Gallini - Feste Lunghe in Sardegna

March 22, 2018 | Author: Domenico Branca | Category: Pilgrimage, Sardinia, Pastoralism, Church (Building), Italy


Comments



Description

BIBLIOTHECA SARDA N. 91 Clara Gallini IL CONSUMO DEL SACRO FESTE LUNGHE DI SARDEGNA prefazione di Vittorio Lanternari In copertina: Giovanni Ciusa Romagna, Processione, 1933 ) © Copyright 2003 ILISSO EDIZIONI . Cinque novenari Primi approcci descrittivi (1966) San Francesco di Lula Santi Cosimo e Damiano di Mamoiada Madonna del Rimedio di Orosei L’Annunziata di Bitti La Madonna di Gonare III. Cinque comunità La zona Bitti (5774 ab. . Religiosità popolare . I.Sardegna 2.Nuoro : Ilisso. Feste lunghe di Sardegna. . Lanternari.Sardegna 394. 35 41 Nota all’edizione Introduzione Parte prima I NOVENARI.Nuoro ISBN 88-87825-77-7 . 91). prefazione di Vittorio Lanternari. Laterza. 18 cm. Vittorio 1. 293.(Bibliotheca sarda . Novenario e paese Il luogo Alcune questioni storiche Le pratiche devozionali La vita quotidiana II. Bari. [53] p. Novene . c2003.2660945922 Scheda catalografica: Cooperativa per i Servizi Bibliotecari. 1971. I PAESI Gallini. .INDICE 9 29 31 Prefazione Nota biografica Nota bibliografica IL CONSUMO DEL SACRO Riedizione dell’opera: Il consumo del sacro. Nuoro 53 53 66 70 72 77 77 77 85 88 92 94 98 98 99 I. Clara Il consumo del sacro : feste lunghe di Sardegna / Clara Gallini . La tregua dell’invidia L’istituto della festa La sospensione della norma Ospitalità e dono Lotta e patteggiamento La tregua delle discordie Il diritto d’asilo La fratellanza e le discriminazioni La libertà dei giovani La festa nell’economia dei consumi II. La popolazione dei novenari Il censimento (1967) Le occupazioni Maschi e femmine Le classi d’età I gruppi parentali Amicizia e vicinato I gruppi di paese V. Questioni economiche e organizzative Economia e organizzazione della novena Beni in denaro. circa) IV.103 105 111 113 121 121 121 127 129 130 134 135 137 137 137 139 141 170 175 183 185 185 187 189 191 191 194 197 199 201 203 204 205 206 Mamoiada (3233 ab. ore di lavoro Il costo di una novena per famiglia Il bilancio della novena La questua L’autonomia organizzativa Struttura dell’organizzazione VI.) Oliena (7000 ab.) Orosei (4214 ab. beni in natura.000 ab. Le motivazioni L’inchiesta mediante questionario (1967) Le voci di fuori Mobilità Mass media e trasformazioni Il ballo Sondaggi sull’informazione L’istruzione La promessa Le motivazioni di una novena Godimento e sacrificio Il matrimonio Il funerale Il lamento funebre 211 214 215 217 218 221 222 224 Le contraddizioni nell’ambito del cattolicesimo La pratica religiosa alla novena La pratica religiosa in paese Cose da donne Il malocchio Il ballo dell’Argia Il canale delle donne Conflitti di competenze Parte seconda LA FESTA 229 229 229 231 235 240 242 245 249 255 262 262 265 268 269 270 275 281 285 295 I. Tutti pari Il modello della parità Parità e scambio Il piano del festivo La vistosità Il consumo Il godere consentito L’effimero Appendice I METODOLOGIA Appendice II TABELLE DELLA RICERCA .) Nuoro (30. Si affermava via via la nuova “filosofia” del “consumismo” che invadeva la “società di massa” come ideologia psicologicamente schiavizzante e 9 . dagli anni ’50-60. della propria appartenenza e sodalità di paesani. Essa comporta un trasferimento d’una massa di abitanti di vari paesi: abitanti diretti verso la loro chiesa separata e più o meno lontana dal paese. muoveva e faceva vibrare la massa degli abitanti come simbolo sacro della propria identità. e specialmente le feste religiose popolari locali d’ambito sia rurale sia urbano.PREFAZIONE È opportuna una breve premessa orientativa su un piano storico-culturale. Infatti il nostro Paese da agricolo diventava industriale. – il Dopoguerra e i vorticosi processi di trasformazione indotti nelle condizioni socio-culturali e strutturali di vita dell’intera nazione – vide svilupparsi e diffondersi in forme d’intensa partecipazione ogni manifestazione già tradizionale di folklore religioso. concernente il contesto ambientale nel quale si colloca il testo originale di Clara Gallini. La novena. con la sua ricerca – svolta tra il 1967-68 – sul tipico fenomeno sardo delle feste novenali. soprattutto rispetto alla crisi indotta dalle travolgenti trasformazioni culturali portate dalla trasmutazione del mondo contadino già caratteristico del nostro Paese. nel nuovo mondo industriale. la diffusione dei media e la nascita della “cultura di massa”. o “novena”. coinvolge interi gruppi famigliari e paesani. Il richiamo all’antico culto del santo patrono o della Madonna del paese. La ricerca di Clara Gallini si svolgeva precisamente nel pieno periodo che. con l’avvento delle nuove tecnologie. che è un rito di pellegrinaggio annuale di 9 giorni – fra maggio e settembre –. e ritualmente eletta come santuario al quale si ricorre per pregare e svolgere principalmente riti di guarigione e offrire voti di ringraziamento. Prefazione che rinnegava o obliterava automaticamente i vecchi modelli di carattere pratico o formale della vecchia cultura. Ma insieme e in senso contraddittorio prendeva forza un blocco insistente di vecchi rituali religiosi e feste religiose folkloriche comunitarie, contro l’ondata culturale che Pier Paolo Pasolini chiamò, in senso deplorevole, “omologatoria”, in quanto demolitrice di quella identità tradizionale culturale sempre, fino allora, difesa da ogni “piccola patria”, come sacra e psicologicamente come “valore proprio”.1 Dunque da un lato il “progresso” industriale e scientifico visto come forza propellente del mondo contemporaneo d’Occidente, si imponeva. D’altro lato contraddittoriamente prendeva piede l’insidioso attentato allo specifico carattere di “proprio e originale valore identitario” riconosciuto dalla comunità orgogliosamente protagonista del rito o della festa religiosa tradizionale. La festa religiosa popolare tradizionale, ereditata dagli antenati come proprio “bene culturale” esclusivo, risulta sempre irrinunciabile nella pratica delle culture più varie. Tanto che qualsiasi tentativo di soppressione fosse mai stato tentato storicamente risultò fallimentare, o con reazione comune di squilibrio psico-sociale e malessere comune. Giova in proposito aggiungere che il “ritorno alle radici” si attua mediante un rito collettivo di paese (o di villaggio come “piccola patria”), pur in tempi del tutto recenti, cioè da quando ben più profondo distacco si è praticato dalle tradizioni ancestrali in conseguenza delle recentissime rivoluzioni elettronica, telematica, digitale, globalista ecc.; dunque il richiamo alle “radici” esprimentesi mediante un rituale carico di simbolismi identitari e sacrali trova notevole spazio tuttora nella cultura locale a livello di religiosità popolare, in ogni regione e nazione contemporanea, dove il “moderno” e l’“arcaico” si ritrovano sistematicamente congiunti e sincretizzati. Si può dunque ben riconoscere il valore di “bene culturale” 1. V. Lanternari, Crisi e ricerca d’identità. Folklore e dinamica culturale, Napoli, Liguori, 1977, pp. 97-108, 159-182. ad ogni festa religiosa collettiva tradizionale d’origine arcaica, cioè originata da una cultura di base rurale.2 Non senza ragione dunque Clara Gallini si propone di sondare il fenomeno “novena” sotto un aspetto certamente sacrale, ma congiuntamente “consumista”. È quanto ella propone nel titolo del libro. Senza gravi difficoltà, le riesce di ritrovare l’aspetto “consumista”, o “borghese”, nelle feste presenti all’epoca della sua ricerca, verso il 1970. Il processo di “omologazione” culturale è maturato rapidamente, dalla spinta degli anni ’50-60, tra i diversi ceti sociali, così da far propri modelli di mentalità e di comportamenti condivisi, dagli strati popolari a quelli borghesi. È nato un modello “neorustico” che vuol imitare lo stile della Costa Smeralda. L’indagine svelava che la novena del tempo allora presente, oltre a conservare l’aspetto rituale-religioso, aveva anche acquisito il nuovo significato, spregiudicato, di riadattata “villeggiatura famigliare annuale”. C’è da pensare pertanto che oggi, dopo oltre trent’anni dall’epoca della ricerca, con lo sviluppo vertiginoso dato agli aspetti edonistici e materialisti della vita collettiva e individuale della società di massa – società resa ligia all’ideologia del consumismo –, pur serbando un pressante bisogno di comunicazione sociale e di solidarietà morale fra simili o fra vicini, come la festività novenale in effetti tuttora dimostra, la componente edonistica che chiamiamo “villeggiatura” abbia ancor più incentivato il ricorso ad ogni moderno diversivo di danze, giochi, canzoni, interventi di artisti, cantanti, musicisti. A tali componenti già accenna il testo originario di Clara Gallini. E c’è da pensare che le generazioni giovani predominino numericamente nella partecipazione alla festa, rispetto agli anziani agricoltori o pastori. A questo punto sembra opportuno dare un resoconto abbreviato dei vari elementi che costituiscono la novena, in 2. V. Lanternari, “Il desiderio del ritorno. Dai consumi di massa alla scoperta dei «beni culturali»”, in Prolegomeni a una politica dei beni culturali, Milano-New York, Reggiani, 1992. 