IlFatto_20120422

March 28, 2018 | Author: Readyourpaper | Category: Political Parties, Italy, Parliament, Politics, Government


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Con Hollande e Sarkozy i francesi possono scegliere tra due governialternativi.In Italia con ABC è sempre la stessa minestra www.ilfattoquotidiano.it y(7HC0D7*KSTKKQ( +?!"!&!?!$ Con la Pasta dell'Auser aiuti il Filo d'Argento, il telefono amico degli anziani soli ed emarginati. LA PASTA DELL’AUSER PER RICORDARSI DEGLI ANZIANI IL 5 e 6 MAGGIO 2012 NELLE PIAZZE ITALIANE SEGUICI SU FACEBOOK WWW.AUSER.IT FILO D’ARGENTO NUMERO VERDE 800.995.988 Domenica 22 aprile 2012 – Anno 4 – n° 96 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 € 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 16 MILIONI IN FUGA DAL VOTO Il 60 per cento degli elettori oggi non si sente rappresentato da nessun partito. Tra questi, il 40 per cento non si recherà nemmeno alle urne. Non è antipolitica ma il crollo di questa politica Qui Radio Minsk di Marco Travaglio I Serenissimi di Antonio Padellaro dc impidi come acqua di fonte”, “tranquillissimi” e naturalmente “sereni”, i politici beccati a trafficare con smeraldi e lingotti d'oro, inquilini a sbafo di ville turrite o senza la ricevute (“smarrite”) comprovanti il pagamento di vacanze di sogno alle Antille, molto si dolgono delle “diffamazioni” che osano mettere in dubbio il sacrificio di “chi si è speso per ciascuno e per tutti i lavoratori della sua terra”. Serenissimi Rosi Mauro e Roberto Calderoli, serenissimo Roberto Formigoni, tutti naturalmente intenzionati a non mollare la poltrona, tutti con le motivazioni più nobili e disinteressate che il governatore lombardo riassume in una frase che andrebbe scolpita sul monumento nazionale alle facce di bronzo: “Inutile dire che non mi dimetterò poichè sarebbe da irresponsabili piegarsi al ricatto dei calunniatori e dare soddisfazione a lobby a cui nulla importa della crisi che sta devastando l'Italia”. Ecco, ci vuole un'impudenza assoluta per mescolare i 13mila euro dei dorati soggiorni ad Anguilla, pagati chissà da chi, con la disperazione di milioni italiani impoveriti dalla crisi e che non sanno più dove sbattere la testa. Ma in questa oscena manifestazione di sé si avverte un senso di onnipotenza e invulnerabilità purtroppo non del tutto immotivato. I Formigoni non nascono dal nulla ma sono al vertice di una piramide di potere dove tutto si tiene. Perché nessuno nel consiglio regionale lombardo ha la forza (e forse anche la voglia) per sfiduciare il vanesio personaggio. E perchè se lui cade, tutta la piramide edificata e tenuta insieme dal cemento degli interessi e dei favori, degli affari e dei ricatti verrebbe giù. E questo lo sanno bene tutti i Formigoni d'Italia che insaziabili fruitori di resort, appartamenti e aragoste pagate a loro insaputa, il massimo favore che ci possono fare è quello di cambiare giacca o cambiare sigla alle loro combriccole di partito. Se ne fregano e ci sfottono ben consci che anche se alle elezioni non votasse più nessuno loro continuerebbero imperterriti a dividersi la torta, l'unica in un paese che va in malora. L Cala anche il gradimento di Monti. Scandali e ruberie fanno precipitare la fiducia nei partiti. Il primo banco di prova le comunali di maggio pag. 2 - 3 z LA CONTESTAZIONE Torino, uova e insulti per Fornero e Profumo Udi Luca Telese LA CASTA DEI NUOVI SUPERCAFONI un’immaginario superC’ ècafonedopo èinchiesta, il che diventato, inchiesta retroterra morale (più spesso immorale) della politica italiana, il punto di arrivo delle sue aspirazioni, dei suoi desideri. pag. 5 z La contestazione a Torino, studenti e Cobas contro le forze dell’ordine (FOTO ANSA) In duecento hanno atteso i due ministri fuori dal Teatro Nuovo. Tafferugli e Caselli pag. 7 z cariche della polizia. BLUFF x Esodati, conti, liberalizzazioni: di concreto ci sono solo le tasse IL GOVERNO DEI FALSI ANNUNCI Udi Furio Colombo UN TRONO VUOTO PER LA POLITICA I tecnici promettono molto ma non riescono a mantenere Feltri pag. 6-7 z segretario I Itante partito di unsiimporitaliano se ne va, scompare, non trova più. Non si può dire: “Non troviamo più il segretario”. Bisogna sostituirlo subito. Per fortuna lo scomparso ha un gemello. pag. 14 z oggi n il primo turno Francia al bivio La sinistra spera “Hollande presidente” Marsilli e Tito pag. 18 - 19z Udi Nando Dalla Chiesa ERRI DE LUCA E QUEGLI ANNI DI PIOMBO Erri De Luca detto D avvero Certo,diperchèhanon lecosì? Gli anni piombo un’in venzione? ha prese lui le pallottole”. Antonio Iosa è nel suo lettino all’ospedale di Niguarda, a Milano. Non può alzarsi, immobilizzato com’è tra flebo e cannucce. pag. 9 z all’interno pag. I - VIIIz CATTIVERIE Formigoni: “Mai nessuno mi ha dato un euro”. Ma c’è una folla qui fuori pronta a rimediare (www.spinoza.it) con viva costernazione che apprendiamo dell'intenzione di Rai1 di spostare “Qui Radio Londra” di Giuliano Ferrara dalle 20.30, dopo il Tg1 di cena, alle 14, dopo il Tg1 di pranzo. Per carità, è apprezzabile il riguardo mostratogli dalla Rai, che lo associa comunque all'ora del desinare. Ma è inaccettabile che lo voglia degradare sul campo con la scusa del crollo degli ascolti (passati dal 20% delle primissime puntate all'attuale 15 e qualcosa). Intanto perchè, se si dovesse punire chi fa perdere ascolti alla Rai, bisognerebbe cacciare quasi tutti i direttori di rete e di tg, cosa impossibile, sia perchè sono troppi, sia perchè sono stati assunti apposta. Qualcuno, per dire, ha mai obiettato alcunchè a Bruno Vespa, che nelle recenti prime serate di “Porta a Porta” con quel che resta dei leader di partito ha desertificato Rai1, portandola al 13 e poi addirittura al 10%? Un'azienda normale licenzierebbe in tronco per scarso rendimento e giusta causa sia lui sia chi ha avuto la bella idea di mandarlo in prima serata (fra l'altro, pagato extracontratto). Invece c'è pure il caso che gli arrivi il cestino a Natale. Ma che s'aspettavano i dirigenti Rai quando affidarono a Ferrara il posto che fu di Enzo Biagi? Che facesse ascolti? Basta esaminare il successo delle sue numerose imprese editoriali, televisive e politiche: una serie di fiaschi mai visti neppure in una cantina sociale. Fonda il Foglio e non lo legge nessuno (ma lo paghiamo tutti). Fonda il partito No Aborto e non lo vota nessuno. Si candida al Mugello e porta Forza Italia al minimo storico di tutti i tempi. Inventa “Otto e mezzo” e fa scappare la gente, poi arriva la Gruber e triplica gli ascolti. Lo sapevano tutti, compresi i suoi mandanti in Viale Mazzini e soprattutto a Palazzo Grazioli, che Ferrara su Rai1 avrebbe messo in fuga milioni di spettatori: addirittura più di quelli che Minzolingua e il suo degno erede Maccari, noti sfollagente, sono riusciti a far perdere in quattro anni al Tg1. In fondo, com'è noto, le reti berlusconiane han sempre sofferto gli ottimi ascolti di “Affari tuoi”: bastava sostituire al traino del Tg1 la palla al piede di Ferrara e il gioco era fatto. Al debutto, il 14 marzo 2011, “Qui Radio Londra” fece registrare il 20,63%. Il tempo di accorgersi che roba era, e due settimane dopo era già precipitata al 17. In settembre scese ancora: 16,5. Ora, nell'ultima settimana, è finita sotto il 16 per la gioia delle reti concorrenti (si fa per dire). Più in basso di così, a quell'ora e su Rai, è umanamente impossibile per via dell'effetto zapping: il riflesso condizionato del telespettatore medio, che lascia accesa la tv sul primo canale dopo il tg in attesa dei pacchi di “Affari tuoi” (che, nonostante la palla al piede che lo precede, registra ancora un ottimo 20%). Se, al posto di Ferrara, mandassero in onda il fermo immagine di un paracarro o di un radiatore spento, farebbe comunque il 15-16%. Insomma Ferrara ha svolto egregiamente il suo compito di buttafuori del pubblico. Missione compiuta. Rimproverarglielo e punirlo per questo, quando gli altri buttafuori vengono regolarmente premiati e i buttadentro vengono cacciati, sarebbe ingiusto, umiliante e impietoso. Infatti lui rifiuta la panchina pomeridiana e rilancia: “Ho controproposto al direttore di Rai1 Mazza di fare un commento di 2 minuti e mezzo in coda al Tg1”. Chissà se Mazza e gli altri papaveri Rai leggono Internazionale: qui di John Hooper del Guardian ricorda che Ferrara è un ex ministro e un impiegato di B., dunque “è grottesco che abbia dato al programma il nome della trasmissione della Bbc rivolta alla resistenza antinazista, come a dire che dà voce alle vittime di una dittatura”. Ed è “difficile immaginare un altro paese europeo, eccetto forse la Bielorussia, in cui un giornalista così sfacciatamente di parte possa ‘chiarire’ il senso delle notizie” sulla tv pubblica. Si attende ad horas una protesta ufficiale del governo di Minsk. È pagina 2 Livia Turco piange in tv: “Il distacco dei cittadini mi angoscia” INTENZIONI DI NON VOTO ASTENSIONISMO ELEVATO L’orientamento degli elettori Aprile 2011 Novembre 2011 in tv tornano le lacrime. Venerdì sera è toccato alla deputata Pd Livia Turco, ospite di Luisella Costamagna a “Robinson”. Ha appena visto un sondaggio e dice: “Io sono molto angosciata da quel dato: 48% di persone che non credono nella politica. Sono molto angosciata perchè quando ero giovane ho avuto la possibilità di incontrare la politica come grande passione, come partecipazione, E Aprile 2012 LA GRANDE FUGA e ho sempre pensato che la politica fosse quella di tante persone che partecipano e che ci credono. E quindi percepire questo distacco è qualcosa che angoscia”. Poi si commuove e dice: “Confesso una grande sofferenza, la sofferenza di si fa il mazzo, di chi gira per il territorio, di chi conosce i problemi sociali...per chi vive la politica così, dover sentire parlare di diamanti, di lingotti, beh, è veramente una grande sofferenza”. Dati Cise Luiss Se domani mattina ci fossero le elezioni politiche per il Parlamento, per quale partito voterebbe? PD PDL IDV UDC SEL LEGA NORD MOV. 5 STELLE FLI FED. SINISTRA LA DESTRA Altri 30,2% 22,5% 9,5% 8,5% 7,8% 7,4% 5,5% 2,8% 2,0% 2,0% 1,8% LEGENDA Dati in % 60 58,3 50,1 50 Vanno a votare e hanno scelto il partito 38,1 35,0 Non vanno a votare 40 30 27,7 20 18,4 18,6 4,7 4,9 0 7,1 17,3 19,8 Incerti sul partito 10 Incerti se votare E se fosse presente una lista guidata da Mario Monti? 29,6% LISTA MONTI 19,6% PD 15,2% PDL 7,4% IDV 6,1% UDC 6,8% SEL 6,1% LEGA NORD 4,8% MOV. 5 STELLE 1,0% FLI 1,7% FED. SINISTRA 1,0% LA DESTRA 0,7% Altri DELUSI E INDECISI: 6 ITALIANI SU 10 NON SANNO CHI VOTARE Il 35%, oggi, non si recherebbe nemmeno alle urne. Un altro 7% è indeciso se farlo. Crollo di Pdl e Lega. Salgono Idv e Grillo di Eduardo Di Blasi ontenitori di nuova foggia, grandi alleanze, partiti della nazione, movimenti di popolo, antipolitica in cerca di una via democratica di consenso. Nelle ultime settimane si moltiplicano annunci e riunioni per scomporre, ricomporre e rifondare vecchi e nuovi scatoloni, in vista di elezioni politiche neanche fissate. Il punto, ci informa un sondaggio della Cise Luiss del professor Roberto D’Alimonte (riportato ieri dal Sole24Ore), è che nella transizione tra la fine del governo Berlusconi e la messa in opera dei tecnici, sono finiti a spasso la bellezza di 16 milioni di voti. Sedici milioni di elettori sono “in cerca di partito”. E non è che proprio lo stiano cercando: aspettano che l’offerta politica si adegui al passaggio brusco d’orizzonte che si è verificato con la crisi di governo e quella economica che l’ha accompagnata. Cifre come queste non si vedevano dalla fine della Prima Repubblica, dal dopo tangentopoli, da quando quei voti in uscita dai grandi serbatoi dei partiti di governo (fondamentalmente Dc e Psi), finirono per premiare l’offerta nuova di Lega Nord e Forza Italia, a scapito di chi restò in piedi (il Pds). C quale barrare la preferenza. In sostanza il 60% degli aventi diritto, vale a dire sei elettori su dieci, non sa chi votare. L’emorragia di consensi riguarda principalmente i parti- Il governo non è molto apprezzato ma una lista del premier sarebbe quella con più consensi ti del centrodestra. Nelle intenzioni di voto il Pdl ha preso lo scivolo: 29,7% nell’aprile 2011, 23,3% a novembre, 22,5% oggi. Anche la Lega, che mettendosi all’opposizione del governo Monti era passata dal 9,8% di aprile 2011 al 12,2% di novembre, è precipitata con gli eventi giudiziari degli ultimi giorni al 7,4%. Sono questi i voti che maggiormente viaggiano verso il bacino dell’astensionismo. Di contro, con un Pd stabile al 30,2%, crescono l’Idv (al 9,5% contro il 7,1% di novembre 2011 e il 6,9% dell’aprile precedente), l’Udc (8,5%), Sel (7,8%) e il Movimento Cinque Stelle, che dall’1,3% di aprile 2011 era passato a novembre al 4,6% e ora viaggia sul 5,5%. Stiamo però parlando sempre dei dati espressi in quel 38,1% che ha detto di aver scelto cosa votare. Dietro di loro si muove una maggioranza confusa e consistente, il vero bottino di future campagne elettorali. CERTO NON AIUTA la lontanza dalle urne (si voterà a ottobre o nel 2013, e con quale sistema elettorale?) e il momento di crisi dei vecchi simboli della rappresentanza politica. La confusione è talmente alta sotto al cielo che seppure Mario Monti goda ad oggi di un consenso non propriamente elevato (solo il 43,79% mantiene sul premier un giudizio positivo), un’ipotetica “Lista Monti” senza una collocazione politica definita, sarebbe il primo partito e leverebbe consenso principalmente alle due aggregazioni maggiori. Una lista guidata da Monti, arriverebbe al 29,6%, lasciando al Pd il 19,6% e al Pdl il 15,2%. D’altronde, però, il 56,46% degli intervistati non vedrebbe di buon occhio la sua discesa in campo. Sul segno politico da attribuire all’esecutivo dei tecnici, del resto, gli elettori mostrano pochi dubbi: è un governo di centro per il 28,93% degli intervistati. È un governo di centro-destra per il 27,82%. È un governo di destra per il 20,83%. Solo l’8,38% ritiene che i tecnici siano di sinistra. Il 14,05% che sia di centro-sinistra. Ai partiti oggi rappresentati in parlamento, per non scomparire davanti a un’offerta politica che l’elettorato può giudicare “nuova”, non resta che attrezzarsi per portare al voto almeno i propri delusi e indecisi (in questo senso oggi è in controtendenza il Pd che pesca voti tra i delusi che non andarono a votarlo nel 2008). Il segretario del Pdl Angelino GIUSTIZIA D’AULA I QUATTRO ONOREVOLI A PIEDE LIBERO IN PARLAMENTO di Paola Zanca 43,79% IL CONSENSO ATTUALE PER IL PREMIER Roberto Formigoni chiede aiuA dessopopolo dei fax.eProprio lui,comto al che con i video esilaranti i twitter pulsivi ha colonizzato la Rete, affida ai fedelissimi il ritorno al vecchio terminale: in questo momento difficile – supplicano i suoi - “inviategli un fax con scritto 'Presidente, siamo con te!'”. Ma non è solo il mezzo a trascinarci nel passato. È che il “popolo dei fax” è nato nel '92, quando i cittadini indignati inondavano le redazioni dei giornali con i loro messaggi carichi di 'vergogna'. Erano gli anni di Mani Pulite, quei giorni - dall'aprile del '92 all'aprile del '94 - in cui durante i lavori della Camera si parlò per 896 volte di autorizzazioni a procedere. Un po’ come in Lombardia, la regione presieduta da Formigoni: in nove mesi, tra assessori e consiglieri, ha sfornato 10 indagati. Bazzeccole in confronto a quello che è successo in Par- SE SI VOTASSE oggi, afferma il sondaggio, il 35% degli elettori non andrebbe proprio alle urne, e un altro 7,1% sarebbe indeciso se farlo o meno. Quelli che già sanno chi votare sono appena il 38,1% (erano il 58,3% appena un anno fa), contro un 19,8% di “indecisi” - ma solo sul partito sul 43,54% CHI GIUDICA POSITIVA UNA SUA CANDIDATURA lamento: nello stesso periodo, da luglio a oggi, ci sono quattro onorevoli che secondo i giudici dovevano essere arrestati. Invece siedono ancora nelle aule di Montecitorio e palazzo Madama. E per i cittadini che al posto loro non avrebbero avuto speranze di salvezza non è esattamente un paragone rasserenante. Che sia anche questo a far passare agli elettori la voglia di partecipare? C’è chi propone, come il Pd Francesco Sanna, “una class action dei parlamentari onesti contro chi sta devastando la nostra credibilità”. Lui è nella giunta per le immunità del Senato e domani sera alle 20.30 ascolterà la difesa di Sergio De Gregorio, il deputato Pdl per cui la procura In nove mesi, quattro richieste d’arresto, tutte respinte Domani l’arringa di De Gregorio di Napoli ha chiesto i domiciliari. È accusato di truffa e false fatturazioni nell’inchiesta sui fondi all’editoria per l’Avanti di Valter Lavitola: i pm credono che possa fuggire o commettere altri reati, la Giunta mercoledì prossimo valuterà se proporre all’Aula l’autorizzazione all’arresto, al massimo entro metà mese il Parlamento dovrebbe decidere se Sergio De Gregorio merita la custodia cautelare o è solo un perseguitato dalla giustizia. Negli ultimi trent’anni, la prima sorte è toccata solo ad Alfonso Papa, deputato Pdl coinvolto nell’affare P4: finì a Poggioreale il 20 luglio 2011, ci rimase 101 giorni e uscì dai domiciliari alla vigilia di Natale. Un precedente Domenica 22 aprile 2012 Grillo attacca i talk show: un’arma contro il movimento a “fatwa” è arrivata dopo essere apparso a Servizio Pubblico e a Piazza Pulita, giovedì. Tempo 24 ore e Beppe Grillo ha deciso: “I talk show televisivi sono un’arma contro il Movimento 5 Stelle”. I suoi rappresentanti, quindi, devono tenersi alla larga dalle trasmissioni tv: “Sono spazi poco igienici dove chi partecipa viene omologato alle scorie del L LA GRANDE FUGA Sistema. Chi si siede su quella poltroncina, su quella sedia, è alla mercè di conduttori schierati che hanno due obiettivi: lo share e l’obbedienza al partito o allo schieramento di riferimento”. Farsi vedere in tv, quindi, “è un’involuzione del Movimento 5 Stelle, non un passo avanti: per chi non lo sapesse ancora, le televisioni appartengono ai partiti insieme ai giornalisti. Senza alcuna eccezione”. Anche i candidati sindaco scaricano i partiti PER LE SFIDE DEL 6 E 7 MAGGIO LISTE CIVICHE E UOMINI NUOVI di Wanda Marra Illustrazione di Marilena Nardi Alfano annuncia una rivoluzione dopo le elezioni amministrative: il partito di cui fa parte si rifarà il trucco puntando sulla proposta chock di non accettare più il finanziamento pubblico. Inoltre si valuta l’ipotesi, ventilata già negli scorsi mesi, di affiancare una lista civica nazionale al proprio simbolo tradizionale. Alchimie, per l’appunto, che non tengono conto di quello che questa fascia di elettori, delusi e indecisi, mette per iscritto nei sondaggi. Certo, il 33% del campione monitorato dal Cise Luiss, vorrebbe tagliare le spese di funzionamento dello Stato, ma uno su tutti dei provvedimenti portati avanti dall’esecutivo ha il gradimento della maggioranza assoluta degli intervistati, con il 54%: la lotta all’evasione fiscale. Per il partito che ha depenalizzato il falso in bilancio non proprio una buona notizia. re sfide dall’alto valore simbolico e politico (Genova, Palermo e Verona), una campagna elettorale all’insegna dei comizi quotidiani di Beppe Grillo e delle difficoltà dei partiti, il 6 e il 7 maggio 1019 Comuni (tra cui 28 capoluoghi) vanno al voto (ballottaggio fissato per il 20 e il 21), con 9 milioni di elettori coinvolti. Al rinnovo dei consigli comunali per Genova e Palermo si è arrivati dopo primarie che hanno mostrato tutte le difficoltà del centrosinistra. Nel capoluogo ligure il candidato appoggiato dalla coalizione di centrosinistra è Marco Doria, espressione di alcune liste civiche e di Sel. Si è guadagnato la candidatura sbaragliando le due candidate del Pd (Roberta Pinotti e Marta Vincenzi). Adesso i sondaggi lo danno favorito, con il 47 per cento dei consensi, ben 25 punti in più di Enrico Musso, che guida una lista civica sostenuta dal Terzo Polo. A Palermo, il centrosinistra si presenta diviso, dopo la sconfitta di Rita Borsellino, candidata ufficiale di Pd e Sel, battuta da Fabrizio Ferrandelli, consigliere comunale Idv, espulso dal partito proprio per la decisione di correre alle primarie. Dopo le accuse di brogli (e anche quelle di inquinamento del voto da parte di Lombardo e dei suoi), è sceso in campo Leoluca Orlando, al quale però è andato solo l’appoggio di Idv e Rifondazione, mentre il Pd e Sel hanno scelto di sostenere Ferrandelli. I due sono dati in un testa a testa con Massimo Costa, candidato di Pdl, Udc e Grande Sud. Il caso Verona, invece, è emblematico della situazione nel cen- T trodestra: super favorito il Sindaco uscente, Flavio Tosi, appoggiato dalla Lega Nord (e da 7 civiche, tutte col suo nome del simbolo): prima delle dimissioni di Bossi sembrava destinato all’espulsione. Non lo appoggia il Pdl, tant’è vero che i 14 dirigenti cittadini pidiellini che hanno scelto invece di sostener- Genova, Palermo e Verona le prove simbolo All’attacco il ciclone dei grillini lo sono stati sospesi da Alfano. Gli altri capoluoghi di provincia in cui si va al voto sono Alessandria, Asti, Cuneo, Como, Monza, Belluno, Gorizia, La Spezia, Parma, Piacenza, Lucca, Pistoia, Frosinone, Rieti, L’Aquila, Isernia, Brindisi, Lecce, Taranto, Trani, Catanzaro, Agrigento, Trapani, Oristano, Lanusei. La geografia delle alleanze dà il segno della situazione politica generale: ovunque, tranne a Gorizia, Lega e Pdl corrono separati. In 16 capoluoghi di provincia da Nord a Sud resiste la “foto di Vasto”, con l’alleanza Pd, Idv e Sel. Mentre in sei città i Democratici si alleano con l’Udc. A La Spezia, Carrara, Taranto e Trani i centristi si aggiungono alla cosiddetta foto di Vasto. I centristi però in molte città si presentano con il Pdl. Queste amministrative raccontano poi l’entrata in scena a pieno titolo e in grande stile di Beppe Grillo e del suo Movimento 5 stelle. Al 7,5 per cento dai sondaggi, 101 liste su tutto il territorio nazionale, il tour elettorale del comico genovese sta “sbancando” a livello mediatico, con slogan all’insegna dell’anti-partitismo e dell’opposizione dura e pura a Monti. Sia una ventata di antipolitica o no, la sfiducia nella politica “tradizionale” si vede non solo dal dato in ascesa continua di chi a votare pensa di non andare, ma anche da una serie di casi in giro per l’Italia. Ad Alessandria ci sono 16 candidati sindaci e 34 liste. A La Spezia gli aspiranti consiglieri comunali sono 800, in 27 liste con 14 candidati sindaci. A Isernia si presenta tra i 600 consiglieri comunali anche l’ex parroco Don Vincenzo Chiodi (come indipendente del Movimento del Guerriero Sannita). A Como scende in campo l’ex campione del mondo Pietro Vierchwood, nella lista “Il Faro”. Slogan evocativo: “Stop(er) candidarmi”. Hanno fatto un passo indietro invece le porno star: Ilona Staller all’ultimo momento ha deciso di non andare alla conquista di Monza, ma di preservarsi per le politiche. Mentre Amanda Fox a Taranto non è riuscita a raccogliere le 350 firme per candidarsi Era arrivata, infine, a un soffio dalla corsa a Rittana, nel torinese, la lista “Bunga bunga”: è stata ricusata. Sarebbe stato invitato a fare un passo indietro anche Vittorio Sgarbi: il Tribunale di Marsala, dopo che il suo comune di Salemi è stato sciolto per mafia, lo ha dichiarato incandidabie per Cefalù. Ma lui non molla. di Lidia Ravera Il lifting dei vecchi capibranco senza consenso IMPANTANATI NEGLI SCANDALI, bocciati per aver portato il Paese alla miseria, così privi di credibilità da far rispondere un quasi unanime “Sì” alla domanda “vi piacerebbe sciogliere i partiti” (Servizio pubblico,19-4-2012), i “Capibranco della politica” (Curzio Maltese, paragonandoli a vecchi babbuini) continuano, nel disinteresse generale, a rifondarsi, riaggregarsi e ribattezzarsi, sperando che la forma sostituisca i contenuti. Il Pdl, corrotto bollito e sgradito, si chiamerà “Tutti per l’Italia”(minacciosa istigazione a emigrare) o “L’Italia per tutti” (cioè da spolpare in compagnia). La prossima sua multimiliardaria campagna elettorale ci aggredirà su supporto elettronico invece che con obsoleti libricini patinati. Fb, Twitter, Youtube, Flickr e chi più ne ha più ne abusa. Il personale politico verrà ampliato con opportuni innesti simbolici: fra i gli storici cialtroni brilleranno pool di industriali cool come l’inevitabile Montezemolo e professori profumati di montismo-tecnicismo che invece delle orge fanno i think-tank. Accanto ai soliti famigli stipendiati dal capo fiorirà una “lista civica” , che fa tanto radical shock da società civile. “Dobbiamo innovare”, chioccia eccitata la Santanchè. Cambiare pelle. E lei, di lifting, se ne intende. Marco Milanese salvato a settembre Alberto Tedesco graziato a febbraio Nicola Cosentino “libero” da gennaio Sergio De Gregorio si vota a metà maggio che nei palazzi viene rievocato in maniera solenne: ci vorranno altri trent’anni, dicono, prima che risucceda. Prima di Papa, che ora è tornato a sedersi sul suo scranno nella quarta fila dell’emiciclo, era toccato al senatore Pd Alberto Tedesco. Per due volte respinto il suo arresto, chiesto dai pm di Bari che indagano sugli affari della