Domenica 25 novembre 2 01 2 – Anno 4 – n° 287 €1,20 – Arretrati: €2,00Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Seguici su facebook e twitter e su www.libera.it di Antonio Padellaro F orse saranno tre milioni gli italiani che oggi parteciperanno alle primarie del centrosini- stra, forse anche di più ma se anche si presentasse ai seggi soltanto quel milione e mezzo di persone che si sono già iscritte al voto sarebbe un mira- colo della democrazia. Non veniamo forse dagli anni più bui della politica italiana? L'orgia del po- tere berlusconiano, le leggi vergogna, la corru- zione elevata a principio, il denaro pubblico sper- perato da cricche e caste, il duplice, infame record dell'evasione fiscale e della pressione fiscale, le imprese che chiudono, i lavoratori a spasso e dei giovani, poveri giovani che ne parliamo a fare? Insomma, lo sfacelo civile e morale davanti al quale una parte della nazione reagisce metten- dosi in fila e poi rimettendosi in fila sopportando lunghe attese e complicazioni burocratiche con l'unico, evidente scopo di scrivere un nome sopra una scheda. Perché lo fanno? Già qualche leader, passato o futuro prova a gonfiare il petto per ac- caparrarsi il merito per quelle benemerite file. Per favore, non ci provino. In queste settimane, al di là delle varie storie politiche (alcune dignitose, altre meno) il dibattito tra Bersani, Renzi, Ven- dola, Puppato e Tabacci è sembrato abbastanza fumoso e senza una idea una sul futuro dell’Italia capace di fare battere il cuore. Del resto, questo è quello che passa il convento e l'imbarazzante piazzata per strapparsi una comparsata al Tg1 la dice lunga su certi vizi duri a morire. Ma no, il merito di questa grande testimonianza democra- tica è quasi esclusivamente di quel milione e mez- zo di persone che si sono messe in fila per votare che oggi potrebbero diventare molti di più. Dice un vecchio aforisma che democrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta che abbiamo bi- sogno di lui. Per il popolo rispondere anche sta- volta è quasi una forma di eroismo dopo i tanti schiaffi ricevuti. Chi vince ne tenga conto e non disperda gli impegni nella solita nuvola di parole al vento. L'impressione è che difficilmente avrà (e avranno) una prova d'appello. La banda degli onesti di Marco Travaglio L e primarie del centrosinistra hanno al- meno due meriti. Intanto danno ai cit- tadini la sensazione, o l'illusione, che votare serva ancora a qualcosa (certamente serve più nelle primarie che nelle politiche, visto che il capo dello Stato non cessa di far sapere che, chiunque vinca nel 2013, il premier sarà sempre Monti e, anche se non fosse Monti, dovrà attenersi all'Agenda Monti). E poi co- stringono il Pdl a inscenare qualcosa di si- mile, regalandoci uno spettacolo di rara co- micità. La notizia, davvero strepitosa, è che Angelino Jolie non si candida se corrono an- che degli indagati. Immediata e compren- sibile la reazione degli indagati, i quali cre- devano che l'avviso di garanzia fosse il re- quisito minimo per candidarsi. Da statuto. E si preparavano da mesi, delinquendo due o tre volte al giorno, nella speranza che una procura li notasse. Anche perchè si era sparsa la voce che fosse della partita anche Vittorio Sgarbi, il quale vanta un traguardo pressochè inarrivabile: una condanna definitiva per truffa allo Stato. Un caso di concorrenza slea- le (per questo B. aveva deciso di astenersi: per non scoraggiare indagati e imputati alle pri- me armi, i giovani che muovono i primi passi nel mondo del crimine). L'avvocato-banchie- re Gianpiero Samorì era ben piazzato, col suo avviso di garanzia per accesso abusivo a dati informatici appuntato sul petto. Daniele Pro- to ce l'aveva fatta appena in tempo: indagato per aggiotaggio e truffa proprio in extremis. Poi, quando indagati ben più titolati come Dell'Utri, Verdini, Formigoni, Cosentino, Mannino, Sciascia, Berruti accarezzavano l'i- dea di scendere in lizza, hanno scoperto che, contravvenendo a una lunga e gloriosa tra- dizione, la specialità della casa non si porta più. Anzi è diventata financo un handicap. Roba da matti. “Nel Pdl quasi tutti sono in- dagati, chi più chi meno, chi per un reato chi per l'altro”, protesta Proto, che non a caso dice di ispirarsi a Sgarbi, adora Cicchitto, ma “la cosa migliore è che ritorni in campo Ber- lusconi”. Che è un po' come se Renzi o Pup- pato, candidati alle primarie del centrosini- stra, invocassero il ritorno di D'Alema, Oc- chetto e Natta. Sgarbi, visto il disprezzo (o l'invidia?) con cui viene trattato il suo cur- riculum penale, si dice “disgustato” e si ritira. La Santanchè, ingiustamente dimenticata, protesta: “Anch'io sono indagata: per lotta all'integralismo islamico” (naturalmente la lotta all'integralismo non è reato: la signo- ra,che evidentemente prende ripetizioni di diritto penale da Sallusti,è inquisita per tur- bamento e interruzione di funzione religiosa, avendo tentato tre anni fa di strappare il velo ad alcune donne musulmane in preghiera). Samorì intanto fa notare che “fuori gli in- dagati” è un attacco a Berlusconi (che pe- raltro non è indagato: è plurimputato, plu- riprescritto e condannato in primo grado, ergo teoricamente fuori concorso). A quel punto Angelino Jolie, che non ci aveva pen- sato, detta subito una rettifica: B. non conta perchè “è un perseguitato dalla giustizia” e con lui “c'è un vincolo non solo politico,ma personale solidissimo”.In effetti B. l'ha re- centemente definito “il meglio fico del bi- goncio” (ma lo statista agrigentino non ha colto l'ironia) e “come un figlio” ( p r a t i c a- mente come Piersilvio, ma ancora una volta Angelino l'ha preso per un complimento). Ora la sua fertile mente ha partorito un “C o- mitato dei garanti” che dovrà fare “una va- lutazione attenta delle singole posizioni”, per distinguere gli indagati perseguitati da quelli colpevoli, perchè “noi siamo veri garantisti” e “non ci faremo scrivere le liste dai pm”: quin- di le sentenze se le fanno loro. I garanti ini- zieranno a lavorare non appena usciranno da San Vittore, Regina Coeli, Poggioreale e Uc- ciardone. VO LO N TA R I DELLA DEMOCRAZIA Il giorno dopo l’annuncio delle primarie Pdl per il 16 dicembre B. gela Alfano: forse torno in campo. Il centro destra viaggia verso la s c i ss i o n e IN FILA PER LE PRIMARIE SOGNANDO PALAZZO CHIGI Rosi Bindi: “Renzi è figlio del ventennio berlusconiano”. Naturale che si affezionasse al Pd » w w w.fo r u m . s p i n oza . i t LA CATTIVERIA Gli iscritti: “Vogliamo decidere noi sul regolamento del Movimento: bene il taglio dei compensi, ma troppi benefit” Liuzzi » pag. 7 » GRILLO » Dopo l’articolo del Fatto sugli stipendi dei futuri onorevoli Rimborsi a 5 Stelle: il web si scatena » pag. 22 » pag. 9 Fierro e Rodano » pag. 2 - 3 Il centrosinistra prevede tre milioni di votanti. Si temono code ai seggi. Cinque i candidati: Bersani, Puppato, Renzi, Tabacci e Vendola. Il segretario Pd favorito, ma probabile il ballottaggio. Alfano: se c’è Berlusconi io lascio » pag. 4 - 5 - 6 e 8 dc STUDENTI, UN CORTEO DA MAESTRI Udi Bruno Tinti CSM, IL GIUDICE NO M I NATO “PER RAGIONI POLITICHE” Udi Furio Colombo I TRE SCHERMI SCONNE SSI CHE DIVIDONO IL PAESE Udi Aldo Busi I MIEI FIGLI SONO I FOGLI MA SE TROVO UN BEBÈ... Udi Giorgio Meletti ITALIA 2012: R I TOR NO ALLA SOCIETÀ F E U DA L E all’interno » pag. I - VIII PRIMARIE PD EDIZIONE SPECIALE DEL LUNEDÌ I n questi giorni è uscito un rotocalco con una mia in- tervista il cui titolo è, tra vir- golette e comunque fa fede la prima persona del verbo, “Mi manca solo un figlio”, un falso frutto di indebita proiezione familistica e cattolicheggiante del direttore. » pag. 17 S ulla mailing-list di Area (un'aggregazione creata a fi- ni elettorali di cui fanno parte le due correnti di “sinistra”dei ma- gistrati, MD e il Movimento) è arrivata una mail che raccontava perché era bene nominare per un posto direttivo un magistrato piuttosto che un altro. » pag. 8 y(7HC0D7*KSTKKQ( +?!#!=!$!, 2 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano Parma, Firenze, Napoli, Catania: l’Italia protesta TUTTA ITALIAieri in piazza. A Parma tan- ta gente e magliette appesa per protesta. A Firenze hanno sfilato in 2.500, un gruppo di circa 500 studenti è entrato nella sta- zione scendendo su un binario: tre mani- festanti denunciati. Su un treno gli studenti hanno affisso un cartello con la scritta: “Gli studenti hanno un difetto, sanno pensare”. A Pisa alcuni giovani sono entrati all’inter - no dei palazzi di Provincia e Comune e han- no appeso striscioni di protesta. Tornati in piazza, hanno bruciato una bandiera del Pd, partito di maggioranza relativa in città. Circa 10mila i partecipanti al corteo delle scuole di Catania, migliaia i manifestanti anche a Palermo. A Napoli - dove sul Castel TUTTI IN PIAZZA di Enrico Fierro Roma S emo venuti già mena- ti". É il cartello più get- tonato, vero trionfo dell'ironia che ieri ha segnato la manifestazione di studenti, insegnanti precari, amici della scuola pubblica che per cinque ore piene ha attra- versato la città. Lo sberleffo, l'ironia, la voglia di esserci e di non farsi sconfiggere dalla violenza, quella degli "in- cappucciati" che cercano lo scontro a tutti i costi e quella dei poliziotti che perdono la testa, hanno spazzato via d'un colpo tutti gli allarmi su quello che do- veva essere il sabato nero di Ro- ma. La mattina i Cobas della scuola in Piazza della Repubbli- ca, gli studenti universitari e dei licei occupati in zona Piramide, nel pomeriggio il corteo dei fa- scisti di CasaPound e il presidio antifascista. Poteva succedere di tutto e invece... "Invece siamo qui, nonostante le minacce del ministro Cancellieri e le botte del 14 novembre", dice uno stu- dente universitario. "Per ri- prenderci la città, i luoghi della cultura e del sapere", aggiunge una ragazza dietro lo striscione "Liceo Virgilio occupato". UN CORTEO lunghissimo che attraversa tutta la città, senza un percorso prestabilito, governato da un accordo tacito: sfiorare i palazzi del potere (Palazzo Chi- gi, Montecitorio, il ministero dell'Istruzione) ma senza toc- carli. Chi indosserà il casco sarà denunciato, avevano avvertito i responsabili dell'ordine pubbli- co, e gli studenti rispondono smitizzando: in testa hanno co- lapasta e zuppiere di plastica. Le facce non sono avvolte in sciar- pe nere, i volti sono quelli di ra- gazzi e ragazze degli istituti su- periori occupati, di universitari e dei loro insegnanti. Tutti pre- cari, come sarà precario il futuro di questi giovani, la generazione negata. "Tu tagli e lo studente raglia", è il cartello che porta un professore di fisica sulla cinquantina. "In- segno da anni, sempre con in- carichi a tempo". Il governo Monti, il ministro Profumo, "la politica venduta ai banchieri", sono gli obiettivi degli slogan, dei frizzi e dei lazzi che animano la manifestazione. Mai un mo- mento di tensione, neppure quando il lungo corteo arriva sotto l'unico palazzo del potere che non è off-limits: il ministero di Grazia e Giustizia. "Semo fisici nun ce fregate", è la scritta sotto un disegno che ri- costruisce la storia dei lacrimo- geni "sparati" dagli uffici del mi- nistero, secondo alcuni, oppure "rimbalzati", secondo altri. "Questa è un'altra vergogna del- la politica italiana – è il com- mento di uno studente di fisica autore del cartello -, è un po' co- me Ruby nipote di Mubarak, una menzogna che diventa ve- rità ufficiale". Nelle strade del centro, all'altez- za di Largo Argentina, le stradi- ne che portano verso il Pan- theon e Montecitorio, sono bloccate dai blindati e dagli agenti dei reparti mobili. "Poli- ziotto, non ti sbagliare, c'è la scuola da salvare", scandiscono i manifestanti. Poi arrivano le donne con i colapasta in testa: "Picchiami sono una donna", c'è scritto sul loro striscione. Nes- RAGAZZI E PROF SFILANO IN PACE CON GLI S C O L A PA S TA SULLA TESTA MIGLIAIA IN CORTEO PER DIFENDERE L’ISTRUZIONE PUBBLICA PACIFICA ANCHE LA MANIFESTAZIONE DI CASAPOUND CONTRO MONTI GLI STUDENTI manifestano ormai da più di un anno per pro- testare contro lo stato di generale declino in cui versa la scuola pubblica italiana. Partendo dalla riforma Gelmini, per arrivare alle ultime proposte del ministro Profumo, l'intero assetto del- l'istruzione è soggetto a tagli milionari e riforme epocali. Gli studenti contestano in particolare il mancato finanziamento dei fondi destinati alla formazione e l’introduzione della legge Aprea che rende autonomi finanziariamente e didatticamente i singoli istituti, consentendo così ai privati di entrare nelle scelte strategiche della scuola. In ambito universitario invece grande scontento per i tagli ai fondi destinati alla ricerca e l’inesistente sostegno allo studio (nonostante la Costituzione lo indichi come un diritto dei cit- tadini) mentre le spese per tasse, libri e alloggio si fanno sempre più proibitive. Intanto, sul fronte accademico, nessuna grande novità: i baroni restano al loro posto e le docenze per i più giovani restano legate al precariato vista la scarsità delle ri- s o rs e . GLI INSEGNANTI Stipendi da fame e orari da allungare mentre si celebra la farsa del concorsone GLI INSEGNANTI, dopo anni di scontento e depressione so- litaria, hanno deciso di scendere in piazza unendosi agli stu- denti. I comitati di base e la Cgil hanno sfilato ieri a Roma, le altre forze sindacali si sono ritirate dallo sciopero dopo aver riaperto un dialogo col ministero sugli scatti d'anzianità. Tutti d'accordo invece sul progressivo e inaccettabile impoverimento della scuola pubblica, sul pericolo di privatizzazione della scuola le- gato alla legge Aprea, sulla follia del famoso concorsone cui si sono iscritti più di 300mila aspiranti professori. In più, contrarietà assoluta all'ipotesi lanciata da Profumo di allungare l'orario d'insegnamento da 18 a 24 ore settimanali senza nessun aumento dello stipendio (quando già i compensi italiani sono fra i più bassi in Europa). I docenti spiegano che in realtà le ore di lavoro necessario a completare l'attività sono già oggi 30 alla settimana tra preparazione delle lezioni, correzioni, riunioni, valutazioni, etc. Per questo in tantissime scuole gli insegnanti hanno sospeso le attività extradidattiche come i col- loqui coi genitori e le gite. GLI STUDENTI Troppi tagli ai finanziamenti e il pericolo di cedere ai privati con la legge Aprea I NEO-FASCISTI Le colpe di Monti e dell’Europa per il cittadino sempre più vessato C A SA P O U N D si dichiara a difesa del cittadino vessato dalle politiche di austerità del governo Monti. Anche l'Europa, la Bce e il sistema finanziario internazionale vengono indicati come nemici da abbattere o abbandonare al più presto. La casa, la sanità e il lavoro sono i primi diritti cui gli slogan fanno riferimento, ma anche l'istruzione gratuita per tutti di- venta un valore sociale da proteggere nell'epoca dei tagli sel- vaggi. Scarsi invece i riferimenti alle ideologie e al passato della politica. Nonostante colori e simboli tipicamente fascisti, i nuovi mo- vimenti della Destra amano definirsi sociali e apartitici. Molti sostengono di non aver nulla a che fare con i riferimenti classici del fascismo italiano e europeo, anche se gli slogan comparsi sui muri di diversi licei romani nelle ultime settimane inneggiano a Mussolini e Hitler. Per questo politici e associazioni hanno chie- sto al sindaco Alemanno di vietare la manifestazione. Richiesta che è stata però respinta con un intervento sul suo blog perché "per tutti valgono le stesse regole, senza differenze". DIFESA C L A S S I CA Studenti in piazza i m b ra c c i an o scudi “t i t o l at i ” con i classici del pensiero La Pre ss e LIBERI DOCENTI I Prof p r o t e s t an o contro i tagli del governo alla scuola p u bbl i c a Ansa BOMBER NERI G i ovan i di Casapound s f i l an o contro tutto: dalle banche all’Europa fino a Monti Ansa suno menerà le mani, camera- men e fotografi vanno via a ma- ni vuote, non si ripetono le scene di una setimana prima: gli assal- ti, i caroselli dei blindati, i lacri- mogeni, i poliziotti feriti e i ra- gazzini manganellati. UN GRUPPETTO urla “lo Stato di Israele va distrutto”, ma nes- suno gli va dietro. Tranquillo anche il presidio antifascista al- l'Esquilino. "Siamo qui perché ancora una volta Roma vede au- torizzata una marcetta fascista”, dice Francesco Polcaro dell'An- pi. Gli antifascisti appaiono ver- so le 14.30 in piazza Vittorio. “Se i numeri ce lo consentiranno, fa- remo un altro corteo per le vie del centro. Aspettiamo la fine della manifestazione degli stu- denti”. Con l'Anpi ci sono i par- titi della sinistra e i centri sociali. Saranno in tutto meno di cin- quecento, diventeranno mi- gliaia con gli studenti del corteo della mattina che si uniscono al presidio. Si va verso i Fori Imperiali e i co- ri più duri sono dedicati al sin- daco Alemanno. “La Giunta sta tagliando sui servizi sociali, ma si permette di regalare a Casa- Pound uno stabile che vale circa 12 milioni di euro”, attacca Fa- bio Alberti, della Federazione della sinistra. Il corteo finisce nel quariere rosso di San Loren- zo. “A parte i numeri che ci dan- no ragione, un risultato l’abbia - mo già ottenuto – dice Cristia- na, giovane attivista del centro sociale Acrobax –. I neofascisti siano stati costretti a manifesta- re lontano dal centro, nel ‘quar - tiere bene’ della città. E sfilare contro Monti e l’austerità nelle vie dello struscio e dell'alta bor- ghesia ha un che di ridicolo”. La giornata finisce come era inizia- ta, con l'ironia. Tutti in coro “Iannone (leader di Casapound, ndr) attaccati a sto lucchetto- ne”. NIENTE SCONTRI Nessun contatto tra i tre cortei e tanti striscioni ironici. In via Arenula ombrelli contro la pioggia di fumogeni 3 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 TUTTI IN PIAZZA di Tommaso Rodano N on ci sono solo gli studenti e i loro professori nel corteo lungo e co- lorato che attraversa il centro di Roma. Attorno alle mani- festazioni dei licei e delle uni- versità si sta raccogliendo un movimento eterogeneo, che abbraccia una moltitudine di voci di protesta e di racconti della società crisi. Ci sono gli occupanti del Teatro Valle, un gruppo di studenti pale- stinesi con kefiah e bandiere, alcuni immancabili vessilli No-Tav. Ci sono i genitori dei ragazzi, che condividono le loro paure. E poi ricercatori, pensionati, disoccupati e un esercito di precari di ogni età e settore. Queste sono alcune delle storie che ci hanno rac- contato. Chi mena lo fa per noia, non per passione BOTTE AL PUB di Stefano Disegni N ell’assalto al pub di Campo de’ Fiori, coltellate, botte e distruzioni a parte (se mai sia possibile considerarle per un momento a parte) c’è del comico. Si ride molto infatti quando si sentono pensosi commentatori parlare di laziali, di romanisti, di tifoserie. Di calcio, insomma. “Due romanisti” arrestati, trovate armi in casa di “un laziale”. Ma per favore. Il calcio, il tifo, qua c’entrano come i cavoli a merenda. Il calcio è gioco, è gioia, è gesto atletico da ammirare, è la rovesciata di Ibra, è il Direttore Padellaro da sfottere quando vinciamo il derby come dieci giorni fa. No, non sono né giallorossi né biancocelesti, quei bravi ragazzi che hanno aggredito gli inglesi. Sono solo bruti. Siamo semplicemente di fronte alla solita primordiale vo- glia di menare le mani, di aggredire per sentirsi maschi Alpha. Di liberare la bestia, per troppo tempo costretta, dalle costrizioni, dai veti sociali, a ringhiare in sordina in un angolo della coscienza (ammesso e non concesso che in certi tipini ce ne sia una). E allora vai con l’antisemitismo o l’immigrato o il tifoso avversario o i gay o uno che ti ha tamponato o, se proprio non si trova una bella moti- vazione per giustificare la liberazione della bestia, con il buon vecchio “aho’, che cazzo c’hai da guardà” che va bene pure se quello a cui ti rivolgi è solo strabico. Seppure il calcio con i suoi topoi (scusate, m’è scappata), quali il “noi contro loro”, la vittoria, la sconfitta, l’attacco e la difesa, l’assediamento nell’area e persino la porta dell’avversario violata (cos’altro è se non riuscire a trombare la figlia, la sorella, la moglie del nemico), non sia altro che la su- blimazione e l’esorcizzazione civile della guerra, pure con episodi come questo c’entra poco e niente. Quello che invece c’entra di più secondo l’analista de noantri che sono, è la noia, il deserto dell’anima, il vuoto angosciante e insopportabile che fa sentire vive certe persone soltanto se menando le mani, spaventando, sfasciando, possono sentirsi esistere. S T RA P I E N O IL CENTRO Folla a Roma con ragazzi di ogni età, genitori, i n s eg n an t i e comuni cittadini convinti di dover sostenere lo stato sociale Ansa, LaPresse “Chi tocca la scuola tocca il futuro” VOCI, RABBIA E SOGNI DI CHI HA SFILATO CONTESTANDO LE POLITICHE DI RIGORE Fe d e r i c a Pre ca r i a Mi pagano solo nove mesi all’an n o “ERO UNA do - cente di italiano e latino, per i tagli della Gelmini mi sono dovuta spe- cializzare nell’in - segnamento di sostegno. Ogni anno, se sono fortunata, mi fanno un contratto temporaneo: lavoro da settembre a giugno, ho lo sti- pendio solo per nove mesi. Que- sto movimento è la parte vitale dell’Italia, nonostante stiano pro- vando a dipingerlo come violen- to. Siamo qui per rimanere vicini ai ragazzi e per protestare contro le classi di governo che stanno devastando la scuola pubblica e cancellando il diritto allo studio. A n d re a A rc h i te t to Destra o sinistra non conta nulla “SONO un libero professionista. É dura, ma vado avanti, il lavoro non mi manca. Io non sono né di destra né di sinistra. Qui si do- vrebbe lottare tutti per la stessa causa. Invece sento ancora gli stessi cori anacronistici, gli stes- si slogan di quarant’anni fa. È co- me se aspettassimo tutti che succeda qualcosa, e poi invece non cambia nulla. Serve l’azione, ma bisogna trovare un modo di- verso, nuove forme di protesta e di critica. Con le solite, vecchie divisioni ideologiche non si cre- s ce ”. M i ch e l e Pe n s i o n a to Questo governo è un disastro “QUESTO S t a to mi concede la bellezza di 760 euro al mese di pensione. Con- divido totalmen- te le manifestazioni contro que- sto governo. Tutte. In qualsiasi modo esse si esprimano. Ho quattro figli: vivono situazioni di precarietà e disoccupazione. Anche le mie nipoti occupano le scuole. Io sono completamente d’accordo con loro: gli hanno cancellato il futuro e fanno bene a lottare per riprenderselo. In questi giorni, l’unica violenza che ho visto è quella dello Stato e delle forze dell’o rd i n e ”. M a mu n k h a l a f U n i ve rs i t a r i o É una generazione molto spaventata “SONO NATO in un campo profu- ghi palestinese in Giordania. So- no qui con alcuni miei connazio- nali per sostenere la lotta stu- dentesca italiana, perché credia- mo che sia animata dallo stesso spirito che sta alimentando tutti i movimenti antagonisti che pro- testano nel mondo. Anche a Ga- za le bombe hanno come obiet- tivi soprattutto le scuole e le uni- versità. Perché vogliono colpire il futuro e vogliono crescere una generazione spaventata, inca- pace di scegliere e di determina- re il proprio destino”. Cinzia Impiegata Serve a qualcosa la laurea dei miei figli? “MI PIACE vede - re giovani che partecipano e so- no consapevoli. Ho tre figli. Due di loro si stanno lau- reando. Ho paura che il titolo di studio ormai non serva a nulla. Sono preoccupata per un’i n te ra generazione. Sulla violenza non c’è nessuna ambiguità: i ragazzi non vogliono pagare le conse- guenze di una crisi di cui non han- no alcuna responsabilità. Io sono non violenta, ma li capisco: cosa devono fare? Non li ascolta nes- suno. Si taglia su cultura e ricerca, sul loro futuro. Sono i primi a pa- gare: hanno ragione”. E m i l i an o D i s o cc u p a to La tensione sta crescendo “SONO disoccu - pato da cinque anni, prima ero un grafico edito- riale. Sono qui perché sono inte- ressato al movimento di protesta che sta crescendo in Italia. Se si continua a smantellare la scuola, che è la base della crescita di una società, la crisi diventa sempre più devastante. Gli scontri del 14 novembre sono stati un messag- gio del governo, nulla è casuale. Questi ragazzi hanno diritto a protestare, anche in modo duro. Ma non credo che ci siano ancora le condizioni per un conflitto so- ciale veramente radicale”. A n ge l o D o ce n te Impossibile un lavoro stabile “HO UNAl a u re a in Scienze della formazione pri- maria e una in Scienze dell’edu- cazione. Non mi bastano a ottenere un posto di lavoro stabile nella scuola pub- blica. Nelle graduatorie ad esau- rimento rimangono a marcire ol- tre 250 mila persone. Non posso fare progetti: comprare una casa o pensare a una famiglia. Stu- denti e docenti sono un corpo unico in questa protesta. La vio- lenza non ha mai senso, ma que- sto momento storico ci rende esasperati: la violenza è l’esplo- sione di questa esasperazione”. E m anu e l e R i ce rca to re Noi archeologi tutti a spasso “SIAMOil Paese con il patrimonio di beni culturali e archeologici più importante al mondo. Eppure gli archeologi sono tutti, o quasi, precari e sfruttati. E, paradossal- mente, siamo molto più richiesti all’estero, magari in paesi con una storia e una cultura che non si avvicinano nemmeno alle no- stre. I ragazzi che hanno scelto questo percorso sono persone che amano il proprio Paese e si emozionano per la sua storia. Noi siamo qui per ribadire que- sto: vogliamo essere una risorsa per l’Italia”. Guido O cc u p a n te Stanno svendendo la nostra cultura “SONO UNO studente di dirit- to costituzionale. Al Valle sentiamo l’esigenza di di- fendere il patri- monio culturale che tutto il mon- do ci riconosce. Se continua a es- sere svenduto, si distrugge un be- ne comune e si cancella la nostra identità. Qui ci sono studenti e la- voratori che non sono rappresen- tati da nessuno. La violenza del 14 novembre è stata una strategia premeditata, dettata dalla paura che la voce della protesta diventi troppo forte. Non avevo mai visto in vita mia ragazzini di 16 anni in- seguiti nei vicoli e picchiati”. A n ge l a I n s e g n a n te Il domani di mia figlia mi fa paura “LA NOSTRA scuola ha subìto i colpi dei tagli e del terremoto: al disagio della ri- costruzione che non c’è, si aggiungono le deci- sioni della nostra classe diri- gente. Sono solidale al 200 per- cento con questo corteo e que- sti studenti. Non credo che sia- no violenti, altrimenti non sarei qui. Sono sicura che i nostri ra- gazzi sanno quello che fanno, credo in loro: sono il nostro fu- turo. Ho una figlia di 24 anni, sta studiando: ho paura che dovrò portarla sulle mie spalle ancora per molto tempo”. dell’Ovo è stato affisso uno striscione con lo slogan “Cultura contro austerità” - gli operai della Fiomsi sono schierati al fianco degli studenti. Tra loro anche Sebastiano, uno dei 19 lavoratori iscritti alla Fiom che dovranno essere assunti, su decisione della ma- gistratura, nella fabbrica di Pomigliano. Soddisfatti sindacati e politici. “L'alta adesione allo sciopero se- gna la riuscita della mobilitazione promossa dalla Fl c - C g i l ”, afferma il segretario generale Mimmo Pantaleo. Per Francesca Puglisi, responsabile scuola Pd, “è scesa in piazza l’Italia migliore”. “Questo è il sintomo che gli studenti rappresentano la speranza di questo Paese”, aggiunge Federico Del Giudice della Rete della Conoscenza. “Le manganellate della scorsa settimana - sottolinea il segretario del Prc Paolo Ferrero - non hanno fermato il movimento”. 4 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano AL VOTO AL VOTO Le nuove regole della consultazione e le lunghe code OBIETTIVO 3 MILIONI DI ELETTORI AI SEGGI È IL GIORNO DELLE PRIMARIE DEL CENTROSINISTRA SI SCEGLIE IL CANDIDATO PREMIER 1 Nel programma si legge che “la riscossa dell'Italia passa anche per il rilancio del progetto europeo. Ma con un'a- genda diversa”. Ovvero, detta in bersanese, Monti “ha portato rigore e credibilità e da qui non si torna indietro. Vorrei aggiungerci un po’ di equità e lavoro”. Si gioca sul filo del- l’ambiguità il no all'agenda Monti, che il segretario dice e non dice, mentre assicura la “continuità”. Perché il patto con l’Eu- ropa non si discute, non si rinegozia, casomai si cerca di modificare qualcosa. D’altra parte, nel “suo” Pd c’è di tutto, dal responsabile Economia, Stefano Fassina al montiano doc, Enrico Letta 2 Da Vendola a Casini, con i progressisti a fare da perno: questo il mantra che il segretario va ripetendo da mesi. Con la formula: “Ognuno organizza il suo campo”. Ultima- mente è tornato a ripetere: no “al gioco della torre” tra i due. Peccato che i due abbiano sempre detto che insieme non ci vogliono stare. 3 Sì a “un’imposta personale sui grandi patrimoni immo- biliari”, mentre nessuna patrimoniale su quelli finanziari, dove basta arrivare a una “vera tracciabilità”. E poi, abbassare le tasse per i redditi medio-bassi. 4 La riforma Fornero va ritoccata. Nel senso che bisogna reintrodurre i diritti e diminuire la precarietà. Meno tasse su impresa e lavoro. Durante il confronto Sky è anche tornato a parlare di liberalizzazioni per dare mobilità al mercato del lavoro. 5 Di ministri Bersani non parla. Se do- vesse vincere, pare proprio che Renzi non ci sia, come c'è da scom- mettere che qualcuno dei grandi vecchi del partito reclamerà un posto. E che dire di Vendola Nel ribadire del segretario che Monti avrà un posto di rilievo, qualcuno ci ha vi- sto l'idea di un ministero importante. Magari ad- dirittura quello dell'E- conomia. Durante il confronto Sky, il segre- tario ha spiazzato tutti facendo un solo nome per il Pantheon: Papa Giovanni XXIII perché riusciva a “cambiare le cose rassicurando”. Ieri ne ha aggiunto “virtual- mente” almeno un altro, andando a Stella sulla tomba di Sandro Perti- ni. Ni all’agenda Monti, tasse più eque, sì a Papa Giovanni Salva la Fornero , no a Casini. Incerto sulla patrimoniale Fuori i tecnici Nel suo governo un posto per D’Alema Pier Luigi Bersani Matteo Renzi Nichi Vendola PRESIDENTE dell’Emilia Romagna negli anni '90, tre volte mi- nistro con i governi Prodi e D’Alema, deputato dal 2001 e se- gretario del Pd dal 2009. 61 anni, sposato con Daniela, farma- cista, ha due figlie Elisa e Margherita S I N DACO di Firenze dal 2009 è stato presidente della Pro- vincia nel quinquennio precedente. Il rottamatore, 37 anni, ex margheritino, è un ex scout, laureato in giurisprudenza. Spo- sato con Agnese, insegnante, ha tre figli NATO A BARI e cresciuto a Terlizzi, a una trentina di chilo- metri dal capoluogo, con il papà impiegato alle poste e la mam- ma casalinga. Laureato in Lettere, deputato per quattro legi- slature, due volte presidente della Puglia. É fidanzato con Eddy Programmi a confronto Oggi è il grande giorno per il popolo di centrosinistra che potrà scegliere il leader con le primarie. L’obiettivo è quello di portare ai seggi 3 milioni di elettori (anche se Matteo Renzi spera di ar- rivare a 4 milioni per far saltare le previsioni e il banco). I prere- gistrati sono già un milione e mezzo. Di seguito i programmi di tutti e cinque i candidati divisi per focus, dal giudizio sul gover- no Monti al lavoro, dalle alleanze alla patrimoniale, fino al Pan- theon di riferimento e i ministri dei loro governi. Gli ultimi sondaggi danno Pier Luigi Bersani introno al 45%, in vantag- gio di dieci punti su Matteo Renzi, poi Ven- dola, che potrebbe supe- rare la doppia cifra e in- fine Puppato e Tabacci. OGGI IL VOTO URNE APERTE DALLE 8 ALLE 20 Le primarie si svolgono oggi dalle 8 alle 20. L’e- ventuale secondo turno si svolge domenica 2 dicembre 2012, negli stessi orari. Gli elettori che alle 20 del giorno delle votazioni si trovano an- cora nei locali del seggio saranno ammessi a votare anche oltre il termine predetto. CHI PUÒ ESPRIMERSI SÌ IMMIGRATI, NO SEDICENNI Possono votare i cittadini italiani e chi com- pie 18 anni entro il 25 novembre 2012, i cit- tadini dell’Unione europea residenti in Italia e i cittadini di altri Paesi in possesso di regolare permesso di soggiorno e di carta di identità. Da l l ’estero si può votare online. COME FARE ANCORA POSSIBILE REGISTRARSI Sia i registrati online che chi non si è registrato devono andare direttamente al seggio e mettere tre firme. Dopo aver versato un contributo di al- meno 2 euro, si riceve il certificato di elettore della coalizione di centrosinistra con cui votare, muniti di documento di identità. 