10 11 Prefazione senso di tempo, di spazio, di modi di agire, di regole fissate e di tendenze predominanti nei rapporti fra le persone che si ritrovano occasionalmente tra loro vicine e raggruppate, benché spesso di diversa origine familiare e anche territoriale. L’operazione-base che promuove e dà il via alla novena consiste nel trasferimento, a mo’ di “pellegrinaggio” organizzato in gruppi partenti autonomamente da diversi paesi più o meno vicini, e che seguendo diverse direzioni convengono verso una località comune, cioè “il posto novenale” sito in aperta campagna. È il centro tradizionale al quale s’indirizzano gruppi multipli, tra loro autonomi, destinati a far vita comune per nove giorni, e dunque a stringere insieme rapporti che valgono a creare nuove relazioni positive e solidali; ed è precisamente la più importante funzione svolta dal ciclo festivo delle novene nel collegare in senso amichevole gente proveniente da diverse località, e diverse origini di famiglia. Il posto novenale è contrassegnato dalla chiesa che, di origine più o meno antica, funge da santuario, costellato tutt’intorno da una corona di piccole casette, quasi capannoni di un’unica stanza, accostati fra loro. Sono meta del viaggio e umile alloggio cui accedono i gruppi peregrinanti, i quali vi introdurranno, in ordine, le più varie masserizie che essi debbono trasportare dal proprio paese, con qualsiasi mezzo di trasporto: carro o furgone o altro, per vivervi i nove giorni fissati del periodo estivo, fra maggio e settembre. La nostra studiosa segnala che in tempi lontani – si fa risalire l’origine delle feste novenali sarde tra il ’500 e il ’600 – la festa presentava una valenza squisitamente religiosa, con offerte personali dai pellegrini dedicate alla Madonna o al santo in chiesa, mediante ex-voto bene auguranti per la salute propria e della famiglia, per il fertile successo dei prodotti agrari nonché la salute e la fecondità delle greggi. Nel lontano passato dunque i pellegrini novenali non trovavano sul posto ripari costruiti come oggi, ed erano indotti a consumare pasti e a dormire nell’unico riparo esistente, la chiesa. Ne sorsero ripetute polemiche del clero responsabile, contro l’unificazione, in sé insostenibile, di “sacro” e “profano”. Ne risultò quel 12 piccolo villaggio di casette unite fra loro, che è oggi il “villaggio sacro” delle novene. Ed esso è ben distinto dal villaggio ordinario, che è il paese di residenza corrente d’ogni pellegrino. “Sacro” è il villaggio minimale delle casette unite fra loro, intorno alla chiesa centro della componente devozionale della festività novenale. D’altra parte questo villaggio ormai lascia scoprire pure una componente che dobbiamo ammettere come “turistica e residenziale” per il breve periodo dei nove dì di devozioni. Viceversa il “paese”, tutto stradine ed edifici a più piani con negozi ed opifici, si presta ad attività produttive, mercantili, socio-culturali, in breve “profane”. Qui prevale il “lavoro”, mentre è la “festa” che prevale nel villaggio “sacro”. E tra lavoro e festa, come tra mondo “profano” e mondo “sacro”, corre una continuità che è pure una complementarità. La preghiera, la devozione, il voto e il ringraziamento alla divina entità presente nella chiesa, sono altrettante parole e atti funzionali al bene che si auspica di ottenere dal potere sacrale della Madonna o del santo. Ma è pur vero che ai sacri riti è bene aggiungere la libera partecipazione solidale di visite interfamigliari, di stretta collaborazione fra persone amiche in occasioni foriere di confidenziali legami, nuovi e preziosi. Infatti nel “paese profano” ben difficile e stentata è l’occasione di stringere nessi psico-morali tra individui impegnati nel proprio lavoro, e la società nel suo insieme si sente frammentata e divisa in separati settori di famiglie. Vediamo pertanto emergere dall’istituzione novenale, una funzione sociale e insieme morale tesa a promuovere ravvicinamenti tra soggetti o gruppi dapprincipio estranei, ampliamenti di reciproche conoscenze, aperture verso atteggiamenti e mentalità innovative o comunque nuove per singoli soggetti o singole famiglie. Così la distinzione fra “paese” e “novena” corrisponde, come ci indica Clara Gallini, a due realtà antitetiche ma complementari o – noi diremo – interfunzionali tra loro: da una parte, il “paese animato” ufficialmente dalla comune vita lavorativa di una comunità che riconosce fra i suoi abitanti una propria identità autonoma etnico-culturale. In tale identità ovviamente si annovera come requisito essenziale il pellegrinaggio 13 Prefazione annuale della novena, ed è un requisito che noi chiamiamo “folklorico” in quanto è frutto inconfondibile e segno specifico di fonte “popolare” tradizionale. Ed è perciò un dato irrinunciabile. Dall’altra parte troviamo il “villaggio campestre”, il quale “fuori”, cioè in area libera più o meno distante da ogni proprio paese, raduna genti di diversi centri abitati, in un paesaggio aperto alla campagna. E gli ospiti provvisori di questo villaggio-campestre si sentono animati da due essenziali richiami: quello interiore di tono devozionale in un contesto religioso collettivo, l’altro di carattere gioioso e fraternizzante, secondo un clima che potremo dire simpaticamente “turistico” e insieme “socializzante”. Del resto non è un caso – conviene qui precisare – che l’istituto della novena tipicamente d’origine sarda, vada interpretato storicamente come modello di festa sviluppatosi dal tipo di feste campestri ovunque diffuse tra società contadine, limitate nel tempo ad una sola giornata, in risposta dunque ad un desiderio sordamente percepito e ad un bisogno emerso via via fra contadini e specialmente pastori sardi, di vincere il secolare isolamento fra gruppi paesani che ne caratterizzava e a lungo ne caratterizzò il sistema di vita. È il modo di rispondere ad una esigenza socialmente via via affermatasi a livello di coscienza collettiva, in particolare – a nostro avviso – in rapporto alla condizione della vita pastorale. A ben vedere, è il fatto che le prime chiese come nuovi centri di attrazione, e di possibile, durevole riparo per le persone, furono costruite autonomamente dagli stessi candidati novenali, e ciò a dispetto della autorità ecclesiastica ufficiale, che entrava in polemica contro l’originaria, indegna mistura, – in chiesa – di sacro e profano. Dunque la nuova iniziativa ed usanza delle “casette” sta a testimoniare in qual modo si svolse il processo storico di nascita delle feste novenali incentrate nella chiesa nuova, collocata in piena campagna. Dall’esame redatto dalla attenta e rigorosa antropologa circa gli elementi della quotidianità della vita riscontrabili nei gruppi e nelle famiglie distribuite tra le varie case secondo 14 l’ordine ingiunto all’arrivo, con criterio adeguato, dal “priore” che si sceglie come regolatore dell’ordine generale del centro novenale, si desume l’insieme di significati psicologico-culturali, e di funzioni comunicative e sociali che emergono a confronto con il consuetudinario tenore di vita svolta al paese. Certamente quotidianità e festività si fondono insieme da un lato, per gran parte del tempo d’ogni giornata. Non possono non ripetersi le attività proprie di cucina, di cura dell’abitazione, consuete d’ogni casa. Ma qui v’è in più l’esposizione di oggetti alla fiera esterna, nella grande corte. V’è nel pomeriggio il culto devozionale e penitenziale, specie per le donne. V’è poi la sera con balli, canti, divertimenti per tutti, giovani e anziani, e soprattutto con l’unificazione di gruppi e famiglie originariamente estranee tra loro, e qui invece aggregate insieme in un clima caloroso di compartecipazione solidale e amichevole. Vero è che risulta frequente l’uso seguito da uomini adulti, di sera, di riunirsi in una bettola a bere insieme. Ma gli uomini frequentemente, se il proprio “paese” non è troppo lontano, si ritirano a passare la notte e l’indomani mattina a casa propria sia per non ammassare troppa gente nel locale assegnato, sia per lavorare, e quindi tornare l’indomani per pranzo. Un significato nuovo assume il rapporto tra gruppi originariamente stranieri fra loro, mediante l’importante nuovo istituto dello “scambio di visite”, che viene sistematicamente inaugurato tra adulti di differenti famiglie o gruppi. Sono scambi che si ama ripetere più volte, per rafforzare il nuovo rapporto di durevole amicizia innovativa. Alle visite scambievoli si aggiunge ordinariamente, di sera fino a tarda notte, il diversivo di giochi, balli a coppie con musiche di transistor o mangiadischi, ma anche con cantanti e suonatori professionali appositamente impegnati per una festa, decisamente orientata dunque in senso – per così dire – pagano. Ciò prova che soprattutto i giovani di proposito imprimono alla novena, e sempre più lo faranno oggidì, un tono moderno, spregiudicato, del tutto laico e – in senso lato – “consumista” o “borghese”. 15 allora. la sera si dà corso ad una fiera-mercato di oggetti esposti su cosiddette “logge”. Non ci risultano oggi eventuali variazioni. Proprio i Nuoresi risultano essere gli organizzatori della novena di Lula. benché sempre unito con atteggiamenti di carattere arcaizzante e tradizionale. è bene sottolineare che ancora all’epoca della ricerca qui esposta l’economia locale era qualificata come “precapitalista”. serie delle casette destinate a ospitarli e loro assegnate all’arrivo. Cosma e Damiano. sul costo dei pascoli e sul prezzo del formaggio da loro prodotto. è provata dal numero di “chiese campestri” contate nella ricerca tenuta da Clara Gallini nel 1968. la nostra antropologa segnala in essa la mobilitazione particolare di pastori di Mamoiada e Orgosolo. come campioni tipici. come dono dovuto in proporzione al peso del malato presente. Chiaro dunque risulta l’abbinamento di espressioni religiose (o magico-religiose) ed altre. SS. Cosma e Damiano (Mamoiada). Oggi sono “beni” ampiamente valorizzati a livello scientifico (storico. oltre che per molte altre diverse condizioni di sperato favore. dell’Annunziata (Bitti). siamo dinanzi ad una cultura ligia alla tradizionale base magico-religiosa. Basti dire che si sono visti e contati accedere al centro novenale di Lula 500 fedeli provenienti da Nuoro. è quello della novena di Lula. Erano. si affermano alla lunga come autentici “beni culturali” simbolicamente carichi di un proprio valore “identitario”. nonché bambini e una immancabile riserva di birra. canzoni. Si direbbe che la “capitale” come tale. i quali vi trovano l’occasione gradita per discutere. La ricerca di Clara Gallini assume cinque modelli di chiese campestri novenali. L’eminenza suprema della figura di San Francesco come titolare della chiesa e della novena. mentre fra le attività di divertimento 17 . materassi. brande. Oggi la magia vuole – differentemente dal passato – foggiarsi di titoli “scientifici”. e perciò irrinunciabili per le comunità locali. su problemi comuni: per esempio sul grave allarme della siccità con facile morìa del bestiame. Giunti alla “corte”. imponga un tono piuttosto scanzonato e moderno. libagioni. tra i più famosi e frequentati. in realtà preminenti. del quale si spera di ottenere la guarigione. Le donne approfittano per stringere relazioni tra comari di residenza lontana. Nuoro. e insieme il nesso stringente istituito con la città “capitale” di Nuoro. che potrebbero utilmente indicare orientamenti prevalenti. I partecipanti alla novena di Lula sono soprattutto i Nuoresi. Tuttavia dobbiamo dire che in generale feste religiose collettive. da cui essi direttamente dipendono come stabilmente e in numero assai grande collegati con essa. ed anche controlla gli abigeatari. nella varietà di paesi di collegamento e di organizzazione novenale.Prefazione L’importanza attribuita dagli abitanti al ciclo novenario di festa in Sardegna. si è visto 16 scaricare mobili. in quanto collegato con la città di Nuoro ed i suoi abitanti. che funge da patrono dei pastori. l’intera società moderna. nella pretesa di apparire “moderna”. Parlano talvolta anche del banditismo del non lontano passato. il caso più importante. Nell’insieme i presenti danno luogo a libere danze. Per quel che concerne la novena della chiesa dei SS. antropologico). Come si vede. di carattere dilettantesco ed edonista. Questa chiesa-santuario è sacra a San Francesco. di prestigio di cui si vantano i fedeli della novena di Lula. Madonna (Gonare) – tutti dell’area Nuorese. in onore del santo Francesco. È il voto del pellegrino che accompagna un malato per il quale si compie il pellegrinaggio. Per tutti. anche l’abigeato. cioè per più lunghe ore impiegatevi. di tipo popolare. 