sanità pugliese. I suoi colleghi di scranno hanno detto no prima al carcere e poi ai domiciliari. E ora che la Cassazione ha emesso il suo verdetto definitivo (Tedesco “continua a mantenere relazioni e rapporti con burocrati e funzionari rimasti all’interno dell’amministrazione sanitaria grazie anche al suo rilevante ruolo politico di senatore della Repubblica”) palazzo Madama continua ad aprirgli ogni mattina il portone con tutti gli onori del caso: il Senato si è già pronunciato e, secondo il principio del ‘ne bis in idem’, non lo rifarà più. Non ci esprime due volte sulla stessa cosa. Poi è stata la volta di Marco Milanese, l’ex braccio destro del ministro Giulio Tremonti accusato di corruzione, rivelazione di segreto d'ufficio e associa- zione per delinquere. I pm chiedevano che andasse in carcere da luglio, la Camera lo costrinse a un’estate sulle spine, poi a settembre lo salvò, anche se con soli 7 voti di scarto. Ora anche lui passa giornate serene tra il Transatlantico e la buvette. E poi c’è Nicola Cosentino, che si è concesso perfino il bis. La prima volta a dicembre 2009, la seconda a gennaio 2012, in entrambi i casi per i suoi legami con appartenenti al clan dei Casalesi. Due inchieste diverse, due volte il Parlamento ha deciso di tenerselo stretto. pagina 4 Domenica 22 aprile 2012 Calderoli: “Volevo dare le dimissioni, mi hanno fermato” A SPROFONDO NORD ribadito la sua posizione sul ciclone che si è abbattuto sulla Lega: “Non faccio parte dell’amministrazione e sono contento di non farne parte – ha detto – ma posso garantire che i vertici del partito non sapevano nulla”. E, anzi, ha fatto una strenua difesa del Senatur: “Umberto Bossi lo conosco da 25 anni: ha tolto il pane di bocca ai figli per darlo alla Lega”. Poi uno sguardo al futuro: “Io credo che dopo lo tsunami, a mente più fredda si riuscirà ad avere un’idea della dimensione delle cose e mi sembra che giorno per giorno le cose si stiano ridimensionando. Rispetto ai sondaggi che sono usciti, devo dire che sono anche contento che il danno non sia così esagerato”. Bossi e Maroni sul palco? “Un bel segnale di unità”. ppena saputo del mio coinvolgimento, sono andato dal presidente a dare le dimissioni, ma Bossi mi ha detto ‘tu resti lì’. Dopo due giorni, mi sono recato da Maroni e dalla Dal Lago: mi hanno mandato a quel paese e preso a male parole, aggiungendo ‘tu devi continuare’ ”. Parola di Roberto Calderoli, che ieri a Jesolo ha Bossi e Maroni ieri al comizio a Besozzo (Varese) (FOTO ANSA) BOSSI E BOBO: LA VERA SFIDA È NEI 408 COMUNI Il Senatur: “Maroni è il bene della Lega”. Ma è solo un armistizio in vista della resa dei conti stra. “Nulla di strano”, garantisce lui, che però si trova come sfidante l’ex alleato del Pdl, Antonio Marcantonio. A Legnano è dovuto intervenire Matteo Salvini (eurodeputato del Carroccio, consigliere comunale di Milano nonché possibile futuro segretario lombardo della Lega) per sostenere il candidato sindaco Gianbattista Fratus. “Legnano si deve fidare della Lega, Pd e Pdl sono una minestra scaduta” ha sparato Salvini, che appena un anno prima sosteneva Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia. E del resto, come ripetevano i leghisti riferendosi a Berlusconi, “dopo tre anni l’alleato puzza”. Ma certo per il Carroccio trovarsi contro il Pdl non è cosa semplice. L’unica città in cui il candidato sindaco leghista può dormire sonni tranquilli è Verona. Qui, Flavio Tosi cerca la conferma ma non ripeterà il successo di cinque anni quando al primo turno raggiunse il 60,7%. L’uomo è da record: la sua lista prese il 22%, addirittura più dell’allora alleata Forza Italia (20%) e della Lega (16%). Quest’anno la situazione è ben più complessa. Ha come avversario Luigi Castelletti, sostenuto dal Pdl, Fli e Udc. Inoltre ha dovuto subire un braccio di ferro con Bossi che non voleva concedergli la possibilità di presentare le liste con il suo nome. Infine ha dovuto scoprire che il Pdl fa l’avversario duro, tanto che Angelino Alfano ha cacciato dal partito 12 esponenti che avevano deciso di sostenere e cordi Davide Vecchi o voglio il bene della Lega e oggi il bene della Lega è Maroni”. Bossi sorprende ancora e arriva fino a Besozzo, alle porte di Varese, per consegnare l’armistizio a Roberto Maroni. Il patto del “risotto verde”, così battezzato dal sindaco del paese Fabio Rizzi, è stato condito dall’ex tesoriere, Francesco Belsito, costretto a bonificare il campo di guerra: “Non mi risulta” alcun dossier sull’ex titolare del Viminale. Oplà: la verità di Belsito è durata appena tre giorni ma, di fatto, già quando era stata pubblicata da Panorama venerdì, appariva poco credibile che Maroni fosse stato “attenzionato” da investigatori privati al soldo di Belsito. Era però bastato a scatenare i Barbari Sognanti sul fronte finale della guerra interna al Carroccio: sposdestare definitivamente Umberto Bossi. Perché lui, a dire di Belsito, era al corrente del presunto dossieraggio. Così Maroni, da giovedì, ha abbassato l’elmetto ed evitato il confronto con Bossi. Non è bastato vedere il Senatùr ripetere per tre giorni che non ne sapeva nulla. Maroni, come con la pulizia interna, ha optato per la fermezza. Anche con l’amico Umberto, il Capo. Che ieri ha ceduto e si è presentato a un comizio del segretario in pectore. E dopo essersi cosparso ancora una volta il capo di cenere davanti ai militanti (ripetendo anche di aver commesso un errore a far entrare nel partito i figli), ha investito definitivamente Maroni. “Al congresso federale io voto per il bene della Lega, e Maroni è il bene della Lega”. Poi confida a un cronista del fattoquotidiano.it: “Se rompo con Bobo il partito si spacca”. I Da Monza a Cantù passando per Verona: in gioco i nuovi poteri. E Belsito fa retromarcia sui dossier rere con Tosi. Fin qui i problemi sono di stretta osservanza politica. In altri comuni invece potrebbero farsi sentire le conseguenze delle indagini sulla gestione allegra dei fondi del partito da parte di Belsito. Un caso su tutti: Erba, dove la candida è Erica Rivolta. La deputata considerata maroniana della prima ora che, intercettata al telefono con Lubiana Restaini, lasciava capire che Maroni fosse al corrente di quanto l’ex tesoriere combinava con i fondi della Lega. “No, no, al telefono non dico niente”. INSOMMA se un terremoto c’è stato rischia di rivelarsi una scossa leggera rispetto a quello che potrebbe colpire la Lega alle amministrative. Le rassicurazioni di Belsito sembrano inutili, più possibilità può avere l’armistizio tra Bossi e Bobo che adesso eviteranno di partecipare a comizi separati e si mostreranno uniti. Per due settimane. “La Lega è l’unico punto fermo, gli altri sono un casino”, Maroni docet. LECCALECCA Italo, la pubblicità che non si paga QUELLA di Luca Cordero di Montezemolo è un’impresa senza precedenti: il treno Italo non ha bisogno di comprare paginate di pubblicità sui quotidiani, basta invitare i giornalisti a bordo e allestire una panca di tramezzini e dolcetti. E la promozione viene ancora meglio. Scrive il Corriere (ma potrebbe essere l’ufficio comunicazione di Ntv): “Non sale, per ora, sul treno della politica ma su quello che ha lanciato insieme a Diego Della Valle e soci. Montezemolo, circondato dallo staff e assediato da 300 giornalisti, si imbarca su Italo per il primo viaggio inaugurale. Roma-Napoli in meno di un’ora, un treno molto bello (poltrone di pelle Frau anche in seconda-Smart), silenzioso e attaccato al terreno grazie alla originale trazione sui carrelli Alstom. Montezemolo, come fa quando presenta l’ultimo modello della Ferrari, va nei dettagli e mostra le grandi vetrate progettate apposta per vedere la ‘bella Italia’ ”. La Stampa intervista un macchinista: “L’adrenalina dei 300 all’ora”. E spiega, entusiasta: “Il treno arriva puntualissimo”. Come la pubblicità non a pagamento. Il governatore lombardo è a “meditare”:“Ho l’adrenalina alle stelle”. Sotto le insegne di Rimini carovana bipartisan Roberto Formigoni sul palco del Meeting di Rimini (FOTO ANSA) UN ARMISTIZIO. Da tempo necessario, forse tardivo: perché tra appena due settimane ci sono le amministrative. E la Lega al Nord, dopo aver perso l’alleanza con il Pdl, si presenta da sola in 408 comuni e rischia di perderne molti. In Lombardia, tra le 122 amministrazioni al rinnovo, 22 sono guidate dal Carroccio. Si vota a Como e Monza, Cantù, Legnano e Cassano Magnano, paese che ha dato i natali al Senatùr. Tra queste la più importante è Monza dove, il sindaco leghista uscente, Marco Mariani, cerca la riconferma. La speranza è il ballottaggio, impossibile passare al primo turno come cinque anni fa quando conquistò il 53,5%. Anche perché la coalizione che lo sosteneva non esiste più: Lega, Forza Italia, Alleanza Nazionale, Udc e altre liste. Inoltre a spingere fu il partito di Berlusconi che portò in dote il 29,1% dei voti, 8,7% la Lega. Altra città delicata è Cantù. Qui Bossi ha imposto la candidatura del deputato Nicola Molteni. Giovane, preparato, bravo ma costretto a un’alleanza acrobata con La De- COMUNIONE E LIBERAZIONE Politica, affari ed esercizi spirituali: i tronisti del Meeting di Cl di Silvia Truzzi Milano fosse una delle CClhelola politica già Don Giusstrade maestre del movimento di predicava sani. Che forse però non ne aveva previsto la deriva a 5 stelle di yacht, aragoste e consulenze a troppi zeri che l’affaire Formigoni sta scoperchiando. Il governatore lombardo sta partecipando agli annuali esercizi spirituali di Comunione e Liberazione a Rimini, forse per cercare di ricordarsi delle ricevute delle vacanze extralusso alle Antille: “C’è un attacco politico e mediatico senza fondamento, quando ti tirano vagonate di fango ti sale l’adrenalina”. Rimini è Rimini, la passione tra Cl e la politica è un tratto che accomuna deputati, senatori e ministri di destra e sinistra che agitano la foglia di fico degli universali valori cristiani. Del resto, ai funerali del fondatore, nel 2005, si presentò mezzo parlamento: Berlusconi, Bersani, Mastella, Casini, Pera, Letta jr. Palco d’onore di questi reciproci corteggiamenti, il Meeting di Rimini. Un posto dove Dio e Mammona si danno affettuosamente la mano, davanti a un passeggio misto di famiglie con prole numerosa al seguito e uomini d’affari con occhiali scuri e affamati portafogli. Basta dare uno sguardo alla sezione “il Meeting e la politica” sul sito ufficiale: quasi nessuno s’è sottratto all’evangelica passerella. A partire, naturalmen- te, dagli storici leader della Dc: Forlani, Fanfani, Rognoni, Goria, Gava e molti altri negli anni 80-90, Giulio Andreotti nel 2006. Negli anni della Seconda Repubblica, all’appello non manca nessuno. Certo non il generoso Berlusconi, i cui rapporti con Cl risalgono alla fine degli anni ‘70 quando il cavaliere rampante finanziò il settimanale d’area “Il sabato”. Il periodo coincide con la fase piduista di B, ma agli ecumenici ciellini la circostanza non dava fastidio. Al Meeting fu invitato quattro volte: nell’87, nel 2000 e nel 2006 da capo dell’opposizione e nel 2002 con le effigie di presidente del Consiglio. Nessuna meraviglia: don Giussani l’aveva benedetto e investito con un imprimatur importante: “L’uomo della provvidenza”. E infatti, all’alba del nuovo millennio, folle di ciellini accolgono entusiaste B, tanto che l’Ansa batte un lancio intitolato “Berlusconi conquista Cl”, al netto dei consueti insulti alla magistratura che animano il discorso. Ma i guai giudiziari non sono mai stati pregiudiziali per i ciellini: invitarono anche Totò Cuffaro nel 2006, presidente della Regione Sicilia (allora imputato per mafia). Con la Lega, che in questi giorni condivide con Cl le grane giudiziarie, i rapporti sono più tempestosi. Il primo Bossi, quello dell’era rivoluzionaria, disse nel 1996: “Dovremo stare molto attenti a come si muovono questi sporcaccioni”. Poi le cose si appianarono e nel 2009, a Rimini sfilano Calderoli, Tosi, Zaia e Cota. Cl appoggerà i candidati padani alle Regionali del marzo successivo. Cota e Zaia restituiranno il favore - come ricorda Ferruccio Pinotti in “La lobby di Dio” - con dichiarazioni pubbliche contro la pillola abortiva. E i compagni? I ciellini non hanno mai amato i comunisti, ma dopo le mille svolte democratiche ci hanno un po’ ripensato. Tant’è che Bersani è stato ospite assiduo della kermesse agostana: da governatore dell’Emilia Romagna, da ministro dell’Industria e da capo dell’opposizione. Una volta fu invitato perfino alla conferenza stampa di presentazione a Roma, in qualità di testimonial: “Il Meeting è l’occasione per tornare a casa con qualcosa di nuovo a cui pensare”. Tipo gli affari delle coop rosse, sempre presenti al PalaFiera con imponenti stand, per nulla infastidite (anzi) dai vicini della Compagnia delle opere, con cui spartiscono gli affari del Nord. Nel 2003 Bersani e Letta si aggregarono a Lupi, Alfano e Volonté dell’Udc, formando l’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, l’abracadabra del “modello Formigoni”. E nel 2009, mentre incombevano le primarie per la segreteria del Pd, Bersani si fece un lungo giro di padiglioni ciellini, sorrisi e strette di mano per una giornata di campagna elettorale extra-territoriale. Lo accolse il compagno di intergruppo Lupi: “Ecco il mio candidato”. Ma siccome il Meeting è uno dei luoghi delle grandi decisioni, ci sono sempre andati più che volentieri anche i tecnici governativi. Mario Monti, come commissario europeo, soprattutto Corrado Passera, negli anni di Intesa era un habitué. Vedremo se quest’anno (il tema è il rapporto con l’infinito) si concederanno di nuovo. Domenica 22 aprile 2012 pagina 5 Master sulla gestione del post-sisma: in cattedra Bertolaso P A SBAFO capo della Protezione civile indagato all’Aquila per omicidio colposo plurimo. Per la verità, il consiglio dell’ateneo pavese s’era spaccato in due sull’ipotesi di assegnare la cattedra a Bertolaso, ma alla fine l’ok è arrivato. Non fosse altro perché a organizzare il corso c’è l’ex braccio destro di Superguido, cioè quel Gian Michele Calvi indagato sempre all’Aquila per lo stesso reato in quanto membro della Commissione Grandi Rischi che tranquillizzò gli aquilani a poche ore dal terremoto. In più, Calvi è stato indagato per frode nel progetto Case: gli isolatori utilizzati sotto la sua direzione lavori sarebbero poco antisismici secondo i magistrati. Bertolaso&Calvi, The Great Team. Ch. Pa. ost-Earthquake Management: A Case Study. Lecteur: Guido Bertolaso”. Si rivolge anche agli stranieri il master di secondo livello offerto a Pavia dall’Istituto Universitario di Studi Superiori (un super ateneo tipo Normale di Pisa). E per dare lezione su come si gestisce un terremoto hanno ben pensato di chiamare proprio l’ex DA LUSI A FORMIGONI di Luca Telese C’ è un’immaginario supercafone che è diventato, inchiesta dopo inchiesta, il retroterra morale (più spesso immorale) della politica italiana, il punto di arrivo delle sue aspirazioni, dei suoi desideri. Per quanto possa sembrare strano, c’è un unico filo che unisce il Kooly Noody di Pier Mosca e il resort dell’ex sottosegretario Carlo Maliconico, le Antille di Roberto Formigoni, il Suv in leasing del figlio di Umberto Bossi e la Porsche slovacca di Massimo Calearo, la vasca da bagno piena di cozze pelose, il patetico mercatino dei diplomini e delle lauree, i diamanti e i lingotti, il giochino delle regalie anemoni che solo un anno fa fecero la fortuna del leader spirituale della Cricca e che oggi sono diventate un sistema di pensiero. C’è un minimo comune denominatore – insomma che unisce tutte le storie di piccola e grande oscenità pubblica di questi tempi, le regalìe, le sconocchiatine, i massaggi, e i favoretti munifici distribuiti o bramati come status symbol. La prima cosa che colpisce è l’assoluta trasversalità della febbre supercafona. Dirigenti giovani e meno giovani, deputati e governatori, sindaci e capi di partito, leader o trote, tutti sembrano uniformati ad un comune imperativo, ad un gusto kitch, a un bisogno di gratuità. Anche le differenze ideali sembrano essere fagocitata da questo pensiero omologante: cadono ugualmente, nella grande febbre supercafona, dirigenti di sinistra o di destra, di centro, di sistema o di antisistema. Impunemente a pancia piena Questo pensiero unico supercafonista, poi, è una sottocultura che si aggiunge ad un’altra sottocultura: quella dello scrocconaggio. Si è fatta strada in molti leader della presunta classe dirigente che in questi anni ha governato l’Italia un pensiero di impunità. A loro è tutto è dovuto, a loro tutto deve essere pagato, a loro il kitch deve essere riconosciuto come un diritto. E infine c’è un altro male inconfessabile della politica. Un sentimento che le cronache giudiziarie non raccontano, e che anche quelle politiche di solito ignorano, ma che è sempre di più un nuovo morbo che avvelena la politica: la taccagneria. Dietro a questa vulnerabilità alle lu- Tra caviale, Suv e Antille: la casta dei Supercafoni Narcisi, taccagni, scrocconi: una “classe dirigente” esibizionista, debole e ricattabile Il conto alla Margherita Cene con caviale, ma anche viaggi e altri lussi: tanto Lusi scaricava sul partito (FOTO OLYCOM - LAPRESSE) casa, Renzo Bossi intasca i soldi del rimborsino senza chiedersi come arrivano, i beni privati di Rosi Mauro si confondono osmoticamente con quelli della Lega e quelli del Simpa, Lusi se la gode con spaghetti al caviale da 180 euro in conto alla Margherita, a Calearo preme far sapere che ha bisogno dello stipendio parlamentare per pagare il suo mutuo privato, e che la sua Porsche elude le tasse e non le evade. Dopo Moro, il Trota Al futuro antropologo che studierà questo basso impero importa poco chi ha pagato la Porsche, ma piuttosto capire perché il gusto di questa pseudoclasse dirigente si è ridotto alla venerazione del lusso, delle vacanze negli atolli, perché è diventato così supercafone e conformista. Si dirà. Ma i politici rubavano anche ieri, e rubavano sempre. È vero. Ma il supercafonismo ci impone di scoprire perché i politici cadono in tentazione oggi. Severino Citaristi violava la legge sul finanziamento non per se ma per il partito a cui aveva consacrato la sua vita, e questo – anche se socialmente non meno grave – è sicuramente molto diverso. I politici di ieri pagavano tangenti per sostenere un’idea di sviluppo sbagliata, ma avevano costruito autostrade, opere pubbliche e spesso modernizzazione e benessere, i politici di oggi sembrano tardo-adolescenti privi di bussola, assolutamente centrati solo sulla gratificazione del proprio narcisismo. Infine, sotto la scorza dell’Italia supercafona, sotto il maglioncino a girocollo di Bertolaso & dei suoi simili c’è una cultura del leaderismo che è direttamente figlia di quel narcisismo splendidamente ritratto da Carla Vites. Sono tutti bambini, questi leader, sono tutti ugualmente viziati, sono tutti ugualmente narcisi, e per questo terribilmente vunerabili. Anche senza santificarlo, Aldo Moro era forse vulnerabile all’idea del potere, Enrico Berlinguer era di certo attratto da un’idea di assoluto, Amintore Fanfani – solo per fare dei nomi a caso – aveva sicuramente il senso e la vertigine della propria figura, ma nessuno di questi leader avrebbe considerato meno che indecente l’idea di venire stipendiati, mantenuti, omaggiati, con soldi pubblici o privati. Quei leader leggevano libri, studiavano problemi, producevano grandi sintesi politiche, gestivano i loro partiti come ordini monastici, destinati a formare classe dirigente. Questi leader sono tutti arrotolati sul proprio ombelico, non leggono più, non studiano, non costruiscono futuro, vivono prigionieri dei propri staff e delle proprie auto blindate. La classe dirigente supercafona, chiusa in questa autoreferenzialità fa pena. Ed ecco perché questo ossessivo bisogno della gratificazione effimera del lusso, è figlia, soprattutto di una miseria culturale e di una sterilità politica. Yacht e resort: vacanze celesti Roberto Formigoni è finito nella bufera per la vacanza pagata dal faccendiere Daccò (FOTO OLYCOM) Rosi e Piermosca: due cuori e una veranda La Mauro e il suo caposcorta hanno due mansarde attigue in Sardegna: il golfo di Arzachena è a cento metri (FOTO OLYCOM) I Bossi Brothers Renzo e Riccardo: Suv, Bmw e altre auto nelle loro disponibilità: tanto paga il partito di papà (FOTO ANSA) singhe e alla cultura del regaletto, infatti, si nasconde l’idea disperata che il politico italiano ha di se in questi tempi. Servono soldi, tanti soldi, e non si può cedere nemmeno un nichelino, perché il conto in banca è l’unica cosa che ti salverà quando dovrai combattere nel partito e fuori. Ieri intere paginate dei quotidiani erano occupate dalla lenzuolata epistolare di Roberto Formigoni. Una lettera apparentemente scritta con il capo cosparso di cenere, una lettera che vorrebbe essere sincera, e che probabilmente crede di esserlo. Formigoni, per esempio, spiega che lui ha perso le ricevute delle Antille, perché è preoccupato anche di difendersi giudiziariamente. A-sua-insaputismo: la sindrome E così non spiega il perché di quella voglia di esotismo, quella leggerezza (stando alla sua ricostruzione) nel farsi anticipare soldi da altri: “C’è una legge che fa obligo di tenere gli scontrini dei viaggi se questi viaggi non sono per lavoro?”. Scrive a Carla Vites, la sua compagna di Cl, moglie di uno dei suoi migliori amici, che lo ha infilzato dipingendo, in una lettera aperta, il pericolosissimo ritratto di un narciso anche onesto, ma terribilmente vulnerabile nel suo narcisismo. La Vites raccontava delle migliaia di euro spesi dall’imprenditore-amico Daccò per organizzare un tour di ristoranti di alto rango. Formigoni risponde con una affettuosa e carognesca chiamata di correo: “C’eri talvolta anche tu in quelle vacanze al mare e in quelle cene, lo sai”. Il politico preso dalla febbre supercafona, insomma, prova a difendersi opponendo lo scudo dell’inconsapevolezza, e quello dell’a-sua-insaputismo. Scajola non sapeva che l’imprenditore e architetto gli stavano pagando la IL SINDACO FURBETTO Consulenze, cene e multe: “Tanto alziamo le tariffe dell’acqua” di Chiara Paolin la sua biografia (compilata dalla Digos), si capisce S correndo haGiorgio D’Ambrosio non èdiventare un politico Per subito che un uomo fortunato. tutta la vita avuto un solo obiettivo: importante. Classe 1957, iniziò da impiegato al Comune di Pescara e già a 28 anni ebbe la prima denuncia per peculato, falsità ideologica e truffa aggravata. Da allora i carabinieri di Pianella, il paesino di cui D’Ambrosio è - spesso - sindaco, sono andati parecchie volte a denunciarlo o arrestarlo (sette volte in dieci anni), ma ciò non ha turbato la sua carriera. Segretario provinciale del Ppi, poi consigliere regionale, nel 2006 trionfa: capo della Margherita abruzzese e deputato (ricandidato nel 2008 al Senato col Pd perse di poco). E, soprattutto, presidente dell’Ato4 Pescara dal 2003 al 2007, un sacco di soldi e rapporti da maneggiare per l’ente che gestisce le acque potabili e reflue. Appena nominato organizzò il primo e unico concorso pubblico dell'ente: tre candidati per tre posizioni. Dopodiché, tutte assunzioni a chiamata diretta per gente cui magari difettava qualche titolo formale. Come Vincenzo Di Giamberardino, l’uomo più devoto, scelto co- me coordinatore dell’ufficio di presidenza Ato nonostante vantasse la terza media. “L'impiegato non lo puoi fare con la terza media, manco l'usciere puoi fare - ammetteva una segretaria intercettata con D’Ambrosio -. Se poi vogliamo dire che la terza media l'avrà presa in cinque, sei anni, potete dire che ha fatto come un diploma, sì, perché l'ha presa in dieci anni, ma sempre terza media è”. Oltretutto Di Giamberardino, per essere stabilizzato, dichiarò di essersi diplomato “presso l’Irish School di Francavilla”. La scuola, interpellata, smentì. Più furbo D’Ambrosio, che per conquistarsi una laurea chiese aiuto al professor Luigi Panzone dell’università di Pescara, finito pure lui sotto inchiesta. Titolo della tesi: “ ‘Il finanziamento degli Enti Locali. Profili tradizionali e innovativi’. A forza di innovare, per D’Ambrosio e Di Giamberardino è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per truffa, peculato e falso. L’accusa è di aver sprecato i soldi dell’Ato in consulenze agli amici nonché in viaggi con l'autista (inclusi 2.300 euro di multe), cene e “rappresentanza”. Una gestione tanto spavalda da costringere l’ente all’aumento delle tariffe. "Sai quanta gente ci accontentiamo con i fondi che si recupereranno?" si sfregava le mani D’Ambrosio. Tra le carte d’indagine c’è una foto scattata negli uffici Ato in cui si vede il santino elettorale di D’Ambrosio appiccicato a un poster della Madonna: a fare i miracoli ci dovevano pensare loro due, per tutti. pagina 6 La Cgia: le manovre del governo ci costano 87 miliardi Pareggio di bilancio L’obiettivo mancato nel 2013 Europa aveva imposto il vincolo a Berlusconi, Monti si era impegnato a rispettarlo ma non ce la farà: nel migliore dei casi il deficit nel 2013 sarà dello 0,5 per cento, sempre che si riescano