1 Luci ed ombre. Sicuramente bene per la credibilità in- ternazionale, controllo della spesa e dei conti pubblici. Po- sitiva la riforma delle pensioni del ministro Elsa Fornero. Troppe lacune su gestione della fiscalità con un innalzamento delle tasse molto negativo. Ha chiesto sacrifici ma non ha indicato un orizzonte di miglioramento, di crescita. E non ha dimostrato la dovuta attenzione alle fasce più deboli. 2 Il perimetro dell'alleanza è quello delle primarie, da Ta- bacci a Vendola. Renzi dice che le primarie non sono un concorso di bellezza: "Se vinco io gli altri devono sposare il mio programma". E chiunque vincesse degli altri, giura, lo so- sterrà. No categorico all'Udc, perché "non c'è bisogno di cer- care il voto moderato che è già compreso nei confini del Pd". 3 La proposta di Matteo Renzi è quella di Pietro Ichino, contratto unico e flexsecurity. Da stracciare, come dice il giuslavorista, le 2000 pagine del diritto al lavoro, da sostituire con 49 articoli. Rifiuta l'appellativo di liberista e si definisce “liberal”. Chiede uno stato sociale con un po' meno garanzie per gli attuali ipergarantiti, ma nuove garanzie per tutti gli altri: cococo, partite iva e il resto dell'esercito dei precari; cosa che, a quanto sostiene Ichino, creerebbe nuovi posti di la- voro. 4 Una tassa patrimoniale soltanto come estrema ratio, se servirà un contribu- to dei super ricchi si valuterà ma è contrario a aumento della pressione fiscale. 5 Ministri sicuri in caso di presa di Palazzo Chigi: Pietro Ichino (lavoro) e lo scrittore Alessandro Ba- ricco (cultura). Nel suo Pantheon, a parte Nel- son Mandela, due sinda- ci fiorentini: il democri- stiano, beatificato da Giovanni Paolo II, Gior- gio La Pira, in carica dal 1951 al ‘58 e dal ‘61 al ‘65; e quello della Libe- razione e della ricostru- zione, il comuinista Mario Fabiani, in cari- ca dal 1946 al 1951; ul- timamente aggiunge Romano Prodi, fa- cendo intendere che l’ex premier voterà per lui, anche se Prodi si è ben guardato dal dichiararlo. 1 Di sé dice: “Io rappresento senza se e senza ma l’alternativa a un governo liberista”. L’agenda Monti va archiviata per- chè non è molto diversa da quella Berlusconi. “Abbiamo bisogno di giustizia sociale – dice – perché l’Italia è un paese che sta morendo soffocato dalle politiche di austerity”. So- stiene la Tobin tax e chiede la rinegoziazione del patto di stabilità. 2 Qualche mese fa diceva che nei confronti di Casini non poneva nessun veto. Ma adesso giura che non sarà suo alleato perchè il programma dell'Udc è conservatore e non dice nulla sui diritti sociali e civili. 3 Ripristinare l'articolo 18 abolito dalla riforma Fornero. E poi lotta dura al precariato, cercando di rendere il con- tratto a tempo indeterminato più conveniente per le aziende, attraverso la riduzione del cuneo fiscale. Chiede una legge quadro sulla democrazia sindacale, per archiviare la stagione degli accordi separati e garantire rappresentatività anche ai sindacati che non firmatari di contratto (il contrario di quello che è successo alla Fiat con la Fiom). E poi norme contro le dimissioni in bianco, incentivi per chi assume donne, obbligo di congedo di paternità. Infine, sulla base della risoluzione europea del 2010, reddito minimo garantito anche in Italia. 4 Primo: creare banche dati per accertare l’entità effettiva di redditi e patrimoni. Poi introdurre una imposta patri- moniale che graverà solo sugli attivi finanziari, ovvero: depositi bancari e postali, titoli pubblici e privati, azioni e partecipazioni in società di capitali, fondi d’investimento. I patrimoni sotto i 700 mila euro saranno esentati, quelli superio- ri invece tassati al massimo all'1,5%. Propone un ac- cordo con la Svizzera per far emergere i capitali portati all'estero. 5 Durante il faccia a faccia ha citato il cardinal Martini. Poi ha aggiunto Pier Paolo Pa- solini ed Enrico Berlin- guer. Il suo governo sarà composto a metà da uomini e a metà da donne. Vuole portare in Parlamento gli operai e magari anche a palazzo Chigi. Lascerebbe un po- sto nell'esecutivo anche a Bersani e D'Alema (come ministro degli Esteri). a cura di Calapà, Feltri, Marra, Perniconi e Zanca 5 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 AL VOTO AL VOTO DOVE ANDARE VINCOLANTE LA SEZIONE ELETTORALE Ogni elettore può votare solo nel seggio che in- clude la propria sezione elettorale esprimendo un’unica preferenza in corrispondenza del can- didato prescelto. Non sono ammessi al voto co- loro che svolgano attività politica in contrasto con la coalizione di centrosinistra. I SEGGI UN PRESIDENTE E DUE SCRUTATORI Vengono insediati oggi alle 7. Ma restano aperti solo dalle 8 alle 20. Sono composti da un pre- sidente e da due scrutatori che devono assicu- rare una reale pluralità di presenze politiche. Ciascun candidato potrà designare rappresen- tanti di lista. Un Pantheon tutto al femminile come il governo che vorrebbe Lotta all’ev a s i o n e ma nessun prelievo aggiuntivo ai ricchi Matteo Renzi. Solo che Renzi è il vecchio travestito da nuovo, al- meno Bersani è vecchio ma non mascherato”. Roberta de Monticelli, invece, darà il suo voto a Nichi Vendola: “Andrò a votare perché credo che queste primarie siano l’ul - timo sforzo per garantire una via istituzionale della politica. Mi preoccupa molto l’ascesa del grillismo, soprattutto per la sua chiusura nei confronti dell’Eu - ropa. Tra i not in my name pub - blicati sul blog beppegrillo.it c’è anche la limitazione della sovra- nità nazionale. Le migliori intel- ligenze di questo paese si sono sempre espresse in modo con- trario. Detto questo oggi voterò. Ero orientata a dare la mia pre- ferenza a Laura Puppato, una donna che mi ispira fiducia per- ché è stata molto coerente nella sua azione politica – per esem- pio in tema di tutela dell’am - biente e del paesaggio – pur nei limiti delle possibilità di azione di un sindaco. Tuttavia, date le possibilità limitate, credo che punterò su Nichi Vendola, che ha il merito di aver introdotto temi altrimenti del tutto ignora- ti dalla dirigenza Bersani. Certo l’incubo è che vinca Renzi”. All’unica donna in corsa per la leadership andrà invece il voto di Maurizio Chierici: “Oggi voto Laura Puppato. Ero incerto tra lei e Bersani, che ha sì commesso qualche errore – specialmente qui a Parma – ma è stato un ot- timo presidente della Regione Emilia Romagna e un buon mi- nistro. È un uomo di equilibrio, ma darò la mia fiducia a Laura Puppato. Mi ricorda Tina An- selmi”. Non manca, tuttavia, chi alle primarie non crede per niente. Non Massimo Fini: “Ho scritto un libro che si intitola Contro la d e m o c ra z i a , non voto alle politi- che, figuriamoci alle primarie. La nostra è una parodia di de- mocrazia, alle prossime elezioni mi auguro che l’astensione sia molto elevata. Se così sarà, uni- tamente al prevedibile exploit del Movimento 5 Stelle, vorrà dire che molti hanno comincia- to a pensarla così. Bruno Tinti: “Non voto, non mi interessa. Questo è il partito dell’inciucio che per tutti questi anni ha te- nuto in vita Berlusconi. sono sempre gli stessi. L’unico alleato che hanno fatto fuori, guarda caso, è stato Di Pietro”. Vado, anzi no: il gazebo del “Fat t o ” I NOSTRI COMMENTATORI RACCONTANO LE SCELTE CHE FARANNO OGGI FANTASMA SINDACO In molti temono il primo cittadino di Firenze ma che c’è anche chi lo sosterrà per osservare cosa succede agli alleati 1 Il giudizio di Laura Puppato su Mario Monti è diretto: “Troppo ragionieristico”. L’unica candidata donna parla di green economy e blue economy, piuttosto che di agenda Monti. “É stata un’agenda emergenziale: ora serve più politica e un nuovo metodo: se vogliamo cambiare l’Italia serve un grande Risorgimento nazionale. Lo dobbiamo avviare cam- biando noi stessi e lo stile della classe dirigente”. 2 Se dovesse a scegliere, preferirebbe Beppe Grillo a Casini. Anche perché il leader dell’Udc, “ago della bilancia, non ha ancora scelto con chi stare, ad oggi è fuori”. Se non fosse stata candidata alle primarie avrebbe votato Vendola o Ber- sani ma vede Renzi come risorsa importante per il centro- sinistra. Questo il perimetro delle sue alleanze. 3 Secondo la Puppato va fatta una “riduzione fiscale par- tendo da coloro che hanno sempre pagato molto” e per questo “una patrimoniale è necessaria per l’equità fiscale”. Chiede maggiore attenzione alle famiglie numerose. 4 È per un contratto unico a tempo determinato, meglio retribuito rispetto a quello a tempo indeterminato e con sanzioni pesanti per le aziende che non lo rispettano. Se fosse stata premier avrebbe voluto che “i 2 miliardi di euro per la produttività previsti dalla legge di Stabilità venissero spesi per sviluppare nuove imprese, nuove assunzioni e nuovi inve- stimenti”. 5 Nel Pantheon non poteva che mettere due donne: Tina Anselmi, partigia- na, democristiana, la prima donna ministro in Italia, e Nilde Iotti, fi- gura storica del Pci e prima donna a diventare presidente della Ca- mera. Non si accontentereb- be di 10 ministri come an- nunciato da Renzi. “Biso- gna essere chiari negli in- tenti ma anche nelle azio- ni”. Più della metà del go- verno sarebbe composto da donne perché “in Ita- lia c’è una disabitudine storica al potere per le donne e quindi in qual- che modo questo può dare maggiori chance alle figure femminili per gestire una situa- zione grave come quella italiana”. Ha ri- cevuto l’endorsement di Nanni Moretti, che potrebbe entrare nella sua squadra. 15 MINUTI DI FILA Matteo Renzi nel suo appello al voto ha spiegato ai mili- tanti che dovranno fare 15 minuti di fila ai gazebo. Ma in alcuni casi potrebbero es- sere di più. Nella foto, le code alle primarie Pd del 2009 in piazza Politeama a Palermo O l yco m Laura Puppato Bruno Tabacci CAPOGRUPPO del Pd in consiglio regionale del Veneto, già due volte sindaco di Montebelluna in provincia di Treviso. Im- prenditrice assicurativa, 55 anni, sposata ha due figli e da pochi giorni nonna NATO NEL 1946 a Quistello, nel mantovano, è laureato in Eco- nomia e Commercio all’Università di Parma. Presidente della Lombardia, deputato Dc, poi Pdl, poi Udc, poi Api oggi è l’as- sessore al Bilancio di Milano. Sposato, ha due figli I PARERI 1 Tabacci è il più montiano dei candidati alle primarie, l’unico che dice esplicitamente di volere Mario Monti pre- sidente della Repubblica (ma sarebbe favorevole anche a un bis a palazzo Chigi). Condivide l’ “agenda Monti”, auspica una continuità in politica economica che permetta all’Italia di non perdere la credibilità ritrovata grazie al governo tec- nico. 2 Tabacci viene dall’Api, partitino ridotto a meno dell’uno per cento. Quindi alle primarie corre con l’etichetta (pra- ticamente personale) di Italia Concreta. Ma non nasconde di voler essere un ponte verso un’alleanza con il centro, a co- minciare dall’Udc di Casini. Forte della convivenza a Milano con il sindaco proveniente da Sel Giuliano Pisapia, Tabacci crede nella possibilità di un’alleanza larga da Casini a Ven- dola. 3 La patrimoniale non è un punto contenuto nel suo vasto programma. 4 Non è il tema centrale della campagna di Tabacci, più esperto di finanza pubblica e privata che di mercato del lavoro. É liberale e riformista, chiede liberalizzazioni, anche nelle professioni, tutelando il consumatore. É favorevole an- che a una riforma dei servizi pubblici locali (è assessore al Bilancio a Milano) che limiti la presenza del pubblico ai soli campi in cui è indispensabile. Le ricette per il recupero della competività sono soprattutto lotta all’evasione fiscale, ai mo- nopoli, alle rendite di posizione e investimento sulla for- mazione. 5 Il Pantheon di Tabacci è coe- rente con un’identità demo- cristiana rivendicata ed esibita: Alcide de Gasperi e Giovanni Marcora, partigiano e poi sena- tore e ministro con cui Tabacci ha lavorato da giovane. Non condivide la propensione degli altri candidati a individua- re figure di riferimento fuori dalla politica, perché il centrosinistra secondo Tabacci deve inserirsi in una tradizione la cui con- sapevolezza pare svanita nel dibattito pubblico. A parte Mario Monti, la cui presenza è imprescindibi- le in ogni assetto del dopo voto, Tabacci ha detto che se vincesse le primarie e poi le politiche, come mi- nistro dell’Economia vor- rebbe Pier Luigi Bersani. di Stefano Caselli L’ incubo è che vinca Renzi”. Il timore di Roberta de Monti- celli sembra essere prevalente tra i commentatori de Il Fatto Quotidiano, divisi tra il sostegno più o meno convinto a Pier Luigi Bersani e l’apprezza - mento per Laura Puppato. Tut- tavia non manca chi voterà il sindaco di Firenze, per quanto non per stima ma perché tecni- camente un kamikaze: “Voterò Matteo Renzi – dichiara Pa o l o Flores d’A rc a i s – come già ho scritto. Voterò Renzi per far esplodere il Pd. Nel partito ci sono da salvare molti militanti, tanti elettori e parecchi quadri locali, ma l’unico modo per ren- derli attivi è liberarli dalla cappa della nomenclatura. La vittoria di Renzi, che è palesemente di destra, avrebbe un effetto a ca- tena, il Pd andrebbe in pezzi li- berando tutte le residue energie positive che potrebbero aggre- garsi in una nuova forza da far nascere all’interno della società civile. É la sola novità che mi posso augurare. Altrimenti non ci sarà alternativa a Grillo”. Più sfumata la posizione di Fu r i o Co l o m b o , che avrebbe voluto vo- tare ma probabilmente non lo farà: “Mi dispiace guastare la fe- sta ma non penso voterò. L’ul - timo intervento in Parlamento di un bersaniano è stato talmen- te avvilente da farmi passare la voglia. Era Michele Ventura e il suo contributo alla discussione sulla legge di stabilità è stato un inutile attacco ai giornalisti che non c’entrava nulla. È uno dei suoi, purtroppo lo devo mettere in carico a Bersani. Tuttavia mi auguro vinca il segretario, certo non Renzi. Di lui non so nulla, se non che non ha fatto il sindaco di Firenze come avrebbe dovuto. Bersani è l’unico che ha cercato di guidare il partito e non di gui- dare se stesso. Se guardo a Renzi trovo traccia di Renzi e di nien- t’altro. Non vedo il partito, non vedo gli studenti, non vedo i la- voratori, non vedo l’Italia”. UN GIUDIZIO, quello sul “rotta - matore”, condiviso in pieno da Marco Politi: “Voterò Bersani, perché nella campagna elettora- le di Renzi non ho visto una sin- gola proposta sociale, un’idea concreta sulle questioni del wel- fare, del lavoro e del precariato. Bersani, tutto sommato, corri- sponde alle esigenze di un mo- derno partito progressista”. Dalla parte di Bersani, senza troppo entusiasmo per la verità, anche Oliviero Beha: “Non an- drò a votare perché non credo che ne abbiano bisogno. Se an- dassi, però, credo che sceglierei Bersani. Laura Puppato e Bruno Tabacci sono persone stimabi- lissime, Vendola anche, ma è politicamente qualcos’altro. Bersani, in fondo, è l’usato sicu- ro che può rafforzare il Pd che sta cambiando anche grazie a 6 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano AL VOTO AL VOTO Diretta streaming sul sito i l fa t to q u o t i d i a n o. i t DALLE 21.30 su i l fa t to q u o t i d i a n o. i t andrà in onda la diretta streaming dedicata allo spoglio delle votazio- ni delle primarie del centrosinistra. Dagli studi tv del Fa t to di Roma e Milano i risultati in tempo reale, con collegamenti dai seggi, le in- terviste ai candidati, i servizi video dai comitati elettorali. L'analisi delle firme del giornale di via Va- ladier e i commenti in studio. L'in- terazione con i social network. Su twitter #risikoprimarie . Gli ospiti saranno: Stefano Fassina (Pd), Mario Adinolfi (Pd), Luigi Nieri (Sel), Peter Gomez (direttore de ilfattoquotidiano.it), Alessan- dro Cattaneo sindaco di Pavia (for- mattatori Pdl). Molti altri gli appuntamenti duran- te la giornata organizzati da tv e radio: direttamente da Testaccio il pullman vetrina di Radio2, di fron- te alle sezioni del Pd e di Sel, darà i morning poll e, dalle 19.55, le pri- me proiezioni dei risultati con Un giorno da pecora. Speciali in tv per le primarie del centrosinistra sia su Raitre (dalle ore 22 sarà ospite il direttore del Fa t to, Antonio Padel- laro) che su La7 (tra gli ospiti ci sarà Andrea Scanzi). di Wanda Marra S ei bellissimo”, gli urla- no dal pubblico. Lui si schernisce, sorride: “Sono moderatamente bersaniano, lo sapete”. Così Pier Luigi Bersani inizia l’ulti - mo comizio della sua campagna per le primarie. Nella sala Chia- mate, sede degli scaricatori por- tuali della Culmv, a Genova. Perché “siccome mi viene sem- pre in testa che bisogna dire la cosa essenziale e la cosa essen- ziale si chiama lavoro, allora mi viene in mente Genova”, moti- va lui. Tirato, ma a suo agio, con la cravatta rossa, nella variabile a pois. Prima era andato a Stella, a casa di Pertini (“Ci indica an- cora la strada del coraggio”, scrive sul libro degli ospiti) e poi sulla sua tomba. “Non si posso- no avere foglie nuove se si ta- gliano le radici. Altrimenti sono foglie degli altri, non sono le tue”. Una scelta simbolica: un presidente della Repubblica, non comunista, ma socialista, un luogo con le bandiere italia- ne, e non quelle di partito. NEL LINGUAGGIO , nei conte- nuti, nello stile, la campagna di Bersani finisce così com’era ini- ziata: in mezzo alla gente, cer- cando di trasmettere senza fuo- chi d’artificio un paio di mes- saggi chiari. A “Che tempo che fa”, la domenica dopo l’Assem - blea che aveva dato il via uffi- ciale alle consultazioni aveva detto: “La realtà è più importan- te dell'immaginazione”. Parten- do da Bettola, dalla pompa di benzina del padre aveva dichia- rato: “Chi si presenta agli italia- ni deve dire certo quel che farà, ma soprattutto quel che è stato e quel che è”. Ieri chiarisce: “Se toccherà a me dirò che non in- tendo piacervi ma essere credu- to”. Anche questo un concetto che è andato ripetendo nei co- mizi in giro per l’Italia, lui “l’u- sato sicuro”, contro il rottama- tore rischioso. Insieme a lui in Liguria sono andati i fedelissi- mi: il portavoce Stefano Di Tra- glia con Chiara Muzzi, dell’uf - ficio stampa, la direttrice di Youdem, Chiara Geloni, e Mi- guel Gotor, l’intellettuale, i gio- vani del comitato, Alessandra Moretto e Tommaso Giuntella. Raccontano che era contento, soddisfatto. Lui rivendica: “Queste primarie le ho volute io, le ho volute aperte”. E infatti, lui si gioca una partita importante: se vince, è il leader indiscusso (almeno del Pd), più forte di quando ha vinto il congresso, con una libertà rispetto ai “vec - chi” del partito che prima non aveva; se perde, è una sconfitta secca. La parola sconfitta - co- munque - in questo momento non esiste tra i bersaniani: il se- gretario è saldamente in testa in tutti i sondaggi, addirittura a un soffio da una vittoria al primo turno. Anche se nel suo staff fre- nano: si andrà al ballottaggio, cinque candidati sono troppi per vincere già oggi. Intanto, proprio nella conferenza stam- pa che precede il comizio di chiusura, Bersani riapre una porta all’Idv: “Un’alleanza? Sì ma con molti se..” precisa, chie- dendo “gesti politici significati- vi che chiariscano e corregga- no”. Il leader dell’Idv aveva in- vitato a votare per lui (e comun- que non per Renzi). Voti che evidentemente servono anche oggi. Il segretario vota stamattina a Piacenza, e poi rimane lì, a casa sua. Forse in serata, a risultati noti, andrà al Comitato locale a commentarli. Nessuna uscita, nessuna tv, neanche ieri. Nel- l’intervista più o meno collettiva di venerdì sera al Tg1 d’altra parte l’espressione tra l’annoia - to e lo scocciato la diceva lun- ga. NEL COMIZIO finale, Matteo Renzi, come al solito, neanche lo nomina. Punta sulla serietà del “cambiamento”: “Se gli elet- tori scelgono me sappiano che il mio impegno è quello di gover- nare, ma anche quello di cam- biare”. E la battuta che ha fatto più volte nell’ultima settimana: “Questa cosa dei vecchi e dei giovani è roba da psicanalisi”. Poi: “Tutti assieme ne verremo fuori non con un uomo solo al comando”. Lo stile Bersani è servito. di Giampiero Calapà inviato a Siena P ossono pubblicare tutti i sondaggi che vogliono, siamo lì, non ci accontentia- mo del premio della critica di Sanremo, possiamo e vogliamo vincere. Ho scambiato poco fa dei messaggini col segretario Bersani, ci siamo ringraziati per la lealtà nella competizione”. Eppure si scrive Siena e si legge Monte dei Paschi. E Matteo Renzi, uscito barcollante dalla polemica sulla finanza balneare da Cayman, sceglie il cuore del decadente impero economico rosso proprio per lanciare le sue bordate contro Pier Luigi Ber- sani. Così l’ex tesoriere comu- nista Ugo Sposetti può essere additato dal sindaco “come uno che era abituato a fare i conti in rubli di Mosca”, anche lui espo- nente di quella “classe dirigente a cui sono bastati quindici anni per quasi distruggere ciò che i senesi hanno fatto in sei secoli”, mantra ripetuto ormai da gior- ni, ma fatto deflagrare nel tem- pio della squadra di pallacane- stro che esalta il nome dell’an - tica banca cittadina. Almeno 2500 persone per l’ultimo tiro da tre di Renzi. “Siamo maggio- ranza nel Paese e dobbiamo mandare a casa questo gruppo dirigente”, attacca il sindaco, che nell’ultimo giorno sul palco prima del voto fa di tutto per mostrare la convinzione del vincente. E CERCA di tenere tutto insieme, così rincorrere i voti “di tutti i delusi che votarono Berlusconi, quei voti non mi fanno schifo, quello che non voglio e che non ci serve è l’alleanza con Pierfer- dinando Casini invece”. Rin- corre i nonni d’Italia preso dal timore di averli spaventati: “Io voglio rottamare i politici che non mollano la poltrona da una vita, non gli anziani”. Rincorre i voti rossi, tanto che suo padre Tiziano spara alla radio: “Mio fi- glio è più a sinistra di Che Gue- vara”. Ma poi Matteo rincorre i liberal: “Se andremo al governo realizzeremo la riforma del la- voro di Pietro Ichino, per am- pliare le garanzie anche ai lavo- ratori precari e creare nuovi po- sti di lavoro”. Rincorre Firenze, ammettendo di averla trascura- ta un po’: “Ringrazio i fiorentini per la pazienza”, rispondendo così al fendente di Beppe Grillo: “Chi viene eletto ad una carica pubblica non può usarla come trampolino di lancio per una posizione più importante”. L’inseparabile fedelissimo Mar- co Carrai poche ore prima, da- vanti alla casa del popolo di Gre- ve in Chianti gremita, gongola e afferma spavaldo: “Ma quali sondaggi, quale vantaggio di Bersani? I dati che abbiamo noi mostrano un testa a testa da pa- nico, ne vedremo delle belle”. Da Firenze arriva l’eco della po- lemica sui rappresentanti di li- sta, con l’avvocato David Ermi- ni del comitato per Renzi che denuncia problemi sulla desi- gnazione formale di duecento rappresentanti di lista: “Sarebbe seccante se i nostri non venisse- ro ammessi ai seggi”. La vigilia del voto per il sindaco è stata ancora in viaggio, quindi, chilometri e chilometri a bordo del camper con l’ultima tappa sulla Chiantigiana da Greve a Siena. Oggi uscirà di buon mat- tino per dare il via alla maratona di Firenze e correrne anche me- tà, promette. Poi ancora di corsa fino a casa. Mentre il suo quar- tier generale si stringerà attorno alla sua effigie eretta nella For- tezza da Basso per l’occasione, lui si dedicherà alla famiglia e guarderà alla televisione l’amata Fiorentina, in trasferta a Torino. Solo dopo il novantesimo uscirà per raggiungere il suo seggio, nella sede Arci di piazza dei Ciompi. Il golden boydella finan- za Davide Serra, forse per sca- ramanzia, non ha ancora versa- to alla causa neppure un cente- simo, come spiega l’avvocato Alberto Bianchi: “Contiamo di arrivare a cento mila euro di do- nazioni da parte dei commen- sali della cena milanese di otto- bre, siamo ancora lontani ma tanto adesso ci sarà il balottag- gio”. Nel frattempo, a quanto di- ce Renzi, la sua campagna è fin qui costata 162 mila euro. PRUDENZA E SOBRIETÀ Lo staff frena sulla vittoria al primo turno Lui va sulla tomba di Pertini, chiude a Genova e riapre all’Idv in cerca di voti L’ULTIMO RUSH A Siena contro la finanza rossa Attacca l’ex tesoriere Ds. Oggi corre la maratona, vede la Fiorentina e poi vota “Non voglio piacervi, ma essere creduto” QUI BERSANI “Le mie spese? Sposetti fa i conti in rubli” QUI RENZI Senti come parlano PIER LUIGI, MATTEO E NICHI wNon siamo mica qua a pettinare le bam- bole w Non confondiamo il burro con la fer- rovia, si dice dalle mie parti. Qui stiamo decidendo il candidato dei progressisti, l'anno prossimo ci sarà il congresso del Pd . w La ruota deve girare, ma questo non vuol dire prendere a calci l'esperienza' wBisogna parlare di riforma costituziona- le ma non a pezzi e bocconi, bisogna darsi uno strumento per riformare la seconda parte della Costituzione perché sono 20 anni che diciamo di voler dare un sistema più efficiente e con- tinuiamo a fare bri- co l a g e w Non si possono avere foglie nuove se si tagliano le ra- dici. Altrimenti so- no foglie degli altri, non sono le tue w Questi giorni arriverà di tutto, fra- sine, minaccine wA un giovane direi che questo sarà un Paese dove trovi lavoro se conosci qual- cosa e non se conosci qualcuno w Preferiamo vincere male che perdere bene wRicordiamoci sempre di essere l’I ta l i a e di essere portatori sani di bellezza. w Noi non vogliamo più sentire che dobbiamo morire, come dice Troisi c'è lo siamo già segnato.. w Lui dice che se vince Renzi finisce il centrosinistra.Casomai se vince Renzi finisce la carriera parlamentare del presidente D'Ale- ma w Se volete cambiare l’I ta l i a , almeno trovate la tessera eletto- ra l e LO SLOGAN Ro t t a m a z i o n e e sogni per tutti w La borghesia che è andata a lungo a braccetto con Berlusconi ora vuole che la sinistra faccia il lavoro sporco w La parola chiave della riforma della Gelmini, meritocrazia, è una parola ipocrita e bugiarda che copre cumuli di discriminazioni. w Per chi ha mezzi francescani, non dispone di aerotaxi, jet privati e amici delle Cayman è una campagna elet- torale travolgente w Noi non abbiamo più bisogno di demiurghi, di uomini soli al comando ne abbiamo già avuti troppi, di unti del Signore, di uomini della Provviden- za, abbiamo biso- gno di un popolo che si alzi in piedi e consenta al Pae- se di ritrovare la strada della sal- ve zza LA NARRAZIONE Demiurghi e museruole LA METAFORA Burro, ferrovia, bambole e bricolage fatto a mano 7 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 Il leader di 5 Stelle contro l’ ”ebetino di Firenze” "CHIUNQUE sia eletto a una carica pubblica la de- ve onorare fino in fondo. Non può usarla come tram- polino per una posizione più importante e poi un’al - tra ancora, come in un domino del perfetto carrie- rista politico. Questo va vietato per legge". Beppe Grillo pubblica un post sul suo blog che critica Mat- teo Renzi. "Ti fai eleggere sindaco? Fai il sindaco! Ti fai eleggere europarlamentare? Fai l’europarlamen - tare! Non hai più la volontà di esercitare l’i n c a r i co? Torni all’occupazione precedente, se ne avevi una, o a fare il disoccupato, l’importante è che ti togli dai coglioni per aver tradito le attese degli elettori. Tra le facce di bronzo che si dilettano nello sport dell’ar - rampicatore istituzionale, quella di Renzi, l’ebetino di Firenze, è la più fenomenale, incredibile, paradig- matica del momento che attraversa l’Italia". di Emiliano Liuzzi Q uesta volta Beppe Grillo c'entra solo in parte. Lui a fine ottobre ha stabilito le regole. Regole che eviden- temente a gran parte degli at- tivisti devono essere sfuggite, altrimenti oggi non si sarebbe sollevato un gran polverone. Di cosa parliamo? Dello sti- pendio dei futuri parlamentari del Movimento 5 stelle: gua- dagneranno 5000 euro lordi al mese, più rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per trasporto e viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamen- to pensionistico con sistema di calcolo contributivo. Meno degli altri, ma sempre un fior di stipendio. G R I L LO, per non perdersi in una polemica di difficile riso- luzione, ieri, dopo l'articolo del Fatto Quotidiano, ha ripubblica- to sul suo sito le cifre. E con- fermato, nella sostanza, quello che il Fatto scrive. Ci sono i viaggi, il mantenimento dei fuorisede, e c'è la necessità co- munque di soddisfare coloro che dovranno vedersela con i colleghi che aspettano i “mar - ziani”, con la bava alla bocca, loro gli “onorevoli da un bel pezzo” che vivono tra Freccia Alata, il club esclusivo di Ali- talia, e il ristorante Fortunato al Pantheon. Intanto i simpatizzanti del Movimento, sul sito gestito da Casaleggio, chiedono spiega- zioni, invitano a rivedere le re- gole. Perché “va bene il dimez- zamento dello stipendio, ma tutti qui benefit no, sono trop- pi”. Via anche le diarie e le spe- se accessorie, altrimenti niente voto. Lo scrivono sulla rete, spesso mascherati da nickname, raramente con nome e cogno- me. “Al massimo si può pen- sare di concedere il rimborso per le spese di viaggio per chi abita lontano, non di più”, commenta Dario da Torino. “Spero vivamente che prima delle elezioni il trattamento cambierà, perché così è del tut- to incoerente con i principi del Movimento”. Sulla stessa linea tale Armando: “Se mantenete questo statuto io il Movimento non lo voto di sicuro”. E ancora Sergio da Pescara: “Un codice così importante che disciplina non solo le prerogative dei par- lamentari del Movimento 5 stelle, ma anche il trattamento economico non può non essere sottoposto al voto degli iscrit- ti”. A ruota anche Fabio da Fi- renze picchia il tasto sulla mancanza di partecipazione nella stesura del regolamento, e chiede: “Ma non dovevamo essere noi a decidere?”