41 oltre alcune abbandonate. specialmente famoso ad Orgosolo. trattenuti in paese). e in più si presentano anche turisti stranieri (ma raramente gli abitanti di Lula. Oltre ai casi della Madonna del Rimedio (Orosei). Del resto. S’è presto visto portare ed offrire in voto sacrificale una pecora. A proposito di abigeato. anzi contemporanea – dobbiamo rilevarlo – rifà sue spregiudicatamente le credenze e le pratiche magiche già proprie degli arcaici ceti rurali. Vi si inseriva come pratica frequente e corrente. tra elementi di paesi differenti. al distendersi serenamente sull’erba dei campi. sembrano figurare come elementi dai quali psicologicamente e inconsciamente si enuclea quel senso di orgoglio. Anche qui troviamo qualche caratteristica distintiva. soprattutto riguardo ai mutamenti da allora in corso e avviati in senso dinamico. Infine. e gli affittuari di pascoli. Ma un rapporto potenzialmente conflittuale si apre sovente fra pastori-proprietari e nullatenenti assunti come soci minori. Possiamo dunque asserire che non per tutti gli abitanti la novena vale come “villeggiatura distensiva”. voti alla Madonna. risale ad almeno due secoli or sono. Il cosiddetto “servo-pastore” riceve pecore in compenso del lavoro prestato ogni anno. è quello della novena e chiesa della Madonna di Gonare. in passato frequenti. Egli dovrà. mentre sono gli uomini che operano come organizzatori della novena. in base a riti di ordine magico volti a garantire la fecondità delle singole partecipanti. dal potere magico. Perciò l’abigeato attuato non provoca una reazione di aspra intolleranza. una razionalità nel caso suindicato di furto. con elementi che gettano luce sul complesso della cultura sarda dell’epoca. come del resto risulta in ogni altro caso sopra passato in rassegna. Fra i pastori che partecipano alla novena sembra ch’essi ricevano una strana influenza interiore. Il mondo pastorale in genere subisce varie dinamiche d’ordine socio-economico. grazie ai cambiamenti strutturali della società italiana. dipendenti dai principales. Questo perciò nel gioco viene ordinariamente scoperto e punito. contro l’effervescenza di pratiche e credenze fondate sulla magia. in sede di novena. per pena. Gli uomini.Prefazione di giovani e adulti si ricorre alle carte. dipendente da Orosei. Di fatto esiste nella comunità locale un forte spirito di collaborazione e solidarietà nel difendere la vittima del furto. sempre più fortemente dinamicizzati fino ad 19 . come si desume dalla distribuzione delle mansioni tra donne e uomini. detti principales. in una pratica di “gioco” (come un non gravissimo furto di capra. fra tutti i membri. a loro volta. La cosiddetta “corte di cumbessie”. ma anche al ballo. dipendente da Bitti e localizzata in un’area alberata lontana dal paese. quali: interpretazioni di sogni. dalla grande abitudine a subirne l’attacco. ossia la “serie di casette” (qui ad una o anche due stanze). da quanto si evince dal resoconto 18 della nostra interprete antropologa. alla tombola. Sembra dunque che il furto di bestiame sia trasformato. o come uno scherzoso sequestro di persona). sensatamente tornano ogni sera al paese per controllare i propri buoi da eventuale furto. a proposito della paura di abigeato e della reazione all’attacco di esso eventualmente subito. Un accento è posto nella novena. o come operatori compensati in natura dal vero padrone. Essi sempre si adoperano per scoprire il colpevole. Soltanto donne prendono parte attiva alla festa novenale di Gonare. Il santuario risulta ricco di ex-voto come prove di guarigione ottenuta. Infatti una intensa polemica viene pronunciata. pagare a tutti da bere. si sottolinea un fenomeno particolare di ordine psico-sociale. Anzitutto è bene distinguere sul piano sociale due diversi ceti nel mondo pastorale originario: cioè i pastori proprietari di pascoli. ed esse servirono anche da “lazzaretto” per casi di epidemie. di odio e rancore contro il responsabile. riprendiamo dal testo di Clara Gallini brevi dati storici utili per intendere l’appellativo “Rimedio”. fino a tutt’oggi significativamente persistenti. il quinto campione novenale raccolto ed esaminato da Clara Gallini. Passando alla chiesa e novena dell’Annunziata. malocchio. Fra le partecipanti alla novena è diffusa l’idea che “la comunità di novena” funge da istituto di socializzazione tendente a creare nuovi vincoli tra famiglie. e a sua volta nel tempo. come la si ritrova pure in un altro ben diverso contesto. mentre tra gli uomini si preferisce ritrovarsi alla bettola a bere in compagnia. Ci limitiamo a rilevare aspetti essenziali. senza poi partecipare personalmente ad essa. guarigioni magiche. può arrivare ad essere lui stesso proprietario di un piccolo gregge. malattie. Qui si impiega un preparato di polvere di pietra raschiata. Sulla chiesa e novena della “Madonna del Rimedio”. I temi di colloquio tra donne rivelano di massima interessi riferibili ad arcaiche credenze. o pure da riparo dalle incursioni saracene. psichica e mentale. ecc. Così l’esperienza comunitaria fa propria. oltreché entro la famiglia. La nostra antropologa ha voluto integrare i dati raccolti sulle novene come tipo di festa speciale. vendendo la terra dopo averla “parcellizzata”. E pensiamo che sarà interessante verificare. Come nota l’autrice. esistono delle abitazioni di nuova costruzione. provvede alla sistemazione dei novenanti nelle stanze. Vero è che la chiesa ha stabilito che tali case “private” debbono poi passare alla chiesa come sua proprietà. la chiesa. Ma tra i ceti abbienti ovviamente funziona l’economia monetaria: le prestazioni di lavoro si pagano. È chiaro che un istituto complesso in sé e plurivalente oltreché polifunzionale quale la festa novenale. per avere il diritto di vivere quei giorni di “festa” nelle cumbessie o casette. o al priore nominato come controllore dell’intera festa nella sua durata. un complesso di beat. All’epoca – per noi piuttosto lontana – della ricerca. nel cui corso si può passare da assoggettati a proprietari. in movimento dinamico. È un legame resistente con la tradizione premoderna: per esempio scambio tra un lavoro gratuito e offerta di prodotti alimentari o di consumo. 21 . In parte emigrano nel continente (Lazio meridionale. Non manca nel libro di Clara Gallini uno sguardo attento all’economia. c’è poi da riscuotere gli affitti delle bancarelle della “fiera-mercato”. Ma altre case sono proprietà privata. nonché di eventuali stranieri pellegrini o turisti in un locale riservato. anch’egli un laico.Prefazione oggi. richiede una organizzazione per l’ordinamento regolare delle varie operazioni riguardanti i rapporti tra l’ente centrale. Ciò sembra alludere. in città oppure in campagna. Per il vitto la famiglia può in parte risolvere il problema con la spesa da fare al paese. per ogni ciclo festivo sempre numerosi. pur se oggidì resisi perfino troppo comuni “in città”. In pratica si viene ad un equilibrio bilanciato. Ma si afferma anche un sistema di ascesa sociale. ritornando sul posto. Essi pagano quasi un affitto. Le giovani generazioni spesso rifiutano il lavoro manuale. Ma noi conosciamo il problema dell’abusivismo privato. Anzitutto costoro debbono pagare una quota particolare al parroco. mentre il comitato decade alla fine del ciclo festivo. nei rapporti fra chiesa e novenali. Del resto non mancano ovvii rapporti monetari anche nei riguardi della chiesa da parte dei numerosi soggetti impegnati nella novena. da abitare in qualsiasi periodo. parte col versamento di un obolo alla chiesa. ed i novenanti. in quale grado si verifichi la trasformazione di certi comportamenti che potremo dire “audaci”. Un ulteriore fenomeno osservato da Clara Gallini allora. e ci preoccupa vedere la chiesa stessa tollerare tali iniziative di soggetti “fuori norma”. nonché nella intraprendenza delle sue libere attività. è dato dalla crescente autonomia assunta dalla donna nella gestione della amministrazione degli interessi famigliari e di lavoro. che si presenta nelle relazioni interpersonali con frequente preferenza data non tanto a livello monetario. quanto piuttosto a livello di scambio in natura. ma di prestigio. Siamo purtroppo stanchi di vedere trasmodare gli abusi privati. per affittarle a mercanti di passaggio. E si precisa che alcune sono state proposte dalla chiesa. L’innovazione è chiara. volendo accedere a ruoli professionali. riguardante il ruolo della donna nel mondo sardo della pastorizia. dietro le cumbessie. Per la parte propriamente “festiva” occorre ingaggiare poeti dialettali (che un tempo indicevano gare). grazie alle varie offerte da questi ultimi versate alla chiesa nell’anno. all’usanza di una “villeggiatura” in albergo. ovvero nei parchi e sui lungomare di tanti paesi idillici e sfigurati dalle costruzioni abusive. e sono state costruite gratuitamente da lavoratori membri della popolazione novenale. fra le numerose costumanze che rispecchiano una solida persistenza e resistenza di usi e atteggiamenti arcaici tradizionali. cura l’edilizia (cioè le condizioni della chiesa e delle casette). Il che significa che alcuni novenali hanno “osato” costruire una nuova casa per la propria famiglia. Toscana). La responsabilità generale è affidata ad un comitato. per cui rari sono i giovani pastori che restano tali. che può rinnovarsi per più anni. se vogliamo. La direzione del comitato provvede alla raccolta di fondi e delle offerte. e ciò oltre al tradizionale suo ruolo fondamentale nell’attività agraria. gruppo di laici volontari retti dal priore. 