Observations on Classical Bronzes. Malibu 1979. Greek Portraits in The J. Si veda ad esempio: J. gemme e gioielli. climatizzata. The Victorious Youth. “Dioniso e il teatro”. 73-92. As I see it: the autobiography of J. la sua autobiografia: J. id. romani ed etruschi. in The J. pag. Paul Getty Museum. 1983.P. Appositi spazi espositivi sono stati dedicati dai curatori a quelli che considerano i manufatti più preziosi: vasi di lusso. 4 3 14 . id.. Getty. monete. ufficialmente. Il museo deve la sua esistenza al petroliere e appassionato d’arte Jean Paul Getty (Minneapolis 1892 Londra 1976)5. 117-122. Englewood Cliffs 1976. Frel. iniziando a battere a tappeto il mercato antiquario internazionale.25 per cento. Morì a Londra. Durante l’occupazione nazista la sua 15 . ossia 382 milioni e mezzo di dollari: un badget 70 volte superiore persino a quello del Metropolitan Museum di New York. cinque ex mogli. costituito principalmente dai pozzi di petrolio in Oklahoma. Affinché la sua opera di collezionista d’arte proseguisse anche dopo la sua morte. È ovvio che con disponibilità finanziarie del genere. raccolta durante la sua intera vita. Paul Getty in persona nel 1973 ed in carica fino al 1985. un immenso patrimonio economico ed una ricca collezione di opere d’arte. con affari e proprietà in tutto il mondo.4). Da questo colossale fondo il Getty Museum può ogni anno prelevare e stanziare mediamente per gli acquisti il 4. grazie a fruttuosi investimenti finanziari. Primo curatore del Getty Museum fu Jiri Frel (fig. il 6 giugno del 1976. lasciando sette figli. insieme alle coperture. figlio di un maestro di scuola elementare. arrivò a 9 miliardi di dollari. in pochi anni riuscì a costruire un enorme impero petrolifero. la Getty Oil Company. nominato già da J. poi iniziò a dedicarsi agli affari di famiglia: partendo dal patrimonio paterno. destinò al Getty Trust un fondo 750 milioni di dollari. soprattutto se non ci si preoccupa troppo di chiederne la provenienza. Di origine ebraica.laureò in economia e scienze politiche al Magdalen College di Oxford. all’età di ottantaquattro anni. era nato in Cecoslovacchia nel 1926. si possono acquistare migliaia di opere d’arte e di reperti archeologici. che in pochi anni. alle complicità e alle connivenze necessarie per assicurarsi di farla franca: proprio ciò che hanno fatto i curatori del neonato Getty Museum negli anni successivi alla morte del magnate. famiglia era stata costretta a cambiare cognome. Dopo la guerra studiò prima in Francia alla Sorbonne, poi negli stati uniti all’Università della Carolina. Lavorò prima all’Università di Princeton, poi al Metropolitan Museum di New York, come curatore associato della sezione dell’arte greco-romana. Divenne infine curatore del Getty Museum. La gestione di Jiri Frel si caratterizzò per una politica di acquisti estremamente disinvolta, con grande dispendio di fondi, grazie ai quali il Getty Museum riusciva a battere all’asta qualsiasi concorrenza. Spesso il museo si riforniva direttamente da antiquari, mediatori e trafficanti che operavano in Italia e negli altri paesi del Mediterraneo. Tra i suoi principali fornitori vi furono anche Giacomo Medici e Robert Hecht, entrambi più tardi processati per traffico illegale di reperti archeologici. Benché fosse già a quel tempo evidente che la politica di acquisti di Frel stava alimentando scavi clandestini, traffici illeciti e falsari, poche voci in quegli anni si levarono a criticare un qualsiasi aspetto dell’operato del Getty. Tra queste vi fu quella dello storico dell’arte Federico Zeri, riconosciuto unanimemente come uno dei maggiori critici e storici dell’arte del secolo scorso. Frequentatore della nobiltà romana, della buona società londinese e di quella di Hollywood, già consulente prima dello stesso Jean Paul Getty e poi del suo museo, quando Jiri Frel nel 1984 propose l’acquisto di un kouros6 greco del VI sec. a.C. per 7 milioni di dollari, l’equivalente allora di 32 miliardi di lire, Zeri denunciò pubblicamente che si trattava di un falso. Il prezzo cominciò a scendere prima a 20 e poi a 12 miliardi di lire. In seguito alle sue affermazioni, Zeri ricevé delle serie 6 Th. Hoving, The Getty Kouros: Sixth Century B.C. or Twentieth Century A.D.?, in Connoisseur, settembre 1986, n. 216, pag. 100. 16 minacce di morte e dovette fuggire in Italia, scortato fino all’aeroporto dall’FBI7. Alla fine il Getty comprò la statua e Zeri non mise mai più piede negli Stati Uniti. Il comportamento di Frel di lì a poco cominciò, però, a suscitare pesanti critiche8 anche negli Stati Uniti. Egli fu, infatti, pubblicamente criticato per la sua allegra politica di acquisti anche dal direttore del Metropolitan Museum di New York, Thomas Hoving. Nel 1985, lasciato il suo incarico al Getty Museum, Jiri Frel si trasferì in Italia, in Siclia, a Castelvetrano, a casa di Gianfranco Becchina, persona già nota alle autorità italiane, che era stato uno dei suoi principali fornitori, attraverso la sua galleria d’arte di Basilea. Un anno dopo Jiri Frel si trasferì a Roma. Negli anni successivi alla sua gestione, i nuovi curatori del Getty si accorsero che effettivamente Frel, preso dalla smania di comprare ogni cosa ad ogni costo, spendendo milioni di dollari, non di rado era caduto in inganno, finendo per acquistare anche dei clamorosi falsi, come una statua greca raffigurante Achille, pagata ben 2 milioni e mezzo di dollari, ritenuta opera di Scopas e che invece nel 1987 German Hafner, professore dell’Università di Mainz, dimostrò essere un’opera del XIX secolo. Successore di Frel al Getty Museum fu Arthur A. Houghton (fig.5), già suo assistente. Nato nel 1940 aveva frequentato il College ad Harvard. Per quasi tutta la sua vita Houghton lavorò per il Dipartimento di Stato Americano, anche all’estero, soprattutto in Medio OCfr.: Il dottore del professore, intervista al medico di Federico Zeri, Giornale dell'Arte, ottobre 2009, pag. 24-26. Cfr. Th. Hoving, G. Norman, The Getty Scandals: How the Questionable Activities of One Curator Cast a Shadow Over an Entire Museum, in Connoisseur, n. 217, aprile 1987, pag. 29; R. Kennedy, Jiri Frel, Getty’s Former Antiquities Curator, Dies at 82, New York Times, 17 maggio 2006, pag. 20; M.L. Davis, The culture broker. Franklin D. Murphy and the Transformation of Los Angeles, Los Angeles-Londra 2007, pag. 315 8 7 17 riente. Tornato in America e laureatosi in Storia dell’Arte ad Harvard, ricoprì per breve tempo, dal 1984 al 1986, l’incarico di Curatore del Getty Museum, al cui servizio mise la sua approfondita conoscenza del mondo arabo. Come studioso del mondo antico è noto soprattutto per diversi contributi scientifici sulle monete dei Seleucidi, di cui era anche accanito collezionista9. È stato membro della American Numismatic Society (e Presidente della stessa tra il 1995 ed il 1999), dell’American School of Classical Studies di Atene, del CyprusAmerican Archaeological Research Institute, del Middle East Institute, della American Near East Relief Association, del Committee for Tyre, dell’Università di Harvard (Department of near Eastern Languages and Civlizations), del Boston Museum of Fine Arts (Department of Egyptian Art) e del Metropolitan Museum of Art (Department of Islamic Art). Figura di spicco della diplomazia internazionale, Arthur Houghton è stato consigliere alla Casa Bianca per la politica internazionale dal 1989-1995, durante tutta la Presidenza di George Bush padre e durante i primi tre anni della Presidenza di Bill Clinton. Ma soprattutto è stato membro dei consigli di amministrazione di diversi musei e dell’U.S. Cultural Property Advisory Committee, la commissione del Dipartimento di Stato americano, composta da esperti di archeologia, antropologia, etnologia, musei e commercio internazionale di beni culturali, che si occupa delle questioni legate alle convenzioni internazionali UNESCO e di consigliare il Presidente degli Stati Uniti sulle iniziative internazionali da intraprendere nel settore del patrimonio culturale. La Commissione ha sede a Washington, presso il Cul9 A.A. Houghton, C. Lorber, Seleucid coins: a comprehensive catalogue, The American Numismatic Society, 2002. 18 l’incarico di curatore del Getty Museum passò a Marion True (fig. che lo detenne per poco meno di venti anni. è finita sotto processo in Italia. Los Angeles Times. con l’accusa di associazione per delinquere. Svizzera. A differenza dei precedenti curatori del Getty. Nata nel 1948 a Tahlequah. ricettazione.6). nel 2005 Marion True. avrebbe acquistato almeno una trentina di opere d’arte 10 Per la vicenda di Marion True cfr. sempre ugualmente disinteressata alla provenienza delle opere. ma non più disattenta alla loro autenticità. dopo venti anni di misfatti. Dopo la breve parentesi di Arthur Houghton.tural Heritage Center del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Gran Bretagna e Stati Uniti: quello che il PM Paolo Ferri ha definito un sistema a scatole cinesi per piazzare sul mercato pezzi archeologici di lusso. Reynolds. Secondo l’accusa in particolare nella sua carriera Marion True. L’inchiesta giudiziaria italiana ha toccato soprattutto i traffici tra Italia. insieme a Robert Hecht e ad altre dieci persone. 30 ottobre 2005. Con lei il Getty Museum iniziò una ancor più spregiudicata politica di acquisti. rimasti impuniti per le loro attività di acquisto di reperti provenienti dagli scavi clandestini.: Ch. dal 1986 al 2005. commercio illecito di beni archeologici e mancata denuncia di reperti10. in Oklahoma. Analoghe accuse contro Marion True sono state mosse anche dalle autorità greche. Era già stata curatrice del Museum of Fine Arts di Boston e poi dell’Harvard University’s Fogg Art Museum. aveva studiato all’Università di New York University e poi conseguito il dottorato ad Harvard. The puzzle of Marion True. che fino al 1998 oltre che curatrice del museo era anche responsabile delle acquisizioni. 19 . Quello di Marion True. Nonostante le sue dimissioni il Getty Museum ha continuato a pagare anche successivamente le sue spese legali in Italia11. Ovviamente si tratta di una cifra minima che non riesce a dare nemmeno lontanamente l’idea dell’entità effettiva dei traffici illeciti in cui è stato coinvolto il Getty Museum sotto la gestione True: le opere per le quali è ricostruibile la vicenda e quindi dimostrabile la provenienza illecita dall’Italia sono. Getty paid Trustee’s legal fees despite lawyer’s warning. d’altronde. essendo evidentemente interessato ad evitare una condanna di colei la quale per venti anni aveva gestito tutta la politica degli acquisti del museo e la cui condanna avrebbe trascinato il Getty Museum in procedimenti di risarcimento danni e di restituzione all’Italia. Frammolino. consapevole che erano state trafugate in Italia. è solo uno degli scandali che ha travolto negli ultimi anni il Getty Museum. The Los Angeles Times. infatti. una percentuale minima rispetto a quelle uscite invece dal nostro paese dagli anni ‘70 ad oggi senza lasciare traccia. Felch. non ultime le dimissioni del presidente del Getty 11 R. in particolare per il fatto che per comprarsi una villa in Grecia. paradossalmente. J. ma piuttosto per l’accusa di conflitto di interessi tra i suoi affari personali e gli affari del Getty.000 dollari da un mercante d’arte greco con cui stava facendo affari per conto del Getty.antica di provata provenienza illecita. non tanto per l’accusa di traffico illecito di antichità. 29 June 2006. nell’isola di Paros. prevedibile conseguenza di comportamenti dei quali con tutta probabilità il Getty Museum non era ignaro. delle opere illecitamente esportate. 20 . aveva accettato un prestito di 400. A seguito degli scandali giudiziari Marion True nell’ottobre del 2005 ha rassegnato le dimissioni da curatore del Getty Museum. È stata costretta a dimettersi. “L’antiquaria romana”. e di un’altra a Basilea. in caso di condanna.7) e il mediatore italiano Giacomo Medici (fig.000 dollari a notte. aveva comprato una Porsche da 72. A partire soprattutto dagli anni ‘80. Il Getty Museum durante la gestione True. pur essendo assidui e intensi i contatti di affari tra lei e Medi- 21 . i principali fornitori del Getty Museum furono il trafficante d’arte svizzero Robert Hecht (fig. il British Museum di Londra. l’“Idra gallery”. durante la gestione True.9). Sul caso indaga la giustizia americana. in via del Babuino. lo ricordiamo. potrebbe anche revocare al Getty Trust lo status di fondazione filantropica esentata dalle tasse. Oltre al Getty Museum egli ha rifornito alcuni tra i più importanti musei del mondo. ricordiamo quello del Cratere di Eufronio.000 dollari. in seguito all’accusa di appropriazione indebita di fondi della fondazione. biglietti aerei di prima classe per sé e per sua moglie e soggiornato in alberghi extra-lusso da 1.8). che agiva soprattutto in Grecia. Tra gli affari più eclatanti trattati da Medici. che. che si presentava come esperto d’arte e perito per la Camera di Commercio di Roma e del Lazio e presso il Tribunale penale e civile di Roma. Barry Munitz. ma anche la coppia formata da Robin Symes e Christos Michailidis (fig. A spese del Getty Trust. lo Staatliche Museum di Berlino ed il Miho Museum di Tokyo. Medici. che. è una fondazione senza scopo di lucro. tra cui il Metropolitan Museum di New York.Trust. era titolare di una galleria d’arte nella capitale. trafugato da una tomba di Cerveteri e venduto poi nel 1972 al Metropolitan Museum per la cifra record di un milione di dollari. insieme a Hecht. il Museum of Fine Arts di Boston. Nei locali. con circa quattromila reperti archeologici e opere d’arte esposti in teche illuminate. nella quale le due figure principali. in collaborazione con le autorità locali. intestati alla società Edition Service di Giacomo Medici. per le mani di altri mercanti europei. Indagando sulle opere esportate illegalmente dall’ Italia agli Stati Uniti.ci. talvolta anche in modo fittizio. che gli costarono la condanna in Italia a cinque anni di reclusione e alla restituzione delle opere rubate. in Svizzera: una specie di vero e proprio museo. e Giacomo Medici come fornitore dall’Italia. gli investigatori italiani e americani sono riusciti a delineare il quadro di una vera e propria archeo-connection italo-americana. far transitare le opere fornite da Medici. come l’antiquario londinese Robin Symes o americani. a casa del quale all’inizio degli anni ‘90 la polizia americana scoprì 230 vasi apuli ed etruschi. ritenendolo una figura troppo compromettente. invece. Fondamentale per chiarire il quadro di questi traffici illeciti di antichità tra Italia e Stati Uniti è stato un blitz effettuato nel 1995 dal Carabinieri. Al centro tra i due agiva una serie di mediatori. Ha preferito. ha sempre evitato di tenere qualsiasi rapporto ufficiale con Medici e soprattutto di acquistare direttamente da lui. nello show room di Giacomo Medici nei depositi del Porto Franco di Ginevra. sulle due sponde dell’Atlantico. come il californiano David Holland Swingler. i Carabinieri italiani e la Polizia sviz- 22 . il cui scopo era far perdere le tracce della provenienza illecita delle opere e di qualsiasi rapporto ufficiale tra il Getty Museum e la scomoda figura di Giacomo Medici. per precauzione. erano Marion True negli Stati Uniti. come acquirente per conto del Getty. Così si è dimostrata la provenienza della testa barbuta di Hephaistos. come i documenti delle compravendite e soprattutto le circa ottomila foto polaroid che mostrano appena scoperte. vendeva e riacquistava all’asta le stesse opere. come una kore. Alcune opere avevano ancora appeso il cartellino con data in cui erano stati battuti all’asta. infatti. Medici stesso che. finita al Getty attraverso le mani di Symes. che due foto dell’archivio di Medici a Ginevra mostrano ancora sporca di terra. in modo da fornire loro una finta provenienza “lecita”.zera hanno scovato elementi che hanno confermato inconfutabilmente i traffici illegali gestiti da Medici. come quella delle sculture raffiguranti due grifoni che mangiano un’antilope: appaiono fotografati prima nel bagagliaio dell’auto di Medici. sfruttando l’anonimato delle case d’asta londinesi.3 milioni di dollari. poi in una vetrina del Getty Museum ed infine nella stessa vetrina in una foto ricordo insieme a Medici. ancora sporchi di terra. Qualcosa di simile avviene anche per diverse altre opere: Medici aveva. Era. che era al contempo anche una sorta di certificato di garanzia sulla loro autenticità e una pubblicità sul mercato antiquario ufficiale. Tra le altre opere una copia romana del Dia- 23 . evidentemente. esibendoli quasi come dei trofei. E come questa di migliaia di altre opere che era no uscite dall’Italia attraverso gli stessi canali. In alcuni casi la sequenza delle foto è eclatante. prima del restauro. le opere poi finite nei musei stranieri. appena scavata in Italia dai tombaroli. o una statua raffigurante Apollo. che nel 1993 il Getty acquistò da Symes per 3. il vezzo o il vizio di far fotografare insieme alle opere da lui vendute al Getty. Che le opere fossero state in gran parte state trafugate in Italia lo dimostrano alcuni indizi risolutivi. proveniente dall’area vesuviana. Il 4 marzo 2005 è stato condannato in primo grado dal GUP Guglielmo Muntoni del Tribunale di Roma a dieci anni di reclusione. Gli avvocati difensori di Medici hanno annunciato ricorso in appello.C. Accusato di associazione per delinquere e successivamente assolto dal giudice “per non aver commesso il fatto” è stato. in attesa del quale il giudice gli ha sequestrato la Maserati e la sua villa proprio nei pressi di Cerveteri. Secondo alcune stime al momento della condanna in primo grado Medici poteva vantare un tesoro di oltre 17 mila reperti archeologici e antiche opere d’arte. per un valore di trenta milioni di euro.000 euro. Sugli affari di Medici i giornalisti Peter Watson e Cecilia Todeschini hanno pubblicato negli Stati Uniti un li- 24 . pagato sette milioni di dollari. due vasi straordinari (un’olpe corinzia e una hydria a figure nere). un rarissimo set di ferri chirurgici del I secolo a. In almeno 29 transazioni Medici e Symes risultano ufficialmente registrati allo stesso indirizzo.. invece. lo svizzero Albert Henry Jacques. titolare del magazzino nel porto franco di Ginevra dove erano conservati i pezzi di Medici sequestrati nel 1995. un gruppo con due Grifoni policromi. nascosti in ventinove depositi segreti sparsi in tutto il mondo. Nel 1997 Giacomo Medici è stato arrestato. a una multa di 16.dumeno di Policleto. all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a dieci milioni di euro di risarcimento allo Stato per i danni inflitti al patrimonio culturale italiano: la sanzione più alta mai stabilita da un tribunale italiano per un caso del genere. Secondo le accuse nella sua carriera avrebbe commercializzato almeno diecimila reperti clandestini. bro-inchiesta12. Essi si sono talmente ben documentati sui fatti che sono stati persino chiamati dai giudici italiani a testimoniare al processo. Con la condanna di Medici si è aggravata anche la posizione di Marion True, finita sotto processo in Italia nel 2005, insieme a costui e al mercante d’arte svizzero Robert Hecht, accusati tutti e tre di associazione per delinquere e di ricettazione di beni archeologici. Sulla vicenda grava, però, l’ombra della “ex Cirielli”13, la legge, varata nel 2005 dal governo Berlusconi, che stabilisce l’abbreviazione dei tempi di prescrizione di molti reati. Legge dichiarata valida dalla Corte Costituzionale che, se applicata a questo caso, potrebbe far cadere in prescrizione oltre un centinaio di episodi ricettazione e traffico illecito di antichità di cui sono accusati Giacomo Medici, Marion True e Robert Hecht14. Simili problemi giudiziari Marion True affronta anche in Grecia, dove la polizia greca ha scoperto prove e reperti nella villa della True sull’isola di Paros. Gli inquirenti hanno, inoltre, scoperto che negli ultimi 10 anni era stata ben 32 volte a Roma per incontrare Medici, alloggiando sempre all’Hotel Raphael. Ad incastrare la True è stata soprattutto la corrispondenza scritta scambiata con Giacomo Medici: le lettere scritte di suo pugno, nelle quali gli chiedeva della provenienza delle opere, confermano, infatti, che la True era consapevole che esse provenivano da scavi P. Watson, C. Todeschini, The Medici conspiracy: the illicit journey of looted antiquities, from Italy's Tomb Raiders to the World's Greatest Museums, New York 2006. Legge n. 251 del 5 dicembre 2005: "Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione" (Gazzetta Ufficiale n. 285 del 7 dicembre 2005). 14 F. Castelli Gattinara, Getty curator could escape charges on a technicality, The Art Newspaper, 175, dicembre 2006; J. Doole, In the News. J. Paul Getty Museum, Culture without Context, 19, 2006, pag. 11. 13 12 25 clandestini in Italia. Dalla corrispondenza si è scoperto anche che non sempre le trattative andavano a buon frutto: in una lettera indirizzata al “Caro Giacomo”, Marion True, con tono confidenziale, si dice spiacente di non essere riusciti a trovare un accordo per l’acquisto per il Getty di una bellissima serie di 20 piatti attici a figure rosse, per i quali Medici aveva chiesto una cifra troppo esosa. Secondo il PM romano Paolo Ferri sono almeno altri 35 gli oggetti, oltre ai 46 già richiesti dall’Italia, acquistati dal Getty in maniera tutt’altro che trasparente, scavati in modo clandestino in Italia. Ma i sospetti pesano, ormai, legittimamente su tutti i pezzi sequestrati a Ginevra nel 1995 e su tutti gli altri ottomila riprodotti in foto. Le autorità italiane hanno presentato al museo americano un dossier in cui si dimostra la provenienza illecita, si reclama il legittimo possesso e si chiede la restituzione di 52 opere d’arte in possesso del Getty Museum, provenienti tutte da scavi clandestini in Italia. Per 46 di esse il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si è costituito parte civile. Un altro dei principali fornitori del Getty Museum è stato negli ultimi decenni l’antiquario londinese Robin Symes. È lui, ad esempio, ad aver venduto negli anni ‘80 al museo americano la Venere di Morgantina, per una cifra intorno ai 20 milioni di dollari. Per rendersi conto dell’immenso patrimonio di opere d’arte che alimentavano il suo giro d’affari, basti pensare che nel 2000 a New York, in una delle tante mostre di promozione pubblicitaria della sua collezione, espose 152 opere d’arte antica, per un valore complessivo stimato oltre i 42 milioni di dollari. A dare una svolta alle indagini sul conto di Syme è stato un luttuoso evento la sera del 4 luglio 1999, men- 26 tre Robin Syme era in Italia, a cena in un ristorante in Umbria, insieme al suo socio e compagno di vita Chrìstos Michailidis (fig.9) e alla coppia di collezionisti americani Leon Levy e Shelby White (fig.18), i miliardari finanziatori della nuova ala greco-romana del Metropolitan Museum di New York. Scendendo le scale del ristorante Chrìstos Michailidis cadde e morì. Ne conseguì una causa intentata a Londra dalla sorella di Chrìstos, Despina, contro Robin Symes per ottenere la metà del valore delle imprese che i due gestivano insieme. Dovendone accertarne l’entità, le autorità britanniche avviarono delle indagini, provocando una reazione a catena. Scoprirono così che Symes e Michailidis possedevano 39 depositi di opere d’arte, tra Londra, Ginevra e New York, per un totale di ben 17.000 opere d’arte e reperti archeologici ed un valore complessivo di circa 125 milioni di sterline, equivalenti più o meno a 190 milioni di euro, cioè all’incirca 400 miliardi di vecchie lire. Secondo le prime stime fatte dalle autorità britanniche, almeno il 60% di queste opere potrebbe provenire dall’Italia. La polizia inglese ha trovato le prove di questo colossale traffico illecito grazie ad un blitz negli uffici londinesi dei due antiquari, dove ha scovato e sequestrato, appena in tempo, migliaia di documenti nascosti in 28 sacchetti per l’immondizia, pronti per essere distrutti. Da parte italiana hanno preso parte alle indagini i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, gli archeologi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’Avvocato di Stato Maurizio Fiorilli, in conseguenza di un accordo segreto stipulato nel luglio 2007 tra il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Francesco Rutelli ed il suo omologo britannico. 