a ottenere i risparmi di spesa previsti. S FISCHI PER FIASCHI ha fatti la Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti dei provvedimenti del Governo Monti: ovvero, il “salva Italia” e la legge sul mercato del lavoro che , probabilmente, sarà approvato entro la fine dell’estate. “Nel salva Italia - spiega Giuseppe Bertolussi, segretario della Cgia - l’effetto della manovra è costituito per l’81,3% da nuove entrate e solo il 18,7% da tagli alla spesa. Se poi - prosegue Bortolussi- alle misure di Monti aggiungiamo quelle introdotte l’estate scorsa dal Governo Berlusconi, nel triennio 2012/2014 il peso fiscale medio in capo a ciascuna famiglia italiana sarà pari a 8.200 euro circa. Ad oggi -conclude Bortolussi- le famiglie italiane non hanno ancora subito nessun serio contraccolpo economico, in quanto hanno pagato poco più di 500/600 euro (il 7% del totale). La mazzata arriverà verso la fine di quest’anno“. e a ottobre il governo aumenterà l’Iva, nel 2012 i contribuenti italiani pagheranno 19,9 miliardi di tasse in più rispetto al 2011. Nel 2013 si ritroveranno con un maggiore aggravio di 32,5 miliardi. Tra due anni il peso delle nuove imposte sarà di 34,8 miliardi. Risultato? Salvo novità, nel triennio 2012/2014 il raggiungimento del pareggio di bilancio costerà a tutti noi 87,3 miliardi di tasse in più. I conti li Esodati Scaricabarile del ministero Fondo taglia-tasse Lotta all’evasione senza rimborso Spending Review Nessun tesoretto dagli sprechi L’ P rima la Fornero annuncia che un sussidio, poi a un decreto, poi che è quasi tutto a posto perché ci sono 65mila “salvaguardati”, gli altri potrebbero anche tornare in azienda. Ma i lavoratori nel limbo in attesa della pensione restano scoperti. I ministri ci provano a ogni Consiglio dei ministri. Ma Monti poi si oppone: non è il momento per destinare parte dei proventi della lotta all’evasione a ridurre le imposte, con un fondo previsto (ma mai usato) dal governo precedente. I l ministro Giarda aveva promesso di analizzare il bilancio pubblico e scovare ogni spreco. Ma prima ancora di presentare le misure, già avverte che non ci saranno abbastanza risorse per ridurre le tasse. Soltanto sobri annunci, tutti i bluff di Monti DAGLI ESODATI AI TAGLI DI SPESA PROMESSE FINTE, TASSE VERE di Stefano Feltri L’ ultimo caso è quello del ministro Elsa Fornero: in teoria dovrebbe essere intenta a cercare risorse nel bilancio pubblico per salvare gli “esodati” da anni di indigenza tra lavoro e pensione, nel concreto si è limitata a suggerire alle aziende di riprenderseli, parlando di “nuove opportunità occupazionali”. Ma a misurare la distanza tra le promesse del governo Monti e la loro attuazione c’è soprattutto il negoziato partito a Roma tra Comune e la lobby dei tassisti: i conducenti non soltanto hanno evitato l’aumento delle licenze, protestando contro la legge che impone loro di garantire il servizio pubblico, ma stanno addirittura strappando un aumento delle tariffe del 20 per cento, hanno schivato perfino la ricevuta obbligatoria, già votata dal Comune di Roma e mai applicata. Non stupisce certo che le liberalizzazioni nel decreto dei tecnici siano state presentate come un miracolo da +11 per cento del Pil (nel lungo periodo) e ora, per lo stesso governo, valgano meno dello 0,3 annuo. Il pareggio mancato La divergenza maggiore tra promesse e risultati è proprio nel dominio di Monti, il bilancio: “Non è questo governo che ha sottoscritto l'obiettivo del pa- CASA Altra tassa per le opere dei Comuni né madre, nessuno la conosce in realtà, N on ha padre,Repubblica, responsabile“scopere,ta” ieri dal non esiste. E’ la cosiddetta “Imu bis” quotidiano la di una possibile nuova stangata sui proprietari di case italiane. E’ vero? Sì e no. L’Imu bis, in realtà, è una tassa di scopo che esiste dal 2007: se la inventò il governo Prodi per dare qualche margine di manovra ai sindaci. Volete restaurare beni artistici, fare un parcheggio o un parco? Potete, previo accordo dello Stato centrale, trovare il 30% di quanto vi serve aumentando l’aliquota Ici (che allora pesava anche sulla prima casa) per cinque anni. Un po’ la farraginosità dell’accordo, un po’ che alla gente non piacciono le tasse e un po’ che la legge diceva che se non rispettavi i programmi, dopo due anni dovevi restituire i soldi ai cittadini, sono solo un paio di decine i Comuni che hanno utilizzato la tassa di scopo. Poi, quando Calderoli scrisse il decreto sul federalismo municipale inventandosi l’Imu (marzo 2011), ritoccò la norma (nel frattempo sulle prime case non si pagava più): potete finanziare il 100% dell’opera tassando i cittadini per dieci anni. Nei mesi successivi, però, PdL e Lega si dimenticarono di fare il decreto attuativo e ora, nel dl Semplificazioni fiscali all’esame del Senato, si prevede semplicemente che i sindaci possano procedere senza autorizzazioni preventive da Roma. Una modifica introdotta alla Camera anche per volere dell’Anci. Il tributo, ovviamente, se applicato peserà sulla prima casa, perché la prima casa quest’anno è tornata nel mirino del fisco. L’Imu bis, insomma, non esiste: solo che, al di là della corretta smentita di Mario Monti, tutti adesso fanno finta di non saperne niente e di essere contrari. Il centrosinistra che la scrisse, il centrodestra che la rese quella che è, i sindaci che hanno chiesto di modificarla. Comunque, se tutti sono contrari non c’è problema: non verrà applicata. Marco Palombi reggio di bilancio nel 2013”, ha ribadito più volte il premier, pur impegnandosi a rispettare la gabbia imposta a suo tempo da Bruxelles alla demagogia contabile di Silvio Berlusconi. Soltanto pochi giorni fa Monti ha annunciato le stime ufficiali del governo, nel Documento di economia e finanza: il deficit nel 2012 sarà lo 0,5 per cento, se la recessione si aggrava può diventare almeno 0,8. Una distanza consistente, di quasi 15 miliardi, dal deficit zero promesso ad Europa e mercati. Certo, dal Tesoro ribadiscono sempre che quello che conta è l’avanzo primario, il risparmio dello Stato che erode automaticamente il debito e che dovrebbe permettere all’Italia di rispettare i vincoli europei sulla riduzione dell’indebitamento (un ventesimo all’anno per la parte che eccede il 60 per cento del Pil) dal 2015. Ma questo virtuosismo si fonda su una disciplina di bilancio che finora l’Italia non ha mai saputo rispettare nell’intera storia Repubblicana. E se i mercati non hanno attaccato di nuovo i tito- li di debito italiani (lo spread è “solo” a 400), si deve alla maggior credibilità di Mario Monti rispetto a quella di Berlusconi più che ai numeri: il rapporto tra debito e Pil nel 2012 sarà al 123,4 per cento, quattro punti più di quanto previsto un anno fa. E soprattutto in crescita, invece che calante. Le tasse e gli evasori Il premier tende a non scendere mai in dettagli, quando si parla di tasse, preferisce parlare di “sacrifici”. Ma ogni timore di batosta si sta realizzando: dall’Imu, necessaria per rimediare all’abolizione dell’Ici, alla carbon tax, un salasso previsto dalla delega fiscale in discussione che potrebbe far salire il prezzo della benzina ben sopra i due euro. Perfino lLa riforma del lavoro, a sorpresa, costerà 1,8 miliardi pagati da tasse sui biglietti aerei e taglio ai bonus fiscali per le auto e le case dei professionisti. E il nobile proposito di migliorare le abitudini alimentari per ridurre i costi a carico del servizio sanitario si traduce in un nuovo balzello, sullo junk food, i cibi spazzatura, come an- nunciato dal ministro della Salute Renato Balduzzi. Ogni mese qualche ministro lascia filtrare ai giornali amici, che prontamente rilanciano, l’arrivo di un fondo “taglia tasse”, che dovrebbe restituire ai contribuenti onesti l’incasso dalla lotta all’evasione fiscale. Ma Monti deve sempre smentire. Anche ie- ri, dal salone del mobile di Milano, ha ribadito che “non ci sono margini per una deroga al rigore”. Qualche flessibilità, o deroga, però c’è: la tassa sugli evasori protetti dallo scudo del 2009, più volte citata dal premier come prova dell’equità dei sacrifici, non funziona e continua a slittare. Se ne riparla a luglio, forse, visto che sembra più complicato del previsto superare il muro dell’anonimato. La spesa non si tocca Il ministro Piero Giarda sta lavorando alla spending review, annunciata da Monti fin dal suo discorso di insediamento in Senato, il 17 novembre, come alternativa razionale ai “tagli lineari” (riduzioni in percentuale) che praticava Giulio Tremonti. Ma pochi giorni fa, alla Stampa, Giarda ha chiarito che “dalla spending review non c’è da attendersi nessun tesoretto da destinare a una riduzione delle tasse”. Non è quindi molto chiaro perché allora il ministro ci stia lavorando tanto. Eppure i soldi servirebbero, non solo per le tasse ma anche per pagare le imprese creditrici verso la pub- Agcom, la preda per controllare le tv SENZA CAMBIARE IL MECCANISMO DEI VOTI, I BERLUSCONIANI AVRANNO LA MAGGIORANZA di Carlo Tecce rabbia di Mediaset L aneledel beauty contest,contro l'aboliziola gara gratuita per frequenze televisive, si è raffreddata quando il presidente Fedele Confalonieri ha fatto il ragionamento più semplice: “Aspettiamo le regole che scriverà l'Autorità di garanzia, poi decideremo se partecipare”. Non fa una piaga. Perché il futuro televisivo dipende proprio dall'Agcom, che entro maggio dovrà rinnovare i vertici. I numeri dei commissari si dimezza rispetto al passato, ne restano quattro che verranno eletti da Camera e Senato (due ciascuno), mentre il presidente sarà indicato dal governo. Meno poltrone non vuol Il Pd si divide sui candidati da sostenere: D’Alema vuole Decina, Gentiloni tifa Sassano dire meno potere dei berlusconiani che da anni, prima che Giancarlo Innocenzi fosse costretto a lasciare per l'inchiesta di Trani e le trame per chiudere Annozero, controllano un'Autorità imparziale per definizione. Non sarà neppure necessario puntare al bersaglio grosso, al presidente: al Pdl non dispiacerebbe Antonio Catricalà, attualmente sottosegretario a palazzo Chigi e unico candidato. I berlusconiani sperano di sfruttare la maggioranza relativa al Senato, dove il Pdl è il primo partito, e riuscire a piazzare due commissari confermando il fidatissimo Antonio Martusciello, già fondatore di Forza Italia. Siccome il meccanismo di votazione potrebbe favorire la destra, il se- natore Luigi Zanda (Pd) aveva presentato in commissione un emendamento al decreto “Salva Italia”, ma durante la spedizione all'estero di Monti – e anche per il contributo di Catricalà – la modifica fu respinta. E il rischio è intatto. Non aiutano nemmeno le spaccature del Partito democratico, che dovrebbe esprimere un candidato, ma che non trova una sintesi fra i tanti contrasti interni. Massimo D'Alema spinge per Maurizio Decina, docente di Telecomunicazioni al Politecnico di Milano; l'area vicina all'ex ministro Paolo Gentiloni sostiene il professore Antonio Sassano (Università la Sapienza), senza considerare le alternative politiche di Roberto Zaccaria (ex presidente Rai) e Carlo Rognoni (ex Cda di viale Mazzini). E l'Udc aspetta serenamente di formulare un nome per il posto riservato ai casiniani. Per l’ennesima lottizzazione mancano soltanto i leghisti, mutilati fra lingotti d’oro e diamanti purissimi. Domenica 22 aprile 2012 Blitz della finanza a Como: irregolari più della metà degli esercizi commerciali opo le più famose località turistiche tocca alla provincia di Como essere passata al setaccio dalla Guardia di Finanza che all'alba di ieri ha fatto scattare una vasta caccia all'evasore. Risultato: oltre la metà degli esercizi controllati non era in regola. Su 58 tra attività commerciali ed esercizi pubblici controllati dalle fiamme D FISCHI PER FIASCHI gialle di Como, difatti, sono ben 32 le violazioni contestate per la mancata o irregolare emissione degli scontrini fiscali, mentre sul fronte dell'abusivismo commerciale e della contraffazione sono stati sequestrati 150 accessori per abbigliamento ed è stata denunciata una persona. Sempre la finanza, a Viterbo, a fermato un settantenne pluri-pregiudicato. Nell’auto aveva titoli di Stato e certificati di deposito di oro per un valore di quasi 4 miliardi di euro. Più nel dettaglio: titoli di credito di Stato americani per un valore nominale di circa 1,5 miliardi di dollari e certificati di deposito per mille tonnellate d’oro per un controvalore di oltre 3 miliardi euro. UOVA SUL LAVORO DELLA FORNERO Il ministro contestato a Torino di Stefano Caselli Torino blica amministrazione: da Bruxelles, lato Commissione europea, guardano con un certo sospetto i tentativi dell’Italia di tenere fuori bilancio i debiti commerciali, per migliorare le statistiche mentre le aziende muoiono. Il ministro Corrado Passera aveva annunciato pagamenti in Btp, sono rimasti pochi spiccioli, ora si parla di un rating (così, forse, le banche anticiperanno il dovuto). Davanti agli investitori asiatici, a marzo, Monti ha annunciato la vendita di beni pubblici, immobili e non solo, per 35-40 miliardi. Ma quello lo ha sempre promesso anche Silvio Berlusconi. Ovviamente senza farlo mai. Twitter @stefanofeltri I protagonisti Il ministro Elsa Fornero e la contestazione subita a Torino. A sinistra il premier Mario Monti (FOTO ANSA E LAPRESSE) n questo paese c’è un clima poco costruttivo, ma anziché lamentarsi e protestare bisogna lavorare insieme”. Ci aveva provato Elsa Fornero. Ma qualcuno non l’ha ascoltata. Erano in circa duecento ad aspettarla fuori dal Teatro nuovo di Torino. Lancio di uova, insulti, qualche carica di alleggerimento e tutto finisce. Ma a Torino l’intensità dello scontro sociale si misura in termini di prevedibilità. Si sapeva che la mattina in corso Massimo D’Azeglio, dove la Conferenza Regionale sulla Scuola organizzata dalla Cei ospitava sia il ministro del Welfare Fornero che il collega dell’istruzione Francesco Profumo (entrambi torinesi) sarebbe finita così. Le forze dell’ordine, dalle prime ore del mattino avevano creato un cordone di protezione su via Sclopis, praticamente all’interno del Parco del Valen- I tino in corrispondenza dell’uscita lato palco. Di fronte si erano radunate alcune decine di manifestanti, in prevalenza esponenti dei Cobas e delle organizzazioni studentesche, tra cui alcuni provenienti da via Verdi 15, la residenza universitaria di fronte alla sede regionale della Rai occupata dalla metà di gennaio. Slogan, striscioni e poco più. NON APPENA il corteo ha cominciato a sciogliersi, le forze dell’ordine (come prevedibile) si sono trovate di fronte un gruppo di manifestanti in buona parte riferibili al centro sociale Askatasuna, quelli sempre in prima fila, dalla lotta No Tav in Val di Susa alla manifestazione degli indignati del 15 ottobre scorso a Roma. C’è stato un lancio di uova all’indirizzo delle auto dei ministri Fornero e Profumo. Quindi, una carica di alleggerimento per disperdere i manifestanti: “É chiaro - racconta un dirigente della Digos di Torino - che quando si preme e si tirano oggetti si intervenga per allontanare i manifestanti. Dopo pochi minuti tutto era concluso, senza incidenti di rilievo”. Dall’altra parte della barricata si contesta innanzitutto la natura “confessionale” della Conferen- za regionale sulla scuola: “Mentre la scuola pubblica va a pezzi si legge in un comunicato - il governo in carica si mostra in perfetta continuità con quello precedente. I ministri mostrano con chiarezza quali siano i loro interlocutori privilegiati. Partecipando ad una conferenza episcopale, si ribadisce l'idea (tutta politica) di una formazione e una cura delegata alla Chiesa e alle sue appendici ‘sociali’, smantellando il pubblico o dandolo in pasto al privato o agli istituti paritari”. Ovviamente motivo della contestazione è anche la riforma del lavoro. Ma l’obiettivo principale degli strali dei contestatori (tanto per cambiare) è la “sbirraglia, sempre più nervosa di contestazione in con- I manifestanti, in 200, hanno atteso il titolare del Welfare e il collega Profumo fuori al Teatro nuovo testazione, chenvorrebbe imporre l’impossibilità di manifestare”. In realtà la “sbirraglia” è sì nervosa, ma per altri motivi: “Oggi - dichiara Massimo Montebove, consigliere nazionale del sindacato autonomo di polizia Sap - i poliziotti torinesi si sono presi pietre e uova per difendere la signora Fornero. Dovrebbe essere sufficiente questo per far capire al ministro che non può continuare a tirare la corda anche con gli operatori delle forze dell’ordine, soprattutto in materia pensionistica. Diventa difficile per un poliziotto o un carabiniere che non arriva a fine mese e che sa che andrà in quiescenza a 65 anni con una pensione da fame, come vorrebbe Fornero, continuare a lavorare e operare con la necessaria serenità”. IL MINISTRO, insomma, non ha mai avuto così pochi amici come in questi mesi. Domani la aspettano i lavoratori dell’Alenia Aermacchi a Caselle Torinese. Elsa Fornero, spiazzando quasi tutti, ha accettato l’invito della Fiom a recarsi in fabbrica per confrontarsi con i lavoratori sul a riforma del Welfare. Dentro la aspettano con favore, quanto meno per la cortesia. Fuori chissà. QUIRINALE La banale saggezza di Napolitano, dall’Ungheria a Monti di Fabrizio d’Esposito l monito è sempre seguito da una scia densa di aggettivi o superlativi. Perché il monito può essere autorevole, forte, chiaro, alto, nuovo, prezioso, durissimo. Talvolta il monito è di estrema rilevanza. Altre volte ancora, il monito ha dei sinonimi: sferzata, frustata, auspicio. Il monito, infine, è sempre ovvio, differente dall’esternazione di cossighiana memoria altresì definita picconata. Un caso di scuola: “C’è bisogno di maggiore senso delle istituzioni”. Ecco, se a pronunciare questa frase scontata è il presidente della Repubblica, le parole si elevano ad autorevole monito, come scrivevano i giornali del primo novembre scorso. Da quando Giorgio Napolitano è al Quirinale, dal maggio del 2006, la monitologia è assurta a fenomeno politico-mediatico quasi quotidiano. Il capo dello Stato, infatti, ha un monito per tutte le stagioni politiche. Ha monitato con Prodi a Palazzo Chigi, ha monitato con Berlusconi (e senza mai essere ascoltato) e oggi monita con Monti premier. Nell’era delle sobrietà adesso calante del Professore il monito è anche un ombrello per proteggere l’amato governo tecnico. Del resto la nomina di Monti a senatore a vita fu la mossa del cavallo che spiazzò il Cavaliere e lo costrinse alle dimissioni. L’ultimo monito di Napolitano, che Dagospia con irriverenza istituzionale sfotte come “Giorgio Banalitano”, è di venerdì scorso: “La sfida è vedere oggi la politica risollevarsi dalla decadenza”. Un altro appello destinato a cadere rumorosamente nel vuoto, visto che i partiti nonostante proclami e promesse continuano a I MI VIENE DA MONITARE (ANCHE CON I TECNICI) latitare sulle leggi da cambiare, a partire da quella elettorale. Ma Napolitano tira dritto, senza perdersi d’animo. Come se la moral suasion trasfigurata nell’arte del monito fosse un seme da spargere sul lunghissimo periodo. In fondo, l’inclinazione al monito del capo dello Stato viene da lontano, dal suo passato di comunista amendoliano poi migliorista. Ed è un monito ad aprire il suo storico discorso al congresso del 1956, con cui stroncò le critiche del compagno Giolitti all’intervento sovietico in Ungheria: “Compagne e compagni delegati, il nostro sforzo di approfondimento critico e di sviluppo creativo - in una parola di rinnovamento - si deve esercitare tanto sui temi della nostra politica e della vita del nostro partito quanto sui problemi nuovi che il vittorioso estendersi delle posizioni della classe operaia e del socialismo nel mondo, il XX congresso, e i drammatici fatti di Ungheria, hanno posto a tutto il movimento internazionale”. Lanfranco Palazzolo, giornalista di Radio Radicale, ha raccolto in volume per Kaos edizioni gli interventi più significativi del “compagno Napolitano”, laddove l’enfasi si sposa al realismo e il risultato è sempre un eterno monito. Anche quando, non più comunista, ma pidiessino, è proprio Napolitano a nome del suo partito a parlare in occasione della fiducia al primo governo Berlusconi nel 1994. Al Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano termine il Cavaliere va a stringergli la mano e l’intervento di Napolitano passa alla storia come “il discorso della mano tesa”. Disse l’allora Principe Giorgio non ancora Re: “Siate misurati e saggi, colleghi della maggioranza. L’opposizione non deve impedire che si deliberi in Parlamento, ma ha ragione di esigere misura e correttezza, riconoscimento e rispetto dei propri diritti. L’opposizione non deve impedire che questo governo governi”. La fine della Prima Repubblica fu vissuta da Napolitano in una posizione di prima fila: la presidenza della Camera. Il suo comportamento venne giudicato timoroso e calcolatore da un craxian-berlusconiano come Giuliano Ferrara. E adesso che si va verso la Terza, il capo dello Stato adopera una metafora comunissima (“fare di tutte erbe un fascio”) per arginare la temuta anti-politica, ovviamente sotto forma di monito autorevole, forte e chiaro: “I partiti non sono il regno del male, del calcolo particolaristico e della corruzione. Il marcio ha sempre potuto manifestarsi, e sempre si deve estirpare: ma anche quando sembra diffondersi e farsi soffocante, non dimentichiamo tutti gli esempi passati e presenti di onestà e serietà politica, di personale disinteresse, di applicazione appassionata ai problemi della comunità. Guai a fare di tutte le erbe un fascio, a demonizzare i partiti, a rifiutare la politica”. Il monito spesso è prolisso, con superflui giri di parole un po’ tromboneschi. Ecco come Napolitano coniuga i problemi della crescita economica e dell’occupazione in un intervento del giugno scorso: “Un deciso e accresciuto impegno per la salvaguardia e la valorizzazione del capitale umano del nostro Paese e delle sue risorse di creatività e di innovazione è condizione indispensabile per assicurare una equilibrata crescita economica e la stessa tenuta del tessuto civile e sociale”. Nel solo mesi di aprile, Napolitano ha monitato sulla politica, sulla trasparenza dei partiti, sui magistrati, su Benigno Zaccagnini, sulle Fosse Aredatine, sulla Protezione civile, sulle risorse per il territorio, sul paesaggio come ricchezza, finanche sull’America’s Cup a Napoli. Che cosa resterà di tutti questi moniti? @PBERSANI Con tutte le novità politiche annunciate in queste ore alla fine noi siamo l’usato sicuro. @PIERFERDINANDO Mi piacciono tanto i #treni perché hanno una stazione di partenza e una certa d'arrivo!Complimenti a #Montezemolo e Soci! pagina 8 Domenica 22 aprile 2012 MALITALIA “QUESTO LO MANDO IO” E GLI AMICI ENTRAVANO ALL’AMA Nelle carte della Procura di Roma i nomi degli assunti all’azienda rifiuti e le loro esperienze: “Animatrice di miniclub” di Valeria Pacelli N NUOVI FASCISMI Forza Nuova contesta partigiano I egnalazioni, telefonate a politici e curricula che passavano di mano in mano, alcuni perfino con il nome del “raccomandante” in capo. È il quadro sconfortante che viene fuori leggendo le 26 mila pagine depositate dalla Procura di Roma che per circa un anno ha indagato sulle assunzioni in Ama, la municipalizzata che si occupa dell’igiene della capitale. Una vicenda questa per la quale rischia di finire sotto processo, con l'accusa di falso, abuso d'ufficio e violazione della legge Biagi, Franco Panzironi, ex ad di Ama, insieme ad altri 5. Perché secondo i pm romani titolari del fascicolo, Alberto Caperna e Corrado Fasanelli, proprio avvalendosi della vecchia tecnica del “sono amico e figlio di..”, ci sarebbero state circa 841 assunzioni sospette avvenute tra la fine del 2008 e il 2009, di cui 41 per chiamata diretta. S diventata impiegata a tempo indeterminato dopo aver fatto la segretaria in un centro sportivo e l’apprendista commessa in un negozio. Il suo curriculum è arrivato in Ama tramite fax dal Comune, firmato Dario Panzironi: “All’epoca mio figlio Dario assunto presso il Comune di Roma – aggiunge Panzironi padre – lavorava presso la segreteria del Sindaco”. E ancora un’altra conoscenza con tramite Alemanno: si tratta di Drigo Costanza che Panzironi ammette di aver conosciuto presso la segreteria del sindaco ad aprile del 2008, o anche Stefano Andrini, condannato nel ‘91 per tentato omicidio nei confronti di due militanti di si- nistra, inserito nel 2008 come “quadro” per circa 90 mila euro lordi l’anno. Nel curriculum Andrini scrive di aver lavorato presso il dipartimento Esteri di Alleanza Nazionale e “studi e incontri per la Fast Ferrovie per l’interoperabilità del trasporto ferroviario”. E ancora: tra i curricula sospetti viene segnalato anche quello di Antonio Bettidi, già consigliere municipale Pdl e coordinatore di zona del Popolo di Roma, che prima di ottenere l’assunzione a tempo indeterminato ha avuto due collaborazioni al consiglio regionale dello staff di esponenti politici. Come pure Gaetano Mottola, pure lui preso come impiegato, nello stabilimento di Ponte Mal- nome, in passato con un ruolo nello staff per l’assessore Gaetano Rizzo del Pd. PER NON PARLARE poi della sfilza di curricula senza competenze specifiche. Un’impiegata ha come unico curriculum le prestazioni da hostess e animatrice di miniclub. Un’altra è stata segretaria in palestra. E questi sono solo alcuni della lunga lista di nomi, che una volta finita sui giornali, ha reso l’Ama la metafora di una parentopoli tutta romana. Ma per entrare nella municipalizzata, bisogna dirlo, c’erano anche delle prove da dover superare. A formare i futuri candidati, era il consorzio Elis, che ha Metti un amico all’Ama Accanto, il sindaco di Roma Gianni Alemanno. In basso, Fabio Rampelli. In alto, l’ex ad Ama Franco Panzironi (FOTO LAPRESSE). preparato i test. Il primo concerneva una serie di domande, della serie: “A cosa non sei disposto a rinunciare?” o anche “Perché partecipi a questo concorso?”