20 vediamo una mescolanza insolita con comportamenti che potremmo dire antesignani di un vero rovesciamento e scombinamento di regole di vita. da cooperatori a stipendiati. Prefazione corse di cavalli, e altri divertimenti. Il priore è nominato tra cittadini di livello dignitoso, benestante e conosciuto come esperto. Si dice in proposito che “essere nominato priore è onore più che guadagno”. Non manca nel libro di Clara Gallini uno sguardo all’economia limitatamente alle relazioni interpersonali: relazioni che oscillano, secondo casi, tra rapporti di tipo monetario e altri rapporti d’ordine precapitalistico: cioè in base al sistema di scambio fra parti: per esempio lavoro (prestato gratuitamente) e prestazione di prodotti alimentari o di consumo. Ciò si usa in particolare negli ambienti più umili, mentre in ambienti socialmente più alti il sistema è quello moderno. Il rapporto economico tra la chiesa e i novenanti è particolarmente complesso e articolato. I novenanti debbono pagare al parroco o al priore della novena il proprio diritto di abitare per i giorni della festa nelle cumbessie. Le famiglie e i gruppi si prestano generosamente per sovvenire a eventuali necessità di lavoro, come anche a elargire al priore, per la chiesa, offerte in denaro nel corso dell’anno, come durante la festa. I pastori fanno sovente doni di capi di pecore, pur in numero consistente. Dunque si crea un rapporto bilanciato tra offerte dei novenanti e la chiesa, per le sue spese. Tutto ciò denota l’esistenza d’un rapporto umanamente generoso e di reciproca assistenza tra chiesa e gente che arriva per partecipare al pellegrinaggio, il quale poi diviene anche occasione di divertimento profano integrandolo spontaneamente e in implicito accordo, fra tutti i membri esistenti e le funzioni religiose. Quanto all’aspetto devozionale più importante, frequente e partecipativo, esso è rappresentato dal “voto”. Questo viene promesso al santo (o alla Madonna) come occasionale e drammatica iniziativa individuale, a favore della guarigione d’una malattia sia propria sia d’un caro famigliare, ovvero a favore del positivo successo d’una ardua opera da compiere, d’un impegno ambiguo e pericoloso, ecc. Ovviamente le devozioni individuali nella novena – a parte la messa collettiva mattiniera – si tengono nel pomeriggio, ed assumono un carattere centrale d’impegno sacrale. Il voto si lega al pellegrinaggio, 22 come accade precisamente nel rito dei grandi pellegrinaggi ufficiali. Non per caso Clara Gallini ha affrontato assai più tardi, con pari impegno di interpretazione sul piano storicoculturale e sociale, un pellegrinaggio di estensione internazionale e di enorme risonanza religiosa: cioè il caso “Lourdes”. Pure in tal caso ella ha osservato – come dirò – i diversi indirizzi e aspetti, oscillanti fra devozionali e mondani, o d’utilità pratica: aspetti che s’incontrano uniti e fusi insieme pure a Lourdes come in ogni altra grande manifestazione religiosa spettacolare.3 Se il “voto” è rito devozionale centrale della novena, come espressione diretta dell’ideologia religiosa dalla quale assume significato l’intero orientamento mentale, pratico e culturale “arcaico” della stessa novena, altrettanto essenziale e fondamentale della novena è la festa, che esprime in modo partecipativo ed esaltante la rottura di quell’isolamento della famiglia e del gruppo locale, che caratterizza la routine quotidiana della vita di paese. Tale isolamento, appunto, si riscatta nei nuovi intrecci socio-relazionali, di cooperazione, sodalità, ospitalità, con novità di costumi, di comportamenti e valori. Inoltre la novena sarda assume una funzione correttrice rispetto alla crisi di destrutturazione delle campagne e dell’economia agro-pastorale locale, che si è sviluppata nei decenni del periodo emerso fino all’età della ricerca. Clara Gallini ha colto un punto saliente sul piano sociale a proposito del fatto che in Sardegna soltanto gli uomini ricorrono talora all’emigrazione continentale per uscire dall’isolamento locale, e per distaccarsi dalla tradizionalità verso la modernizzazione. Così dunque due diverse componenti si associano e si fondono insieme integrandosi reciprocamente nella novena: la componente religiosa, prevalentemente gestita dalle donne e legata in realtà a condizioni di salute (ossia malattie e sperata guarigione, in famiglia), e d’altra parte la cosiddetta componente della “villeggiatura laica”, ossia un recupero di 3. C. Gallini, Il miracolo e la sua prova. Un etnologo a Lourdes, Napoli, Liguori, 1998. 23 Prefazione rasserenamento grazie alla compagnia di persone pur nuove, grazie al benefico rito dell’ospitalità. Parliamo di una ospitalità vista come impegnante reciprocità tra le parti, in occasione di ogni bisogno: ed è dote concernente solo le donne e i loro rapporti. Mentre d’altra parte gli uomini trovano, con la novena, un differente supporto realisticamente fruibile per loro: per la precisione, nella ospitalità che loro offre la bettola sistematicamente aperta per loro la sera. Ma si tratta di un costume esteso in modo implicito anche al paese. Del resto l’ospitalità è sempre stata longanimemente aperta, in Sardegna, anche ai banditi come ad individui sospetti o marginalizzati: nel medesimo stile col quale la chiesa riconosce il diritto di asilo.4 In conclusione, certamente la festa novenale, come ogni festa popolare collettiva di qualunque società o comunità tradizionale, rappresenta una fuga liberatrice dalle strettezze e limitazioni che bloccano la routine della vita ordinaria di casa e di paese. Nella festa si passa, specialmente nei tre ultimi giorni, ad un’atmosfera di libertà che consente sprechi e sfarzo di cibi festivi, apre all’uso di banchetti all’aperto e al consumo di capretti, porcetti, muggini di mare, con sfoggio aggiuntivo di dolci, vini, liquori. Si accede dunque ad un senso di benessere che si può dire “comunitario”. Ciò significa che il consumo si gode in quanto esso è socializzato; e significa che l’individuo singolo si identifica nella comunità, secondo un’etica di tipico tenore precapitalistico. È un’etica che la festa dispiega verso una solidarietà comunitaria. In sintesi, nelle feste lunghe di Sardegna il consumismo indotto dalla moderna atmosfera culturale dominante nella società di massa ormai volta ad un’etica individualista di benessere, trova la sua specifica espressione in atteggiamenti legati ad una mentalità di stile paleo-rustico. D’altra parte, per passare al testo che Clara Gallini ricava dal vivissimo resoconto del rituale del pellegrinaggio di 4. Cfr. G. Satta, “Pratiche dell’ospitalità sarda”, in Patrie elettive. I segni dell’appartenenza, a cura di C. Gallini, Torino, Bollati-Boringhieri, 2003, pp. 61-91. Lourdes reso da Zola nel suo libro del 1894 – un secolo prima dell’età della ricerca sarda della nostra antropologa – il consumismo riscontrato da Zola presenta una tinta nettamente borghese, esibizionista, perfino vanitosa se si pensa alla sete di doni per sé e per altri, il culto d’una oggettistica sacra e insieme utilitaristica con cui si corona la settimana dedicata al rituale severo, carico di fervore religioso. È un consumismo “santuariale” frutto di un confuso materialismo, dai ceti umili dato come positivo, dal ceto benestante borghese assunto come feticismo di oggetti sacri nei loro significati simbolici. Con grande rilievo Zola sottolineava, e Clara Gallini ribadisce il tema arcaico, biblico e post-biblico, dei “mercanti del tempio”, del tradizionalissimo binomio del business col “sacro”. Devozione e commercio si mescolano insieme in formazioni plurime ed irreali. Dalla unione del polo economico col polo simbolico scaturiscono prodotti venali di autentica contaminazione. Il polo devozionale dell’acqua miracolosa e quello del prezioso rituale sacro, unendosi insieme si aprono a pratiche d’ordine tecnico quali l’imbottigliamento dell’acqua e la fusione di cera per candele destinate al mercato. Mentre i pellegrini attendono a doverose operazioni e movimenti di netto carattere simbolico e sacro, l’organizzazione ecclesiastica gestisce e attende ad una serie di attività pratiche d’ordine utilitaristico e mercantilistico. Perfino negli ambienti della città di Lourdes e negli stessi luoghi sacri si verificano – notava Zola nel suo libro – processi di affratellamento fra misticismo penitenziale e venalità, ed anche fra dolore e festa, tra fervore religioso e sregolata ricerca di piacere. «Dal fulcro sacrale della Grotta si passa alle periferie profane della recezione e del consumo». E l’osservazione critico-sociologica rivela che l’espansione moderna della città risponde alle cresciute esigenze date dall’indotto dei pellegrinaggi. Crescono nuovi alberghi, mercati, imprese, in corrispondenza alla richiesta diffusa di voglie, abbuffate, di sesso. Tutto ciò è scritto e registrato dal libro di Zola. Clara Gallini conclude con una nota sintetica: «La doppia anima di Lourdes – ella scrive – si traduce in un 25 24 Prefazione problema interno che più o meno travaglia il pellegrino, inducendolo a scelte differenziate».5 A complemento di quanto s’è visto e s’è detto a proposito della consuetudinaria mistura di sacro e profano, di sofferenza e divertimento, di malattia e festosità, ritengo a questo punto di sottolineare personalmente che si tratta – pure nel caso del “consumo del sacro” nelle feste religiose popolari di Sardegna – d’un fenomeno non eccezionalmente né univocamente prodotto dal consumismo preso come principio o valore nuovo e fondamentale della nostra civiltà contemporanea, ipertecnologica e perciò iperproduttivista e quindi portatrice d’una congiunta ineludibilità del consumismo. È bene tuttavia tenere presente che la voce “consumo”, in contrasto col rito sacro, è costituzionalmente carattere della festa religiosa come prodotto cuturale collettivo, pertinente a qualunque delle culture mondiali, come espressione di desideri e bisogni di