27 molti dei quali erano già imballati in casse della casa d’aste londinese Christie’s. Grecia e Stati Uniti. case d’asta e diversi musei. Italia.800 reperti archeologici e opere d’arte. tra cui il Getty Museum. che Symes aveva già in gran parte distrutto e che era ancora intento a distruggere al momento del blitz: 17 album con 2. si sono rivelate una prova importante per decine di indagini in corso. qualcuna addirittura sistemata nelle cassette della frutta di Cerveteri. che evidentemente Robin Symes non aveva fatto in tempo a portare via. nelle Cicladi. soprattutto statunitensi. trasmesse dalla polizia greca alle autorità italiane. in qualche caso ancora incartate in fogli di giornali italiani.10): in tutto 995 reperti archeologici e opere d’arte antica.191 fotografie relative ad almeno 3. nel 2006 la polizia greca ha effettuato ha un’altra clamorosa scoperta sull’isola di Schinoussa. Altre opere fotografate. con le opere appena scavate ed ancora sporche di terra. In quello che resta dell’archivio sono schedate migliaia di opere passate nelle mani dei due mercanti e da loro vendute a musei e collezioni private di mezzo mondo. Altri 17 reperti archeologici. Le foto.Sullo stesso filone di indagini tra Gran Bretagna. Le prove sulla loro provenienza sono inequivocabili e schiaccianti: nell’archivio di Schinoussa di alcune di opere. poi finite in possesso del Getty Museum. In una villa di Chrìstos Michailìdis e Robin Symes gli investigatori hanno trovato quel che restava dell’archivio segreto dei due. sono state trovate dalla polizia greca ancora nella villa di Schinoussa (fig. che secondo gli inquirenti Marion True potrebbe aver acquistato proprio da Symes nella villa di 28 . a poca distanza da Naxos. Alcune delle foto trovano riscontro in opere attualmente in possesso di gallerie. sono state trovate le foto precedenti il restauro. Gianfranco Becchina. Fritz Burki. moglie dell'imperatore Adriano. Ageliki e Dimitris. Inoltre molti reperti archeologici sono stati trovati anche nella sua villa di Atene. sotto la direzione del Sostituto Procuratore Paolo Giorgio Ferri. titolari della galleria “Phoenix Ancient Arts” che ha sede in Svizzera e negli Stati Uniti. Le autorità italiane hanno. infine. al Museum of fine Arts di Boston. per ottenere la restituzione delle opere sottratte all’Italia. sono stati trovati. Su di lui sono. La vicenda giudiziaria in Gran Bretagna ha portato al fallimento e alla condanna di Robin Symes. proprietario di una galleria a Basilea. Angela Fiorella Cottier. che è finito in carcere e ha perso la metà dei suoi beni. ancora in corso indagini in Italia.Schinoussa. il PM Eleni Raikou li accusa di possesso e traffico illegale di antichità. l’ha messa sotto inchiesta. insieme ai tre figli Alexandros. che proprio lei aveva inconsapevolmente scatenato con la sua causa contro Symes per l’eredità fraterna. nella villa della True nella vicina isola di Paros. assegnati dal giudice agli eredi di Chrìstos Michailìdis. a Psichikò. La magistratura greca. in particolare il giudice Ioannis Diotis. inoltre. insieme ad altri sette presunti trafficanti internazionali di antichità: i fratelli libanesi Ali e Hicham Aboutaam. esperta della dogana svizzera e proprietaria di una 29 . però. suo figlio Harri Burki. siciliano di Castelvetrano. In Grecia anche Despina Papadimitriou. che nel 1979 ha venduto una statua raffigurante Sabina. sia giudiziarie che diplomatiche. In Italia Symes è indagato per associazione per delinquere. attivato le procedure. ricettazione e falso. in quanto la villa di Schinoussa apparteneva ufficialmente ad una società di Panama facente capo a lei. è stata travolta dall’inchiesta giudiziaria. la sorella di Chrìstos Michailìdis. casa ad Assisi nella quale è stata sequestrata un’urna cineraria etrusca, Rodolfo Giovinazzo, restauratore, già finito in passato agli arresti domiciliari nell’ambito di un’altra inchiesta e poi tornato in libertà. L’ultimo colpo di Symes sul mercato antiquario, per fortuna sventato, è stato quella che i giornali hanno soprannominato la “maschera d’avorio” (fig. 11)15, il volto in avorio di una scultura risalente al III secolo a.C. I Carabinieri l’hanno recuperata a Londra nel 2003, a conclusione di un’indagine tra Inghilterra, Germania, Svizzera, Cipro e Italia. Le indagini erano iniziate nel ottobre 1994, quando i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale avevano partecipato insieme ai loro omologhi tedeschi ad un’operazione internazionale di polizia a Monaco di Baviera, scoprendo e sequestrando centinaia di reperti archeologici provenienti dall’Italia centro-meridionale, alcuni dei quali provenienti da un furto al Museo Archeologico di Melfi. Si è così fatta luce su tutta la vicenda: la “maschera d’avorio” era stata illegalmente scoperta e trafugata agli inizi degli anni ‘90 dal tombarolo Pietro Casasanta (fig. 16) nelle rovine di una villa romana ad Anguillara Sabazia, vicino Roma, nei pressi delle cosiddette “Terme di Claudio”. Da lui era passata nelle mani di un ricettatore, un italiano da anni residente in Germania e che lì aveva messo in piedi una vera e propria organizzazione criminale nel settore del commercio illegale dei reperti archeologici. Egli, a sua volta, l’aveva venduta a Robin Symes per 10 milioni di dollari. L’antiquario londinese secondo le stime avrebbe potuto rivenderla ad un prezzo cinque volte più alto. Preso 15 C. Todeschini, P. Watson, Familiar route out of Italy for looted ivory head, Culture Without Context, 12, 2003. 30 alle strette ha, invece, dovuto accettare di restituirla all’Italia. Il 20 gennaio 2005, al termine di un restauro curato dall’Istituto Centrale per il Restauro del Ministero dei Beni Culturali, l’opera è stata esposta in una mostra appositamente organizzata nella Sala delle Bandiere del Quirinale, inaugurata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in persona16. Tra le tante opere reclamate dall’Italia al Getty Museum troviamo alcuni grandi capolavori come una statua di bronzo maschile, raffigurante un atleta, opera dello scultore greco Lisippo (fig. 12, 13), nota come Atleta di Fano17, e la cosiddetta Venere o Afrodite di Morgantina18 (fig. 14). Cominciamo dall’opera nota con diverse denominazioni (“Atleta di Fano”, “Bronzo del Getty”, “Giovane Vittorioso”), ciascuna con una diversa connotazione ideologica, volte le une a sottolinearne la sua reale provenienza, le altre a farla dimenticare e a legittimarne il possesso da parte del Getty Museum. Si tratta di una statua di bronzo di circa 1,51 metri di altezza e del peso di 48-50 chili. La testa, le braccia, le gambe ed il corpo sono state fuse in pezzi separati, secondo il procedimento “a cera persa”, e poi saldati insieme. La statua rappresenta un giovane nudo, forse un vincitore ritratto nell’atto di incoronarsi con una corona di olivo come quella dei vincitori delle antiche Olimpiadi. All’interno della statua sono stati trovati, misti ad argilla, dei residui organici, tra cui noccioli di olive, che hanno permesso di datare l’opera, tramite l’analisi degli 16 L. Godart, S. De Caro (a cura di), Nostoi. Capolavori ritrovati: mostra Roma, Palazzo del Quirinale, Galleria di Alessandro VII, 21 dicembre 2007 - 2 marzo 2008, Roma 2007. 17 A. Viacava, l’Atleta di Fano, Roma 1994. 18 AA.VV., Aphrodite, Culture Without Context, 11, 2002. 31 isotopi del carbonio C14, ad un periodo tra il secondo quarto del IV sec. a.C. e l’inizio del II sec. a.C. L’opera è considerata probabilmente uno dei rarissimi originali di bronzo attribuibili allo scultore greco Lisippo. Nato a Sicione, nel Peloponneso, tra il 390 e il 385 a.C. e attivo artisticamente fino al 305 a.C., fu il prolifico autore, secondo Plinio, di circa 1.500 opere. Insieme al pittore Apelle fu ritrattista ufficiale di Alessandro Magno, che conosceva sin dal 343 a.C., quando Filippo di Macedonia lo aveva voluto a corte, proprio insieme ad Apelle e al filosofo Aristotele, per contribuire all’educazione del suo giovane figlio Alessandro, futuro dominatore del mondo. La statua, come hanno appurato le successive indagini, fu scoperta nell’agosto del 1964 nel Mare Adriatico, tra Rimini e Ancona, nei pressi di Fano, dal peschereccio fanese “Ferri Ferruccio”. È possibile che la statua in antichità si trovasse proprio ad Olimpia e che sia finita in mare, per un naufragio o una tempesta, durante la traversata dell’Adriatico verso l’Italia, forse alla fine del I secolo a.C., quando con la conquista romana della Grecia le opere greche cominciarono ad essere molto richieste sul mercato romano. I pescatori, invece di denunciare il ritrovamento alle autorità, provarono a venderla sul mercato clandestino: la statua iniziò così il lungo cammino che l’avrebbe portata al Getty Museum di Malibù. Passò prima nelle mani di Giacomo Barbetti, un modesto antiquario di Gubbio, in Umbria, che la comprò dai pescatori di Fano per l’equivalente in lire di meno di 4.000 dollari. Lui stesso andò a prenderla a Fano e se la portò da lì fino a Gubbio, nascosta in un furgoncino per la frutta. A Gubbio, dove per qualche tempo la tenne nascosta nel sottoscala di una sacrestia, la statua fu vista e acquistata da Elie Borowski, collezionista e commerciante 32 Gli eventuali reati connessi all’esportazione illegale della statua. nei pressi della costa italiana.C. ma. la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura in base all’art. al contempo. e che quindi non era una copia romana. per estinzione del reato. Tre anni dopo. chiedendo la confisca della statua. la ritroviamo esposta al Getty Museum. infatti. Nel 2002 l’Archeoclub di Fano e l’associazione marchigiana “Cento Città” hanno chiesto con un appello al Getty Museum. in quanto esportata e detenuta illegalmente dal Getty. ha respinto la richiesta ed ha accolto. l’atleta di Fano lasciò segretamente il territorio italiano. in particolare a Fano. verso il mese di aprile del 1965. Daniele Barberini. della Statua di Lisippo e hanno presentato. Anche se ciò fosse vero. Così. Nel 1971 fu acquistata dal mercante d’arte di Monaco Heinz Herzer.d’arte di Basilea. doveva essere notificata alle autorità italiane e ne doveva essere richiesta l’autorizzazione per l’esportazione. Herzer la fece anche sottoporre ai primi restauri e alle prime analisi. la statua è comunque uscita dal nostro paese illegalmente: essendo sbarcata in Italia. un esposto alla Procura della Repubblica. ma un originale greco. grazie alle quali nel 1974 si dimostrò che la statua risaliva al IV secolo a. al Governo dello Stato della California e al Governo degli Stati Uniti.000 dollari. attraverso la società Artemis Group. su cui vertono le accuse formulate dal PM Silvia Cecchi a carico dei pescatori Romeo Pirani e 33 . per 700. Nel novembre del 2007 il Giudice per le Indagini Preliminari di Pesaro. la restituzione all’Italia. Per la prima volta la si attribuì direttamente a Lisippo. nel 1977. che nella stessa scheda dell’opera ammette esplicitamente che la statua è stata trovata in mare. secondo i responsabili del museo. 409 del Codice di procedura penale. in acque internazionali. invece. A ciò si aggiunga che alcuni degli indagati sono intanto morti. sono state sollevate delle interrogazioni regionali e interpellanze parlamentari. Per questo secondo il GIP “deve ritenersi il Museo Getty estraneo ai reati ipotizzati e non è possibile. sono infatti prescritti. Parallelamente è iniziata una mobilitazione delle associazioni. che ha escluso il reato di ricettazione “con riferimento a tale bene. negli oltre dieci anni di affari. dalla connection Medici-Symes-True è.Guido Ferri e degli antiquari e commercianti umbri Pietro. della città di Fano e della Regione. Il PM Silvia Cecchi ha presentato ricorso in Cassazione. e dall’altro la circostanza che il museo ha acquistato la statua dopo che è intervenuta la sentenza della Corte d’Appello di Roma”. Tutto. senza alcun esito. che secondo il giudice non si può escludere fosse all’oscuro della provenienza illecita dell’opera. sono passate delle mozioni del Consiglio Comunale e Provinciale e sono state rilasciate dichiarazioni favorevoli a Fano dall’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali on. per ora. per insufficienza di elementi circa l’esistenza del reato presupposto”. Nessuno è quindi sinora mai stato condannato per la questione dell’atleta di Fano. con la raccolta di migliaia di firme e appelli a mezzo stampa. escludere con certezza la buona fede dei rappresentanti del suddetto museo”. Il Giudice per le Indagini Preliminari ha dichiarato che “I dati certi che emergono dagli atti del procedimento sono da un lato l’estraneità del Museo Getty al ritrovamento e all’esportazione dal territorio nazionale della scultura. Rocco Buttiglione. in questa sede. Il più grande colpo messo a segno. 34 . Pienamente assolto anche il Getty Museum. Fabio e Giacomo Barbetti. stando alle analisi.C. La statua. magistrato di Palermo nonché appassionato di storia della Sicilia antica19. che la prese in consegna nella sua galleria d’arte di Ginevra. La statua giunse senza problemi a Lugano. Tra il 1977 ed il 1979 dei tombaroli la scoprirono in Sicilia. da uno scultore di scuola fidiaca. La statua fu realizzata tra il 425 a. il resto del corpo in un tufo calcareo. Guida alla città di Aidone e agli scavi di Morgantina.20 metri di altezza. Palermo 1983. 35 . di 2. Raffiotta. Raffiotta. ufficialmente di professione cambiavalute. A svelare e ricostruire tutta la sua oscura vicenda è stato Silvio Raffiotta. C’era una volta Morgantina. Trovatolo appena pochi giorni dopo. in località San Francesco. 19 S. svelato che esso proviene dalla Sicilia. Raffiotta. infatti. per 400mila dollari a Robin Symes. che ufficialmente trasportava mobili. Enna 1996. A volte ritornano. non si fecero scrupoli di spezzare la statua in tre tronconi per portarla via. nei pressi di Enna. A sua volta Canavesi la vendé poi.come accennato. È stato proprio il tufo uno degli elementi utili a svelare la provenienza della statua. Il volto e le braccia sono scolpiti in marmo greco. che la comprò per una cifra non svelata dalle indagini. che rappresenta la dea vestita con un ricco e raffinato panneggio. Le analisi hanno. ma anche a documenti e testimonianze. S. ed il 400 a. era anticamente collocata nell’agorà di Morgantina. dove passò nelle mani del trafficante italiano Renzo Canavesi. dall’effetto bagnato. Si tratta di una statua femminile di marmo. La caricarono quindi su un camion diretto in Svizzera. S. per mettersi in cerca di un acquirente. nell’attuale provincia di Enna.C. nei pressi di Aidone. la cosiddetta Venere di Morgantina (fig. Enna 2003. 14). e la fotografarono subito con una polaroid. Los Angeles Times. attraverso una casa d’aste londinese. i quali hanno. Frammolino. che riferiva di opere d’arte antica trovate in Italia e inviava le foto alla curatrice del Gety Museum. tra l’altro. gestito all’epoca da Marion True. Lettere come questa: «Cara Marion. che affermava di essere stato in possesso della statua dal 1939. a questo scopo. Con il falso pedigree Symes nel 1998 poté vendere senza problemi la statua al Getty Museum. una dichiarazione di un architetto italo-svizzero. cioè prima dell’entrata in vigore della legge Bottai. che lo comprò per 18 milioni di dollari. Patina magnifica.Fu Symes a gestire. Forse é Turno! Non é grecogreco.000 dollari. Los Angeles Times.5 cm. 36 . Sinceramente. Trovato vicino a Cuma. Frammolino. Getty kept items to itself in probe. J. R. A contribuire a far luce su tutta la vicenda è stata anche un’inchiesta giornalistica condotta in America da due giornalisti del “Los Angeles Times”: Ralph Frammolino e Jason Felch20. ma é grande. con cui veniva sancita in Italia la proprietà pubblica di ogni reperto archeologico che da quel momento in poi fosse stato scoperto nel territorio italiano. Altezza 23. spero che tu abbia questo quando ricevi la lettera. noto trafficante internazionale di reperti archeologici. Felch. 25 settembre 2005. proponendone l’acquisto. Documents show. non é etrusco. 275. Felch. Getty had signs it was acquiring possibly looted art. Alla lettera era allegata una fotografia della testa di una 20 J. R. Essi hanno scovato e pubblicato sulle pagine del “Los Angeles Times” cinque lettere scritte a Marion True da Robert Hetch. l’operazione più importante: fornire alla statua un falso pedigree che le consentisse di passare dal mercato clandestino a quello ufficiale: si procurò. Bob». a quel punto. per disperdere ulteriormente le tracce. 2 settembre 2005. scoperto che la Venere di Morgantina sarebbe stata pagata dal Getty Museum ben 18 milioni di dollari. ].statua raffigurante Turno. L’ho vista arrivare. 47. Io non sono certo che provenga proprio da Morgantina. Marion True. 6 dicembre 2006. Settis: pace in vista con il nuovo Getty Ci accorderemo sulle opere da restituire. È stata la prima condanna del genere per l’esportazione clandestina di opere d’arte dall’Italia.. pag. E la natura dell’acquisto era più che sospetta.. guarda che questa opera è nostra [. Arte contesa. prove schiaccianti contro i due imputati nel processo. re dei Rutuli. In quel momento nessun archeologo americano si faceva scrupoli ad acquistare da un tombarolo. Dimostrano. La magistratura italiana ha chiesto subito l’acquisizione e la traduzione delle lettere scoperte dai giornalisti americani. Lo dissi subito a Marion True. Corriere della Sera. erano consapevoli della provenienza illecita delle opere che acquistavano. infatti. contro il quale secondo la leggenda Enea aveva combattuto al suo arrivo in Italia. 21 P. Il 5 marzo 2001 il Tribunale di Enna ha condannato Renzo Canavesi a 2 anni di reclusione e al pagamento di 40 miliardi di lire di risarcimento allo Stato Italiano: 20 miliardi per il valore stimato della statua. negli ultimi anni già Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. 37 . oltre che Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha raccontato: «Quando Marion True ha comprato la Venere di Morgantina io ero là. L’ha confermato in diverse interviste anche l’archeologo Salvatore Settis. gli altri 20 per danni morali. Era considerato prevalente l’interesse del Museo»21. ma che venisse dall’Italia non c’era alcun dubbio. che sia il Getty Trust che la curatrice del museo. che in quegli anni era borsista presso il Getty Museum. invitato come Getty Scholar. Fallai. in una lettera indirizzata al Ministro Rutelli Michael Brand. all’epoca. Francesco Rutelli.Ma un’indubbia responsabilità grava anche sulle autorità italiane. Dopo una lunga trattativa. Venerdì 10 novembre 2006 a Roma. L’Italia chiedeva la restituzione di 52 opere. quantomeno superficiale: nell’agosto del 1987. replicava chiedendo stavolta al Getty Museum la restituzione non 38 . il cui comportamento fu. direttore del Getty Museum. il 20 novembre 2006. L’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli. a qualche giorno di distanza. l’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali. ribadiva il suo rifiuto a restituire le 52 opere reclamate dall’Italia e proponeva di chiudere il contenzioso con la restituzione delle sole 26 opere per le quali le parti avevano già sottoscritto un accordo bilaterale il 5 ottobre 2006. cioè di escluderlo da tutte le collaborazioni culturali con l’Italia. la disputa tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Getty Museum si è chiusa con la firma di un faticoso accordo. che rappresentava il Ministero dei Beni culturali nel contenzioso con il Getty Museum. L’Italia. ritenendole essere state portate via illegalmente dal territorio italiano. minacciava il Getty Museum di un embargo culturale. affatto risolutivo della negoziazione. chiarì che quel documento sottoscritto non era altro che un preliminare. il governo italiano rispose che non c’erano notizie di una sua provenienza illecita. mentre Presidente del Consiglio era Giuseppe Goria e Carlo Vizzini Ministro dei Beni Culturali. intervenendo ad un convegno organizzato dal FAI. se non avesse accettato di restituire tutte le opere illegalmente sottratte al nostro paese. di fronte alla richiesta americana di informazioni sulla Venere di Morgantina. Dieci giorni dopo. di cui è utile ricostruire la storia. ma. Di ritorno dagli Stati Uniti. ricordando che negli ultimi venti anni il museo californiano ha prestato all’Italia più di 80 opere. ma non lasciava nessuno spiraglio di trattativa sull’atleta bronzeo di Lisippo. Miachel Brand replicava con una formale apertura. in realtà. concedendo finanziamenti e borse di studio. anzi auspicava la ripresa del dialogo. anche l’Italia. James N. Inoltre nei toni Rutelli non parlava più di embargo né minacciava provvedimenti contro il museo californiano. ribadendo le sue posizioni: si diceva disposto a riprendere le trattative e ad incontrare Rutelli e sottolineava che una interruzione della collaborazione tra il Getty e l’Italia avrebbe danneggiato entrambi. Brand. ma di 46 opere d’arte trafugate illegalmente dall’Italia ed esposte nel museo americano. cioè il doppio di quelle che l’Italia ha prestato al Getty. però. e ha contribuito a numerosi progetti di collaborazione tra i due paesi. Wood. fermo sulla richiesta di restituzione dei due maggiori capolavori italiani esposti al Getty: la Venere di Morgantina e l’Atleta di Fano. Intanto al Getty Trust c’era un nuovo presidente. Rutelli convocava la stampa a Roma. dunque. confermava la sua disponibilità a restituire 26 opere. in particolare con il Museum of Fine Arts (MFA) di Boston e con il Metropolitan Museum di New York. perché nel frattempo gli esperti italiani si erano convinti che le restanti 6 opere potevano anche provenire da qualche altro paese. ad effettuare ulteriori ricerche sulla provenienza della Venere di Morgantina.più di 52. Il 29 novembre 2006 Rutelli volava negli Stati Uniti per chiudere accordi con altri musei americani. la mattina di mercoledì 20 dicembre 2006. per fare il punto della situazione sul braccio di ferro con il Getty Museum e lanciava un ultimatum: o la restituzione di tutte le opere richieste 39 . restando. a Palazzo Massimo. Giuseppe Proietti. alla presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Francesco Rutelli. con prestiti di lunga durata dall’Italia al Getty di opere d’arte significative. Accordo poi siglato il 25 settembre 2007 a Roma. mostre e attività espositive incentrate su questa statua. o rottura delle trattative. progetti congiunti di ricerca. nel palazzo in via del Collegio Romano dal Segretario Generale del Ministero. L’accordo prevede la restituzione di 40 opere d’arte dal Getty all’Italia. e il Getty Museum. il Ministro spiegava che per 9 opere non ci sono elementi per chiederne la restituzione. e del direttore del Getty Museum. d’intesa con la Regione Sicilia. Quanto alle altre opere di cui l’Italia aveva inizialmente richiesto la restituzione. molte meno delle 52 chieste inizialmente dall’Italia e anche delle 46 chieste in un secondo momento e per le quali il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si era anche costituito parte civile nelle 40 . In virtù dell’accordo in pratica il Getty ha restituito soltanto 39 opere.dall’Italia. un’ampia collaborazione culturale tra l’Italia e il museo americano. mentre per altre 3 di esse (un’armatura di cavallo bronzea. compresa la Venere Morgantina e l’Atleta di Fano. Dopo sette mesi di pressoché totale silenzio. di conservazione e di restauro. un gruppo scultureo con un poeta e due sirene. Le opere sono rientrate in Italia a fine 2007. mostre. in quanto il Getty aveva programmato. già prima degli accordi. Michael Brand. in piena estate e senza eccessiva enfasi. tranne una: la Venere di Morgantina. il 1 agosto 2007 arrivava l’annuncio del raggiungimento dell’accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. che resterà al Getty Museum fino al 2010. una statuetta femminile in legno) se ne riparlerà alla luce delle risultanze scientifiche. sia per gli scandali che hanno colpito il presidente del Getty Trust. nessuno. il cui testo complessivo non viene reso noto dalle autorità italiane. oltre che dall’azione diplomatica dell’Italia. non tanto per l’accusa di aver partecipato 41 . Nell’euforico clima di collaborazione. ma senza alcuna garanzia per l’Italia che il Getty si adegui alla sentenza. una perfetta media matematica tra le 26 che Brand si era detto sin dall’inizio disposto a restituire e le 52 opere che erano state chieste dall’Italia. mentre resta in piedi il procedimento penale. né vincolando i prestiti da parte dell’Italia alla decisione che il Getty prenderà riguardo alla statua. l’Atleta di Fano.inchieste condotte dal PM Paolo Ferri. Barry Munitz. È un compromesso politico. sia per le polemiche che hanno coinvolto negli Stati Uniti Marion True. è stato senz’altro reso possibile. Tra le opere che restano nel museo californiano c’è anche la più preziosa. lo Stato italiano si ritira dalla causa civile. Per questa statua l’accordo prevede di rinviare ogni discussione all’indomani dell’esito del procedimento giudiziario in corso a Pesaro. infatti. Marion True. a proposito della quale pochi mesi prima lo stesso Rutelli aveva dichiarato che i verbali dei carabinieri dimostravano che la statua era stata pescata in acque italiane al largo di Pesaro. sembra aver voglia di discutere delle altre centinaia di opere e reperti archeologici provenienti dall’Italia e in possesso del Getty Museum. in base all’accordo. L’accordo. nel processo che in Italia la vede accusata di associazione per delinquere e ricettazione di beni archeologici. che. dalle difficoltà interne al Getty Museum e dal calo di credibilità del museo. inoltre. L’accordo alleggerisce anche la posizione dell’ex curatrice del Getty Museum. L’avvocato di Stato Maurizio Fiorilli spiega. accusato di appropriazione indebita di fondi della fondazione. ma a condizioni vantaggiose. 24 LTBC). nel caso esso sia il frutto di scavi o scoperte archeologiche o paleontologiche. nuove norme federali. 