. E sono state tante le risposte che rimandavano al desiderio di avere un lavoro stabile. Certo questi candidati non dovevano essere molto in linea con il clima di “monotonia del posto fisso”, di cui il governo parla ultimamente. Per la seconda prova invece bisognava trovare l’entrata e l’uscita di un labirinto. E bisogna dire che qualcuno si è perfino perso tra quelle mura disegnate. E poi c’era l’ultimo test che invece comprendeva una serie di domande a risposta “vero o falso”, alcune anche di media difficoltà. Per poi concludere la selezione con un colloquio orale. Per la procura romana però queste prove sono servite a poco, dato che era molto più influente il nome del “raccomandante”, che i risultati ottenuti nei test. partigiano Mario Bottazzi, ospite di un’assemblea organizzata al Liceo Avogadro di Roma dal collettivo di sinistra, è stato contestato dagli studenti di destra di Lotta Studentesca (Forza Nuova). “Papà Castoro raccontaci una storia”, lo striscione srotolato davanti al partigiano. La preside ha chiamato la polizia. PORTO DI IMPERIA Caltagirone Bellavista a casa rancesco Caltagirone Bellavista e il geometra Carlo Conti sono stati scarcerati. Il patron di Acqua Marcia e l’ex direttore della Porto Imperia spa, arrestati nell’ambito dell’inchiesta sui lavori al porto turistico di Imperia, erano in carcere dal 5 marzo scorso, con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. All’industriale romano il giudice ha concesso gli arresti domiciliari, mentre per Carlo Conti è stato disposto il ritorno in libertà. Secondo i magistrati, quegli appalti sono stati truccati, causando una lievitazione dei costi ai danni del Demanio di Imperia, e dunque dello Stato. F INSOMMA per i magistrati non era necessario avere un curriculum dignitoso e superare i test con buoni risultati, ma per entrare nella municipalizzata bastava affidarsi alle segnalazioni dei politici. Tanto che ci sarebbero 4 curricula, dove compare il nome di un consigliere comunale del Pd, Gianfranco Zambelli. Ma anche curricula siglati Fabio Rampelli, deputato Pdl. O almeno questo ha confermato Franco Panzironi in un interrogatorio del 26 febbraio 2011. Per la procura in Ama c’era una rete di amicizie e parentele più o meno sotterranee. Come quella dello stesso genero di Panzironi, Armando Appetito: “Mi venne segnalato da Bruno Frigerio (anche lui indagato, ndr) – ha affermato l’ex ad della municipalizzata –. All’epoca dei fatti credo che non avesse alcuna relazione con mia figlia anche se poi sono diventati coniugi”. E poi c’è anche la figlia del caposcorta di Alemanno, Ilaria Marinelli, di Pino Corrias L’Ubalda di Arcore e la lezione di B. DICE IL MANUALE dell’attento giallista che se tre funzionari di polizia sono chiamati in aula a inguaiare con la loro testimonianza l’ex presidente del Consiglio accusato di concussione, accadrà che l’ex presidente del Consiglio si presenti in quella stessa aula tra lo scintillio dei flash, con la scorta, il doppiopetto, gli avvocati al guinzaglio, e quell’aria strafottente perfezionata dalla mandibola serrata, che hanno i padroni dell’Universo, anche quando l’Universo è imploso. Quella presenza servirà da monito ai testimoni. Da implicita minaccia e da esplicita dissuasione: ma davvero vuoi metterti nei guai proprio davanti ai miei occhi? Davvero vuoi rovinarti la carriera e la vita? La regola, l’altra mattina è stata rispettata nell’aula del Tribunale di Milano. E anche creativamente recitata, con questa fantasmagorica nuova versione delle cene eleganti, dove sfilavano i vestiti e reggipetti di Gheddafi sulle nipoti di Mubarak in un tripudio di Nord Africa Padano in cui si è trasformato il seminterrato di Arcore, a suo tempo descritto da Carlo Rossella & Fede come un luogo dove si consumava il Crodino e ci si addormentava a vicenda con iniezioni di Baaria. Invece era L’Ubalda. Su 4 curricula comparirebbe il nome di un consigliere comunale del Pd, Gianfranco Zambelli CONSUMO DEL PESCE Finita l’autonomia italiana Italia sta consumando molto più pesce di quello che riesce a produrre, rendendo il Paese dipendente dalle importazioni. Lo rivela un rapporto pubblicato dalla New economics foundation (Nef) e da Ocean2012, secondo cui ieri, 21 aprile, è stato il “Fish dependence day” italiano, cioè il giorno in cui l’Italia ha iniziato a essere dipendente dal pesce pescato in altre acque. L’ A Palermo si vota, resuscita l’ente di formazione DALLA REGIONE 12 MILIONI DI EURO PER ISTRUIRE 500 PERSONE IN 4 MESI, PIÙ ALTRI 18 PER ALTRETTANTI CORSI di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza uale Q ni di azienda spenderebbe 12 milioeuro per formare 500 persone in soli quattro mesi? E quale azienda spenderebbe altri 18 milioni di euro per formarne altri duemila circa? La risposta è semplice: la Sicilia di Raffaele Lombardo, che in perfetta continuità clientelare con il suo predecessore, Totò Cuffaro, ha “resuscitato” come l’araba fenice un carrozzone della formazione professionale ormai in liquidazione, il Cefop, e lo ha “coperto” di finanziamenti. Miracoli della campagna elettorale iniziata nell’isola a suon di contributi a pioggia (oltre 286 milioni di euro in tre anni provenienti dall’Europa) per un centinaio di enti “mangiasoldi” gestiti da sindacati, patronati, associazioni di famiglie emigranti incaricati di formare estetiste, parrucchieri ed esperti di informatica senza alcun aggancio reale al mercato del lavoro. Lo scandalo Cefop supera però ogni immaginazione: con le casse vuote e 40 milioni di euro di debiti, lo scorso anno l’ente era finito in liquidazione, tanto da restare escluso dal piano formativo. Il Tribuna- le aveva dichiarato lo stato d'insolvenza nominando tre commissari giudiziali, ma nonostante la situazione fosse compromessa dalla cattiva gestione ai primi di quest’anno la Regione è riuscita a ripescare il Cefop, assegnandogli, per il 2011, ben 9 milioni di euro da utilizzare in quattro mesi nel 2012 per fare lavorare 500 degli 800 dipendenti e per pagare, poco, i corsisti. “FACENDO un po’ di conti un mese di piano formativo costerà circa tre milioni di euro – dice Fabrizio Russo, uno dei rappresentanti sindacali – i costi di gestione peseranno per altri tre milioni”. In soli quattro mesi. E visto che l’appetito vien mangiando, il Cefop ormai “resuscitato” ha ottenuto per il 2012 altri 18 milioni di euro, spalmati in 18 corsi nelle nove province dell’isola: la parte del leone la fa Palermo, che ha avuto assegnati in due corsi oltre 10 milioni di eu- ro per formare, a partire da settembre, 950 persone. Ora i sindacati, alle prese con la tutela di 300 lavoratori rimasti fuori, si chiedono cosa c’è dietro il Cefop e quali interessi si nascondono attorno a uno dei più grossi enti di formazione siciliana, vicino prima a Cuffaro e oggi a Lombardo. E in una lettera aperta i lavoratori del sindacato Snals-Confals puntano il dito contro “l’assessore Centorrino ed il dottore Albert (direttore dell’assessorato, ndr) che hanno cosi anche raggiunto questo virtuoso risultato: sperperare dodici milioni di euro delle casse re- gionali e mandare definitivamente sul lastrico le famiglie di circa trecento lavoratori. Ovviamente nessuno sarà formato. Come potrebbe essere altrimenti in appena quattro mesi?”. “Sono fortunata perchè non ho figli – dice Daniela Drago, assunta nel 1988 e adesso senza lavoro – direi loro di fuggire dall’Italia. Qui è tutto un muro di gomma: in assemblea ci hanno detto chiaramente di cercarci uno sponsor politico, ma io non ho alcuna voglia di barattare il mio diritto al lavoro con le mie idee”. I SINDACATI minacciano esposti alla magistratura contabile e alla commissione parlamentare d’indagine sulla formazione professionale, chiedendo l’avvio di un’indagine conoscitiva”. Il caso Cefop indigna anche il Pd, che pure sostiene il governo Lombardo: “Siamo davanti ai soliti metodi che garantiscono solo alcuni enti così detti ‘storici’, ma di precisi e identificati riferimenti politici – denuncia il deputato Pino Apprendi, fedelissimo dell’ex presidente dell’Antimafia Beppe Lumia – siamo stanchi di assistere a proclami sulla ‘trasparenza’ di alcuni assessorati; qui è cambiato poco o nulla”. MODENA Bimba morta, padre in manette micidio volontario pluriaggravato dai futili motivi e dal legame di discendenza con la vittima. Questa l’accusa con cui è stato arrestato a Modena, un operaio pakistano di 37 anni, padre di una bambina di 2 anni e 5 mesi morta mercoledì in ospedale. La piccola era stata ricoverata in condizioni disperate e piena di ferite e lesioni. I genitori avevano raccontato che era caduta in bagno. O Il Cefop, vicino a Cuffaro e Lombardo, lo scorso anno aveva 40 milioni di euro di debiti timenti & sen satira FINALMENTE UN’IDEONA! Beh, ci vuole un po’ di pratica! 22 APRILE 2012 IL PAPA INSEGNA A MONTI A MOLTIPLICARE I PANI E I PESCI L’ideona spiegata ai ministri Passera è già bravino! Non era vero che l’ideona non c’era! Il Presidente del Consiglio non ha scoperto le sue carte prima di essere sicuro del consenso di Oltretevere e la notizia è ancora più clamorosa: il Papa ha spiegato a Mario Monti come moltiplicare i pani e i pesci! Il primo, vero, contributo concreto per fronteggiare la crisi che colpisce tanti italiani non poteva che essere un miracolo. Il Presidente Monti, molto emozionato, si è subito messo al servizio dell’irrazionale, anche se la sua formazione da economista lo rendeva un po’ goffo, almeno al confronto con il Papa che, nonostante l’età, ha ancora una mano da Vicario di Cristo. Tornato a Palazzo Chigi, Monti ha messo a disposizione dei ministri le nuove risorse contro la fame e la povertà. Passera si è dimostrato il più voglioso di riuscire. Sembra che il Governo sia già in grado di moltiplicare spigole e filoncini da mezzo chilo di pane sciapo. È un inizio. Un ottimo inizio! di Enrico Caria UN GRANDE REMAKE, UNA GRANDE INTERPRETAZIONE! La LEGA ce l’ha duro? L’ANC ce l’ha nero! Chi è Pietre Dirkys che ai tempi dell’apartheid non l’hanno accoppato i Boeri e rischia che oggi l’accoppa la mafia? Pietre Dirkys, in arte Evita, è il più famoso comico sudafricano a metà tra Beppe Grillo e Platinette: in pratica fa satira politica travestito da donna. La sua ricetta contro l’aids? Preservativi grandi e neri al posto di quelli in commercio che sono piccoli e bianchi. Una battutaccia? Forse qui da noi... ma nel Paese dove il Presidente Thabo Mbeki dichiarava che contro il virus basta una bella doccia, pare un ottimo consiglio. “La stupidità non ha colore”, dice Evita, “e la corruzione neanche”. Così, come ieri attaccava i razzisti, oggi spara sul potere nero. E un bel giorno si presenta in minigonna a casa di Robert Von Palace Kolbatschenko, al secolo Vito Palazzolo, con una torta in mano. Lo stesso Palazzolo accusato (e condannato a 9 anni) come tesoriere di Riina e Provenzano, da decenni in Sudafrica protetto prima da De Klerk poi pappa e ciccia con l’ANC, il movimento di Mandela al potere. Insomma Evita bussa alla porta del Grande Latitante e sotto le telecamere gli consegna ‘sta bella torta al cioccolato con dentro una grande lima: la scena fa il giro delle TV nazionali e l’imbarazzo del mammasantissima è secondo solo a quello di Thabo Mbeky e Jacob Zuma, i boss dell’ANC che si sono sempre guardati dal consegnare alla nostra magistratura la gallina che riciclava uova d’oro. Parliamo dell’ex e dell’attuale Capo di Stato, a loro volta accusati dalla loro magistratura di corruzione, appropriazione indebita, traffico d’armi ed evasione fiscale. Così, in mancanza d’un trattato di estradizione Italia-Sudafrica, Robert Von Palace poteva ben dormire tra due guanciali zeppi di narcodollari, ma appena ha messo il naso fuori dal Continente Nero... ZAK!, l’Interpol se lo beve a Bangkok! Mai come ora, penserete, quella lima là gli torna pure utile... ma vai a far del bene! “Ormai Pietre Dirkys è sulla lista nera dell’Anc e farà bene a guardarsi le spalle,” - dice Akida Mahomed, giovane scrittrice colored militante di un gruppo femminista molto attivo - “qui i leader nazionali, giù giù fino ai leader delle singole townships, sempre più spesso vengono a patti con le gang criminali”. E che in Africa gli italiani continuino a riciclare è fuor di dubbio. Anche pestandosi i piedi... pensate al bottino dei 4 milioni e mezzo che la Lega voleva investire in Tanzania, bloccati, pare, proprio da don Vito Palazzolo. Evita bella, la prossima torta al cioccolato preparala per Bossi, Belsito e Rosy Mauro... ma dentro niente lima: meglio un bel paio di manette come quelle che agitavano loro in Parlamento. File al botteghino per l’appuntamento più importante della stagione cinematografica: “Il Tonto di Montecristo”, interpretato da Umberto Bossi e gli attori della compagnia stabile “Cerchio Magico”. Strepitoso il Senatur nel ruolo del Tonto di Montecristo che non si accorge dei tesori che si accumulano e spariscono sotto i suoi occhi. Grandi caratterizzazioni, forse un po’ sopra le righe, di Belsito e Rosy Mauro. Una favola con pochi riferimenti con la realtà ma che diverte fino alle lacrime e fa piangere fino al riso isterico. La criminalità disorganizzata una vera eccellenza lombarda di Alessandro Robecchi Formigoni: “Mai preso un euro”. Belsito: “Nemmeno io, meglio i diamanti”. CL aumenta gli incontri di preghiera: “Sì, preghiamo che non ci prendano tutti!”. Spunta un dossier contro Bobo Maroni che dice: “è una montatura schifosa!”. Parlava dei suoi occhiali. IL NORD ALLA RISCOSSA Roberto Formigoni non ricorda le sue vacanze di Capodanno a Parigi gentilmente offerte dal faccendiere Daccò. “Intendete quando mi sono rovesciato lo champagne sulla giacca? Quando abbiamo posteggiato in divieto di sosta accanto al Louvre? Quella volta che abbiamo saltato la fila al Moulin Rouge? No, non ricordo”, ha dichiarato. Poi, fingendo una crisi mistica, si è paragonato a Gesù, a San Pancrazio martire e ha dichiarato di non aver nulla da dire alla procura di Milano:“Ho già scritto ai Corinzi la settimana scorsa”. Per molti la strategia di Formigoni è chiara: sta puntando tutto sull’infermità mentale, e ci sta riuscendo. Intanto, se le cifre sottratte alla sanità lombarda fossero confermate, CL sarebbe la seconda potenza economica mondiale, subito dopo la Cina. A preoccupare gli inquirenti non sono solo casi specifici, ma una tendenza evidente: la malavita, la criminalità, la corruzione si stanno spostando al Nord. Lo dimostrano, tra l’altro, i cospicui traffici all’interno della Lega: oro e diamanti, ma anche diplomi, lauree e un grosso contrabbando di vocabolari per Calderoli che si difende:“Non ne ho mai aperto uno!”. La procura gli crede. Non basta. La criminalità disorganizzata lombarda pesca nel torbido mondo della politica. Il tesoriere della Lega Belsito, per esempio, aveva un dossier su Bobo Maroni, di cui Il Misfatto è entrato in possesso. Il dossier contiene tutte le cose intelligenti compiute da Maroni mentre sedeva al ministero dell’Interno e consiste in due pagine. Bianche. In compenso, il Nord non rinuncia a presentarsi come un esempio per tutti. “Certo che rubiamo - dicono all’unisono in CL e nella Lega - ma poi ci facciamo beccare, e questa è una grande lezione morale”. Proprio su questo punto verte il dibattito nelle carceri italiane: “Per far funzionare un’azienda non basta avere tanti soldi, servono esperienza, professionalità, impegno”. A parlare è un boss siciliano detenuto al 41 bis che commenta le recenti vicende lombarde e chiosa con un lapidario:“Dilettanti”. II I migliori anni di piombo della nostra vita di Saverio Raimondo Dopo l’ennesima assoluzione legata alla stagione del terrorismo italiano (nessun colpevole per la strage di piazza della Loggia a Brescia), forse è giunto il momento che l’Italia recepisca il messaggio che da tempo queste sentenze ci stanno cercando di trasmettere: non ci sono colpevoli per le stragi perché le stragi non sono mai avvenute. Il culmine di questa stagione di eccessi fu raggiunto a Bologna, nell’agosto dell’80, quando, complice anche il caldo, in stazione morirono di overdose 85 persone. Aldo Moro? Contorsionista, morì accidentalmente durante una tragica replica del numero del portabagagli. Quando decisero di raccontarne la storia in un biopic con Volonté nella parte di Moro, il grande GianMaria vanitoso com’era si oppose all’idea di interpretare un circense; fu dunque un’idea postuma degli sceneggiatori fare di Moro uno statista, in una trama fantapolitica in cui un leader di un improbabile partito, la Democrazia Cristiana, viene rapito da un’organizzazione terroristica che si firma con le sue iniziali –atteggiamento da snob, poco credibile per dei terroristi. E se questo pezzo che avete appena letto vi sembra insultante, denunciatemi: ho fiducia nell’ingiustizia italiana. Ecco perché è lo Stato a caricarsi le spese processuali, e non i famigliari delle vittime: perché non ci sono vittime. La stagione delle stragi è stata una enorme allucinazione collettiva figlia di quegli anni, non a caso “anni di piombo”: non “piombo” in senso letterale, ma piombo nel senso di “pesanti”, droghe pesanti. Le “stragi” sono datate fra il 1969 e il 1980: anni di droghe leggere ma anche sintetiche, usate con disinvoltura dalla maggior parte della popolazione all’indomani del ‘68; popolazione - quella italiana - cattolica, quindi molto credulona e facilmente impressionabile. Questo mix di pensiero debole e droghe, ha portato a molte allucinazioni collettive: elefanti rosa, volti liquidi e deformati, ma anche banche e treni che esplodono, detonazioni in mezzo alla folla, gente morta. I figli so’ piezze ‘e merda di Nicola Baldoni È nei periodi di crisi che un popolo tira fuori il meglio di sé. In questo caso una carabina e ci spara alla mignotte. È successo sul litorale ligure dove Ma non facciamo nulla. Escluso questi giovani. Che gli sparano. Essendo italiani e non americani avevano a disposizione solo un fucile ad aria compressa e la notizia è scivolata in un trafiletto. Non è solo sulla banda larga che il nostro paese patisce il divide tecnologico. Nell’Italia della crisi si abbracciano le tradizioni degli avi, perché l’uomo è, notoriamente, cacciatore e dove i 30 euro ti servono per il pane compensa la doppietta. Così “andiamo a puttane” sconfina nell’andare a fagiani, ma la differenza tra chi si sente in diritto di ingropparsi una disperata su un reclinabile e chi gli spara mi sfugge. Sarà perché non ho mai fatto vestire la mia fidanzata da Ronaldinho? Questi ragazzi vanno lodati non solo perché le loro grandissime mamme finalmente possono recuperare il grandissimo luogo che le straniere gli hanno usurpato, ma perché, obbiettivamente, si sono occupati del disagio più di quanto fa il governo Monti. Pensateci. Fa impressione, vero? C’è da dire che trasformare il problema sociale in un problema di mira non è esattamente ciò che speravano i padri costituenti, ma la storia va avanti e col progresso l’uomo impara, anzi, spara. Sempre questa settimana un altro gruppo di adolescenti è stato fermato nella capitale dopo aver compiuto sette rapine in una notte. All’ultimo tizio hanno portato via anche l’apparecchio per misurare il diabete. Sono i nostri ragazzi, li abbiamo allevati noi. Gli unici a biasimare i turpi gesti sono stati i mercati. Perché scendere in strada a derubare i barboni o a sparare ai morti di fame quando bastano due colpi di spread e una partita Iva perché si impicchino, brucino, sparino o comunque si facciano fuori da soli? un gruppo di ragazzi è stato beccato dalla polizia dopo l’ennesima ronda spesa a ripulire le strade girando in auto e tirando a prostitute e immigrati. Il gesto ci repelle, ma bisogna guardare oltre. Osservare l’assunzione di responsabilità di questi ragazzi. Il problema della sovrappopolazione stradale delle mignotte è gravissimo. Dopo la chiusura di Arcore la quantità di prostitute senza più un tetto e un riparo e una busta è drammaticamente aumentato. Questa folla umana si è riversata per le vie. Quale crimine contro l’umanità è tanto quotidiano quanto vedere per strada ragazze che sai essere state stuprate e picchiate? Tutti pazzi per gloria di Andrea Garello Va in scena in questi giorni lo show in mondovisione del processo ad Anders Breivik, quello che l’estate scorsa ha ucciso 77 persone di cui 69 a sangue freddo, quasi tutti teenager. Oltre a farci rivalutare spettacoli come “Amici”, dove la salute mentale dei protagonisti può essere opinabile ma non pericolosa, ci fa riflettere sul criterio per giudicare la follia e le sue conseguenze, nel mondo delle idee e dei fatti. Il problema è che di criteri ce ne sono diversi, a quanto pare. Breivik, che passa quasi dieci anni a pianificare una strage e la mette in atto con metodo, è pazzo? E cosa lo definisce pazzo, l’atto in sé o le motivazioni? La prima perizia forense, secondo la quale trattasi di schizofrenico paranoide, descrive un soggetto che ha agito compulsivamente sulla base di un universo di pensieri deliranti. Qualche giorno dopo la strage Mario Borghezio, eurodeputato della Lega Nord, in un’intervista a Radio24 definì le idee di Breivik, “buone alcune… al netto della violenza, direi in qualche caso ottime”. La Lega lo sospese per tre mesi, quasi lo stesso tempo che rimani senza patente se guidi appena brillo; lo stato italiano, invece, non gli fece fare nemmeno due chiacchiere con un assistente sociale. Evidentemente né il suo partito né lo stato lo giudicarono uno schizofrenico paranoide. In questo caso non sono quindi le idee ma solo i fatti a determinare la follia. Per i civili. Cambia il contesto e cambiano i parametri, come nel caso di militari e irregolari armati. Gli equipaggi degli elicotteri Apache che nel Luglio 2007 in Iraq falciarono due reporter della Reuters insieme a una decina di civili ignari, sparando anche sui soccorritori come se stessero giocando a Call of Duty, per il governo USA compirono solo il loro dovere. I kamikaze che fanno strage di massaie e bambini nei mercati o dove gli viene più comodo, vengono considerati da una parte terroristi e dall’altra martiri e/o combattenti per la libertà. Su un punto sono tutti d’accordo: gli uni e gli altri non sono squilibrati, semplicemente dei pezzi di merda. Ora facciamo un salto indietro, nel nostro bel paese, dove qualche anno fa oltre alle bande armate pure lo stato si dedicò con profitto alle stragi. Nessuno è stato ritenuto colpevole, nonostante ai processi di folli non ci fosse traccia. Anche qui ci deve essere un parametro, ma forse siamo noi a non capirlo. La prima perizia dei medici norvegesi sembra quasi cercasse di negare che nella loro democrazia una malvagità di tale magnitudo fosse possibile. Poi, colpo di scena, a pochi giorni dall’inizio del processo una seconda perizia dichiara Breivik a furor di popolo capace di intendere, probabilmente (anche) per timore di vederlo scampare al carcere a vita. Per ora l’unico effetto sono le sue arringhe contro musulmani e razze impure, trascritte diligentemente dai giornali di tutto il mondo. Roba da matti. III LA COSTITUZIONE NON ERA SOLO UNA LEGGENDA! Una missione archeologica internazionale riporta alla luce una copia della Costituzione Italiana, un testo che non si credeva esistesse veramente se non nelle fantasie di alcuni maniaci della democrazia. Il testo appare leggibile in tutte le sue parti e testimonia un certo grado di civiltà, pur nei limiti dell'era pre-liberista. "Gli autori della Costituzione" - ha dichiarato uno degli scopritori - "erano dotati di una visione rudimentale dei rapporti sociali: si fa fatica a crederlo, ma davano alle persone un valore superiore al loro effettivo peso economico e alla consistenza patrimoniale". Ma c'è chi ci va cauto: se era quello in cui credevamo, come abbiamo fatto a diventare così? ART. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. ART. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. RITROVATA COPIA ANTICO TESTO: ECCEZIONALE SCOPERTA ARCHEOLOGICA! lavoro altrui? fica? legittimo impedimento? diritto dell’Unto? Il Professor Manfrutino Lellerato mostra la Costituzione ritrovata: dalle correzioni a penna si può desumere risalga all’età berlusconiana. Allora, si voleva modificarla. Poi si scelsero l’abbandono e l’oblio. "In realtà," - confessa il professor Manfrutino Lellerato, a di Comunardo Pestalozzi, politologo capo dell'èquipe - "eravamo alla ricerca di tracce che confermassero l'esistenza, nel secolo scorso, dei socialisti. Come sa- La Costituzione esiste. Ho potuto esaminarla attentamenpete, c'è chi sostiene che non soltanto esistessero ma, ai loro te e non vi sono dubbi si tratti di un documento autentico, quasi sicuramente quello che ha regolato la vita degli Italiaprimordi, non fossero neanche ladri...". Con il procedere degli scavi, il professor Manfrutino e i ni lungo tutto il periodo arcaico. Allora, la trasformazione suoi collaboratori si sono trovati di fronte a riferimenti degli Stati nazionali in Centri Commerciali del capitalismo concordanti sull'esistenza di una "carta costituzionale". finanziario era ancora un’utopia guardata con sospetto. All'inizio, pensavano si trattasse di una sorta di scheda Sembrerà incredibile ma dal cittadino non veniva estratto sanitaria ma, mano mano, si sono convinti di essere sulle il massimo profitto per riversarlo nell’impresa e nella finantracce della Costituzione Italiana, il mitico corpus di leggi za. Anzi, gli venivano garantiti privilegi assurdi. che sanciva i diritti ed i doveri dei cittadini italiani e la Nell’articolo 4, per fare un esempio, si legge “… La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e pronatura dello Stato. Con l'avvento del liberismo, con il passaggio dal libero muove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. mercato al mercato obbligatorio, in cui esistono soltanto rapporti economici e l'unica legge necessaria è quella del profitto, tutto questo sembrava appartenere soltanto alla leggenda. Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, non ha voluto rilasciare dichiarazioni ma dal suo staff trapela sconcerto: rimettere in circolazione idee così bizzarre potrebbe indebolire lo sforzo per inculcare negli italiani i valori della partita doppia e i principi della ragioneria. Non tace la ministra Fornero: “Paccata di principi inderogabili, non è compatibile con lo sviluppo economico. Se non si possono con- Il momento del ritrovamento: sotto gli occhi sbalorditi trattare i diritti, crolla il degli archeologi, la leggenda si rivela storia e la Costituzione libero mercato”. riemerge dalla polvere. Quando l'hanno ripulita dalla polvere ed è apparsa la scritta sul frontespizio, non riuscivano a crederci. UNA STORIA FINITA Allucinante! Non solo il lavoro come diritto ma come diritto che deve essere effettivo, non come imbonimento elettorale ma proprio sul serio! Non è finita: articolo 9,“La Repubblica… tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; articolo 36, “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”; articolo 41, “L’iniziativa economica privata… Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”. Praticamente, una dittatura dei diritti che renderebbe impossibile massimizzare i profitti. Il mondo non potrebbe essere così come lo vediamo se la Costituzione valesse ancora. Si, è stata fondamento della nostra storia. Ma la nostra storia, è una storia finita. IL GOVERNO: NON È UN PROBLEMA, BASTA UN PAREGGIO In serata il Governo ha emesso un comunicato, che volentieri pubblichiamo: “In relazione al ritrovamento del testo noto come “Costituzione Italiana”, ancor prima di averne verificato l’autenticità, il Governo desidera smentire le voci che la darebbero come ancora vigente. È sufficiente la lettura di qualche articolo per capire che poco o nulla di quanto scritto nella Costituzione corrisponde al reale funzionamento dello Stato. Se poi, inopinatamente, dovesse esserne dimostrata la vigenza, non si tratterebbe di un problema insormontabile. Basterebbe inserire tra i suoi articoli una norma sull’obbligatorietà del pareggio di bilancio per vanificare completamente ogni sovranità dello Stato. Se poi a questo si accompagnasse la cessione del diritto di battere moneta, non solo la Costituzione ma lo stesso Stato cesserebbe di essere quello che era. Dunque, nessuna preoccupazione. I cittadini possono riprendere ordinatamente il lavoro” . Yes we can reply In una emozionante conferenza stampa, il presidente degli Usa Barack Obama, affiancato dal Segretario alla Difesa Leon Panetta, ha delineato le linee operative della exit strategy dalla guerra in Afghanistan. Obama ha richiamato il valore delle tradizioni più genuinamente americane e, dopo aver attentamente esaminato tutti i disastri militari statunitensi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ha deciso che il miglior modo di lasciare il teatro di guerra afghano è quello sperimentato a Saigon, dopo la vittoria dei nordvietnamiti. L’elicottero sul tetto dell’Ambasciata e la fila di persone che tentano di salirvi a bordo è un’immagine nota e rassicurante, un simbolo immediatamente riconoscibile, un’icona di tutto quanto vi è di più americano nella gestione della politica estera. Questa volta, naturalmente, tutto sarà gestito in modo più professionale: non se ne occuperanno i militari ma alcuni tra i migliori registi di Hollywood. Sono già al lavoro gli istruttori inviati per addestrare la popolazione che desidera fuggire in preda al panico. Gli afghani vengono addestrati ad arrampicarsi fino all’elicottero. Obama ha dichiarato che si aspetta ricadute positive dall’operazione, da una versione attualizzata di “Nato il 4 Luglio” ad un movimento di protesta che nasca dall’Università di Berkeley e ridia vigore alla produzione letteraria e musicale della Nazione. Gli afghani che hanno collaborato con le truppe Usa già fanno la fila di fronte all’ufficio casting. Il Presidente si dice certo del successo ma, naturalmente, un po’ di tensione c’è: la documentazione video deve venire bene al primo ciak. Ripetere la scena sarebbe possibile solo dopo un’altra guerra persa. E c’è già chi sogna Teheran. PER IL RITIRO DALL’AFGHANISTAN, GLI USA PUNTANO SU UN CLASSICO. Il Presidente Obama annuncia il “modello Saigon” per il ritiro degli Usa dall’Afghanistan. RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO LEGA OVEST? MA PRIMA FACCIAMO PULIZIA!! Stronzoalterysia Tremens Dopo aver ipotizzato le più diverse cause come spiegazione del comportamento del Ministro del Lavoro, con il feroce scontro tra chi riteneva determinante l'influenza dell'ambiente e del vissuto e chi, invece, optava per un'origine genetica impressa fin nei tratti somatici, il mistero è stato risolto da un biologo. Analizzando un capello della Fornero, che la ministra si era strappato perché fuori posto, ha identificato il terribile batterio Stronzoalterysia Tremens, responsabile di una sindrome che costringe l’ammalato a pronunciare una frase sgradevole o arrogante o offensiva o sprezzante almeno una volta al giorno. Lo sforzo di concepire qualcosa di universalmente sgradevole h24 produce un segno tipico: quella ruga, così profonda da sembrare una coltellata, che possiamo notare sulla fronte di Elsa Fornero. Il pianto, invece, sarebbe soltanto un effetto meccanico: serrando labbra e setto nasale nella concentrazione che precede una frase malefica, le ghiandole lacrimali vengono spremute e rilasciano il loro contenuto. Per ora, non esistono cure per l’infezione da Stronzoalterysia. Un anziano medico, che ha trattato un caso simile in giovinezza, ha dichiarato di aver guarito un paziente a colpi di “vaffanculo”, ma si tratta di una terapia non testata clinicamente. Una soluzione estrema ed arrischiata. Ma, per ora, per la ministra potrebbe essere l’unica speranza. Elsa Fornero affetta da DRAMMATICA DIAGNOSI Pisa mariuola, Amalfi ti mazzuola È stato il microscopio elettronico a chiarire l'enigma che attanaglia gli italiani: perché la Fornero fa così? di Enrico Caria Se il buongiorno si vede dal mattino, la nuova Lega Ovest si vede dal simbolo: triglie alla livornese, carciofo romanesco, pizza napoletana... ma che è ‘sto magnamagna? E Disegni che si propone come Segretario ne vogliamo parlare? Attacca Grillo, attacca Celentano, attacca la Guzzanti... e poi? Eccolo lì: l’ennesimo satiro che cavalca l’antipolitica per il proprio tornaconto. Ma Amalfi dice no! Amalfi dice mo’ basta mo’! Basta con le cialtronerie quando in ballo c’è il sacrosanto diritto all’autodeterminazione dei popoli! Perché chiavatavill’ dentro alle chiocche: qua senza Amalfi non esiste Lega Ovest, non esiste Patria Tirrenia e a dirla tutta, oggi come oggi non ci fosse manco il Mar Tirreno, al massimo un mare dall’impronunciabile nome arabo. Perché nel IX secolo, quando il Mare Nostrum era ormai Mare Lorum già da qualche secolo, e alla vista della prima goletta di pirati arabi a Roma, Genova e Pizzo Calabro si cacavano sotto nelle mutande, noi amalfitani abbiamo fondato la prima Repubblica Marinara del mondo e liberati navigazione e commercio nel Mediterraneo, creato basi mercantili in Africa e Medio Oriente, scritto il moderno codice di diritto navale e inventato la bussola che pure oggi quando uno se la perde gli devono mettere una camicia di forza! Insomma se non era per noi altro che triglie, pizze e carciofi... caprone, datteri e latte di cammella! E come ci ringraziano? Il 4 agosto del 1135 quei porci dei pisani, invidiosi fino al midollo, al soldo di quel maiale di Papa Innocenzo II, penetrano col tradimento nella nostra ospitale ed ingenua Amalfi, la mettono a ferro e fuoco e fine della storia! Ma nuie nun cio’ scurdamm! Lurida Pisa, Amalfi ancor t’è invisa/ su Pisa vigliacca Amalfi fa la cacca/ Pisa spergiura, Amalfi ti s’incula! Disegni chiaro il concetto? O noi o loro! non ha niente a che fare con Dio si suiciderebbero tutti. Se invece il malato riesce a cacciarsi giù in destrezza dal quinto piano lasciando un biglietto con su scritto “Viva la Dio SpA” oppure “Dio è ganzo”, tutto ok, si becca compianto e messa. Regoliamoci. Ma cosa c’en- trano numerose che l’avviata impresa ultraterrena, pur facendosi tutti i distinguo, compresi quelli a carattere sessuale, in cui in tre, non riesce a evaderle tutte con la sola Provvidenza, alla Vaticano Holding sono maestri, con la vita vera dell’Uocosì è costretta all’outsourcing e si affida ai consulenti terremo? Un bel niente. Lo aveva capito perfettamente uno dei ni della Vaticano Holding, con sede nel paradiso fiscale più acuti teologi del secolo scorso, Fabrizio De omonimo. Si tratta di seri preti professionisti André. Che in “Preghiera in gennaio” cantava: vestiti di nero, di porpora, di marrone con cintura in corda e sandali, raramente di bianco. Gente di Andrea Aloi “Lascia che sia fiorito/ Signore, il suo sentiero/ quando a te la sua anima/ e al mondo la sua pelle/ che sa il fatto suo e - tramite confessionale dovrà riconsegnare/ quando verrà al tuo cielo/ là pure i fatti degli altri. Purtroppo ultimamente, dove in pieno giorno/ risplendono le stelle./ Quando per colpa del superlavoro, i preti hanno combinato attraverserà/ l'ultimo vecchio ponte/ ai suicidi dirà/ baciandoqualche pasticcio teologico. li alla fronte/ venite in Paradiso/ là dove vado anch'io/ perché Per dire, un consulente della Dio SpA di Porto Garibalnon c'è l'inferno/ nel mondo del buon Dio”. di, in provincia di Ferrara, non ha dato la comunione a un disabile. Si è poi capito il motivo: è un disabile e chissà cosa poteva combinare col corpo di Dio. Se invece si fosse trattato di un ipocrita, di una beghina che in Chiesa ci va per passare il tempo, di un presidente del Consiglio sporcaccione e divorziato o di un ricco crapulone che però ha dato tremila euro per il restauro del campanile, allora no problem, una particola di Dio, cioé un’azione privilegiata della Dio SpA, non gliela levava nessuno. Già, ma che fare col figlio disabile di un ricco elemosiniere? E con un ricco elemosiniere disabile? E con un ricco elemosiniere che vuole fare un’offerta alla parrocchia e anche esportare un po’ di valuta in Svizzera? In quest’ultimo caso, diversi prelati consigliano la Banca di Desio in Brianza, pare esperta nello spallonaggio ItaliaLugano e molto apprezzata dagli alti papaveri della Holding Vaticano dopo che alcuni giudici atei hanno iniziato a curiosare nei cassetti dello Ior. Per un prete discusso, un prete apprezzato nelle altissime sfere. Il cardinale Gianfranco Ravasi, biblista sopraffino, ha deciso di celebrare una messa per Antonia Pozzi, poetessa morta suicida nel 1938, nonostante la Vaticano Holding non sia mai stata tenera con chi si toglie la vita. Se po’ fa’, se po’ fa’ ha detto Ravasi: Antonia era “persona dotata di forte spiritualità e di intensa ricerca interiore, travolta da una sensibilità estrema”. Interessante. Se un malato straterminale tenuto in vita artificialmente in condizioni di grande sofferenza vuole salutare in pace la compagnia, nisba: la Vaticano Holding si mette di traverso, non telefona neppure alla Dio SpA per un parere vincolante e qualora il sofferente sia cattolico, tipo Piergiorgio Welby, una di Stefano Pisani messa può anche sognarsela. E sì, altrimenti, con la prospettiva di una bella funzione in chiesa, Smentita la Vaticano Holding: Sulla scrivania della Dio SpA arrivano ogni giorno moltissime pratiche di carattere finanziario, sessuale, sociale, matrimoniale. Tanto COMUNIONE VIETATA A UN DISABILE, MESSA PER I SUICIDI A CORRENTE ALTERNATA. I PRETI HANNO PERSO LA BUSSOLA Scherza coi fanti e lascia star gli infanti di Lia Celi Boom di iscrizioni al corso anti-pedofilia per sacerdoti organizzato a Savona dalla diocesi cui apparteneva anche don Seppia, il parroco così perverso che insidiava perfino i cherubini dipinti sulle pareti della chiesa. Lo stesso Seppia, dal carcere, ha presentato la sua adesione a qualunque iniziativa per guarire i preti dal vizio di palpare i bimbi, purché ne venga contestualmente attivata una per istillare nei bimbi il vizio di palpare i preti. Fra i promotori del corso, don Fortunato Di Noto, instancabile indagatore della pedofilia sul web, che lancia l’allarme: «La rete è un supermarket di pedopornografia e gli esponenti della Chiesa ne sono clienti assidui. È ora di chiedere per loro lo sconto fedeltà.» Durissima la condanna di Di Noto per i religiosi che in chat si fingono bambini per attirare le prede: «E se lo fate, almeno non traditevi con frasi tipo “ciao adesso chiudo perché la perpetua mi ha preparato la merenda”». Le lezioni prevedono anche momenti terapeutici a cura di psicologi che sradicano nei preti l’attrazione per i piccoli insegnando loro a vederli come li vede l’adulto italiano medio: una continua rottura di coglioni. «Credete che i genitori li mandino così volentieri in oratorio per farli diventare buoni cristiani? Stronzate. È per toglierseli dalle balle un paio d’ore», spiegano gli esperti, «fanno casino, non si lavano, si ammalano di continuo e vogliono solo giocare. E se non li lasci vincere frignano! Altro che attirarli in sagrestia, dovreste cacciarli a calci». Per consolidare l’allergia ai piccoli, ai preti viene imposta la visione coatta dell’ultima stagione di «Sos Tata» e di «Ti lascio una canzone»; i più incalliti vengono imbarcati su un volo in Economy per l’Australia seduti vicino a cinque fratellini tra i 5 e i 12 anni muniti di un solo videogioco. Al termine del trattamento, i sacerdoti si sono trasformati in pedofobi inveleniti, non vogliono vedere un minorenne nudo o vestito nemmeno in fotografia e guardano con odio perfino il Gesù Bambino del Presepe. Il corso intende anche cancellare la pessima fama del cattolicesimo come oasi protetta per i molestatori di bambini. «Ormai tutti credono che ogni tonaca nasconda un pedofilo», osserva un presule, «mentre sotto può esserci un feticista del piede, un masochista, un coprofilo, un voyeur e perfino un casto. Ma è sempre più raro: sentendosi isolati rispetto ai pedofili, gli altri pervertiti abiurano sperando di trovare migliore accoglienza in una religione concorrente. Un confratello fissato con la biancheria femminile è diventato mormone e si trova benissimo». Saviano fazista ancora un’altra lista? A maggio, su La7, comincerà il nuovo programma di Fazio e Saviano. “Quello che non ho” sarà l’ideale prosecuzione di “Vieni via con me”, rispetto al quale presenterà molte novità, come ad esempio il nuovo simbolino del canale in basso sulla destra. Ruffini, dunque, punterà su una fascia d’ascolto solida come quella dei camorristi: telespettatori ideali, dato che hanno il pregio di essere agli arresti domiciliari. Nel 2010, già alcuni dirigenti Rai criticarono la scelta della televisione pubblica di non proseguire “Vieni via con me”, visto l’enorme successo che la lettura di elenchi di cose scontate e retoriche aveva riscosso. Nel nuovo programma dovrebbero essere ripresi i consueti temi: camorra, mafia, elenco dei modi in cui si salvano gli ascolti di una rete che affonda, elenco delle angolazioni da cui Saviano preferisce essere inquadrato. Sebbene sia spesso presente sui giornali, Saviano in televisione non compare molto, soprattutto per il fatto che mettergli tutta la scorta in camerino rende ben presto l’aria irrespirabile. L’ultima volta che è andato in tv è stato per partecipare a “Le invasioni barbariche” di Daria Bignardi. Il suo intervento fu un tale flop in termini di ascolto che la Bignardi il giorno dopo si iscrisse ai Casalesi. Ma Saviano ora ha deciso di tornare sul piccolo schermo, sebbene abbia ricevuto già diverse intimidazioni (fra cui la testa mozzata di un telegatto fra le lenzuola). Con la nuova trasmissione, spera di bissare il successo di “Vieni Via con me”. Che poi, la gente ormai guarda Saviano un po’ per lo stesso motivo per cui guarda la Formula Uno: aspetta che ci scappi l’incidente. Ad esempio Saviano che viene avvelenato in diretta, un sicario che sale sul palco camuffato da Serena Dandini o Fabio Fazio che riesce a non fare un complimento a qualcuno. Se poi qualcuno abbatterà il sicario… beh se la sarà cercata. La prossima volta impara a far credere di essere la Dandini. Canta anche tu col simpatico Max! Ogni settimana un brano reinventato dal bravo fantasista da cantare intorno al fuoco. E con gli accordi! Sulle note di MONTAGNE VERDI (M. BELLA) SOL RE MIm SIm SOL RE LA RE Mi ricordo Carfagne verdi MIm7 e le corse di una Brambilla col Cicchitto mio più sincero RE un La Russa dal muso nero. SOL LA RE Poi un giorno è cambiato il trend SOL SI MIm Silvio, Umberto e Pierluigi SI7 MIm7 scomparivano piano piano LA7 RE esultando gli dissi addio. SOL LA RE Quanto vorrei levarmi il mutuo SOLSI MIm per pagare il mio bilocale SI7 MIm7 io tra un pò vado a dormì in una aiuola LA7 RE quanto vorrei esser come Scajola SOL RE MIm SIm Il mio destino è di stare accanto a un tecnico SOL RE MIm SIm con lui vicino la benzina aumenterà SOL RE LA e con le pezze al culo tornerò. RE Mi ricordo le Fiamme Gialle MIm7 con Lavitola che è ritornato... “sta’ vuotando il sacco” “gli fanno il mazzo” RE tanto poi non succede un cazzo. SOL LA RE Nella nebbia tutti i servizi SOL SI MIm tanto è sempre la stessa storia SI7 MIm7 c’è una casta a cui pagàmo i vizi LA7 RE e noi quì co’ un piatto de’ cicoria. SOL LA RE Io rimpiango Forlani e Andreotti SOL SI MIm io rimpiango la vecchia scuola SI7 MIm7 co’ sta nuova classe dirigente LA7 RE affondiamo in una bagnarola SOL LA RE La la la la, la Bce SOL SI MIm la la la la, ci mangiano in tre SI7 MIm7 la la la la, co’stì Btp LA7 RE la la la la, ci puoi pure morì SOL RE MIm SIm Il mio destino è di avere un grosso spread SOL RE MIm SIm con Mario vicino più risparmi non avrò SOL RE LA e un disgraziato io sarò. SOL RE Rimango al verde MIm LA7 RE massacrato da stì Bot di Max Paiella E P R O V A T! C I VOI! Invecchiamo e diventiamo più buoni: questa volta, le battute erano moscine ma il premio lo diamo lo stesso. L’originale va ad Andrea Cusato. Per la prossima volta, una bella vignetta di Tauro. Siatene all’altezza, tirate fuori il lampo di genio. Provateci, provateci, provateci. Potevi incontrarlo per caso: da oggi, lo puoi acquistare nei migliori negozi "TANTO A NOI ELETTORI LEGHISTI QUESTA NON SERVE". Invia la tua battuta a: [email protected] L’ALBUM DELLE FIGURacce L’ALBUM DELLE FIGURacce effediemme effediemme effediemme effediemme 192 PAOLO IANNELLI Il primario al Cardarelli di Napoli intercettato al telefono chiede di liberare un posto letto: "Cacciane una, ho un'amica da operare". (http://napoli.repubblica.it 7 marzo 2012) A cura di Alberto Graziani radio2.rai.it 193 "La ricetta per guarire dalla vaginite: secondo la dottoressa Mereu, che è un medico chirurgo, per risolvere efficacemente la malattia sarebbe sufficiente inserire in vagina una medaglietta raffigurante la Madonna e recarsi poi a messa". (Il giornale di Vicenza, 16 febbraio 2012) Scarica il Podcast su 194 In coma dopo un trauma cranico, legata alla barella con delle lenzuola «per evitare cadute» e senza nutrizione da quattro giorni. È la condizione in cui i senatori Marino e Gramazio hanno trovato una signora di 59 anni al Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I di Roma. (roma.corriere.it, 20 febbraio 2012) 195 CLAUDIO LOTITO "La Corte d'Appello di Milano ha ridotto la condanna da 2 anni a 18 mesi per il patron della Lazio accusato di aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza per la vicenda del 2005 con al centro la compravendita dei titoli della società". GABRIELLA MEREU RENATO BALDUZZI Misfatto - 22 Aprile 2012 Direttore Responsabile Stefano Disegni Caporedattore Paolo Aleandri Art Director Cristina Trovò Segretaria di Redazione Francesca Piccoletti Mago del Photoshop Paolo Cucci In redazione Riccardo Cascino Direttore Amministrativo Carlo “Bancomat” Pontesilli Prodotto e realizzato da: Imprese Disperate S.r.l. Sede Legale: Via Iberia 20 - 00183 Roma Sede Amministrativa: Studio Pontesilli Via Sant’Erasmo 23 - 00184 Roma VII  (ilmessaggero.it, 12 marzo 2012) Dai trionfi sul Web al Misfatto. LA SORA CESIRA L’uso moderato della mazzella Agatona è una signora molto educata che vive nel mio quartiere e tira avanti grazie a un piccolo banco di frutta. Ha un marito perennemente votato alla malinconia e tre figli che si spartiscono equamente un solo Q.I. Ultimamente, come quasi i cinque quinti di questa povera nazione, la mia conoscente non se la passa bene; i vigili l'hanno multata di cento euro per lo sconfinamento di un cocomero sul suolo pubblico. Certo, versandone solo cinquanta in via amichevole, i pubblici ufficiali sarebbero stati disposti a chiudere un occhio... Anche il suo consorte ha avuto dei problemi con la banca. È andato a ritirare venti euro e il cassiere gli ha spiegato come i risparmi si fossero molto ridotti in virtù di una clausola scritta al contrario, in cirillico, a pagina 182 del contratto di deposito. Ovviamente, pagando poche centinaia di euro, sarebbe stato possibile cambiarne le condizioni. La povera Famigliola, "Eccheccazzo" direte, ha anche ricevuto un invito da parte di Equitalia a versare trecento euro di interessi per una multa da ottomila lire del 1990. Uno dei figli allora, ha provato a chiedere un anticipo di liquidazione al suo datore di lavoro. Il capo, dando sfoggio di grande umanità, gli ha spiegato che sarebbe stato quantomeno strano concedere anticipi su somme inesistenti; il Tfr infatti è previsto per i lavoratori regolarmente dipendenti, non per quelli che quando arriva un controllo sanno di dover strisciare dal retro, travestiti da pianta. Agatona però non si è persa d'animo e, da autentica capofamiglia, ha riunito le sue truppe. Poi, dopo aver stimato un budget orientativo per cavarsi dai guai, ha trovato il modo di non intaccare ingiustamente i risparmi di una vita. La mazzella è uno strumento punitivo di grande efficacia, purchè la si usi con saggezza e moderazione. Costa non più di venti euro, trenta nella versione chiodata e manico in similpelle. Ora la signora Agata attenderà con ansia che il postino le consegni il pacco, poi, dopo avergli offerto il solito caffè, resterà da sola ad ammirare con soddisfazione la parziale risoluzione dei suoi problemi. SATIRA INTERNAZIONALE SATIRA INTERNAZIONALE SATIRA SATIRA INTERNAZIONALE SATIRA INTERNAZIONA Dedichiamo questo speciale satira internazionale a Mana Neyestani, disegnatore satirico iraniano, nato a Tehran nel 1973. Ha collaborato alla rivista Zan, dedicata ai diritti delle donne, fino alla sua chiusura da parte del regime nel 1999. Nel maggio del 2006, a seguito della pubblicazione di una vignetta a proposito del conflitto interno tra riformisti e conservatori, si sono scatenate violente proteste, culminate con il suo arresto e detenzione per due mesi, nonché la chiusura del giornale Iran da parte dell’autorità religiosa. Mana vive attualmente all’estero ed è firma di punta di Radio Zamaneh, radio indipendente con base in Olanda, attiva nella lotta per i diritti umani e la diffusione della cultura e del pensiero iraniano nel mondo. E SATIRA INTERNAZIONALE SPECIAL Stefano Disegni è in viaggio. Nello spazio di solito occupato dalla sua strip ospitiamo le opere di un artista straniero direttamente impegnato nella difesa della libertà di espressione. Naturalmente, la prossima settimana ritroverete l’amata strip dell’amato direttore. INTERNAZIONALE SATIRA INTERNAZIONALE SATIRA VIII Domenica 22 aprile 2012 