acquisizione di un bene importante per la comunità che partecipa alla manifestazione indetta culturalmente, in contrapposizione con la condizione del “male” che invece opprime la stessa comunità. Di proposito essa fa pressione per uscirne. La festa celebra un rito volto a facilitare l’avvento del bene desiderato, e l’eliminazione della condizione negativa attualmente opprimente. Non per caso la componente religiosa s’innesta alla festa che punta anzitutto alla guarigione di mali di qualunque natura. In tali casi il carattere religioso assume in origine un’impronta dominante, in quanto che da tale impronta sacra si ispira la fede nel superamento del male, e nel nostro caso sardo nell’effetto terapeutico-spirituale applicato alla malattia di ogni paziente che partecipa alla festa. E proprio in nome della fede della guarigione si esprime in ogni soggetto presente una energia volta alla gioia, alla baldanza, alla soddisfazione psico-fisica: ossia volta a unirsi insieme solidalmente a “fare festa”, per il bene di ognuno e di tutti. Non per caso siamo informati che per l’antichità cristiana medievale la chiesa interveniva con notevole frequenza nella denuncia e grave condanna di manifestazioni di carattere 5. C. Gallini, Il miracolo e la sua prova cit., p. 133. orgiastico, di ebbrezza e di sfrenatezza sessuale: comportamenti impuri in occasione di feste importanti d’ispirazione religiosa cristiana. Lo stesso Sant’Agostino denunciò in molti casi le degenerazioni comportamentali di molti esecutori di grandi celebrazioni festive dedicate a temi sacrali. Per esempio furono gravissimamente condannate le collettive ricadute in forme di vero paganesimo, con trasgressioni di tabù imposti dalle norme cristiane. Ciò accadde spesso in occasione della festa di San Giovanni: una festa ricostruita con significati salvifici e purificatori sulla base di un antico culto pagano legato alla Natura.6 Del resto anche Clara Gallini non manca di segnalare il fenomeno antico e pure moderno dei sinodi ecclesiastici in polemica contro libertà e scandali nelle feste cristiane. E ci ricorda che la festa diventa un’occasione di incontri tra giovani, schermaglie sessuali, corteggiamenti. Possiamo ben dire in sintesi che, se la festa novenale sarda comporta l’antinomica presenza di due contrastanti valenze mitico-rituali quali sono: il rito devozionale proteso ad un ipotetico obiettivo religioso-terapeutico di guarigione (di pazienti presenti al rito), e il suo riscatto nel divertimento, o meglio nell’“orgia” consumista dei divertimenti; tale struttura della festa conviene sia intesa – piuttosto che occasionale frutto storico-moderno dell’ondata del consumismo occidentale in quanto filiazione dell’iperindustrializzazione – come struttura omologa a quella di tutte le feste popolari di carattere collettivo e tradizionale. Questa struttura informa tutte le feste popolari tradizionali, dagli antichi ludi romani al Carnevale, al contrasto nella Roma antica tra la religione dello Stato e i Baccanali d’origine popolare e orientale, – Baccanali respinti dal Senato-consulto come politicamente pericolosi, – e oggi le più varie feste locali d’origine rurale, comportanti prima sofferenza e poi gioia e giubilo, prima oppressione e poi liberazione. In tutte queste feste, antiche e moderne, si 6. V. Lanternari, Le origini della festa di San Giovanni, in “Vie Nuove”, 15 agosto 1954; V. Lanternari, “La politica culturale della Chiesa nelle campagne. La festa di San Giovanni”, in Società, IX, 1, 1955, pp. 64-95. 26 27 225-250. 25-60. In realtà pur oggi nelle più diverse feste popolari tradizionali a sfondo religioso notiamo che un bisogno di riscatto collettivo da pressioni di miseria sofferta. 27-28. gioco. pp.. sul piano simbolico. solennità e gioco nei rituali terapeutici di possessione”. Le sue prime ricerche hanno prevalentemente toccato la storia delle religioni nel mondo classico culminando nell’esame dei rapporti tra movimenti religiosi e sociali di protesta nella Roma antica e le risposte integrative fornite. ecc. Lanternari “Verità e finzione. in quanto da essa si ispira la fede nella possibilità di guarire.) connettendoli alle relative forme dei rapporti sociali e di produzione e alle problematiche del cambiamento sociale e culturale. malocchio. tradizionale. 2002. la festa della “Macchina” a Viterbo. feste. rivolta”. al gioco e divertimento (= il “profano”). Il suo campo di interessi teorici ha sempre avuto per oggetto lo studio dei sistemi simbolici. I. ossia ad unirsi solidalmente a “fare festa”. La religione popolare fra tradizione e modernità. V. religione. in Festa. Esordisce come studiosa di storia delle religioni greca e romana. come pure di malattie opprimenti ecc. Ernesto de Martino. al diporto. Palermo. cioè in ogni caso espulsione del mondo negativo e riscatto del positivo. Ha inoltre analizzato da diversi punti di vista le forme di produzione e di trasmissione di un discorso etnocentrico nell’immaginario sociale. Clara Gallini è Professore ordinario fuori ruolo alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Roma “La Sapienza”. ecc. pp. Festa. “Rovesciamento dell’ordine e simbolismo millenarista. dove ha studiato diversi istituti culturali (dono. Ha quindi spostato l’attenzione alle complesse iterazioni tra alcune forme di cultura urbana dell’Ottocento italiano e 29 28 . di quotidiane preoccupazioni patite. Un importante settore della sua produzione scientifica concerne la cura e l’edizione critica di vari scritti (editi e inediti) di Ernesto de Martino. C. riti di guarigione. le sue ulteriori ricerche hanno avuto per oggetto la cultura della religiosità popolare in Sardegna e nell’Europa contemporanea – esaminandone le dialettiche fra tradizione e modernità. vol. Liguori. in Sardegna. la danza festosa e corale. 7.8 Uno stretto. valori. La fede nella guarigione si espande come energia volta ad espressioni di gioia. funzionale nesso psicologico e dialettico lega il rito religioso (= il “sacro”) al “libero consumo”. Nella festa perciò la dimensione religiosa è dominante. Ha poi fatto seguito la ricerca etnografica sul campo. di insicurezza personale e situazioni di rischio. Lanternari. carisma. 8. Vittorio Lanternari NOTA BIOGRAFICA 7. che si sono andati evolvendo col tempo. è inoltre Presidente della Associazione Internazionale Ernesto de Martino e Socio Fondatore della International Gramsci Society. in Struttura della festa. induce il ricorso alla provvisoria.7 Non per caso dunque la componente religiosa s’innesta alla festa. con particolare attenzione alle dinamiche di dominio e di dipendenza e ai processi trasformativi che in essi si manifestano.dà luogo ad una rappresentazione del “rovesciamento del mondo”. Vittorio Lanternari. Analisi storica e confronto etnografico hanno costituito strumenti essenziali di approccio all’oggetto di studio. quasi millenaristica “evasione” verso il libero consumo. il frenetico divertimento. pp. Nata a Crema il 19 giugno 1931. apocalisse. cap. Queriniana. Prandi. magia. come effetto – nel nostro caso di Sardegna – di una “spiritualità terapeutica” applicata alla malattia di ciascuno. È quel che si riscontra nella festa dei Gigli a Nola. nella festa religiosa popolare. poesia. Brescia. Napoli. di baldanza e soddisfazione psico-fisica. Sellerio. In questa fase furono dominanti gli indirizzi di Raffaele Pettazzoni. in Medicina. che anzitutto punta alla realizzazione di un “bene” costituito dalla guarigione di malati presenti e appositamente partecipanti ai riti. I. 1996. per il bene d’ognuno e di tutti. 1983. collettiva. V. da parte dei nuovi poteri politici. Cagliari. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali. a livello internazionale. 1977 (153 pp. Edes. Cagliari. pp. Edes. de Martino.). 1971 (332 pp. 30 31 . Liguori. del 1967 rived. per poi passare a una rilettura del dibattito di fine-secolo sui miracoli di Lourdes e la “fede che guarisce” (Charcot. 1967 (344 pp. in E. Zola). a cura di C. La Sonnambula meravigliosa. Cedam. Pinna. Cagliari.). 1977. nel tempo. NOTA BIBLIOGRAFICA I rituali dell’Argia.).). Per questo l’antropologa ha iniziato a interessarsi alla problematica dei conflitti etnici e razziali. Protesta e integrazione nella Roma antica. L.). sia dalla chiesa cattolica che da diversi scienziati positivisti. Dinamiche culturali e scontri di classe. Padova. Intervista a Maria.).). ed. “Nota redazionale”. Gallini. Palermo. Gallini. Lotte di potere e tecniche del consenso in una comunità sarda. 1981 (230 pp. 1970 (218 pp. aggiornandosi sulla più recente letteratura teorica.). forse giustificabile in anni passati (almeno in Italia) ma che ora i grandi movimenti migratori stanno mettendo decisamente in crisi (anche in Italia). Laterza.. Guaraldi. Gallini. Le buone intenzioni. Bari. 1975 (139 pp. ai suoi caratteri di modernità e alle interazioni culturali presenti sulla sua scena conduce la studiosa ad esaminare in particolare due dimensioni: il rapporto tra discorso medico e discorso religioso (per la definizione simbolica del malato) e la caratterizzazione assieme etnica. Una festa di guarigione in Sardegna. La fine del mondo. 2003. Occuparsi di dislivelli di cultura significa oggi dover anche fare i conti con quella tradizionale divisione tra dislivelli “interni” ed “esterni”. Feltrinelli. Bari. Il referendum sul divorzio in Sardegna. Nuoro.). 1981 (170 pp.). 1974 (106 pp. e corr. nazionalista e internazionalista che definiscono il pellegrino del santuario moderno. Dono e malocchio. Torino. Feste lunghe di Sardegna.). “Introduzione”. pp. Napoli. Ilisso. Il consumo del sacro. che. C’è infine un tema. Einaudi.le posizioni assunte rispetto ad esse. La ballerina variopinta. Un approccio più articolato al fenomeno Lourdes. Tradizioni sarde e miti d’oggi.). Lo studio del magnetismo e dell’ipnotismo (come luogo di contendere tra diversi poteri) l’ha poi condotta ad un riesame del primo sorgere della “psicologia della folla”. I-XCIII. Laterza. Inchiesta sulle associazioni culturali nelle province di Cagliari e Oristano. Forme di cultura tra i giovani. Palermo. Flaccovio. Diario di un parroco di villaggio. Sellerio. 1973 (191 pp. C. Politica e metodologia nell’antropologia culturale statunitense. sostiene Clara Gallini. XCV-CI (727 pp. 1988 (219 pp. Edes. Milano. 1981 (99 pp. Firenze. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano. Cagliari. a cura di C. sta diventando ormai ineludibile. 1983 (375 pp.). Edes. Un etnologo a Lourdes. 263-326 (384 pp. . a cura di C. in E. Liguori. Frammenti di un discorso alquanto razzista. Gallini e M. critica a cura di C.). Liguori. la scrittura”. a cura C. Lecce. Lecce. a cura di C. I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino. 1952. Apparato critico e documentario alla “Spedizione etnologica” in Lucania. Il miracolo e la sua prova. ed. Gallini. 1998 (275 pp. Fête et guérison en Sardaigne. 2003. Giochi pericolosi.31 Ott. a cura di C. “Introduzione” (e intervento). Manifestolibri. francese. Gallini. Argo. Torino. Roma. pp. Torino.). Napoli. Bollati-Boringhieri. 1997 (386 pp. in Patrie elettive. I segni dell’appartenenza. Gallini. 9-75 (366 pp. La dance de l’Argia. 1988.). 1995. 1996 (151 pp.). pp. “Dai taccuini a «Sud e Magia»”. IL CONSUMO DEL SACRO 32 . 1999. de Martino. Lagrasse. Gallini e F. “La ricerca. “Presentazione”. 1995. 7. Bollati Boringhieri. Massenzio. Napoli. Note di Campo. in L’opera a cui lavoro.trad. p. Spedizione in Lucania 30 Set. Verdier. Faeta. Argo. Ernesto de Martino nella cultura europea.). NOTA ALL’EDIZIONE Non ho mai il coraggio di riaprire i libri che ho scritto nel passato. Sfuggo il confronto, e ripensamenti, evoluzioni e involuzioni avvengono dentro di me, spesso a mia insaputa. Ricordo però che l’esperienza dei novenari e quella di scrittura, che ne conseguì, mi accompagna nella memoria come un bene prezioso, come qualcosa che ho fortemente amato e che mi ha marcata nel profondo. Ho riaperto ora il libro, per un dovere d’ufficio, che però ho avvertito come un necessario richiamo a iniziare a rifare, in modo più esplicito, i conti con un momento di felicità culturale che fu di certo più creativo rispetto all’opacità dell’oggi. Un momento che va situato tra la grande utopia del ’68 e la crisi che ben presto ne sarebbe conseguita e al cui interno comunque andavo avvertendo «come primario il bisogno di ripensamenti e di verifiche», come avrei scritto nelle riflessioni conclusive all’Appendice “Metodologia della ricerca”. Nel guardarmi oggettivamente all’indietro, avverto che il testo porta anche i segni di un linguaggio datato, caratteristico di una scrittura di quegli anni e che il lettore di oggi non farà fatica a riconoscere, proprio nella misura in cui (tipica locuzione del sinistrese di allora) i riferimenti a Marx, alla classe operaia, alla borghesia e al capitalismo possono risultare rituali e persino disturbanti. Né sarei più così perentoria nel definire rispettivamente “precapitalistica” e “feudale” economia e società della Sardegna post-unitaria, fino agli anni del boom economico. Ma il mio sforzo interpretativo va situato anche nella precocità del rapporto con quella stagione di studi che cercava di coniugare “antropologia e marxismo”: stagione ora passata nel dimenticatoio, annullata con impietosi colpi di spugna che hanno marginalizzato opere come quelle di Maurice Godelier, testi fondamentali per un’etnologia che non espunga dal suo sguardo la prospettiva dell’esercizio del potere. 35 Nota all’edizione D’altra parte, sempre nel rileggermi, ho ritrovato la chiarezza e determinazione che mi hanno indotta a condurre una ricerca etnografica autonoma e fuori da alcuni paradigmi allora dominanti (ancorché non esclusivi) nell’etnologia italiana. Erano gli anni in cui si erano enfatizzate le feste, come feste “dei poveri” – ma proprio l’etnografia mi mostrava che tutti, poveri e ricchi, ne erano coinvolti con modalità variabili a seconda delle rispettive posizioni. Erano più o meno gli stessi anni in cui alla cultura popolare tout court si sarebbe attribuito un valore contestativo, di per sé antagonista “al sistema” – ma proprio l’etnografia mi mostrava che gli istituti festivi erano capaci di plasmarsi e riplasmarsi “dentro il sistema” sociale ed economico di ordine più generale. Rispetto all’eredità demartiniana, il mio debito era evidente, fondativo (se ben ci si pensa) di tutto un ambito di ricerche, che puntasse all’analisi di specifici istituti culturali operanti nel nostro Mezzogiorno. Sul piano teorico-metodologico, per giunta, era l’opera di De Martino a invitarci a riflettere sulla natura e la funzione di quelle pratiche e rappresentazioni ascrivibili al campo del simbolico: un campo che a livello europeo, ai tempi delle mie ricerche, stava appena delineandosi in questi termini per offrirsi a nuove forme di attenzione sistematica: di qui, anche, alcune di quelle lacune, oscillazioni e fatiche che hanno lasciato traccia nel nostro testo, proprio nelle sue parti che individuano nel consumo una problematica dimensione del vivere dell’uomo in società. De Martino era sempre presente, come riferimento ineliminabile ma anche incombente. Cercavo allora una strada per continuarne gli indirizzi di ricerca sul campo, ma avvertivo anche la necessità di svincolarmi da alcuni presupposti, fondamentali al suo metodo, ma che non sempre mi pareva potessero trovare verifica negli oggetti che andavo cercando sul terreno. Come coniugare le pratiche festive con forme ipotetiche di “crisi della presenza”? Se mai qualche nesso poteva esistere, mi sembrava quantomeno distante e mediato. Le questioni che mi si aprivano erano di un duplice ordine. Primo: la necessità di connettere forme e significati degli 36 istituti festivi con le pratiche, reali e simboliche (ma allora non le avrei chiamate così) della vita quotidiana, mettendo in reciproca relazione novenario e paese. Secondo: la necessità di considerare la festa come un sistema di condotte reali e di valori astratti. Ma proprio la ricerca sul campo sarebbe via via andata proponendomi ulteriori questioni, non messe in conto al suo inizio e che mi facevano intravedere che tra villaggio e novenario si sottendeva una comune catena di logiche pratiche e simboliche, positive e negative, riconducibili al principio della reciprocità (però nel testo utilizzo il termine «mutualità», meno preciso). All’inizio, come dicevo, non avevo affatto chiare queste questioni, che sono andate via via emergendo nel corso di un lavoro di terreno in cui procedevo anche con una buona dose di empiria, per arrivare magari anche a dirmi che, se avessi iniziato la ricerca sapendo quanto alla fine ne avevo appreso, forse l’avrei impostata in modo diverso. Ma questo è anche il bello di ogni ricerca. Mi appariva anche evidente (mi riferisco sempre alle posizioni di De Martino, che su questo punto mi aveva preceduto di dieci, vent’anni), mi appariva sempre più evidente che quanto osservavo non era residuale appartenenza di una cultura in via di estinzione, ma era qualcosa di attuale, a noi contemporaneo. Sino ad allora applicato allo studio di società extraeuropee, il tema del “cambiamento culturale” mi sembrava una delle prime evidenze che si imponesse allo studio delle nostre forme di cosiddetta cultura popolare. Ma questo studio non era neutro, e non intendeva riferirsi a ricadute passive di determinanti generali su comportamenti locali. E nel rileggere l’“Introduzione” a questo libro, mi colpisce l’intuizione di un problema che in ben altri modi (e ad altri livelli) avrebbe acquisito un’importanza rilevante proprio in seno agli attuali studi antropologici, sempre più attenti a quella dialettica tra globale e locale la cui analisi richiede l’esercizio di nuove etnografie. Di questa dialettica fa parte anche, come dimensione contraddittoria, quella questione dell’etnicità di cui oggi si avverte tutta l’importanza 37 anche tra i nostri studi, e che in quegli anni cominciava ad emergere forse più nel linguaggio politico che in quello antropologico. Ma non vorrei limitarmi a questi discorsi, forse un po’ asettici. Non posso non riconoscere che, nel rileggere dopo tanti anni questo mio libro, le parti che ho più amato e che mi hanno restituito il senso di tutta una ricerca sono le prime e le ultime. Le prime, che mi hanno fatto ritornare sui luoghi e tra persone con cui ho convissuto e scambiato esperienze – la modalità narrativa che avevo allora scelto rispondeva all’esigenza, che era in me molto forte, di restituire attraverso la pagina scritta tutti i soggetti di questa esperienza convissuta, ritrovandone gesti e parole. Ma come coniugare dialogicità ed analisi? Le ultime pagine concernenti il metodo etnografico da me seguito testimoniano del punto in cui allora ero arrivata e degli interrogativi che allora mi ponevo. Interrogativi cui ancora non ho trovato soddisfacente risposta. 10 settembre 2003 Clara Gallini Vorrei ricordare tutti coloro che hanno in vario modo contribuito a questo libro: con consigli tecnici, con rilievi critici o con la loro semplice e importantissima presenza di persone. Le novenanti, chiacchierone e disponibili, di S. Francesco, di Gonare, di S. Cosimo, dell’Annunziata, del Rimedio, le zie che mi hanno ospitata all’interno delle loro case, i vari informatori, sindacalisti, giovani di paese. Tutti gli studenti dei gruppi che hanno partecipato all’inchiesta e da cui ho ricevuto stimoli e critiche, nella misura in cui la ricerca si andava trasformando per essi in strumento di conoscenza della loro realtà sociale: Virginia Burrai, Franca Erdas, A. Maria Marras, Ambrogia Mossa, Laura Nieddu, Ignazio Portas, Antonio Satta, Gabriella Satta, Teresa Sedda, Giorgio Solinas, Francesca Succu. Mario Atzori, in particolare, alla cui capacità organizzativa e al cui impegno critico sono largamente debitrice. E ancora i colleghi prof. Antonio Sanna e Giancarlo Sorgia, che mi hanno aiutata rispettivamente per le questioni linguistiche e per i problemi di lettura dei testi secenteschi; la prof. Angela Terrosu Asole, cui devo la puntuale elaborazione dei dati geografici. Infine, l’amico Raffaello Marchi, che mi ha introdotta nei segreti delle stratificazioni sociali di Nuoro. E con lui Marilena, Virgilio, Giovanni e Luca, che preferisco ricordare solo per nome, perché sono stati gli interlocutori, impliciti ed espliciti, di molti dei temi di questo libro. Grazie a te, Luca, in particolare, perché hai seguito il maturarsi di tutta questa esperienza, dall’aiuto nell’elaborazione dei questionari e nella documentazione fotografica, fino al coinvolgimento più profondo nelle tematiche che sorgevano e incalzavano, dai primi abbozzi di scrittura fino alla