42 . pur cedendo una piccola parte del suo immenso patrimonio. La vicenda del Getty dimostra anche che la Svizzera è stata per lungo tempo una nazione tollerante in materia di commercio di antichità e che spesso ha costituito un luogo di transito delle opere di provenienza illecita. 25 OTBC) nella quale fornisce indicazioni dettagliate sul tipo di bene culturale. cioè ottenendo di restituire solo 39. state varate la Legge sul Trasferimento internazionale dei Beni Culturali (LTBC) e l’Ordinanza di esecuzione (OTBC).per 20 anni ad un traffico illecito internazionale di antichità. trattenendo l’atleta di Fano. Negli ultimi anni. insomma. infatti. tale atteggiamento sembra essere in parte cambiato. più severe. contrastando il furto. Le dichiarazioni inesatte e. Il Getty ha. con le quali la Svizzera vuole fornire un contributo alla tutela del patrimonio culturale dell’umanità. l’importazione e l’esportazione illecita di beni culturali. preferito chiudere l’accordo.000 dollari da un mercante d’arte greco con cui aveva fatto affari a nome del Getty. sul luogo di produzione e. le importazioni illecite sono punibili per legge (art. Nel 2005 sono. tuttavia. sul luogo di ritrovamento. sull’importazione e sul transito di beni culturali. di conseguenza. e ottenendo un certo ammorbidimento della posizione giudiziaria della True. In base alle nuove norme chi importa in Svizzera un bene culturale deve fornire una dichiarazione doganale (art. ma per avere accettato un prestito di 400. Deve inoltre indicare se l’esportazione del bene culturale da uno degli Stati contraenti della Convenzione UNESCO 1970 è soggetta ad autorizzazione secondo la legislazione di tale Stato. Fondamentale è quindi il primo accordo bilaterale sulla circolazione dei beni culturali sottoscritto il 20 ottobre 2006 da Svizzera e Italia. agiscono quasi sempre in un sistema di organizzazioni criminali ben strutturate.Un’importazione è considerata illecita se infrange i provvedimenti del Consiglio federale o se viola una convenzione bilaterale. Il caso Getty ha infine dimostrato che. Ai primi quattro gradini della piramide abbiamo. finisce prima nelle gal- 43 . oltre a quelle acquistate dai collezionisti privati. A parte il caso che il primo scalino sia talvolta costituito non da tombaroli o da ladri ma da qualche scopritore occasionale che non denuncia il ritrovamento. A tentare di contrastare le azioni di queste organizzazioni criminali sono sia le Soprintendenze Archeologiche. entrato in vigore il 27 aprile 2008. Gran parte di queste opere d’arte. il ricettatore. il riciclatore e il trafficante. attraverso gli strumenti della tutela. dal tombarolo al mercante d’arte e al gallerista. le cosiddette archeomafie. in Italia e all’estero nei traffici illeciti delle opere d’arte operano diverse figure e a diversi livelli. tutti i primi livelli che abbiamo appena elencato. partendo dal basso: il ladro o il tombarolo. il ricettatore e il riciclatore. che utilizzano i traffici di opere d’arte sia come fonte di lucro che come strumento per ripulire denaro sporco. accompagnate da false attestazioni e certificazioni che ne nascondono la provenienza illecita. vendendo all’asta opere d’arte antica. che specifici settori delle forze dell’ordine. rendendosi quindi comunque autore di un comportamento illecito. il ladro o il tombarolo. con risorse umane ed economiche purtroppo assolutamente inadeguate alle dimensioni enormi del fenomeno criminale da combattere. lerie e nelle case d’asta in Europa e poi nei musei degli Stati Uniti. che non esige la chiara dimostrazione della provenienza lecita delle opere vendute o acquistate. che a loro volta avevano rapporti direttamente con i tombaroli. imballati in casse della casa d’aste londinese Christie’s. soprattutto dell’Italia meridionale ma anche dell’area etrusca. ha permesso di svelare un altro trucco utilizzato dai commercianti d’arte per legalizzare il possesso delle opere che acquistavano sul mercato clandestino. hanno consentito agli inquirenti di ricostruire il funzionamento della connection Medici-Symes-True. distribuiti in diverse regioni. come abbiamo visto. cui le opere arrivavano da una serie di piccoli fornitori locali. che gli ha permesso di arricchire rapidamente e straordinariamente le collezioni del museo. il principale acquirente al mondo di opere d’arte antica. attuando sin dalla sua nascita. anche a causa di una normativa tollerante in questi paesi. ma provocando gravi danni ai contesti delle opere e al patrimonio culturale dei paesi di provenienza. tramite Medici. Il ritrovamento di centinaia di reperti archeologici e opere d’arte antica nella villa di Schinoussa. 44 . che secondo l’accusa avevano creato una vera e propria rete internazionale di traffici di opere di non chiara provenienza. nei decenni passati. una politica degli acquisti priva di qualsiasi remora etica. Si è accertato che Symes è stato uno dei maggiori fornitori del Getty Museum e che la maggior parte delle opere da lui trattate provenivano illegalmente dall’Italia. cioè metterle all’asta e riacquistarle. Le opere scoperte nella villa della True a Paros e di Symes a Schinoussa. ma soprattutto l’archivio qui trovato. Da parte sua il Getty Museum è stato. pur rimanendo in realtà tossico come prima. Giro di bolla. mentre i rifiuti. una volta formalmente in regola. pubblicizzavano le opere sia sui cataloghi di Christie’s. La guerra dei rifiuti. 45 . Per i reperti archeologici Symes e Michailidis usavano più o meno lo stesso sistema: materialmente spesso non muovevano neanche le opere dai loro magazzini. facendo presentare offerte sempre più alte fino al prezzo desiderato: niente di più facile. grazie alla riservatezza garantita dalle case d’asta. sempre grazie a questo meccanismo. M. condotta nel 1998 dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere: il rifiuto viene portato. ad un centro di stoccaggio o in un’altra fabbrica. innanzitutto. dal luogo di produzione.Il trucco utilizzato è una specie del già ben noto meccanismo del “giro di bolla” 22. realmente o persino fittiziamente. Bandera. in quanto legalmente acquistate all’asta. Montalto (a cura di). per cui questa operazione costava solo la percentuale dovuta alla casa d’aste. il Giorno. Si può arrivare addirittura a far girare solo le carte. inoltre. dove viene dotato di una nuova bolla di accompagnamento e declassato da rifiuto pericoloso a non pericoloso. Acquistandola all’asta potevano. decidere di far crescere artificiosamente il valore di mercato di un’opera. Roma 2007. come dimostrato ad esempio dall’operazione Cassiopea. partono direttamente per discariche legali o abusive. in quanto venditore e acquirente coincidevano. ecco il meccanismo diabolico. sia grazie all’eco mediatica mondiale che ne accompagna la vendita: pubblicità che a sua volta faceva aumen- 22 G. utilizzato dalle ecomafie per lo smaltimento illecito di rifiuti tossici. Infine. Semplicemente attraverso movimenti fittizi riuscivano. ad esempio da una fabbrica. Poi. facevano perdere traccia e memoria della loro provenienza illecita. venerdì 13 giugno 2008. a legalizzare il possesso delle opere. successiva vendita ai musei americani e ai collezionisti d’arte di tutto il mondo. grazie alle sedi che alcune gallerie hanno appositamente sulle opposte sponde dell’Oceano Atlantico. nel caso della Grecia. mirante ad esaltare la bellezza dell’antico. deposito provvisorio in Svizzera oppure. riciclaggio e legalizzazione del possesso delle opere. I documenti scovati dalle autorità britanniche. greche e italiane. accaparran- 46 . Ciò ci fornisce alcune indicazioni sulla ideologia alla base della la politica degli acquisti del Getty a partire dagli anni ’70 e sull’evoluzione di tale politica nel corso dei successivi decenni. La maggior parte delle opere acquistate dal Getty Museum sul mercato internazionale proveniva illecitamente dall’Italia. nonché pubblicità. infatti. In certi casi si evitava il passaggio all’asta. la visione dell’antico da parte dei diversi curatori del Getty Museum. Nella scelta della tipologia di opere che ricercavano sul mercato si rivela. hanno. a Symes e a True erano consapevoli di questo giro e della provenienza illecita delle opere. dalla Grecia e dagli altri paesi mediterranei toccati dalla civiltà greco-romana. dunque. Queste indagini per la prima volta hanno. attraverso una vendita all’asta in Gran Bretagna più o meno fittizia. a Medici. e si inviava l’opera direttamente dalla Svizzera agli Stati Uniti. accomunati tutti da un approccio di tipo estetico e tesauristico. fornito prove inoppugnabili dei percorsi seguiti dalle opere d’arte sottratte illegalmente all’Italia e alla Grecia: furti e scavi clandestini nei due paesi. infine.tare il valore di mercato delle opere e aiutava a trovare veri acquirenti. nella villa di Symes a Schinoussa. dimostrato che tutti i livelli della connection. dal tombarolo. di una informazione archeologica e storica. che non mirava semplicemente alla diffusione della conoscenza dell’antico tramite l’acquisizione e l’esposizione di manufatti portatori di un contenuto culturale. Motivazione non dissimile da quella che ha spinto Napoleone alla spoliazione dell’Egitto e Hitler alla razzia di opere d’arte in tutta Europa per il Museo del Terzo Reich. ma anche di altri musei americani. cioè al bello e al prezioso. Questo approccio ideologico imperialista del museo americano. e tesori (ori. ma a stupire e meravigliare il pubblico con la grandiosità e la pregevolezza delle opere esposte. nei paesi del Mediterraneo maggiori de- 47 . ma prive del loro messaggio culturale in quanto avulse dal contesto storico-culturale di ritrovamento.dosi opere d’arte di alto livello espressivo. volta alla raccolta.) capaci di testimoniare lo splendore delle grandi civiltà del passato. è corrisposta una politica degli acquisti del Getty Museum. attingendo ai paesi con le maggiori testimonianze della civiltà greco-romana. soprattutto dagli anni ’80. della civiltà occidentale. al possesso e all’esibizione dei grandi capolavori dell’arte prodotti da quelle civiltà. gioielli etc. si traduceva in una politica degli acquisti consistente né più e ne meno che in una caccia al tesoro. A questo ruolo che gli Stati Uniti che hanno voluto impersonare nello scenario geopolitico mondiale. nell’epoca contemporanea. per fare del musei un luoghi-simbolo del passaggio di testimone tra la civiltà greco-romana e quella americana. erede delle civiltà che ne sono alla base e che hanno dato origine alla democrazia. quasi nuovo faro. quale erede delle civiltà greca e romana. Questa visione sembra fortemente condizionata anche da un approccio ideologico che tende implicitamente all’esaltazione imperialista della civiltà americana. Dagli anonimi tombaroli siciliani a Renzo Canavesi. a Robin Symes. non è né più e né meno che un tombarolo dal colletto bianco. a Marion True: è questo il giro di mani per le quali è passata la Venere di Morgantina. come hanno dimostrato le indagini e soprattutto gli scambi epistolari tra la sua curatrice Marion True ed alcuni trafficanti italiani. Chiunque è coinvolto in questo giro è colpevole: anche se parla inglese. ha reso il museo americano consapevolmente complice. primi tra tutti la Grecia e l’Italia. ma solo con persone raffinate come Medici o Symes. 48 . cui lascia gestire i contatti con chi fa il lavoro sporco. sono tutti consapevoli della provenienza illecita dell’opera che stanno trattando. Passaggi indispensabili. al piccolo intermediario locale. Ma un elemento li accomuna tutti quanti: dal tombarolo.tentori delle grandi espressioni artistiche della civiltà greca e romana. frequenta i salotti buoni. beve champagne e finanzia persino iniziative umanitarie. mangia caviale. al gestore dell’asta. Questa politica degli acquisti da parte dei curatori del Getty Museum che si sono succeduti dagli anni ’70 ad oggi. un giro simile a quello che hanno fatto e fanno tante altre opere illegalmente sottratte al nostro patrimonio culturale. di soggetti criminali che in Italia operavano in violazione della normativa sulla tutela del patrimonio archeologico. perché proprio passando di mano in mano si fanno perdere le tracce della provenienza illecita della statua e si tiene l’acquirente finale a riparo da rapporti compromettenti. al curatore del museo straniero. al mercante internazionale. Il primo e l’ultimo anello della catena in questo modo non si conoscono e non si incontrano mai: una persona come Marion True non tratta mai direttamente con i tombaroli. si tratta.200 esposte e la maggior parte delle quali mai esposta al pubblico. di cui appena 1. portate a termine negli anni scorsi. una quantità irrisoria delle circa 44. Accordi che. che intanto hanno messo in atto sempre più efficaci politiche e azioni di contrasto e di repressione degli scavi clandestini e dell’ esportazione illecita del patrimonio culturale. d’altra parte. Quella che il Getty restituisce all’Italia è. così. convengono notevolmente al museo americano.Nell’ultimo decennio la politica degli acquisti del Getty Museum e l’atteggiamento verso il nostro paese è parzialmente cambiata. talvolta decennali.000 opere d’arte e reperti archeologici che possiede. per la maggiore difficoltà di rifornimento di antichità dall’Italia e dalla Grecia. molte meno delle 52 chieste inizialmente dall’Italia e anche delle 46 chieste in un secondo momento e per le quali il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si era anche costituito parte civile. per diversi motivi. hanno spinto spesso il Getty a cercare di chiudere i contenziosi con degli accordi. Come abbiamo detto. quasi tutte di provenienza ufficialmente sconosciuta. Innanzitutto gioco forza. della media matematica tra le 26 opere che Brand era disponibile a restituire e le 52 chieste dall’Italia. D’altra parte per avere un’idea della reale portata del patrimonio sottratto ai legittimi proprietari dai fornitori del Getty Museum basta pensare alle migliaia di reperti le cui foto sono state scoperte negli archivi di Medici a Ginevra e in quelli di Symes e Michailidis a Schinoussa. Inchieste giudiziarie. Ad esempio quello raggiunto nel 2007 con l’Italia. di un compromesso politico. opere provenienti quasi tutte dall’Italia e dalla Grecia. infatti. il Getty ha il doppio vantaggio di chiudere un conten- 49 . in virtù del quale il Getty restituisce soltanto 39 opere. Con l’accordo per la restituzione di queste 39 opere. anzi acquistando una sorta di credito verso l’Italia. 50 . Il mondo grecoromano ha così perso il primato tra gli interessi del pubblico americano (come confermano anche i flussi turistici che dall’Europa si stanno sempre più spostando verso altre realtà) e dunque anche tra le priorità degli acquisti del Getty Museum. è seguita immediatamente una spinta alla globalizzazione delle collezioni e delle esposizioni dei grandi musei americani. altre opere di pari valore. infatti. come dimostrano le acquisizioni e le mostre temporanee degli ultimi anni. alla globalizzazione dei mercati e dell’area di interesse statunitense. soprattutto dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 alle Twin Towers. Da faro della civiltà occidentale. come punto di riferimento di tutti i paesi del mondo. provocato a sua volta da un mutamento degli interessi culturali e politici americani. ha portato con sé la riscoperta delle culture di mondi lontani e la curiosità di conoscerne le loro antiche civiltà. si stanno spostando verso altre aree del mondo. che. La globalizzazione. connesso al fenomeno della globalizzazione e alla conseguente mutata percezione del ruolo degli Stati Uniti nel mondo. a faro della democrazia e della libertà in generale. erede delle grandi civiltà greca e romana. è stato anche un cambiamento di preferenze negli acquisti da parte del Getty Museum e degli altri musei americani. gli Stati Uniti hanno iniziato ad assurgere negli anni 2000. Essendo un museo lo specchio dell’epoca e della società che lo ha prodotto e della sua ideologia.zioso senza dover versare alcun risarcimento economico. contro il pericolo comunista. che si è impegna a concedergli in prestito. Ma a condizionare l’esito del contenzioso tra il Getty e l’Italia. in cambio delle opere restituite. oltre alle inchieste giudiziarie. nuove straordinarie occasioni: sono le aree più povere del pianeta in Africa. 51 . rispetto a paesi divenuti meno convenienti e più rischiosi come l’Italia e la Grecia. Allo stesso tempo si aprono oggi anche nuovi mercati di vendita. dalla debolezza e dalla possibilità di eludere o corrompere gli addetti al controllo. ed infine grazie all’emergere 23 B. ai “tombaroli internazionali dal colletto bianco”.Parallelamente la globalizzazione ha anche aperto ai grandi trafficanti d’arte internazionali e ai loro clienti. l’accesso ai paesi del terzo mondo. che favorisce i traffici clandestini soprattutto dall’Europa Orientale all’Europa Occidentale. inoltre. tra cui i musei americani.E. C. che lasciano vaste aree prive di un controllo legale del territorio. diventati oggi i nuovi mercati di approvvigionamento di manufatti artistici e di antichità a basso costo e a basso rischio. H. infatti. e dalla conseguente minore incisività statistica dei controlli. La Tutela e la circolazione dei beni culturali nei paesi membri della C. ma anche grazie all’abbattimento delle frontiere nell’Unione Europea23.E. i traffici di opere d’arte sono agevolati dall’assenza in questi paesi di adeguate normative nazionali di protezione del patrimonio culturale. Biscaretti di Ruffia. Frigo. operando anche in pieno giorno. Asia e America latina. Reverdini. La globalizzazione offre. Atti del convegno di Milano 14 maggio 1990. M. Merryman. che qui possono approfittare delle condizioni di estrema povertà delle popolazioni locali per avere manodopera a basso costo: intere squadre di tombaroli che per qualche spicciolo. le nuove fonti di approvvigionamento delle archeomafie internazionali. Milano 1992. J. Spesso. grazie sempre alla globalizzazione e all’intensificarsi dei traffici commerciali con tutte le aree del pianeta. fanno il “lavoro sporco” e si accollano tutti i rischi del mestiere. dalla presenza di conflitti armati. e che premi invece innanzitutto i musei stranieri dai comportamenti più virtuosi ed etici. insieme all’imitazione dello stile di vita. con prestiti di opere in cambio di finanziamenti alle ricerche. anche il possesso di opere d’arte e di reperti archeologici provenienti dal ricco Occidente. Intanto per fortuna comincia a farsi strada anche in Svizzera. che ne ha favorito l’elaborazione attraverso l’Illicit Antiquities Research Centre di Cambridge e la diffusione attraverso la mostra fotografica e un ciclo di conferenze in vari paesi (fig. diventa uno status simbol al contempo di ricchezza e di cultura occidentale. Una collaborazione che però non dovrebbe tradursi in un premio ai musei che in passato ci hanno più saccheggiati. Uno dei più autorevoli fautori e propugnatori di queste esigenze è stato Colin Renfrew. nel mondo anglosassone e negli Stati Uniti. ma in una collaborazione che non ceda ai ricatti. quasi come in una sorta di ricatto. dotati di grandi risorse finanziarie e per i quali. che si traduca in una politica degli acquisti più attenta alla provenienza delle opere e in una nuova politica di collaborazione tra musei stranieri e paesi ricchi di beni culturali. né in uno scambio do ut des o una trattativa mercantile tra ciò di cui reclamiamo giustamente la restituzione e ciò che si pretende da noi in cambio. l’idea della necessità dell’affermazione di un’etica dei musei e della circolazione del patrimonio culturale.nei paesi in via di sviluppo di ceti dominanti filoccidentali. 52 .18). Abstract Tsao Cevoli. dalla Grecia e da altri paesi dell’area mediterranea. La loro richiesta di reperti archeologici e opere d’arte alimenta il quotidiano saccheggio del territorio italiano e arricchisce le organizzazioni criminali che gestiscono gli scavi clandestini. rendendoli degli oggetti muti.000 opere d’arte e reperti archeologici greci. danneggiano in modo irrimediabile i contesti di ritrovamento dei reperti archeologici. Una rete di commerci illeciti ha portato nei decenni scorsi centinaia di migliaia di opere d’arte e reperti archeologici dall’Italia a musei stranieri. Gli scavi clandestini. ma attraverso una serie di passaggi. Curatori e fornitori del Getty Museum sono stati recentemente al centro di indagini internazionali. Ro- 53 . come commercianti d’arte (come Giacomo Medici. Le opere non passavano mai direttamente dalle mani dei tombaroli a quelle dei curatori del museo americano. i furti e il traffico illecito internazionale di opere che sono sottratte al nostro paese e alla fruizione da parte della collettività. che hanno dimostrato la provenienza illecita ed il funzionamento del “sistema di approvvigionamento” delle opere d’arte. quasi tutti classificati ufficialmente come “di provenienza sconosciuta” ed in realtà provenienti dall’Italia. incapaci di rivelare il messaggio che la storia ha loro consegnato. Collezionisti e musei stranieri senza scrupoli sono pronti a sborsare cifre astronomiche per appropriarsene. inoltre. romani ed etruschi. come il Getty Museum. Il Getty Museum e l’esportazione illecita di antichità dall’Italia e dalla Grecia L’Italia possiede straordinari capolavori dell’arte antica. che oggi possiede circa 44. molti dei quali ancora sepolti nel terreno e sconosciuti. in modo da far perdere le tracce della loro provenienza illecita. connesso al fenomeno della globalizzazione che ha permesso una riscoperta delle culture di mondi lontani e ha fatto dei paesi del terzo mondo i nuovi mercati di approvvigionamento di antichità a basso costo e a basso rischio. Un accordo tra il Getty Museum e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano prevede ora la restituzione all’Italia soltanto di 39 opere: una cifra insignificante rispetto alle decine di migliaia di opere d’arte e reperti archeologici provenienti illecitamente dall’Italia ed in possesso del museo americano. 54 . Tutte le persone coinvolte in questo sistema erano consapevoli della loro provenienza da scavi clandestini. ma la maggiore difficoltà di rifornimento di antichità dall’Italia e dalla Grecia.bin Symes. che hanno adottato efficaci politiche di contrasto dell’esportazione illecita del patrimonio culturale. ed un mutamento degli interessi culturali e politici americani. Tuttavia la principale motivazione non è l’affermazione di un’etica degli acquisti. Questo accordo dimostra anche che nell’ultimo decennio la politica degli acquisti del Getty Museum e l’atteggiamento verso il nostro paese è parzialmente cambiato. Chrìstos Michailidis e altri) e vendite all’asta. come dovrebbe essere. costruita ad imitazione di una villa romana. 2. 3: la Villa Getty a Malibù in California. 55 .Fig.1 (in alto a sinistra): il miliardario americano Jean Paul Getty. Fig. su modello della Villa dei Papiri di Ercolano. 5 (in alto a destra): la collezionista Shelby White e Arthur Houghton. fig. in una foto segnaletica. 56 . curatrice del Getty Museum dal 1986 alle dimssioni nell’ottobre 2005. dal 1973 al 1985. mercante d’arte svizzero. fig.Fig. 7 (in basso a sinistra): Robert Hecht. dal 1984 al 1986. 6 (al centro): Marion True. 8 (in basso a destra): Giacomo Medici. curatore del Getty Museum. 4 (in alto a sinistra): Jiri Frel. fig. mercante d’arte italiano. primo curatore del Getty Museum. fig. C. 10 (in basso): alcune delle opere trovate nella villa dei due a Schinoussa. recuperata dai Carabinieri a Londra nel 2003. fig. 57 . 9 (in alto a sinistra): gli antiquari Robin Symes e Christos Michailidis. 11 (in alto a destra): il volto di una scultura in avorio del III secolo a. sventato. ultimo colpo. di Symes. fig.Fig. prima (a sinistra) e dopo (a destra) il restauro.12 e 13 (in alto) L’atleta di Fano. 15 (qui sopra): Francesco Rutelli.Fig. con la richiesta di restituzione della Venere Morgantina. fig. 58 . fig.14 (qui a sinistra) la Venere di Morgantina. opera di Lisippo. allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali. tra cui la “maschera d’avorio” agli inizi degli anni ’90 nelle rovine di una villa romana ad Anguillara Sabazia. fig.Fig. tra i principali propugnatori di una nuova politica ed etica dei musei. 16 (in alto a sinistra): il tombarolo italiano Pietro Casasanta. 18 (in basso): un’affollata conferenza ad Atene dell’archeologo inglese Colin Renfrew. vicino Roma. finanziatori della nuova ala grecoromana del Metropolitan Museum di New York e implicati in diversi casi di acquisto di opere di provenienza illecita. 17 (in alto a destra): la coppia di collezionisti miliardari americani Leon Levy e Shelby White. fig. per sua stessa ammissione. 