. Nel di- battito interviene anche il con- sigliere regionale Giovanni Fa- via: “Giusto che le spese per mantenersi a Roma siano tutte documentate da scontrini e pezze d'appoggio, secondo cri- teri ben precisi. Nessun rim- borso a forfait, quello appartie- ne alla vecchia politica”. Un argomento sensibile, quel- lo della retribuzione: colpa dei cronisti mistificatori, colpa di Grillo uguale agli altri, colpa del Pd. Colpa. E nel polverone non poteva mancare il carico da novanta. Sul piatto lo mette Valentino Tavolazzi, il consi- gliere comunale di Ferrara espulso dal Movimento 5 stel- le, ma che a recitare il ruolo dell'epurato non ci sta e con- tinua a parlare come se fosse uno tra gli altri: “La gestione dei soldi - dice – in realtà farà capo a due gruppi di comuni- cazione costituiti ad hoc, uno per la Camera e uno per il Se- nato, e composti da personale scelto da Beppe Grillo. Stilata dall’ufficio legale di Grillo, la lettera è stata spedita a tutti a coloro che hanno dato la pro- pria disponibilità a partecipare alle primarie del Movimento. Gli aspiranti deputati e sena- tori dovranno sottoscriverla insieme al codice di compor- tamento degli eletti, pubblica- to alcune settimane sul blog di Grillo”. LA LETTERA di cui parla Ta- volazzi spiega che “il regola- mento della Camera dei depu- tati e del Senato prevede che a ciascun gruppo parlamentare vengano assegnati dall’Ufficio di Presidenza contributi da de- stinarsi agli scopi istituzionali riferiti all’attività parlamenta- re, nonché alle funzioni di stu- dio, editoria e comunicazio- ne”. Fondi che il Movimento 5 stelle affiderà a una speciale struttura. Decisa da Grillo e Casaleggio. Dunque da loro controllata. PAROLA DI LEADER Grillo pubblica sul blog le varie voci: “Ci sono i viaggi, il mantenimento dei fuorisede. Ma tutto d o c u m e n t a to” Saviano e le primarie dove “non si parla di mafia” NEL CONVEGNO DI MILANO DI LIBERTÀ E GIUSTIZIA, “LA GRANDE ILLUSIONE POST-BERLUSCONIANA” Gustavo Z ag reb e l s ky sul palco di LeG M5S, BENEFIT PER GLI ONOREVOLI LA BASE NON CI STA I SIMPATIZZANTI DEL MOVIMENTO CHIEDONO DI SOTTOPORRE IL VADEMECUM AL VAGLIO DEGLI ISCRITTI: “VA BENE IL TAGLIO DEGLI STIPENDI, PERÒ TUTTI QUEI PRIVILEGI...” L’ALTRA POLITICA di Lidia Ravera IL DATO GIÀ CERTO, è la grande affluenza del "popolo del centrosinistra" all'appuntamento per decidere chi sarà il pros- simo Presidente del Consiglio (forse). E' confortante, vuol che esiste ancora qualche traccia di "popolo", che l'eredità lasciata dal Pci ai suoi discendenti non è stata del tutto dissipata. Ci sono ancora flebili segnali di diversità. Per esempio la parte- cipazione. Una partecipazione vera, civile, informata. Gratui- ta.Anzi: pagante. Due euro a testa, ma tutti danno di più. Una carità elettorale che la casta non merita, ma il desiderio di ap- partenenza è più forte dello scetticismo figlio del giudizio. Pa- ga, il popolo di centrosinistra. E, con qualche eccezione, come il bel tenebroso Cacciari che non ha trovato un candidato de- gno della sua attenzione, vota. L'affluenza delle iscrizioni, ben prima della vigilia, era parecchio superiore alle attese. Sarà questo, il dato rilevante: la partecipazione. A prescindere dal potere attrattivo del paterno Bersani, dell'astuto Renzi, del poetico Vendola, del sagace Tabacci e della ardimentosa Pup- pato. Gli italiani sono stufi di non contare niente. Vogliono es- sere consultati. Possibilmente su tutto. Gli italiani di centrosi- nistra. Quelli di centrodestra, povere anime, sono ancora alla ricerca di candidati con una fedina penale presentabile.Se non ne trovano, si candidano loro. Tanto non sono più di 18. AD PERSONAM Pd, tra i cinque litiganti vince l’a ffl u e n z a di Luigi Franco Milano A i partiti alle prese con primarie ed elezioni, il suggerimento lo dà la costituzionalista Lorenza Car- lassare: “Se parlano solo di nomi per non discutere del vuoto dei pro- grammi, guardino alla Costituzione. Lì c'è la traccia di un programma che segna le priorità”. E poi l'appello di Gustavo Zagrebelsky: “Dopo il voto ci sia un governo politico, basta con i tecnici”. NON È IN LORO che si trovano le soluzioni ai problemi del Paese, ma nella Carta. Lavoro, diritti civili, cul- tura, istruzione, informazione: sono questi i temi che l'associazione Li- bertà e Giustizia ha messa al centro della manifestazione di ieri al Forum di Assago, alle porte di Milano. “Per una stagione costituzionale” è il titolo del manifesto preparato per l'occasione da Zagrebelsky. Perché “la Costituzione - spiega il presidente onorario di LeG - è una tavola di valori che ci devono portare a ribel- larci contro il degrado che c'è stato in questi anni nella vita pubblica”. Ul- timo esempio? Si è passati dalle nor- me ad personam a quelle ad partitos, come rischia di essere la nuova legge elettorale in discussione in Parla- mento, pensata “tenendo in mano i dati dei sondaggi”. Secondo Zagre- belsky i partiti devono andare al voto con un compito chiaro: “Vincere per poi governare. E la Costituzione sia la base del loro programma”. Senza ri- fugiarsi sotto il cappello di un altro governo tecnico: “Questo diventa una maledizione per la democrazia, se si stabilisce come governo perma- nente”, sostiene davanti alle circa 2mila persone che non riempiono il Forum, come invece avevano fatto a febbraio 2011 le più di 9mila in un Palasharp straripante. In quel periodo, ricorda la presidente di LeG Sandra Bonsanti, “la demo- crazia era a rischio sotto l'assedio del governo Berlusconi. Da allora abbia- mo chiesto alla politica di riprendere le redini del Paese. Ma un anno dopo stiamo vivendo in una grande illu- sione”. In cui il tempo dei tecnici non si è an- cora concluso e la lotta alla corruzione è diven- tata lo slogan vuoto di una legge-manifesto. Tra gli altri, salgono sul palco il semiologo Um- berto Eco, lo storico Paul Ginsborg, i candi- dati alle primarie lom- barde Umberto Am- brosoli, Andrea Di Ste- fano e Alessandra Ku- stermann, il sociologo Nando dalla Chiesa, i giornalisti Lirio Abbate, Gianni Bar- bacetto e Gad Lerner. Assente Ro- berto Saviano, che però in un video messaggio accusa: “Sono tanti i temi non affrontati nel dibattito delle pri- marie, come quello della lotta alla criminalità organizzata”. Applaudito l'archeologo e giurista Salvatore Settis quando cita gli ar- ticoli della Costituzione che mettono al centro la cultura e tutelano pae- saggio e patrimonio storico-artistico. Tutti beni comuni, tra cui il presi- dente del sindacato dei giornalisti Fnsi Roberto Natale mette anche l'in- formazione, di nuovo in pericolo a causa della salva-Sallusti in via di ap- provazione in Parlamento: “C'è una voglia di bavaglio, che non sembra essersi attenuata da quando è caduto Berlusconi”. DA ALLORA, aggiunge Natale, nulla è stato fatto contro il conflitto di in- teressi: è rimasto “il cancro della de- mocrazia” che era prima. Il lavoro, poi. “Oggi chi va a lavorare è precario - accusa il segretario generale della Fiom Maurizio Landini . La Costi- tuzione è messa in discussione. Sta- bilisce che la nostra repubblica è fon- data sul lavoro e invece oggi è fon- data sullo sfruttamento e la mancan- za dei diritti”. Ecco perché dalla Car- ta bisogna ripartire. ORFANI DI B. Spazi vuoti al PalaForum rispetto al precedente incontro durante il governo del centrodestra Beppe Grillo Ansa 8 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano ZONA GRIGIA La Napoli lascia Fli: nel partito ci sono collusi con le cosche "NON POSSO accettare che esponenti del mio par- tito stringano la mano a gente collusa con la 'ndran- gheta, per questo mi sono dimessa". Così la par- lamentare di Futuro e Libertà Angela Napoli, com- ponente della commissione antimafia, ha annuncia- to a Lamezia Terme le dimissioni dal partito di Fini. La deputata, che ricopriva la carica di coordinatrice regionale in Calabria di Fli, ha dichiarato che la sua scelta è legata ad alcune collusioni che esponenti del partito manterrebbero con esponenti della 'n- drangheta. “Lo stesso Bocchino - dice la Napoli - ha allungato la mano all’ex ministro Alfano dicendogli che ci si può ricompattare all’insegna delle legalità. Lo stesso Alfano ha avallato non solo personaggi interni al suo partito collusi con la mafia, ma è ve- nuto a Reggio a sostenere il presidente Scopelliti”. di Bruno Tinti L a storia che voglio raccontare la co- nosco da un paio di giorni. Sulla mailing-list di Area (un'ag- gregazione creata a fini elet- torali di cui fanno parte le due correnti di “sinistra” dei magistrati, MD e il Movi- mento) è arrivata una mail che raccontava perché era be- ne nominare per un posto di- rettivo un magistrato piutto- sto che un altro. Le motiva- zioni erano singolari e, per un ex magistrato come me, inaccettabili. Inoltre erano la conferma di quello che sto scrivendo da un po’ di tempo (e che ho sempre detto quan- do facevo il giudice): le cor- renti sono centri di potere che tutelano i propri iscritti, fanno clientelismo e perse- guono consensi attraverso le nomine dei dirigenti degli uf- fici (anche ma non solo). IL FATTO non è piaciuto per niente a un sacco di magistra- ti che hanno aperto un dibat- tito sulla mailing-list; e alcu- ni, indignati quanto basta, mi hanno trasmesso la mail di Vigorito con commenti del tipo: Non è possibile, è una vergogna, i colleghi debbono sapere, l’Italia deve sapere, tu che adesso fai il giornalista racconta queste cose che suc- cedono troppo spesso. In ef- fetti …Così ecco la storia. F R A N C E SCO Vigorito è un magistrato che fa parte del Csm; è stato eletto nella lista di Area insieme ad altri. Fa parte della commissione che propone quello, tra i candi- dati a un posto direttivo, giu- dicato "meritevole" di essere nominato; poi il plenum del Csm deciderà. In questo caso si trattava di nominare il pre- sidente del Tribunale di Sor- veglianza di Salerno, un posto di un certo rilievo. E Vigorito ha spiegato nella sua mail quali erano le ragioni per cui la scelta doveva cadere su Della Pietra invece che su Do- natiello; e l’ha fatto senza peli sulla lingua. E’ una lettera ter- ribile: “Miei cari ho il dubbio che qualche ‘pressione inter- na’ci ha indotto a non valu- tare compiutamente la nostra proposta per il posto di Pre- sidente del Tribunale di Sor- veglianza di Salerno propo- nendo la collega Della Pietra e non il collega Donatiello. Vi riporto un estratto di una mail inviatami da Lucia Ca- sale (che Roberto e, credo, Paolo conoscono ma che ma- gari poteva farsi sentire un po’ prima; forse credeva che la nomina di Donatiello fosse scontata) ‘…. la collega è mol- to più giovane di Donatiello (di cui era giudice a latere al minore, ma spero che non si faccia una ingiustizia troppo grossa”. DIFFICILE confermare in così poche righe tutte le critiche che, nel corso degli anni, sono state rivolte alle correnti e al loro sistema clientelare. Vi- gorito dice espressamente che la nomina di Della Pietra è stata sollecitata da “pressio - ni interne”. Vigorito dice espressamente che persone estranee al Csm (tale Lucia Casale, presumibilmente un magistrato) si sono intromes- se nella procedura di nomina e che Paolo (Carfì) e Roberto (Rossi), entrambi compo- nenti del Csm in quota Area, la conoscono. E lamenta che la Casale poteva farsi viva un po’ prima per celebrare le doti del candidato Donatiello, che sembrano assai elevate. Vigo- rito ammette (sostanzial- mente) che la nomina di Del- la Pietra è avvenuta senza adeguata valutazione delle sue qualità professionali. Vi- gorito ammette che i candi- dati si sono presentati perso- nalmente a perorare la loro causa con lui. Per i non ad- detti ai lavori, si sappia che il Csm, quando vuole sentire personalmente un candidato, si avvale delle “audizioni”; cioè li convoca e tutti i com- ponenti della Commissione (tutti, non uno solo) ascolta- Tribunale di sorveglianza di Napoli) che pure fa sorve- glianza da molto tempo. A Potenza abbiamo lavorato bene insieme, e, come ti di- cevo, è un magistrato rigoro- so nella giurisdizione e nella deontologia, per quello che ho visto in quasi quattro anni di lavoro; …anche il collega ha votato alle nostre primarie e credo anche alle elezioni...’ Poi Donatiello - prosegue la mail - è passato da me (come era passata la Della Pietra) ed ho avuto l’impressione di una persona seria, mi ha espresso con un garbo inusitato la sua delusione per il fatto che il suo pluriennale lavoro nel settore sia stato immotivata- mente svalutato. Forse è più opportuno politicamente piazzare una giovane collega napoletana di area ad un po- sto direttivo, sia pur di rilievo no e valutano. Altrimenti giu- dica sui documenti. Vigorito ammette che la scelta di Della Pietra è opportuna per ragio- ni “politiche” (politiche!), consistenti nel fatto che “è più opportuno” per Area avere un suo aderente (la Della Pie- tra) in un posto direttivo a Napoli. PER I NONaddetti ai lavori, in Campania, Area è impegnata in una lotta con le altre cor- renti particolarmente aspra. E, sempre per i non addetti ai lavori, “più opportuno” si - gnifica che la nomina di una giovane collega ad un posto di responsabilità procurerà consensi ad Area, ritenuta ca- pace di favorire adeguata- mente i propri iscritti. Vigo- rito ammette che si sta com- mettendo un’ingiustizia (ai danni di Donatiello, poveri- no, anche lui – dice la Lucia Casale - gravitante intorno ad Area: ha votato alle primarie e –forse – alle elezioni) ma spe- ra che non sia “troppo gros- sa”. E’ noto che le ingiustizie, in particolare per un magi- strato, possono essere accet- tabili se non sono “troppo grosse”! Che dire? Sapete co- sa scrivono quelli di Area nel loro programma (lunghissi- mo; a leggerselo tutto c’è da piangere, o da ridere che forse è meglio): “rivendichiamo ed esigiamo un’etica dei com- portamenti. Ciò che vuol dire serietà nelle valutazioni di professionalità, prevalenza del dato attitudinale negli in- carichi, regole chiare per le incompatibilità: ma che deve voler dire anche etica dei con- siglieri, ciò che comporta che gli stessi rifuggano da clien- telismi e raccomandazioni e che siano trasparenti nelle lo- ro decisioni.” TOGHE E CLIENTELE Il caso del Tribunale di sorveglianza di Salerno “Pressioni interne ci hanno indotto a non valutare le sue qualità p ro fe ss i o n a l i ” L’ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e il segretario del Pdl, A n ge l i n o Alfano sono di nuovo ai ferri corti Ansa di Fabrizio d’E s p o s i to S ilvio Berlusconi è risorto in tre giorni. Dopo l’ultimo, burrascoso faccia a faccia di giovedì scorso con Angelino Alfano, argomento il tor- mentone delle primarie, ieri il Cavaliere ha de- finitivamente regolato i conti con il suo ex delfino senza quid. Il famoso dinosauro da cavare dal ci- lindro di Arcore è lui, con ogni probabilità, salvo altri colpi di scena in questo teatrino di fine im- pero. Forza Italia ritornerà ufficialmente la pros- sima settimana, tra mercoledì e giovedì, e se Ber- sani vincerà le primarie del Pd al primo turno questo aumenterà l’entusiamo e l’ottimismo di B., spaventato invece da di Matteo Renzi. Torna an- che lo spettro di un’alleanza tra azzurri e Lega per le Regionali in Lombardia. B. profetizza: “Maroni candidato unico”. Altro che il circo delle primarie imposto dagli ex An al segretario del Pdl, dun- que. L’A L L E N A M E N TO dei rossoneri a Milanello diventa così un nuo- vo predellino. Il campo di calcio dove si materializza il Cavaliere redivivo è la metafora perfetta per la sua sesta discesa: “Tornare in campo? Vediamo ci sto pen- sando”. L’analisi dell’ex partito dell’amore, “fondato” in piazza San Babila a Milano nel novem- bre di cinque anni fa, è spietata: “Il Pdl ha subito una decadenza di immagini e di risultati anche per il semplice mo- tivo che non ci sono stato. Noi stiamo vedendo che la gente è molto delusa dalla politica, dai politici e da questi partiti”. L’ex premier non se la prende solo con Alfano e la nomenklatura. Nel processo fallito di rifondazione del centrodestra, che lo “co - stringe” a un nuovo impegno diretto, molte colpe sono di Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc: “Io mi sono tirato indietro perché Casini aveva detto ‘se Berlusconi non c'è io posso essere parte della coalizione dei moderati di centrodestra'. Io mi sono tirato indietro una volta da segretario del Pdl, un'altra volta dal governo, un'altra volta ad- dirittura da candidato alla presidenza del Consi- glio. Il signor Casini manca di parola, non ha fatto una piega. E allora questa situazione la stiamo ri- pensando e vediamo se non è il caso, dato che cre- do di capire più di qualsiasi altro in Italia quello che c'è stato e quello che si deve fare, di utilizzare la mia esperienza in maniera concreta”. E quello che c’è da fare per B. è chiaro. Un refrain che ripete da mesi: “Nessuno dei partiti che adesso vanno in tv potrà realizzare il proprio programma se non si cambia l'architettura istituzionale del Paese - ha spiegato - e la Costituzione si può cambiare solo se c'è un partito con la maggioranza assoluta”. L’ul - tima botta ad Alfano è la non risposta sull’uscita del segretario, “se ci sono indagati non corro alle primarie”, riferita a Samorì e Proto. Dice Berlu- sconi: “Questa è una cosa che bisogna commen- tare con calma, non è possibile farlo qui in piedi”. ALFANOha incassato la scomunica con rabbia, fa- cendo un passo indietro sulle primarie della di- scordia, fortemente osteggiate dal Cavaliere: “Le dichiarazioni del presidente Berlusconi pongono sotto una nuova luce le primarie. Se davvero do- vesse tornare in campo, mi chiedo il significato di queste primarie, che hanno senso solo se non si candida. Altrimenti occorre ripensare tutto”. In realtà, riferiscono dal cerchio magico di B., il passo indietro sulle primarie non basta. Se il segretario vuole salvare pelle e seggio alle politiche deve dimettersi e consentire la trasformazio- ne del Pdl in Forza Italia, la- sciando gli ex An al proprio destino. Altrimenti il Pdl di- venterà la bad company della nomenklatura e Berlusconi andrà avanti con For- za Italia, composta per metà da parlamentari uscenti giovani e per l’altra dalle cosiddette facce nuove della società civile. In ogni caso oggi scade il termine per la presentazione delle 10mila firme necessarie per candidarsi alle primarie: Samorì ha toccato quota 17mila, idem Daniela Santanché (che ha aggiunto: “Aspetto il ritiro dalle primarie del Pdl di Angelino Alfano. Io, infatti, risulto in- dagata nel processo che riguarda l'integralismo islamico”). Anche l’amazzone Michaela Bianco- fiore ha raggiunto l’obiettivo, con 10mila. Il sabato nero di “Angelino” è finito tra insulti e fischi a Cagliari, dove è andato per la sua campagna delle primarie. Alla fiera ha trovato gli operai dell’Alcoa che gli hanno gridato “buffone” e “traditore”. La sede del Csma Roma Ansa “CSM, QUEL GIUDICE N O M I N AT O SOLO PER RAGIONI POLITICHE” LA MAIL DEL MAGISTRATO CHE PROPONE I CANDIDATI AL PLENUM B. beffa Alfano: forse torno in campo IL CAIMANO POTREBBE PRESENTARE LA “N U OVA”FORZA ITALIA GIÀ LA PROSSIMA SETTIMANA GARA A PERDERE Angelino accusa il colpo: “Le primarie sono inutili”. E medita le sue dimissioni Il segretario contestato dagli operai Alcoa 9 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 compatta, organizzata, inte- grata, che dà al proletario iden- tità, dignità, cultura. Adesso, invece, per Standing cresce nel ventre stesso dell’Occidente una “classe esplosiva”. Come gli americani di Zingales, i pre- cari di Standing si allontano dal “capitalismo clientelare”, non fanno vita sindacale né politica. Vivono in un ignoto altrove po- litico-sociale. La società di Bloch, forse una profezia “La società feudale” fu scritto all’inizio del ‘900 dal grande storico francese Marc Bloch. Descrive un sistema che non crede nell’innovazione e non vi investe, dove girano pochissi- mi soldi e si fa ricorso, piutto- sto, all’autoconsumo: “Grandi e miseri vivevano alla giornata, obbligati ad affidarsi alle risor- se del momento e quasi costret- ti a consumarle subito”. “Alla giornata”, cioè senza fu- turo, cioè da precari. La società feudale nasce dalla ritirata del- lo Stato, il Sacro Romano Im- pero, che abbandona a se stesse relazioni economiche domina- te da rapporti di lavoro servili. Un mondo bloccato, con poca industria, senza mobilità socia- le, con deboli pilastri culturali. Scrive Standing: “Una lezione dell’Illuminismo è che l’essere umano dovrebbe essere in gra- do di guidare il proprio desti- no, evitando di demandarne il controllo a Dio o alle forze na- turali. Al precario viene però detto che deve accogliere in tutto e per tutto le forze del mercato come propria guida”. Le leggi del mercato imposte come superstizione autoritaria ci guidano verso il futuro. Imu, giro di vite per le scuole paritare Protesta la Chiesa GIRO DI VITE per gli Enti no profit: non pagheranno l’Imu solo le attività non commerciali. In caso di immobili misti quindi si prevede che il pagamento sia “p ro p o r z i o n a l e ” in base allo spazio, al nu- mero dei soggetti e al tempo di utilizzo. Lo prevede il regolamento del Tesoro pub- blicato in Gazzetta ufficiale. Le scuole pa- ritarie non pagano l'Imu se l’attività è svolta a titolo gratuito o se il “co r r i s p e t t i vo simbolico è tale da coprire solo una fra- zione del costo del servizio, tenuto conto dell’assenza di relazione con lo stesso”. “Nessuna scuola è gratuita, i docenti chi li paga? Con quali soldi? Tutte le scuole so- no in fallimento, le chiuderemo in un anno, licenzieremo 200 mila persone, così tutti quanti saranno contenti”. Interpellato da RadioVaticana, il presidente dell’Agidae, Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica, padre France- sco Ciccimarra, commenta i contenuti del il regolamento del ministero sull'Imu alla scuole paritarie. di Giorgio Meletti U na generazione cre- sciuta nell’attesa della rivoluzione rischia di invec- chiare con l’incubo di uscire dal capitalismo marciando verso un nuovo feudalesimo. Non è uno scherzo, come non lo è l’ac - cordo che le parti sociali hanno firmato mercoledì scorso a pa- lazzo Chigi. Il punto 7 rimette indietro di 150 anni le lancette della storia: “Le parti ritengono necessario che la contrattazione collettiva si eserciti, con piena autonomia, su materie oggi re- golate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge”. I sindaca- ti ottengono di vedersela con i padroni, liberamente, senza che la forza della legge intralci il li- bero dispiegarsi dei rapporti di forza su materie come l’orario di lavoro e il cosiddetto deman- sionamento, che oggi il codice civile semplicemente vieta. Lo scoop di Karl Marx Questa storia l’ha già raccontata centocinquant’anni fa un gior- nalista di moderato successo, Karl Marx. Nel 1848 in Gran Bretagna stava per entrare in vi- gore la legge che limitava a dieci ore la giornata di lavoro. L’Eu - ropa era in mezzo a una lunga crisi economica, e gli operai erano in difficoltà, tentati dall’i- dea di lavorare oltre le dieci ore per qualche penny in più. Gli in- dustriali cercavano di convin- cerli a protestare insieme con- tro una legge che irrigidiva il mercato. “Riguardo alla mezza dozzina di petizioni nelle quali gli operai furono costretti a la- mentarsi della ‘loro oppressio- ne sotto quell’Atto’, gli stessi pe- titori dichiararono che le loro sottoscrizioni erano state estor- te”, racconta Marx nella sua opera più nota, “Il Capitale”. Le analogie con il presente non mancano. La crisi, lo stato di bi- sogno dei lavoratori e la tenta- zione di subire il ricatto in nome del realismo. Gli ispettori del la- voro, che nella Londra del XIX secolo erano più attenti che nel- l’Italia del XXI, si interrogava- no: “Si può ritenere illogico che abbia luogo un qualsiasi sovrac- carico di lavoro in un momento nel quale il commercio va così male; ma proprio questa cattiva situazione sprona gente senza scrupoli a trasgressioni”. Per Marx quelle norme consolida- vano un sistema capitalistico nel quale la classe operaia era sfruttata ma anche inclusa nella società (con identità e rapporti definiti con le altre classi) e ga- rantita da leggi che governava- no i rapporti di forza. Due libri usciti da poco ci aiu- tano a comprendere i rischi di ritorno al feudalesimo evocati l’accordo sulla produttività di palazzo Chigi. Il primo, “Mani - festo capitalista” (Rizzoli), è di Luigi Zingales, economista pa- dovano, docente alla Chicago University. Zingales è un liberi- sta estremo che scrive per met- tere in guardia i lettori. Il sogno americano (capitalismo, con- correnza, meritocrazia, oppor- tunità per tutti) può svanire. L’America, scrive amaramente, rischia di diventare come l’Ita - lia, un paese dove le carte del mercato sono truccate. Per Zin- gales l’Italia paga la sua storia: il clientelismo strutturale ce l'ha regalato la Chiesa medievale, con campioni come il papa Bor- gia e i suoi figli. I nostri poteri medievali I retaggi di quell’epoca ci asse- diano. Un papa tedesco, come nell’XI secolo, definisce atno- sfere pre-luterane. La Chiesa è potente come non mai, incassa le sue decime (l’8 per mille più tutto il resto) e resta esente dal- l’Imu. Benedice il potere politi- co, che si inginocchia. La demo- crazia è un miraggio per i secoli venturi. Al Quirinale c’è un “re taumaturgo” con poteri mira- colosi. Le sue massime più scontate vengono studiate da eserciti di teologi (i monaci co- stituzionalisti). Egli nomina il suo Richelieu e vassalli che por- tano il titolo di “ministro tecni- co”. Le elezioni e le primarie che le propiziano sono riti di pre- ghiera rivolti al sovrano che de- cide, affidando il governo a chi non si è candidato. Si coniano nuovi titoli nobiliari: “riserva della Repubblica”, “risorsa pre- ziosa”. La disputa teologica sul- la eleggibilità del senatore a vita riproduce la concretezza del concilio di Nicea (787 d. C.). Il popolo disorientato viene in- dirizzato a guaritori in grado di resuscitare aziende automobi- listiche decotte. Il parlamento non è eletto ma nominato, co- me prima della rivoluzione in- dustriale. L’idea di restituire al popolo quel potere estremo detto “preferenza” fa inorridire i feudatari che si difendono dal- l’orda dei p a r ve n u , degli arric- chiti, come Maria Antonietta nel 1789. Sventolando il ta b l e t , siamo in marcia verso il feudalesimo, ma la classe dirigente ha una bom- ba sociale sotto le sue poltrone. Il terzo stato non c’è più: stra- nieri, plebe, servi della gleba tutt’al più, un popolo di esclusi che si allarga giorno per giorno a schiere di insegnanti, impie- gati, laureati senza chance. Chi solleva dubbi è liquidato come peccatore, populista, demago- go. Eppure il liberista Zingales, d e fe n s o r inesausto del capitali- smo, ci racconta proprio di una bomba da disinnescare, e non solo in Italia, dove siamo più avanti verso il neo-feudalesi- mo, ma negli Stati Uniti. A partire dal 1973 (prima crisi petrolifera) produttività e salari hanno smesso negli Usa di an- dare a braccetto, e si è aperta la forbice: la produttività ha con- tinuato a crescere impetuosa- mente (è più che raddoppiata in quarant’anni), i salari reali si sono fermati. Il lavoro prende- va il 40 per cento del prodotto dell’industria, adesso il 25 per cento. La distanza tra ricchi e poveri aumenta, il ceto medio, architrave del capitalismo, scompare. Quel che è peggio, si riduce la mobilità sociale. Per chi nasce “sfigato” aumentano le probabilità di restarlo. Gli americani, spiega Zingales, sono un popolo scappato dal- l’Europa in cerca di un’o c c a s i o- ne, e le cose sono andate bene grazie alla comune fede nella regola base: se si gioca pulito c’è una chance per tutti. Oggi con- tro i bari (banchieri, manager strapagati, politici corrotti) sta esplodendo in America una reazione viscerale, scrive Zin- gales, quella di un popolo che non crede più a un gioco dove perde sempre. Il capitalismo, di corruzione, può anche morire. Il timore, per Zingales, è che il popolo americano semplice- mente si ritiri dal gioco. L’a m- mutinamento silenzioso è una bomba sociale innescata, più insidiosa dei moti di piazza. I precari della gleba Il libro “Precari” (Il Mulino) l’ha scritto un economista del lavoro, l’inglese Guy Standing, ideologicamente di sinistra, agli antipodi di Zingales. Per Standing il precariato rappre- senta ormai un quarto della po- polazione occidentale, ma non è una classe sociale vera e pro- pria, in quanto “frammentata”, composta “da persone che non intrattengono alcuna relazione che supponga una legittima- zione reciproca né con il capi- tale né con lo Stato”. I precari hanno una vita segnata dall’i n- sicurezza e senza speranze di carriera, sono dei non-cittadi- ni, non hanno identità profes- sionale, non riescono neppure a immaginare il futuro, soffro- no di ansia e depressione. Questo capitalismo somiglia a un nuovo feudaleismo. Per Marx, in questo concorde con gli economisti classici, la dialet- tica capitale-lavoro è “diritto contro diritto, entrambi consa- crati dalla legge dello scambio di merci”. Il capitalismo è una società conflittuale, ma anche ANTICO REGIME Lavoratori chiamati a battersi contro le leggi che li garantiscono, come raccontava Marx nell’800 TORNA IL PASSATO milioni 376 mi- la di occupati a 22 milioni 919 mila. Questo, nonostante il numero delle persone in età di lavoro sia au- mentata di circa 500mila unità: nel mercato del lavoro cresce l’offerta e cala, d r a m m a t i c a- mente, la domanda. Sempre secondo la ricerca i dipendenti stabili a tempo pieno calano di 544mila unità (-4,2%) e gli au- tonomi full time di 305mila (-6,1%) e se a questi si aggiunge il calo dei part time stabili volontari (-215mila) si supera il milione di persone. Aumentano invece i lavori involontari, quelli che si è costretti ad accettare: nel 2012 solo il 17,2% delle nuove assunzioni è a tempo indetermi- nato. RITI MEDIEVALI Le elezioni ridotte a preghiere per un sovrano che assegna titoli nobiliari: “ministro tecnico” e “risorsa preziosa” L e cose non stanno andan- do esattamente come spe- rava il ministro del Lavoro. La “cura della flessibilità” imposta da Elsa Fornero tarda a pro- durre i suoi effetti mentre il precariato sembra essere ormai endemico al mercato del lavo- ro. La soglia psicologica dei 4 milioni di lavoratori in “area disagio” è stata superata. Lo dicono i dati della ricerca Ires Cgil che evidenziano l’aumento, negli ultimi quattro anni, del numero dei dipendenti a tempo determi- nato e occupati stabili in part time non per scelta, ma perché non hanno trovato di meglio. Dal 2008 ad oggi sono aumentati di 718mila unità, un incremento del 21,4%. In discesa invece l’occupazione. Nel quadriennio si è perso quasi mezzo milione di posti di lavoro passando da 23 4 MLN I CONTRATTI A TERMINE LA RICERCA CGIL Dal 2008 il boom dei precari “obb l i g at i ” L’ITALIA SI SCOPRE IN MARCIA VERSO IL FEUDALESIMO L’ACCORDO DI PALAZZO CHIGI SULLA PRODUTTIVITÀ RIMETTE INDIETRO DI 150 ANNI LE LANCETTE DELLA STORIA. E“FAC C I A M O SCUOLA” NEL MONDO 10 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano I p o l i a m b u l a to r i militari saranno aperti anche ai civili IL CELIO DI ROMA, che ha già avu- to in cura anche la moglie del pre- sidente della Repubblica, Clio Na- politano, e una serie di poliambu- latori e centri diagnostici sparsi su tutto il territorio nazionale, da Pa- dova a Messina, dedicati alle forze armate e ai Carabinieri, saranno pre- sto aperti anche ai civili. Lo prevede il programma di riorganizzazione della Difesa contenuto nella riforma dello strumento militare. Gli ospe- dali e gli ambulatori dedicati agli uo- mini in divisa avranno così in modo strutturale (e alcuni esempi, come proprio il Celio, già esistono) la pos- sibilità di aprirsi all’esterno, attraver- so convenzioni con le Regioni, dando anche ai medici militari la possibilità di esercitare la libera professione in- t ra m o e n i a . Una scelta di “supporto al Servizio sanitario nazionale” spiega il sotto- segretario alla Difesa Gianluigi Ma- gri, “un piccolo contributo della Di- fesa alla richiesta di salute del Pae- se”. Anche perché, spiegano tecnici parlamentari del Pd, che ha contri- buito alla norma, “ci sono circa 1.600 medici militari” che hanno al- te specializzazioni e competenze da mettere a disposizione dei civili. MALATI E M A Z Z I AT I Il pronto soccorso ad Avellino è nascosto e poco a cce ss i b i l e A Bisaccia ci sono 104 dirigenti ma l’istituto è chiuso di Franco Arminio I n Irpinia d’Oriente l’o- spedale non è questione di flebo e bisturi, ma di carte. La destinazione attuale parla di Sps, struttura polifunzionale per la salute. Semplicemente non esiste. C’è un reparto di medicina e uno di lungodegenza, quaranta posti che ora per una direttiva del Di- rettore Generale devono scen- dere a venti. Poi c’è un reparto dedicato ai malati psichici. An- che qui occhio al nome: strut- tura psichica intermedia resi- denziale terapeutico riabilitati- va per la fase estensiva. Quante parole per dire che si tratta di un po’ di stanze dove vengono somministrati sedativi. Una co- sa più umana rispetto ai vecchi manicomi, ma ben lontana da quello che si dovrebbe fare per chi entra nel cono d’ombra del- le sofferenze mentali. LE SIGLE non sono finite. Il pronto soccorso è chiuso da se- dici anni e se arrivi nella strut- tura non trovi il Saut né lo Psaut, ma il Sait, servizi assistenziali infermieristici territoriali. Qualche sera fa ho portato un mio congiunto che aveva un do- lore toracico. La situazione non sembrava difficile. L’infermiere ha fatto il tracciato. È sceso il medico, diagnosi