pagina 9 ITALIE “Gli anni di piombo sulle mie gambe” Antonio Iosa, ferito dalle Br, risponde polemico a Erri De Luca Un’immagine di Antonio Iosa (FOTO MILESTONE) di Nando Dalla Chiesa D avvero Erri De Luca ha detto così? Gli anni di piombo un’ invenzione? Certo, perché non le ha prese lui le pallottole”. Antonio Iosa è nel suo lettino all’ospedale di Niguarda, a Milano. Non può alzarsi, immobilizzato com’è tra flebo e cannucce. “Mi sento un prigioniero politico”, scherza amaro. Ernia, una nuova operazione d’ernia. Ha settantanove anni, Iosa, e ne aveva quarantasette quando i brigatisti della colonna Walter Alasia fecero irruzione nella sezione della Dc di Quarto Oggiaro. Era il 1 aprile del 1980. I capelli bianchi, radi tra le basette ancora folte, segnano il tempo passato. Il viso segna altro. Racconta il calvario che lo aspettava dopo quel giorno. Misero al muro lui e altri tre militanti democristiani, poi mirarono alle gambe. Così andavano colpiti, gli urlarono in faccia, “i servi di Cossiga”. In realtà l’ immigrato pugliese tutto era fuorché uomo della repressione. I terroristi erano bravissimi, per giustificare i delitti, a diffamare le loro vittime. Iosa era stato il fondatore del circolo “Perini”, una delle più importanti realtà associative milanesi di periferia. Integrazione sociale, cultura, lotta alla marginalità, pace, dialogo. Luogo di incontro di amministratori e di contestatori. Molti i pugliesi e i siciliani che grazie al circolo, giunto oggi al suo cinquantesimo anniversario, riempirono di senso la loro nuova cittadinanza. Molti i giovani che poterono sentire dal vivo intellettuali, sindacalisti, sindaci, magistrati o cardinali e preti di frontiera. Da allora Iosa non ha mai smesso la sua lotta in difesa delle vittime del terrorismo, della memoria di chi non c’è più, dei diritti dei familiari o dei sopravvissuti. Convegni, pubblicazioni, mostre, dibattiti, lettere ai giornali. Sempre pronto a dare una mano anche alle vittime delle stragi nere o di Stato e a quelle della mafia. Disposto a riconoscere agli ex terroristi il diritto al reinserimento, ma intransigente verso ogni rimozione; o verso ogni giustificazione o apologia mascherata del- la lotta armata. Tanto che proprio lui, il “servo di Cossiga”, guidò agli inizi degli anni novanta la protesta di familiari e vittime contro il “Picconatore”, accusato di essere più sensibile alle ragioni dei terroristi delle varie sigle che non a quelle di chi ne aveva subito la violenza. Gli diede del “servo di Curcio” per quella familiarità compiaciuta verso i militanti del terrore, che lo aveva portato a fare anche da testimone di nozze a uno di loro. PER QUESTO sgrana gli occhi incredulo quando gli raccontano dell’ intervista di Erri De Luca di due settimane fa a “8 e mezzo”: “Gli anni di piombo? Saranno stati di piombo per gli idraulici, perché ancora non c’ era il Pvc”, ha chiosato beffardo lo scrittore, quasi a confermare la legge sciagurata che vuole i grandi intellettuali italiani particolarmente inclini a dir castronerie quando siano in ballo i drammi del paese. Non ne ha parlato nessuno, di quel passaggio cinico, perché anche il paese dorme più che mai il sonno della ragione. “Si vergo- gni”, riesce a dire Iosa a stento. Per poi distillare poche parole in più: “Certo, perché a lui non hanno sparato, e nemmeno hanno ammazzato suo fratello o suo figlio o un suo genitore. Queste persone non hanno rispetto. Lo vogliono per sé o per quei loro amici o compagni o conoscenti che fecero certe scelte. Ma lo negano a noi. Sento sempre dire che uccisero per nobili motivi, ma io non penso che ci siano motivi nobili per i quali si possono uccidere brave persone che non sono in guerra con nessuno”. Per me, “Certo a lui non hanno sparato e nemmeno ammazzato suo fratello o un genitore” sembra dire, sono stati anni di piombo sul serio; e non facevo l’idraulico. Non si è arresa certo da allora la sua attività sociale, perché il Perini ha continuato a macinare dibattiti e iniziative, compresa quella - una vera sfida- del cinema in periferia. Non si è fermato il suo impegno per una società solidale. Ma nel frattempo ha tenuto un conto molto particolare, chiamiamolo il conto dell’idraulico. Si è segnato il numero degli interventi chirurgici che ha dovuto subire per aiutare la sua capacità di “deambulare” (ormai in queste cose parla come un medico...) dopo la gambizzazione. Sono trentaquattro, trentaquattro interventi, “alcuni più pesanti altri più leggeri”. Spesso è stata colpa delle complicazioni, che fanno nascere patologie complesse. “Anche adesso, per esempio, mi hanno operato d’ernia. Non mi sento di dire che sia per la ferita alla gamba, però ogni volta il medico che interviene nota delle anomalie e io allora devo spiegare «mi hanno sparato alla gamba tanti anni fa»...”. Non è riuscito, invece, a tenere il conto esatto delle visite specialistiche. Quelle sono oltre quota centoventi, “ma più preciso non posso essere”. ORA, ALLA SOGLIA degli ottanta, ha una preoccupazione quasi ossessiva: che la memoria di quegli anni non venga più difesa. Per questo da tempo ha quasi passato la staffetta a un giovane. A un trentenne. Si chiama Giorgio Bazzega. Suo padre era maresciallo della Digos e venne ucciso proprio da Walter Alasia a Sesto San Giovanni nel 1976. Iosa se lo coltiva, lo presenta in pubblico come una specie di figlio-erede. E in questi giorni ha invitato, dal suo lettino di Niguarda, anche se “sono qui in croce”, a partecipare all’intitolazione del parco Teramo a Milano alla memoria di Andrea Campagna. Poliziotto, figlio di immigrati calabresi, ucciso il 19 aprile del ‘78 davanti al portone di casa della fidanzata. Tra gli assassini, secondo la legge italiana, Cesare Battisti. Perseguitato politico per la legge brasiliana, con lettera di garanzia, pensa te la storia, di Francesco Cossiga. In servizio all’Interpol ma con metodi mafiosi di Antonio Massari firmare senza D eveorecchie l’assegno preso rompere i coglioni. Va per le e deve onorare quanto deve”. Siamo tra il maggio e il luglio 2009 quando il Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro intercetta queste parole che trasmette ai magistrati con una dettagliata informativa: questa volta è un ufficiale dei Carabinieri che, per riscuotere un credito, sta usando il “metodo mafioso”. Anzi: manda dal creditore direttamente un uomo della ‘ndrangheta, spingendolo a “prenderlo per le orecchie” e a fargli “firmare l’assegno senza rompere i coglioni”. E in questo modo – sottolinea il Gico – il debitore Giovanni Lucente si convince che l’azione intimidatoria giunge direttamente dalla ‘ndrangheta e la sua capacità di reazione, per la comprensibile paura, viene completamente annullata. Invece l’azione intimidatoria, stando agli atti d’indagine, partiva da un uomo dello Stato: parliamo di Enrico Maria Grazioli, maggiore dell’Arma ora in servizio all’Interpol, indagato a Catanzaro per tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Nello stesso fascicolo, in concorso con Grazio- li, è accusato Nicola Arena, esponente dell’omonima famiglia di Isola Capo Rizzuto: è a lui che l’ufficiale dei Carabinieri aveva chiesto d’intervenire per riscuotere il pagamento del debito. È già grave che una delle più potenti cosche di ‘ndrangheta abbia rapporti con un ufficiale dell’Arma ma se poi, come in questo caso, lo Stato veste i panni della mafia, in una regione come la Calabria, la vicenda è davvero inquietante. È L’8 GIUGNO quando Grazioli chiama Nicola Arena per spiegargli che il messaggio non è stato recepito e i suoi amici non intendono essere presi in giro: chiede un intervento per chiudere la partita, perché Lucente “va preso per le orecchie” e bisogna costringerlo “a onorare quanto deve”. Il 27 luglio 2009 Grazioli richiama Nicola Arena e discutono del debito di Lucente. E arrivano a questa conclusione: se non vuole pagare, attraverso un amico di Nicola, bisogna fargli firmare un assegno. I fatti risalgono al 2009 ma l’indagine – nonostante riguardi un episodio così grave – è andata avanti a singhiozzi: ora è finalmente nelle mani del procuratore aggiunto di Catanzaro, Francesco Borrelli, (FOTO LAPRESSE) Catanzaro: ufficiale dei carabinieri indagato per tentata estorsione Usava uomini della ‘ndrangheta che gli ha dato un nuovo impulso. Iniziata dal pm Pierpaolo Bruni, l’indagine fu richiesta da due pm della dda di Catanzaro, Salvatore Curcio e Paolo Petrolo: nell’agosto 2010, la procura generale risolse il contrasto di competenza, sottraendo il fascicolo a Bruni e destinandolo ai due pm antimafia. Dopo aver richiesto il fascicolo, però, il pm Curcio ha deciso di astenersi. Grazioli – che aspirava a un posto nei servizi segreti - ora è all’Europol. E non è la prima volta che viene coinvolto in un’indagine giudiziaria. Nel 2009 fu indagato per violazione del segreto istruttorio dal pm di crotone Pierpaolo Bruni. Peraltro si scoprì che era anche in contatto con l’ex direttore della security Wind, Salvatore Cirafici, dal quale aveva ricevuto una scheda “poter conversare tranquillamente e senza timore di essere intercettati”. Ed è durante gli interrogatori dinanzi a Bruni che Grazioli, per la prima volta, accenna a un debito di Lucente: “Mi permisi – dice il 30 ottobre 2009 - di fare una richiesta al Cavarretta (Anselmo, imprenditore di Isola Capo Rizzuto, coinvolto in altre indagini, ndr) ovvero di intervenire con sue amicizie o personalmente (…) nei confronti di Lucente, un imprenditore edile di Crotone, che aveva un debito(...) nei confronti del mio amico, Danilo Silipo di circa 50mila euro. Non sono a conoscenza se poi (…) abbiano fatto quanto chiestogli, né tantomeno se il Silipo sia stato o meno pagato”. Nel frattempo, però, il Gico l’aveva già intercettato mentre, proprio per il pagamento di quel debito invece di Cavarretta, parlava con un uomo della ‘ndrangheta. E così, all’indagine per violazione del segreto d’ufficio, ora si aggiunge quella di tentata estorsione con l’aggravante mafiosa. 5 CODICE FISCALE 97046630584 LA VOCE DEL PIANETA. Greenpeace esiste perché il nostro fragile Pianeta merita di avere una voce. Servono soluzioni, cambiamenti, azioni. Greenpeace è indipendentee non accetta fondi da enti pubblici, aziende o partiti politici. Sostienici con il tuo 5x1000. www.greenpeace.it pagina 18 AL VOTO AL VOTO Sudan Obama: “Fermate subito il conflitto” Barack Obama ha inviato un videomessaggio ai popoli del Sudan e del Sud Sudan per chiedere di fermare un’escalation militare che rischia di portare alla guerra. “Sappiamo cosa deve accadere, il governo del Sudan deve fermare le sue azioni militari, compresi i bombardamenti aerei, allo stesso modo il Sud Sudan interrompa il sostegno ai gruppi armati”. (FOTO ANSA) Olanda È crisi di governo, elezioni vicine La crisi economica fa un’altra vittima. Questa volta a cadere sotto i colpi della recessione e dell’austerity è stato, salvo colpi di scena nelle prossime ore, il governo olandese di Mark Rutte. Ma la vera causa di quanto successo è sempre lui, il leader xenofobo, antiislam, euroscettico e populista di estrema destra Geert Wilder. (FOTO ANSA) HOLLANDE SI SENTE GIÀ IL NUOVO MITTERRAND La Francia decide oggi. Il presidente Sarkozy teme il tonfo Lotta aperta per il terzo posto tra Marine Le Pen e Mélanchon di Gianni Marsilli Parigi così stasera, salvo terremoti carsici e inattesi, il capo dello Stato francese sarà messo al suo posto: dietro il socialista François Hollande, a quattro o cinque ruote di distanza. L’aritmetica, se i sondaggi dicono il vero, appare impietosa: per un Sarkozy in seconda posizione, fermo attorno al 25 per cento dei suffragi, sarà impresa epica rimontare e vincere al secondo turno. Tra due settimane non avrà più riserve alle quali attingere, se non parte dei voti lepenisti e parte di quelli centristi. Invece Hollande potrà contare, oltre che sui centristi ai quali Sarkozy fa venire l’orticaria, su un bel riporto di voti da sinistra, a cominciare da quelli di Jean Luc Mélenchon e del suo Front de Gauche, che gli ultimi sondaggi davano al 14/15 per cento. E al seggio “per buttar fuori Sarkozy e la sua combriccola”. Ecco che il socialista Hollande, questa sera, potrebbe avere in tasca un consenso virtuale che ruota attorno al 45 per cento, mentre l’altro arriverebbe, ansimante, forse al 40 per cento. Per la sinistra francese, globalmente intesa, sono percentuali che non si percepivano dal 1981, quando Mitterrand portò la rosa nel pugno al governo del Paese. Questo spiega anche la convergenza di tutti i sondaggi in vista del secondo turno: almeno il 54 per cento per Hol- anni fa, il riposo del guerriero a bordo dello yacht dell’amico Vincent Bolloré. Galeotti furono i rolex, gli amici della jet society parigina, quello stile che venne battezzato bling-bling. Galeotte furono le esenzioni fiscali ai più abbienti, le parole sprezzanti rivolte alla plebe: “Levati di torno, coglione”. GALEOTTO fu soprattutto lo sgarbo nei confronti della funzione presidenziale, che per i francesi è figlia di un’elezione ma si nutre di un’anima monarchica. Il re dev’essere altero nella solitudine del potere, Sarkozy è stato un monellaccio rumoroso e maleducato. Ma galeotta è stata anche la testarda rotta politica tenuta da cinque anni: fare a gara con il Fronte nazionale a chi più tartassa gli immigrati, legali e non, a chi evoca di più l’islam e i suoi esoterici pericoli. A Sarkozy era andata bene nel 2007, adesso basta: da ministro degli Interni o da presidente della Repubblica, sono dieci anni che agita gli stessi spettri. Risultato: il Fronte nazionale è sempre lì, anzi pare tornato ai fasti del 2002, quando Jean Marie Le Pen si giocò la finale con Jacques Chirac, e la sinistra rimase alla finestra, traumatizzata e orfana di Lionel Jospin. Gli errori degli inizi e le coazioni a ripetere gli son rimasti incollati, al presidente Sarkozy. Hanno forgiato la sua immagine, e di conseguenza nutrito l’antisarkozysmo. Che ha messo radici troppo larghe e profonde per sparire d’incanto, il tempo di un’elezione. Si è detto e scritto che la campagna elettorale ha volato basso, che si è parlato più della carne halal e della patente a punti che della crisi economica. È vero, la crisi è stata costantemente evocata ma non analizzata e soprattutto nessuno ha osato preconizzare le modalità e i prossimi tempi duri e austeri, che dovranno necessariamente arrivare anche per la spesa pubblica più alta d’Europa. Ma c’è stata un’altra cosa che ha accomunato tutti i candidati, NON CHE a Mélenchon e ai suoi piaccia il socialdemocratico Hollande, ingenerosamente battezzato “capitano di pedalò”, altroché presidente. Ma la loro conclamata priorità è di sloggiare Sarkozy dall’Eliseo, e se il grimaldello per farlo si chiama Hollande, ebbene, si voti Hollande: “Aux urnes, citoyens!”. Lo dice persino l’operaio operaista marxista leninista Philippe Poutou, che non vede l’ora di tornare in fabbrica: “Sarò lì già il 2 maggio”, e il 6 I sondaggi sul secondo turno indicano il socialista vincente al 54 per cento lande, non più del 46 per cento per Sarkozy. Va detto però che tra il primo e il secondo turno vi saranno ancora due settimane di campagna, e che se c’è una cosa che non manca al presidente uscente è l’energia e la capacità di rimonta. Galeotti furono gli esordi presidenziali, per l’ancor giovane Nicolas Sarkozy. Galeotto fu, cinque Il direttore di “Le Monde”: “I candidati hanno animato la campagna con uno sgradevole antieuropeismo” dando vita ad una specie di colonna sonora di tutti i meeting: l’atteggiamento verso l’Europa. Ha scritto il direttore di Le Monde, Erik Izraelewicz: “La musichetta anti-europea che ha animato tutta la campagna ci è stata particolarmente sgradevole”. A noi pare che ne sia uscita una Francia rimpicciolita: neanche François Hollande, che pur si formò alla scuola di Jacques Delors, ha fornito una visione europea, d’avvenire del suo progetto. Quanto a Sarkozy, ha evocato l’Unione solo in quanto “ombrello protettore” dei francesi contro le malefatte della mondializzazione. Non parliamo degli altri: per Marine Le Pen l’Europa è un’armatura di cui liberarsi, per Jean Luc Mélenchon una cattedrale di burocrazia, e persino il centrista François Bayrou, in altre campagne vessillifero del progetto europeo, stavolta non ne ha indossato i colori, scegliendo come slogan “produrre francese, comprare francese”. Un ripiego generale di qua dal Reno, una Maginot degli spiriti. CLAUDE ANGELI capo del politico al giornale satirico Il “Canard”: sinistra attenta, c’è il rischio fascista di Anna Tito Parigi che risultare N on potevaClaudelaAngeli:originalel’analisi di dal 1971 redattore capo per politica del Ca nard enchaîné, prestigioso settimanale satirico francese, del tutto indipendente – senza finanziamenti pubblici, né pubblicità – da sempre antimilitarista e anticlericale, autore di indagini su scandali politici, economici e finanziari; con le 500 mila copie vendute a ogni tiratura e il bilancio ampiamente in attivo, turba da sempre il sonno dei potenti, “scrivendo quel che gli altri non scrivono”, secondo il suo motto, coniato in occasione della fondazione nel 1915 a opera dei coniugi Maréchal nell’intento di “criticare la guerra” con l’arma dell’ironia, dell’umorismo e della derisione, convinti dell’effetto vendicativo e consolatorio del ridere. Angeli ha quindi, senza dubbio alcuno, le antenne lunghe. Il Canard chi sceglierà domenica fra i candidati all’Eliseo? Il nostro è un giornale di sinistra, quindi vedete voi. Ritengo però che spicano questi attacchi, ma non si la campagna elettorale non sia stata di esclude che entro quest’anno gli grande qualità, né da parte della mag- israeliani non tentino di colpire l’Igioranza attuale, né dell’opposizio- ran, prima che venga in possesso delne. la sua arma nucleare. Va detto che il Per quale motivo? Paese è nella paranoia anche per via Si parla e straparla di patente, del bur- della stupidità del regime iraniano qa, insomma di questioni margina- con i suoi propositi annunciati di voli… Ma i problemi sono ben altri, e mi ler distruggere Israele. Quanto all’Afcolpisce il silenzio, da parte di tutti, ghanistan, basti pensare che per Sarsulla politica estera: si è ignorato il kozy il ritiro avverrà nel 2013, per gli conflitto israelo-palestinese, nel ti- americani nel 2014 e per Hollande more di reazioni da parte degli elet- entro quest’anno, come se migliaia di tori e per evitare di impeLa copertina del “Canard” gnarsi; tutti si dicono d’accordo sulla creazione di uno Stato palestinese, ma permane la questione delle colonie, e i giornalisti si guardano bene dall’interrogare i politici a questo proposito. E sul rischio di un raid israeliano sull’Iran ho scritto un articolo, che uscirà mercoledì prossimo, sulla base di un rapporto riservato del nostro Ministero della difesa: francesi, americani e altri, non au- L’estrema destra ha fatto una propaganda intelligente con la difesa dei servizi pubblici tonnellate di materiale bellico si potessero mettere su un aereo. La mancanza di dibattito sulla politica estera quali ripercussioni avrà? Secondo i sondaggi, l’astensione, ad esempio, potrebbe arrivare al 30%. Mi rincresce che non si affrontino i problemi essenziali: come abbiamo potuto lasciare la Grecia e la Spagna andare alla deriva? Con quale faccia tosta vengono ora a parlare di crescita? Dinanzi alle questioni delicate, tutti fuggono, e la disinformazione comporta inevitabilmente un ‘ritorno indietro’ della democrazia. Ormai noi, cittadini, elettori o militanti dobbiamo accontentarci di quanto ci propinano la radio e la televisione, falsità il più delle volte. Vogliamo parlare dei 15 milioni di immigrati che sarebbero giunti in Francia, secondo Marine Le Pen? Potrebbe arrivare lei, come nel 2002 suo padre Jean Marie, al secondo turno? Lo ritenevo impossibile fino a un anno fa. Credo però che ora raccoglierà non pochi voti, poiché giocano a suo favore tutte le debolezze sociali e psicologiche dell’elettore, nonché la mancanza di cultura politica, e lei porta avanti una campagna intelligente, con la difesa dei servizi pubblici ad esempio, cosa che suo padre si guardava bene dal fare. Si dà ormai per scontata la vittoria di François Hollande, forse pericolosamente, e lui stesso si è detto preoccupato che questo porti alla dispersione e al disimpegno dell’elettorato. Hollande auspica un voto “utile” poiché teme un elettorato troppo convinto della sua vittoria, e che dunque non lo voterà al primo turno. Ricordo la lezione del 2002, quando, sicuri della vittoria di Jospin, alcuni – e ne conosco non pochi – non si recarono alle urne, ripromettendosi di andare al secondo turno. Trionfò Le Pen, poi sconfitto da Chirac al ballottaggio. Domenica 22 aprile 2012 ALTRI MONDI Siria L’Onu approva l’invio di 300 osservatori Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una risoluzione che porta fino a 300 il numero di osservatori che saranno inviati in Siria per monitorare il cessate il fuoco previsto dal piano di pace dell’inviato di Onu e Lega Araba, Kofi Annan. Ma l’invio degli osservatori avverrà solo se l’Onu riterrà sicuro per loro recarsi in Siria. (FOTO ANSA) Israele Sinai, alto il rischio attentati a turisti Il governo israeliano ha sollecitato i propri concittadini affinchè lascino “immediatamente” l’area del Sinai, dove a breve potrebbero verificarsi attacchi o attentati. L’antiterrorismo dello Stato ebraico ha diramato l’allarme sulla base di “informazioni che indicano come alcune organizzazioni terroristiche stiano lavorando ad attacchi contro i turisti”. (FOTO ANSA) Gli ultimi comizi elettorali di Francois Hollande e Nicolas Sarkozy (FOTO ANSA) Bahrain: un morto in piazza, ma i piloti continuano la corsa L’iridato Sebastian Vettel imbarazzante: “Fermarci? si esagera” Ancora scontri, feriti e un civile che perde la vita, mentre il Bahrain si preparava al Gran premio di Formula1 che oggi, nel pomeriggio in Italia, si correrà comunque. Continua la protesta degli oppositori, vicini a una maggioranza mulsulmana sciiita, che contestano la monarchia (minoranza sunnita) e chiedono più democrazia. Quando erano in corso le qualifiche per stabilire la griglia di partenza della corsa, ieri la polizia in assetto antisommossa, a bordo di fuoristrada, è intervenuta nel villaggio costiero di Diraz, pochi chilometri a est della capitale Manama, e ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere migliaia di manifestanti che avevano appena preso parte a un’ennesima marcia di protesta. Due donne protestano contro il re Hamad bin Isa Al Khalifa (FOTO ANSA) L'ULTIMO SONDAGGIO FONTE: IPSOS PER “LE MONDE” di Robert Fisk 29% FRANÇOIS HOLLANDE PARTI SOCIALISTE “Sono l’uomo della speranza” “Ho conosciuto tanti europei che attendono, che sperano la nostra vittoria. Non voglio più un’Europa che è solo un mercato” FRANCOIS HOLLANDE S 25,5% NICOLAS SARKOZY UMP “Non fidatevi dei sondaggi” “Unitevi, mobilitatevi, difendetevi, prendete la parola, non ve la fate togliere, imponete la vostra vittoria!” NICOLAS SARKOZY e fosse Assad a tirare fuori 50 milioni di euro per far disputare il Gp in Siria, Ecclestone sarebbe contento di fornire una copertura politica alla brutalità del suo regime? Se il ministero degli Esteri della Gran Bretagna invita gli appassionati di automobilismo a non andare in Bahrain, allora, amici miei, non è sport, è politica. Che poi lo sport c’entri poco o nulla lo dimostrano anche le autorità del Bahrain accogliendo a braccia aperte i cronisti sportivi e rifiutando il visto agli altri giornalisti che vorrebbero raccontare al mondo cosa succede in questo minuscolo regno governato da una minoranza sotto lo stretto controllo dell’Arabia Saudita. Ma che ci dicono i nostri eroi dal circuito che si trova a 25 miglia da Manama, capitale del Bahrain? Jenson Button e Lewis Hamilton sono lì solo per una manifestazione sportiva. tutto l’anno le autorità del Bahrain hanno fatto del loro meglio per cercare di convincerci che la repressione era giustificata da una rivolta armata). Prendiamo come esempio l’Iran. Questo Paese musulmano nel 2009 ha soffocato le proteste e imbavagliato l’opposizione. Ora sembra tutto tranquillo e non muore più nessuno. Vuol forse dire che se lo invitassero, Bernie Ecclestone si precipiterebbe a Teheran per organizzare un bel Gran premio di Formula1? ORA UNA IPOTESI a cui rispondere è sicuramente molto più facile. Come andrebbero le cose se il Bahrain invece di opprimere una comunità musulmana sciita che chiede la democrazia stesse opprimendo una comunità ebraica? Button, Hamilton e Ecclestone - per non parlare di quello sventato di Sebastian Vettel - griderebbero ai quattro venti che non intendono correre in un Paese del genere. E, ovviamente, farebbero bene. Come si può affermare che “si sta esagerando” quando Vettel sa a meno di essere completamente estraneo alla realtà di questo mondo - che lo stesso governo del Bahrain ha ammesso che nell’ultimo anno ci sono stati detenuti morti in carcere, casi di tortura da parte delle forze di sicurezza e cittadini uccisi in strada a colpi di arma da fuoco? Vi prego di notare che non ho fatto