59 . di migliaia di reperti archeologici negli scavi clandestini. trafugatore. recuperata nel 2003 dai Carabinieri. Chi conosce queste terre sa. che in diverse aree ha acquisito ormai un capillare controllo del territorio. la presenza di una fitta vegetazione che nasconde le aree archeologiche. La ricerca e la tutela del patrimonio archeologico in Italia meridionale sono da sempre state difficoltose.Lidia Vignola La nascita degli organismi di tutela del patrimonio archeologico in Italia meridionale. con siti di difficile raggiungibilità. Il sottosuolo di questa parte d’Italia è particolarmente ricco di testimonianze archeologiche: un patrimonio ancora in gran parte da scoprire. infatti. forniscono ai “tombaroli” la possibilità di agire indisturbati nella loro attività. Territori molto vasti. tra cui la carenza di strutture logistiche. di mezzi. che comporta la distruzione dei contesti archeologici e la conseguente perdita di dati scientifici fondamentali per la ricostruzione della storia dei territori. di personale. da salvaguardare e tutelare. in qualche modo. per varie ragioni. ma già. Scavi clandestini e condizioni di abbandono possono provocare la definitiva perdita di un’incredibile quantità 60 . che in questo contesto sociale e territoriale grava la costante minacciosa presenza della criminalità organizzata. proprio per questo. quae dicuntur gigantum ossa. ma anche. che negli anni successivi alla battaglia di Azio (31 a.Svetonio. quod aliquantum vasculorum operis antiqui scrutantes reperiebant [. Geografia. 61 . particolarmente colpito dall’isola di Capri. Et neptis quidem suae Iuliae.. V 4.] in colonia Capua deducti lege Iulia coloni ad exstruendas villas vetustissima sepulcra disicerent idque eo studiosius facerent. sua vero quamvis modica non tam statuarum tabularumque pictarum ornatu quam xystis et nemoribus excoluit rebusque vetustate ac raritate notabilibus. con i suoi siti archeologici. Divus Augustus.9.... De Vita Caesarum . l’abusivismo edilizio. qualia sunt Capreis immanium beluarum ferarumque membra praegrandia. Strabone25 racconta.. 26 Strabone. V 4.. La pratica dello scavo clandestino in Italia meridionale ha radici antiche. nobili. una stagione di saccheggio di monumenti e aree archeologiche: collezionisti..Svetonio.]”. et arma heroum [. probabilmente proprio durante tali lavori edilizi. la ridusse a sua proprietà privata.. De Vita Caesarum . Illustre esempio di quest’attività sono i famosi “cunicoli borbonici”. antiquari o semplici appassionati viaggiavano in Italia alla ricerca di oggetti antichi per ampliare le loro raccolte. minacciate al contempo anche da un altro fattore. Il Meridione.) Ottaviano. le gallerie sotterranee fatte scavare dai sovrani del Regno di Napoli nel compatto strato di 24 “[. intraprendendovi un’imponente attività costruttiva e Svetonio narra di come egli si dilettasse a ornare la sua villa con resti di animali preistorici e di antichissimi manufatti scoperti a Capri26. Il Rinascimento ha segnato poi la fervente riscoperta delle antichità classiche.]”. etiam diruit ad solum. 81. 26 “[. profuse ab ea exstructa. Geografia. 81. invece.di testimonianze archeologiche. era una delle mete preferite.] Ampla et operosa praetoria gravabatur.9. 25 Strabone. Svetonio ricorda come a Capua i coloni scoprirono una gran quantità di vasi di antica fattura demolendo antiche tombe per costruirvi sopra case di campagna24. Divus Iulius .C. quanto sterili. visto che è allora. possiamo giustificare che fino al XVIII secolo gli scavi fossero condotti senza alcun criterio scientifico. con personale qualificato dislocato su tutto il territorio nazionale. ma anche da vere e proprie organizzazioni criminali. continua a foraggiare un ricco mercato clandestino. supportate anche dalle amministrazioni locali: un articolato sistema di Uffici Periferici dislocati in tutto il territorio di competenza della Soprintendenza. musei casalinghi. Se. continuano ad imperversare nel Meridione. però. è nettamente migliorata con l’istituzione del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e delle sue strutture periferiche le Soprintendenze Archeologiche. incapaci di cogliere la differenza tra la passione per l’archeologia e il semplice desiderio di possedere l’oggetto “bello” da tenere in bella mostra in appariscenti. La pratica dello scavo clandestino. Nel corso del tempo le Soprintendenze Archeologiche sono state poi a loro volta strutturate in modo ancor più capillare con una rete di basi operative.fango vulcanico solidificato che per quasi 1700 anni aveva tenuto sepolta e nascosta l’antica Ercolano. i tombaroli che ancora oggi. nel terzo millennio. che nella loro attività si 62 . le cosiddette “archeomafie”. incentivato dalla domanda di reperti archeologici e opere d’arte antica da parte di numerosi acquirenti: facoltosi collezionisti sia italiani che stranieri. come vedremo. non altrettanto si può fare per le attività di scavo clandestino dei discendenti degli antichi “tymborichoi”. condotto talvolta da tombaroli improvvisati. che iniziava quel processo di studi che avrebbe portato alla nascita dell’archeologia moderna. La situazione. che amano il passato di un amore distorto. in parte proprio grazie a quelle pratiche “non scientifiche”. aperto al pubblico nel 1874. Emiliani. M. Leggi. da sempre. Tale progetto. dunque. Firenze 1987. primo passo nella formazione di una identità collettiva. Parte II Il decollo e la riforma del Servizio di tutela dei monumenti in Italia 1880-1915.Grifoni. la vicenda della legislazione italiana in materia di tutela dei beni culturali. Monumenti e Istituzioni.servono anche della collaborazione degli enti locali soprattutto per questioni economiche. Dalla Negra-P. Le Soprintendenze Archeologiche hanno cercato di costruire una rete di musei e parchi archeologici. La presenza di esigenze culturali pubbli- 27 Per ulteriori approfondimenti su questo argomento si veda: A. parchi archeologici e antiquaria. Dalla Negra-P. Parte I La nascita del Servizio di tutela dei Monumenti in Italia 1860-1880. Bencivenni-R. gestionali e di valorizzazione. del resto. che originò proprio dall’esigenza di conservare monumenti ed oggetti dell’antichità appartenenti alla Terra di Lavoro. non è senza precedenti: basti ricordare il “Piano Arditi” del 1808 e l’istituzione del Museo Campano di Capua. Da qui l’impegno per la realizzazione di istituzioni culturali come musei. Firenze 1992. Il rapporto fra aspetti culturali della conservazione e norme legislative è stato. impostando modelli gestionali affidabili per tale strutture allo scopo di preservare e valorizzare il ricco patrimonio culturale di ciascuna regione nell’ottica dello sviluppo economico. Grifoni. Bandi e Provvedimenti per la tutela dei Beni Artistici e Culturali negli antichi Stati Italiani 1571-1860. Monumenti e Istituzioni. particolarmente significativo. 63 . M. che ha avuto una storia lunga e complessa ed ha consentito la formazione di un articolato sistema di strutture centrali e periferiche27. Bologna 1996. Per capire la funzione e l’identità stessa della soprintendenza archeologica bisogna ripercorrere. che costruiscano nella società una coscienza diffusa del patrimonio culturale. Bencivenni-R. pur cambiando forma e attribuzioni. dall’incarico assegnato da Leone X a Raffaello (1516) agli interventi di Paolo III (1534). Scarsa. Dalla lettera del Petrarca alle bolle di Pio II (1462) e di Sisto IV (1474). furono lasciate in vita sia dai Governi Provvisori sia dal nuovo Stato italiano. si è formata nello Stato della Chiesa già a partire dal XV secolo. I primi tentativi di elaborazione di provvedimenti riguardanti la tutela del patrimonio artistico si possono far risalire all’epoca degli stati preunitari. Emiliani 1996. 64 .Dalla Negra-Grifoni 1987. invece. 3ss. affiora già il segno di una preoccupazione costante verso la tutela dei beni architettonici e archeologici29. 28 29 Bencivenni. Molte di queste strutture.che e private in materia di tutela ha determinato un processo di maturazione legislativa. che si erano formate prima dell’Unità d’Italia. è stata l’attenzione rivolta alle strutture tecnico-amministrative del servizio di tutela e alla loro evoluzione nel corso del tempo. L’impostazione culturale ancor oggi presente nella legislazione di tutela del patrimonio culturale e nell’ordinamento giuridico italiano. pp. Moltissimi contributi concernenti questo tipo di legislazione in Italia hanno approfondito principalmente due aspetti: uno riguardante questioni squisitamente giuridiche e un altro rivolto alla natura dell’oggetto tutelato. di Pio IV (1562) e di Gregorio XIII (1574). Altre furono confermate nella sostanza. Altre ancora si persero completamente28. prefazione. con la valorizzazione della tradizione classica attraverso strumenti giuridici di salvaguardia e con la costituzione di un sistema organico di tutela delle opere di antichità e d’arte. che ricevevano un onorario fisso al mese ed avevano l’obbligo di non accettare altre ricompense per il loro operato. che rimarrà in vigore per oltre cento anni.2) del 1820. l’editto del Cardinal Pacca che. Con queste premesse venne promulgato. pur aggiungendo poco alle prescrizioni giuridiche del 1802. le “bustarelle”.É. adeguandolo anche 30 Bencivenni-Dalla Negra. piaga evidentemente senza tempo. inserito nell’editto del cardinale Doria Pamphili del 2 ottobre 1802. Vediamo quindi delinearsi. comunque. Esso rappresenta uno spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo di concepire l’intervento dello Stato nei riguardi delle testimonianze artistiche del passato e sarà riconfermato dall’editto del cardinale Pacca (fig. Affiancati al Commissario delle Antichità erano anche gli Assessori. I compiti di questi funzionari spaziavano dalla concessione delle licenze per l’esportazione degli oggetti d’arte all’acquisto delle opere da collocare nei musei pubblici. diede una nuova organizzazione al servizio di tutela. Il Chirografo stabiliva che la massima autorità in materia di vigilanza e conservazione dell’intero patrimonio artistico fosse il cardinale camerlengo. affiancato dall’Ispettore di Belle Arti e dal Commissario delle Antichità. 65 . Parallelamente si assiste al progressivo ampliarsi del concetto di “testimonianza” in riferimento non solo agli oggetti d’arte. che la struttura di vigilanza dello Stato assume connotazioni ben delineate.1). ma anche ai monumenti architettonici del passato30. pp 30 ss. nel 1820. a poco a poco. una struttura statale addetta alla vigilanza. utile espediente preventivo per evitare corruzioni economiche.Grifoni 1987. con il Chirografo di Pio VII (fig. 130-151. In tutte le province dello Stato vennero istituite Commissioni Ausiliarie di Belle Arti. anche se il cardinale camerlengo restava la massima autorità in materia di tutela. dal Direttore del Museo Vaticano. fornendo ad essi una serie di raccomandazioni su alcuni articoli dell’editto del 182031. L’intera struttura di vigilanza dello Stato Pontificio rimase in vigore fino al 1860. pp. con la Soprintendenza per gli Scavi d’Antichità per Roma e le province romane32. vennero ancor meglio delineati i compiti di questi organismi periferici. e per i territori laziali fino al 1870. dal Commissario delle Antichità. 31 32 Emiliani 1996. dal primo professore di scultura e da uno dei professori di Architettura dell’Accademia di San Luca. posti sotto la diretta dipendenza del Commissario delle Antichità. Essi dovevano occuparsi della vigilanza degli scavi archeologici e della loro documentazione. 217. Col regolamento dell’editto Pacca. p. presieduta dal Monsignor Uditore del Carmerlengato. emesso nel 6 agosto 1821.alla nuova ramificata struttura amministrativa che lo Stato si era dato dopo il Congresso di Vienna. da lui dipendeva una Commissione di Belle Arti. Erano inoltre riconfermati gli Assessori. Bencivenni-Dalla Negra-Grifoni 1987. a carattere consultivo. composte da due professori e affidate alla responsabilità di cardinali legati o di prelati delegati. data di nascita delle Commissioni Consultive Conservatrici dei Governi Provvisori. e composta dall’ispettore delle Pitture Pubbliche in Roma. in pratica gli odierni ispettori. A seguito dell’editto del Cardinal Pacca. 66 . nonché svolgere un’azione di stimolo per la ricerca delle “antiche cose”. infatti. vol. riconfermò il divieto di esportazione di oggetti antichi dal Regno. Tale Società fu divisa in tre Accademie: l’Accademia Ercolanese. In seguito Bonaparte. Giustiniani. affidando all’Arditi la redazione di un progetto per regolarizzare tutto il settore. 23-25 36 ivi. Napoli 1803-1808. Tali provvedimenti rimasero in vigore fino a quando un decreto di Giuseppe Bonaparte nel 17 marzo 1807 istituì a Napoli l’Accademia Reale di Storia e Antichità35. già nel 1755 diede il via a importanti provvedimenti di tutela del patrimonio artistico ed archeologico: sancì. Nuova collezione delle Prammatiche del Regno di Napoli. n. Re di Napoli e Sicilia dal 1735 al 1759. Un altro decreto di Giuseppe Bonaparte. con un decreto del 1808. Tale progetto fu reso esecutivo con un decreto del 1808. 34 33 67 . 35 Bollettino delle leggi del Regno di Napoli. D’Alconzo.3). L’anello del Re. pp. pp. l’Accademia delle Scienze e l’Accademia di Belle Arti36. Tra gli accademici ricordiamo Michele Arditi. IV. Tutela del patrimonio storico-artistico nel Regno di Napoli (!734-1824). Questi. che incorporò il precedente istituto. n. anno 1808. 67. che nel 1807 fu nominato Direttore Generale del Museo di Napoli e Soprintendente agli Scavi d’Antichità. istituì la Società Reale di Napoli. il divieto di esportazione degli oggetti d’arte e incaricò tre esperti per il rilascio delle relative licenze34. Carlo di Borbone33 (fig. che stabiliva che il rilascio delle licenze era di competenza del Ministero dell’Interno. 139. L. che a sua volta ne dava comunicazione agli Intendenti delle Province e al Direttore Generale agli scavi. del 7 aprile del 1807. infatti.20-32. Napoli 1806-15. anno 1807. 204-208. Firenze 1999. e ordinò la sospensione di tutte le campagne di scavo in atto. pp. 201-205. a sua volta incaricava una persona di fiducia di vigilare sull’osservanza P. anno 1804.Per quanto riguarda il Regno di Napoli e delle Due Sicilie. pp. poi. propose di spostare nelle province. analogamente a quanto disposto nello Stato Pontificio dal Chirografo di Pio VII del 180237. L’innovazione era parte di un corpus di regole. ma la novità del “Piano Arditi” stava proprio nella proposta di istituire i musei provinciali: in ciascuna delle province del regno si sarebbe istituito un museo. Tali rapporti venivano. 68 . pp. prendendo spunto dall’idea del Ministro di Napoleone Chaptal. per porre freno agli scavi clandestini. collocato nel Seminario o nel collegio della città. avuto la funzione di attirare nelle province i viaggiatori che si fermavano solo nella capitale del Regno. pp. 171-194. nell’attesa della formazione di una nuova normativa che regolasse gli scavi nel Regno. Questa rete di musei avrebbe. istituendo in ciascuna di esse un museo. comunicati all’Accademia di Storia e Antichità.delle prescrizioni e di riferire sui risultati delle ricerche. A. L’intento era quello di stimolare nella popolazione che viveva nelle province una sensibilità più spiccata 37 38 Per le leggi relative alle Province Meridionali vedi: Emiliani 1996.275-276. Napoli 1985. la grande quantità di opere conservate nel Regno. Il piano Arditi del 1808 sui musei provinciali: centro e periferia nella tutela della Magna Grecia. che eventualmente proponeva di acquistare quegli oggetti utili all’istruzione e al decoro nazionale. Milanese. Con Giuseppe Bonaparte nel 1807 era già stato emanato un decreto che prevedeva la momentanea sospensione di tutte le campagne di scavo. in La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli. il che avrebbe dato “dignità” ed anche un “lucro non mezzano” a quelle aree depresse38. in modo da distribuirle in modo più omogeneo. Nel 1808 l’Arditi. infine. all’inizio anche piccolo. Lo Stato esercitava così una sorta di diritto di prelazione. stilate dall’Arditi. inoltre. Napoli 18161824. di una tale modernità che si scontrarono con la mentalità dell’epoca e di conseguenza non tutte le misure da lui previste furono attuate. 69 . Essa era composta dal Direttore del Museo Reale. Un decreto del 13 maggio di questo stesso anno razionalizzò tutte le disposizioni emanate precedentemente e previde l’istituzione di una Commissione di Antichità e Belle Arti. né di personale articolato nelle diverse province. 230. anno 1822. Qualche anno più tardi. Il “Piano Arditi” divenne decreto il 16 febbraio 1808. perché considerate troppo innovative. La parte relativa ai musei provinciali entrò nell’articolo 8. però. Le intenzioni dell’Arditi erano. che avrebbe vigilato sul patrimonio artistico e rilasciato le licenze per l’esportazione. All’atto pratico. 39 Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie. p. insomma. da due soci dell’Accademia Ercolanese e da altri due membri dell’Accademia di Belle Arti. non potendo essa disporre né di mezzi economici sufficienti. non fu mai realizzata. l’azione di questa commissione risultò poco efficace. al Ministro della Istruzione Pubblica del 13 aprile 1864. 286. La proposta.alla conservazione ed al mantenimento in loco delle testimonianze della propria storia. Dopo la Restaurazione seguita al Congresso di Vienna. che restavano in carica un anno39. nella sua relazione al Ministro della Pubblica Istruzione.4) scriverà che la Commissione si era limitata a vigilare che non venissero esportati da Napoli monumenti d’arte senza la sua autorizzazione e a proporre l’acquisto di qualche monumento ritenuto degno di essere acquistato dal Museo40. Relazione del soprintendente del Museo Nazionale e Scavi d’Antichità. l’archeologo Giuseppe Fiorelli (fig. le disposizioni di Giuseppe Bonaparte furono riconfermate dai provvedimenti emanati nel 1822 da Ferdinando I di Borbone. però. n. 40 Cfr. Giuseppe Fiorelli. il marchese Arditi. un conflitto di competenze tra il potere politico. anno 1822. 70 . con compiti di vigilanza. dice Fiorelli. sotto il diretto controllo del Ministro Segretario di Stato per gli Affari Interni. con l’apporto consultivo dell’Accademia di Belle Arti. pp. in caso di ritrovamenti di reperti archeologici. infatti. 285 e ss.Sempre nel 1822 il decreto di Ferdinando I del 14 maggio41 stabiliva le norme per gli scavi archeologici e la conservazione dei relativi reperti e affidava la sorveglianza delle campagne di scavo contemporaneamente agli Intendenti delle Province e al Direttore del Museo Reale. Notevoli furono le difficoltà incontrate da questa complessa macchina. affidò la sorveglianza dei monumenti alle autorità amministrative. l’aggravò: ne derivò. risultarono inutili. avrebbero dovuto compilare un rapporto dettagliato da sottoporre all’esame della Commissione di Antichità e Belle Arti e a sua volta quest’ultima avrebbe giudicato sull’importanza dei ritrovamenti e proposto le misure necessarie per la migliore conservazione. Gli incaricati. Ma anche tali sforzi. però. Il Direttore del Museo Reale. Bencivenni-Dalla Negra. la Direzione del Museo Reale e l’Accademia di Belle Arti42. Tale stato di cose permase fino a quando un nuovo decreto di Ferdinando II. del 16 settembre del 1839. mentre l’Intendente avrebbe incaricato il Sindaco municipale. p.30 e ss. 41 42 Collezione op. quindi. procedette. cit. Il provvedimento.Grifoni 1987. Questi avrebbe dovuto incaricare a sua volta uno dei corrispondenti dell’Accademia Ercolanese o una persona di fiducia. anziché risolvere la situazione. alla nomina di Ispettori degli Scavi nelle diverse province. così come anche a Napoli era già stata istituita una rete di corrispondenti. Nel 1814 tali circoscrizioni archeologiche furono ulteriormente suddivise in tre distretti. La proposta non ebbe seguito. Essi erano anche incaricati di redigere un piano delle Antichità per le valli loro assegnate.Agli inizi del 1841 Francesco Maria Avellino. con decreto ferdinandeo del 7 dicembre 1827 si stabiliva l’istituzione nella città di Palermo di una Commissione d’Antichità e Belle Arti. nel 1830. Nel 1827 vennero estese anche alla Sicilia le disposizioni in vigore nel a Napoli già dal 1822: infatti. Le difficoltà incontrate nel vigilare sull’intera isola portarono poi. finalizzato alla conservazione dei monumenti antichi. con compiti di coordinamento e programmazione. chiese al Ministro dell’Interno che le persone chiamate a vigilare sugli scavi fossero ufficialmente investite del titolo di Ispettori. affidata a Gabriele Lancellotto Castelli. principe di Torremuzza. fu chiamato nel 1811 il Priore Francesco Scratti. A capo di questa organizzazione. né le richieste di delucidazioni da parte dell’Avellino al Ministro riuscirono a mutare le cose. con il titolo di Soprintendente Generale delle Antichità della Sicilia. affidata alla cura di Ignazio Paternò. succeduto all’Arditi nella guida del Museo. Particolare interesse rivestono le disposizioni in vigore in Sicilia. Infine nel 1851 un ulteriore decreto ferdinandeo stabilì il modo con cui provvedere alle spese occorrenti per la conservazione e per il restauro 71 . principe di Biscari. A partire dal 1778 l’isola era stata divisa in due grandi “circoscrizioni archeologiche”: la Sicilia Orientale. e la Sicilia Occidentale. all’individuazione di uno o più “corrispondenti” in ciascun luogo dove vi erano monumenti antichi. dipendenti dal Direttore del Real Museo. Questa rete costituì.Archivio Centrale dello Stato. 43 M. risentendo profondamente del travagliato processo di unificazione politica. Musacchio (a cura di). comunali o vicinali. onde salvaguardarli dal degrado. fino al 1865. comuni o dei privati a seconda che prospettassero su strade provinciali. Nel campo della politica di tutela. furono abbandonati i primi progetti che tendevano alle autonomie locali. Il decreto stabilì che tali spese fossero a carico delle province. il nuovo stato unitario si limitò a riprendere l’articolato patrimonio di norme legislative e di strutture ereditate non solo dagli stati preunitari. comunque. con l’incalzare della questione del Mezzogiorno e del potere detenuto dalla Chiesa cattolica. Roma 1994. 72 . per orientarsi verso un modello che si basava sui principi dell’accentramento amministrativo e del decentramento burocratico. l’origine di quel servizio di tutela dei monumenti su scala nazionale che acquisterà una fisionomia degna di tal nome soprattutto a partire dal 1874-7543. struttura ed attribuzioni. ma anche dai Governi Provvisori che dopo Villafranca si costituirono nell’Italia centrale e meridionale. Nei primi anni dell’Unità la classe politica era. infatti. pp. Proprio quest’ultimo problema fu sottoposto alla particolare attenzione del nuovo Parlamento. 60-76. L’archivio della Direzione generale delle antichità e belle arti (1860-1890). quando. la nascita del servizio di tutela dei monumenti impegnò il nuovo stato per circa quattordici anni. dando vita ad una rete di organismi molto disomogenei per genesi. impegnata in grandi questioni che riguardavano l’unificazione reale del paese e la definizione di un modello per la struttura amministrativa dello stato.dei monumenti antichi o d’arte. Con l’Unità d’Italia. precisò la composizione e le incombenze della Commissione di Antichità e Belle Arti. Inoltre. Tutti questi provvedimenti non riuscirono. Ministro della Pubblica Istruzione nel 1862. che con regolamento approvato il 3 maggio 1863. così. Inoltre. Ricostituita da Garibaldi. la Commissione continuò poi ad operare fino al 1875. specificandone la natura principalmente archeologica 44. dai Direttori del museo e delle Antichità e dal segretario economico ai copisti e ai custodi.5). ma anche per rendere pubblicamente conto della propria azione di tutela. sempre su proposta dell’Amari. 73 . una delle prime strutture periferiche ad avere personale retribuito alle sue dipendenze. Alcune novità furono apportate da Michele Amari (fig. le strutture e gli organi di sorveglianza e tutela del patrimonio artistico non subirono grosse trasformazioni. che era stata creata nel 1822. subito dopo l’arrivo di Garibaldi. a risolvere i problemi che avevano portato ai vari conflitti di competenza sorti nell’età preunitaria. doveva essere composta da cinque membri di nomina regia triennale con possibilità di riconferma. 44 Dal punto di vista organizzativo la Commissione. concepita come organo di tutela centralizzato e con sede a Palermo. tuttavia.Per quanto riguarda le regioni meridionali. nel dicembre dello stesso anno venne approvato. fu abolita con un decreto luogotenenziale del 7 dicembre 1860. quando fu nuovamente abolita per far posto alle nuove strutture periferiche di tutela varate dal Governo unitario su tutto il territorio nazionale. La Commissione. organismo che era stato creato pochi decenni prima durante il governo di Gioacchino Murat in Italia meridionale e poco dopo dotato di quattro ispettori. il primo ruolo degli impiegati e serventi della Commissione di Antichità di Palermo. che fu. fu riconosciuta ad essa la facoltà di servirsi dei corrispondenti nominati dal Ministro. Il quadro normativo e istituzionale ereditato dal governo borbonico venne sostanzialmente accettato dalle nuove autorità. La Commissione nel 1864 iniziò a pubblicare anche un suo bollettino per rendere nota la scoperta e le illustrazioni dei monumenti e delle opere d’arte della Sicilia. La novità più interessante di questo regolamento è che ora i loro compiti vengono dettagliatamente descritti. Le sue attribuzioni furono trasferite al Consiglio di Soprintendenza degli scavi del Museo Nazionale. in seguito. 