rassicurante. Se fosse stata dubbia non ci sa- rebbe stata la possibilità di fare gli esami enzimatici. Insomma se ci fosse stato un infarto avremmo solo perso un’ora di tempo. E in quel caso bisognava fare oltre un’ora di macchina per arrivare all’ospedale più vi- cino. In Irpinia gli ospedali di Sant’Angelo e Ariano non sono in grado di trattare in maniera ottimale il paziente infartuato. Ad Avellino in un’ora e mezza arrivi all’ospedale, ma non al pronto soccorso. Per quello devi indovinare la via, visto che è sta- to fatto in un punto poco acces- sibile. Come se avessero voluto organizzare la caccia al tesoro. Poi una volta che sei sbarcato ti trovi davanti un infermiere die- tro un vetro che ti attribuisce il codice e devi spartire le atten- zioni dei medici con tanti malati veri o immaginari che arrivano ormai da tutta la regione. In Irpinia d’Oriente non solo non hai diritto alla salute, ma non hai neppure diritto a sapere dove ti possono curare. Più che un ospedale sembra un’installa - zione di arte contemporanea: puoi andarci non per curarti, ma per vedere se è aperto o se è chiuso. Si emigra come sempre anche per le malattie, ma se ti presenti non ti chiudono la por- ta. A Bisaccia ci sono sei portie- ri, tra loro anche un cuoco. Per i dirigenti c’è il problema di af- fidare mansioni immaginarie, in attesa che il pensionamento dia un inquadramento chiaro ai dipendenti. Ce ne sono cento- quattro e la notizia è piuttosto clamorosa in un ospedale chiu- so. In verità non mancano neppure i pa- zienti, sono poco meno di cinquanta, quasi tutti in età molto avanzata. Co- me se questo fosse una sor- ta di discount della sanità, un luogo crepusco- lare, un luogo in cui la struttura è il malato più di chi vi fa ricor- so. Molte di queste persone po- trebbero in effetti essere curate assai meglio in casa, ma la sanità del futuro è difficile da costruire dove non c’è neppure quella del presente. UN SINDACALISTA della Uil mi dice che non è il caso di tenere cattivi rapporti con il Direttore Generale, l’ingegnere Florio. Alla fine l’importante è che non sposti nessun dipendente altro- ve, in attesa di tempi migliori. Intanto Florio pensa a rispar- miare. L’Asl irpina ha restituito venti milioni di euro alla regio- ne Campania nel 2011 e altret- tanto si appresta a fare nel 2012. Il gioco è facile: molti servizi ci sono solo sulla carta. In una si- tuazione del genere dovrebbe intervenire la politica e la poli- tica interviene scrivendo un piano dopo l’altro, insomma il solito lavorio per garantire gli interessi delle cliniche private e far finta di occuparsi di tutti. Un vecchio gioco che i sindaci della zona dovrebbero denunciare con fermezza. Ma qui scatta l’as - senza dei partiti, dei sindacati, delle associazioni, in poche pa- role della società. Il sindaco del mio paese, che è anche medico da sempre in servizio a Bisaccia, mi incrocia nell’atrio, mi saluta e se ne va. Non è uno che crede alle proteste di popolo (e per questo si era affidato alle pro- messe di un assessore regionale, puntualmente smentite dai fat- ti). Io mi aggiro nei corridoi, negli uffici, sto in un luogo che po- trebbe essere affiliato alla lista dei non luoghi concepiti da Marc Augé. Sento che mi è ve- nuto l’amaro in bocca. Qualche dipendente giustamente mi rac- comanda di non prendermela con loro. Uno mi dice sconso- lato che è senza carichi di lavo- ro. Immagino la furia di un giornalista leghista nel sapere quanto costa il riscaldamento di questa struttura. E forse l’unico vero paziente è fuori. È un gatto con le zampe posteriori spezza- te. Comunque si muove, va a prendersi il cibo che gli portano i malati del reparto psichiatrico. Ecco, oggi l’animale ferito è la tenerezza, la verità di una crea- tura dolente dopo il giro tra me- dici, portieri, sindacalisti e in- fermieri. Li conosco bene, alcu- ni possono essere accusati di piccole astuzie, altri di un po’ di accidia, nient’altro. Un vero colpevole c’è e ha un nome pre- ciso. Si chiama Ciriaco De Mita. È lui che ha modellato la sanità in Campania, è lui la malattia. In Campania Ospedali di cartaFarsi curare? Come vincere la caccia al tesoro Il racconto FUORI CORSIA Malati e abbandonati: sempre più difficile la situazione negli ospedali A sinistra lo scrittore Franco Arminio di Davide Vecchi P rima il Tar poi il Consiglio di Stato. Ma non basta: un primario del Policlinico San Mat- teo di Pavia, Gian Luigi Marseglia, rimane al suo posto. E non serve neanche la lettera di diffida che intima ai vertici dell’università e dell’azienda ospedaliera di rimuoverlo perché svolge un in- carico per cui non ha la qualifica né le competenze adatte. La guerra tra camici bianchi si consuma nella sanità lombarda di Roberto Formigoni, a Pa- via, città del ras degli ospedali Gian Carlo Abelli, soprannominato “il faraone” proprio per il suo ruolo nel sistema della sanità lombarda. Braccio di Abelli al San Matteo è Giorgio Rondini, ex di- rettore della clinica pediatrica, che “il faraone” tentò di candidare come sindaco di Pavia nel 2001 e ci riuscì invece nel 2004. Ma nonostante il so- stegno di Formigoni, che arrivò fin qui insieme ad Abelli a sostenerne la campagna elettorale, Ron- dini non vinse. La passione per la politica rimane e, diventato professore, Rondini “scopre” un gio- vane capace, collaboratore della moglie nell’or - ganizzare convegni medici, e interessato alla car- riera in pediatria: Gian Luigi Marseglia, oggi 55enne. Così, ricostruisce la sentenza del Con- siglio di Stato, quando nel 2006 viene indetto un bando utile, Marseglia si presenta. E vince. Il con- corso è per un posto di professore universitario di prima fascia presso l’Università di Perugia in pe- diatria generale e specialistica e per un incarico di “idoneo”. Il posto a Perugia viene vinto dal pro- fessor Marcucci, candidato lo- cale, mentre a Marseglia è asse- gnato un punteggio di poco su- periore a Stefano Cianfarani, e vince così l’incarico di idoneo. Cianfarani fa ricorso al Tar. Il tribunale amministrativo an- nulla il concorso perché, secon- do i giudici, Marseglia aveva gonfiato il curriculum. Il con- corso viene così ripetuto. Con la stessa commissione. E per la se- conda volta Marseglia si presen- ta e vince. Ma Cianfarani non si arrende e si rivolge al Consiglio di Stato denun- ciando anche la “particolare coincidenza” per cui nella commissione giudicante a Perugia siede Rondini, in entrambi i concorsi. Ma mentre la giustizia fa il suo corso, Marseglia presenta la sua candidatura a primario del repar- to di pediatria a Pavia, incarico che ottiene grazie al concorso vinto a Perugia che lo ha reso pro- fessore di prima fascia. E anche qui trova un altro camice bianco che ricorre con- tro di lui al Tar: il 65enne M a u ro B ozzo l a , lui sì professore di pri- ma fascia più titolato con “espe - rienza meritoria comprovata”. A settembre finalmente arriva la sentenza del Consiglio di Sta- to che riannulla il concorso pe- rugino togliendo quindi a Mar- seglia la qualifica di professore di prima fascia perché Marse- glia aveva truccato, nell’auto - certificazione presentata, il cur- riculum presentano una “attivi - tà assistenziale non corrispondente a quella resa”. Secondo la Corte Marseglia ha gonfiato il suo cur- riculum per vincere il concorso. La sentenza è sta- ta pubblicata anche sul sito dell’università di Pa- via il 27 settembre, e comunicata all’ateneo di Pe- rugia con l’ordine di eseguirla immediatamente e di rifare il concorso. Il rettore dell’Università Umbra ha dato seguito alla sentenza, annullando il concorso e avviando l’iter per indire quello nuo- vo, ed avvisato con una lettera Pavia di quanto accaduto. Nel caso fossero distratti, ha scritto che Marseglia non ha i requisiti per essere primario. Eppure l’ateneo non ha ancora recepito la sen- tenza del Consiglio di Stato. Al Policlinico San Matteo, dopo due mesi dalla pubblicazione della sentenza, Marseglia è ancora al suo posto. Tar e Consiglio di Stato hanno stabilito che ha truccato il curriculum e annullato il concorso ma lui ri- mane lì. Ora manca il Tar della Lombardia, a cui si è appellato Bozzola. Sempre che prima Marseglia non rivinca il nuovo concorso perugino. Tra pol- trone e giustizia, così si disegna la sanità lombar- da. “Il primario ha gonfiato il curriculum” IL CONSIGLIO DI STATO ANNULLA IL CONCORSO MA LUI, DOPO DUE MESI, NON LASCIA IL SAN MATTEO DI PAVIA M A L I TA L I A IN LOMBARDIA L’attività svolta da Marseglia, scritta nell’autocer tificazione, “non corrispondente a quella realmente re s a ” 11 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 che potrebbero includere i cambi di poltrona per Rai1, Giancarlo Leone per Mauro Mazza; Rai2, Angelo Teodoli per Pasquale D'Alessandro; forse Rai3, Andrea Vianello (molto stimato e molto amico di Gubitosi) per Antonio Di Bella. Il colpo più delicato da piazzare è il Tg1. Chi conosce bene l’azienda racconta al Fat- to: “Maccari si è tirato addosso una condanna, chissà se con- sapevole o vittima di un gio- chino dei suoi capi che si stan- no riposizionando. Certo è che il dg non si è mai incazzato co- me venerdì, anche perché non era stato avvisato. Ora tenterà di portare a casa il Tg merco- ledì, il nome è Sorgi, ma se ci sono complicazioni c’è l’uscita di sicurezza del 15 dicembre. Da La Stampa al ritorno sulla rete a m m i ra g l i a I PRIMI PASSI nel giornalismo Marcello Sorgi li ha mossi al mitico l’O ra di Pa- lermo, poi Il Messaggero, nella Roma di fine anni ‘70. Diventa cronista parlamen- tare per La Stampa nel 1986, percorrendo tutti i gradini fino alla vicedirezione. Nella stagione 1997/1998 viene chiamato a di- rigere il Tg1. Dopo l’esperienza alla guida di Carlo Tecce inviato a Salerno A nche i tecnici s'in- furiano. E stavolta non finisce con un rimprovero. Il dg Luigi Gubitosi vuole cacciare prima del previsto Alberto Maccari, il direttore del Tg1, in scadenza di contratto il 31 dicembre, che ha commesso un gran pasticcio invitando venerdì sera al telegiornale soltanto Pier Luigi Bersani per poi recuperare (male) con il resto dei candidati del centro- sinistra. Gubitosi ha scelto mercoledì per il Consiglio di amministrazione più atteso del suo mandato: fuori il ber- lusconiano (e pensionato) Maccari, dentro Marcello Sor- gi, un ex, ora editorialista per la Stampa. E martedì, per evi- tare repliche di un'azienda che passa di partito in partito, il di- rettore generale avra' un con- fronto con tutti i responsabili di canali e testate per prepa- rare la Rai a una campagna elettorale senza oscillazioni a destra o sinistra. La politica tiene ancora le radici in azien- da, Gubitosi cerca di non scontentare le parti e dialoga con chiunque: dialogare è la parola chiave, prima il dg di destra ignorava la sinistra, e viceversa. I VERTICI di viale Mazzini ave- vano isolato una terna per il Tg1: Monica Maggioni perchè donna, trasversale, cattolica, ma troppo vicina all'epoca minzoliniana (firmò la lettera di solidarietà); Mario Orfeo perchè equilibrato, esperto e in ascesa, ma al capo di un gior- nale, il Messaggero, inevitabil- mente vicino a Pier Ferdinan- do Casini. Sorgi vanta una lun- ga carriera nel quotidiano de- gli Agnelli e lo stesso Gubitosi ha lavorato con la famiglia, in Fiat. La nomina potrebbe slit- tare al 15, seconda e ultima da- ta utile, se l'azienda dovesse fallire l'aggancio dei voti ber- lusconiani in Cda, che potreb- bero agire in ordine sparso. La settimana che sta per comin- ciare è fondamentale per i tec- nici, che avranno numerosi appuntamenti e numerosi ostacoli da superare: lunedì dovranno ufficializzare gli ar- gomenti sul tavolo del Cda, I TECNICI PRENDONO LA GAFFE AL BALZO: SORGI VERSO IL TG1 GUBITOSI INFURIATO CON IL DIRETTORE MACCARI PER IL PASTICCIO SU BERSANI E GLI ALTRI CANDIDATI. MERCOLEDÌ CDA DECISIVO PROFONDO RAI Chi avrà il coraggio, quel gior- no, di far saltare il banco per blindare Maccari?”. PER L’I N FO R M A Z I O N E pub - blica è un passaggio fonda- mentale, che avviene a pochi giorni dall'elezione del nuovo segretario del sindacato Usi- grai, Vittorio Di Trapani, ar- rivato a Rainews come borsista e da sempre impegnato nei co- mitati di redazione. A Salerno, durante il congresso Usigrai, Gubitosi ha incontrato i gior- nalisti del Tg1 scoprendo una forte avversione a Monica Maggioni (l'ex favorita), nono- stante il presidente Anna Ma- ria Tarantola volesse una don- na al comando del primo gior- nale televisivo. Il dg non po- teva andare oltre la terna che aveva annunciato e, venuta meno la carta Orfeo, ha pen- sato di convergere su Sorgi, che già conosce e dai tempi di Fiat. Il prossimo direttore do- vrà rivoluzionarie la testata che si ritrova sempre a mez- zobusto nella palude dei par- titi, fra pastoni, servizi brevi di un minuto e interminabili pro- mozioni turistiche. Ai tecnici piace il telegiornale stile Men- tana con una incisiva presenza del conduttore, che non si li- mita a leggere con disinvoltura la scaletta sul gobbo. Gubitosi e Tarantola vogliono lasciare un segno durante il sonno dei par- titi che stanno per tornare e re- stare simbolicamente impar- ziali, per poi magari ottenere una riconferma, un po' come il loro principale mentore: il tec- nico dei tecnici, Mario Monti. del primo telegiornale di viale Maz- zini torna alla S ta m p a , dirigendo per sette anni il quotidiano del gruppo Fiat e assumendone la corrispon- denza da Londra dal 2006 al 2007. Nel 2008 ha pubblicato Il secolo del- l’Av vo ca to (Skira 2008), pubblicato in occasione della mostra fotogra- fica sulla vita di Gianni Agnelli, di cui è stato curatore. Tornando alla di- rezione del Tg1 potrebbe riabbrac- ciare un altro pezzo della Fiat degli anni dell’Avvocato, il Direttore gene- rale della Rai, Luigi Gubitosi, che per ve n t ’anni ha ricoperto incarichi ma- nageriali nel gruppo torinese. M a rc e l l o Sorgi La Pre ss e VIALE MAZZINI In ballo la gestione dell’i n fo r m a z i o n e durante la campagna elettorale. Sindacato Usigrai, nuovo segretario Vittorio Di Trapani 12 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano Arrestato Abete, baby boss reggente del clan a Scampia di Luca De Carolis N on c'è più un euro, ha risposto il mi- nistero dell'Eco- nomia. E allora, addio tecnologia: “Trascrivete i verbali dei processi a mano” raccomanda (o implora) una circolare del ministero della Giustizia, inviata a tutti i tri- bunali italiani. Con immediata sollevazione di avvocati e ad- detti ai lavori, e conseguente precisazione da via Arenula: “La circolare è solo una pre- cauzione, ne avevano già man- dati di simili in passato”. Sarà. Ma il documento non pa- re una comunicazione di rou- tine: “Si raccomanda di valu- tare l'opportunità di limitare l'utilizzo del servizio di trascri- zione e registrazione ai soli procedimenti nei quali non sia praticabile la redazione di un verbale in forma manuale”. Già, perché se non arriveranno i fondi, il ministero “dovrà re- scindere i contratti stipulati in cambio del servizio (di steno- tipia, ndr)”. Pertanto, “a de- correre dal prossimo primo di- cembre, il servizio stesso po- trebbe essere interrotto”. Potrebbe succedere anche questo, nell'Italia dei tagli a tutto. Il problema, ricorda la circolare, è nato nel maggio scorso, quando la direzione generale del ministero ha chie- sto al dicastero dell'Economia “l'integrazione ai fondi per i vari capitoli di spesa, rivelatesi insufficienti”. Ma il ministro Grilli non ha allargato i cordo- ni della borsa. COSÌ a via Arenula hanno pen- sato di fare ricorso al Fondo Unico Giustizia, nel quale con- fluisce il denaro sequestrato in procedimenti penali o ricavato da confische. A gestirlo, è Equi- talia Giustizia. “Ma della ripar- tizione di quelle risorse non è ancora pervenuta notizia cer- ta” geme il ministero, che in mancanza di certezze racco- manda un ritorno al passato. Niente più trascrizioni, affidate a livello nazionale a una socie- tà, ma verbali redatti a penna, come si usava decenni fa. Con qualche eccezione, puntualizza la circolare: “Udienze nei pro- cessi a rito direttissimo o con imputati in stato di fermo o de- tenzione, i procedimenti in cui si decide nel merito o che sono restrittivi della libertà persona- le”. Così il ministero: per lo sconcerto degli avvocati. “Se non viene rinnovato il con- tratto con la società, il rischio è di non celebrare più processi” riassume il presidente della Ca- mera penale di Firenze, Eriber- to Rosso. Che aggiunge: “Sulle verbalizzazioni si fonda l'atti- vità dei legali”. Sulla stessa li- nea tanti altri avvocati. Abba- stanza per spingere il ministero della Giustizia a rapide spiega- zioni: la circolare è “meramen - te burocratica” e vuole solo evi- tare buchi “temporanei” nel servizio. Quanto al rinnovo della convenzione, manca solo il via libera formale della Dig- tpa, l'ente nazionale per la di- gitalizzazione della pubblica amministrazione. Ansa Giustizia, soldi finiti: “I verbali? A mano” UNA CIRCOLARE DEL MINISTERO INVITA I TRIBUNALI A LIMITARE L’USO DI REGISTRAZIONI E TRASCRIZIONI LA CAMERA PENALE DI FIRENZE: “PROCESSI A RISCHIO” agli emissari della cosca che lui stesso aveva chiamato. “Una storia emblematica – annota il gip - della capacità della ‘ndrangheta di impossessarsi di aziende lecite, penetrando come un virus”. Non c’è vio- lenza iniziale. “La mafia entra nell’attività d’impresa come socio speciale invitato al tavo- lo della proprietà”. TUTTO INIZIA e finisce in po- chi mesi. Nel dicembre 2010, infatti, un commercialista amico di Ruffino propone di far entrare in Blue call nuovi soci. Lo stesso progetto viene rivolto a Longo che ne parla con Umberto Bellocco, giova- nissimo erede del casato ma- fioso. L’ingresso ha un motivo particolare: la necessità di Ruffino di affrancarsi da altri calabresi pesanti. E così da gennaio 2011, la cosca è già in società attraverso un direttore fittizio, l’inesperto Michelan- gelo Belcastro. A questo punto i boss sono soci di minoranza, senza aver messo un euro. Sì perché, precisa Longo, Um- berto Bellocco porta “panza e presenza”. Una volta di più si comprende che “la ‘ndran - gheta non è un socio di capi- tali”. Ruffino, dunque, sa chi si tira in casa. Pensa, però, di poterlo dominare. Crede di utilizzarlo e poi di liquidarlo. Non sarà così. La ‘ndrangheta, infatti, non vuole i soldi, ma il quadro di comando. Lo otterrà il 20 settembre 2011. Ruffino arri- va a quella data dopo che per settimane abbozza progetti per togliersi “dai coglioni” i calabresi. Quel giorno viene convocato negli uffici di Cer- nusco sul Naviglio. Nella sa- letta lo attende Longo che pri- ma lo massacra di botte e poi, puntandogli un coltello alla gola, lo convince a cedere le quote a un’altra società, la Al- veberg srl. Il riscontro del pe- staggio avviene poco dopo, quando Ruffino chiama la fi- danzata: “Mi ha dato una bot- ta che sento malissimo adesso. Con il coltello anche, guarda (…) Sono uomini di merda”. Un impiegato delle sue società vedendolo con l’occhio pesto gli consiglia di andare in ospe- dale. “Sì – risponde – e cosa dico che Longo mi ha fatto un’estorsione”. Il vaso è pieno. “Basta con questa ‘ndrangheta – dice l’ex titolare della Blue call – che si pigliassero tutto”. Alla fine, il clan Bellocco si prende tutto: denaro e azien- da. Anche se il vero scopo è un altro. Ragiona il giudice: “Creare consenso sociale at- traverso la produzione di posti lavoro” e“dimostrare di essere in grado di fare quello che lo Stato non sa fare. ammazzare anche donne e bambini, perché, sostengono gli affiliati, “Rosarno deve es- sere per sempre nostra”, e per tenersi il paese si dicono ca- paci “di uccidere cento perso- ne al giorno”. Un mondo a parte, dunque, in cui, ad esempio, il tema scolastico contro la mafia chiesto alla ni- pote di un capobastone diven- ta un tema contro lo Stato. Racconta, infatti, la madre: “Per me la mafia è lo Stato, gliel’ho scritto”. In Calabria, dunque, i boss re- gnano da imperatori, mentre in Lombardia fanno affari grazie alla compiacenza attiva degli imprenditori. Uno di lo- ro è proprio Andrea Ruffino titolare della Blue call, anche lui finito in carcere, dopo che in poco meno di due anni ha dovuto cedere le sue quote di Davide Milosa Milano L e azioni non si contano, si pesano e le mie pesano di più”. La mafia parla, l’impren- ditore ascolta. Anni fa quella frase fu uno dei cavalli di bat- taglia di Enrico Cuccia. Oggi la ritroviamo in bocca a Carlo Antonio Longo, uomo di ‘ndrangheta e fiduciario al nord per la potente cosca Bel- locco di Rosarno. C’è di più: quelle parole agganciano la storia di una scalata societaria per entrare in un’impresa di call center dal fatturato milio- nario, capace di stipendiare fi- no a mille dipendenti. Questo, infatti, è il profilo della Blue call con uffici direttivi a Cer- nusco sul Naviglio in provin- cia di Milano e sedi operative sparse per tutta Italia. UN’INFILTRAZIONE in piena regola raccontata in 360 pagi- ne di ordinanza cautelare che ieri ha disposto il carcere per 14 persone, tutte accusate di intestazione fittizia di beni ag- gravata dall’utilizzo del meto- do mafioso. Metodo che sem- pre ieri è diventato associazio- ne tout court in una speculare operazione condotta dalla Dda di Reggio Calabria contro i capi criminali del sanguina- rio clan Bellocco. Una fami- glia disposta, per una faida, ad La ‘n d ran g h e t a “d ivo ra ” il call center con mille addetti ARRESTATE 30 PERSONE: IL CLAN BELOCCO S’IMPOSSESSA DI UN’AZIENDA A MILANO C RONAC H E IL TITOLARE Massacrato di botte poi, minacciato con un coltello alla gola, convinto a cedere le quote dell’azienda a un’altra società Un centurione danneggia il Bernini MINACCIA I TURISTI E COLPISCE LA BALAUSTRA Un centurione è entrato nella basilica di Santa Francesca Romana al Colosseo, danneggiando una balaustra del Bernini ealtri arredi durantelamessa: arrestato. Ansa SI NASCONDEVA a casa della ma- dre, Mariano Abete, figlio del capo clan degli scissionisti di Scampia Ar- cangelo, baby boss di 21 anni, arresta- to ieri all’alba dai carabinieri a Napoli e ritenuto uno dei cinque giovani reg- genti dei clan responsabili della faida nell'area nord di Napoli. Il blitz è scat- tato alle tre del mattino. Il 21enne non ha opposto resistenza: era nascosto in una stretta intercapedine ricavata tra le pareti della cucina e la camera da letto a cui si accedeva da un pannello elettrico. Il ministro dell'Interno, An- namaria Cancellieri, si è congratulata con il comandante generale dei Cara- binieri, Leonardo Gallitelli, “per l'im- portante operazione”. Dopo poche ore dell'arresto di Abete, i Carabinieri di Napoli hanno catturato ad Angri, nel salernitano, un altro baby boss: Salvatore Paduano, 21 anni, latitante dal 2009 e reggente del clan Gionta attivo a Torre Annunziata. Treno travolge auto di stagionali: 6 morti L’INCIDENTE IN CALABRIA. 4 DONNE TRA LE VITTIME. FS: “PASSAGGIO A LIVELLO GESTITO DA PRIVATI” Tornavano dal lavoro, poco dopo le 17. Dai campi di cle- mentine che raccoglievano per 20 euro al giorno. In sei, a bordo di una Fiat Multipla, rientrava- no a casa. Quattro donne e due uomini. Alla guida un italiano, gli altri cinque erano romeni. All’altezza di Rossano l’auto è stata travolta da un treno su un attraversamento privato. Non si è salvato nessuno. L’inciden - te è avvenuto a Roganelli, alle porte di Rossano, in provincia di Cosenza. La Multipla è stata trascinata per seicentometri prima che il locomotore, par- tito da Sibari e diretto a Cro- tone, riuscisse a fermarsi. Feri- to lievemente anche il macchi- nista della Littorina a vagone unico e i dieci passeggeri a bor- do. La dinamica dell’incidente è ancora tutta da ricostruire. La Procura di Rossano ha aper- to una inchiesta e l’area è stata sequestrata. Il Procuratore del- la Repubblica, Leonardo Leone De Castris, sta seguendo le in- dagini. Sul posto è intervenuto il Pm di turno, Maria Vallefuo- co. L’ipotesi di reato è di omi- cidio colposo plurimo e al mo- mento non ci sono indagati. Si stanno verificando eventuali responsabilità nell’apertura dei varchi per attraversare i binari. Alcuni testimoni hanno riferi- to di aver visto due uomini scendere dall’auto e aprire ma- nualmente il passaggio a livello. Secondo i primi accertamenti investigativi la cancellata non è stata forzata ma aperta regolar- mente. Escluso, dunque, che i lavoratori abbiano forzato il passaggio per l’attraversamen - to della ferrovia. I privati che gestiscono questo tipo di pas- saggi a livello hanno l’obbligo di aprirli, per attraversare la ferrovia, solo rispettando de- terminate regole previste nella convenzione, e che, secondo Fs, “in questo caso, non sono state rispettate”. Mentre gli inquirenti cercano di far luce sull’accaduto, il ca- pogruppo democratico nella commissione Trasporti della Camera, Michele Meta, ha chiesto al ministro Corrado Passera e a Mario Moretti (pre- sidente di Fs) di riferire in Par- lamento, mentre il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha inviato il suo cordoglio ai fami- liari delle vittime. “Una tristis- sima tragedia”, ha detto il sin- daco di Rossano. Il luogo dell’incidente Ansa 25 NOVEMBRE 2012 Grande prova di dignità di Benedetto XVI.Padre Georg se ne va, i due si separano. Il Pontefice rattiene lo strazio interiore e patisce a ciglio asciutto. Una foto stracciata, un profumo che svanisce, resta un Edelweiss schiacciata tra le pagine del breviario. Quell’Edelweiss. Non duole vederlo andare. Non dolgono le parole non dette, le lacrime rinserrate con un moto del cuore. Duole il ritorno. La grande casa vuota, la basilica silenziosa, la terrazza dalla quale spiare, celandosi, un ritorno. La tonaca appesa, dimenticata. Duole l’immagine fugace, nella mente, di Paoletto, della sua sventatezza che ha distrutto per sempre un sogno fragile. Fino a strappare un gemito di rimprovero, di recriminazione, subito cancellato dalla pietà: un dolore non si sazia con una pena. Ci vuole altro. Un bicchiere di vino da Messa Solenne, da ingol- lare in un solo colpo. E taccia il cuore. Taccia, mentre Don Ma- rio, il pianista pontificio, è seduto come sempre davanti alla spinetta, e intona, ancora una volta, l’ultima, la loro canzone. Suonala ancora, Don. SUONALA ANCORA, DON s a t i r a & s e n t i m e n t i A PROPOSITO, CI SONO PURE LE PR IM AR IE D EL PD , M A NON CE NE FREGA UN CAZZO COM E AL RESTO D’ITALIA P h o t o s h o p p e d b y R . C . La vicenda del cappellano di S.Vittore che costringeva i detenuti a rapporti sessuali in cambio di sigarette ha fortemente scosso il Vaticano. “La Chiesa” – ha dichiarato un alto prelato – “condanna senza reticenze i comportamenti contrari alla morale: le sigarette provocano il cancro e un cappellano, come ogni altro religioso, dovrebbe astenersi dal diffondere il vizio. Chi veste la tonaca dovrebbe seguire con scrupolo le indicazioni dottrinarie consolidate e, in caso di bisogno, limitarsi ad offrire caramelle senza zucchero”. Saputo che il cappellano, oltre le sigarette, soleva offrire alle sue vittime anche confezioni di shampoo, la Segreteria Vaticana ha dichiarato che lo shampoo non è peccato, purché non contenga laurilsolfato di sodio. È IMMORALE PRETENDERE SESSO IN CAMBIO DI SIGARETTE: PROVOCANO IL CANCRO! Sussulto morale: la chiesa contro il prete di S.Vittore II II Nein! Nun me piace ‘o presepen di Enrico Caria Il Papa è infallibile/il signor Joseph Aloisius Ratzinger è Papa/il signor Joseph Aloisius Ratzinger è infallibile. Quindi, a rigor di sillogismo, Benedetto XVI non ha mai commesso un errore. Ma scava scava qualche cappellata l’ha fatta pure lui. Da giovanotto in Baviera quando aderì alla gioventù hitleriana? Nein. Tanto per cominciare era pischellissimo e poi gliel’avevano ordinato i Nazisti mica i Testimoni di Geova. Eppure negli anni seguenti ha fatto propaganda nazionalsocialista come volontario, direte voi... e chi se ne frega dico io! Mica era Papa. Ma lo era a Rati- sbona, insistete voi, e dopo la sua dotta Laectio Magistralis (quando citò Manuele il Paleologo: mostrami ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto cose cattive e disumane) furono assaltate chiese cattoliche in mezzo mondo, trucidata la suora Leonella Sgorbati a Mogadiscio e lui stesso minacciato di morte da Al Queida. Ok, è vero, ma prima di prendere la matita rossa vogliamo dirlo che convertire il mondo a fil di spada non è atto di umana bontà per antonomasia? Più che di fallibilità dunque, è di piccola gaffe che si deve parlare. Ma allora, di qua- le papal cappellata vado cianciando? Vietare il preservativo fa- vorendo l’aids? Lasciare fino a pochi mesi fa il capo della Banda della Magliana De Pedis sepolto nella Basilica di Sant’Apol- linare? Allontanare lo statuario Georg Gaenswain suo segreta- rio particolare, per cenare ogni sera con quel coso brutto di Paolo Gabriele suo corvo personale? Nein, nein e poi nein. La cappellata grande come una casa Ratzinger l’ha presa ora, dicendo che nel presepe il bue e l’asinello non ci devono più stare. Qui vi do ragione: il vecchio Ratz s’è bevuto il cervello e tosto mi precipito a San Gregorio Armeno dove dal ‘700 l’intero decumano vive di arte presepiale: “è questione di scaramanzia”, mi dice un noto artigiano che lascio anonimo, “qui a Napoli pure chi il presepe completo non lo fa, almeno Bambiniello, Madonna, San Giusepppe, bue e asinello non se li fa mancare. Ora, eliminare 2 pezzi su 5 tra i più venduti significa una perdi- ta secca del 40% sul presepe-base. Stu curnut’!” La risposta dei presepari non s’è fatta attendere e sulle bancarel- le sono apparse le prime statuette di Ratzinger. Ma non tra i personaggi famosi lì solo per incuriosire, tipo Hamsik che si alliscia la cresta, Grillo col Berlusconi-nano in braccio, la testa mozza di Bossi sul banco del macellaio o Lucio Dalla con le ali da angelo. Il Papa Crucco è stato piazzato direttamente nella stalla con la sacra famiglia e il bue, al posto... dell’asinello. Così i provocatori. Va tuttavia anche detto che ci sono artigiani che alla fine hanno obbedito e dai pressi della mangiatoia hanno effettivamente fat- to sparire bue e asinello. Rimpiazzati da due bei pastori tedeschi. Si tratta anche per il trasferimento di 30.000 esodati: sostituiranno i cammelli nelle campagne del Quatar. Vivo interesse del sultano del Brunei per le bellezze naturalistiche italiane: “Le compro tutte, purché abbiano meno di 25 anni”. Da Abu Dhabi un’offerta per i vertici del PdL: “Amiamo molto il circo, e quello è il migliore”. Monti convince gli investitori esteri: il Molise sarà trasferito in Kuwait È passato appena qualche giorno dal ritorno di Mario Monti dal suo tour nel paesi del Golfo e già si vedono i frutti della costruttiva collaborazione tra il governo italiano e i sultani del Quatar, gli sceicchi di Abu Dhabi e i concessionari Ferrari degli Emirati Arabi. “Attrarre investitori era il nostro obiettivo” – dicono al ministero degli esteri – “e ci siamo riusciti. A Dubai hanno già opzionato il 40 per cento di Manuela Arcuri, ma contiamo di vendere anche prodotti meno stagionati”. L’interesse dei fondi sovrani di Dubai per l’industria automobilistica italiana è stato considerato un vero miracolo, ma l’entusiasmo si è spento quando un portavoce dello sceicco Al Maktum ha precisato: “Sì, le macchine italiane ci piacciono molto, compreremo gli stabilimen- ti in Polonia, Serbia e Brasile”. Anche l’arte italiana va fortissimo e promette lauti incassi: “Potremmo comprare la Gioconda” – ha detto un emiro di Abu Dhabi - “diteci a chi dobbiamo intestare l’assegno”. Più difficile la trattativa per la cessione del Molise al Quatar. In questo caso Mario Monti si è speso personalmente: “Se ci comprate il Molise in- sieme a tutti i pensionati molisani, vi diamo anche un set di pentole e un materasso ortopedico”. Molto intense anche le collaborazioni in joint-venture. I paesi del Golfo tengono molto a pubblicizzare la loro industria di trasformazione e offrono modernissime tecnologie: “Noi” – dicono fonti vicine al sultanato del Dubai – “possiamo trasformare tutti i vostri falsi invalidi in invalidi veri, e in una sola settimana”. Gran parte del lavoro diplomatico puntava a convincere alcuni ricchissimi rampolli dell’aristocrazia petrolifera a visitare l’Italia ma molti di loro hanno rifiutato: “Siete pazzi?” – ha detto il ministro dell’economia degli Emirati – “con quello che costa la benzina da voi conviene abbando- nare la Porsche quando ha il serbatoio vuoto piuttosto che fare il pieno”. La missione di Mario Monti è stata comunque un successo: i faraglioni di Capri, l’Etna e due terzi delle Dolomiti verranno consegnati giovedì governo del Kuwait che ne farà – finalmente – attrazioni turistiche redditizie. CONSIGLI PER GLI ACQUISTI di Alessandro Robecchi di Saverio Raimondo III III Si aggirano stralunati intorno agli uffici eletto- rali masticando volantini e ascoltando in cuffia gli ultimi discorsi del loro candidato del cuore. Chi piange avvolto in un poster della Puppato, chi recita una poesia di Vendola, chi mendica due euro per votare Renzi. Sono i primarie-addicted, i nuovi tossici resi schiavi dalla prolungata sovraesposizione mediatica della corsa alla leadership nel centrosinistra. «Erano abituati da anni a non contare un cazzo e a sentirsi inutili e insignificanti», spiega uno psicologo, «invece da due mesi il loro partito è tren- dy, glamour, additato da ogni parte come modello di coraggio. Tanta attenzione tutta in una volta li ha ubriacati, ma che ne sarà di loro quando le primarie saranno un ricordo?». Si profilano terribili crisi di astinenza per i sostenitori di Lau- ra Puppato e Bruno Tabacci, la cui corsa finisce quasi sicura- mente stasera. «Non posso più fare a meno di lei», ammette un fan della sindaca veneta, «la guardo ed è un trip pazzesco, mi sembra di abitare in uno di quei paesi scandinavi civilissimi che hanno come premier una bella signora bionda seria e be- neducata. Disintossicarmi? Non ci riesco, preferisco trasferirmi a Belluno per avere la mia droga sempre a portata di mano». Per i fan del puntiglioso assessore lombardo gli esperti par- lano di una sindrome vera e propria, il tabaccismo: «È la di- pendenza meno diffusa al mondo, ma sottovalutarla sarebbe un errore. Senza la loro dose quotidiana di Tabacci, finora facilmente reperibile attraverso radio e televisione, i tabaccisti potrebbero incattivirsi e diventare pericolosi». È in via di sperimentazione un surrogato in polvere, il Tabac- Riassunto delle puntate precedenti: il 14 no- vembre a Roma si sono tenuti i tradizionali scontri fra polizia e studenti – ma in versione low profile data la crisi: quest'anno non c'erano i soldi per fare i morti. Ma non sono mancate le sor- prese: oltre alle manganellate in faccia - che la polizia però ci tiene a precisare “erano i ragazzi che prendevano a capocciate i nostri manganelli”- ha destato un certo scalpore la pioggia di lacrimogeni, specie perché - come ben visibile nei video degli scontri - i lacrimogeni pioveva- no direttamente dalle finestre del Ministro della Giustizia. Ma anche in questo caso la versione ufficiale della polizia è ben diversa: i lacrimogeni sarebbero stati sparati da ter- ra, ma avrebbero fatto una traiettoria a parabola perché “hanno rimbalzato”. I lacrimogeni hanno rimbalzato. Ecco, io mi auguro che la polizia abbia mentito. Come cittadi- no infatti trovo assai meno grave che quei lacrimogeni siano stati sparati da cecchini appostati al ministero piuttosto che scoprire che le forze dell'ordine hanno in dotazione lacrimo- geni che rimbalzano. Io sapevo che a causa dei tagli la polizia non ha i soldi per fare la benzina alle volanti; ma addirittura che usino armi giocattolo mi pare davvero troppo! Se tanto mi dà tanto, i giubbotti antiproiettile saranno davvero an- tiproiettile o solo impermeabili? Insomma, che ne è della no- In questa valle di lacrimogeni Chi è senza Puppato scagli la prima scheda di Lia Celi Se chiedi agli esimi professori che ci governano qual è il problema più urgente da risolvere, quello che rischia di compromettere il nostro stile di vita, ti risponderan- no: la crisi economica. L’idea che l’euro da un giorno all’altro diventi buono solo per incartare il pesce, comprato col baratto, ha messo il pepe al culo alla nostra classe dirigente, fa- cendo scattare una serie di misure d’emergenza per evitare il peggio. La più quotata sembra essere quella di far diventare i cittadini progressivamente sempre più poveri, così da ritrovarsi pronti quando non avran- no più nulla. Magari non è la migliore delle soluzioni, ma è sempre un tentativo di affrontare il problema. C’è però un altro problemino altrettanto grave, se non peggio, sotto gli occhi di tutti, professori e non, che rischia di compromettere in modo più significativo le nostre precarie esistenze: il cambiamento climatico, cioè come la terra muterà entro la fine di questo secolo. Solo che era già urgente vent’anni fa, quando sarebbero dovute scattare le misure d’emergenza. A lanciare (l’ennesimo) allarme non sono i soliti ambien- talisti rompicoglioni (magari anche un po’ no TAV), ma la rispettabilissima Banca Mondiale. Nel 1992, la conferenza di Rio sull’am- biente si concluse auspicando una serie di misure da attuare in vent’anni per mantenere l’aumento della temperatura (dall’era pre-industriale) entro i due gra- di, che già era parecchio. Non è stato fat- to nulla, perciò lo scenario è cambiato. Se non vengono prese misure radicali, la temperatura aumenterà di quattro gradi entro il 2060. Quattro gradi in media. Ciò significa che i picchi arriveranno a più nove. In questo scenario, la tempe- ratura in Italia a luglio sarebbe di circa 42 gradi; l’ottobrata romana, ponentino compreso, viaggerebbe sui 35. Pressap- poco la stessa temperatura di un bel Natale a Palermo, se sarà ancora abita- ta, sulle palafitte. Venezia invece rimarrà la cornice di romantici week end per le coppie, di palombari. Perché ovviamente, sciogliendosi i ghiacci polari, il livello del mare si alzerà da uno a due metri, sempre in media. All’interno, su fino alla Capitale, il paesaggio divente- rà un po’ monotono: case abbandonate in un deserto polveroso, bollente. Per godere della proverbiale ospi- talità meridionale bisognerà scendere una ventina di metri sotto terra, dove si potrà ballare la pizzica e mangiare cime di rapa importate dall’Islanda nelle città sotterranee. Se la passeranno molto meglio al nord, con un clima mite come quella della Tunisia in estate, puntellato di fresche alluvioni e caleidoscopiche tempeste tropicali. Genova è stata già contattata per ospitare nelle sue strade i mondiali di rafting. Tutto questo non vuole suonare allarmistico. In chi scrive alberga la certezza che quando verrà il momen- to verranno prese misure eccezionali e giustificate, come tassare i bermuda, le infradito nonché canotti e materassini superiori ai due metri quadri. E poi state sereni, per quell’epoca l’euro sarà tornata una valuta stabile e la crisi ormai risolta. Insomma, quasi. Il fumo è il passato dell’arrosto di Andrea Garello PRIMARIE PD COME IL LOTTO: VOTA SENZA ESAGERARE ci da fiuto, ricavato macinando fotografie e articoli di giorna- le sull'esponente dell'Api, che, tenuto sempre a portata di narice in apposite tabacciere, potrebbe aiutare i tabaccisti a superare lo choc dell'eliminazione del loro beniamino. Se si dovesse passare al ballottaggio, i sostenitori di almeno due candidati avranno respiro fino al 2 di- cembre. Ma dopo? C'è chi teme strade infestate di sconvolti vendoliani che scambiano la «s» con la «f» e ri-- petono che vogliono sposarsi, o di groupies renziane che strillano d'entusiasmo quando passa un camper e gettano sessantenni nel cassonetto dell'or- ganico. Ancora imprevedibili le rea- zioni dei Bersani-dipendenti, in ca- so di sconfitta: «Ogni sera hanno visto il loro leader darsi arie da benzi- naio piacione su questa o quella re- te», spiegano all'Osservatorio Dro- ghe, «ma credevano si trattasse di Maurizio Crozza, non dello stesso Bersani che fino all'estate scorsa non sapeva che pesci pigliare e parlava a vuoto. Scoprire che in realtà il segre- tario del Pd è sempre lui e che Crozza ha perso le primarie potreb- be essere un doppio choc tale da spingerli a commettere atti folli e autodistruttivi, tipo sostenere Guido Crosetto nelle primarie del Pdl». stra sicurezza? Voglio dire: se a manifestare la prossima volta non fossero innocui studenti ma gente davvero pericolosa, tipo i geometri o i piastrellisti, la polizia come intende respin- gerli? Con le pistole ad acqua? Con i manganelli di spugna? Con i crocefissi di pongo? O forse in futuro la polizia sarà addirittura costretta ad utilizzare armi improprie durante gli scontri, esattamente come i manifestanti violenti? Ma ci sa- ranno pali stradali e sampietrini per tutti? Non ci dormo la notte. Nilde Jotti è ancora viva LA RISPOSTA ITALIANA AL MITO DI ELVIS PRESLEY La stirpe dei Gargamella, massacratori di Puffi della libertà Quello non è Ratzinger ma un cantante gospel Un altro scandalo apre enormi inter- rogativi sulla sicurezza in Vaticano. Joseph Ratzinger è stato rapito tre anni fa da un coro di cantanti gospel di Atlanta durante una udienza privata e sostituito con un sosia, il nero Ber- nard Jackson, cugino del notissimo Michael e come lui bianco di pelle per scelta estetica. Nessuno si è accorto di nulla. A tradire Bernard, una “Ama- zing Grace”, famosa canzone gospel, cantata da Bernard in tonalità di bas- so sotto la doccia. I maggiordomi pontifici, insospettiti, hanno voluto controllare e si sono tro- vati di fronte i muscoli di un uomo ro- busto e non di un ultraottantenne co- me Benedetto XVI. Secondo suor Ge- neviève, prontamente accorsa, non po- tevano esserci dubbi: “Quello è un impostore, sono certissima”, ha dichia- rato, anche se non ha voluto chiarire perché. E Ratzi? Addormentato con un batuffolo imbevuto d’etere e fatto passare per un pellegrino svenuto, era arrivato in Georgia un po’ frastornato, ma ora è felice, si occupa della mensa dei poveri nella chiesa del Cristo Trionfante ai Supplementari, va alle partite di baseball e non ha alcuna in- tenzione di tornare in Vaticano, tra corvi, banchieri col naso di Pinocchio e la solita routine di monomandatario del Dio cattolico. IL SEGRETO DI BERSANI CELATO IN UN VECCHIO CARTOON Che in Italia non avessimo personaggi mitici creduti morti che, in realtà, si erano finti tali per cambiare vita e fuggire dalla pazza folla, era un preciso indicatore del nostro provincialismo. Si, c’era la storia di Majorana ma era un fisico, non aveva nulla del glamour di un Elvis Presley o di un Jim Morrison, che come tutti sanno non sono morti e vengono avvistati anche piuttosto spesso. Ma oggi, forse anche grazie alla credibilità internazionale conquistata dal governo Monti, abbiamo anche noi il nostro mito morto vivente: Nilde Jotti. Comunista, partigiana, eletta all’assemblea costituente, per tredici anni Presidente della Camera, unica donna ad essere candidata alla Presidenza del Consiglio, unica donna candidata alla Presidenza della Repubbli- ca, unica donna ad aver acconciato i capelli sempre nello stesso modo per tutta la vita senza che mai una volta, né durante la resistenza né durante l’attività parlamentare, un solo capello uscisse dalla crocchia, Nilde è stata anche un femme fatale dal sorriso di Medusa. Con quel sorriso e con una lettura originale di Gramsci fece perdere la testa a Palmiro Togliatti, mitico capo del comunismo italiano. Il nostro ibrido tra Marylin Monroe e Golda Meyer. Un mito ancora vivo perché, mentre tutti la credono morta, Nilde si è rifatta una vita ed ha ripreso l’attività politica dal basso. Alla ricerca delle cause della fine del comuni- smo in Italia, ha capito che bisognava tornare alle radici, ai valori fondamentali e, tra questi, al ballo liscio. Così, nei nuovi panni di Petronilla Lasagna, vedova di forme forti, ha preso a frequen- tare le balere ed a conquistare, grazie alla dialettica e ad un seno ancora prosperoso, decine di anziani pronti a passare dal tipico ribellismo dei pensionati al materialismo storico. Qualcuno pensa di tentare di rintracciarla: un’intervista con la Nilde rediviva sarebbe lo scoop del secolo. Ma altri pensano che sia meglio lasciarla in pace. Vedi mai che, un tango via una mazurca, riesca a far rinascere un po’ di sinistra in questo paese. Sarebbe un altro mito che si credeva morto e che, inaspettata- mente, torna alla vita. Aria da brav’uomo, una qualche bonaria simpatia, toni dimessi, unica eccentricità le mani- che di camicia arrotolate, un padre benzinaio. Ma, dietro questa immagine rassicurante, Pierluigi Bersani nasconde il segreto terribile di una stirpe malefica: no, non quella dei comunisti ma quella dei Gargamella, maghi che, diversamente dai nipotini di Stalin, non mangiano bambini ma solo specie caratterizzate dal colore azzurro. Si deve ai Gargamella lo sterminio del popolo dei Puffi, alfieri del liberismo selvatico. La loro tragica storia è raccontata in una serie di cartoni animati, nei quali Bersani, ultimo discendente della stirpe, è perfettamente riconoscibile, realizzati da un testimone oculare perché il mondo, prima o poi, sapesse. Infatti, la sospetta somiglianza era stata notata e denunciata su Inter- net. Ma a che scopo un Mago avrebbe dovuto vestire i panni di un segretario del Pd e sorbirsi D’Alema, Veltroni, Renzi e la Bindi? Per fare una cosa così folle, bisogna avere moti- vazioni incredibilmente serie. Oggi siamo in grado di rivelare che Pierluigi-Gargamella, do- po aver sterminato i minuscoli abitanti del sottobosco, si è infiltrato nella società civile nelle vesti di unico produttore del gelato blu gusto puffo, lucrando immense ricchezze e ingannando milioni di bambini che, tutti felici, si sono nutriti del succo dei loro beniamini, slinguazzando i resti del Puffo Brontolone, di Quattrocchi, Vanitoso e persino del Grande Puffo e di nonno Puffo. Poi, ricco e spietato, Bersani-Gargamella si è creato l’identità di un politico bonario con il piano di diventare Presidente del Consiglio e divorare i pidiellini che, come i Puffi, si riconoscono nel colore azzurro e perdono la testa per le Puffette Bionde. Siamo ancora in tempo per evitare la tragedia. Se vogliamo evitarla. Perché, in fondo, Gar- gamella sarà pure cattivo ma se uno non è un Puffo, né un pidiellino, beh, chissenefrega. La Nilde, colta a sua insaputa mentre insegna ad un anziano piccolo borghese i rudimenti della polka e della caduta tendenziale del saggio di profitto. La foto, scattata da un appassionato frequentatore di balere,la dice lunga sullo stato di salute della Jotti. C’è chi dice che, da comunista che non ha corso il rischio di finire nel Pd, continua nutrirsi di bambini. Immagini photoshopped by R.C. Enigma Casaleggio: nessuno lo ha mai visto fare pipì! era nato donna e cambiò sesso nel 1909 Gianroberto Casaleggio, l’uomo che, nell’ombra, guida le mosse di Beppe Grillo è da sempre considerato un personaggio misterioso. Si è ipotizzato facesse parte di qualche oscura macchinazione dei Poteri Forti o della Finanza Internazio- nale Demoplutogiudaicomassonica o che, più semplicemente, fosse uno svitato particolarmente dotato dal punto di vista dell’organizzazione e della comunicazione di massa. Ma, con il passare del tempo, le testimonianze di persone che lo frequenta- no hanno cominciato a gettare una luce su sospetti molto più inquietanti. Gianro- berto, infatti, non soddisfa i bisogni elementari in pubblico. Non mangia quasi mai in compagnia (e questo aveva fatto pensare che fosse un ladro, una spia oppure che non fosse figlio di Maria) e, le poche volte che lo fa, si tiene le mani accanto alla bocca mentre, con l’unico aiuto di una lingua stranamente lunga e saettante, la riem- pie di bocconcini di cibo. Un militante, rimasto sconvolto dall’esperienza, giura di avergli visto catturare una farfalla con un colpo di lingua. La prova più pesante: nessuno, ma proprio nessuno, l’ha mai visto fare pipì in pubblico (e questo aveva fatto pensare che fosse un ladro, una spia oppure che non fosse figlio di Maria)! Una sera, però, la donna delle pulizie, spiando da una porta semiaperta, l’ha visto estrarre dal basso ventre un lunghissimo peduncolo, con il quale ha penetrato Grillo da un orecchio. Il comico, che prima della penetrazione era perfettamente tranquillo, ha cominciato ad emettere dei “vaffanculo” con la tipica voce rotta di chi viene pene- trato da un orecchio. Ce n’è abbastanza per capire che Casaleggio altri non è che un extraterrestre rettiliano: una razza aliena che, insieme agli illuminati, controlla le nostre menti ed il nostro mondo, facendo lavorare l'umanità come loro schia- va e trastullandosi con le guerre al solo scopo di ammazzare il tempo. Essi occupano tutte le posizioni di potere del pianeta e tramano continuamente per nascondere la loro esistenza. I più noti rettiliani sono George W. Bush, la Regina Elisabetta, Angela Merkel, Lady Gaga, Vladimir Putin e, clamorosa sorpresa, Silvio Berlusconi! La grande avanzata di Grillo, dunque, non è che un piano per sostituire al po- tere di un rettiliano quello di un altro rettiliano. Il povero Grillo, senza il con- trollo dell’organismo alieno, avrebbe dato il proprio soste- gno a Casini e si sarebbe fatto raccomandare da lui per tornare in televisione. Piazza Fontana, la strage causata da alieni invidiosi sbagliò ad azionare il comando telepatico della bomba e ci rimise la vita”. Data una risposta alla domanda “Chi?”, resta il “Perché?”. Come ai tempi del sequestro Moro, le autorità si sono rivolte alla migliore sensitiva operante in Italia. Univoca la risposta: “Gli alieni della Ventottesima Galassia ci tene- vano d’occhio da tempo, volevano scoprire il segreto della sintesi clorofillia- na e piantare anche da loro un po’ di alberi per migliorare l’aria solforosa che respirano. Non ci sono riusciti e per ripicca hanno messo la bomba. Ora basta, sono stanca, ma tornate domani, ho delle novità sul sequestro del ragionier Spinelli”. Hitler GRILLO MANIPOLATO DA UN RETTILIANO RICCIO Dopo quarantatré anni e un’infinità di processi e depistaggi, finalmente trionfa la verità su Piazza Fontana e l’Italia può davvero lasciarsi alle spalle la stagione delle stragi, come un normale Paese europeo. Durante uno scavo in prossimità del teatro dell’orribile crimine, gli operai dell’Enel hanno infatti reperito e prontamente consegnato alle forze dell’ordine strani resti di un tessuto trasparente e però resistentissimo che sembrava attraversato da correnti luminose. “Il luogo del ritrovamento - hanno detto gli esperti del Ris e della Nasa - è poco distante dall’esplosione del ‘69, sicuramente si tratta della tuta di un alieno della Ventottesima Galassia Turbinata che “Ho scelto il nome Adolf perché nella casa di monta- gna in Carinzia avevamo un cane lupo con quel nome. Hitler era il pasticcere dove andavamo sempre a Kla- genfurt, faceva dei meravigliosi matzolapfelkonig- strampf con succo di mirtilli”. Sono le prime parole del diario segreto forse più esplosivo degli ultimi cent’anni, settanta pagine di carta rosata in cui Adolf Hitler confessa di essere nato donna col nome di Henriette Maseinwelt, primogenita di un’agiata fa- miglia di commercianti originaria dei Sudeti, e di es- sersi sottoposto a un’operazione per il cambio di sesso nel 1909. “Grazie alle mani d’oro del dottor Friedrich Hagenau, un viennese amico di Freud, ho finalmente firmato la pace tra corpo e anima, un corpo di fanciulla che non poteva condividere più l’anima da maschietto perverso e razzista genocida che mi premeva dentro”, scrive Henriette-Adolf nel- la tarda primavera del 1914 e continua: “Ora sogno di arruolarmi in questa fantastica, salutare guerra mondiale. Stanotte ho sognato che mentre avevo la febbre e dormivo al freddo in trincea, venivo invaso dal caporalmaggiore”. Secondo Marcello Dell’Utri, un collezionista di documenti e libri antichi e rari, il diario di Henriette-Adolf è sicuramente autentico, lo dimostra anche lo stile della seguente frase: “Nel 1920 ero incerto se dedicarmi completamente allo studio scientifico delle razze inferiori o diventare un omicida seriale specializzato nella prima infanzia. Nel dubbio, ho fatto il capo del partito nazista”. Casaleggio mentre pratica un’intrusione auricolare. Grillo è visibilmente ridotto ad uno stato larvale. Testi del Maestro Occulto Andrea Aloi e di Paolo Aleandri Bastava guardare le foto, per capire! VI VI di Stefano Pisani di Nicola Baldoni WWW.LIFE-SHARING.ME GUIDA AGLI APPUNTAMENTI DOPO I TRENTA episodi o XVI I di Francesca Piccoletti Non è una situazione piacevole, essere prese in giro da una donna. Ti aspetti sempre che le menate sulla so- lidarietà femminile siano vere, invece niente da fare, tutta una montatura di romanzieri da due soldi e sceneggiatori che vivono ancora con le loro madri. Ho provato a stabilire un contatto con un uomo (non) se- parato, è stato peggio che terribile. -E da quanto tempo sei divorziato? -Nove anni, ma sono separato -Ah, e perché non hai mai divorziato scusa? - Beh, sai, i bambini, i soldi, il mutuo sulla casa, non abbiamo mai avuto tempo per pensarci... In nove anni? Ma come lo calcoli il tempo, in eoni? Co- sa pensi di essere, a base di Carbonio14? In nove anni si prendono un diploma e una laurea, si può comoda- mente girare il mondo tre volte, si passa attraverso almeno sei contratti a progetto, quattro relazioni sta- bili, due “uomini della mia vita”, si paga una macchina, e tu, non hai avuto il tempo di andare a firmare un foglio? Questo doveva essere il primo campanello di allarme, ma io faccio sempre finta di niente anche se ho le trombe dell'apocalisse che mi trapanano il cervello, sono fatta così, ignoro il pericolo. Sì, si dice coraggiosa. Sì, si dice anche cretina, molto più spesso. In ogni caso, ho provato a uscire con lui, ma eravamo sempre virtualmente in tre. La cena del suo migliore amico? C'era la sua ex che mi guardava come Voldemort, spe- rando di poter trasformare il mio spritz in lava con la forza del pensiero. Non è che mi sono sentita tanto a mio agio, anche considerando che le sue amiche stava- no disegnano un pentacolo sotto la mia sedia sgozzan- do un gallo e accendendo candele di cera nere e rosse, mentre il mio lui parlava amabilmente con i suoi amici. Tanto perché presentarmi? Ormai il sabba delle streghe è cominciato, sarebbe un peccato interrompe- re proprio durante la recita del primo capitolo del Necronomicon. È che lui le lascia ancora fare ogni cosa, prendere ogni decisione, piccola o grande che sia. Non sono separati, sono diversamente insieme. Lei decide se io posso andare o meno un week end fuori con il “mio” lui perché ci sono i figli di mezzo, lei decide quando fare i pranzi di famiglia ai quali io non sono neanche considerata, lei brucia la mia effige in giardino disperdendone le ceneri nell'Aniene. Sono sicura che lo faccia. Sì, si dice anche paranoica. È un rapporto a tre dove la nuova arrivata non potrà mai vincere, perché loro sono una squadra, e lo saranno sempre. La maggior parte degli uomini non sa vivere per conto proprio, ha bisogno di quel femminile materno e accogliente che le donne vuote e senza per- sonalità sanno garantire, sempre e in ogni caso. Pur di non perdere i loro uomini passano sopra a tutto, li accolgono in qualunque caso e loro sanno che questo balletto andrà bene per sempre, il guinzaglio diventa sempre più lungo ma sempre un guinzaglio è. Allora, uomini che avete bisogno di questo tipo di donne più mamme che compagne, continuate a non rompere i legami, continuate a vivere in un vecchio maglione sgualcito e rovinato, che non si sa più di che colore sia, che non ha più forma e che non tiene neanche più caldo. Questo decisamente non fa per me. Sì, si dice donna, ma con le palle. Al di sotto del bene e del male Le viti degli altri Ikea, negli anni ’80, avrebbe approfittato a costo zero della manodopera dei prigionieri politici della Germania Est. Lo scandalo, portato alla luce dalla trasmissione svedese Sœnäst (che in svedese significa “Re- port”) ha suscitato l’indignazione generale. Ikea, comunque, sta già preparando la sua risposta in un libro-catalogo che conterrà tutte le parole e la punteggiatura sufficienti a co- struirsi da soli i capitoli, e consentirà contemporaneamente di fare ordinazioni. Il volume presenta anche missive scritte dai prigionieri da cui si evince un trattamento dignitoso. Siamo venuti tuttavia in possesso di una delle lettere non pubblicate che sembra raccontare una storia diversa. Lipsia, 18 aprile 1982 – Mia cara Hildegard, sono molto stanco. Oggi ci ha fatto di nuovo visita quel signore sve- dese. Te lo ricordi? Quello che vedesti in cortile mentre parlava con un pioppo. È un mese che viene in carcere ogni giorno. Dice che l’arredamento delle nostre celle lo ispira e lo sta aiu- tando a realizzare qualcosa che conquisterà il mondo. «Un giorno si avvererà il mio grande sogno: un memorabile, maestoso muro di Berlino in laminato effetto castagno». Oggi abbiamo lavorato sodo. Quando a un certo punto gli ho chie- sto se, per pietà, poteva darmi da bere, mi ha innaffiato le scarpe. Alle mie proteste mi ha detto che ero uno, mi pare di ricordare, “schifoso verme comunista”, quindi mi ha piallato il naso. È curioso come io sia troppo comunista per lui e troppo poco per la Ddr, ma tengo per me i miei pensieri eversivi. Non voglio finire come Klaus, che si è ideologicamente rifiutato di colorare di rosso i suoi scaffali ed è stato rinchiuso in cella di isolamento a pane e zuppa per tre giorni, costretto a dormire su un letto BRIMNES. Grazie per il tuo amore. Sono riuscito a leggere la tua lettera e sapere che sono nel tuo cuore è l’unico pensiero che mi con- sola. Questo, e il fatto che fra poco sarò giustiziato con un col- po alla nuca. Ah, la brugola che mi hai nascosto nella torta non è servita. Il signore svedese me l’ha requisita dicendo che gli avevo fatto venire un’idea. Ora scusami, ma devo andare: mi dolgono le mani, a scrivere con queste matitine. Ti amo tantissimo. Ogni cassapanca STUVA mi ricorda te. Tuo, Grundtal Meinhof: «Se dai fuoco a una macchina è reato, se ne bruci migliaia è politica», poi all’intervistatore dichiara che “è con- tro ogni tipo di violenza”. Allora perché non hai messo Ba- glioni ragazzo mio, e non una tizia che sparava? La sai la dif- ferenza? La partita prosegue. Il babbo spiega che è la mamma a istiga- re la prole - la mamma ha perso il lavoro - il figlio ribatte che la violenza è brutta ma lui l’ha imparata in casa, quando il papà gli parlava a cinghiate. E noi osserviamo. Le botte ai cortei non le distingui da quelle allo stadio. La polizia pesta, ma poi il tizio che tira la pietra lo pesteresti pure tu. Quindi? Quindi pensi che la vicenda è una metafora dell’Italia. Picco- lissima. Come il paese che abitiamo. Ma voi riuscite a capire da che parte stare? In questa confusione sapete chi è nel giusto e chi sbaglia? Prendete Monti. Prima di lui erano finiti i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, dopo di lui non sai più se ne valga la pena. Quindi? E nelle botte che volano ai cortei? State con la scuola a pezzi che tira pietre o con la polizia sottopagata che manganella? Prendiamo la storia della famiglia Chiesa andata in scena tra Giornale, Corriere, Canale 5. È partita in politica ed è finita a cena di Natale, tra parenti tanto miseri da sentire la nostalgia d’uno zio Michele d’Avetrana o almeno d’un nonno che scoreggi, come placebo sostituti- vo della stella cometa. Christopher Chiesa è uno degli 8 fermati al corteo del 14 novembre. Giorgio, l’amoroso padre, all’uscita del pupo dal carcere dichiara che dovevano lasciarlo al gabbio o «gli togliamo persino il senso di colpa». Se vuoi insegnare qualcosa a tuo figlio, mandalo in carcere. Una delle tante cose che Sallusti non vuole imparare. I quoti- diani sparano la notizia del papà snaturato e tu sei dalla parte di Christopher. Poi il giovane che ci guida alla rivoluzione non sa tirar fuori per il Corriere il titolo d’un libro che ha letto e lo muove alla lotta. Non un romanzo, non un saggio, e va all’università. Allora le parole del padre che gli rimprovera la paghetta ti suonano meno meschine. Il pupo ribatte che fa il giardiniere e ripassi nel suo campo. Il pater familias illustra a Barbara D’Urso (e qui si chiuderebbe la partita) che la nor- ma etica di un’azione politica è domandarsi: «Questa cosa farà piacere a mio padre?». È un criterio interessante. «Ra- gazzi prendiamo la Bastiglia?», «Non lo so, sento prima mam- ma». Christopher ha in effige su Facebook (la rivoluzione non è un pranzo di gala, ma un social network per minorati) Ulrike VII VII A cura di Alberto Graziani L’ALBUM DELLE FIGURacce L’ALBUM DELLE FIGURacce Direttore Responsabile Stefano Disegni Segretaria di Redazione Francesca Piccoletti Caporedattore Paolo Aleandri Art Director Cristina Trovò Mago del Photoshop Paolo Cucci In redazione Riccardo Cascino Direttore Amministrativo Carlo “Bancomat” Pontesilli Prodotto e realizzato da: Imprese Disperate S.r.l. Sede Legale: Via Iberia 20 - 00183 Roma Sede Amministrativa: Studio Pontesilli Via Sant’Erasmo 23 - 00184 Roma Misfatto - 25 Novembre 2012 Vi prego, collegatevi su YouTube battendo così sulla tastiera: Dracula 3D - Clip Ita - Lucy prende fuoco - Sceglilfilm.it. Non ci si può cre- dere. Naturalmente sui giornali si grida al grande evento di culto e straculto dopo la civet- tuola anteprima a Cannes; si apprezza il (pro- babile) gioco citazionista, da vecchio b-movie della Hammer riveduto e corretto con una pun- ta di Mario Bava; si rende omaggio al “maestro dell’horror” per antonomasia, cioè Dario Ar- gento, classe 1940, diciannove titoli alle spalle. Tuttavia quella scena di “Dracula” è davvero ol- tre… il ridicolo. A un passo dalla parodia in- volontaria, dentro il malinconico tramonto di un regista che pare vivere di ricordi, slegato dal mondo, aristocraticamente lontano da ciò che passa, più o meno dignitosamente, il cine- convento. «Nel nome di Dio, torna da dove venisti! Nel nome di Dio, io ti comando: “Vade retro!”» urla con la voce tonante di Luigi La Monica l’im- bolsito Rutger Hauer, nei panni del mitico cac- ciatore di vampiri Van Helsing, esibendo due legnetti a forma di croce. Chi deve tornare da dove venne è Lucy, cioè Asia Argento, che spa- lanca le fauci, mostra i dentoni acuminati e si produce in smorfie spiritate, dopo aver annusa- to il nemico che le spiaccica in faccia una lanter- na da computer graphic. Sembra una roba da filodrammatica, diciamo pure una sequenza di “Ed Wood”: solo che lì Tim Burton ricostruiva con tenero trasporto ironico un certo cinema di serie Z fatto di nulla. Invece Argento vuol fare sul serio, spaventare il pubblico, marcare una differenza rispetto a “Twilight”. Non si prende per niente in giro. Azzarda che «col mio “Dracula” in 3D “Ava- tar” vi sembrerà un film superato»; Dracula lo affascina «perché incarna alla perfezione il con- cetto di Eros e Thanatos», e via col surrealismo e l’espressionismo. Andate a vedere il film, ma- gari raffrontandolo col cartone animato “Hotel Transylvania”, e riparliamone. Poi, s’intende, i gusti sono gusti, alla faccia di noi critici bacchettoni. Però, a occhio, neanche i fan sperticati sembrano divertirsi granché, al di là degli incassi che saranno quelli che saran- no. Ho annotato alcuni commenti in rete. «Qualcuno lo fermi per l’amor di Dio». «No via, ridicolo. Cazzo due lire spendicele per gli effetti speciali». «Ahahah, sembra la parodia di Dra- cula. Dario, fatti un favore: vatte a ripone!». Morale? Bisognerebbe sapere quando ritirarsi e farlo con quieta saggezza. Non tutti i registi sono Roman Polanski, capace di girare “Carna- ge” a 76 anni. Michele Anselmi Canta anche tu col simpatico Max! Ogni settimana un brano reinventato dal bravo fantasista da cantare intorno al fuoco. E con gli accordi! di Max Paiella Sol Per te che insegni a scuola Do Re Sol Do Sol e già si abbassa il tuo cachet Sol Do Re Sol Do Sol per te che sei precario e hai un concorso, dici olè!!! Mim Do Re Che stavo in graduatoria, era il ventesimo anno Sol Do Re Sol Do Sol si parla tanto del lavoro e il posto non me lo danno! Sol Do Re Sol Do Sol Per te che hai nonno all’ospedale e si deve operà Sol Do Re Sol Do Sol ti dicono che non c’è posto, nonno tiettelo là!!! Mim Do Re Però ci ha un calcolone che può procuragli danni Sol Do Re Sol lo porti in clinica privata e fai un mutuo a 20 anni. Do Sol Do Lam Do Anche per te, c’è chi al governo governar non sa. Do Sol Do Re Anche per te, c’è sempre chi ti fotterà. Sol Re Do Do Sol E così, e così, e così... io resto qui Do con lividi pensieri a ricordare ieri Sol a chi affidammo il voto, sapendo di eleggere chi Do Re Sol ai soldi ha sempre detto sì. Sol Do Re Sol Do Sol Per te che il pomeriggio porti il tuo bambino al parco Sol Do Re Sol Do Sol per te che non avevi una lira e sei schiacciato dal marco. Mim Do Re Per l’euro, un errore che è costato tanto Sol Do Re Sol tu tremi nel guardare la Merkel e vivi di rimpianto. Do Sol Do Lam Do Anche per te, vorrei che non andasse più così. Do Sol Do Re Anche per te, non vorrei mai una tripla B. Sol Re Do Do Sol E così e così e così... io resto qui Do con lividi pensieri a ricordare ieri Sol a chi affidammo il voto, sapendo di eleggere chi Do Re Sol ai soldi ha sempre detto sì. Sulle note di ANCHE PER TE (L. BATTISTI) In procinto di scrivere l’ennesima soap mi chiama il mio agente: “Ti ho procurato l’ingaggio che sogni da sempre. Un film per il cinema!”