stesura definitiva. Siete tutti presenti in questo libro, nella misura in cui può dare un contributo a una presa di coscienza della nostra complessa realtà politica e sociale. C.G. 39 38 ripetizione. che non sapeva il sorriso. vecchie strutture inutilizzabili. Terra aspra ed amara. che non conosceva il ludico e l’effimero. nel giro di poco più di vent’anni. rifiutandolo moralmente come fatto quotidiano e riconoscendolo come realizzabile solo entro una eccezionalità stagionale: la festa. obbligatorietà. e ci sa giocare). tutta una rete di coerenze culturali che. al richiamo del «benessere» continentale. terra senza ironia (l’ironia di chi ha molto. fatiscenti ed amare.INTRODUZIONE Sardegna. da accordi colonizzatori che nulla trascurarono nei particolari. perché comperi di più. situata entro la falsa alternativa di una scelta tra un passato e un futuro che. minuto per minuto. l’avevano sorretta per secoli. che erano tali perché giorno per giorno. E tutte le giovani rifiutarono il costume e cominciarono a vestirsi «alla moderna». isola in sfacelo. la Sardegna si è trasformata rapidamente in oggetto di un potere che la vuole meno affamata. gli Stati Uniti inondarono l’isola di tonnellate di abiti usati. la nascita di un agnello – era minata dall’angoscia della aggressione e della fine. che si afflosciano. mondo arcaico che crolla. che ha travolto. rapida e onnicomprensiva. tutta la già precaria economia agropastorale della Sardegna tradizionale: e con essa. che vennero venduti a bassissimo prezzo su tutti i mercati di paese. Episodio emblematico di tutta una frana. di fatto. per cui la gioia di un piccolissimo bene – la salute di un bambino. un mondo antico e dignitoso di coerenze e di virtù. ormai senza lode. Da un lato. esso doveva ristrutturarsi vincolandosi a immagini di eternità. fino ai più remoti della Barbagia. e che per questo punta sulla sua disgregazione sociale. 41 . bene o male. appena finita la guerra. Sardegna amara e contraddittoria. Nel 1946-47. significano entrambi solo una cosa: dipendenza. Oggetto nel passato di un potere che la voleva isolata ed immobile. come in passato. l’opulento consumo dei beni era prevalentemente indirizzato verso significati sociali: non era mai un atto da compiersi in privato. In questo senso. Di qui. Negli istituti del dono. e la stessa Sardegna è tra questi. il suo ritmo di avanzamento ha subìto un tale processo di accelerazione. di prestazioni e controprestazioni. Promettono un’eterna domenica. Fino a circa un decennio fa. in cui «vecchio» e «nuovo» sembrano riproporsi entro sincretismi in apparenza contraddittori. non mirano a realizzare un consumo sociale. ma un ben preciso tipo di accumulazione capitalistica. comunità e comunità. e che in essi pagava il costo sociale della propria esistenza. nel senso che la produzione locale continuava a reggersi sull’agricoltura e soprattutto sulla pastorizia. del banchetto. un processo che. che li rendeva possibili. esemplarmente. che tende a determinare le nostre scelte. i nuovi modelli di consumo. anche la mistificatrice locuzione di «civiltà dei consumi». inestinguibile festa. che in questi atti di consumo sociale trovava il proprio riconoscimento e la propria solennizzazione. perché c’è sempre chi ne fa le spese. In un passato tanto recente da essere ancora attualità viva in certe zone non soltanto della Sardegna. Era da godersi soltanto con gli altri. i grandi atti di circolazione comunitaria – e cioè i più importanti rituali sociali che assicuravano un decorso normale ai fini della sopravvivenza 42 del gruppo – si realizzavano attraverso un lussuoso gesto di consumo. avanzando la felice proposta di un Paese del Bengodi che sarebbe a disposizione delle masse. da esibirsi entro un tempo e uno spazio eccezionale: era cioè reso possibile da una produzione indirizzata verso il massimo contenimento dei bisogni quotidiani. di te come singolo. e di un acquisto a titolo individuale. Possono anche riscattare dalla fame e dal freddo – forse. Si sanciva in esso – e nella festa. Ora.IL CONSUMO DEL SACRO Introduzione Sardegna di tristura. dell’ospitalità. che legava secondo una catena. da corrodere in modo definitivo i vecchi modi di produzione e tutta la rete organizzativa feudale. È facilmente evidenziabile in tutto questo complesso la precisa matrice strutturale di un modo precapitalistico di produzione. lo scontro frontale tra due mondi incompatibili è fenomeno tanto recente e attuale. la penetrazione del capitalismo nelle campagne sarde è stata progressiva ma lenta. grandioso. L’atto di «consumo» viene così a trasformarsi in uno di «acquisto». potenzialmente infinita. Di fatto. l’abbandono di un passato di solidali miserie e il salto qualitativo verso un’Italia neoinurbata si sta dando attraverso una serie di sussulti e dilacerazioni. la storia che esamineremo non è una storia locale. Sono di fatto resi possibili non. Al limite opposto. opposte – a livello urbano e a livello paesano. al limite. ed esplode distruggendosi. gruppo umano e natura. il consumo vistoso costituiva un atto eccezionale. ha coinvolto tutto l’assetto economico e sociale della nostra penisola e che indica ulteriormente come i vari aspetti della «questione meridionale» non siano che uno dei risvolti di un meccanismo più complesso indotto dalle leggi di un sistema capitalistico unitario. ma la cui forma e la cui natura appaiono condizionati da un ben preciso gioco di potere. e non ovunque. Sotto il profilo sociale. Interessa noi tutti. da un più o meno paritetico contenimento dei bisogni quotidiani del gruppo. al mondo privilegiato di chi gode quotidianamente di una lunga. Il fatto primario non è il 43 . che ora senza gioia risponde al richiamo del benessere. A sua volta. perché ogni voce propagandistica aveva assicurato proprio questo: la ascesa sociale tua. più largamente ancora. intesa come prima datrice. perché si sarebbe trasformato in colpa segreta. In una situazione periferica come quella sarda. famiglia e famiglia all’interno del gruppo e. Questo è. il cui motore determina conseguenze sociali tanto diverse – e. sia pur con modalità diversissime. nella misura in cui abbiamo ormai raggiunto la consapevolezza di essere tutti immessi entro un unico gioco di poteri. d’altra parte. ma dal contenimento dei bisogni quotidiani di ben precisi gruppi umani relegati ai margini. da permetterci di decifrare come sotto una lente di ingrandimento la logica di un processo. in gruppo. della festa. una volta per tutte – una complessa legge di mutualità. festivo. sia pure come elemento singolo. rispetto a trasformazioni più o meno analoghe che possono essersi date 44 in altre zone della penisola. E per questo può essere ulteriormente rivelatore. Ed è l’unica occasione ormai in cui si ribadiscono i vecchi valori di una mutualità non ancora del tutto liquidata. formato dalla chiesa e da piccolissime casette accostate l’una affianco all’altra.IL CONSUMO DEL SACRO Introduzione consumo. che tocca le radici non di un solo istituto «arcaico». La festa è «bella». Oggetto della nostra inchiesta – condotta nel 1967-68 – è stato appunto l’istituto della festa campestre. ma anche quelle altre forme protocapitalistiche a noi più vicine nel tempo. La festa sta trionfalmente entrando nell’economia dei consumi. lo si deve forse a un altro ordine di considerazioni. La logica secondo cui stanno avanzando questo tipo di economia e i modelli culturali da essa proposti è talmente complessa e generatrice a sua volta di contraddizioni. ma il rapporto accumulazione capitalistica-lavoro-acquisto. entro l’ambito dell’imposizione dall’esterno di un gioco di poteri. vede il trasferimento in campagna di interi gruppi familiari. Ma. ogni paese ha conservato e talvolta perfino potenziato una sua festa annuale – del santo patrono. In altre parole: il nuovo consumo conferma a sua volta un ben preciso modo di produzione. la vecchia economia agropastorale sta rovinosamente crollando. e spesso richiama dall’estero gli emigrati. Ma si richiede anche un notevole grado di conformismo sociale: un eguale modello viene proposto come raggiungibile da tutti. come la festa. più o meno grandi: le più modeste raccolgono una decina di famiglie. si struttura su di essa: ne conferma tutte le leggi. abbiamo concentrato la nostra attenzione su un fenomeno più complesso ma anche più facilmente aggredibile. da verificarsi e correggere entro un preciso contesto sociale ed economico. ne emerge in tutta evidenza la meccanica secondo cui si correlano coerentemente tanto destrutturazioni quanto compromissioni tra passato e presente: il tutto. in via eccezionale. che scandiva lungo tutta l’annata il rapporto organico tra momento produttivo e momento di consumo comunitario. che quanto ho appena detto può suonare come genericità ovvia e trita. Anzi: in questi ultimissimi anni l’istituto è fatto oggetto di vistosissime forme di rilancio. perché copre le precarietà esistenziali mediante la valorizzazione. Si tratta di comunità sacrali e temporanee. In loro funzione. cioè un certo tipo di economia: non soltanto quella precapitalistica (feudale). E limitiamola a un problema ancora più preciso: il rapporto tra passato e presente entro un istituto sociale di consumo. che si snodano attorno ad essa. di fatto. sui 45 . data la sua notevole durata nel tempo: una lunga festa di nove giorni – detta Novena – che. si è dovuto liquidare un certo passato. In particolare. o in chiese campestri. direi quasi iniziale. La festa grande continua ad essere l’unico momento di riconoscimento comunitario. piace. mentre conserva un silenzioso abbandono per tutto il resto dell’anno. né tanto meno il consumo sociale. La festa. anche se contenuto entro i limiti temporanei e comunitari della cerimonia. Per concepire la nuova trasformazione in questo senso. Tutto il complesso non vive che i giorni della novena. ma di un intero sistema economico e sociale. dell’edonistico. Prendiamola come ipotesi di lavoro. Il processo è molto recente. del gratuito. Cogliendolo sul primo farsi. non ultime la ricostruzione di alcune chiese campestri ormai in rovina. si è venuto articolando un particolarissimo paese-santuario. In Sardegna. in tutta l’area centrale della Sardegna. si indirizzano più o meno consapevolmente verso la conservazione determinati istituti proprio di quel passato. I suoi contenuti