74 . I primi cinque anni dell’Unità d’Italia sono di fondamentale importanza. avvalso. Istituti ed Accademie. comunque. che cooperassero. alla conservazione e alla scoperta di antichità. Le richieste non ebbero immediata risposta e solo dopo due anni trovarono attuazione con la costituzione della Commissione Consultiva di Belle Arti di Napoli che sostituì il Consiglio di Soprintendenza come organo del Ministero in materia di tutela. anche se per la nascita di una vera e propria struttura centrale di tutela bisognerà attendere ancora qualche anno. ciascuno con le proprie specifiche competenze. delle Commissioni Conserva45 46 Cfr. trovato un accordo. con funzione consultiva. Giuseppe Fiorelli.Le osservazioni avanzate dal Fiorelli nella già citata relazione al Ministro della Pubblica Istruzione45 documentano come già all’inizio del 1864 il Ministro Amari avesse intenzione di dar vita ad un servizio di tutela dei monumenti con caratteristiche definite nelle sue strutture periferiche. Bencivenni-Dalla Negra-Grifoni 1987. 30 e ss. Relazione del soprintendente del Museo Nazionale e Scavi d’Antichità. perché vengono determinate le specifiche competenze del Ministero degli Interni e di quello della Pubblica Istruzione. che si sarebbe. in virtù del quale si stabilì che la tutela e la conservazione dei monumenti antichi sarebbe spettata al Ministero degli Interni. al Ministro della Istruzione Pubblica del 13 aprile 1864. Ma la risposta del Ministro della Pubblica Istruzione fu che commissioni del genere sovrabbondavano in Italia e costituirne delle nuove avrebbe comportato solo disgregazione delle funzioni e conflitti di competenze46. Tra i due dicasteri fu. È proprio dal Ministero degli Interni che venne la prima proposta di istituire su tutto il territorio nazionale Commissioni locali composte persone scelte tra Università. pp. Cavalcaselle. 3848 del 15 agosto 1867. Atti e Memorie dell'Accademia Clementina. contribuirono a rendere nuovamente attuali le acute proposte avanzate dal Giovan Battista Cavalcaselle nel 1863 al Ministro della Pubblica Istruzione49. occorre ricordare che. n. p. considerate dei precedenti storici delle attuali organizzazioni no profit. alcune chiese vennero indicate come "monumentali". È significativo che proprio dal celebre storico dell’arte prenda avvio il dibattito vivacemente sviluppa47 Il 3 agosto 1862 il Parlamento italiano aveva promulgato la cosiddetta Grande Legge sulle Opere Pie. provocandone la dispersione. L’approvazione del regolamento della legge sulle Opere Pie47 e il varo della legge sulla soppressione degli Ordini e delle Corporazioni Religiose del 7 luglio 186648. 49 Cfr. n. che avevano accelerato il dibattito sulla formazione di una legge organica di tutela artistica. 84 e sg. corporazioni nonché congregazioni di carattere ecclesiastico ed il demanio dello Stato acquisì tutti i beni ecclesiastici. In seguito a ulteriori successivi chiarimenti tra i due Ministeri. il che spiega l’importanza del ruolo esercitato nei primi decenni dell’unità d’Italia dagli uffici provinciali del Genio Civile. G. 75 . 48 Con la L.trici esistenti e dei dipendenti dalla Pubblica Istruzione. 1988. lo Stato italiano toglieva il riconoscimento di "ente morale" a tutti gli ordini. n. Sulla conservazione dei Monumenti e degli oggetti di belle arti e sulla riforma dell'insegnamento accademico (1863).20-21. dall’allora Presidente del Consiglio. Per completare il quadro delle competenze centrali dello Stato in materia di conservazione. 3036 del 7 luglio 1866. Una nuova importante riforma si ebbe con la legge 17 luglio 1890 n. e la L. Per evitarne la chiusura e l'acquisizione al demanio. al Ministero dei Lavori Pubblici fu affidata anche la conservazione dei pubblici monumenti per quanto riguarda la parte tecnica. 6972. In queste due leggi non furono previste forme particolari di tutela dei beni artistici di molte chiese. in base alla legge sulle opere pubbliche (contenuta nell’allegato F della legge per l’Unificazione Amministrativa del Regno d’Italia del marzo 1865). detta anche “Legge Crispi”.B. fu stabilito anche lo stretto rapporto tra Stato e Province nell’esecuzione di lavori di conservazione dei monumenti. Nel 1869 anche la vasta provincia di Terra di Lavoro fu dotata di una Commissione per vigilare sulla conservazione e sui restauri dei monumenti antichi. la creazione di una Giunta di Belle Arti nel 1867 e le Giunte Consultive di Storia. La novità più interessante della nuova Commissione consisté nell’assegnare la sua presidenza al Soprintendente del Museo Nazionale di Napoli e nella riconferma della Soprintendenza e del Direttore degli Scavi come uniche autorità locali competenti per il settore degli scavi e del Museo di antichità. Sempre in Campania è da segnalare l’esistenza. costituita fino alla metà degli anni sessanta quasi esclusivamente dalla Commissione Siciliana e dal Consiglio di Soprintendenza di Napoli. con competenze limitate alla sola provincia napoletana. Con la ristrutturazione della II Divisione affidata a Giulio Rezasco nel 1866-67. un dibattito che influenzerà profondamente i successivi provvedimenti a favore della nascita di un servizio di tutela precisato nelle sue articolazioni al centro come in periferia.tosi tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 del XIX secolo sulle pagine della “Nuova Antologia”. sostituite nel 1874 dal Consiglio Centrale di Archeologia e Belle Arti. tra il 1869 e il 1874. A quest’ultimo organismo fu affiancata una nuova Commissione Consultiva di Belle Arti. Altri provvedimenti arricchirono la rete delle strutture periferiche dell’Italia meridionale. la struttura centrale del servizio di tutela cominciò ad acquistare una fisionomia più precisa. a Salerno e a Benevento di una Commissione Ar- 76 . Archeologia e Paleografia nel 1872. che culmineranno nel decreto del ’74 col quale si tentò di coprire tutte le province del territorio nazionale. Anche la vicenda delle strutture periferiche è contraddistinta da alcuni importanti provvedimenti. Roma 1881. Egli pose al massimo vertice dell’amministrazione pubblica di tutela l’archeologo Giuseppe Fiorelli. della Direzione degli scavi di Veleia. Fiorelli (a cura di). il Ministero della Pubblica Istruzione. Contemporaneamente al sempre crescente affermarsi degli studi di archeologia. Con lui il servizio di tutela sembra trovare una fase di normalizzazione. tra l’altro. fecero sì che nel 1865 il Ministro inviasse ai prefetti una circolare con alcune istruzioni sugli scavi di antichità: un documento fondamentale perché per la prima volta si cerca di fornire agli organi periferici delle direttive operative omogenee.cheologica locale. Con la creazione della Soprintendenza di Napoli. potenziò lo sviluppo delle strutture periferiche incaricate di tutela. Un nuovo processo di riorganizzazione inizierà con Ruggero Bonghi (fig. Ministro della Pubblica Istruzione dal 1874 al 1876. Anche 50 G. della Commissione di Palermo. responsabili di aree a scala regionale o addirittura interregionale (come nel caso della Soprintendenza di Napoli). ordinanze e provvedimenti dei cessati Governi d’Italia per la conservazione dei monumenti e la esportazione delle opere d’arte. l’Italia viene dotata di una significativa serie di strutture periferiche.6). anche la raccolta sistematica50 più esauriente che abbiamo dei provvedimenti sulla tutela del patrimonio artistico negli stati preunitari. della Consulta per l’ordinamento dei musei e la conservazione dei monumenti antichi a Firenze. Leggi. Tuttavia le difficoltà incontrate da questi organismi periferici. dotate di personale appositamente preparato. 77 . decreti. al quale si deve. con alcuni importanti provvedimenti. che nel 1873 aveva acquistato connotati provinciali. Grazie a lui. si ebbe una vera e propria svolta nella gestione complessiva del Servizio di tutela. n.Grifoni 1992. Tale processo riorganizzativo inizierà proprio con i provvedimenti attuati dal Ministro Bonghi e ulteriormente definiti sotto il dicastero di Michele Coppino. Bencivenni-Dalla Negra. infatti. quello archeologico e quello delle Belle Arti. nel 1883 e nel 1885. Egli sarà un convinto assertore della necessità di ordinare i musei con i soli reperti archeologici della regione di appartenenza. inoltre. diversa concezione degli organi consultivi centrali e riorganizzazione dell’ 51 52 53 F. Con Fiorelli. vedi anche D’Alconzo 1999.se non priva di lacune. in contrapposizione a quanti ritenevano tale diritto un’ingerenza governativa che offendeva il principio della proprietà privata. si realizzò una prima centralizzazione dell’amministrazione attraverso provvedimenti di natura organizzativa53. p. 69-91.12. essa vuole riaffermare il diritto dello Stato a esercitare la propria autorità per la conservazione delle “memorie patrie”. Riproposta da Filippo Mariotti nel 189251. Mariotti. Il suo grande obiettivo. la raccolta è stata ripubblicata da Andrea Emiliani52. docente di archeologia all’Università di Napoli. In due relazioni sul servizio archeologico del Regno. 16. pp. pp. Emiliani 1996. Roma 1892. La legislazione delle Belle Arti. 203-308. 78 . era quello di procedere alla riorganizzazione di tutti i rami del servizio di tutela. Direttore del Museo Nazionale napoletano e Soprintendente agli scavi. Fiorelli formulerà chiaramente il suo programma teso al raggiungimento di quello che egli definiva il fine superiore della conservazione. perseguendo scopi che non fossero soltanto quelli dell’insegnamento artistico o dell’educazione classica. Essi possono essere così riassunti: definitiva separazione tra i due rami fondamentali del Servizio. Ricordiamo. sempre sotto la vigilanza della Direzione Centrale che determinava i modi della conservazione stessa. nel caso che questi volessero assumere la conservazione degli scavi e dei monumenti esistenti nel loro territorio. nuova e più completa strutturazione degli organi periferici con compiti di vigilanza54. Questa scelta fu sostenuta anche dallo stanziamento delle risorse finanziarie necessarie all’espletamento del servizio e diede avvio a un processo di centralizzazione ministeriale delle funzioni di tutela. 200-276. e suddivise il territorio nazionale in tre grandi regioni: settentrionale. che in questo processo di centralizzazione il R. istituì presso il Ministero della Pubblica Istruzione la Direzione Centrale degli scavi e musei del Regno. centrale e meridionale. d’altronde. Egli sostituì anche il Consiglio Centrale di Archeologia e Belle Arti con una Giunta di Archeologia e Belle Arti. inoltre. la Direzione Centrale degli scavi e dei musei fu trasformata in Direzione Generale delle Anti- 54 Bencivenni-Dalla Negra-Grifoni 1987. così. le Commissioni Conservatrici provinciali con Commissioni Consultive e con una rete di Ispettori ad ufficio gratuito. con il compito di vigilare sul territorio e di tenere i collegamenti con la Direzione Centrale. Affiancò. Sulla base di queste premesse nel 1875 Bonghi. pp. Nel 1881. la riorganizzazione centrale e periferica del servizio.D. completando. con un provvedimento assai discusso per il suo carattere accentratore. 79 . 2440 del 1875 prevedeva anche la possibilità di accordi con un comune o una provincia. più snella ed efficiente. creando inoltre in Sicilia e in Sardegna due Commissioni speciali per gli scavi e musei d’antichità.amministrazione centrale. scavi e monumenti nazionali. delle pinacoteche e dei musei di antichità dagli istituti di insegnamento a cui erano uniti. quelle sugli scavi e sui musei e oggetti d’antichità. che sostituirono gli uffici regionali del 1891. e quelle per le gallerie ed oggetti d’arte. estendendo le sue competenze ai monumenti medievali e agli oggetti d’arte. Oltre ad assumere le nuove incombenze tecniche sia degli Uffici Regionali che dei musei d’antichità. ridotti a dieci nel 1891 e trasformati in Uffici Regionali per la conservazione dei monumenti con personale proveniente in parte dal ruolo unico degli impiegati del servizio archeologico e in parte dagli Istituti di Belle Arti. estendendo all’intero territorio nazionale un tipo di struttura destinata a costituire il fulcro del decentramento territoriale e operativo dell’amministrazione statale. 678 del 1882 aveva decretato la separazione delle gallerie. dopo anni di forte centralismo. abrogando i ruoli istituiti tra il 1878 e il 1881. compresi in un ruolo amministrativo. rette da sovrintendenti nominati in seguito a concorso per titoli. Le sovrintendenze furono tripartite. Possiamo quindi vedere come con questi interventi la Direzione stava incominciando ad aprirsi. Nel 1889 vennero istituiti dodici Commissariati Regionali per le Antichità e Belle Arti. Dopo che il R. in quelle sui monumenti. verso una prospettiva più decentrata dell’amministrazione statale di tutela. venne istituito un nuovo ruolo unico comune agli addetti ai musei. alla definitiva strutturazione degli organi periferici in sovrintendenze. tuttavia.chità e Belle Arti. gallerie. compiti questi ritenuti 80 . in base alle competenze. È tra il 1904 e il 1907 che si giunge. le soprintendenze venivano ad assolvere i nuovi compiti stabiliti dalla legge in materia di vigilanza sul patrimonio artistico.D. In questo modo il soprintendente. Le soprintendenze furono ridotte a venticinque e suddivise in tre tipi: alle antichità. inoltre. la direzione vera e propria tanto dei musei.fino ad allora accessori delle direzioni degli uffici tecnici dei musei e degli scavi. ai secondi spettava. compresi i soprintendenti. quanto degli uffici per i monumenti e per gli scavi.7) determinò lo scorporo della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti e della Direzione delle Accademie e Biblioteche dal Ministero della Pubblica Istruzione e 55 Bencivenni-Dalla Negra-Grifoni 1992. è impiegato dallo stato e inserito nell’organico. quindici sovrintendenze alle gallerie. Nel 1939 furono nuovamente aumentate di numero fino a cinquantotto e furono. con Giovanni Spadolini (fig. pp. istituite sovrintendenze speciali: una per l’egittologia a Torino. 386/1907 differenziò sensibilmente le figure dei soprintendenti da quelle dei direttori. una per la preistoria e l’etnografia a Roma. 184ss. già presidente elettivo degli uffici periferici. invece. La legge n. con l’avvento del fascismo. sempre a Roma. ai musei medievali e moderni e agli oggetti d’arte e venne anche prevista la costituzione di sovrintendenze miste con competenze sia sugli oggetti d’antichità che quelli posteriori all’età classica 55. si stabilisce che tutti i funzionari. all’arte medievale e moderna. possano essere trasferiti dall’amministrazione centrale da una sede all’altra. Nel 1974 l’istituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Nel 1923. Furono aggiunte. ai primi era affidata la responsabilità dell’indirizzo scientifico e del coordinamento dei vari istituti ricadenti nel territorio di competenza. alle antichità e all’arte con competenza mista. nello stesso anno. 81 . una terza per l’arte moderna. così. pag. perciò. 82 . veniva a coincidere con l’azione di governo. 40ss. storici. Jalla. di rinnovare di conseguenza la legislazione di tutela e di assegnare un peso nuovo alla valorizzazione. Vero fine della conservazione era adesso considerata la restituzione alla comunità del proprio patrimonio culturale: occorreva. architetti. passare inevitabilmente attraverso il decentramento dei poteri e l’azione degli enti locali per realizzare il fondamentale rapporto fra volontà comunitaria e organi direttivi. Introduzione al nuovo sistema museale italiano. per la volontà di recepire l’estensione del concetto di “bene culturale”. archivistici e librari56. di identità culturale. Si voleva riavvicinare il bene culturale alla comunità e si pensò che proprio le regioni potessero adempiere a questo compito. Si parlava di autonomia degli enti locali. di decentramento. archeologici. ogni iniziativa industriale o edilizia doveva passare inevitabilmente nel corpo di questa storia ed archeologi. a un nuovo e unico Ministero la tutela e la valorizzazione dell’insieme dei beni culturali e ambientali. storici dell’arte chiedevano di lavo- 56 D. considerato grande depositario di storia. Si sentì l’esigenza di far rientrare la tutela nell’assetto pianificato del territorio: essa così. Torino 2000. artistici.della Direzione Generale degli Archivi dal Ministero dell’Interno. Gli anni ‘70 si caratterizzano per la preoccupazione prestata al problema della conservazione del patrimonio inteso nella sua globalità. Erano gli anni in cui nasceva la Regione e su di essa si ponevano le maggiori speranze di una nuova politica dei beni culturali. di pianificazione. affidando. ogni atto economico. prevedendo un raccordo tra legislazione statale e regionale. Il museo contemporaneo. In un paese come il nostro. 112/98 procedono. che si sono ulteriormente discostate dall’evidenza di una stretta interazione tra sopravvivenza del bene culturale e vitalità del suo ambiente. 57 Dal 1981 gli antichi siti di Pompei. Stabiae ed Oplontis e tutta l’area vesuviana sono affidati alla competenza della Soprintendenza Archeologica di Pompei. 83 . rafforzando il centralismo e separando la tutela dalla valorizzazione. Inoltre preoccupazioni di categoria e di ruoli professionali scambiavano il decentramento con la cessione dell’autorità e del prestigio di imporre vincoli. perché molti avevano paura che avvicinare il potere decisionale ai cittadini fosse rischioso per i monumenti. autorizzare restauri ecc. assegnando allo Stato la prima e alle Regioni la seconda. anzi. questi buoni propositi finirono in gran parte nel nulla. Da questo momento in poi l’attenzione per la politica dei beni culturali e per la conservazione globale e programmata si è attenuata e ha iniziato a mutare rapidamente orientamento. Proseguire nell’accentramento delle decisioni sarebbe stato un errore gravissimo: un secolo di storia insegnava che quanto più il possesso culturale si allonta dai luoghi dove il patrimonio si trova.lgs. Il Testo Unico emanato nell’ottobre del 1999 e il D.rare allo stesso tavolo dove questi interventi venivano decisi. Dagli anni ’80 in poi più nulla è stato fatto in direzione di un reale decentramento57. Purtroppo queste considerazioni. tanto più la coscienza diviene indifferente e disposta a ogni tipo di distruzione. Negli ultimi dieci anni il Ministero dei Beni Culturali è stato oggetto di nuove riforme. Herculaneum. nella direzione opposta. delle arti e dello spettacolo. in cui è sancito che “i Comuni esercitano le funzioni in forma associata” e che le regioni debbono attribuire a comuni.lgs. Ad una più ampia applicazione della legge 142/90 hanno mirato le ulteriori disposizioni della legge 265/99 e. si configura. senza chiarire in che modo questi organi periferici possano conciliarsi con le nuove funzioni di coordinamento assegnate alle soprintendenze regionali. dell’architettura e dello sport. 368/98 il dicastero competente ha preso la denominazione di Ministero per i Beni e le Attività Culturali. ampliando le sue competenze alla promozione delle attività culturali. 59). tra stato ed enti locali. al contrario.lgs. organizzativa e finanziaria. Il nuovo Ministero. come Ministero alla cultura. la costituzione di soprintendenze regionali in aggiunta a quelle esistenti. ma secondo alcuni analisti esso ha invece determinato significativi arretramenti. con risultati negativi nel campo della tutela e dei rapporti tra centro e periferia. per effetto di un disegno organizzativo complesso e conservatore che vede con sospetto e timore ogni forma di autonomia e decentramento.Con il D. più ancora. Anche se tale riforma prevedeva per le soprintendenze maggiore autonomia scientifica. il D. 112/98 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali. dell’urbanistica. ha complicato i rapporti nell’articolazione periferica. Lo scopo di tale riorganizzazione era quello di snellire l’apparato burocratico centrale. del libro e della lettura. quindi. in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997. tra il soprintendente regionale e quelli di settore. n. conservando le precedenti competenze e assumendone delle nuove che in precedenza spettavano alla Presidenza del Consiglio. province e comunità montane la “generalità dei compiti e delle funzioni 84 . 41). quella di fissare un sistema condiviso e certo di requisiti.. pur nel rispetto delle diverse realtà locali.a. adottato nel maggio 2001. non solo hanno trasferito al sistema regionale e locale una quantità di poteri senza precedenti. inoltre. n. 22 gennaio 2004. 3. Cammelli. Il problema. non più autosufficiente ma sussidiario. L’attività legislativa è continuata con il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (D. Italia S.p. non più uniforme ma diversificato. separandoli nettamente. assicurino un’omogeneità di base a livello funzionale e gestionale59. Il decreto definisce.mulino. Il museo contemporaneo. Lgs. Lgs. 179-186. Le riforme amministrative (leggi Bassanini) e costituzionali (nuovo Titolo V) dell'ultimo decennio. i concetti di tutela. mentre la tutela rimane di competenza statale. ha promosso una riforma (D. n.beniculturali. Questo decreto.it\archivio\2002\3 3-2002\autor302. e stabilisce che attraverso una apposita commissione saranno individuati i musei e i beni culturali statali la cui gestione verrà trasferita agli enti locali. si pone come risposta ad una esigenza avvertita in misura sempre maggiore.R. dal 2001. non più centralizzato ma autonomo. regole e parametri che. dunque è come ridefinirne le basi e il funzionamento rispetto ad un impianto istituzionale ormai radicalmente cambiato60. di gestione. Introduzione al nuovo sistema museale italiano. Torino 2000. 59 58 85 . 8 D. valorizzazione e promozione. Jalla. D.htm.: sul saggio diSalvatore Settis (e dintorni) in http:aedon. è destinato ad essere non più statale ma locale.P. pp. 8 gennaio 2004. ma implicano un radicale ripensamento dell'intero sistema amministrativo italiano che. Per una più approfondita conoscenza dell’Atto di Indirizzo si veda il sito: www. Il ministro Urbani.amministrative” e attivare “appositi strumenti di incentivazione per favorire l’esercizio associato delle funzioni”58.it/normative 60 M. architettoniche. fondato fino a quel momento sulle Soprintendenze territoriali di settore (archeologiche.giugno 2004. Napoli e Venezia. oltre che dei “Poli museali” di Firenze. ma anche da storici dell’arte o architetti. proprio in conseguenza del suddetto articolo. Roma. come la temuta soppressione. con il pericolo di compiere dei passi indietro. artistiche e storiche) attraverso gli uffici stabilitisi sul territorio. dove interverrebbero anche i privati) da quella tutela del territorio. invece. preannunciava un distacco della tutela dei monumenti e dei musei (che potrebbero finire in una Fondazione. persino da personale esterno al ministero. ma sicuramente ancora perfettibile. poi scongiurata. Si è aggiunto anche un cambio di terminologia e di personale: le Soprintendenze regionali sono diventate Direzioni regionali. se adeguatamente potenziato. che fin dagli anni ’80 del secolo scorso era stata. In conclusione nel settore dei beni culturali la tanto discussa devolution sembra essersi rivelata piuttosto complessa nell’attuazione pratica. con la possibilità di acquisire maggiori poteri e di essere dirette non solo da archeologi. compariva l’ “eventuale soppressione” delle Soprintendenze archeologiche di Roma e di Pompei. Questo Regolamento. all'articolo 17. 173 contenente il regolamento) che è sembrata mirare ad uno smembramento del sistema di tutela territoriale. considerata come la giusta soluzione per sostenere meglio il peso in termini operativi della tutela 86 . soprattutto con il ricorso a personale con competenze specifiche. Nel 2005 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il Regolamento interno nel cui schema. amministrativi o manager. che passerebbe alle Soprintendenze regionali. della Soprintendenza Archeologica di Pompei. n. Un sistema non perfetto. invece. un diritto delle generazioni future e non una moda passeggera o un vezzo da salotto o da intellettuali. e l’altra a Sassari con competenza sui territori delle Province di Sassari e Nuoro. accettabili dal punto di vista culturale e non legate alle contingenze della situazione politica. inteso come insieme armonico di memoria. 87 . è un nostro dovere. La storia della gestione dei beni culturali nel nostro paese. ha deciso l’unificazione delle due Soprintendenze per i Beni Archeologici della Sardegna. in conclusione. ma anche idee e iniziative a lunga scadenza. soprattutto evitando che ogni nuova riforma decada ogni volta che cambia la maggioranza politica al governo del Paese. inoltre. che deve progettare non solo la presenza di funzionari con compiti di controllo dislocati capillarmente sul territorio. sdoppiate nel 1958 in due sedi distinte: una a Cagliari con competenza sui territori delle Province di Cagliari e Oristano. cultura e comunità. diffondere la consapevolezza che la piena salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio culturale. che per migliorare il livello di tutela del patrimonio culturale sono necessari. Occorre. mostra. invece. il consenso.di un patrimonio immenso come quello dei siti archeologici dell’area vesuviana. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. il buonsenso e la consapevolezza di tutti i cittadini. per cui ogni volta chi viene dopo si trova a dover iniziare a riprogettare tutto da capo. partendo dai politici e dal Ministro. La nascita degli organismi di tutela del patrimonio archeologico in Italia meridionale. come il “Piano Arditi”.Abstract Lidia Vignola. le Soprintendenze Archeologiche. ma anche la presenza della criminalità organizzata. che in diverse aree ha un capillare controllo del territorio. Poi dalla fine del XIX secolo in poi un contributo fondamentale nella concezione del servizio di tutela delle antichità fu dato da diversi legislatori e intellettuali. Oggi un’efficace ruolo di contrasto del fenomeno degli scavi clandestini è affidato alle strutture periferiche del Ministero dei Beni Culturali dislocate su tutto il territorio nazionale. Direttore del Museo Nazionale napoletano e Soprintendente agli scavi. di mezzi. Alcuni progetti adottati in Italia meridionale nei secoli scorsi. di personale. tra cui la carenza di strutture logistiche. La pratica dei tombaroli qui affonda le sue radici nell’antichità e nel Rinascimento. appassionati collezionisti di antichità. quando fioriva per alimentare le raccolte dei nobili. Queste strutture in Italia meridionale hanno importanti precursori sin da prima dell’unificazione dell’Italia. La ricerca e la tutela del patrimonio archeologico in Italia meridionale sono da sempre state difficoltose. tra cui soprattutto Giuseppe Fiorelli. per varie ragioni. erano così innovativi per l’epoca da sembrarci attuali ancora oggi. nelle strutture di tutela presenti già nello Stato della Chiesa e nel Regno di Napoli e delle Due Sicilie. Dopo l’unificazione dell’Italia il nuovo stato italiano spesso si limitò a riprendere l’articolato patrimonio di norme legislative ereditate dagli stati preunitari e dai governi provvisori. docente di archeologia all’Università di Napoli. 88 . che hanno prodotto nuovi rapporti tra autorità centrale ed enti locali.Tappe fondamentali nel XX secolo sono state la legge Bottai del 1939 e l’istituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali nel 1974. Questo processo. 89 . Dalla fine degli anni ’90 ad oggi il Ministero dei Beni Culturali è stato poi oggetto di continue riforme. non è ancora approdato ad una forma stabile e consolidata e vi è il rischio che proprio i continui. lenti e talvolta contraddittori interventi legislativi nel settore dei beni culturali operati in questi anni possano provocare degli effetti negativi sulla qualità della tutela del patrimonio archeologico. tuttavia. . 3: Carlo di Borbone. Fig. Con lui si delinea il sistema di tutela archeologica dello Stato della Chiesa.1 (in alto a sinistra): Papa Pio VII. Cen-tro Culturale "Le Cappuccine". 90 . Fig. (1800-1849).2 (in alto a destra): Ritratto del Cardinale Pacca.Fig. Bagna-cavallo (RA).4: L’archeologo Giuseppe Fiorelli. Re di Napoli e Siciliadal 1735 al 1759. Fig. uno dei pionieri in Italia della tutela del patrimonio archeologico. olio su tela del XIX sec. Fig.Fig.5: Michele Amari. Fig. 91 . Ministro della Pubblica Istruzione dal 1862 al 1864. Ministro della Pubblica Istruzione dal 1874 al 1876.7: Giovanni Spadolini. nel 1974 fu il primo Ministro dei Beni Culturali e Ambientali della Repubblica Italiana.6: Ruggero Bonghi. il frutto di diverse campagne di scavo condotte dal 1878 al 188462. Suessula di F. 92 . Taranto 2007. ripreso in “Suessula. contributi alla conoscenza di una antica città della Campania”. s. Un estratto di questo lavoro è pubblicato in G. Erano nella raccolta di antichità. 1954. l’ultima e più importante collezione privata proveniente da scavi di necropoli campane”61 così scriveva Amedeo Maturi parlando della Collezione Spinelli.v. R. “È entrata a far parte delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. nelle stanze 61 A. Gli Spinelli allestirono un vero e proprio museo dove era possibile visitare l’intera collezione. Castaldo. La collezione nasce dalla passione di Marcello Spinelli per l’archeologia della sua terra: fu. F.C. divenendo un’ottima raccolta di fonti per chi vuole approfondire l’argomento. “Museo Nazionale di Napoli. che aveva finalmente raggiunto un porto sicuro dopo vicissitudini drammatiche e quasi surreali. Castaldo in Atti del Convegno della Magna Grecia. 187 62 Il presente contributo nasce dalla tesi di dottorato di ricerca. discussa presso l’Università Federico II di Napoli nel 2006. Collezione Spinelli” in Bollettino d’Arte. infatti. Acerra 1989.Flavio Castaldo Le vicende di una collezione antiquaria: i vasi attici della Collezione Spinelli nei musei statunitensi. 63 Il volume Suessula 1989 ha il merito di radunare tutti i contributi scritti nel corso degli anni su Suessula e sulla Collezione Spinelli. 39/3. Le necropoli campane tra VI e V sec. problemi di documentazione . pp. Greco. 2660 oggetti63. Ciardiello. In appendice al volume è consultabile l’inventariazione di tutti gli oggetti della Collezione. a quanto risulta dal primo inventario effettuato. a. p.. 481-484. La ceramica attica dalla Campania centro settentrionale. Maturi. 235 –275. La necropoli di Suessula. a partire dal IX secolo a. in un’epoca in cui l’archeologia aveva raggiunto una certa maturità di studi. Roma 1991 e in M.C. Salerno 2005. 65 In alcuni casi. A differenza dunque di altre. Oggi. Camardo . Vitolo. pp. 67 I “soprastanti” erano esperti o appassionati di antichità che avevano ricevuto incarico dal Museo Archeologico di Napoli o da altre istituzioni statali di sorvegliare gli scavi 64 93 . Non ebbero nessuna influenza nella raccolta di oggetti e nella loro esposizione criteri estetici. Suessula: trasformazione e fine di una città. Collezione Spinelli 2. un casino nobiliare settecentesco costruito a ridosso di una torre di età medievale e sul foro della città romana di Suessula64. solo una piccola parte di oggetti. in G. riporta von Duhn. 167-192. Le città campane fra tarda antichità e alto Medioevo. non aveva scopi commerciali e fu rigorosamente composta dai soli materiali rinvenuti a Suessula. “quelli più belli”. Si veda: F. è edita ed esposta al pubblico66. 66 Parte della collezione Spinelli è stata edita in M. Tutto ciò che era stato ritrovato durante gli scavi aveva un valore dato dal suo contesto di rinvenimento e dal suo uso.R. Borriello (a cura di). La Spinelli è una collezione di antichità formatasi alla fine dell’800. e per molti anni fu una delle rare testimonianze archeologiche di un centro minore della Campania antica65.R. poiché non era consuetudine per i soprastanti67 del XIX secolo descrivere con minuzia di Sulla topografia di Suessula si veda da ultimo D. pp.della loro casa di campagna. dopo sessant’anni dall’acquisto da parte del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Röemische Mitteilungen1887. Museo Archeologico Nazionale di Napoli VI. CVA Italia LXVI. Rossi. all’interno del Museo furono esposti gli interi contesti funerari così come erano stati ritrovati. Dell’intera campagna di scavo è possibile ricostruire soltanto pochi contesti. Borriello (a cura di). Collezione Spinelli 1. il resto è ben nascosto nei magazzini del museo. Infatti von Duhn quando fece eseguire i suoi disegni potè pubblicare intere sepolture con il corredo ancora all’interno del contenitore poiché così erano state conservate nel museo. Roma 2003. Museo Archeologico Nazionale di Napoli IV. CVA Italia LXXI. Suessula. a poche centinaia di metri dall’area della necropoli. La collezione Spinelli raccontava e racconta la storia di un sito.A. von Duhn. vol II. a cui è addossato nel mezzo un monumento sepolcrale. Gaetano Caporale70. altri contributi più sintetici sono: F. costruita sopra ruderi di fabbrica romana. tranne nei casi che si ritenessero particolarmente significativi68. per quanto noi abbiamo potuto vedere e c’è stato affermato. Federich von Duhn. altri formati di tegoloni. Ausiello. op. ad un profondità massima di met. il conte Spinelli proprietario delle terre. già Torre di Sessola. pp. 1878 pp. nello scorso febbraio si cominciò a scoprire fortuitamente una necropoli. che avrò cura di presentare alla R. cit. in Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica 1879. 94 . in Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica 1878. Gli scheletri trovati. e molte fosse fatte nella terra vergine. esercitò una certa influenza sul barone Marcello Spinelli. pp. e in un’area di circa met. archeologo e membro dell’Istituto Archeologico Germanico. è troppo chiaro che qui siamo fuori appena le mura della città. e a notizie desunte da riviste archeologiche nazionali71. von Duhn si è occupato in diverse occasioni della collezione Spinelli: oltre l’articolo più esaustivo von Duhn. Memorie storico diplomatiche della città di Acerra. op cit. nei quali sembra riconoscere l’antico anfiteatro. che la concorde opinione degli scrittori colloca precisamente in tal sito. Il Caporale. a quattro miglia (chil. Scavi nella necropoli di Suessula. Pare indubitato che questa necropoli sia appartenuta all’antica città di Suessula.. anche Notizie degli Scavi di Antichità. 213-223. mansione attuale di un ispettore di Soprintendenza. 141 –158. sig. Spinelli di Scalea detto Bosco di Calabricito. 2 vennero a luce alcuni sarcofagi di tufo. archeologici che si effettuavano in un determinato territorio. 68 Per una prima c ricostruzione dei corredi Spinnelli si veda M. Dei diversi autori che hanno descritto gli scavi di Suessula si devono ricordare il soprastante degli scavi. 71 “[…] Nel fondo dei sigg. sede dell’antica Suessula. È possibile ricavare un’ubicazione approssimativa dei luoghi dove si sono svolte le ricerche grazie ad uno storico locale.particolare quanto ritrovato. lo stesso Barone Marcello Spinelli. 7 ½) da Acerra . Giulio Minervini. appartenenti alla necropoli di quella vetusta città. Borriello. 70 Gaetano Caporale. fece intraprendere scavi. 400. 69 F. Caporale. pp. “la Necropoli di Suessula: lettura di uno scavo ottocentesco attraverso la documentazione scritta” in Suessula. Scavi nella necropoli di Suessula. Di quanto si è finora ricuperato si aspetta una relazione. principale fonte per lo studio e la ricostruzione di alcuni contesti sepolcrali 69. delle quali alcune custodite da un mucchio di pietre calcari. Riporta il Caporale che: “Nella contrada Bosco di Calabricito nel comune di Acerra. ed a nove da Capua e Nola. ed esistono tuttora nella circostante campagna avanzi di una schola. medico acerrano appassionato di storia e di archeologia. storico locale e membro onorario della Commissione di Antichità di Terra di Lavoro. 69-70. Accademia non appena mi sarà pervenuta” G. von Duhn. quad. E di vero trovandosi a meno di un chilometro dallo scavo la casina Spinelli. avevano la solita orientazione da est ad ovest. che diedero finora la scoperta di tombe antichissime. vicedirettore del Real Museo Borbonico. von Duhn.R. Napoli 1875. Cfr. 145 –165. 1887. F. come da sua stessa ammissione. 72 A. 1878. 95 . dunque. Si veda: T. in Notizie degli Scavi di Antichità. che la varia costruzione delle tombe non implica diversità di epoca. in Notizie degli Scavi di Antichità.Sogliano .Le indagini si svolsero “a sette chilometri e mezzo da Acerra”. durante il primo anno.141 e sg. fu affidata al soprastante sig. Suessula. A differenza del soprastante. A. 97 e ss. p. p. I primi due anni di ricerche sono stati descritti con maggiore minuzia di particolari. Il barone nei suoi scritti utilizzava la nomenclatura vascolare del Panofka. Felice a Cancello. Ausiello. si trovarono molte urne cinerarie […]”.110. nel 1878. trovandosi esse quasi tutte a fior di terra e insieme frammischiate. 73 M. Panofka. Il Panofka eseguì un‘approfondita ricerca sulla nomenclatura delle forme dei vasi greci riuscendo a sostituie graduatamente i termini dialettali usati per indicare le diverse forma vascolari. non essendo a digiuno di competenze archeologiche. Ausiello72. che compilò un diario giornaliero delle attività di scavo informandoci in modo dettagliato sulle tipologie delle sepolture e sui diversi oggetti rinvenuti. le descrizioni dei contesti di rinvenimento erano molto generiche73. Recherches sur les véritables noms des vases grecs. 1879a. identificare con certezza gli oggetti ritrovati. ibidem. che accanto ai sarcofagi ed ai mucchi di pietre . tra il comune di Acerra e il comune di S. Paris 1829.De Petra. continuando ad essere utilizzata nell‘archeologia contemporanea. La sorveglianza dei lavori. Suessula. Ausiello dimostra di avere poche competenze di ambito archeologico. in secondo luogo. In quegli anni mentre cominciava a prendere piede nell’archeologia internazionale con sempre maggiore forza l’importanza del contesto di scavo. pp. cioè nel luogo appunto della necropoli suessolana […]” Milani .69-70. Spinelli prendeva come modello un folto gruppo di archeologi italiani che concentrava la propria attenzione quasi esclusivamente sull’oggetto recuperato. pp. però. in Notizie degli Scavi di Antichità. La ricerca del Panofka è ancora valide nelle sue linee generali. 1878. L’anno seguente fu lo stesso Marcello Spinelli a descrivere gli scavi. Spinelli. “[…] Riguardo poi all’età probabile della necropoli. dobbiamo innanzi tutto notare. Suessula. infatti utilizzava una nomenclatura vascolare ormai diventata obsoleta già nel corso degli anni ‘50 del XIX secolo. È difficile. cit. Suessula. III-X.. in apparenza la più estesa necropoli urbana di Suessula. von Duhn. in Caserta.op. il recupero solo parziale degli oggetti di corredo. pp. 1887. cit. 79 von Duhn.. 16-17 e tav. Era stato individuato un altro lotto di necropoli databile nel corso del IV sec. 75 G. op. La pittura dei Campani e dei Sanniti. op. pp.. 1991.187 –188. 1879. talvolta.. cit. M. C. Ben poco sappiamo delle altre campagne di scavo. tombe ipogeiche a semicamera e a camera databili almeno dalla seconda metà del IV sec. 78 von Duhn. 80 Borriello. Guida illustrata della Mostra archeologica campana. le quali hanno la copertura formata di pesanti massi di tufo. in Atti della Commissione di Terra di Lavoro 1878. a.80.Nel 1879 gli scavi proseguirono: si rinvennero. 2003.C. a. ad esclusione di quanto ha comunicato von Duhn nel suo contributo eseguito a conclusione delle ricerche78. Anche se Marcello Spinelli rinvenne numerose sepolture in altri luoghi “più o meno vicini alla città”79 volle concentrare le attività di scavo nei pressi del Bosco di Calabricito. cit.1887. Spinelli.C. in Notizie degli Scavi di Antichità 1879b. von Duhn. 76 G. La scoperta dalla necropoli di Suessula divenne un caso esemplare dal 1879 e dopo la seconda campagna di scavo godette di una discreta fama75 tanto da destare l’attenzione di Minervini76 e di von Duhn77. op cit. Roma 2001. senza individuare la tomba nella sua interezza. Si veda: R. oltre a tipologie tombali attestate durante l’anno precedente. IV. Napoli 1879.1878. alcune sepolture a semicamera di età sannitica74. La metodologia di intervento era piuttosto sbrigativa.. 74 96 . anche se non è possibile dare misure precise di quella che fu l’aria di indagine. pp. a.1879. Borriello. Benassai. Lo Spinelli inoltre segnalò il ritrovamento di sepolture a lastroni di tufo “di grandi proporzioni.C. cit. Si attestò una sovrapposizione di tombe databili tra la fine del IX sec.. che girano quasi a forma di volta”. op. a. poiché si eseguivano lunghe trincee che consentivano. Erano. op cit. Minervini. 77 von Duhn . op. con tutta probabilità. Breve relazione di una vetusta necropoli scoperta nel territorio dell’antica Suessula. fino al II sec. Minervini. con sepolture poste a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra. Scavi nella necropoli di Suessula. op.109. tra i comuni di S. Ronga. 83 Ibid. in località Piazza Vecchia. e dalla fine del VI fino al terzo quarto del V sec. di numerose sepolture cronologicamente lontane. 97 . Basile. a.. Laforgia. probabilmente a lungo oggetto di devozione poiché appartenenti ai capostipiti della gens. Felice a Cancello e Acerra.C. in spazi ristretti. In ambedue i casi è riscontrabile una disposizione per nuclei distinti. a. fino all’età repubblicana nel caso di Località Bosco di Calabricito) causando la presenza.82 Le due aree furono destinate a necropoli per un lungo arco di tempo (dalla formazione del centro abitato.200 m a Sud-Ovest della stazione ferroviaria di Cancello e a circa 750 m dal Casino Spinelli. cit. Le sepolture sono databili tra l’VIII ed il VII sec. a. F. Gli scavi Spinelli hanno restituito una maggiore varietà di 81 E. individuando un’altra area di necropoli81. in Bollettino di Archeologia del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali 1996. Nella necropoli di Località Piazza Vecchia è attestato il rispetto verso le sepolture più antiche. G. fenomeno probabilmente riscontrabile maggiormente nell’area del Bosco di Calabricito. 82 Laforgia-Basile-Ronga. IX sec.C.C. p. le sepolture di età arcaica-classica sono disposte secondo orientamenti diversi83. L’alta concentrazione di sepolture in piccoli spazi è causa anche di sovrapposizione di tombe. rivelando un’organizzazione per lotti familiari. Mentre le tombe più antiche presentano una regolarità di orientamento in direzione Nord-Est/Sud-Ovest.Bisognerà attendere circa un secolo per la ripresa delle ricerche: tra il 1996 e il 1997 sono eseguite indagini intorno alle vecchie proprietà Spinelli a circa 1. Sui dinoi bronzei campani. qualità e tipologia di oggetti87. Ogni sepoltura presenta delle sue peculiarità probabilmente indicative di della posizione socio-culturale o di una particolare scelta religiosa del defunto. 167-216.. cit. Sono state individuate sepolture attribuibili. 87 Castaldo. 2007. a.C. Le tipologie sepolcrali più frequenti di età tardo arcaica-classica sono tombe a fossa. 86 Ronga in Laforgia-Basile-Ronga. pp. Dipartimento di Archeologia e Storia Antica n. che presenta numerose variabili sulla quantità. La tomba 38 di Località Piazza Vecchia e la tomba N di Località Bosco di Calabricito hanno all’esterno della cassa alcuni oggetti ceramici proba- 84 R. a diverse fasce di età. è l’unico caso di tomba bisoma noto a Suessula: le dimensioni sono piuttosto monumentali e il corredo è molto ricco. Roma 1995. cit. Benassai.. che dimostrano l’esistenza di offerte lasciate nell’area della necropoli. Pellegrino. in Annali dell’ Istituto Orientale di Napoli.tipologie funerarie e di composizione di corredo rispetto allo scavo di località Piazza Vecchia. Non bisogna commettere l’errore di pensare ad una standardizzazione del rituale funerario. Il defunto era deposto apparentemente con oggetti utili alla conservazione e al consumo di cibo e vino. op. talvolta con copertura in tegole in piano o disposte a cappuccina.. La tomba R. in Studi sulla Campania Preromana. sulla base delle dimensioni minori della fossa. ad esempio. 11-12. pp. compresi degli infanti86.. alle quali si aggiungono alcune sepolture a ricettacolo in tufo facilmente confrontabili con quelle rinvenute nella vicina Capua84. il caso ben documentato di Pontecagnano in C. Ambedue le campagne di scavo erano accomunate dal rinvenimento di numerosi oggetti sporadici. op. p. 157 e sg. 98 . Ritualità e forme di culto funerario tra VI e V sec. 109. fenomeno piuttosto frequente nella realtà archeologica campana85. 85 Cfr. lungo met. La sepoltura. una in piedi alta met. di Località Bosco di Calabricito89 (scavi Spinelli 1879).35 simile per forma a quello che riporta il Birch a pag. in Notizie degli Scavi di Antichità. p. seduta sopra sedia a spalliera e piedi ricurvi.38. a. in particolare p. collo e piede a vernice nera finissima. si trovò un lekythos alto met. e coperto da quattro tegoli. largo met. l’altra alta met. 0. dalla Collezione Spinelli. Si vuole porre l’accento sugli oggetti conservati ed esposti nei musei di Boston e di Toledo e provenienti.87)88 ed attribuita al Pittore di Achille con raffigurazione di una scena di giniceo proviene dalla tomba M. conservato sempre al Museum of Fine Arts di Boston (inv.11. 0. Oxford 1963. atJ. 998 n. Non è stato possibile identificare gli altri oggetti del corredo. senza ombra di dubbio. Nella stessa tomba furono pure trovate una pyxis con coperchio. ventre bianco. leggonsi in tre linee le lettere AXIOREI KALOS ALKIMAS. Un pezzo di smalto mancante ne rende incerta l’ultima. non manicata. 13. 2nd ed. 0. Suessula. ad inumazione. 124. 0.15. manico. Beazley. pp.. All’altezza della testa della figura in piedi. è a fossa. 13. è databile intorno alla metà del V sec. Attic Red-figure Vase-Painters. 188: “In un sarcofago incavato nel tufo(monte). incavata nel banco tufaceo con copertura di tegole.186): non è un caso che Minervini. 187 e sg. e sul lato anteriore sono dipinte due figure muliebri che sembra parlino fra loro. I numerosi dati raccolti dai soprastanti e dal Von Duhn hanno consentito di ricomporre alcuni corredi sepolcrali. Questi sono pertinenti a corredi sepolcrali descritti con minuzia di particolari da studiosi e soprastanti. Spinelli. con leggier velo di un bel roseo che le copre la parte media della persona. Il vaso più “bello” della collezione Spinelli è lo skyphos. 2. vol II. 1879. Il corredo composto oltre che dalla lekythos da una pixys con coperchio e una “phiala”. La Lekythos attica a fondo bianco conservata al Museum of Fine Arts di Boston (inv. La descrizione della tomba è riportata in M.14. vestita con tunica trasparente. profondità met.41. ed una phiala”. 89 88 99 .C.bilmente contenenti offerte alimentari disposte dopo la chiusura del sepolcro. 0. vestita di leggerissimo mantello.80.D. Ha bocca. 21m). due famosi ceramisti attici. Criseide ed infine Priamo.. A detta del Maiuri lo skyphos. [. la forma quella 10 presso Iahn. e sono questi uno della forma 137 Heydemann. due de’quali ho visti.] L’altezza 0. op. in Estratto dell’Archivio Storico per le Provincie Napoletane. 187-188).9 pp. con Afrodite e Peito. fu trovato un vaso della fabbrica di Hieron.tento ai ritrovamenti vascolari poiché insigne studioso di iconografia. cit. Afrodite. come addossato alla medesima.... cit. in Bollettino d’Arte 39/3 del 1954 p. Vi sono raffigurati una serie di protagonisti della guerra di Troia: sul lato A Enea. di fabbrica evidentemente locale: il colore è rimasto il naturale. 0. 1989 pp. è la prima volta che troviamo due nomi sopra un vaso di Hieron [. Minervini. opera di Hieron e Makron.] sarà difficile stabilire: io sarei piuttosto inclinato a credere chi siano di bestia. sopr. graffita nel modo solito sopra l’uno dei manichi. Elena. da alcuni interpretato come cratere per le sue dimensioni anomale (h. Collezione Spinelli. nella quasi assoluta mancanza di ossa [. 91 A. sepoltura a cassa di tufo. 100 .]. fasc. op. un probabile skyphos campano e uno skyphos attico a vernice nera.. attenendoci quanto descritto dal Von Duhn. aveva all’interno un corredo composto da un’anfora attica a figure rosse. fu donato dallo Spinelli ad un “Museo straniero” come “munifico gesto di gran signore napoletano e non altro”91.. È possibile che fu posto dopo la chiusura della cassa per un ulterio- 90 G. e solo due linee brunastre girano intorno al ventre. ad inumazione. era posto accanto alla tomba e conteneva altri tre piccoli vasi e resti di ceneri. Scavi di Suessula. Elena. 33 presso Heydemann. Maturi. di animale dunque: se di uomo o di bestia.25.] Oltre le ceneri si trovarono dentro il vaso tre piccoli vasetti. Museo Nazionale di Napoli. ne da notizia nell’anno stesso del rinvenimento90. 173-178). Sul contesto di rinvenimento dello skyphos vi sono alcune incertezze interpretative: la tomba N. cit. Il vaso Porta oltre l’iscrizione HIERON EPOIESEN.... 3°.. Paride. sotto l’altro manico l’iscrizione dipinta: MAKRON EGRAPSEN. 277( estratto riedito in Suessula. Il vaso conteneva delle ceneri di materia grassa. Lo skyphos di Boston. un altro vasetto poi della forma stessa del grande vaso ha una vernice nera lucida senza altro ornamento di guisa”. sul lato B Menelao. 101: “Ora accanto a questa tomba.32.13-21 (estratto riedito in Suessula. 1879 p. [. 1879 pp. un owl skyphos attico di piccole dimensioni. anno IV. von Duhn. il diametro 0.1989. 92 F. da Località Bosco di Calabricito92 (scavi Spinelli 1879).. una kylix a vernice nera e un terzo non identificabile. vestito da operaio.07) appositamente fatto. Questa la descrizione dei diversi oggetti di corredo: 1) “Anfora. Il vaso. collocata in un incavo profondo 0. op. la sinistra con una patera è stesa innanzi. ella guarda indietro: la destra. con braccialetti ai polsi. Gli altri tre vasi dell’ipotetico corredo sono una coppa o lekane di produzione campana con decorazione lineare sulla parete.34. 0. come pure l’anfora dipinta.. sul lato B invece è raffigurata una nike in corsa.Disegno molto 101 . il rimanente è alto 0. A: Efesto. Gli sta dinanzi Tetide che stende verso di lui la mano.13. accompagnando con tal gesto le proprie parole […] B: Nike. E’ una situla di forma svelta ed elegante. Ne sono più piccole le dimensioni (manca il coperchio) […]. prima di diventare offerta funeraria. 1887 pp. in veste lunga. è stato a lungo conservato e utilizzato in ambiente domestico. cit.re segno di devozione verso il defunto e per contenere resti di offerte alimentari incinerite.188). A d. coi capelli raccolti in una cuffietta. che abbia svolto la funzione di cinerario per una tomba ad incinerazione di un familiare del deposto nella cassa. Non è da escludere. 