. Non sto nella pelle. “È la storia di un prete coraggio, protettore (in senso pio) delle prostitute dell’Est. Stavolta facciamo il botto!”. Ha ragione. Peccato e redenzione “spaccano” sempre, in Italia. “Il produttore è uno sconosciuto, ma il prete era suo amico e non bada a spese. Abbia- mo appuntamento nel suo megaufficio a Roma Nord”. Il tizio è un omone che di cinema non sa nulla ma come si nomina l’amico prete si commuove. Si commuove pure la giovane moglie dell’Est, incintissi- ma. Si intuisce che entrambi debbano molto, a quel prete coraggio. A dargli volto infatti sarà la star del momento amata da pubblico e botteghino. Wow! L’agente contratta sul mio compenso. Altissimo. La spunta senza fatica. Io fatico a non svenire. L’omone mi consegna commosso montagne di materiali sull’amico prete: “Mettici il cuore quando scrivi”. Io ce lo metterei ancora di più se avessi anche firmato un contratto. Ma l’agente mi fa segno che va bene così. Tra timorati di Dio, la Parola vale più di un banale pezzo di carta. Lavoro senza sosta per 3 mesi. Data della prima consegna. Torno nel megaufficio. Sul citofono non c’è più il logo della Produzione. Strano. Suono. Non risponde nessuno. La porta è però aperta ed entro. Non c’è anima viva. Né tavoli, telefoni, pc. Stanzoni vuoti che fanno l’eco. Il portiere conferma, spariti tutti: “affitto e condominio li paga lei?”. Contatto il mio agente. Non sa come dirmelo, ma il film non si fa più. Il produtto- re, irreperibile, è ricercato da una fila di creditori incazzati. Tra cui anche il sottoscritto, ora. “Del resto non ci si improvvisa produttori dall’oggi al domani. Cose che succedono, non ci pensare più”¬. Cosaaa? E i miei soldi? Il grande salto nel cinema? Non ci sto. Novello Tom Ponzi, rintraccio il produttore. Lo stano in uno sfasciacarrozze in periferia dove vado senza avvertire. Gli farò vedere, di cosa sono capace! Se preti coraggio si nasce, scrittori coraggio si può diventare. Poi però lo vedo: un omone enorme in un sordido posto nel nulla che se urlo non mi sente nessuno. Mi defilo più veloce della luce. Ma non è solo vigliaccheria. L’omone enorme infatti, ha un bimbetto appena nato in braccio e la giovane moglie/neomamma raggiante accanto. E io purtroppo faccio l’autore: certi amori mi colpiscono più di una truffa. Non posso farci niente. Ho detto addio al grande salto nel cinema e son tornato, umilmente, a scrivere soap. Ma per non sentirmi proprio un pirla, da allora di tanto in tanto buco le gomme o rigo la macchina del mio ex agente. A viso scoperto. Scrittori coraggio si diventa. Altro- ché. Tanto mi sono informato: è una macchina vecchia che deve rottamare... Dr Draft cronache di poveri autori effediemme effediemme effediemme effediemme 316 313 ALITALIA (roma.corriere.it, 2 ottobre 2012) (bari.repubblica.it, 6 ottobre 2012) (repubblica.it, 9 ottobre 2012) (palermo.repubblica.it, 18 settembre 2012) "Falcone e Borsellino? Sbagliato intitolare a loro l'aeroporto". Il candidato alla presidenza della Regione insiste: "Io l'avrei intestato ad Archimede o qualche figura che non ricorda la mafia". Fiumicino, Alitalia lascia in pista tre disabili in carrozzina: in ritardo, imbarco negato. Una hostess annuncia: "Benvenuti a bordo di questo volo Ryanair da Parigi Beauvais a Bari, la città della mafia e di San Nicola". Il Viminale ha sciolto per mafia il Comune di Reggio Calabria. È la prima volta in 21 anni, da quando esiste la legge, che viene presa una decisione del genere. Una decisione che mette politicamente nei guai l'ex sindaco ed attuale governatore della Calabria. 314 315 RYANAIR GIUSEPPE SCOPPELLITI GIANFRANCO MICCICHÈ Non si poteva restare insensibili al grido di quanti da vent’anni chiedevano che fine avesse fatto lo Scrondo, l’inquietante, ma- leducatissima creatura verde che fece addirittura saltare un programma di una TV di Berlusconi. Lo Scrondo è tornato. È on line a piede libero su Flop TV nel primo episodio della serie “Il Ritorno dello Scrondo”, con l’amichevole partecipa- zione di un attore famoso che ha detto “mi sono rovinato la carriera, ma mi sono divertito tanto”...Sigla suonata da La Ruggine, band del nostro Direttore, ormai in devastante de- lirio di onnipotenza. SU Scarica il Podcast su radio2.rai.it SORA CESIRA LA Dai trionfi sul Web al Misfatto. Vuoi o non vuoi,i Maya siamo noi Ultimamente studio con attenzione gli avvenimenti di questa fantastica penisola. Sono seriamente decisa a dimostrare che l'eccellenza nostrana non risiede esclusivamente in opere o missioni dei vari Marchionne e Montezemolo, e non necessariamente viene rispecchiata dai gommini di Diego Della Valle. Fidatevi, ci sono segni di ripresa da non sottovalutare. Dal punto di vista mediatico trovo che lo scorcio di gioventù offerto dal reality "Calciatori giovani speranze" sia formidabile. Ho adorato questo format, peccato abbia scoperto solo alla dodicesima puntata che i protagonisti fossero aspiranti giocatori. Poveri chicchi, erano sempre impegnati a placare le turbe ormonali della giovine età. "Sciau bela, como te chiame?", domandava il giovane extraco- munitario alla fanciulla di turno. "A secca, come t'antitoli?", ribadiva l'audace compagno d'avventure. Anche le loro lezioni scolastiche erano assai interessanti: "Chi mi sa dire cos'è il clitoride?". Diciamo la verità, chi, a scuola, non ha mai dovuto rispondere a questa domanda? Io, fino all'età semi adulta, pensavo si chiamasse "Clitoridex" e sgorgasse tubi. Calciatori a parte, apprezzo molto la chance data ai ragazzini di scaricare le suonerie del gattino ruttino attraverso un server alle isole Fiji. 15 euro per un rutto Mp3. Se invece ne acquisti tre, hai in omaggio una loffa del pinguino sfiatino. Gli stessi geni, per soli 20 eurini (scritti piccoli piccoli), ci garantiscono di poter verificare l'affinità di coppia o la data di morte di qualcuno che ci sta sulle palle. Tutto con un semplice sms. Lasciate che vi segnali altre prove dell'evoluzione del pensiero moderno. Chiede- te al giornalaio i "Polipon" e gli "Skifidol", innocenti giochini per il virgulto del terzo millennio. I primi si spiaccicano, feriscono e marchiano indelebilmente. Danno il meglio se lanciati su una macchina in corsa o su un anziano scarsamen- te deambulante. I secondi, una volta riesumati dalle bare personalizzate, rilascia- no muchi ed effluvi da scrofa anziana. Ora, pensate davvero che il 21/12/2012 possa succedere di meglio? Tregua. Certo, tregua. Ma le tregue non inter- rompono il dolore, non riportano indietro i morti. Non restitui- scono i figli. La strip qui accanto, l'ho fatta tre anni fa, prima di un’altra tregua. Questa strip oggi è ancora attuale. Non è cambiato nulla, non un solo dolore in meno è stato inflit- to a seguito della vibrante denuncia di un disegnatore italiano. Così il disegnatore italiano si interroga sulla funzione del suo lavoro, sulla sua reale utilità, ricavandone un senso di sconforto e di sconfitta. Il disegnatore forse sa far ridere, far incazzare, magari, chissà, pure pensare, ma non incide per nulla sull'evo- luzione degli eventi. Soprattutto di eventi come questi, così gravi, così dolorosi. Voi che fate il mio stesso mestiere, avete mai la spiacevole sensazione di essere inutili? Parliamone. Stefano Disegni 15 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 GLI EMERGENTI Finto prete pedofilo La Cassazione annulla la sentenza LA CORTE DI CASSAZIONE ha annullato con rinvio la sentenza di condanna inflitta dalla Corte di Appello di Bari nell’ottobre 2011 al 56enne An- gelo Maurizio Chiriatti, presunto finto prete. L’uo- mo era stato condannato a 6 anni di carcere per i reati di violenza sessuale aggravata nei confronti di minori e per sostituzione di persona. Chiriatti era accusato dalla Procura di Bari di aver abusato, SOLDI, AUTO E BOTTE MATTEO DOLCE ALLA SCALATA DI ROMA L’IMPRENDITORE INDAGATO NELL’INCHIE STA SUI PUNTI VERDE QUALITÀ HA CONSEGNATO UN LIBRO MASTRO CON “DA R E ” E“AVERE” Massimo Dolce, architetto e imprenditore, al centro di un’inchiesta sui Punti Verde Qualità del Campidoglio fingendosi prete, di 5 fratellini e di un loro cu- ginetto, tutti minorenni. L'uomo era stato arrestato nel 2009 dalla polizia ed attualmente è libero. Chiriatti è stato già con- dannato in via definitiva anche per usurpazione di titoli e onore proprio per essersi spacciato per sacerdote, dopo aver fondato la comunità “Mis- sionari di nostra Signora della Cava”, dove ac- coglieva i minori provenienti da famiglie povere. Ora dovrà essere celebrato di nuovo il processo di secondo grado. Il finto “m i ss i o n a r i o” aveva pre- cedenti per violenza sessuale, atti di libidine vio- lenta, truffa, usurpazione di titoli e nel 2008 era stato condannato definitivamente a Lecce per una storia di atti di libidine e violenza risalente al 1 9 89. Qualcuno era comunista... P O RT FO L I O GIRI DI WALTER Il noto scrittore incontra la comunità intellettuale del circolo: Paola Saluzzi tiene il best-seller in bella mostra SPAL- L E T TA Gianni Letta non sta più nella pelle: è arrivato Mario Spallone, il medico di Togliatti, con tanto di onorificen- ze sovietiche ap- puntate al petto L’INTRUSO Di comunisti all’ambasciata russa se ne ve- dono pochi: ecco Gaetano Gi- funi, antico dinosauro Dc, una vita sul Colle e una condanna PUGNI C H I US I Incontro ravvici- nato fra l’insigne letterato e il candi- dato al vertice Coni (Malagò): in basso, non inquadrati, i loro pugni chiusi nel tradizionale sa- luto comunista Foto di Umberto Pizzi di Rita Di Giovacchino M assimo Dolce ave- va davvero tutte le carte in regola per dare l’assalto a quella “montagna di soldi” che da decenni è la mecca di im- prenditori sull’orlo del falli- mento: i “Punti Verdi Qualità” (Pvq). Il grande progetto di ri- qualificazione delle aree verdi cittadine con impianti e attrez- zature sportive, passato dalle giunte di Rutelli, Veltroni e Alemanno, è finito affogato nel pantano di una mega truffa che è già costata ai cittadini romani 11 milioni di euro. Nel pantano, oggi, c’è anche Dolce. Il 27 mar- zo scorso è finito agli arresti, as- sieme due architetti del Comu- ne di Roma e al suo socio. E ora sono in 12 a rischiare il proces- so per corruzione, truffa aggra- vata e falso. La richiesta di rin- vio a giudizio è già sul tavolo del procuratore Nello Rossi. UN FALDONE ENORME, nove - mila pagine in cui si racconta di mazzette, raggiri, imprenditori rapaci e funzionari compiacen- ti. Oltre a Dolce c’è il suo socio Marco Bernardini, amministra- tori della Maspen Center Sport srl, assegnataria del Pvq “Parco Spi- naceto” e due architetti del co- mune di Roma, Stefano Volpe e la moglie Anna Maria Parisi, addetti al servizio tecnico del Decoro Urbano. Nelle mani della coppia passavano le asse- gnazioni dei Pvq e i rapporti con la banca che doveva erogare i fi- nanziamenti garantiti dal Co- mune in base ai Sal, ovvero lo “stato avanzamento lavori”. A un certo punto di questa sto- ria, siamo già in epoca Aleman- no, la Maspen di Dolce e Bernar- dini aspetta altri 8 milioni di eu- ro, 2 li ha già incassati senza fare niente o quasi. Ma ora a gestire i rapporti con la Bcc, la banca che finanzia l’opera, c’è un uomo messo lì dall’assessore al Verde pubblico Marco Visconti: Fabio Tancredi. Spiega Volpe a Massimo Dolce che lo incalza: “Tancredi nega, dice di voler vagliare... barano tutti e due, quella (la funziona- ria della Bcc) è stata chiara: Tan- credi ha detto questo e questo vanno avanti, questo si ferma.. bisognerebbe telefonare alla bionda, l’unica che può sbloc- care ”. Chi sia la “bionda” non si sa, ma Dolce e Bernardini tra- mite lo stesso Visconti ottengo- no l’interessamento della vice- sindaco Sveva Belviso. Un’in - formativa della polizia Tributa- ria cita una telefonata del 14 di- cembre tra Dolce e Belviso. Poi Tancredi dà il nulla osta al pa- gamento. Nel faldone c’è il libro mastro che l’imprenditore ha fatto tro- vare agli inquirenti, pagine scritte a mano, “dare” e “avere”, tutte le cifre: 2 mila, 5 mila, 10 mila. Il “sistema” è lui a spiegar- lo in un memoriale. L’acquisto del Pvq di Spinaceto è uno spac- cato di malaffare. Nel 2007 sborsa 1 milione e 450 mila eu- ro. Anche se, come ha poi spie- gato, Daniele Panzarotto, il ni- pote pentito, gola profonda del- l’indagine “il versamento ini- ziale pari al 5 per cento è solo un fondo di garanzia poi restituito, il rischio è tutto a carico del Co- mune”. Panzarotto racconta che lo zio aveva addirittura un ufficio al Comune di Roma in una stanza accanto a quella di Volpe. Anche il socio, Marco Bernardini, ha scritto un me- moriale con la storia di una sca- lata: “Al Dipartimento Massi- mo conosce Alessandro Del Messier che, a fronte di qualche regalino e una Bmw 320 ci spie- ga com’era il funzionamento dei Pvq... lui gli presenta Stefano Volpe, apparentemente inte- gerrimo... Massimo se lo porta in barca al Circeo, gli fa regali, tra cui una Land Rover e poi bo- nifici e assegni da 5 mila euro a lui o alla compagna... pratica- mente gli fa credere di essere nostro socio”. In cambio dei re- galini Volpe lo illumina sul fatto che ci sono Punti verdi vinti da soggetti non più “operativi”, scalzarli è un gioco da ragazzi. Scrive Bernardini: “Il nuovo di- rettore del X Municipio è Paolo Giuntarelli, ex conoscenza di Massimo dai tempi della Dc. Fissati i prezzi delle firme... an- davamo nello studio dell’avv. Vincenzo Carosi dove lasciava- mo le buste con i contanti.. Ec- coci con 4 punti verdi...”. COSÌ DOLCE avanza come un bulldozer sui Pvq: rileva l’area di “Pino Lecce” per soli 230 mila euro, poi sulla sua strada incro- cia Lucia Mokbel, sorella del faccendiere nero della mega truffa Fastweb. La donna è spo- sata con Marco Scarrozza, vero gestore del Pvq di Parco Fero- nia: è a corto di soldi. La Maspen punta a rilevare il 45 per cento della società, ma l’affare fallisce. Ricorda Bernardini: “Eravamo sul punto di mettere le mani su una montagna di soldi... nessu- no ci poteva fermare, eravamo ricchi. Massimo si esalta, vuole una barca, si invaghisce di una fly da 24 metri, costo 950 mila euro”. I metodi sono quelli che sono. A un tal Fabrizio chiede di telefo- nare a Franco Cerqueti, presta- nome inconsapevole: “Movite, tanto tu lo sai come te devi mo- ve...se uno je dà na pizza o je rompe la testa po esse che ca- pisce”. QUANDO FABRIZIO fallisce, si rivolge a Sandrone, classe 1960, un curriculum di tutto rispetto: associazione per delinquere, sfruttamento della prostituzio- ne, truffa, rissa e altro ancora. Sandrone telefona a Cerqueti, al suo rifiuto si presenta sotto casa, messo sull’avviso il malcapitato rifiuta di scendere. Non uscirà più fino al giorno degli arresti. Quando salta l’accordo su Parco Feronia le cose si mettono male anche per Volpe. D o l ce .“ Ti faccio un filmpicco- lo, piccolo..immagina che qual- cuno viene e riesce a prendersi il 45 per cento di Parco Feronia..si leggono le carte, e iniziamo a denunciare nelle sedi compe- tenti il Comune... (...)...io acce- do alla documentazione, succe- de un pandemonio... Guarda so uno che non reagisce, ma se mi incontro con Andrea Munno (socio di Mokbel) 'na passeggia- tina ce la faccio...da solo”. Volpe annuisce, gli dà ragione come sempre, ma Dolce sospet- ta un tradimento: D o l ce : “Dentro il Comune la co- sa che gira è che tu sei un piot- taro insomma che piji li sordi co’ Annamaria. Tutti lo dicono. Tanto pe’ esse chiari” Volpe:” Chi lo dice” D o l ce :“ ...Dicono che fai i ma- gheggi, allora devi capi sta gen- te, devi esse strategico...adesso stai poco bene”. I 59 giorni di carcere gli sono scivolati addosso. Lui guarda al futuro :“ A Ste, fra un anno la Giunta cambia, ce poi mette la mano sur foco e pure le palle...il prossimo sindaco è Zingaretti o Gasbarra”. L'inchiesta, l’arre - sto? Solo un incidente di per- corso. AMICI IN COMUNE Dentro il Comune la cosa che gira è che tu sei un piottaro insomma che piji li sordi co’ Annamaria Tutti lo dicono. Tanto pe’ esse chiari AFFARI PRIVATI Guarda so uno che non reagisce, ma se mi incontro con Andrea Munno (socio di Mokbel) ‘na p a ss e g g i a t i n a ce la faccio... da solo PREVISIONI POLITICHE A Ste’, fra un anno la Giunta cambia, ce poi mette la mano sur foco e pure le palle ...il prossimo sindaco è Zingaretti o Gasbarra... NODO ALLA RUSSA Il viceministro De Mistura si rende finalmente utile: alla cra- vatta dell’ambasciatore russo CASA DEL POPOLO Circolo vip Ca- nottieri Aniene, si presenta il li- bro di Vetroni: Malagò tenta di addentare l’a- nello di Bianca B e rl i n g u e r 17 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 NERO SU BIANCO Ho rilasciato un’inter - vista che hanno titolato “Mi manca solo un figlio”. Un’affermazione lesiva della mia coerenza: ma se non figlia- re è l’unica cosa che ho azzec- cato nella mia vita, romanzi a parte! Diverso è se trovassi un bimbo fuori dalla mia porta... di Aldo Busi I n questi giorni è uscito un rotocalco con una mia intervista il cui titolo è, tra virgolette e comunque fa fede la prima persona del verbo, "Mi manca solo un figlio", un falso frutto di indebita proiezione familistica e cattolicheggiante del direttore a sua volta proiettato sul gradimento dei suoi lettori standard. L´affermazione non è nel te- sto e, anche se tale è la mia bile che non lo leggerò stampato, lo so bene perché, tanto per cambiare, l´intervista l´ho riscritta da cima a fondo io senza alterarla, solo riscattandone la scrittura piatta e spesso incomprensibile e, an- zi, neppure tentando di censurare un passag- gio in cui la giornalista dice che non è riuscita a finire El especialista de Barcelona ("faticosis- simo", lodefinì) che secondo me neppure ha mai iniziato venendo meno a un suo preci- socompito implicito nella condizione affinché concedessi l´intervista, che avrebbe dovuto consistere nel filtrare la questione Italia e ogni possibile tematica attraverso il romanzo (che nel corso dell´intervista ho dovuto a varie ri- prese spiegarle, visto che mi stava facendo inu- tili, fastidiose domande le cui risposte erano nel romanzo stesso). Il fatto di averne ribaltato la scrittura su livelli per lei impensabili, le at- tribuisce una credibilità che, andando contro i miei stessi interessi, può dissimulare la sua pigrizia di routine e darle una patente di gusto sicuro nel dare un passalà a El especialista de B a rce l o n a e, quel che è peggio, è che se lei apparisse in pubblico per difendersi dalla mia lamentela e rettifica l´avrebbe vinta lei, perché è bella, femminilissima e in- vece di proferire concetti sussurra suoni con una erre appena appena moscia che incanta. FARMI DIRE, per illecita parafrasi, che mi manca solo un figlio (e poi frittata completa, mi verrebbe da aggiungere) è una infamante carognata, un´affermazione lesiva della mia coerenza e quindi della mia integrità di ca- rattere e del mio onore intellettuale e civile, poiché fa di me un fallito totale che ha lo stesso rimpianto di una cretina alla quale non è riu- scita neppure l´inseminazione artificiale: ma se non figliare è l´unica cosa che ho azzeccato nella mia vita, romanzi a parte! Coi sette mi- liardi e mezzo che già siamo, non è così certo che sia socialmente e antropologicamente più lodevole chi insiste a trasmettere i suoi geni, sempre geniali, di uno o una che va scien- temente di culo e partorisce, per quanto ma- ternalmente e paternalmente, fecondantissimi ma inermi stronzi benvenuti in qualsiasi eco- sistema da riequilibrare. Nell´articolo mi viene chiesto se ho mai avuto rimpianto di un figlio (e già a una domanda di questo genere dovrei essere fermo e accompagnare allaporta la gra- ziosissima disgraziata che me l´ha posta di- mostrando di non avere la più pallida idea della persona che, con la sua generosa inter- vista, contribuisce al suo stipendio di giorna- lista e a quello del suo direttore di testata) e io, per buona creanza e pazienza infinita, articolo il ricordo di una perdita affettiva allorché le mie adorate cinque nipotine, diventategran- di, mi piantarono in asso e osarono fare la loro vita cominciando con l´affronto di far- si un fidanzato (ho un buonissimo rapporto con tutti i miei nipoti acquisiti); ricordo an- che di aver detto una cosa sensatissima che potrebbe dire chiunque con la testa sulle spalle, un frigo sufficientemente fornito e nemmeno un sorcio sgambettante per casa: se tro- vassi fuori dalla porta un neonato è mio, il destino, attraverso la madre, me l´ha portato ed è mio, porta il mio nome, lo allevo io, lo educo io, e se un qualche rintronato giudice dei minori me lo viene a togliere perché sono sin- gle o perché omosessuale o perché non ho più quarant´anni, per un sopruso così potrei tra- sformarmi davvero in un assassino, compro una pistola e sparo alla tempia del demente istituzionale che mi ha forzosamente separato dal naturale desti- no, forse non ca- suale, del trovatel- lo. Basta questa ammissione che sono una mammo- la e in fondo e in superficieper farmi rinnegare la mia profondamente perseguita identità non geneticamente trasmessa? No. An- zi, la definisce ancora meglio: non voglio figli miei, ma se ci sono figli abbandonati di altri io sono qui. Se mai avessi voluto un figlio, anche a prescindere dalle tre signore, molto euge- netiche e pertanto molto sceme, che nel corso della mia esistenza mi hanno chiesto il dono di un paio di miliardi di spermatozoi, avrei con- tribuito alla sua nascita e di sicuro senza ri- correre a un utero inaffitto, l´orribile pratica adottata dai gay più famosi, più ricchi e più spostati che basano la loro genitoriale felicità sull´ennesimo trauma di una donna, anonima o no, che per prestarsi a una cosa così de-ge- nere deve esserefuori di testa dal dolore pre- gresso, inemendabile, che può solo essere esa- sperato, tanto che mi chiedo come questi padri possano guardare i loro figli sorridenti senza vedervi in contro luce la faccia inespressiva emortuaria di chi li ha partoriti. SAREBBE COME se una donna onesta, sana, passionale, nel fiore degli anni (quindi anche settantenne) confidasse a una giornalista "Mi piace tanto fare l´amore" e il direttore (per il quale, parole sue dette a me di persona, "gior- nalismo uguale scandalismo", come a dire o questo o ciccia, o così o non si vende niente) titolasse "Sono una ninfomane insaziabile e mi piace anche farmi pagare perché se sei troia e non puttana non c´è gusto" ; sarebbe infa- mante come se io dicessi "Ho un cugino che vota Lega Nord" e mi ritrovassi titolato tra virgolette "Noi in famiglia tifiamo tutti per un ritorno alla grande di Berlusconi e Bossi "; sa- rebbe come se, a un domanda insensata, ri- spondessi sospirando "Mi piace fare qualche lavoretto di falegnameria nel tempo libero" e mi ritrovassi sparato a piena pagina "Quando ho un attimo mi faccio una sega tra l´incudine e il martello", sarà divertente al momento, ma non c´è di che stare allegri a lungo. I figli li fanno anche i cani e hanno il mio plauso in- condizionato, perché i cani sono amorevoli e non abbandonano la prole né la usano per farsi fauci e artigli, ma poi a ognuno le sue com- petenze. Non è una novità, ho un debole per l´umanità e una fortissima carica sentimentale propria a qualsiasi genitore, ho un carattere più affettuoso eprotettivo che cinico e distac- cato, e ne vado fiero, ma non nutro rimpianti di alcun tipo e non mi manca niente e nessuno, a parte una compiuta giustizia sociale e poter ancora arrivare da mia madre con un mazzo di fiori che la scandalizzerebbe perché "costano cari e durano così poco, che me li compri a fare?", mentre sprofonderebbe la faccia e ti- rerebbe su col naso estasiata dal profumo. Gli altri hanno i figli, io i fogli: e allora? Il racconto Carognate su carta Se trovo un neonato è mio ma i miei figli sono i fogli Non ne voglio, ma se me li levano sparo Non ne voglio di miei, ma se uno lo abbandonano sono qui. Lo allevo, lo educo e se qualche giudice viene a togliermelo perchè sono omosessuale o single, compro una pistola Parole girevoli Quel che ho detto è stato piegato da una indebita proie- zione cattolicheggiante. Come se io dicessi “Ho un cugino che vota la Lega”e mi ritrovassi titolato “Noi in famiglia tifiamo per un ritorno alla grande di Bossi e Berlusconi” P U N TA E PENNA Lo scrittore Aldo Busi E l a b o ra z i o n e da foto LaPresse 18 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano di Peter Popham Port-au-Prince (Haiti) M entre a bordo di un mezzo dell’O- nu percorriamo le stradine disse- state di Port-au-Prince per in- contrare il presidente Michel Martelly, la radio di bordo an- nuncia manifestazioni e di- mostrazioni. I dimostranti ci circondano ma non sono mi- nacciosi anche se ne avrebbe- ro motivo. Solo qualche gior- no fa un poliziotto è andato ad una festa con la pistola d’or- dinanza e ha sparato ad uno studente. A quasi tre anni dal tremendo terremoto che fece centinaia di migliaia di vittime, quasi 300.000 haitiani – il 3% della popolazione - vivono ancora sotto le tende. Fa più notizia l’uragano Sandy – 54 morti – della disperazione della gente di Haiti. A HAITI solo il 10% della po- polazione è ufficialmente oc- cupata e il paese sta a galla gra- zie alle rimesse degli emigran- ti. Tre anni fa i soldati nepalesi che facevano parte della Mis- sione Onu importarono sull’i- sola il colera che ha fatto già 4.000 vittime. Quando arriviamo al palazzo presidenziale – un ammasso di rovine che la Ong di Sean Penn sta tentando di restau- rare – la polizia antisommossa si sta ritirando inseguita da una pioggia di pietre. Il pre- sidente ci riceve dopo due ore di attesa e ci appare come un modello di calma e compo- stezza. Su YouTube circolano numerosi video di “Sweet Mic- ky ” nella sua versione di star della canzone con abiti colo- rati, un cappellaccio in testa e un’aria da carnevale. Era già famoso tra gli haitiani prima di diventare presidente. È sposa- to e ha 4 figli. ed è inappun- tabile nel suo vestito scuro e cravatta a righe. Michel Martelly è diventato presidente nell’aprile del 2011 sconfiggendo al ballottaggio Mirlande Manigat, professo- ressa universitaria ed ex Fi rs t La d y di Haiti, una sorta di ma- dre della patria. Da ricordare che Martelly è entrato in gioco solo dopo l’esclusione del can- didato del partito di governo travolto dagli scandali e su pressione degli Usa. Comun- que sia oggi a Haiti tutti gli occhi sono puntati su “Swe e t M i c ky ”. “Sono quattro le cose di cui voglio parlare”, esordisce. “Istruzione e occupazione vi- sto che il 70% della popolazio- ne è disoccupata, povertà – nel paese la miseria è drammatica – e questioni ambientali. In campagna elettorale ho giura- to che avrei mantenuto le pro- messe ed è ciò che sto tentando di fare. Sono entrato in politica solo per cambiare il paese”. A questo punto fa un elenco delle cose realizzate nei primi 18 mesi di presidenza: ha aper- to le scuole elementari a un milione di bambini garanten- do loro un pasto caldo, ha ri- costruito l’università della ca- pitale con risorse della Repub- blica Dominicana, ha costrui- to nuove scuole e migliaia di case. Inoltre sono in corso il progetto di vaccinazione con- tro il colera e piani per elimi- nare la fame e la malnutrizio- ne. Sostiene inoltre che è in corso di attuazione un “gigan - tesco progetto di ricostruzio- ne”. Il terremoto ha distrutto non solo il palazzo presiden- ziale in stile neoclassico, ma anche buona parte delle infra- strutture oltre al quartier ge- nerale dell’Onu e all’aeropor - to. A sentirlo parlare ci sembra che descriva un paese comple- tamente diverso dalle stradine caotiche dove, mentre parlia- mo, proseguono le manifesta- zioni. Inoltre il presidente vuole dare l’impressione di avere il controllo della situa- zione mentre da decenni è la comunità internazionale, per mano di organismi quali l’Un - dp e l’Unicef, a decidere tutto e metà delle risorse del paese vengono da agenzie straniere e dalle Ong. “È LA PRESENZA straniera a legarmi le mani”, dice. “Qui a Haiti alcune Ong sono diven- tate più importanti del gover- no. Molti haitiani preferireb- bero lavorare per una Ong straniera piuttosto che fare il ministro del governo di Haiti. Spesso alle riunioni di governo prendono parte molti stranieri perché in certi campi non ab- biamo persone competenti a sufficienza”. Due sono le questioni che, a sentire il presidente Martelly, limitano la sua libertà di azio- ne. In primo luogo l’intermi - nabile polemica sul “consiglio elettorale” da cui dipende la democrazia di Haiti e che non fa che rimandare le elezioni parlamentari costringendo il presidente a governare in una sorta di limbo. E, in secondo luogo, le diver- genze con l’Onu in materia di difesa della nazione. Le forze armate haitiane furono sciolte dal presidente Aristide nel 1995. Dal 2004 la Missione di Stabilizzazione dell’Onu, nota con l’acronimo francese Mi- nustah, si occupa di garantire la sicurezza e di addestrare una polizia locale. Grazie a questa Tendopoli a Port-au-Prince e la cattedrale dopo il sisma. Sotto, a sinistra, Michel Joseph Martelly e, a destra, l’ultima comizio di Artur Mas A n s a / La Pre ss e ALTRI MONDI presenza la criminalità è no- tevolmente diminuita e si re- gistrano 9 omicidi l’anno ogni 100.000 abitanti, una media molto inferiore a quella del- l’America Latina. Ciò non di meno i caschi blu rappresen- tano una ferita per l’orgoglio e il desiderio di indipendenza degli haitiani e da molti sono considerati nulla più che l’en - nesimo esercito di occupazio- ne. “Haiti ha l’ambizione di di- ventare autosufficiente ed è per questo che parlo continua- mente di difesa delle coste e dei confini nazionali”, spiega il presidente. “È mia intenzione creare un apposito corpo per svolgere questi compiti. Lo si chiami esercito o meno poco importa. In ogni caso sarà composto da agenti di polizia e da militari. Dobbiamo essere messi in condizione di sorve- gliare i nostri confini”. Sembra ragionevole, ma la mancanza di un esercito è solo uno dei tanti elementi che fan- no di Haiti tutto tranne che una vera nazione indipenden- te. Verso la fine del nostro in- contro, il presidente Martelly assume una espressione pen- sosa: “mi sono chiesto come sarebbe la mia vita se facessi ancora il musicista, se passassi il tempo a cantare, a divertirmi e a bere birra. Forse me la pas- serei meglio, ma ora ho la sod- disfazione di fare qualcosa di utile per il mio paese”. Uscendo dalla residenza del presidente ci accorgiamo che non ci sono più le colonne di fumo e i gas lacrimogeni. Oggi il paese più povero dell’emi - sfero occidentale ha un nuovo capo. Ma malgrado le buone intenzioni del presidente Mar- telly, il futuro di Haiti appare tutt’altro che roseo e l’ottimi - smo è fuori luogo. © The Independent Traduzione di Carlo Antonio Biscotto Pianeta terra G R EC I A SLITTA ANCORA DECISIONE UE SU AIUTI La decisione sugli aiuti alla Grecia, inizialmente prevista all’Eu- rogruppo straordinario di domani, slitta all’Eurogruppo regolar- mente in calendario del 3 dicembre. La decisione è stata presa durante la teleconferenza dei ministri della Ue. La Pre ss e KENYA NONNA OBAMA ANTI-MALARIA Mama Sarah Obama, nonna del presidente Usa, sfilerà insieme ad altre 3mila persone a Nairobi per lanciare il progetto “nonne contro la malaria”, mor- bo che uccide milioni di africani ogni anno: gli or- ganizzatori, tra cui i ministri del governo kenyano, sperano di raccogliere 100 milioni di dollari. Ansa SVOLTA CATALANA L’indipendenza nelle urne di Barcellona OGGI IL VOTO PER IL GOVERNO DI ARTUR MAS: OBIETTIVO, ADDIO A MADRID NEL 2014 di Alessando Oppes Barcellona È il momento delle scelte. Oggi la Catalogna “d e- cideix” se, nell'immediato futuro, vuole imbarcarsi in un estenuante braccio di ferro con il potere centrale di Madrid. Viste le premesse - una campagna elettorale dura, nella quale non sono mancati i colpi bassi (“i m- monda” la definiva ieri a tutta pagina El Periódico de C a ta l u nya ) - è facile pensare che il destino sia proprio questo: uno scontro politico-istituzionale che, nelle in- tenzioni di Artur Mas, leader di un nazionalismo che un tempo si definiva “moderato”, dovrebbe portare entro il 2014 alla convocazione di un referendum per l'auto- determinazione. TONI EPICI, quelli utilizzati dal p re s i d e n t nell'atto di chiusura della maratona elettorale, venerdì sera in un Palau Sant Jordi affollato da 18mila persone, la mag- gior parte arrivate a Barcellona da ogni angolo della regione a bordo di oltre 300 pullman messi a dispo- sizione dall'efficientissima macchina organizzativa di Convergència i Unió. “Il mondo ci guarda, e questa sera vedrà un popolo in marcia che vuole decidere li- beramente il suo futuro e conquistare la libertà”. Sul palco, discorsi intrisi di re- torica, con lo stesso Mas e con il segretario generale di CiU, Josep Antoni Duran i Lleida, che hanno parlato an- che in inglese per dare una dimensione “internazionale” alle loro rivendicazioni, mentre in tribuna, accanto a un enorme mosaico che di- segnava una e s te l a d a (l'em - blema indipendentista), si al- ternavano in uno sventolìo incessante dosato sapiente- mente le bandiere catalane e quelle dell'Unione europea. Mas chiede una “maggioran - za forte”. Ma, paradossal- mente, gli potrebbe conveni- re non ottenerla. Solo così si garantirebbe l'appoggio - nel cosiddetto processo di “co - struzione nazionale” - degli indipendentisti di E s q u e r ra Re p u b l i ca n a , altrimenti orien- tati a mantenere la loro linea critica nei confronti della po- litica neo-liberale del gover- no nazionalista. IN MANO ALLE ONG Il capo dello Stato contro le organizzazioni umanitarie internazionali, e l’Onu, che ormai hanno più potere del governo LA RAPSODIA TRISTE DEL PRESIDENTE-CANTANTE DOPO IL TERREMOTO E IL COLERA MARTELLY PROMETTE: “SARÒ CAPACE DI RICOSTRUIRE HAITI”. MA LA POPOLAZIONE NON LO SEGUE GIÀ PIÙ NAZIONALISMI Gli altri movimenti separatisti criticano la politica economica u l t ra - l i b e r i s t a del presidente re g i o n a l e 19 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 ALTRI MONDI di Cosimo Caridi Rafah (confine Egitto-Gaza) W alid è scalzo, i pantaloni, incrostati di fango, tirati su fino al ginocchio. Da quando è stata dichiarata la tregua con Israele, lavora notte e giorno allo scavo di un tunnel al confine tra Stri- scia di Gaza ed Egitto. 