cenno al Sud Africa del periodo dell’apartheid né ai Giochi Olimpici di Berlino strumentalizzati da Hitler, con la complicità del resto del mondo, come vetrina per esibire le meraviglie del nazismo. Il Bahrain non è né il Sud Africa né la Germania nazista e chi azzarda paragoni del genere è fuori di testa. SIAMO nel ventunesimo secolo e gli uomini e le donne che fanno sport a livello professionistico non possono far finta di ignorare - quando conviene - i valori morali in cui tutti diciamo di riconoscerci. Se vogliono comportarsi come gli imbecilli tutto muscoli e niente cervello di 50 anni fa dovrebbero percorrere la pista del Bahrain a bordo di un’Alfa Romeo 6C, di una Triumph Roadster o di una Crosley Hotshot. Auto del passato per uomini del passato. © The Independent Traduzione di Carlo Antonio Biscotto 16% MARINE LE PEN FRONT NATIONAL “Ritorniamo al franco” “Tecnicamente e giuridicamente rinegozieremo i trattati e la restaurazione della nostra sovranità nazionale” MARINE LE PEN 14% J. L. MÉLENCHON FRONT DE GAUCHE “Noi, la vera rivoluzione” “Possiamo ma prendere il potere noi stessi, siamo indipendenti e autonomi, non dobbiamo appoggiarci al Ps” JEAN LUC MÉLENCHON LA REPRESSIONE feroce della minoranza al governo nei confronti della maggioranza dei cittadini? Nulla a che vedere con noi, la cosa non ci riguarda, rispondono. E Sebastian Vettel? “Penso si stia esagerando”. Esagerando? La primavera araba si è fatta sentire anche in Bahrain un anno fa. Gli sciiti, che costituiscono la maggioranza del Paese, chiesero un governo eletto democraticamente. La minoranza sunnita che esprime il monarca rispose con l’esercito in assetto di guerra, le torture e i morti. E il campioncino senza valore Vettel - è rimasta una qualche traccia di quella che una volta veniva chiamato “bussola morale” - se la cava con “penso si stia esagerando”. Che uomo da poco! Supponiamo che il regime di Assad, oltre a bombardare Homs, avesse sborsato 50 milioni di euro per ospitare una gara di Formula1. Bernie Ecclestone avrebbe cenato a Damasco e sarebbe stato più che felice di offrire una copertura sportiva ad un regime oppressivo e sanguinario? Per lo meno si ha la sensazione che Ecclestone abbia idea di quello cha sta accadendo da quelle parti. Sì, lo concedo, in Bahrain non stanno massacrando la gente come fa il governo di Assad. E in Bahrain non c’è una rivolta armata come in Siria (anche se per pagina 12 Domenica 22 aprile 2012 SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out VI TA /DA LIBRAIO UN INTELLETTUALE ADDETTO A SPOLVERARE di Elisabetta Ambrosi Documetario “Page One un anno dentro il NYT” stasera su Rai5 S. Johansson Arriva a Roma ma le perdono i bagagli a Fiumicino Lecce Al Festival del Cinema Europeo premiato Andrea Segre Scomesse Conte: “Sono sereno, se mi chiamano risponderò” Il “duro”lavoro di chi deve smistare quintali di best-seller, tenere d’occhio il budget, capire chi è Justin Bieber ed evitare usi impropri del Kamasutra decide che Gramsci non è più attuale? A febbraio lo citano al festival di San Remo e si scopre che non può mancare”. Aggiungete il girone delle presentazioni, “imposte dalle case editrici”, e lo stress da tessera, obbligatoria per fidelizzare il cliente (“No, signora, quella è per la donazione degli organi”. “Ma io non li voglio donare”), e avrete un mestiere che ha perso la sua mitologia. Come si legge sul blog Cronache eccentriche, altro che intellettuale in giacchetta di velluto: “Il libraio è l’unico intellettuale che per lavoro spolvera”. IL NATALE È il periodo più caotico dell’anno, spiegano i librai, quello su cui tutti – azienda, distributori, case editrici e rifornitori – puntano per far quadrare i conti. “Immancabili”, scrive Buzzi, “i volumi di Bruno Vespa o Forattini, l’equivalente dei cinepanettoni dei Vanzina. E poi c’è l’Allevi natalizio, la vera storia dell’ultima miss maglietta bagnata, l’ultimo Odifreddi, che ormai scrive un libro a settimana. Sappiamo tutto su Dio grazie a Mancuso e andiamo a Roma, Parigi o Londra con Gesù e Augias”. LA CLASSIFICA (DEI RIFIUTI) Dal preservativo usato, al sacchetto di Mc Donald’s (con bibita annessa), dalla cacca di cane e, forse, umana. Nella sua breve carriera, Buzzi rivela di aver trovato di tutto: “Al primo posto si piazzano gli scontrini, al secondo i fazzoletti di carta usati, al terzo le cicche, al quarto la plastica che ricopre i libri. Mi considero una specie di Edward mani di forbice che ha, al posto delle forbici, degli Swiffer”. GIOVANI&LIBRI Dimenticate l’ultimo rapporto Istat e Censis sui giovani e la lettura. Qualche giornata in librerie sarà più istruttiva sul tema. “Devo passare continuamente dalle sale per assicurarmi che non stiano fumando, per dire loro di non mettere i piedi contro il muro, di non coricarsi sui libri, si smetterla di toccarsi con il Kamasutra in mano”. Se i ragazzi non leggono, le ragazze chiedono libri di canfica piazzare in evidenza i titoli ad alta vendibilità, cioè gli scrittori che hanno venduto bene il primo romanzo o quelli su cui gli editori puntano. “Come in supermercato tu entri e trovi pile di costolette d’agnello e cascate di prosciutto quando magari ti serve solo una salvietta”. Il sistema gestionale delle librerie, spiega Buzzi, ordina automaticamente i titoli altovendenti una volta che sono scesi sotto una certa quantità. Una macchina perfetta? Non proprio. “Spesso le pile di libri che noi spingiamo vanno in resa nella stessa quantità in cui sono arrivate”. Segue “telefonatina dall’alto che ti dice che il libro non ha venduto bene perché non lo hai posizionata bene, quando magari l’hai messo persino nel bagno dei clienti”. PRECARIETÀ “Se prima eravamo in cinque per fare 10 scontrini, adesso siamo in 4 per fare 10 scontrini. Se prima eravamo in quattro per fare 10 scontrini adesso siamo in 3 per fare 10 scontrini. Se prima eravamo in tre per fare 10 scontrini, adesso siamo in 2 per fare 10 scontrini…”. IL SOGNO DEL LIBRAIO “Poter dire all’altoparlante, in chiusura della libreria: ‘Vi informo che se entro cinque secondi non siete fuori dalla libreria libero i cani’. Oppure: ‘Attenzione Fabio Volo è appena entrato in libreria, se non ve ne andate subito cercherà di fare il simpatico con voi’. cusi, lei è un commesso?’. Avverto un brivido lungo la schiena, sono paralizzato, sembro la sorella brutta di Chucky, la bambola assassina. Perchè, con rispetto dei commessi, io non sono un commesso”. Lui è Marino Buzzi, libraio bolognese. Sulle disavventure del mestiere tiene l’esilarante blog Cronache dalla libreria, e poi ci ha scritto un libro dal titolo eloquente: Un altro besteller e siamo rovinati (Mursia editore). Non è l’unico, in rete, a tenere un blog dagli scaffali. Forse perché scrivere è l’unico modo per reggere lo stress da domanda assurda (“Scusi, ha Gomorrea di Savino?”), da insensata richiesta di consiglio, (“Cosa posso comprare a qualcuno cui piace Severgnini? Provi con Kafka è la stessa cosa”). Soprattutto da fatica fisica. Se la stupidità dei clienti e l’acido lattico ci sono sempre stati, oggi fare il libraio è ancora più difficile. Anzi, purtroppo, più semplice: “Quando ho iniziato”, spiega Buzzi, “il nostro ruolo era preminente. Si decidevano i libri e le quantità, le proposte per le vetrine, i posizionamenti. Oggi il tutto è rimandato ad accordi commerciali fra le sedi e le case editrici”. E poi, naturalmente, c’è la tv: “Se ci viene segnalato che un autore sarà ospite di Fazio, rinforziamo immediatamente l’ordine. A settembre si S “A settembre Gramsci non è più attuale, poi lo citano al festival di San Remo e si scopre che non può mancare” tanti già sconosciuti ad un trentacinquenne. “Ma Justin Bieber chi è? Il figlio segreto di Cristina D’Avena?”. L’INCUBO BUDGET Il vero thriller che non manca mai in libreria è quello del budget, “l’elemento alieno pronto a divorarti lo stomaco. Ti svegli la mattina e chiedi: raggiungerò il budget? Guardi, ora dopo ora, gli incassi della giornata per capire se ti stai avvicinando a quanto richiesto dall’azienda, vai nel panico se comincia a nevicare, piove- Illustrazione di Doriano re, grandinare, ti scagli contro i vigili se vedi che transennano la via”. AVANTI IL BESTSELLER “Massificare gli altovendenti!”, ecco l’imperativo morale del libraio. Tradotto in soldoni, signi- Il Record Store Day I DISCHI GIRANO ANCORA NEL GIORNO DELLE ETICHETTE INDIPENDENTI di Luca Raimondo “Un tempo decidevamo i libri, oggi è tutto rimandato ad accordi con le case editrici” e due Italie, quella L del sud, sembranodel nord e quella divise anche dal Record Store Day del 21 aprile, che nel mondo ha coinvolto migliaia di negozi, centinaia di artisti ed etichette discografiche, con le uscite in edizione limitata. La giornata che celebra i negozi di dischi indipendenti e che auspica un ritorno all’ascolto della musica meno distratto e massificato – magari recuperando il vinile – sembra funzionare da Roma in su e sparire nel nulla nel meridione. Attraversare l’Italia in occasione dell’evento, ideato in America nel 2007 e in breve tempo diventato un cult internazionale, offre una lezione sullo stato del paese e della sua cultura. La sterminata provincia del profondo nord è la più vivace, con la Casa del Disco di Varese che per l’occasione organizza “DJ set” di storia del rock in Piazza del Podestà, fa suonare gruppi locali all’interno del negozio e avvicina i passanti informandoli sulla manifestazione. Risultato: negozio pieno, dischi esauriti e grande festa. ALL’OMBRA della madunina al Record Store Day si aderisce, i dischi si ordinano; ma in fondo, di sabato pomeriggio, nella ressa in Piazza Duomo, a chi importa se uno entra per l’ultimo di Madonna o per il remix da collezione degli Arcade Fire? I dischi pubblicati per l’evento, comunque, vanno a ruba. Si tratta di pubblicazioni divise in tre categorie: i dischi più rari, messi in vendita in pochissime copie solo nei negozi che partecipano all’evento; quelli di tiratura maggiore, ma sempre “esclusivi”, e infine quelli che dopo quattro-sei settimane saranno venduti anche altrove (grandi catene e “e-commerce”). Ma “ordini dieci copie e ne arrivano due” spiega, laconico e polemico, Eugenio di Doctor Music a Roma, che dalla capitale fa il proprio punto sulla giornata: “I collezionisti, che di solito comprano su Internet, cercano di approfittare dell’evento per pagare poco un disco che diventerà un pezzo pregiato, ma io preferisco chi compra i dischi tutto l’anno, non chi si fa vivo solo per il Record Store Day”. Roma è un po’ lo spartiacque. LA GENTE si muove, ma solo perché “fa fico”, domani sarà tutto come prima: si tornerà a scaricare mp3 a tutta birra. Si scende al sud e la festa è finita. A Napoli partecipano pochissimi negozi, a Bari è una giornata come tutte le altre, di feste e celebrazioni neanche l’ombra. Un dato positivo è l’interesse per le edizioni speciali degli artisti italiani, sia quelle delle major (Litfiba, Marlene Kuntz), sia quelle delle etichette indipendenti: sono sparite in poche minuti le copie dei Cani, degli Zen Circus e il divertentissimo box set dei Calibro 35, che hanno chiuso i loro quattro album in un cofanetto di vinili a forma di contenitore di pizza. Il mercato discografico? Come l’Italia: morto a metà. Domenica 22 aprile 2012 pagina 13 SECONDO TEMPO TELE COMANDO TG PAPI + SALISCENDI Una notizia a Mediaset Tecce ha un merito semplice: chi guarda Tgcom24, spesso, può avere la sensazione di trovarsi in un posto alieno rispetto ai tradizionali telegiornali Mediaset. Giordano rispetta regole elementari cui non eravamo più abituati fra il Tg5 di Clemente Mimun e il Tg4 (ora non più) di Emilio Fede: non esiste soltanto un partito, ma tanti partiti diversi; non esiste il magistrato comunista, ma tante inchieste che vanno prima capite e poi semmai discusse; non esistono verità sante, ma fatti non sempre chiari. Un piatto condito senza alterazioni di sapore si può apprezzare soltanto se viene presentato in forma efficace. Tgcom24 ha esordito circa 5 mesi fa e, col passare del tempo, mette in ordine idee e difetti. Resta un ostacolo la pausa pubblicitaria o tecnica ogni 10-15 minuti, ma funziona bene il dibattito fra lo studio di Milano e Roma e anche le incursioni telefoniche di politici che, quasi mai, sono trombettieri del Pdl. Giordano non è caduto Mario Giordano, ex direttore di Studio Aperto, dirige dalla fondazione il canale Tgcom24 (FOTO LAPRESSE) Figurine in sfilata di Paolo Ojetti un’euro l’ora, se va bene. Il sospetto è che qualcuno stia prendendo in giro qualcun altro. Luciano Ghelfi ha firmato la giornata della Lega. Maroni trionfa, i ladri già sono perdonati. di Carlo un P er anni, più realistil’idiforre despota, a Mediaset hanno pensato che n mazione fosse soltanto un intralcio. Una buca scavata all’interno di un palinsesto che poteva causare danni e infortuni diplomatici con il proprietario-politico. A volte è meglio non fare informazione che introiettare censure. Quello che non si vede è più utile di quello che si vede seppur in maniera distorta. Adesso che il Cavaliere è disperso a fare carità a quelle ragazze che ospitava in villa per cene eleganti e impeccabili, spifferi (naturali) riprendono a riempire la stanza: ossigeno per un’azienda, notizie. E così Tgcom24, il canale che trasmette telegiornali in diretta per 18 ore, è la dimostrazione che Mediaset può raccontare anche i giorni normali di italiani normali (e scandali ordinari) senza confondere i telespettatori con tacchi a spillo, veline seminude e salotti insopportabili oppure fare concorrenza a Bruno Vespa con i plastici di Avetrana e la cronaca nera. Il direttore Mario Giordano T g3 nella redazione del Mario Monti deve essere andato Tg3 per dare il “taglio” alla serata. Eccolo, mento appoggiato alla mano, che ripete il suo mantra “rigore, rigore, rigore”, disegnando un futuro penitenziale. Poi, sull’Imu bis, risponde a un giornalista ignoto che all’Imu bis non aveva pensato, ma se insistiamo, magari ci mette la firma e ci uccide tutti. Subito dopo, Paolo Piras spiega allegramente cos’è l’Imu-bis: la martellata definitiva sulla casa, prima, seconda e non parliamo della eventuale terza. Si chiama “tassa di scopo” e, a questo punto, un cittadino normale vorrebbe sapere che “scopo” hanno tutte le altre imposte (a parte il debito pubblico), visto che si paga tutto a parte: dall’immondizia alle auto blu per i sederi d’oro degli amministratori. È troppo chiedere che, assieme alla propaganda elettorale, sindaci e governatori mettano nella buca delle lettere anche il bilancio, scopo per scopo? T g1 Immaginiamo che Facciamo il gioco della domenica. per un giorno scompaiano dalla faccia della terra Alfano, Bersani, Bossi (in declino), Casini (molto Casini), Vendola (tralasciamo Monti, un caso unico di schiacciasassi sociale, spiritoso e sorridente), Di Pietro e tutti gli altri attori della Casta, Napolitano compreso. Cosa manderebbe in onda il Tg1, il monoscopio o le pecorelle dell’Intervallo con l’arpa di Zabaleta? A meno che non ci sia stata una catastrofe nucleare, l’alluvione del Polesine, il terremoto di Messina o il Dna di Parolisi, aprire il Tg1 (ieri conduceva Susanna Petruni che toglie tutti gli articoli dai titoli: Ministro Fornero contestata studenti, Presidente Consiglio visita sorpresa Milano, eccetera) significa vedere la sfilata di consunte figurine: in testa c’è sempre Alfano, in coda Vendola (deve avere almeno starnutito, se no niente). Unica notizia, Maroni. Bossi l’ha nominato “il bene” della Lega. Hanno finito i diamanti. T g2 Fatone va atassa di Franco fondo sull’Imu-bis, la vecchia scopo. Ma fa aumentare dubbi e diffidenza. Intanto doveva durare 5 anni, ne durerà il doppio e servirà – e qui viene da piangere – a finanziare biblioteche, scuole, monumenti, palazzi storici, trasporti. Splendido elenco al quale segue la domanda fatale: e delle altre imposte che ne è? Servono solo a pagare gli stipendi? Non servono nemmeno a pagare la luce: i Comuni debbono all’Enel milioni e milioni di euro. Non servono neanche a pagare lo smaltimento di rifiuti speciali: si pagano a parte. Non servono neanche a inaugurare parcheggi: costano nel vizio del rullo, cioè una serie incontrollabile e stancante di notizie di agenzia sparate a ripetizione oppure collegamenti a raffica con l’inviato immobile davanti palazzo Chigi o Montecitorio. La qualità di un telegiornale non si misura col numero di voci e di parole, ma con la capacità di spiegare un evento, che sia una rapina in farmacia o un decreto legge. E il Tgcom24 viaggia a buon ritmo perché alterna, in uno spazio massimo di mezz’ora, i fatti di giornata con le interviste o il dibattito. Anche il telegiornale di Giordano, però, soffre le notizie che invecchiano in fretta e non riesce, a lavori in corso, a eliminare il superfluo per proteggere la sostanza. Capita di ascoltare e riascoltare lo stesso servizio per ore. Consumato il debutto e con vari aspetti migliorabili (più organizzazione, meno improvvisazione), è curioso scoprire che la televisione italiana può reggere tre canali tematici: il nuovo Tgcom24, il frizzante Skytg24 e il ragionato Rainews. Il pubblico ha più di una faccia, ma la notizia non ha versioni. LA TV DI OGGI I FILM 13.10 RUBRICA SPORTIVA Pole Position 13.30 NOTIZIARIO TG1 13.40 RUBRICA SPORTIVA Pole Position 14.00 EVENTO SPORTIVO Mondiale F1 2012 GP del Bahrain: gara (DIRETTA) 15.45 RUBRICA SPORTIVA Pole Position 16.30 NOTIZIARIO TG1 16.35 VARIETÀ Domenica In - L'Arena 17.25 VARIETÀ Domenica in - Così è la vita 18.50 GIOCO L'eredità 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.35 RUBRICA SPORTIVA Rai TG Sport 5 minuti di recupero 20.40 GIOCO Affari tuoi 21.30 PRIMA TV MINISERIE Titanic - Nascita di una leggenda 23.25 ATTUALITÀ Speciale TG1 0.30 NOTIZIARIO TG1 Notte - Che tempo fa 13.00 NOTIZIARIO TG2 Giorno 13.30 RUBRICA TG2 Motori 13.45 VARIETÀ SPORTIVO Quelli che aspettano 15.40 VARIETÀ Quelli che il calcio 17.05 NOTIZIARIO TG2 L.I.S. - Meteo 2 17.10 RUBRICA SPORTIVA RaiSport Stadio Sprint 18.00 RUBRICA SPORTIVA 90° Minuto 19.35 TELEFILM Il Clown 20.30 NOTIZIARIO TG2 20.30 21.00 PRIMA TV TELEFILM N.C.I.S. 21.45 PRIMA TV TELEFILM Hawaii Five-0 22.35 RUBRICA SPORTIVA La Domenica Sportiva 1.00 NOTIZIARIO TG2 1.20 RUBRICA RELIGIOSA Sorgente di vita 1.50 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 2 12.00 NOTIZIARIO TG3 12.25 ATTUALITÀ TeleCamere 12.55 RUBRICA Lezioni dalla crisi 13.25 CULTURALE Il Capitale di Philippe Daverio 14.00 NOTIZIARIO TG Regione - TG3 14.30 ATTUALITÀ In 1/2 h 15.00 NOTIZIARIO TG3 L.I.S. 15.05 EVENTO SPORTIVO Ciclismo, Liegi-BastogneLiegi 2012 255 km (DIR.) 17.10 FILM Ipcress 19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo 20.00 VARIETÀ Blob 20.10 ATTUALITÀ Che tempo che fa 21.30 ATTUALITÀ Report 23.30 NOTIZIARIO TG3 23.40 NOTIZIARIO TG Regione 23.45 RUBRICA Cosmo 0.45 NOTIZIARIO TG3 Meteo 3 20.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.30 RUBRICA Prima Serata 21.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 22.00 ATTUALITÀ Magaziene del giorno (REPLICA) 22.24 NOTIZIARIO Approfondimento 22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.00 RUBRICA Il punto + Rassegna stampa 23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.30 RUBRICA Il punto + Rassegna stampa 23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 0.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 0.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 18.50 GIOCO The Money Drop 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.40 VARIETÀ Paperissima Sprint 21.30 FILM Caldo criminale 23.30 FILM L'amore ritrovato 1.30 NOTIZIARIO TG5 Notte - Meteo 5 Notte 14.00 REAL TV Donnavventura 14.55 FILM Airport '77 17.20 TELEFILM Il tenente Colombo 18.55 NOTIZIARIO TG4 19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore 21.30 FILM Alexander 0.40 RUBRICA L'Italia che funziona SC1= Cinema 1 SCH= Cinema Hits SCP= Cinema Passion SCC= Cinema Comedy SCF= Cinema Family SCM= Cinema Max LO SPORT SP1= Sport 1 SP2= Sport 2 SP3= Sport 3 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 19.00 RUBRICA Bau Boys 19.25 FILM Richie Rich - Il più ricco del mondo 21.30 PRIMA TV MEDIASET FILM Daddy Sitter 23.15 PRIMA TV CARTONI ANIMATI I Griffin 0.15 RUBRICA SPORTIVA Controcampo - Linea notte 18.05 TELEFILM L'ispettore Barnaby 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ In Onda 21.30 FILM Il mio grosso grasso matrimonio greco 23.30 VARIETÀ Show Must Go Short 23.45 NOTIZIARIO TG La7 23.50 NOTIZIARIO TG La7 Sport 17.45 Una pazza giornata a New York SCF 17.55 La volpe e la bambina SCH 19.00 Striptease SCP 19.10 Dylan Dog - Il film SC1 19.15 L'acchiappadenti SCF 19.15 The Circle SCM 19.20 Scuola di Polizia SCC 19.35 La marcia dei pinguini SCH 21.00 Benvenuti al Sud SCC 21.00 Shrek 2 SCF 21.00 Innocenti bugie SCM 21.00 Beauty Shop SCP 21.10 Prima tv African Cats SC1 22.40 Holes SCF 22.45 Into the Wild SC1 22.50 Ricomincio da capo SCC 22.50 La stanza di Marvin SCP 22.55 Senza scrupoli SCM 23.35 Mean Girls SCH 0.30 Supercop SCM 0.35 Un amore a 5 stelle SCP 0.40 Pirati dei caraibi - La maleSCF dizione della prima luna 12.25 Calcio, Serie A 2011/2012 34a giornata Fiorentina - Inter (Diretta) SP1 13.25 Calcio, Premier League 11/12 35a giornata Manchester SP3 Utd - Everton (Diretta) 13.45 Tennis, ATP World Tour Masters 1000 2012 Montecarlo: SP2 finale (Diretta) 16.55 Calcio, Premier League 11/12 35a giornata Wolvs Manchester City (Diretta) SP3 20.40 Calcio, Serie A 2011/2012 Posticipo 34a giornata Juventus - Roma (Diretta) SP1 21.00 Golf, US PGA Tour 2012 Da San Antonio Valero Texas Open: 4a giornata (Diretta) SP2 21.25 Calcio, Liga 2011/2012 35a giornata Valencia - Betis SP3 Siviglia (Diretta) 2.00 Baseball, Major League 2012 Boston Red Sox - New SP2 York Yankees (Diretta) TRAME DEI FILM / Alexander Oliver Stone, uno dei registi più talentuosi partoriti da Hollywood negli ultimi decenni, si confronta con il mito di Alessandro Magno, forse il più grande condottierio della storia. Il risultato è un kolossal di 175 minuti, straripante, abbagliante nelle sue splendide scenografie ed esaltante nelle scene di guerra. Il ragazzaccio irlandese Colin Farrell regala il suo fascino e la sua irruenza al condottiero macedone. PROGRAMMIDA NON PERDERE Liegi-Bastogne-Liegi 2012 Si conclude la Campagna del Nord con la più antica tra le Classiche, la LiegiBastogne-Liegi.Tra i favoriti anche quest’anno il vincitore della scorsa edizione il “padrone di casa”Philippe Gilbert.Da tenere d’occhio anche lo spagnolo Joaquim Rodriguez, già trionfatore nella Freccia Vallone pochi giorni fa. L’Italia fa affidamento sui due siciliani Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti oltre che su Damiano Cunego. Speciale TG1 Un fatturato che non conosce crisi: quello della criminalità organizzata.A “Speciale tg1 l’inchiesta”, la fotografia dello stato delle mafie in Italia e gli investimenti all’estero. In studio con Monica Maggioni il magistrato Nicola Gratteri del tribunale di Reggio Calabria. Da Monasterace l’intervista con il sindaco Maria Carmela Lanzetta che ha coraggiosamente ritirato le dimissioni dopo le intimidazioni della ‘ndrangheta. / Daddy Sitter Charlie e Dan sono amici e soci in affari da ben trent’anni. Ora la loro compagnia di pubbliche relazioni è sul punto di firmare un contratto di grande importanza con un’azienda giapponese. Ma, a sole due settimane dalla firma, Dan riceve una sorpresa: una donna, che, circa nove anni prima, aveva sposato spinto dai fumi dell’alcool, si presenta alla sua porta con due gemelli di sette anni, frutto del loro fugace “amore”. / Il mio grosso grasso matrimonio greco Toula Portokalos ha trent’anni, non è particolarmente attraente (anzi), è single e lavora nel ristorante greco gestito dai propri genitori. Da tempo il padre le tenta tutte per trovarle un buon partito. Naturalmente greco, perché le tradizioni vanno rispettate. Sempre e senza appello. E invece Toula si innamora di un americano. Lui è bello, intelligente, gentile, insomma perfetto.Tranne un particolare... non è greco. Report L’occidente vive da anni una crisi paurosa. Sono in tanti ormai che da tempo cominciano a domandarsi se è possibile uscirne e soprattutto come. Senza denaro pubblico, uno stato sociale sempre più in affanno, fabbriche che chiudono, famiglie che ormai stentano ad arrivare a fine mese. Eppure un piccolo barlume di luce si intravede. Report ha attraversato l’Italia, l’Europa, Gli USA e il Sud America per trovare segnali positivi. Rete 4 21,30 Rai 3 15,05 Rai 1 23,25 Italia 1 21,30 La7 21,30 Rai 3 21,30 pagina 14 Domenica 22 aprile 2012 SECONDO TEMPO PIAZZA GRANDE Il trono vuoto della politica di Furio Colombo FATTI di VITA É di Silvia Truzzi I segretario di un importante partito italiano se ne va, scompare, non si trova più. Non è mai accaduto. Non si può dire: non troviamo più il segretario. Bisogna sostituirlo subito. Per fortuna il segretario scomparso ha un gemello. Identico, tanto che le televisioni non noteranno. Ma è un uomo profondamente diverso. Per esempio, è un filosofo. E di politica, nel senso in cui si intende la parola (“saperci fare”) non sa niente. Comincia per forza una storia completamente diversa. È il romanzo di un regista diventato scrittore, Roberto Andò, (“Il trono vuoto”, Bompiani) che ha trovato una soluzione per uscire dal peggio. Ma è realtà romanzesca, naturalmente. E per quanto ben scritto, non ci porta fuori dalla politica così come la stiamo vivendo. Dice però con chiarezza che siamo arrivati a uno strano posto di blocco. Se ne esce solo con l’immaginazione. Però siamo costretti a constatare che, tranne i cittadini, il senso del tempo tragico che stiamo vivendo non ha raggiunto nessuno. Ognuno – tra i politici non ancora scomparsi – è pronto a dire che il momento è difficile. Ma a tutti loro sembra sfuggire la differenza fra malessere e disperazione. Questo salto si nota se entri e esci dai dibattiti della politica. Dentro la politica non tutti sono pazzi e non tutti sono in vendita come sentite dire. Ma anche nelle circostanze migliori (che certo non sono tante) ascoltate cose giudiziose che sarebbe stato utile dire trent’anni fa o forse trent’anni da adesso, ma che , in tempo reale, non hanno alcun rapporto con ciò che sta realmente accadendo. I cui non si ha memoria, perchè chi partecipa sa benissimo di entrare in un vicolo senza uscita, un grido alto ma diretto a nessuno e senza speranza. Ora il treno della politica procede alla luce artificiale di un governo tecnico che è un terzo e diverso protagonista dello strano gioco. Non ha l’ostinata persuasione di continuare a esistere che anima ancora la politica “regolare”. Non ha la disperazione dei cittadini che molto rapidamente, negli ultimi mesi, sembrano avere abbandonato ogni credo. No, il terzo protagonista ha severe misure da proporre per “gli altri”, non deve tormentarsi su se stesso, e sembra avere adottato la regola che le scuole così il finanziamento della politica, e a come si distraggono facilmente, quegli stessi angosciati cittadini, se parli, pur con serietà e competenza, di una o dell’altra nuova legge elettorale. IN QUESTO mondo diviso fra creditori e debitori, dove i creditori non danno pace e non vogliono sentire ragione, i cittadini si sentono creditori e le ragioni sembrano a loro enormi. Sbagliano? Temo di no. Ma se anche fosse, non è il punto. Non c’è dubbio che essi sono in diritto di esigere la restituzione di ciò che hanno pagato, o in danaro o in fiducia o in passione e sostegno politico. E poi è un classico evento della Storia che anche SEMBRA restare invisibile il contesto in cui alcuni si uccidono (non appare più un isolato scatto patologico), molti promettono di non votare più (il numero, dicono i sondaggisti, è altissimo), molti si organizzano in colonne di una protesta cupa di di medicina americane inculcano fin dall’inizio ai giovani studenti: “Ricordatevi che i malati non siete voi”. Questo atteggiamento può portare a un deficit di empatia, ma consente di programmare, quando è necessario, cose terribili, perchè l’importante non è l'approvazione del paziente ma l’efficacia della cura. Non tutti guariscono, e il medico passa ad altro. Altrimenti incasserà gratitudine, ma passerà ad altro comunque. Tutto ciò per dire che la morsa che si stringe intorno alla politica non si può allentare o distrarre indicando i “tecnici” e le loro decisioni, come la causa di tutto. I politici devono sapere (lo avranno capito tutti ? ) che i cittadini non sono in così ansiosa attesa di qualcosa di meglio da loro. Sono in cerca di punizione. E conta poco se sia logico o illogico. Conta poco se i cittadini non stanno attenti a quanto funzionerebbe la nuova idea appena annunciata di cambiare così e I partiti devono sapere che i cittadini non sono in attesa di qualcosa di meglio da loro: sono invece in cerca di punizione, e conta poco se questo atteggiamento sia logico o illogico chi non ha pagato nè in un modo nè in un altro, si unisca al corteo, che non è più di protesta ma di distacco. Sta creandosi una cultura del sommerso politico che si nota poco nelle piazze. È una fuga dai partiti di cui non si conosce ancora il percorso. Non si sa se si dirigerà verso il palazzo o no. È una cultura – si può vedere dagli infiniti documenti in rete – fraterna per chi la vive insieme, dalla stessa parte, e inesorabilmente scheggiata dove prima passavano i contatti con la politica. La definizione di “antipolitica” è piccola. Ciò che sta accadendo aspetta ancora la sua definizione, fra anarchia, solitudine, disperazione e rivolta. Nella vera vita non c’è il gemello del segretario, che sembra uguale, ma pensa e agisce in un modo che sembra folle, e cambia tutto (come sarebbe accaduto per Robert Kennedy, se non lo avessero ucciso). Lo spazio in cui dovrebbe materializzarsi il coraggio di far nascere un’altra vita pubblica, che si chiami o non si chiami “politica”, resta vuoto. Al momento ci sono luci artificiali e alcune gelide infermerie, contro la politica come clinica di lusso che serve solo alcuni privilegiati da centomila euro di diamanti. Il pronto soccorso a volte salva la vita, ma è un luogo duro, anche scoraggiante. Il rischio vero, il rischio spaventoso è che non si presenti nessuno. Iris Berardi, spesso ospite alle feste di Berlusconi (FOTO LAPRESSE) iuto 42 ragazze, distrutte dalle accuse dei pm. Con questo processo la Procura ha rovinato loro la vita in quanto le ha diffamate per sempre. Hanno perso il fidanzato e forse non ne avranno più, e nessuno le fa lavorare”. “Ruby è una ragazza che mi ha fatto veramente tanta pena, ha raccontato una storia di vita drammatica dicendo di essere stata buttata fuori dalla famiglia perché si era convertita alla religione cattolica. Si era costruita un’esistenza fantasiosa, vergognandosi della realtà. Decidemmo di aiutarla per evitare che si prostituisse. Ma adesso non più, perché ha trovato una persona perbene che l’ha sposata”. “Sì, le mie ospiti si sono travestite da poliziotti, da infermiere, da Babbo Natale ma facevano gare di burlesque, si allenavano tra loro. Le donne sono per loro natura esibizioniste. E se poi sono donne dello spettacolo, gli piace di montare degli spettacolini”. E gli abiti da suora? “Macché, erano vestiti che mi ha regalato Gheddafi. Un cadeau arrivato dalla Libia dopo che Berlusconi, come lui stesso ha raccontato, ha espresso apprezzamenti per i vestiti adocchiati “negli stand che riguardavano la produzione della moda libica”. Tuniche nere con pietre applicate “che tracciano i seni sul petto, senza croce, più adatte in un harem che in un convento”. Milano, scene di ordinario squallore da un interno di Tribunale. L’idea di donna che viene fuori da questo patetico tentativo di difesa dell’imputato Silvio Berlusconi è ripugnante. Possiamo anche passare sopra all’esilarante e pietosa scusa delle “gare di burlesque”, anche se giustamente le artiste del burlesque si sono inferocite (Scarlett Martini ha precisato che quelli di Arcore “erano spettacolini infantili e volgari”). Tralasciamo anche i doni del dittatore libico. Ma la cosa incredibile è che nell’impresentabile vaniloquio, l’anziano imputato osa ricacciare le donne in una dimensione di assoluta dipendenza, di primitiva inferiorità che nemmeno negli Anni Cinquanta era così spudorata. Per cui le donne sono aiutate, “mantenute” finché non trovano una persona per bene disposta a sposarle. Ma dove vive quest’uomo, pieno solo di denaro e disprezzo per il prossimo? Qualcuno gli dica che votiamo, lavoriamo, che la maggior parte di noi provvede a se stessa e non ha bisogno dell’aiuto di nessun uomo. Che non è il matrimonio a darci cittadinanza nella società. Le donne che gli stanno attorno non sono solo le sue sventurate “ospiti” (“aiutate” nonostante siano testimoni di un processo che lo vede imputato), ci sono anche le figlie, le deputate del suo partito, le ex ministre. Possibile che nessuna tra loro, oltre la ex moglie, abbia un sussulto d’orgoglio e si ribelli a questo schiaffo, indecente e reiterato? Le donne, prosegue il monologo offensivo-difensivo, sono “esibizioniste” per natura: ma questo signore si ascolta quando parla? Lui, diventato celebre per le calze sulle telecamere che nascondono le rughe, lui che ha fatto dell’immagine una religione si permette di dire, generalizzando, che le donne sono esibizioniste? Non è un problema politico, è una banale questione di dignità: Berlusconi deve smetterla di umiliarci. Non sono la maggioranza quelle che vendono se stesse e i propri sogni. Speriamo che le tante (purtroppo) elettrici si ricordino degli insulti che – con il sorriso d’ordinanza e una galanteria finta come i soldi del Monopoli – il signore di Arcore ci riserva. LA DONNA SECONDO B. A La lotta di classe al contrario di Stefano Feltri er uscire dalla crisi sappiamo cosa fare: ridurre il debito, tagliare la spesa pubblica, rendere più competitivi i lavoratori, aumentare il ruolo dei privati nell'economia. Sappiamo tutte queste cose, ma non ci è chiarissimo perché le sappiamo. Anche gli economisti più assertivi, tipo Francesco Giavazzi e Alberto Alesina sul Corriere della Sera, faticano a dimostrare che queste sono le ricette migliori. Bisogna fare così e basta, perché lo dicono gli economisti più autorevoli, quelli ascoltati dai mercati. Cioè loro. P LUCIANO GALLINO sostiene una spiegazione sorprendente nella sua semplicità: questo genere di misure non sono neu- tre e indiscutibilmente giuste, ma la traduzione in politica economica della “Lotta di classe dopo la lotta di classe”, come si intitola il nuovo libro del sociologo torinese pubblicato da Laterza (un'intervista a cura di un’altra sociologa, Paola Borgna). L'analisi di Gallino corrisponde al passo indietro che, in un museo, permette di vedere un quadro come un insieme invece che come somma di dettagli. La tesi è questa: nei primi 70 anni del Novecento la lotta di classe ha portato a una ridistribuzione verso il basso delle risorse: la costruzione dei sistemi di welfare ha protetto milioni di persone dalla povertà e dalle incertezze, la pressione dei sindacati ha ridotto la quantità di lavoro e ne ha migliorato la qualità, l'istruzione di massa ha permesso mobilità sociale. La classe dei lavoratori Le misure di austerità, i sacrifici e la riduzione dei diritti imposte dalla crisi sono in realtà le armi di una guerra che da vent’anni sta redistribuendo risorse dal basso verso l’alto, sostiene Luciano Gallino ha vinto la battaglia. Ma la guerra è continuata, è iniziato un “contromovimento” come lo chiamava Karl Polanyi. I numeri di Gallino sono difficili da confutare: tra il 1976 e il 2006 crolla la percentuale dei redditi da lavoro sul Pil, misura di quanta parte della ricchezza nazionale finisce nelle tasche dei lavoratori. Tra il 1976 e il 2006, nei 15 Paesi più ricchi dell'area Ocse, si passa dal 68 al 58 per cento. In Italia i redditi da lavoro scendono addirit- tura al 53 per cento. Questo significa, ricorda Gallino, che i lavoratori dipendenti hanno perso 240 miliardi di euro all'anno. Ma pagano comunque moltissime tasse e tuttora in Italia l'aliquota più bassa dell'Irpef (23 per cento) è maggiore di quella sui proventi finanziari, passata La lotta di classe dopo la lotta di classe Gallino, Borgna; Laterza 213 PAGG., 12 EURO sostiene che se il Pil cresce tutti ci guadagnano, che rimuovere gli ostacoli alla crescita, rendere il lavoro più flessibile e i salari più competitivi, alla fine è nell'interesse di tutti. Il filosofo John Rawls affermava nei suoi principi di giustizia che una disuguaglianza è accettabile soltanto se migliora la condizione anche di chi ha meno. E Gallino dimostra che all'arricchimento di pochi, soprattutto nella finanza, ha corrisposto un impoverimento della base della piramide sociale, con la perdita della capacità di essere una classe “per se” (soggetto attivo, consapevole di avere interesse comuni). IL LIBRO DI GALLINO costringe a una perenne ginnastica mentale, perché a ognuno delle dimostrazioni della violenza della nuova lotta di classe al lettore scatta subito la risposta mainstream. I nostri lavori sono poco produttivi? Dobbiamo accettare meno diritti e più flessibilità, o la disoccupazione. Sbagliato, risponde Gallino: con un minimo di coscienza dell'essere classe anche i sindacati dovrebbero porsi il problema di far aumentare i salari dei lavoratori cinesi e nel 2012 dal 12,5 al 20 per cento. Non è colpa della globalizzazione, sostiene Gallino. È la lotta di classe. Perché mentre i lavoratori dipendenti diventavano più poveri, altri si arricchivano. Una superclass globale, ma fortemente radicata anche all'interno delle singole nazioni, si appropriava di quella ricchezza sottratta ai lavoratori. La teoria (neo)liberista, che secondo Gallino è una delle espressioni più compiute della lotta di classe, indiani, denunciando le condizioni di sfruttamento, invece che rassegnarsi a veder scendere quelli italiani o americani. C'è un punto di fragilità nel libro di Gallino: l'ascesa della finanza, il trionfo del capitalismo a debito e la conseguente crisi di finanza pubblica non è soltanto un prodotto di questa lotta di classe. Ma anche, per dirla sempre con termini marxisti, l'epilogo di una crisi di sovrapproduzione: i poveracci americani ricorrevano a carte di credito e mutui subprime per avere uno stile di vita che non potevano permettersi e mantenere artificiosamente alto il livello dei consumi. In Europa le finanze allegre della Grecia hanno permesso ai greci di continuare a comprare prodotti tedeschi, e così via. La bolla della finanza, insomma, non ha contagiato l'economia reale, come sostiene Gallino, ma si fonda sulle sue debolezze.Dopo aver letto il libro di Gallino, quando si vedono Mario Monti ed Elsa Fornero accampare spiegazioni scivolose sulla necessità di ridurre le tutele al lavoro, viene da parafrasare Bill Clinton: “É la lotta di classe, stupido”. Twitter @stefanofeltri Domenica 22 aprile 2012 pagina 15 SECONDO TEMPO MAIL Licenziati dal Ministero del Lavoro Spett. redazione, vorrei rivolgermi con questa lettera a Maurizio Landini come categoria, visto che per tanti di noi è diventato un punto di riferimento in questi anni. Segretario, ricordi Italialavoro? È l’agenzia tecnica del Ministero del Lavoro, nei fatti il suo braccio operativo. Questo braccio, seppur del Ministero del Lavoro, si regge quasi esclusivamente sui “collaboratori”. Sui precari, insomma. Quelli che a parole si dice di voler disincentivare e quelli per i quali Italialavoro attua uno dei suoi progetti più grossi e importanti, Welfare to Work, e finalizzato proprio alla stabilizzazione dei lavoratori. Ecco, io vengo proprio da quel progetto. A dicembre, in centinaia l’azienda ci ha abbandonato. Fino a quel momento, di contratto in contratto, si riusciva a lavorare. Da dicembre non più, e collaboratori anche storici sono rimasti fuori, senza alcuna prospettiva. Ecco, il Ministero, ovverosia Italialavoro, ha invece messo in pericolo la nostra stessa sopravvivenza. In piena recessione, ci ha completamente abbandonato. Prima, almeno, esisteva un “bacino di prelazione” dal quale attingere per i nuovi progetti. Ora non più. Vorrei segnalarti inoltre, che per fare il nostro lavoro, come sede ci veniva assegnato a ognuno un Centro per l’Impiego. In questi anni tanti lavoratori di quei Centri sono andati in pensione e tantissimi ne andranno nei prossimi anni. Quelli che vedevamo noi, si stanno sguarnendo sempre più di personale e fra pochi anni non ci sarà quasi più nessuno a svolgere quel tipo di servizio. Nel frattempo, però, nessuno si sta preparando all’evenienza e, come sempre, parlare di un nostro ricollocamento, visto che conosciamo già l’ambiente e la materia, o comunque di riaprire in generale le assunzioni, sembra un’eresia. licenziato/abbandonato Italialavoro BOX A DOMANDA RISPONDO LA MARCIA MISTERIOSA Radicali) di condividere ogni specifico punto (ce ne sono molti di più nel loro programma e su alcuni il dibattito è appassionato e continuo). Ma mi sento in buona compagnia con persone che mettono davanti a tutto, dai fatti personali alla convenienza politica, i diritti umani e civili. Anche prima di questa crisi eravamo cittadini di un mondo gelido e distratto, nel quale te la cavi se sei potente, o ti aggreghi a un partito in cerca - magari anche onesta e disperata di un aiutino. Qui l'idea, così ostinata da rasentare l'ossessione, è che ci sono alcuni diritti (che vengono sempre visti non come qualcosa che spettava a me e che mi hanno tolto, ma come qualcosa che spettava ed è stato sottratto ad altri) che non è tollerabile negare ad alcuni solo perché non sono abbastanza forti da garantirsi da soli. Neppure i radicali sono forti, e questa è la ragione per cui non voglio trascurare il loro appello e il loro invito. Non sono forti ma non pensano che sia una buona ragione per rinunciare, non vincono (non sempre, qualche volta in modo clamoroso perché la gente all'improvviso si sveglia e vede il paesaggio con occhi normali) ma ritentano sempre da capo. Mi conviene, da cittadino, che ci sia questo filtro di mondo pulito. E come posso, cerco di prendere parte. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] IL FATTO di ieri22 aprile 1897 Il primo a tentare di uccidere Umberto I, era stato Giovanni Passannante, cuoco anarchico di Lucania che, a pochi mesi dalla sua incoronazione, aveva cercato di accoltellarlo a Napoli. Nove anni dopo, in un’Italia segnata da scioperi, malcontento e fame, fu la volta dell’ex fabbro Pietro Acciarito di Artena, in quel di Roma. Un ragazzo ormai in miseria, vicino agli ambienti antimonarchici, deciso a pugnalare il sovrano. È il 22 aprile 1897, re Umberto, reduce da una festa al Quirinale per i 29 anni di matrimonio, viaggia in carrozza scoperta, una Milord 4, verso l’ippodromo di Capannnelle dov’è in programma il Gran Derby reale. La sequenza è rapida, con Acciarito che sbuca da una siepe sulla via Appia, si avventa sul corteo con un coltello e il re, sfuggito indenne che regalmente sospira “…sono gli incerti del mestiere…” e prosegue verso l’ippodromo. Il resto è la storia di un disgraziato cospiratore, arrestato, torturato nel tentativo di confessare un inesistente complotto, scivolato nella follia dopo anni di isolamento in una cella di Porto Azzurro e morto pazzo 50 anni dopo nel manicomio di Montelupo Fiorentino. Per il re, ucciso dall’anarchico Bresci nel 1900, il terzo attentato sarà invece fatale. Giovanna Gabrielli Furio Colombo 7 C aro Furio, ormai macano pochi giorni all'evento. Sarà il 25 aprile. Sarà la seconda volta che c'è una marcia per l'Amnistia, la Giustizia, la Libertà. Il giorno della Liberazione partirà da Castel Sant'Angelo per raggiungere piazza San Silvestro, a Roma. La tua partecipazione può fare la differenza per la riuscita dell'evento che vede al momento straordinarie adesioni di personalità, associazioni, sindacati, religiosi, eletti nelle istituzioni, che hanno annunciato di prendervi parte, laici, cattolici e appartenenti ad altre religioni uniti da un unico obiettivo sempre più urgente e vitale, di interrompere la flagrante violazione dei diritti umani universali che da decenni è quotidianamente consumata in Italia a causa della drammatica situazione nelle nostre carceri, per il malfunzionamento della giustizia, soffocata da dieci milioni di procedimenti penali e civili inevasi. Rita Bernardini HO PUBBLICATO soltanto un paragrafo della lunga lettera di Rita Bernardini, ma il nome per intero dell’autrice è imposto dal senso politico della lettera, perché mi preme pubblicamente dire alla deputata Radicale che intendo accettare l'invito. Non si tratta (e accade spesso con i A proposito del garante per i contribuenti Spettabile redazione, l’assemblea straordinaria dei garanti del contribuente - all’unanimità - ha ribadito che l’organo garante in versione monocratica lungi dal contribuire seriamente al contenimento della spesa pubblica procura un danno ai fini del contrasto all’evasione fiscale. È indispensabile che il cittadino-contribuente si senta ve- ramente protetto da deprecabili se pur possibili soprusi. Soltanto un forte coinvolgimento dell’opinione pubblica potrà determinare il ripristino della collegialità dell’Organo. Gen. Avv. Giorgio Bianco Associazione Nazionale Garanti del Contribuente schiodino dai loro scranni e che lascino il posto ai nostri migliori giovani e che vadano loro un po’ all’estero, a rinfrescarsi le idee. Liviana Quanto costa la vita di un pescatore indiano Finalmente sappiamo quanto vale la vita di un pescatore indiano: 145 mila euro. È quanto verrà dato a ciascuna famiglia dei due pescatori uccisi dai marò italiani in servizio di vigilantes su una nave privata. Meno male che non erano pescatori di qualche paese più ricco e importante: chissà quanto ci sarebbero costati. Comunque, oltre al costo dei marò e della lunga vicenda diplomatico giudiziaria non ancora conclusa dovremo pagare - giustamente - anche il risarcimento. Ma perché le navi italiane devono avere a bordo militari dal grilletto facile, che si mettono e ci mettono nei guai per conto terzi? Renzo Butazzi “Capita di tutto di questi tempi, compreso che in una intervista al Fatto Quotidiano in cui io dichiaro chiaramente ‘che nessuno può sequestrare il pensiero di don Giussani, né io né altri’, si faccia poi un titolo ’don Giussani avrebbe giudicato colpevole Formigoni’. In vita mia non ho mai fatto il Savonarola e meno che mai il Maramaldo. Don Giussani mi ha insegnato che noi possiamo giudicare i fatti. [...] Don Giussani condannerebbe i fatti ma non la persona, perché gli uomini sono sempre più grandi delle cose che fanno e anche dei loro peccati, e il loro cuore lo giudica soltanto Dio. Non so che giudizio avrebbe dato don Giussani su questa vicenda. So che avrebbe condannato fatti immorali, so che non avrebbe condannato la persona perché la persona la giudica soltanto Dio. Come è ovvio io non ho condiviso un certo modo di fare politica di Formigoni, e per questo ho pagato un prezzo pesante. Proprio per questo mi sento libero di dire che sono personalmente vicino all’uomo Formigoni e soprattutto al movimento di Comunione e Liberazione in un momento difficile”. Rocco Buttiglione vicepresidente della Camera dei deputati I nostri parlamentari hanno fallito Seguendo una diretta parlamentare, mi è venuto da pensare a quanta poca considerazione i nostri politici abbiano degli italiani. Tutti sono diventati professori e danno consigli o criticano Monti dimenticando o credendo di farci dimenticare il motivo per il quale Monti si trova a ricoprire quel posto: loro hanno fallito e la prova è che negando la crisi hanno portato l’Italia sull’orlo del baratro. La maggior parte dei nostri cari parlamentari non si rende conto che quel popolo di cui parlano è formato soprattutto da persone che pensano, a volte molto più intelligenti di qualcuno di loro e soprattutto più capaci ed istruiti. Se il posto fisso è noioso ed è ormai diventato un'utopia, se per lavorare bisogna andare all’estero, è tempo che si I nostri errori Ieri, sintetizzando in due righe una disavventura capitata all'on. Italo Bocchino e svelata qualche mese fa da “Report”, ho scritto che “si fece beccare con una trans in al- bergo” e poi disse che la trans in questione gli aveva chiesto un'intervista e risultava iscritto all'Ordine dei giornalisti. Detta così, la frase si presta a un equivoco (che Bocchino abbia trascorso del tempo in un albergo con la trans, cosa che nessuno ha mai sostenuto) e non tiene conto degli sviluppi anche giudiziari della vicenda. C'è infatti un'inchiesta a Roma su una presunta trappola ai danni del deputato di Fli, per la quale è indagato lo stesso personaggio già rinviato a giudizio per aver passato ad alcuni giornali la falsa notizia di una prostituta emiliana pagata da Fini. In quell'indagine, Bocchino ha spiegato di aver incontrato la trans due volte: la prima in una piazza pugliese dopo un comizio per un'intervista davanti a molte persone; la seconda davanti a un albergo di Roma, dove il deputato aveva appena accompagnato Matt Carter, consulente per la comunicazione di Fli: fu allora che venne avvicinato dalla trans, che cenava nel ristorante di fronte, e che parlò con lui per alcuni minuti. Una delle ipotesi investigative è che Bocchino sia stato avvicinato per incastrarlo, come già si era tentato di fare con Fini. Questi sono i fatti, allo stato dell'arte. Mi scuso dunque per l'imprecisione con Bocchino e con i lettori. (m.trav.) LA VIGNETTA IL FATTO QUOTIDIANO via Valadier n. 42 - 00193 Roma [email protected] Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Caporedattori Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n°42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 e-mail: [email protected] sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. Sede legale: 00193 Roma, Via Valadier n°42 Presidente e Amministratore delegato Giorgio Poidomani Consiglio di Amministrazione Luca D’Aprile, Lorenzo Fazio, Cinzia Monteverdi, Antonio Padellaro Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago , via Aldo Moro n°4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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