14) è consumato il fondo. senza il solito ornamento di figure plastiche. databile nei primi decenni dello stesso secolo.. sta lustrando lo scudo di Achille. 121-123: “All’istesso risultato ci condurrà un esame del secondo cubo. Fa eccezione lo skyphos di Boston. . 13. però. La descrizione del corredo della Tomba N lascia pensare ad una datazione degli oggetti dopo la seconda metà del V sec. Dell’urna di bronzo (fig.14 (fig 15). riprodotto da sopra nella fig. probabilmente perché ritenuto prezioso.C. dunque. Un altro vaso conservato al Musem of Fine Art di Boston è l’anfora attica a figure rosse (inv. L’anfora era posta all’interno della tomba P di Località Bosco di Calabricito93 (scavi Spinelli 1879). che tiene una brocca. a. ma con manico doppio. una 93 La descrizione è in F. rimane indietro anch’essa. che corre da sin. ha però il suo incavo (prof. alta 0.27 fino all’orlo. L’urna di bronzo non sta nel centro. von Duhn. L’anfora è decorata con sul lato A un artigiano che lavora ad uno scudo assistito da Atena. ma l’identificazione non è certa. fissato mediante una cerniera attaccata alle spalle ed all’orlo del vaso […]”. È stato proposto di riconoscere il fabbro al lavoro come Efesto e dunque la dea come Teti.32 fino alla punta del bottone. 0. con veste e manto che le cuopre l’occipite. Fratte. Dietro di lei una colonna sopra lo zoccolo . Modena. al sepolcro in discorso un’epoca non troppo distante dalla metà del quinto secolo”.07 m. Al centro del blocco di tufo vi era un incavo di profondità minima (0.205 m. Greco (a cura di). a. che ha reso possibile anche l’individuazione della kylix di Napoli. 2) “Tazza (fig.27 m.6 p. 1995 pp. I vasi del corredo datano la sepoltura intorno alla metà del V sec. attribuito al Pittore di Dutuit.177-178). 17). una figura femminile ammantata nei pressi di una colonna. La studiosa identifica il vaso in bronzo come una situla o uno stamnos ma non menziona la kylix. x 0. con un manico posto verticalmente. barbata e. inv. t.08. inv. a. 95 La ricostruzione del corredo è stata già proposta da Benassai (R. La puntuale descrizione del Von Duhn. scena di ratto di una divinità che insegue un fino e severo”. Il vaso in bronzo.184) avente sul lato A. di profondità) era mancante di coperchio. n. B: Donna. Museo Archeologico Nazionale. Il ricettacolo in tufo (0. non lascia dubbi sull’identificazione dell’anfora attica e del glaux. 414. ex Spinelli. 0. 94 Cfr. Unica perplessità sull’identificazione della kylix è la presenza nel tondo centrale interno di un gallo a figure nere non descritto dal von Duhn. è identificabile con una situla grazie al disegno riportato dal Von Duhn94. un altro incavo conteneva l’anfora. verso sin. n. diam.Disegno severo”. 247 fig.C.C. Pontrandolfo – G. Anche questi vasi assegnano. XLVIII. corredata da disegni. 95. Ancora al Museum of Fine Arts di Boston è conservata un’anfora attica a figure rosse (inv.19 a vernice nera lucida. La datazione della sepoltura dovrebbe aggirarsi intorno alla metà del V sec.60 m x 0. alta 0.sepoltura a ricettacolo in tufo. 164320) decorato con sul lato A una figura maschile ammantata.64 m. 102 . ad incinerazione. pur non essendo stato individuato. 16). sul lato B. Altri oggetti del corredo erano un glaux attico a figure rosse ora conservato a Napoli (Museo Archeologico Nazionale. un insediamento Etrusco-campano.) contenente una situla in bronzo. situla in A. Benassai. 10. di 0. 188141). l’altro orizzontalmente che cammina verso d.di altezza. ex Spinelli 344. 3) “Coppa (fig. una kylix a vernice nera (probabilmente identificabile con Napoli. 152. Fig. L’urna di bronzo fig.12. Tipo rosso. Giovane. Sui dinoi bronzei campani. come è solito in questo tipo di sepolture.08 tutto annerito come dal fumo. II. E’ attica. trovato intatto e trasportato nel museo come è. sono i seguenti: 1)Anfora (fig. veduto da sopra. Le pareti interne.255. Il cinerario era un dinos di bronzo avente sul F.177-178). e così pure al ragazzo. A: Giove insegue un giovanetto che giuoca a cerchiello. con le gambe scostate l’una dall’altra soltanto alle cosce ed alle ginocchia. 9) alta 0. che sta ritto coi piedi fermi sul suolo. la destra accompagna lo sguardo. Questa (alt. serie III . Benassai. in M. né contraddice a quel tempo il carattere de’vasi 4. All’incavo della cassa ne corrisponde un altro nel coperchio. così possiamo presumere in circa la stessa età anche l’urna di bronzo e per il cubo intiero”. L’identificazione dell’anfora è stata proposta da Benassai (R. essendo ridotti a pezzi il fondo ed il coperchio: conseguenza questa dell’azione del tempo sopra la sottilissima lamina di metallo. 96 103 . op. dello stile rosso severo. 116-121: “Fig. L’anfora. e sul lato B un giovane corrente. questa volta con la presenza del coperchio: un secondo blocco di tufo. Giove munito dello scettro. portano tuttora il loro vivace color rosso. B.2 rappresenta il cubo aperto. 157-207 1995 pp. alto 0. l’uno più grande di bronzo. la sinistra afferra un pezzo di panno qualunque. Le pareti interne della sepoltura erano dipinte in rosso. formato a padiglione. specialmente del coperchio. le mani sono alzate in atto di preghiera. Siccome l’epoca de’vasi fig. 4. in forma di testa doppia: quella virile barbata. 1 presenta chiuso il maggiore de’ due cubi di tufo. i capelli cinti da una benda. L’interno dell’urna conteneva le ceneri del cadavere bruciato. La puntuale descrizione della sepoltura e del corredo del von Duhn correlata da disegni dei vasi non lascia dubbi sull’anfora attica. senza ornamento o disegno. ha una ghirlanda rossastra in capo. attribuita al Pittore di Pan. cit. cogli oggetti ancora sul posto precisamente come furono trovati. Roma 1995. con accenno della veste al collo. ed ila vasetto nero fig. presentava incavi sul fondo per contenere gli oggetti del corredo. pp. colore costante per l’interno di questi cubi. alto 0.3 si trovò alquanto danneggiata.14 a vernice nera lucida senza disegno. non mi oppongo a chi avesse piacere di chiamarlo Ganimede. Il blocco inferiore. La bocca del vaso non Porta disegno veruno. von Duhn. Centro Studi per la Magna Grecia. corre verso d. (…) Gli altri vasi ritrovati nel medesimo cubo di tufo coll’urna. Fattura eccellente. Zevi ( a cura di). Studi sulla Campania preromana.11. 4)Vasetto (fig. dalla necropoli di località Bosco di Calabricito96 (Scavi Spinelli). ma severo.. 0. Cristofani – F. 3)Coppa (fig 11) alta 0. probabilmente il ratto di Ganimede. a doppio spiovente. 5) e la figura centrale che faceva le veci del bottone di coperchio (fig. Le misure sono le seguenti: (…). gli altri di terra cotta. la femminile con ricciolini arcaici sopra la fonte. i ricci gli cadono sopra la spalla e la nuca. 1887 pp. Di figure del coperchio non se ne trovano che due cavalli(fig. 2)Vaso (fig.12). costituita da un ricettacolo in tufo. Altri piccoli incavi nel fondo del vuoto rendono più stabile il posto de’cinque vasi. vol. ancora arcaico..9 e 10 è la prima metà del quinto secolo. è pertinente alla tomba Q. – Disegno nitidissimo tutto preparato a graffito. guardando indietro. vestito nello stesso dell’altro della parte opposta.14) rappresenta un giovane ignudo.fanciullo.6).10). 15 in Fratte.coperchio una statuetta bronzea di un atleta tra due cavalli. maniera a figure nere rilassata. che gli va incontro da d. alto 0. abbassate le anteriori. alla brocchetta Fratte T. una donna che alza la sin. 6) Olla a vernice nera (forma Furtw. alto 0.14. L’eroe. simile per forma e dimensioni a S. Disegno nero con sovrapposti colori bianchi e violacei (tav. 288) alto 0.17 n. 137-138: “Nel maggio però se ne trovò una di proporzioni straordinarie (lunga in circa metri 2 ½ larga m. op. op. Disegno nero rilassato. Dioniso vestito e barbato. 181) alto 0.2 e 3). A. a. I p. con benda violacea ne’ capelli.17.25. 98 F. sotto il manto. il toro cammina a lenti passi. 222). (…) Una 97 104 . mentre con la sin. 405). uno skyphos a vernice nera e un’olpetta a vernice nera97. circa verso E-SE dal casino della quale nell’ottobre vidi ancora riuniti insieme tutti i vasi esattamente notati da D..263 fig. Europa sul toro verso d. in W. invano si difende. 3) Orciuolo come il precedente. con due cadaveri seppelliti insieme) a 1/3 di chilom. è simile per forma allo skyphos Fratte T. il cantaro . Un’anfora attica a figure nere conservata al Toledo Museum of Art (inv. 15. Disegno nero rilassato. di cui lo scudo grande si scorge sopra il dorso... von Duhn. che porta sulle spalle un altro . Lo skyphos a vernice nera. alta 0. decorata con una figura femminile su toro e. che nella tavola del von Duhn è ad anello. Berliner VasenSammlung 45). irreperibile. sopr. è una produzione attica databile nel primo quatro del V sec. irreperibile. che sta per scagliare colle mani..215. 1990 p. Nel campo stanno assisi su delle sedie dirimpetto l’uno all’altro a sin. guardante verso sin. 4) Orciuolo simile con orificio a trifoglio (tipo furtw. n. Cerca di rompergli il corno. Napoli 1983 p. cit. contro il nemico. Una ghirlanda a rosoni bianchi. 23): forma Futwaengler. a d. . Maria Capua Vetere. di esecuzione piuttosto severa.... Nel campo Dioniso vestito e barbato. le teste de’ due cavalli posteriori sono ugualmente alzate. Materiali di età arcaica della Campania. cit. Nel campo un guerriero verso d. Johannowsky. 41.298. (…) Nel campo non si vede che la parte esteriore di una quadriga da sin. alto 0. 5) Orciuolo di forma e stile simile al precedente. T.33. alza con la sin.. attribuita al Gruppo del Leagros. Marcello Spinelli: 1) Anfora (fig. 262. 52-65).98) ornato a stecco con disegni geometrici. cit. a. Acheloo. in Fratte.1.Ercole combatte con Acheloo mezzo toro mezzo uomo. Europa vestita di chitone ionico e manto. nella sin. XI. portando addosso il turcasso col coperchio aperto e l’arco. fa un assalto verso d. (…) B. Nel mezzo tralci d’edera. 200-201 tav. . Gli altri oggetti di corredo sono un kantharos attico gianiforme con testa di sileno e di menade. 447b p. sepoltura a fossa dalla necropoli di Bosco di Calibricito (scavi Spinelli)98. 8)Vaso in forma di testa muliebre (forma Furtw.C. sull’altro lato. con la spada alla coscia sin. è l’oggetto più “prestigioso” della tomba R. veduto di faccia. n.C. 1990 fig. La sepoltura è databile intorno alla metà del V sec.(…) 2) Orciuolo (forma Furtw. gli vibra un colpo sul petto. n.80. La tomba presentava la particolarità di essere Il kantharos gianiforme. L’olpetta è confrontabile per forma e dimensioni ad esclusione dell’ansa.16. con due pietre bianche . vestito soltanto di un grembiale.XII. 1. 7) Vaso di creta grezza (forma Furtw. con Ercole in lotta con il centauro Nesso.21. 12. da dove procede un Satiro barbato che gli sta parlando. 1887 pp. con Dioniso recumbente e Sileno. La sepoltura è databile dagli oggetti di corredo intorno al primo quarto del V sec. 164177). attribuito al Pittore della Linea Rossa. Borriello 2003 tav. XX. un’olpe attica a figure nere (Napoli. 164180). in W. di larghezza). probabilmente in una zona marginale della necropoli. 164164). un’olla a vernice nera. attribuita al Pittore di Londra B 495. sup. Johannowsky. decorata con Amazzone che trasporta sulle spalle un’altra Amazzone ferita. S. ex Spinelli. 99 Il kantharos. Maria Capua Vetere. inv. Borriello 2003 tav. per l’oinochoe MANN 164177. Coll.C. attribuita al Pittore di Gela.C. (…) Così questo vaso determina l’epoca della tomba in discorso al più tardi nel primo terzo del quinto secolo(…)”. è una produzione attica databile nel primo quatro del V sec. T. 105 . pp.bisoma. inv. per l’olpe MANN 164164. Museo Archeologico Nazionale.1. un vaso acromo non identificabile. Napoli 1983. Per l’olpe MANN 164180. corona d’edera dipinta in bianco cinge la testa. tav. La doppia presenza di inumati motivava il ricco corredo ceramico e le dimensioni imponenti (2. La sepoltura era ubicata a circa un terzo di chilometro in direzione estsud est dal Casino Spinelli. oltre che dall’anfora. 13. Q. 199-201. 2003 pp. L’uso di kantharoi plastici sembra ricorrente a Suessula. Borriello 2003 tav. 41. e T. Il corredo era composto. Materiali di età arcaica della Campania. XXVII 2-3. ex-Spinelli. infine un’olpe (oinochoe in Borriello 2003) attica a figure nere (Napoli. XXXVI 1-3.1. a. Il corredo è descritto in Borriello. 37a e tav. Museo Archeologico Nazionale. un kantharos a forma di testa femminile99. 298 n. non identificabile. Spinelli. di lunghezza e 1. inv. un’ oinochoe attica a figure nere (Napoli.50 m. Museo Archeologico Nazionale.80 m. e a Capua. 23-24. irreperibile. da: un “orciuolo” a figure nere decorato con una quadriga. L’uniformità della cronologia degli oggetti dimostra la realizzazione della sepoltura in un unico momento.122. T. a. con Dioniso seduto con kantharos e figura femminile affrontata. n. la collezione Spinelli conta 97 vasi attici figurati. L’intera Collezione fu concentrata all’interno di una singola stanza. non è stata mai portata a termine una pubblicazione esaustiva dell’intera collezione ed uno studio completo sia degli scavi che delle vicende che l’hanno coinvolta. non vi sono altre tracce di eventuali vendite di oggetti. Ben poco è possibile conoscere delle vicende della Collezione dal 1887. Dei 2660 oggetti pubblicati dal Beazley come provenienti da Suessula. Una prima catalogazione della Collezione deve attendere il 1925. con poca cura degli oggetti.C. ma ad eccezione di questi pochi vasi descritti. a giudicare da quanto è possibile sapere. Ma ad oggi non è stato fatto mai un raffronto accurato tra quanto catalogato e quanto conservato al Museo di Napoli.C. quando fu eseguita su iniziativa del Soprintendente Maiuri. oggi per lo più riediti nei Corpora Vasorum del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. fino alla fine del V sec. databili dalla seconda metà del VI sec.Nonostante l’importanza degli scavi archeologici condotti dalla famiglia Spinelli e la ricchezza della collezione. quando vi si stabilirono prima un comando tedesco e poi un comando americano. in parte avviate nel 1925 e riprese nel 1938. a quanto risulta. prima della cessione al Museo non è mai stata richiesta un’autorizzazione alla vendita. a. Le trattative per la cessione della Collezione. Inoltre. ad oggi. conservati in musei statunitensi. furono bloccate a causa delle vicende belliche. a. Il Museo era ancora nel casino Spinelli durante la Seconda Guerra Mondiale.. causando 106 . 277 e sg. 1989. Anfora Boston 13.188. Cinque vasi attici figurati appartenenti alla collezione Spinelli (lekythos Boston 13. 107 . prima. in Suessula. pp. lontano dalla vista di qualunque visitatore. Anfora Boston 10184. Il passaggio dalla Collezione Spinelli alle collezioni museali americane potrebbe essere avvenuto tra il 1943 e il 1945 senza alcuna autorizzazione. e americana.186. skyphos Boston 13. essendo già vigente in Italia il divieto di vendita dei beni di interesse archeologico sancito dalla legge 1089 del 1939. pertinenti a sepolture individuate e indagate durante gli scavi Spinelli. op. 100 101 A. Probabilmente la loro dispersione è avvenuta durante la presenza tedesca. Era intenzione di Maiuri dedicare un’intera sala del Museo a Marcello Spinelli per esporla: intenzioni del tutto disattese poiché gran parte della collezione è conservata nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Anfora Toledo 52-65). 1954. Maiuri. apparentemente non sono mai stati venduti eppure oggi fanno parte della collezioni museali del Museum of fine Arts di Boston e del Toledo Museum of Art. op. I negri bevevano nelle preziose coppe del Museo. Maiuri.. pp.87. Un racconto puntuale con toni tragicomici è riportato dal Maiuri: A. cit. cit.181-184. poi. salvandola dalla situazione disastrosa in cui ormai versava101..loro non pochi danni100. Dopo il 1945 la collezione fu interamente donata da Elena Spinelli al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. nel Casino Spinelli. Era intenzione del Maiuri dedicare un’intera sala del museo a Marcello Spinelli per esporla. edificata. durante la Seconda Guerra Mondiale. Si formò dagli scavi archeologici promossi dal Barone Marcello Spinelli tra il 1878 e il 1886. Nel 1945 la collezione fu interamente donata da Elena Spinelli al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. sono oggi esposti al Museum of Fine Arts di Boston e al Toledo Museum of Art. Fu esposta a lungo nel Casino Spinelli. Da allora gran parte di essa è conservata nei magazzini del museo. Nonostante le lacune della documentazione è possibile ricomporre alcuni corredi con ceramica figurata rinvenuti negli scavi. grazie alle descrizioni di Spinelli. sig. Minervini. causando con non pochi danni alle collezioni. 108 . per salvarla dalla situazione disastrosa in cui ormai versava. Ausiello. apparentemente mai venduti. sul foro della città romana di Suessula. Probabilmente la loro dispersione è avvenuta durante l’occupazione tedesca e poi americana del Casino Spinelli durante la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia alcuni vasi attici figurati. come si è desunto da scavi condotti nel 1901 e da altri ancora in corso. Von Duhn e del soprastante degli scavi. Le vicende di una collezione antiquaria: i vasi attici della Collezione Spinelli nei musei statunitensi. La collezione Spinelli (2660 oggetti) è una delle ultime grandi collezioni ottocentesche acquisite e conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.Abstract Flavio Castaldo. si stabilirono nel casino prima un comando tedesco poi uno americano. La collezione era ancora esposta nella villa quando. villa nobiliare nei pressi dei luoghi indagati. 1: Localizzazione degli scavi presso la Casina Spinelli.Fig. 109 . Suessula. Contributi alla conoscenza di una antica città della Campania. Acerra 1989). Acerra. Contributi alla conoscenza di una antica città della Campania. Suessula. 2b-c (al centro e in basso): Museo Spinelli. Fig. 2a. Foto inizi ‘900 (da AA.VV.Fig. 110 .VV. Casina Spinelli (in alto).Foto inizi ‘900 (da AA. località Bosco di Calabricito. Acerra 1989). 186).Fig. 13. Boston Museum of Fine Arts (inv. 3c-d (al centro a sinistra e a desatra): Skyphos attico. 111 . Fig.186). Fig. 3a-b (in alto a sinistra e a destra): Skyphos attico. Boston Museum of Fine Arts (inv.13. 4a-b (in basso a sinistra e a destra): Lekythos attica.187). Boston Museum of Fine Arts (inv. 13. Fig. Tomba P. Anfora attica (von Duhn 1887). Fig. 112 . 5c: Suessula. 5a: Suessula. 5d: Suessula. Tomba P. Kylix a vernice nera (von Duhn 1887). Tomba P (von Duhn 1887). Fig. Fig. 5e: Suessula. Glaux attica (von Duhn 1887). Tomba P.Fig. 5b: Suessula. Tomba P. Situla in bronzo (von Duhn 1887). Tomba P. Tomba P.6 c-d: Suessula. Kylix a vernice nera. Glaux attica. Fig. 164320). Fig. Anfora attica. 13.6e: Suessula. Museo Archeologico Nazionale (inv. inv. Napoli. Boston Museum of Fine Arts (inv.Fig. Museo Archeologico Nazionale (ex Spinelli.6 a-b: Suessula. 113 . Napoli.188). 188141). Tomba P. Tomba Q. Anfora attica. 10.184). Olpetta (von Duhn 1887). 7f: Suessula. Boston Museum of Fine Arts (inv. Fig. Tomba Q (von Duhn 1887). Dinos in bronzo (von Duhn 1887). Fig. Tomba Q.Fig. 7a-b: Suessula. 7e: Suessula. 114 . 7c: Suessula. Olpe attica. 7h-i: Suessula. Museo Archeologico Nazionale (ex Spinelli inv.Q. Fig. Napoli. Tomba R. Tomba Q. Fig. 7g: Suessula. Fig. Fig. Kantharos (von Duhn 1887). T. 7d: Suessula. Tomba Q. Skyphos (von Duhn 1887). 164180). 115 . Museo Archeologico Nazionale (ex Spinelli. Oinochoe attica. Museo Archeologico Nazionale (ex Spinelli. inv. 164164).Fig. Napoli. 164177). 8b: Suessula. Napoli. Olpe attica. Fig. inv. Tomba R. 8a: Suessula. Tomba R. 52-65). 9b-c (in alto a destra e in basso a destra): Suessula. Anfora attica. Anfora attica (von Duhn 1887). Toledo Museum of Art (inv.Fig. Tomba R. Fig. 9a-b (in alto a sinistra e in basso a sinistra): Suessula. È palese che i vasi esposti negli Stati Uniti presso il Toledo Museum of Art sono quelli scoperti a Suessula e pubblicati dal von Duhn nel 1887. Tomba R. 116 . effettuato dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Palermo nel 2005. detenuti illegalmente102.Giancarlo Germanà Bozza Tre vasi attici a figure rosse recentemente recuperati in Sicilia. mentre sul corpo del vaso è raffigurato Ares alla guida di una biga rivolta verso destra (fig.1a). I vasi attici presi in esame in questo breve contributo rientrano nel più ampio novero dei reperti recuperati dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e valutati da parte dei tecnici delle varie Soprintendenze della Regione Siciliana di grande pregio e valore artistico e scientifico. 104 Le immagini dei vasi riportate in questo articolo sono tratte dal sito: www.it/ beniculturali/dirbenicult/info/carabinieri 103 102 117 . sicilia. In violazione alle norme del Decreto Legislativo 490/1999. I tre vasi sequestrati sono stati consegnati alla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Catania competente per territorio. di tre vasi attici a figure rosse103. Estremamente importante è stato il recupero. che ogni anno danneggiano gravemente il patrimonio culturale della Sicilia. Il primo dei tre vasi è una hydria104 decorata con la lotta fra Eracle ed il leone di Nemea sulla spalla. Questi reperti. costituiscono una grave testimonianza della devastante attività compiuta dallo scavo e dal mercato clandestino.regione. si veste con la pelle di ciò che prima lo minacciava di morte107.La scena sulla spalla del vaso raffigura la prima fatica di Eracle. 2. I miti greci. In questa rappresentazione l’eroe. Oltre a sconfiggere o fare prigionieri questi animali (il leone Nemeo. reso secondo un modello predefinito ed al di fuori della sequenza degli avvenimenti nell’episodio mitologico. la nascita della civiltà. Kerényi. 17. l’idra di Lerna. Solo dopo la sua vittoria sulla belva. In questa raffigurazione troviamo l’eroe con indosso la leontè. 107 K. 374. anche se non con un preciso riferimento a quello di Nemea. Nella sua qualità di cacciatore. Milano 2002. Possiamo anche osservare che il leone è rappresentato ancora secondo uno schema arcaico per la sua rigi- 105 K. 118 . potrà scuoiare il leone usando i suoi stessi artigli ed indossarne la pelle108. reso in lotta con il leone. che uccide soffocandola non potendo scalfirla con le armi. il cinghiale Erimanzio. il bestiame di Gerione. Kerényi. Essendo rappresentato come un cacciatore di creature infernali. gli ucceli Stinfali. 53. 428 – 429. simboleggiava la morte ed il regno degli Inferi. 106 Pausania. appariva come l’avversario della Morte. figlio della dea serpente Echidna105. p. inoltre. elevò un leone davanti al tempio di Artemide Euclea106. Milano 2002. Il racconto del mito. come Orione. 108 R. Eracle non poteva uccidere animali comuni. IX. pp. Gli dèi e gli eroi della Grecia. p. il toro cretese. Gli dèi e gli eroi della Grecia. Milano 1989. dopo la vittoria sugli Orcomeni. uno dei suoi attributi caratteristici insieme alla clava. Il racconto del mito. la nascita della civiltà. armato di una lancia. Questo animale selvaggio. la cattura di Cerbero). le cavalle di Diomede. i leoni erano raffigurati sulle tombe. Nel mondo antico. la cerva di Cerinea. Graves. ha già indosso la pelle leonina pur essendo ancora impegnato nella lotta. Lo stesso Eracle. pp. Vasi ateniesi a figure rosse. Il dio della guerra è rappresentato secondo i consueti schemi della ceramica attica.C. con l’elmo e la corazza. 1996). Per la fortuna del soggetto di Eracle nella ceramica attica importata in Sicilia. attivo durante il primo quarto del V secolo a. 110 J. come delle scene domestiche con i satiri.2) è uno stamnos a figure rosse decorato con scena di duello oplitico fra due guerrieri armati di lancia e scudo in 109 F.da posizione. Le myth grec dans l’Italie antique. non essendoci lo spazio in questa sede. p. (fig. 119 . Il viaggio delle immagini dall’Attica verso l’Occidente ed il fenomeno del rapporto tra “prodigi” e “fortuna iconografica”. Roma 1999. Massa-Pairault (éd. M. Fonction et image (Rome. 277 – 278. Ricordiamo. rimandiamo alle più accurate trattazioni di iconografia.C. The Geras Painter: an Athenian Eccentric and his Associates. Harvard 1989. Oltre alle raffigurazioni tratte dagli episodi mitologici più conosciuti. in F. che il primo quarto del V secolo a. vide una netta preponderanza delle raffigurazioni di Eracle rispetto a quelle di Teseo.H. possiamo osservare un certo equilibrio per passare ad una netta preponderanza delle rappresentazioni di Teseo durante la seconda metà del V secolo a. il Geras Painter raffigura questo eroe anche in contesti insoliti. però. Il secondo vaso preso in esame in questa sede (fig. J.109 Per l’attribuzione di questo vaso possiamo proporre un ceramografo appartenente alla cerchia del Geras Painter. Boardman. Solo a partire dal secondo quarto del V secolo a. 14 – 16 nov.C.C. Sul corpo del vaso è raffigurato Ares alla guida di una biga in corsa verso destra. Padgett. Il vaso da cui prende il nome. Giudice. raffigura Eracle che bastona una vecchia (Geras)110. infatti. presentando una serie notevole di scene di Eracle.).1b) Si tratta di un pittore che decora i vasi con scene molto sobrie. così come lo stesso Eracle in movimento verso destra. 