12-14 ore al giorno, per riaprire la galleria dove era impiegato, bombardata dall’aviazione di Tel Aviv durante gli 8 giorni dell’operazione “P i l a- stri della Difesa”. “IL MIO COMPITOera di ca- ricare le merci su un carrello, che poi veniva trainato fuori con carrucola e motorino. Sempre sottoterra, sempre in ginocchio, sacco dopo sac- co”. Walid è molto fiero del suo lavoro, ha finito il liceo e poi quattro anni fa è diven- tato parte della più lucrosa attività commerciale di Ga- za, il contrabbando dall’Egit - to. I tunnel sono parte integran- te dell’economia della Stri- scia, si importa di tutto: cibo, vestiario, elettronica, ma an- che armi e valuta. In molti sono convinti che gran parte degli arsenali di Hamas ven- gano riforniti attraverso le gallerie sotto il confine. C’è persino un comitato gover- nativo che si occupa dei commerci clandestini. A pochi metri dal valico di Rafah si iniziano a intrave- dere i primi tendoni, grandi tensostrutture con ampi piazzali di terra battuta, sono gli ingressi ai tunnel. Nelle vicinanze stazionano gli uo- mini di Hamas, armati di ka- lashnikov, si riparano in pic- cole tende, controllano il via vai e ricordano che tutto nel- la Striscia passa sotto l’oc - chio vigile del movimento islamista, emanazione creata 25 anni fa dai Fratelli Mu- sulmani egiziani . Un grosso carterpillar si muove seguendo i gesti si- curi di un cinquantenne, ramente aumentata dopo la rivoluzione di piazza Tahrir. Un funzionario palestinese della frontiera, controlla i documenti di un gruppo di uomini d’affari in uscita da Gaza e dice, in un ottimo francese, che tradisce un’i- struzione all’estero: “La si- tuazione è molto meglio del periodo di Mubarak. Le per- sone sono più libere di viag- giare e le merci hanno meno limitazioni”. L’Egitto, guidato dallo scor- so novembre dai Fratelli Mu- sulmani, non può chiudere gli occhi davanti alle soffe- renze di Gaza. Hamas è il ra- mo palestinese del partito islamista, ed è stata una delle prime pedine che la fratel- lanza ha messo sullo scac- chiere mediorientale. Hussein è un giovane attivi- sta che segue la distribuzione degli aiuti provenienti da Ra- Shafik, è il proprietario di un tunnel, bombardato merco- ledì pomeriggio: “Lavorava - no per me 20 persone, im- porto cemento e altro mate- riale edile. È un lavoro pe- sante per i miei ragazzi, ma Gaza ne ha bisogno, ci sono troppe restrizioni alle im- portazioni imposte dallo Sta- to di Israele”. OGNI TUNNEL ha un pro- prietario e un gestore, que- st’ultimo si occupa degli or- dini in Egitto e di pagare ‘le tasse’ al governo di Hamas, che detta legge a Gaza dalle elezioni del 2007. “Penso che in totale – continua Shafik - ci siano oltre 150 passaggi Più ci si avvicina alla costa più i tunnel diventano ampi: in alcuni ci passano anche delle macchine”. La quantità degli scambi tra la Striscia e l’Egitto è sicu- fah: “Durante le prime tre settimane dell’operazione Piombo Fuso, tra il 2008 e il 2009, il Cairo fece entrare in Egitto solo 5 feriti, in que- st’ultimo attacco in soli 8 giorni sono stati più di 30 i palestinesi trasferiti negli ospedali del Sinai. Certo qualcosa sta cambiando, ma siamo lontani dalla libera circolazione. Quella è solo propaganda”. All’ingresso egiziano del valico di Rafah si è formata una lunga coda, decine di tir carichi di der- rate alimentari e medicinali. Un autista, con bandiera ma- rocchina sul cofano del ca- mion, suona il clacson im- paziente: “Ci mettiamo più a fare le carte per l’ingresso, che gli israeliani a dichiarar guerra un’altra volta”. I tunnel di Gaza, cordone ombelicale con il mondo DANNEGGIATI DAI RAID ISRAELIANI, DA QUI SOTTO PASSANO AIUTI (E ARMAMENTI) L’ingresso di un tunnel con l’Egitto nella Striscia di Gaza. A sinistra, l’ingresso di una galleria Ansa WALID IL MINATORE 12-14 ore sotto terra per riaprire la galleria danneggiata: il traffico di merci fa arricchire migliaia di persone Piazza Tahrir Il combattente della pace contro l’ “apartheid israeliano” IL PERSONAGGIO di Robert Fisk U ri Avnery ha 89 anni, è un personaggio leg- gendario ed è ancora un combattente. Il fa- moso scrittore, pacifista e uomo politico di sini- stra è tra i pochi che continua a chiedere con in- sistenza la pace con i palestinesi, con Hamas e uno Stato palestinese entro i vecchi confini del 1967. Avnery è più che mai convinto che Israele po- trebbe firmare un trattato di pace domani o la prossima settimana. “È questa la disgrazia di es- sere un inguaribile ottimista”, commenta. A guar- darlo non è cambiato affatto da quando l’ho visto l’ultima volta, una trentina di anni, fa impegnato a giocare a scacchi con Yasser Arafat in mezzo alle rovine di Beirut. Oggi ha i capelli e la barba bian- chi ma conserva la rabbia e il senso dell’umorismo di sempre. Chiedo che stanno facendo Benjamin Netanyahu e il governo e quale era lo scopo di questo attacco a Gaza? “Parti dal presupposto che sappiano quel- lo che fanno e che vogliano la pace. Partendo da questo presupposto la loro politica appare stupi- da o folle. Ma se parti dal presupposto che a loro la pace non interessa affatto e che vogliono uno Sta- to ebraico che vada dal Mediterraneo al fiume Giordano, allora quel che fanno acquista un senso e diventa comprensibile. Il guaio è che ciò che fan- no ci sta portando in un vicolo cieco. Abbiamo già uno Stato in tutta la Palestina storica: per tre quar- ti è lo Stato ebraico di Israele, per un quarto è co- stituito dai territori occupati della Cisgiordania e della Striscia di Gaza”. Uri Avnery parla scandendo le parole e con estre- ma chiarezza e lucidità. “Se annettessero la Ci- sgiordania come hanno annesso Gerusalemme est, il risultato sarebbe più o meno lo stesso”, ag- giunge. “Il problema è che nel territorio attual- mente sotto la dominazione israeliana la popo- lazione è costituita per il 49% da ebrei e per il 51% da arabi. Lo squilibrio demografico è fatalmente destinato ad aumentare a favore degli arabi. Il problema è che al momento il nostro è uno Stato fondato sull’apartheid: un apartheid totale nei territori occupati e una apartheid crescente in Israele. Continuando così diventerà un regime di apartheid in tutto il territorio”. Il ragionamento di Avnery è chiaro. “Se agli arabi fossero concessi i diritti civili e politici, alla Knesset ci sarebbe una mag- gioranza araba che per prima cosa cambierebbe il nome del paese da Israele in Palestina. Certo nel 21° secolo la pulizia etnica di massa è impensabile. Ma la de- mografia è un dato di fatto”. Ma non si parla in Israele di questo tema? “No, c’è una sorta di ri- mozione collettiva. Nessun partito politico parla di questo problema e la parola “pace” non com- pare in alcun programma elettorale, forse con la parziale eccezione di Meretz”. E LA SINISTRA ISRAELIANA? “Sta in ibernazio- ne. È stata uccisa da Ehud Barak nel 2000. Barak tornò da Camp David e ci raccontò che lui era il solo che voleva la pace, ma che non avevamo un interlocutore. Questo fu il colpo mortale. A dire queste parole non è stato Netanyahu, ma il leader del Partito Laburista. E così è morto il movimento Peace Now”. Scuote la testa, riflette un attimo poi riprende a parlare riuscendo miracolosamente a recuperare un po’ del suo ottimismo: “quando nel 1982 in- contrai Arafat le condizioni c’erano già tutte. La situazione oggi non è cambiata: uno Stato pale- stinese con la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme est come capitale accanto a uno Sta- to israeliano. Qualche piccola concessione terri- toriale e una soluzione simbolica al problema dei profughi. Ma questa soluzione – che è già matura da 30 anni – sta appassendo come un fiore come un fiore lasciato in un vaso senza acqua. È vero che abbiamo lasciato Gaza, ma solo per tenerci ben stretta la Cisgiordania”. Avnery è convinto che Hamas accetterebbe queste condizioni. “Quando nel 1993 ne parlai, in ebrai- co, nel corso di una conferenza a Gaza davanti a 500 esponenti dell’ala più radicale di Hamas, ven- ni applaudito e invitato a pranzo”. Gli ricordo che lo statuto di Hamas non prevede la possibilità di una pace con Israele. “Parole, solo parole. Se si fir- masse una tregua della durata di 50 anni andrebbe benissimo, al di là delle parole”. Un’ultima cosa: come mai non c’è stata la temuta invasione di ter- ra? “Dobbiamo ringraziare e santificare Goldsto- ne. È stato il suo rapporto sui crimini commessi a Gaza durante l’Operazione piombo fuso del 2008-2009 a dissuadere gli israeliani dall’invadere la Striscia”. Sono in molti in Israele ad augurarsi che Avnery viva ancora a lungo. © The Independent Traduzione di Carlo Antonio Biscotto TUTTI CONTRO IL “FARAONE” MORSI Manifestazioni a piazza Tahrir e rivolta dei magistrati (sciopero nazionale) contro i super-poteri che il presidente s’èattribuito. Nuoveprotestemartedì. La Pre ss e CONGO APPELLO AI RIBELLI: FERMATEVI I ribelli del movimento M23 cessino le ostilità, le minacce di deporre il governo di Kinshasa e si ri- tirino da Goma: è il diktat del vertice in Uganda tra i leader di Repubblica democratica del Congo, Uganda, Kenya e Tanzania. Assente il ruandese Kagame, sostituito dal ministro degli Esteri. Ansa GERMANIA CONGRESSO DEI “PIRATI” Si sta svolgendo questo week end a Bochum il primo congresso dei delegati del Partito dei Pi- rati - in netta difficoltà nei sondaggi sulle inten- zioni di voto - che sta preparando la campagna per le elezioni politiche dell’anno prossimo in Germania, a settembre. Ansa PACE E TERRA Uri Avnery chiede chiedere uno Stato palestinese entro i vecchi confini del 1967 20 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano SECONDO TEMPO tentativo di parricidio? Mi hanno chiesto così tante vol- te se “mio padre era stata un’ombra ingombrante” ... Alla fine ho trovato una risposta che mi soddisfa: è stato un’ombra in una giornata molto assolata. E continua a ripararmi dal sole. Siamo io e lui, nel libro. E tanti altri protagonisti. Perché un memoir? Lei non è poi così vecchio. Infatti mi ha convinto Beppe Cottafavi, l’editor del libro. Ma ne sono contento. Io pensavo che fosse poco interessante e prematuro. Mi preoccupava l’i- dea di scrivere una storia lezio- sa. Dove mi racconto bello, bra- vo, buono. Un San Francesco che non sono per niente. Bé, San Francesco no: a un certo punto scrive che le persone la a n n o i a n o. Sì, sì confermo. Scusi se insito: in febbraio met- te in scena un Riccardo III suo. Di quella tragedia è celebre una grande interpretazione di suo papà per la regia di Ronconi. Per fortuna non l’ho mai visto. Ma c’è fiorente aneddotica su quell’esperienza. R i s p o l ve r i a m o l a . Mio padre fece la prima lettura a tavolino. Recitò tutto, fino a “il mio regno per un cavallo”. Alla fine, alzandosi: “Ecco, io più o meno la faccio così. Debuttia- mo tra 35 giorni, Luca tu fai le tue cosine di contorno. Però ri- cordati come la faccio. Lavorate bene”. Quando poi ho avuto la fortuna di lavorare con Ronco- ni, decenni dopo, me la fece pa- gare con uno spettacolo di sei di Silvia Truzzi L a maturità è tutto”, dice Edgar al padre nel Re Lear. Shakespeare c’entra quasi sempre, soprattut- to in questa storia dove Ales- sandro Gassmann lavora alla regia di Riccardo III e intanto dà alle stampe un’autobiografia, Sbagliando l’ordine delle cose: les- sico familiare, plurale, scanzo- nato, amaro, in cui il tempo non è scandito dagli anni, ma dalle tournée. Dentro c’è lui. Figlio, uomo, marito, padre. E poi: pu- gile, modello, attore, regista. Sulla copertina il cognome più famoso della storia del teatro italiano si riappropria di una “enne”: per non passare inos- servata, la seconda è colorata di rosso. “Mio padre la depennò. Il giorno del suo primo provino. ‘Avanti il prossimo: Sgama, Gassma... com’è che ti chiami?’. Mia nonna era ebrea e si cambiò il cognome. Mi sono ripreso il cognome di mio nonno che era tedesco perché spero in un’Ita - lia multietnica, dove nessuno si deve nascondere”. Alessandro con due enne – 47 anni, alcuni trascorsi cazzeggiando, altri soffrendo –sfodera una certa si- curezza mentre presenta il suo libro in una sala milanese affol- lata di fan diversamente assor- titi (un po’ suoi, un po’ di Vit- torio). Ma lo tradiscono le gam- be, inquiete sotto il tavolo. Banalizziamo: questo libro è un La verità secondo King Kong BRASCHI IN SCENA MONDIALE F1 ALL’ATTO FINALE LA FERRARI SPERA NELLA PIOGGIA Sul circuito brasiliano di Interlagos si assegna il mondiale 2012 di Formula 1. Per ottenere il titolo Fernando Alonso deve vincere e sperare che Vettel chiuda al massimo quinto . “MACHO”CAMACHO, IL PUGILE-STAR MUORE DOPO LA SPARATORIA Hector “Macho”Camacho, 50 anni e tre volte campione del mondo, era stato colpito da un proiettile mentre era in auto con un amico spacciatore di coca, a Portorico RUGBY: L’ITALIA SFIORA L’IMPRESA CONTRO L’AUSTRALIA L’Italrugby sfiora l’impresa ma alla fine si arrende: l’Australia passa per 22-19 a Firenze nel test match che lascia l’amaro in bocca agli azzurri. di Elisabetta Ambrosi H o sempre avuto l’istinto a reprimere l’istin - to”. A pronunciare queste parole non è un canuto intellettuale, ma il peloso King Kong in persona, tormentato protagonista di “Dimensio - ne affettiva di King Kong”: il primo dei tre atti, firmato da Massimiliano Virgilio, di “Interno 3”, lo spettacolo che va in scena in questi giorni al Teatro Vascello di Roma nell’ambito della ras- segna “Le Vie del Festival”. Interpreti Nicoletta Braschi, Enrico Ianniello, Tony Laudadio, regia di Francesco Saponaro. Il conflitto interiore dell’irsuto coniuge di Ann, l’eroina che Kong aveva rapito in cima allo State Building nell’omonimo film, si svolge nel suo uf- ficio di Manhattan. Pur essendo diventato un produttore disincantato (“Gli sceneggiatori danno il meglio di sé quanto meno ci credono”), Kong è l’u- nico ad essere attraversato da dubbi morali: “Re - primere l’istinto è l’unico modo di non morire in una fossa di serpenti”, ripete. La moglie e il suo amante, lo scrittore Robert Riskin, da cui Ann forse aspetta un figlio, incarnano il cinico mondo del cinema (“Siamo tutti animali o no, Kong?”): un’industria “infetta”, dove, in un rovesciamento surreale, si invocano le leggi della foresta per giu- stificarsi (“Tu avevi l’obbligo morale di scrivere lettere quando nella foresta ingravidavi le femmine, Kong?”). Sullo sfondo, la seconda guerra mondiale, di cui i protagonisti non si curano tranne quando si pro- spetta una possibile interruzione di “Sentieri”. A un certo punto, però, il sarcasmo di moglie e amante, che tormenta il gorilla per due dollari di taxi, innescano in Kong una reazione improvvisa. “Mi sai dire dove si è nascosta la verità?“, grida esa- sperato, mentre i serpenti dell’istinto riprendono il sopravvento. È sempre il matrimonio borghese, qui svuotato persino della possibilità di separarsi – “Non chiedo il divorzio perché mi sei indifferente” – al centro del terzo atto, “Ritratto di coniugi con Festa”, di Igor Esposito. Qui il tragico sta piuttosto nell’incom - patibilità tra un imprenditore di tubi napoletano, loquace e cinico (“La speranza è come la mosca, sta sempre sulla merda”), e la moglie Eleonora, che passa il tempo a formare con il suo corpo dei ta - bleaux vivants e a rimpiangere di aver sposato un “piccolo borghese, teppista, cretino”. Lui tenta di far- la appassionare a un catalogo di tubi, le compra un quadro (rubato) di Tano Festa. Lei, persa nella sua ossessione (“Ogni essere umano ha bisogno di un vizio per non impiccarsi”), si invaghisce del fanta- sma del pittore, che la conquista con il suo lirismo alcolico (“Altro che eterea, l’anima è ingombrante, co r p u l e n ta ”). In mezzo a questa follia tutta umana, il terzo epi- sodio, “ALunar Woman”, di Antonella Anedda, in realtà un intermezzo, è come una pausa che sposta il registro dall’assurdo al dolore, dalla pa- ranoia alla malinconia. La cantilena di una donna nel silenzio lunare ricorda che l’agognata stabilità appartiene solo agli oggetti, e che per noi sarà pos- sibile quando tutto sarà finito. Oppure “assorben - do il passato come i fossili: ecco l’unica eternità”. ore, in cui io morivo dopo tre ore e un quarto. Sadico o provocatore, Vittorio? Ma no... Una volta andò a pran- zo con Carmelo Bene, qui a Mi- lano. C’ero anch’io. Giorgio Al- bertazzi entrò per caso nel risto- rante. Si avvicinò per salutarli. “Giorgio, scusa ma stiamo parlando di teatro”. S’im - magini la faccia di Alber- tazzi. Una parola: Af fabulazione. (rughe illuminate da un gran- de sorriso). Ah, la tragedia di Pasolini che segnò il mio debutto ufficiale in teatro: in scena io e papà. A Pistoia, per il primo at- to, lui quasi non recitò. Mi serviva le battute per vede- re se sopravvivevo alla “prima volta”. Nell’inter - vallo mi abbracciò: “Sei stato bravo. Ah, e ricordati che adesso recito io. Non ti preoccupare perché nes- suno ti guarderà più”. L’ha mandato a quel paese? Non ero ancora in grado. Però credo di essere stato –insieme a Diletta, la sua donna “definiti - va” e a Emanuele Salce, il figlio di Diletta –uno dei pochi in gra- do di contrastare papà. Penso ci adorasse per quello, odiava i leccaculo. Ma quella volta ero talmente terrorizzato che mi sembrava un successo già aver finito il primo tempo senza aver sbagliato. Non faccio questo mestiere per svettare sugli altri. Scelta lessicale curiosa per uno alto 1 metro e 93. Il mio Riccardo sarà alto 2 metri e 5: che vuole, mi attrae l’altezza. Comunque il mio interesse pri- mario è costruire dei mondi: sono più portato di quanto non fosse mio padre per la regia, decisamente meno di lui per la recitazione. Perché ha raccontato che soffre di attacchi di pani- c o? Il primo è arrivato due anni do- po la morte di papà. Li ho messi in relazione facendo analisi. A un certo punto mi sono sentito un gran peso sulle spalle, non potevo rimandare la prospetti- va di invecchiare. Ero il capo della famiglia. Negli ultimi anni della vita dei tuoi genitori, e qui va il titolo Sbagliando l’ordine del- le cose, c’è quell’errore per cui si diventa genitori dei propri ge- nitori. C’è qualcosa che si è pentito di aver scritto? C’è qualcosa che mi sono pen- tito di non aver scritto. Lo spet- tacolo di Ronconi, quello che durava sei ore, era costato uno sproposito di soldi: fece fallire il Teatro Ater. Un uomo di gran- de talento non può usare la cosa pubblica in questo modo. Come i politici. Vabbè, la buttiamo in politica? (entra in scena il pugile) I nostri politici sono un branco di de- ficienti. Sono molto incazzato. Questi signori devono stare at- tenti, perché tira una bruttissi- ma aria. Li vedo a Roma, aggi- rarsi con l’aria dei ras di quar- tiere. Il sindaco di Riccardo III è ispirato a Scilipoti: mi serviva un... Un che cosa? Non me lo faccia dire. Se non avessi 47 anni sarei un black bloc. Alessandro Gassmann L’ombra di mio padre? Mi ripara dal sole L’i n te r v i s ta MEMORIE G I OVA N I Quella volta a pranzo con papà e Carmelo Bene: entrò Albertazzi e lui gli disse ‘G i o rg i o, scusa, ma stiamo parlando di teatro’ S P E T TAC O L I . S P ORT. I DE E A l e s s an d r o G a s s m an n Ansa S o t t o, Nicoletta B ra s ch i in scena SBAGLIANDO L’ORDINE DELLE COSE A. Gassmann Mondadori, 178 pagg; 18 euro Gassmann è direttore del teatro sta- bile del Veneto e regista di Razza ba- starda, menzione speciale al Festival di Roma come opera prima. 21 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 18.30 Transatlantico Attual. 19.00 NewsNotiziario 19.25 SeraSportNotiziario sportivo 19.30 Il Caffé: il punto Attualità 20.00 Il Puntoalle20.00 Attualità MeteoPrevisioni del tempo(all’ interno) 20.58 MeteoPrevisioni del tempo 21.00 Newslunghe Notiziario 21.26 MeteoPrevisioni del tempo 21.30 Visioni di futuro Attualità 21.56 MeteoPrevisioni del tempo 22.00 Visioni di futuro Attualità 22.26 MeteoPrevisioni del tempo 22.30 Newslunghe Notiziario 22.56 MeteoPrevisioni del tempo 23.00 Il Punto+Rassegna Stampa Attualità 23.27 MeteoPrevisioni del tempo 23.30 Il Punto+Rassegna Stampa Attualità 23.57 MeteoPrevisioni tempo 0.00 News+Rassegna Stampa Attualità 0.27 MeteoPrevisioni del tempo 6.00 PrimaPagina Informazione 7.55 Traffico- Meteo5 Informazione 8.00 TG5Mattina Informazione 8.50 Lefrontieredello spirito Rubricareligiosa 9.40 TGComInformazione 10.00 FinalmentearrivaKalle “Il nuovoarrivato” Telefilm 11.00 Benvenuti atavola- NordvsSud “Timballo incasaPerrone” Telefilm 11.55 Melaverde Documenti 13.00 TG5- Meteo5 Informazione 13.40 L’ arcadi Noè Rubrica 14.00 DomenicaLive Attualità 18.50 Avanti unaltro Gioco 20.00 TG5- Meteo5 Informazione 20.40 StriscialaDomenica Attualità 21.15 Ti amointuttelelingue del mondo- Commedia(Ita2005). Di Leonardo Pieraccioni, con LeonardoPieraccioni 23.20 Il giudice Mastrangelo2 “Delitto sul mare” Telefilm 1.30 TG5Notte- Meteo5 Notte Informazione 2.00 StriscialaDomenica Attualità(Repl.) 7.40 Cartoni animati 10.10 Beethoven4- Commedia(Usa2001). Di DavidMickeyEvans, conJudgeReinhold, JuliaSweeney 11.50 GrandPrix Rubricasportiva 12.25 StudioAperto- Meteo Informazione 13.00 SportMediaset- XXL Rubricasportiva 14.00 Primatv L’ incredibile viaggiodi Capitan Drake- Avventura (Usa2009). Di David Flores, conAdrianPaul, TemueraMorrison 15.55 Il viaggiodell’ unicorno - Fantastico(Usa 2001). Di PhilipSpink, conChantal Conlin, Heather McEwen 18.20 Primatv Canimals Cartoni animati 18.30 StudioAperto- Meteo Informazione 19.00 Ritornoal futuro- ParteIII - Avventura (Usa1990). Di Robert Zemeckis, conMichael J. Fox 21.25 Archimede- Lascienzasecondo Italia1 Culturale 0.20 RobinHood- La leggenda- Avventura (GB1991). Di JohnIrvin, conPatrickBergin, UmaThurman 7.30 Superpartes Attualità 8.35 Pianetadinosauri Documentario 9.20 MagnificaItalia Documentario 10.00 SantaMessa Evento 11.00 Lestoriedi viaggioa... Documentario 11.30 TG4Informazione 12.00 Pianetamare Documenti 13.05 Donnavventura Real Tv 14.00 TG4Informazione 14.40 Novità Comesi cambia “Primapuntata” Real Tv 15.25 Cavalca, Vaquero! - Western(Usa1953). Di JohnFarrow, con Robert Taylor 17.05 DowntonAbbey “Terzapuntata” Miniserie 18.55 TG4- Meteo Informazione 19.35 Il comandanteFlorent “Suonoeluce” Telefilm 21.30 Orgoglioepregiudizio - Sentimentale(Fra/GB 2005). Di JoeWright, conKeiraKnightley 23.45 Terra! Attualità 0.45 I bellissimi di R4 Rubrica 0.50 TheInformant! - Drammatico(Usa‘ 09). Di StevenSoderbergh, conMatt Damon, MelanieLynskey 6.00 TGLa7- Meteo- Oroscopo- Traffico Informazione 7.00 Omnibus Attualità 10.00 Ti ci portoio Rubrica 11.25 Ti ci portoio∑incucina conVissani Rubrica 11.45 Joséphine, ange gardien “Nemico giurato” Telefilm 13.30 TGLa7 Informazione 14.05 Il Kentuckiano- Il vagabondodelle frontiere- Western (Usa1955). Di Burt Lancaster, conBurt Lancaster, Dianne Foster 15.50 Ti ci portoio∑incucina conVissani Rubrica 16.10 TheDistrict “Il vero terrorista” “Unastrana malattia” Telefilm 18.00 L’ ispettoreBarnaby “Morteepolvere” Telefilm 20.00 TGLa7 Informazione 20.30 InOnda- Speciale Primariedel PD Attualità 0.05 OmnibusNotte Attualità 1.10 TGLa7Sport Informazione 1.20 Nidodi spie- Spionaggio (Rus/Fra/Svi/Spa‘ 81). Di Aleksandr Alov, Vladimir Naumov, conAlainDelon 10.00 LineaverdeOrizzonti Rubrica 10.30 Asuaimmagine Rubricareligiosa 10.55 SantaMessa Evento 12.00 Recitadell’ Angelus Evento 12.20 Lineaverde Rubrica 13.30 TG1 Informazione 14.00 DomenicaIn- L’ Arena Varietà Giuliahapicchiato Filippo- Documentario (Ita2012). Di Francesca Archibugi, conRiccardo Scamarcio 16.10 TG1Informazione 16.15 PolePosition Rubrica sportiva 16.55 Automobilismo, MondialeFormula1 2012 GranPremiodel Brasile: gara(Diretta) 18.45 PolePosition Rubrica sportiva 19.00 L’ eredità Gioco 20.00 TG1 Informazione 20.35 Rai TGSport5minuti di recupero Rubrica sportiva 20.40 Affari tuoi Gioco 21.30 Primatv Terraribelle- Il nuovomondo “Ottavaeultima puntata” Fiction 23.30 SpecialeTG1 “ZuccheroFornaciari” Attualità 0.35 TG1Notte- Che tempofa Informazione 9.00 BattleDance Realityshow 9.55 Erreway Telefilm 10.10 Ragazzi c’ èVoyager Documenti 10.50 AcomeAvventura Rubrica 11.30 Mezzogiornoin famiglia Varietà 13.00 TG2 Informazione 13.30 TG2Motori Rubrica 13.45 Quelli che... aspettano 15.40 Quelli che... “Tragli ospiti: Nicoletta Mantovani, Dario Argento, Malika Ayane” Varietà 17.10 StadioSprint Rubricasportiva 18.10 90°Minuto Rubricasportiva 19.00 Automobilismo, MondialeF12012 Gpdel Brasile: gara(Sintesi) 19.35 Cops- Squadra speciale “Finti ostaggi” Telefilm 20.30 TG2- 20.30 Informazione 21.00 Primatv- Hawaii Five-0 “Il toccodella morte” Telefilm 21.45 Primatv- Episodio N.C.I.S.: LosAngeles “Il toccodellamorte” Telefilm 22.35 LaDomenicaSportiva Rubricasportiva 1.00 TG2 Informazione 7.50 Il matrimoniodi Betsy- Commedia(Usa1990). Di AlanAlda, conAlan Alda, JoeyBishop 9.20 L’ IspettoreDerrick Telefilm 10.15 Scatolecinesi Rubrica 10.45 TGREstovest Rubrica 11.05 TGRMediterraneo Rubrica 11.30 TGRRegionEuropa Rubrica 12.00 TG3 Informazione 12.25 TeleCamereAttualità 12.55 Seunafarfallabatte leali... Rubrica 13.25 Passepartout Documentario 14.00 TGRegione- TG3 Informazione 14.30 In1/2h Attualità 15.05 Allefaldedel KilimangiaroAttualità 19.00 TG- TGRegione Informazione 20.00 Blob Varietà 20.10 Chetempochefa “Ospiti: MarioMonti, SylvieGoulardeEros Ramazzotti” Attualità 21.30 TG3- Speciale Primarie Centrosinistra Attualità 0.05 TGRegione Informazione 0.10 3astagione- Primatv Boris “L’ importanzadi piacereai notai” Telefilm LA TV DI OGGI LA RADIO Un giorno da Pecora: Morning pool dele primarie L'AnzianoSabelli eil SimpaticoLauro“scenderannoincampo”, conunadoppiapuntata, tra- smessadal pullmanvetrinadi Radio2posizionatoaTestaccio, aRoma, di fronteallesezioni del Pdedi Sel. Tenteremodei ‘ morningpoll’ , unoscrutinioanticipatoindiretta, grazieadinviati “moltospeciali” sparsi per i seggi di tuttaItalia. Dalle19.55, daremoimmediatamenteleprime proiezioni dei risultati. Lunedì ci dedicheremoai risultati del voto: si andrà al ballottaggiooppure no?Vincerà Bersani al primoturnooci sarà unasorpresa?Agli ascoltatori l'arduasentenza. Noi, intanto, possiamorassicurarecheincasodi ballottaggio, abbiamogià prontealtredirettedal pul- lman, checollocheremoinunaltroluogosimbolodi Roma..." Oltreagli ospiti instudioeincolle- gamento, gli specialepotrà contaresul cast di “UnGiornodaPecora” al grancompleto. RADIODUE dalle 11.00 e dalle 19.55 SC1 Cinema 1 SCH Cinema Hits SCP Cinema Passion SCF Cinema Family SCC Cinema Comedy SCM Cinema Max SCU Cinema Cult SC1 Sport 1 SC2 Sport 2 SC3 Sport 3 17.40 L’ ultimo dei Templari SCM 18.35 Hook - Capitan Uncino SCH 19.10 Il truffacuori SCC 19.10 Sei giorni, sette notti SCP 19.15 Rio SCF 19.20 Prozac Nation SCU 19.20 Mondo senza fine “Seconda parte” SC1 19.20 Secret Window SCM 21.00 Christmas in Wonderland SCF 21.00 Le regole dell’ attrazione SCU 21.00 Sono pazzo di Iris Blond SCC 21.00 Il matrimonio del mio migliore amico SCP 21.00 Il corvo 2 SCM 21.15 Prima tv Mondo senza fine “Terza parte”SC1 21.15 Will Hunting - Genio Ribelle SCH 22.30 Jade SCM 22.45 Honey SCF 22.50 Amore Senza Confini - Beyond Borders SCP 22.55 L’ arte di vincere SC1 23.00 Paradiso + inferno SCU 23.00 Faccio un salto all’ Avana SCC 23.25 La leggenda del Re Pescatore SCH 0.10 Dark Water SCM 0.25 Detective a 2 ruote SCF 0.35 14anni vergine SCC 14.55 Calcio, Serie A 2012/2013 14a giornata Pescara - Roma (Diretta) SP1 15.25 Rugby, AVIVA Premier- ship 2012/13 London Wasps - Leicester Tigers (Diretta) SP2 16.55 Calcio, Premier League 2012/2013 13a giornata Chelsea - Manchester City (Diretta) SP3 19.00 Calcio, Serie A 2012/2013 14a giornata Pescara - Roma (Replica) SP3 20.40 Calcio, Serie A 2012/2013 Posticipo 14a giornata Milan - Juventus (Diretta) SP1 20.45 Calcio, Serie A 2012/2013 Anticipo 14a giornata Palermo - Catania (Sintesi) SP3 21.00 Calcio, Premier League 2012/13 13a giornata Swansea City - Liver- pool (Replica) SP3 21.00 Golf, PGA European Tour 2012 Da Dubai World Tour Cham- pionship: 4a giornata (Replica) SP2 23.00 