112. Milano 1992. necropoli dei 120 . con la raffigurazione di un oplita e di un cavaliere e la presenza del cane a completare la scena. che oltre a rendere più complessa la scena di combattimento. mentre sul lato secondario si trova un sileno in corsa con due anfore sulle spalle (fig. e si può attribuire senz’altro alla cerchia di qualche importante ceramografo attico. pur essendo raffigurati su una forma vascolare generalmente assente nel simposio. contribuisce ad esaltarne la collocazione nello spazio dei guerrieri stanti. Sul lato opposto del vaso è raffigurato un cavaliere preceduto da una figura maschile con elmo e lancia a piedi rivolto verso sinistra ed un cane accovacciato sotto il cavallo. è stato osservato che. però. Recentemente.C. mancando dei riferimenti precisi ad un episodio mitologico. Anche sul lato secondario possiamo osservare un soggetto generico. I soggetti raffigurati su entrambi i lati ci riportano al mondo dionisiaco. La scena rappresentata su questo vaso è può essere interpretata come un combattimento generico.piedi e due con spada in ginocchio. Questo stamnos si può collocare nel primo quarto del V secolo a. si può osservare che l’anfora è raffigurata insieme al cratere ed ai vasi per bere o versare il vino (Tarquinia. come il Berlin Painter. decorato sul lato principale con Dioniso che suona la cetra.3a). L’ultimo vaso preso in esame è un’anfora attica a figure rosse con anse a cordone e coperchio. Da rilevare la posizione inginocchiata dei due guerrieri contrapposti. Nella pittura etrusca. questo abbinamento avviene spesso nel mondo etrusco. infatti. mentre nell’iconografia della ceramica greca (laconica o attica) l’anfora non è associata al cratere come forma vascolare del simposio. Coen. potrebbe avere avuto dei riflessi anche in Magna Grecia ed in Sicilia. pp.112. Amsterdam 1984. Questo fenomeno. 3b). 112 A. Un soggetto dionisiaco raffigurato su un’anfora. che predilige forme vascolari che meglio si adattano al suo repertorio figurativo. ab- L. infatti. non sarebbe inusuale. Quest’uso. Nell’imagerie greca l’anfora appare sempre come un contenitore da trasporto se inserita in un contesto simposiale.. attestato tra il VI e i primi decenni del V secolo a. ma si accorderebbe bene con un uso di questa forma vascolare nel simposio per prelevare il vino dal cratere e distribuirlo alle coppe. come confermerebbero anche i corredi tombali111. in Pittura parietale.Monterozzi: Tomba della Caccia e della Pesca. si può attribuire al Berlin Painter. anche nei casi in cui si tratta di una scena unica. in Ancient Greek and Related Pottery (Proceedings of the International Vase Symposium. in base ad un preciso confronto (fig. pp. può attestare un diverso uso dell’anfora. sono raffigurate le anfore con piede in metallo ed in terracotta nelle rappresentazioni del simposio.C. 19 – 32 (in particolare pp. in particolare nella pittura parietale. Nell’arte etrusca. Napoli 2005. Tomba Tarantola.B. van der Meer. non solo all’interno dei corredi tombali. quindi. ma anche come vaso del simposio.C. La cronologia di questo vaso si colloca proprio nel primo quarto del V secolo a. 28 maggio 2003. pittura vascolare. Tomba del Frontoncino e Tomba 4780). Si ha l’impressione che nell’ambito etrusco l’anfora assuma un ruolo più rilevante. Amsterdam 1984). Kylikeia in Etruscan Tomb Paintings. Atti della Giornata di studio Santa Maria Capua Vetere. Nel nostro caso. Si tratta di uno dei più importanti ceramografi attici. Ricerche in corso tra Etruria e Campania. 298 ss. 24 – 25). In genere si tratta di figure isolate riporta su entrambi i lati del vaso. attestato dalle pitture nel mondo etrusco. 111 121 .C. e. Rappresentazioni vascolari nella pittura: una breve nota. attivo nel primo venticinquennio del V secolo a. sottratti al mercato clandestino dalla vigile attività svolta dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.biamo sul lato principale Dioniso che suona la cetra. un sileno in corsa. Il recupero di questi vasi attici. che porta due anfore sulle spalle. 122 . mentre sul lato secondario un personaggio del suo corteo. ma ci consegna un’altra importante voce del nostro passato. non solo ci restituisce tre autentiche opere d’arte. Avere acquisito questi tre vasi attici non significa solo potere arricchire la sala di un museo. ma anche e soprattutto ci permette di prendere meglio coscienza di quanta storia ha ogni singolo tassello che compone il grande mosaico del nostro patrimonio culturale. Il primo dei tre vasi è una hydria decorata con una scena di lotta fra Eracle ed il leone di Nemea e con una scena con il dio Ares alla guida di una biga. Questo vaso si può attribuire al Berlin Painter. Il terzo vaso preso in esame è un’anfora attica a figure rosse. Tre vasi attici a figure rosse recentemente recuperati in Sicilia.Abstract Giancarlo Germanà Bozza. Il vaso è attribuibile ad un ceramografo della cerchia del Geras Painter. Essi sono giudicati dai tecnici delle varie Soprintendenze della Regione Siciliana di grande valore artistico e culturale e dimostrano i gravi danni che ogni anno gli scavi clandestini provocano al patrimonio culturale della Sicilia. Il secondo vaso è uno stamnos a figure rosse decorato con scena di duello fra due guerrieri. Questo vaso si può attribuire alla cerchia di qualche importante ceramografo attico. 123 . uno dei più importanti ceramografi attici.C. decorato con scene legate al mondo del dio Dioniso. In questo breve articolo si esaminano tre vasi attici a figure rosse che rientrano tra i reperti recuperati dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Palermo dei Carabinieri nel 2005. Tutti e tre i vasi si possono datare al primo venticinquennio del V secolo a. come il Berlin Painter. 1b (in basso): anfora attica a figure rosse (da CVA. 124 . Fig.2). Munchen. 55.Fig. taf. 1a (in alto): Hydria attica a figure rosse. provenienza: Nola (ARV 197. 56. Fig. da J. 125 . Milano 1992. Fig. fig. British Museum III.1 a). 3b (in basso a destra): Anfora attica a figure rosse (da CVA.2. Fig. 3a (in basso a sinistra): Anfora attica a figure rosse. Primo quarto del V secolo a. 3). 3c (in alto a destra): Anfora a profilo continuo (tipo C) del Pittore di Berlino. Boardman. citaredo (New York.. 152.38. Metropolitan Museum. pl. Vasi ateniesi a figure rosse.171. 9. inv. Disegno Beazley. I c. stamnos attico a figure rosse decorato con scena di duello oplitico. 2 (in alto a sinistra): Stamnos attico a figure rosse.Fig.C. London. Capoluogo della provincia di Vratsa è la citta omonima (344 metri sul livello del mare. Importanza che oggi è confermata dal passaggio di un nodo delle infrastrutture dell’Unione Europea attualmente in costruzione.000 abitanti). in particolare il Corridoio IV (Istanbul Sofia . comprende le provincie amministrativa di Vratsa. della catena montuosa Stara Planina.Vidin . segnato dalla presenza del fiume Iskar. una città di indubbia importanza strategica nel passaggio tra l’area danubiana e quella balcanica. sul versante meridionale del Danubio.Europa Settentrionale). lungo il crinale dei Monti Balcani. che sovrasta la città (fig.Vratsa . circa 70. verso il confine tra Serbia e Romania. 116 km dalla capitale Sofia. ponendola a controllo di un’importante varco e di una via di comunicazione fluviale.Tsao Cevoli. La posizione geografica e la conformazione del territorio fanno di Vratsa. Proprio la sua posizione strategica ha favorito l’insediamento umano nella zona di Vratsa sin dall’epoca 126 . di Montana e di Vidin. Valentina Elefante Vratsa Survey Project: considerazioni preliminari sullo stato del patrimonio archeologico nell’area nord-occidentale della Bulgaria. Lidia Vignola.Romania Europa Centrale .ponte sul Danubio .1). Vratsa sorge in corrispondenza di uno dei rari varchi. sin dall’antichità. La zona nord-occidentale della Bulgaria. Nell’ambiente sepolcrale più grande sono state rinvenute due sepolture.3). La donna indossava una corona d’oro del tipo a foglie d’alloro. uno maschile e uno femminile. Uno di questi tumuli. fra cui punte di freccia in bronzo.C. con un ricco corredo comprendente due brocche d`argento. pertinenti ad un uomo anziano e una giovane donna. per nulla casuale.preistorica. ha restituito altri due scheletri. e degli orecchini in oro. di Valvae. parte dell’Impero Romano. quattro vasi di bronzo ed armi. che spesso presentano un ricco corredo funebre. brocche d`oro e d`argento. il Tumulo di Moghilan (Mogilanscha Moghila). del peso di 205 grammi. in parte saccheggiata. che in latino indica letteralmente “i battenti della porta”. nel 1965-1966 all’interno del cortile di una casa nella zona della città vecchia (fig. una delle quali sormontata da un uomo provvisto di corazza. Seguono cronologicamente testimonianze tracie e poi romane. Vi fu scoperta una sepoltura saccheggiata in antico e altre due in buono stato di conservazione. L’evidenza archeologica più importante della zona sono i tumuli dei Traci. Una terza sepoltura. gioielli d`oro. è stato scavato proprio a Vratsa. in bulgaro “Moghila”. con il nome. allusione proprio alla sua funzione strategica e alla strettoia che presso Vratsa costituiva il passaggio obbligato dall’area danubiana a quella balcanica. re- 127 . ceramica e punte di freccia in ferro. una maschile ed una femminile. con numerosi gioielli e manufatti in oro. infatti. Il ricco corredo del tumulo ha spinto gli scopritori e gli studiosi a ritenere che si tratti di un sepolcro familiare di una dinastia reale locale. La città faceva. La brocca d`oro presenta la raffigurazione di due bighe trainate tirate da quattro cavalli al galoppo. a. un elmo di bronzo ed uno schiniere d`argento con inserti in oro. che nel IV sec. La chiusura di molte fabbriche ha causato alti livelli di disoccupazione. due attività che rientravano in un disegno ben definito di un’economia socialista e di una distribuzione generale delle attività all’interno del blocco sovietico. una forte ondata migratoria ed un notevole calo demografico. A questo periodo risalgono le imponenti architetture contemporanee di ispirazione socialista che caratterizzano ancora oggi il centro della città (fig. parzialmente superstiti. ma anche una crisi identitaria e di finalità di una disciplina come l’archeologia.gnava nella regione di Vratza. L’impoverimento economico e culturale delle campagne ha provocato l’intensificarsi degli scavi clandestini (fig. Negli anni ’90 il crollo del sistema sovietico in Europa Orientale ha avuto. Tale funzione dell’archeologia e quindi anche della museologia è ancor oggi percepibile nelle forme architettoniche e nelle modalità espositive. anche a una funzione politica. spinti dalla povertà e miranti a saccheggiare i tumuli funerari traci. oltre che a una funzione educativa e culturale. di diversi musei della Bulgaria. come conseguenza non solo la crisi dell’industria e di tutto il sistema produttivo ed economico. mossa da un’ideologia comune. come in tutti i paesi del blocco sovietico. facili da individuare e dai corredi ricchi di manufatti d’oro. l’archeologia. Nella seconda metà del secolo scorso Vratsa viveva di industria e turismo.4). trovava una sua finalità e una ragione di sostegno da parte dello Stato nel suo assolvere. quindi. In tale epoca in Bulgaria.2). Il tesoro del Moghilansca Moghila è esposto nel Museo Storico di Vratsa (fig. e raramente è stato concesso per mostre all’estero. 128 . di cui costituisce l’elemento di maggior richiamo.5-6). in par- 129 . attraverso le tecniche di ricognizione archeologica di superficie. la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico di quest’area di confine della Bulgaria si inserisce il “Vratsa Survey Project”. Vrasta cerca di trovare una nuova dimensione e una nuova identità. verificare lo stato del patrimonio archeologico e culturale nella provincia di Vratsa. nuovi siti archeologici presenti sul territorio. di una delle prime missioni archeologiche straniere avviatesi nel paese dopo il suo ingresso nell’Unione Europea. sancita dall’ingresso nell’Unione Europea nel 2007. avvenuto nel 2007. in assoluto. Si tratta della prima Missione Archeologica italiana in Bulgaria e. riscoprendo la sua vocazione turistica. Proprio nell’ambito delle iniziative per la ricerca. con l’autorizzazione e la supervisione scientifica del competente Museo Storico di Vratsa e con la collaborazione della Soprintendenza Archeologica per le Province di Salerno e Avellino. per avviarsi verso una rinascita.Oggi. un progetto di ricerca promosso dall’International Research Center for Environment and Cultural Heritage e dalla “Khan Kubrat” Foundation. superata la Bulgaria il periodo di crisi degli anni '90 e portato a compimento con successo il suo passaggio dall’economia socialista del secolo scorso a quella di mercato e dall’orbita sovietica a quella europea. Gli obiettivi principali della missione sono di individuare e rilevare. attraverso il recupero e la valorizzazione del suo patrimonio culturale e naturalistico. Il progetto è finalizzato in primo luogo al censimento e alla conoscenza del patrimonio archeologico e all’individuazione e all’indagine di nuovi siti archeologici in un’area particolarmente esposta al fenomeno degli scavi clandestini. lavoro e sviluppo economico). attraverso la riscoperta del proprio patrimonio culturale e della propria storia. Operando in un territorio economicamente poco sviluppato e culturalmente in difficoltà. attraverso entrambi i fattori (crescita culturale della collettività locale e nesso instaurato tra tutela del patrimonio culturale. il Vratsa Survey Project intende dimostrare che il patrimonio culturale può diventare un fattore di sviluppo economico del territorio e costituire un’opportunità di lavoro. anche grazie ad iniziative di cooperazione internazionale. in modo da sottrarlo al saccheggio da parte dei tombaroli. adeguata gestione e valorizzazione.ticolare in riferimento agli scavi clandestini dei decenni passati. contribuire alla crescita culturale della collettività locale. generando un processo virtuoso per la sua tutela. che può diventare un fattore di sviluppo economico attraverso il turismo culturale. favorire un’adeguata gestione la valorizzazione del patrimonio culturale. segnalare siti di interesse archeologico alle autorità locali e agli organismi internazionali di tutela del patrimonio culturale per porli sotto tutela e proteggerli dagli scavi clandestini. colpito da un alto tasso di disoccupazione e da livelli salariali tra i più bassi in Europa. Nell’ottobre 2007 e nel luglio 2008 sono state condotte due missioni preliminari in Bulgaria. finalizzate ad una prima valutazione della situazione del patrimonio archeologico nell’area oggetto di intervento. inoltre. Ed infine. si propone di contribuire ad aumentare l’attaccamento della popolazione locale al proprio patrimonio culturale. a permettere ai membri dell'equipe di acquisire una mag- 130 . Intende. tutela. attraverso iniziative di ricerca. Il “Vratsa Survey Project” si articola in un periodo di 5 anni. giore conoscenza del territorio e all’individuazione dell’area in cui attuare successivamente la ricognizione archeologica sistematica che inizierà a partire dal 2009. incontrarne il direttore Ivan Raikinski ed effettuare una prima attività prericognitiva nei dintorni dei siti in cui sono già in corso delle ricerche archeologiche (fig. rinvenute nel corso di un intervento di emergenza realizzato a valle. 1990.. 7-8). rappresentando. Catalogue of the Vratsa Museum of History. In occasione della missione preliminare del luglio 2008 i membri del Vratsa Survey Project hanno avuto la possibilità di visitare le collezioni del Museo Storico di Vratsa113. un punto nevralgico nell'assetto insediativo e difensivo della regione e un'area a contatto con traffici in più direzioni. Trattandosi di un'area compresa in un parco naturale è stata necessaria una deroga alla legge per svincolare una parte del territorio e intraprendere le indagini archeologiche. 113 Ivan Raikinski (a cura di). chiusa sul versante opposto da un analogo rilievo. 131 . sotto la supervisione del Museo Storico di Vratsa. Lo scavo è iniziato con la finalità di individuare l'abitato relativo ad un nucleo di tombe e strutture datate al III secolo a.C. Tra i principali vi è un sito in corso di scavo da parte di un team di archeologi e studenti di archeologia dell'Università di Sofia. posto sul ripido pendio di una collina che domina a settentrione la valle del fiume che attraversa Vratsa. Il contesto indagato è un castrum tardoantico. controllando in questo modo la via di comunicazione che dalla regione montuosa della Bulgaria nord-occidentale passa per Vratsa e da qui porta al Danubio. quindi. diretti da Narcis Svetanov Tordov. fino all’età medioevale. come il deposito abbia da subito restituito abbondante materiale ceramico residuale. È da sottolineare. probabilmente sconvolto dagli interventi successivi.C. poi. Non si può comunque escludere che si siano conservati in posto parte dei livelli di vita delle prime fasi insediative. ad esempio. infine. 132 . con impianto planimetrico ancora da definirsi. La frequentazione del sito si protrae. con riprese e aggiunte fino al VI secolo d.. ma notevole per l'utilizzo di tecniche costruttive nella cinta e nelle strutture accessorie come.C. a cui sarebbe da riferirsi il nucleo di tombe rinvenute a valle. con terrazzamenti per modellare il versante che in parte livellano i depositi e le murature precedenti. con muri realizzati a secco. con cronologie che arrivano fino alla seconda metà del IV secolo a. Le strutture sembrerebbero rimaste comunque parzialmente in elevato fino al XIV secolo. con un paramento di circa due metri di spessore. a confermare l’idea che il sito abbia un impianto più antico. Le indagini non hanno individuato fasi di distruzione violenta ma un abbandono graduale del sito. sulla base di ritrovamenti di monete da Costantino a Teodosio. in pietre di litotipologia locale. tracce di pali a sostegno delle murature.Si è già in parte posto in luce il tracciato di una cinta muraria a pianta pentagonale. lasciando ipotizzare dinamiche di popolamento dettate da fattori storici ed economici. Sembrerebbe trattarsi di una vera e propria cittadella. una torre a base quadrangolare e scale interne per raggiungere i piani sopraelevati. a giudicare dal rinvenimento di monete nei livelli sottostanti i crolli. A Nord la struttura è realizzata direttamente contro la roccia. forse già relative ad un abitato posto in posizione favorevole al controllo sul territorio. La costruzione si data a partire dal IV secolo d.C. Altro sito in corso di scavo nella provincia di Vratsa. La ceramica rinvenuta è riconducibile alla fase monocrona dell’Antico Neolitico Balcanico. In linea con il carattere neolitico di insediamento stanziale con economia basata sul binomio agricoltura/allevamento. circa venticinque chilometri a nord-est di Vratsa e sette a sud-ovest dal moderno villaggio di Borovan. Ganetsovski. con paralleli nei siti di Divostin in Serbia. hanno già portato alla luce una porzione dell’insediamento. iniziati nel 2002 e condotti dall’archeologo Georgi Vladimirov Ganetsovski. in località Ohoden. costituite da capanne di forma ovale. Archaeologia Iuventa. 133 . Gli scavi hanno permesso. Sofia 2007. è un insediamento protostorico che sorge su un pianoro leggermente rialzato sulla riva dell’oggi ormai modesto corso del fiume Skat. Si tratta di sepolture ad inumazione in fossa terragna. di individuare anche le prime sepolture intatte note per questo periodo in Bulgaria. Early Neolithic Settlement And Graves. non hanno sinora paralleli in questa regione della Bulgaria. Gli scavi. di Koprivec e 114 G.2007. Ohoden-Valog. Excavations 2002 . visitato dai membri del Vratsa Survey Project sempre nel corso della missione preliminare del luglio 2008. II. ossa di bovini e recipienti di terracotta. è confermato dal ritrovamento di semi di grano carbonizzati. situate all’interno dell’insediamento. Le strutture abitative. in un contesto geografico premontuoso caratterizzato da bassi rilievi collinari e ampie zone pianeggianti e vallive. Quello di Ohoden-Valoga è il primo insediamento complesso sinora portato alla luce in quest’area della Bulgaria risalente a questa fase del Neolitico e può essere messo in relazione con la coeva facies di Protostarcevo in Serbia. ad una profondità di circa due metri dal piano attuale di campagna114. inoltre. lo sviluppo culturale. un’importante occasione di incontro e cooperazione internazionale in ambito culturale tra Italia e Bulgaria. la diffusione della conoscenza del patrimonio archeologico della Bulgaria sia nella zona stessa dell’intervento che in Italia e all’estero. infine.C. già alla conclusione della prima campagna di ricognizione archeologica (Preliminary Report). e tutti i membri della Missione saranno citati nelle pubblicazioni annuali delle ricerche (Annual Report).di Poljanica in Bulgaria e di Otzaki Magoula in Grecia. tramite ricognizione archeologica e altri sistemi di indagine non invasivi. attraverso un’ampia e rapida comunicazione scientifica e divulgativa del procedere delle ricerche115. di scambio di conoscenze e di formazione professionale di professionisti e tecnici dei beni culturali dei due paesi. 134 . in tal modo. con particolare riguardo alla popolazione locale. operando nell’area circostante gli scavi. la consapevolezza della propria identità storicoculturale e l’importanza della tutela del patrimonio archeologico. Il Vratsa Survey Project intende costituire. Intento del Vratsa Survey Project è anche quello di di ricollegarsi alle succitate ricerche in corso da parte degli archeologi bulgari. per fornire nuovi dati archeologici. in particolare delle nuove generazioni. per favorirne la conoscenza storica. e permette di datare il sito dalla fine del VII agli inizi del VI millennio a. La Missione mira a favorire. cui parteciperanno tutti i Senior Members della Missione con i propri contributi scientifici. 115 Tutti gli Enti promotori e patrocinanti. sui contesti antichi in cui risultano inseriti tali siti. Vratsa Survey Project: considerazioni preliminari sullo stato del patrimonio archeologico nell’area nord-occidentale della Bulgaria. Si tratta della prima Missione Archeologica italiana in Bulgaria e una delle prime missioni archeologiche straniere avviatesi nel paese dopo il suo ingresso nell’Unione Europea nel 2007. Lidia Vignola. Il “Vratsa Survey Project” è un progetto di ricerca archeologica promosso dall’International Research Center for Environment and Cultural Heritage e dalla “Khan Kubrat” Foundation con l’autorizzazione e la supervisione scientifica del competente Museo Storico di Vratsa e con la collaborazione della Soprintendenza Archeologica per le Province di Salerno e Avellino. Il progetto è finalizzato al censimento e alla conoscenza dello stato del patrimonio archeologico e all’individuazione di nuovi siti archeologici nell’area nord-occidentale della Bulgaria. .Abstract Tsao Cevoli. 135 . Valentina Elefante. La missione sinora è consistita in un’attività prericognitiva nei pressi di due siti archeologici in corso di scavo da parte degli archeologi bulgari: l’insediamento neolitico di Ohoden e il castrum tardoantico di Vratsa. un’area particolarmente esposta al fenomeno degli scavi clandestini. 2 (in basso): le architetture contemporanee del centro della città di Vratsa. separandola dall’area danubiana.Fig. 136 . 1 (in alto): il tratto della catena montuosa dei Balcani che sovrasta Vratsa. Fig.. C. l'elemento di maggior richiamo del museo. 3 (in alto): il ricco corredo funebre del Tumulo di Moghilan (Mogilanscha Moghila). 4 (in basso): la sala del Museo Storico di Vratsa interamente dedicata al corredo del Tumulo di Moghilan. a. Fig. scavato nel centro storico di Vratsa nel 1965-1966. Si tratta probabilmente del sepolcro di una famiglia reale risalente al IV sec.Fig. 137 . Fig. 6a-b (in basso): attività di scavo clandestino rilevate nel territorio di Vratsa nell’ambito del Vratsa Survey Project. Fig. 5 (in alto): uno dei tumuli funerari attestati nel territorio di Vratsa. 138 . 139 . 7-8: due momenti delle attività di pre-ricognizione svoltesi nel luglio 2008 nella Provincia di Vratsa nell’ambito del Vratsa Survey Project. rispettivamente nei pressi del castrum tardoantico di Vratsa (in alto) e del sito protostorico di Ohoden (in basso).Fig. Montalto Presentazione della rivista T. Cevoli Il Getty Museum e l’esportazione illecita di antichità dall’Italia e dalla Grecia. Elefante Vratsa Survey Project: considerazioni preliminari sullo stato del patrimonio archeologico nell’area nord-occidentale della Bulgaria. 117 p. Vignola La nascita degli organismi di tutela del patrimonio archeologico in Italia meridionale. 92 p. F. Germanà Bozza Tre vasi attici a figure rosse recentemente recuperati in Sicilia.Indice M. L. G. 11 p. L. Vignola. Cevoli. p. V. T. 9 p. Castaldo Le vicende di una collezione antiquaria: i vasi attici della Collezione Spinelli nei musei statunitensi. 126 140 . 60 p. Stampa in proprio. ISSN: 2036-4539 141 . Napoli 2009. 142 .
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