Rugby, Test Match 2012 Inghilterra - Sud Africa (Replica) SP2 23.15 Calcio, Serie A 2012/2013 Posticipo 14a giornata Milan - Juventus (Repl.) SP3 I film Lo sport SECONDO TEMPO PAR CONDICIO? Bersani for p re s i d e n t Tg1 avanti tutta IL PEGGIO DELLA DIRETTA La lezione f ra n ce s e di monsieur Jozsef OLTRALPE Eric Jozsef, corrispondente in Italia del francese Libération di Paolo Ojetti A ssediato dalle lagnanze degli esclusi, venerdì sera, dopo un’intervista con Bersani, il Tg1 ha dovuto chiamare a raccolta anche Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci, in rigoroso elenco non alfabetico, ma sondaggetico. Ieri mattina, al- tro collage riparatore a firma di Na- dia Zicoschi. In sostanza, il Tg1 è stato accusato di mancata “par con- dicio” e di aver tirato la volata al segretario in carica, che tutti – an- che in Rai – danno per favorito. La protesta dei concorrenti dimenti- cati e privati della spintarella con- cessa a Bersani (in Rai, i bersaniani si sono moltiplicati come i funghi dopo le prime piogge) ha un senso? Vale anche in questo caso la “par condicio”? Se avesse un senso e un qualche fondamento, le conse- guenze sarebbero davvero impre- vedibili e devastanti. PER ESEMPIO, alla vigilia delle “primarie” del Pdl, avremo di certo un Alfano debordante, immortala- to di fronte, profilo, tre quarti, close up con annesse interviste. E gli altri abbozzeranno? Mai, ci sarà di sicu- ro la rivolta di Santanché, Crosetto, Meloni, Galàn, Cattaneo, Bianco- fiore, Marra, Samorì e (sempre che non sparisca) l’indagato Proto. An- che se – già ora – Santanché, Cro- setto e Meloni hanno in paradiso qualche santo e qualche talk show in più. Niente in confronto a quello che potrebbe ancora succedere, causa le frenesie frazioniste della Casta. Se il Tg1 fa parlare Di Pietro, non avrebbe ragione a incavolarsi di brutto il suo ex, Donadi, destinato a un progressivo oblio? E ancora non basta. Se la “par condicio” riguar - dava i partiti nelle fasi pre-elettorali, è ammissibile che i telegiornali deb- bano occuparsi per forza delle vi- cende interne di una formazione politica? Cosa accadrebbe durante un Conclave? Scusi, mi intervisti e parli bene di me; sa, io corro per di- ventare Papa. A ogni inquadratura di Grillo è obbligatorio uguale pri- mo piano per Salsi e Favia, o vice- versa? E perché Montezemolo, che non è ancora nessuno e sembra Crozza, è spalla a spalla con Casini? Cosa accadrebbe se Berlusconi fon- dasse un altro partito su misura: quanti minuti potrebbe pretende- re? Un’ora al giorno? Sei mesi l’an - no? Alla fine, ha ragione il Tg1. Fac- cia quello che vuole e lo faccia senza scrupoli e infingimenti. Non si può seriamente correre dietro all’ultimo degli scilipoti in circolazione. Me- glio l’idolatria sfacciata. Ai tempi del Caimano, era Caimano e basta. Ora c’è Monti, e Monti sia. Bersani è favorito? Lecchiamolo in anticipo. Anche questa, in fondo, è un’arte. di Fulvio Abbate M i dicono sia da poco morto il talkshow, stecchito. Tutta colpa d’essere stato rumoroso come un’a u- toclave colma di inutili intemperanze e volgarità, un motorino sempre ac- ceso, roba che alla fine non si capiva bene cosa volessi dire tu oppure quel- l’altro (“A proposito: te lo ricordi chi c’era in tv a discutere sul Monti-Qua- ter? No, perché io ricordo soltanto che tizio ha detto qualcosa a Caio, poi alla fine è arrivato Sgarbi e ha dato di matto…Certo, la radio è un’altra co- sa…”), e ancora che ci stesse a fare il conduttore se poi non modera e so- prattutto non sbroglia la matassa del- la “barbarie mediatica” (cit). Se dav- vero tutto ciò dovesse corrispondere a verità, non resta che immaginare un album di figurine che, sotto finale, li riassuma davvero tutti, i nostri ospiti eroi, parlo delle voci che al talkshow dettero impulso e molto altro. Per ragioni di cavalleria verso gli os- servatori stranieri, e forse perfino di civile speranza, mi piacerebbe inizia- re l’album citando la compitezza ci- vile, cioè l’esatto contrario del brusio d’autoclave cui accennavo un istante fa, di Eric Jozsef, corrispondente del quotidiano francese L i b é ra t i o n in Ita- lia, proprio lui che ieri mattina ho avuto modo di scorgere a Omnibus su La7. Non è un volto notissimo, Joz- sef, tuttavia serve a fare la differen- za. ERIC JOZSEF, come ho già premesso, incarna in sé il garbo e la volontà di vederci chiaro sulle cose della politica italiana, egli dà infatti la sensazione di guardare ai macigni di cui sopra con attenzione da politologo. L’Italia, e segnatamente Roma, dove l’uomo fa base da un po’ di anni, non sembra, almeno fino a quest’oggi, averne gua- stato il sorriso e perfino la severità di fondo, la voglia di comprendere il Belpese, fino a restituirlo ai suoi let- tori lassù nell’Esagono. Il ragiona- mento sulle umane cose italiane cui Jozsef si affida è sempre “alto” eppure corre parallelo alla linea di terra, per- fino quando ha l’obbligo di pronun- ciare nomi e vicende da sceneggiata mediolanese, come potrebbe essere quella che inquadra il rapimento del rag. Spinelli, materiali antropologici che il francese medio, nonostante Sarkozy non si sia fatto mancare nul- la, potrebbe faticare a comprendere in tutta la sua pienezza nazional-crimi- nal-popolare, ossia berlusconiana. Se fai caso al suo eloquio, squisito e insieme fermo, ti torna in mente che nel galateo politico del suo paese i politici si rivolgono gli uni altri con un semplice “monsieur”, e perfino il presidente Hollande non sfugge a questa regola. Sia pure a denti stretti, ho l’obbligo morale di confessare che la presenza di Eric Jozsef nei nostri talkshow, almeno ai miei occhi, fi- nisce con l’avere il valore di una carta tornasole dell’impresentabilità di molti commentatori politici nostri connazionali, eccezioni escluse. E for- se anche mio padre avrebbe la stessa sensazione, sebbene durante la secon- da guerra mondiale si trovò recluso in un campo di prigionia francese nei monti dell’Algeria. Mi sa che anche lui direbbe: ascoltare Eric Jozesf è una lezione di garbo, di dignità profes- sionale. Gli ascolti di venerdì TALE E QUALE SHOW spettatori 6,4 mln share 25% I CESARONI spettatori 4,2 mln share 15% STRISCIA LA NOTIZIA s p e t t a to r i 6 mln share 21% OTTO E MEZZO spettatori 1,5 mln share 5% 22 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 il Fatto Quotidiano di Furio Colombo I mmaginate un grande schermo diviso in tre, anzi, guardatelo, per- chè davvero il grande schermo della nostra vita è diviso, e sconnesso. Nella prima sezione dello schermo vedete i politici. Eseguono rituali che di volta in volta vengono richiesti, senza co- noscere o voler conoscere le ragioni o le conseguenze. Pensate all'obbligo, divenuto impegno costituzionale, di pareggio di bilancio. Signi- fica che non puoi più deci- dere se spendere o rispar- miare, se punire o premiare. Nelle mani dei politici non è rimasto alcun potere. Di- vampano le lotte per la lea- dership, dette “primarie”. Forse porteranno grandi conseguenze, ma solo nel- l'acquario delle stanze inter- ne alla politica. Probabil- mente, molti cittadini parte- ciperanno, una specie di danza della pioggia, un esor- cismo per fare accadere qualcosa nel mondo reale. Ma tutto avviene di là dal cri- stallo che separa la politica dai cittadini. Il secondo schermo dimostra che ogni rapporto fra politica e realtà, in questo momento, è im- possibile. Infatti una telecamera fissa, come quelle delle banche, ci mostre la strana realtà del governo tecnico. Da un lato è così debole che ascolta in au- ricolare ciò che deve dire di volta in volta. Dall'altro è co- sì forte che non discute con la politica e i partiti. Ordina e aspetta rapida e precisa ese- cuzione. QUI MANAGERS e docenti danno ordini da managers e giudizi da docenti, in un ti- pico modo che non conce- pisce obiezioni, perchè non si tratta di professioni che ac- cettano cedimenti o patteg- giamenti. Nello stesso tem- po, abbiamo detto, noti uno sdoppiamento. Comandano ma anche ubbidiscono, con la stessa prontezza e lo stesso rigore. Non sappiamo nulla, tecni- camente, della gravità della situazione o di come tutto sia improvvisamente precipita- to in modo tanto dramma- tico (sto parlando di Europa e del mondo; quanto al ro- vinoso governo dell'Italia, fi- no a poco fa, sappiamo fin troppo). Sappiamo però che i punti di analisi, di visione, di decisio- ne, sono al di là del governo tecnico, che è tecnico anche nel senso di essere un esperto intermediario: conosce la materia e può esporla bene. Ma porta non le sue decisio- ni, ma decisioni già prese e che non sono in discussione. In questo schermo appren- diamo che ogni cosa si conta, si valuta, si approva o respin- ge a seconda del costo, e non ci sono spazi che non siano contabili, non ci sono misu- ratori che non siano i conti, e non ci sono idee se non sono esprimibili in termini quan- tità. E che le quantità o sono tollerabili (che vuol dire ac- cettate dalle voci che parlano negli auricolari dei “tecnici”) o non se ne deve neppure di- scutere. In altre parole l'in- tero mondo dei progetti detti riformismo deve essere can- cellato. L'economia non è negoziabi- le. O i valori sono giusti o non lo sono. Se non lo sono non resta che spostare, cam- biare, comprimere o tagliare fino a che i valori sono (o tornano ad essere) quelli giu- sti. Quali siano quelli giusti non tocca nè ai politici nè ai cittadini decidere. Il secondo schermo ci avverte infatti che, una volta entrati nel ter- ritorio tecnico dei numeri e del governo economico, la democrazia non conta, nel senso che non puoi votare ciò che non hai, o non hai diritto (lo dicono i conti) di avere. La democrazia resta un rito di parlamento per dire disci- plinatamente “va bene” a ciò che prescrivono gli esperti in base alle loro tabelle. E alle istruzioni che ricevono da quella voce nell'auricolare. Che non è la voce di Dio o la trama di un complotto. Sem- plicemente, per qualche ra- gione e molti errori, abbiamo trasferito il punto di autorità nel cielo di alcuni organismi internazionali che dirigono il traffico della ricchezza senza sapere, o poter sapere, che ricchezza è, di chi è, come sia stata accumulata, e a chi sia stata eventualmente sottrat- ta. SI CONOSCONO solo i limiti di spesa consentiti. E così tu vedi, nel terzo schermo, la lotta disperata che si estende per le strade, giovani e non giovani, operai e gente che non lavora più o non ha qua- si mai potuto lavorare, e gen- te che all'improvviso ha per- so tutto, lavoro, pensione e casa e, come se non bastasse, scopre di avere torto. E vedi l'abbandono umiliante dei disabili, le carrozzelle e i cor- pi dei malati gravi senza so- stegno perché il costo non è previsto, lo stivaggio barbaro dei detenuti, i bambini senza scuole e i malati senza letti. Niente, nel terzo schermo, ha a che fare con il primo e il secon- do. Nessuno sembra sape- re o voler sapere nien- te degli altri, tranne coloro che si azzuffa- no. I politici restano nell'acquario e si par- lano senza che si senta la voce. I “tecnici” ascoltano dall'aurico- lare e riferiscono con cura, ma anche con fermezza non discuti- bile, ai politici e ai cit- tadini. La democrazia? È caotica, a momenti insidiata dalla violen- za, dalle troppe cari- che e dalla solitudine. Ma resta solamente nelle strade. di Nando Dalla Chiesa C he impasto, ragazzi! Metteteci Verga, Fa- va e uno spruzzo di Tornatore e avrete una mattinata di memoria an- timafia memorabile davvero. Accade a San Gregorio Magno, su per la striscia di mare che da Catania va per Acicastello e Acitrezza. Un sole splendido, un mare novembrino scintil- lante. Un municipio tra edifici barocchi e pietre laviche e qual- che bianca parete sgarrupata. Un’adunata di autorità con re- ciproche presentazioni. Ma non è il circolo dei nobili o dei borghesi. È un piccolo pezzo di Stato che decide di ricordare un suo eroe nei luoghi che spesso hanno dimenticato. Al- le porte di Catania, della città voluttuosa che Pippo Fava chiamò un giorno c i t t à - p u t ta n a per la sua capacità di farsi sci- volare addosso ogni cosa. C’è da intitolare un auditorium a una vittima di mafia. Lo ha deciso il sindaco, Remo Palermo, un avvocato che graf- fia nel piccolo per cambiare la sua Sicilia. Ha voluto riaprire dopo vent’anni il vecchio cine- ma del paese, quasi duecento posti al chiuso e un’arena estiva proprio a fianco. E ha voluto farlo intitolare dai bambini con un referendum. Quale nome volete dare all’auditorium?, ha chiesto l’amministrazione alle due scuole del paese: la Purello (elementare) e la San Domeni- co Savio (media inferiore). Gli alunni e le famiglie hanno de- ciso, scegliendo tra un po’ di nomi. E oggi si fa come hanno detto loro. Dietro le autorità non ci sono masse di popolo, ma è giorno di lavoro, non si può pretendere troppo. Molti carabinieri in pensione con le loro memorie, ti ricordi quella volta, io l’ho conosciuto. Il sin- daco ci tiene e si vede, è emo- zionato. TAGLIO DI NASTRI, ed è tutta una nuova Sicilia, altro che i frizzi di Brancati. Si chiama Francesca il prefetto, Antonina il commissario appena nomi- nato da Crocetta alla provincia di Catania. È pure donna, ma questo è un po’ più normale, l’assessore alla Cultura. Dentro è un trionfo di bambini. Sono schierati su due piani. Quelli in alto suonano i flauti, quelli in basso cantano. Sono emozio- natissimi, tutti in giallo. Parto- no i flauti con l’inno nazionale e mi aspetto da un momento al- l’altro la stecca di qualcuno, co- me succede nelle migliori ban- de di paese. Macché, non c’è una stonatura. Cantano entu- siasti, innocenti. Ci credono. Al punto che mi metto a cantare anch’io che non lo faccio mai, perché ci trovo sempre un’aria di esibizionismo, e poi quel “siam pronti alla morte” canta - to a petto in fuori da conigli che scappano davanti al primo ‘ndranghetista mi fa infuriare. I bambini cantano anche l’inno della Sicilia, che non conosce- vo. È bellissimo, le parole sem- brano un rovesciamento della storia. Le canta con orgoglio che sovrasta chiunque altro una bimbina riccia al centro, che ha la faccia più siciliana di tutte, in certi passaggi quasi si solleva da terra. Poi altra scuola, altra mu- sica. Concerto barocco di una media a indirizzo musicale. Ora sono tutti vestiti di bianco. Una prof dall’aria materna si siede accanto a loro. Sta a una pianola, suona anche (di nasco- sto) per un bambino che non tocca nulla, si vede che ha le stampelle. Mi sembra una for- ma di solidarietà meravigliosa. SENTI LA FORZA di un lavoro appassionato, un giorno si scri- verà la grande storia degli in- segnanti siciliani di questi de- cenni. Poi si inaugura la targa dell’arena. Il prete la benedice mentre i bambini iniziano ad andarsene. Qualcuno ricorda i tempi andati del posto e senti profumo di “Nuovo cinema Paradiso”. Gli anni cinquanta, la gente assiepata davanti allo schermo della grande parete bianca, la cassetta del ghiaccio, il profumo serale dei gelsomini mescolato a quello dei bombo- loni preparati al mattino con le sue mani dalla proprietaria, la signora Maria Sciuto. Si rientra in sala, c’è meno folla, i bambini devono andarsene e i genitori venuti a vederli pure. Si ricorda la vittima. Lo fanno il colonnel- lo dei carabinieri, il sindaco Pa- lermo, un familiare. Un po’ di corsa, occorre evitare lo svuo- tamento della sala prima che arrivi mezzogiorno e mezzo. Segue rinfresco. Molto austero, da spending review. Senza più i bambini delle scuole. Il clima cambia rapidamente. Strana Sicilia, slancio etico e at- tesa del buffet. Il fornaio inca- ricato di ammannire agli ospiti i gioielli salati e dolci della ga- stronomia locale è in ritardo. Vanno via anche le autorità, ha pure iniziato a piovere, il sin- daco si preoccupa degli ospiti. Alla fine il fornaio arriva. Sbar- ca con teglie e teglie. Schiaccia- te, arancini (“qui si dice aran- cini, mica arancine come a Pa- lermo”), cannoli. Un assessore esorta a chiamare i dipendenti comunali, non si può sprecare – e ha ragione – quel bendidio arrivato in ritardo. Continua a piovere, la compagnia si scio- glie come per incanto. C’è una spolverata di buona e antica let- teratura siciliana in tutto que- sto. Eppure un’immagine resta al centro e smuove tutto, altro che il fornaio, altro che la pioggia. Resta la bambina con i ricci ne- rissimi e con la faccia più sici- liana di tutti, che canta l’ inno dell’isola sollevandosi da terra. Come se la sua generazione aspettasse solo di prendere il volo. di Silvia Truzzi n NOI SIAMO Antonella, soffocata a 21 anni da un “fidanzato geloso”. Siamo il corpo martoriato di Fa- biola, a cui il marito ha scaricato addosso tutti i proiet- tili di una pistola. Siamo Rosetta, strangolata dal ma- rito che l’aveva abituata alla paura delle botte e alla fine l’ha ammazzata. Siamo Enzina, mamma disabile uccisa a pugni da suo marito che si è giustificato così: “Ero ubriaco”. Siamo Leda, morta in ospedale dopo mesi agonia perché il suo compagno le aveva dato fuoco. Siamo Rosanna e la sua bambina, che un giorno ha telefonato al 118: “Papà ha ucciso la mamma e si è s u i c i d a to”. Siamo Antonia, assassinata per strada dal- l’ex compagno con una stilettata al cuore. “Mi ha pic- chiato ancora”, le sue ultime parole. Siamo Kaur, uc- cisa dal marito e gettata nel fiume: aspettava un bimbo e “vestiva troppo all’o cc i d e n t a l e ”. Siamo Vincenzina, accoltellata dal marito davanti al figlio adolescente perché non lo “lasciava parlare durante una discus- sione”. Noi siamo morte in 120, dall’inizio del 2012 in Italia con la sinistra cadenza di una ogni due giorni. Siamo state uccise “dai nostri cari”: il termine “fe m - m i n i c i d i o” è un neologismo orribile e necessario. L'I- talia è al 72esimo posto (in una graduatoria di 135 paesi) nel Gender Gap 2009 del World Economic Fo- rum, un'analisi quantitativa della situazione relativa di maschi e femmine, attraverso 14 indicatori in quattro aree: economia e lavoro; istruzione; politica; salute e aspettativa di vita. Eppure le situazioni di violenza sono molto simili in altri Paesi. n NON SOLO: secondo Telefono rosa che ha ela- borato i dati delle violenze denunciate, il fenomeno non si può affatto relegare a situazioni di disagio so- ciale, perché riguarda donne di ogni condizione. Il 60% delle vittime ha tra i 35 ed i 54 anni, l’85% delle violenze si consuma nell’ambito di relazioni sentimen- tali (con un aumento di 3 punti rispetto 2011); il 72% denuncia forme di violenza psicologica, il 44% vio- lenza fisica. Nell’82% dei casi la violenza è continua: il 15% delle intervistate svela di subire violenza da al- meno vent’anni, il 15% da almeno dieci. Com’è pos- sibile che gli abusi diventino un’abitudine per dieci o ve n t ’anni? Ogni caso è a sé, eppure un tratto comune ci deve essere. Il ricatto economico, il soffocamento della dignità, la perdita di fiducia e della dignità di sè. La convinzione di riuscire a cambiare un compagno brutale: ma è un’illusione vana, pericolosissima. Dopo il primo occhio nero si può solo scappare, non c’è nulla da comprendere. Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Per onorare le vittime possiamo ricordare i loro nomi e le loro storie dolorose. Sapere che l’assassinio è la punta di un iceberg. Ricordare che siamo, potenzialmente tutte vittime: non importa quante lauree, quanti soldi, quale famiglia alle spalle. Soprattutto possiamo insegnare ai nostri figli il rispet- to. E alle nostre figlie che nessun amore cambia un uomo violento, ma l’amore per noi stesse ci salva la vita. FATTI DI VITA Scappiamo al primo s c h i a f fo I tre schermi che dividono l’Italia I N CO M PAT I B I L I T À I bimbi siciliani cantano per il cinema SAN GREGORIO MAGNO VITE PARALLELE I politici non hanno più poteri, i tecnici sembrano comandare ma sono teleguidati, i cittadini sopravvivono disperati I NAU G U RA Z I O N I Riaperta la sala del paese, tra carabinieri in pensione, i cori degli alunni e le teglie di arancini arrivate in ritardo SECONDO TEMPO Philippe Noiret in “Nuovo cinema paradiso”. In alto, Mario Monti Ansa 23 il Fatto Quotidiano DOMENICA 25 NOVEMBRE 2 01 2 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo SECONDO TEMPO Dalla seconda guerra mondiale alle primarie Signor Matteo Renzi, tra le “delizie “ che lei riesce ad esternare quotidiana- mente, mi ha colpito par- ticolarmente quella che si riferiva ai “nostri Nonni”. In quella occasione lei ha avuto modo di insultarli pesantemente, definen- doli colpevoli delle nostre disgrazie e non ricordo bene quanti altri impro- peri abbia usato. I nostri nonni sono quelli che hanno fatto la Resistenza, ricostruito l’Italia del do- poguerra distrutta mate- rialmente dagli eventi bel- lici e moralmente dal fa- scismo, ed erano impre- gnati di ideali. Sono i Ber- linguer, i De Gasperi, i Pertini. Semmai avrebbe potuto parlare dei “nostri padri”, quelli che appar- tengono alle generazioni succedute ai nonni, e che comprendono i Berlusco- ni e tanti altri come lui. Quelli sì che di bene all’I- talia ne hanno fatto ben poco. Ma tra quelli ci sono molti suoi estimatori, suoi simpatizzanti. Gente che condivide i suoi “ideali”. Lei piace molto agli indu- striali , ai finanzieri, ai ber- lusconiani. Non ho mai visto lei presente ad una manifestazione di studen- ti, di operai disoccupati, di esodati. Lei è un “infiltra- to” nel partito democrati- co per distruggere quel poco che di “sinistra” è ri- masto in quel movimento. Lei è un liberista. Io sono uno dei “nonni” che han- no fatto la Resistenza. Ho assistito al prelievo, nella cella dove ero detenuto, di due miei coetanei parti- giani che vennero poi fu- cilati. Avevano 20 anni. Non hanno avuto il tempo di diventare nonni anche loro ed è anche pensando a loro che mi auguro che lei non esca vincente nelle primarie in corso nel Pd. E mi scuso se non riesco ad accettare l’idea che lei pos- sa rottamare anche il ri- cordo dei miei fratelli im- molatisi per un’Italia mi- gliore, non certamente la sua. Romolo Benasso, Partigiano “S i p e” Campo de’ fiori e la solerzia a due velocità L’estate scorsa abbiamo passato alcuni giorni di vacanza a Roma. In Cam- po de’ Fiori si gusta un ge- lato o una birra fra una bancarella di libri ed una di gioielli artigianali. Ovunque ambulanti stra- nieri vendono giocattoli- ni, girandole luminose e robottini di peluches in cambio di poche monete. E ovunque, guardie muni- cipali in candida divisa li individuano, li cacciano e, addirittura, li inseguono nei vicoli fino a disperder- li. Oggi leggiamo che, sempre in Campo de’ Fio- ri, un kommando di vio- lenti mette a ferro e fuoco un pub per mezz’ora, spe- dendo all’ospedale una decina di tifosi inglesi. Dov’erano in quel mo- mento tutti quei solerti ed impavidi tutori dell’ordi- ne che pattugliano solita- mente la zona? Fabrizio Tagliafico ed Elena Trentini Bambini, Monti ha scippato Babbo Natale Quest’anno le tredicesime se ne andranno tutte in tasse da pagare. Penso che sia giunto il momento di smettere di illudere le ge- nerazioni future, di far lo- ro credere che se si è buoni arrivano le gratificazioni e i premi. Non è affatto così: più sei cattivo più ci gua- dagni, da sempre. Per ar- rivare a far comprendere ai bambini come stanno le cose non serve attendere che si rendano conto che i regali non li porta Babbo Natale piuttosto che i nonni o i genitori. Devono invece sapere che que- st'anno ci sarà qualcuno ricco oltre ogni immagi- nazione che glie li porterà via.Quelle poche famiglie che ancora potranno per- mettersi delle scatole di cartone vuote foderate di carta e nastrini colorati, metteranno al loro inter- no una foto di Monti con i suoi complici e un mes- saggio: “Questo Natale il regalo lo abbiamo fatto a lui” Elvio Letta Mandiamoli a casa prima che si riciclino Ecco, dunque, che con l'avvicinarsi delle elezioni i soliti furbetti si mettono in posizione d'attesa, scordandosi ogni passato e guardando al futuro, il loro. Si ammantano di ge- neriche dichiarazioni di intenti: tutti piu' ricchi, piu' belli, piu' onesti ecc. ecc., ma alla fine cio' che vogliono disperatamente e' rimanere. Esserci, anche se (in questo caso mi sento grillino) la loro epoca, la loro stessa giustificazione d'essere e' finita da tempo. Mandiamoli a casa una volta per tutte, con le loro ipocrisie, le loro furbate, i loro errori che ancora pa- ghiamo noi tutti. Carlo di Renzo La Spagna: indivisibile pure dopo i referendum In Catalogna si vota e que- sto voto assume tutti i connotati di un pre-refe- rendum per arrivare al- l'indipendenza della re- gione dalla Spagna. Certo in Italia chi attenta all'uni- tà nazionale commette un reato, la Costituzione sta- bilisce che la nazione deve essere una e indivisibile e qualsiasi tentativo di met- tere in discussione questo concetto non viene in al- cun modo tollerato. Pos- sibile che gli spagnoli non abbiano pensato a simili precauzioni contro il dis- solvimento del regno an- che alla luce delle spinte dei Paesi Baschi, altra re- gione calda? Ci hanno pensato eccome e la sua indivisibilità è sancita nel- la loro Costituzione, che parla di “Nación españo- la, patria común e indivi- sible”. Olga Tonero DIRITTO DI REPLICA In merito all’articolo “Le banche evadono e i rispar- miatori pagano” apparso su Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2012, va spe- cificato che l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Fi- nanza hanno attivato a partire dai primi mesi del 2009 un’indagine coordi- nata a livello nazionale di- retta a contrastare quelli che tecnicamente vengo- no definiti “schemi di pia- nificazione fiscale inter- nazionale aggressiva”, cioè quelle operazioni che sfruttano la finanza strut- turata per ottenere indebi- ti benefici fiscali. L’attività ha consentito di intercet- tare e contestare presso- ché tutte le operazioni in- dividuate in capo alle ban- che e alle imprese (non so- lo banche quindi) assog- gettate a controllo. Gran parte delle contestazioni sono state definite dai contribuenti e ad oggi so- no stati incassati circa 1,8 miliardi di euro, quasi il doppio della cifra riporta- ta nell’articolo (1 miliardo di euro). Taluni casi sono stati oggetto di impugna- zione presso le Commis- sioni Tributarie e, talvolta hanno prevalso le ragioni erariali, mentre in altre si- tuazioni l’amministrazio - ne è risultata soccomben- te. Le ragioni per le quali poi vi è una differenza tra il contestato e quanto effet- tivamente incassato, di- pendono dal fatto che le contestazioni compren- dono sia le imposte, sia le sanzioni in misura piena (che vanno dal 100 al 200% dell’importo conte- stato) ma tutti i contri- buenti, senza distinzioni di categoria o di reddito, possono avvalersi degli strumenti per la risoluzio- ne preventiva delle con- troversie e beneficiare così di una forte riduzione del- le sanzioni, fino a 1/6 del minimo. Ufficio Stampa Agenzia delle Entrate Il testo pubblicato sul Fatto Quotidiano è un estratto dal mio libro “Banchieri & compari” (editore Chiare- lettere), come spiegato dal giornale, dal capitolo sul- l’evasione fiscale delle ban- che. La somma di 1,8 mi- liardi che l’Agenzia delle Entrate dice di aver incas- sato è riferita all’attività complessiva di recupero per l’evasione contestata, anche “alle imprese”, “non solo banche quindi”: lo dice l’Agenzia. Io invece mi ri- ferisco solo alle banche. Dai dati pubblicati sulle transazioni del fisco con le banche, relativi a Unicre- dit, Intesa Sanpaolo, Mon- te dei Paschi, Credito Emi- liano, Banca popolare di Milano e Banco Popolare, risulta che le somme recu- perate dallo Stato per l’eva - sione delle banche am- montano a “poco più di un miliardo”, rispetto a “con - testazioni alle banche per una somma tra i 4 e i 5 mi- liardi di imposte non paga- te e sanzioni”. Gianni Dragoni CARO COLOMBO, mi domando e chiedo a te: perché polizia e Ministero dell'Interno si comportano come se avessero interesse a coprire i picchia- tori violenti, sadici a volte, che si an- nidano nelle Forze dell'ordine, gettan- do, in questo modo, una cattiva im- magine sui tanti che affrontano i di- sordini restando entro limiti molto più sorvegliati, date le situazioni? Non dovrebbe essere esattamente il con- trario: denunciare i pochi per proteg- gere la reputazione di tutti? Olivia LA DOMANDA è di buon senso e va senz'altro girata ai due ministri dell'In- terno e della Giustizia e ai vertici della polizia, tutt'altro che disinteressati al- l'immagine del loro non facile lavoro di ordine pubblico. I fatti di cui tenere con- to sono questi. La violenza di certi grup- pi di dimostranti è grande, ma molto li- mitata (non la violenza, il numero dei violenti professionali). E questo è vero anche per Polizia e Carabinieri. Le fonti di immagine garantiscono ormai una possibilità di documentare grande, co- me nel caso dei lacrimogeni. Perchè dif- fondere una perizia così vistosamente in contrasto con le immagini (e con e il contenitore di lacrimogeno trovato nel cortile della sede del ministero)? Perchè produrre la penosa testimonianza degli usceri del Ministero, personale dipen- dente interno secondo cui: "nessun estraneo si è introdotto nel palazzo..." quando è ovvia la irrilevanza di una si- mile testimonianza, per giunta smenti- ta dall'evidenza visiva? E' naturale che le autorità che mandano i loro poliziotti e carabinieri a rischiare nello intrico de- gli scontri fisici debbano dare loro soste- gno e credito. Ma non siamo in presen- za di un massacro bensì del cattivo e non professionale comportamento di alcuni che dovrebbero essere immedia- tamente estratti dai reparti mobilitati ed esclusi dai contatti fisici con i dimo- stranti. Le immagini di colpi dati sulla faccia a persone immobilizzate o di ag- gressione alle spalle di dimostrante pa- cifico non sono centinaia, neppure in giornate dure come sabato 17 novembre a Roma. Denunciano però fatti gravi che vanno immediatamente isolati a di- fesa di tutti gli altri che hanno agito sen- za sadismo e senza un di più di violenza incivile e inutile che induce a dubbi sul- lo equilibrio delle persone che a questa violenza si abbandonano. Poiché le di- mostrazioni sono destinate a continua- re, credo che la strada meno pericolosa sia che ciascuna parte isoli prontamen- te i suoi violenti, coloro che sono decisi ad attaccare le persone. Naturalmente sarebbe bello che lo Stato desse l'esem- pio. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 l e t te re @ i l fa t to q u o t i d i a n o. i t 25 n ove m b re 1965 Pe r c h è i picchiatori di Stato? AGUZZINI DIMENTICATI. Nomi sconosciuti di sadici persecutori sfuggiti alla memoria o confinati in angoli bui della storia dell’Olocausto. E dell’Omocausto, il rimosso sterminio nazista degli omosessuali. Nomi da ricordare, come quello di Carl Peter Vaernet, il medico danese, già noto in patria per i suoi esperimenti animali sulla “cura e g u a r i g i o n e” dell’omosessualità, arruolato nel ‘43 da Him- mler, per testare sui “triangoli rosa” il suo infallibile si- stema di innesto ormonale. Passato rapidamente dai polli agli uomini, Vaernet, assunto dalle SS con regolare sti- pendio mensile di 1.500 Reichsmark, inizierà nel lager di Buchenwald la sua folle terapia contro l’odiata devianza. Una pallina metallica carica di testosterone, impiantata nell’inguine dell’uomo-cavia con un’incisione chirurgica al- l’addome e destinata a rilasciare per un anno dosi mas- sicce di ormone maschile. Metodo crudele che, in poche settimane, porterà alla morte il 90 per cento dei soggetti trattati. Arrestato dagli inglesi alla fine del conflitto, e in- serito nella lista dei criminali di guerra, il Mengele danese riuscirà a farla franca. Riparando nell’ospitale Argentina di Peròn, dove morirà impunito e tranquillo il 25 novembre 1965. Giovanna Gabrielli Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Caporedattori Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail:
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