di grandezza. Nonostante questo. del ludico. la cui povertà economica e miseria culturale si era a gran voce denegata. il suo proclamato riferimento alla liceità del godere. e che ancora si reggevano sull’etica del risparmio. sono tutti elementi che finiscono per costituire ulteriori punti di leva. e con essa tutto il grande sistema calendariale del ciclo festivo. se la festa oggi non finisce. le più imponenti possono superare il centinaio. e viene anzi potenziata. che può iniziare subito. alle porte di Cagliari. Anche in questo caso. Al limite. Dio e Natura o. di certe trasformazioni. fa tre giorni di vacanza. nei mesi estivi. il quale ha perso ormai la propria caratterizzazione sacrale. politico e di costume. col suo gusto del neorustico. con le sue casette basse. per trasformarsi in un amenissimo villaggio turistico-residenziale. da esibirsi durante le cosiddette sfilate «folkloristiche». all’omogeneo e conchiuso villaggio-santuario. Ci si procura un piccolo blasone di nobiltà rispolverando e mettendo in bella vista la cassapanca istoriata o la conocchia della nonna. da famiglie piccolo-borghesi. su cui puntano 47 . ritmiche ombre. si cambia vestito. di altre trasformazioni. rispetto ai loro tempi. quando dicono che oggi. che si è trasferito su una portantina dorata e in una sosta intermedia si era messo un abito da viaggio. Efisio. sul mare. un costume da festa. è il modello borghese. Efisio è diventato uno dei più grossi richiami turistici. per esempio. da parte di alcuni gruppi paesani. la tendenza ad affermare la propria unitarietà ed autonomia etnica. dall’alto. frutti. che coinvolge in misura eguale i diversi strati sociali. È chiaro che. ad emergere la tendenza a fare della novena una villeggiatura devozionale. esiste già il villaggetto-santuario di S. costruite da qualche capomastro locale ad imitazione del neorustico della Costa Smeralda. come un pugno in un occhio. i carri a buoi. a Cagliari il 1 maggio. e ci si consentiva di godere solo dietro l’alibi (sincero) del ringraziamento per uno scampato pericolo. un paesetto a una trentina di chilometri da Cagliari. i tetti dalle lunghe. si affiancano. oppure noleggiando o facendosi confezionare. del godimento quotidiano. dell’effimero. A S. dalla sua chiesa a quella di Pula. che va visto in connessione con tutta una tendenza – presente ormai in misura notevole anche in Sardegna – alla turisticizzazione del dato folklorico. l’abito cittadino. secondo gli schemi antichi. sotto questo aspetto. partendo dal basso. Possiamo. al potenziamento (se non all’imposizione: ma è più raro). Un solo esempio: la rinomatissima festa di S. se ormai sono molti a provare tedio per la gara poetica – tenzone di due o più cantori che per ore discettano su un unico tema: Onore e Virtù. ci si ubriaca alla bettola. due villette calcinate. Leonardo. che si svolge secondo un itinerario ben preciso. a tutti i livelli sociali. non si partecipa: S. nella misura in cui esiste ancora. Ora comincia. In questa prospettiva va anche considerata la tendenza alla turisticizzazione della novena. ma tenendo all’orecchio ciascuno il proprio transistor. che vanno da una scelta. Qui il santo. La consumizzazione della festa è un processo rapido e immediato. È un fenomeno. imbatterci nel recupero di alcuni elementi della tradizione. Il fatto di costume più saliente è che oggi alla processione si assiste. Passato e Presente – la festa si è però rinnovata: il complessino beat va ormai soppiantando ballo sardo e gara poetica. che rimbalza anche a livello paesano: e l’accostamento del vero col falso appare violentissimo. 46 che aspirano a una certa promozione sociale. per sardi e stranieri. i muri in grigia pietra viva. questo. Centro di ogni interesse è la processione del santo. qui in Sardegna si complicano in modo notevole. Serafino di Ghilarza. tappeti. per poi tornare indietro al suo domicilio abituale e rimettersi. magari. La sua risonanza era ed è ancora grande: tutto il Campidano agricolo si riversa in città – un tempo si arrivava. Pastorizia e Agricoltura. a gruppi. sulle traccas. dal basso. Siamo comunque nell’ambito di un medesimo costume. in questi casi. in alcuni casi. ma «più bello» perché più lustro di nailon e di ori. frequentato. Le cose. «ogni giorno è domenica». ma che si caratterizza soprattutto come un fenomeno di origine borghese. Se ballo tradizionale e musiche tradizionali cominciano ad essere messe in crisi. c’è tutta una sfumatura di atteggiamenti. In questo senso hanno colto nel segno i vecchi. La sarditude è un grosso fatto.IL CONSUMO DEL SACRO Introduzione quali potrà agire e penetrare la nuova etica consumistica del ludico. pesantemente e spagnolescamente adorni di fiori. Un tempo si andava a novenare esclusivamente per voto. sorti in quei paesi in cui le nuove generazioni ormai tendono a rifiutare il ballo tradizionale. in cui tutte le fila sono da riprendere. che sovvenziona i vari gruppi folklorici di paese. Se dovessi iniziarne attualmente un’altra. che presume di riscoprire e rilanciare sul mercato i fasti di un mondo contadino. è l’orgia del «pittoresco». di contraddittorietà e di potenzialità di eversione. e da cui dovrebbero invece emergere indicazioni più precise ai fini di una scelta di un comune campo d’azione. ori. di lusso o di fame. la processione è uno spettacolo organizzato dall’ESIT (Ente Sardo Industrie Turistiche). Oristano (con la Sartiglia. alquanto in crisi). nei confronti delle loro feste. Le cose però non vanno tutte così trionfalisticamente come si vorrebbe. I gruppi folklorici locali vivono per lo più di buona volontà e di sovvenzioni regionali. vive una vita diversa. in particolare. cariche di infiniti possibili sbocchi. Appunto per questa sua reversibilità. Costumi sgargianti. e non una ascesa-fuga individuale? È molto difficile fare una previsione. di tipo più o meno scopertamente poliziesco. Suoneranno le trombe del giudizio? Sorgeranno le forze nuove che. delle diverse comunità di paese. Ma da che punto? L’evidenza che emerge dai risultati della nostra ricerca induce più allo sconforto che all’ottimismo. Di fatto. Sassari (con la Cavalcata Sarda: significativo nome posticcio). regione dalle strutture arcaiche non rinnovate – e per questo in ancor più rapido sfacelo –. la guardia del santo in rossi moreschi costumi. una specie di palio che si vince quando il cavaliere infilza con l’asta un anello). realizzino sul piano della azione la consapevolezza che il benessere ha da essere uno scopo collettivo. maschi a cavallo. Ma questo è in parte dovuto anche all’angolatura che si è voluto dare alla nostra inchiesta. si mostrava ancora sensibilmente debole quanto a contenuto politico. Una certa ondata di contestazione. Qui. È proprio lo stesso mito del benessere ad essere anche gravido. il mito del benessere viene a determinare. preferendo ad esso altri tipi di divertimento. penso che il punto centrale abbia da essere capovolto nel senso di una analisi di quelle contraddizioni. le principali città della Sardegna. media infinite possibilità di confronto con chi. con la violenza di una fiumana. un illividito consiglio comunale costretto a mettersi in frac e tubino e a trasferire a una sella ignota e precaria lombi peraltro plasmati solo sulla poltrona del burocrate… Verso forme analoghe di turisticizzazione si stanno avviando. Efisio). nell’attuale clima politico nazionale e. situazioni nuove. Ci si trova ora in un momento di vuoto e di recessione. Ora. 49 . mediato dalla città. dispersa tra i vari «poli di sviluppo» e soffocata entro la morsa di un ceto dirigente la cui vocazione clientelare è ora ulteriormente potenziata dal suo nuovo ruolo di mediatrice col mondo esterno dell’industria.IL CONSUMO DEL SACRO Introduzione città e regione. accompagnato e sostenuto dai mezzi di informazione. che lo reclamizzano su tutti i dépliants invitanti a visitare la Sardegna. qualora piombi all’improvviso su una comunità arcaica. E i gruppi folklorici sono. economico e sociale profondamente reazionario. non sempre e solo negativi. peraltro ormai languente. che negli ultimi tre anni ha visto scendere in piazza intere popolazioni paesane. altrove. le uniche che dispongano di mezzi per poter portare avanti in grande questo tipo di discorso: Cagliari (con S. ciascuno contraddistinto secondo i propri costumi da festa: e questo costituiva un solenne momento di riconoscimento. o che comunque deve morire in tutte le sue forme arcaiche che altrimenti lo ancorerebbero alla più abietta dipendenza economica. perché vengano a sfilare come gli elefanti dell’Aida. che qui diamo più come a priori che come fatto dimostrato. Nuoro (con la Sagra del Redentore. 48 nella misura in cui. Un tempo. riuscì abbastanza facile liquidarla. con una classe operaia modesta quanto a numero. Questa fase di conoscenza e di denuncia possa almeno costituire un primo passo per la maturazione degli altri ordini di problemi. questo tipo di turisticizzazione del dato popolare è collocabile entro un contesto politico. alla processione partecipavano i diversi gruppi di paese. belle donne. in quello della Sardegna. Per un intervento repressivo. naturalmente. oggi. da antagoniste. PARTE PRIMA I NOVENARI. I PAESI . il pek peghet della quaglia. al solito. perché la pecora sarda si adatta a tutto. soli. immaginatevi deserti di rocce – pietre di rosso o grigio granito –. oltre il Tirreno. queste. corrono lungo la provinciale senza avvertire né rumori né odori. e l’enorme solitudine di un orizzonte dilatato. immaginatevi un’erba esile e magra interrotta all’improvviso da macchie di verde intenso (sono i cespugli di lentischio). immaginatevi un cielo implacabile. gli olivi e i mandorli della collina. beninteso. là in fondo. Ma il pastore attento sente il silenzio popolato di presenze: lo scampanìo di altre greggi più distanti. Ci pascolano solo le pecore. giù verso la pianura. la vite della mezza collina. in Svizzera o nel Belgio. gli avvoltoi che volano bassi. al tramonto. che ormai hanno abbandonate campagne e agricoltura. il fruscio. dove non arriva più il coltivo – il grano della pianura. lasciandosi dietro le spalle un terreno divenuto incolto e quindi regredibile a pascolo. o. Siamo. attirato. quando sarà lontano di qui. a pascolare sulle briciole dei continentali. immaginatevi fiumane di oleandri a giugno. l’odore della volpe. In tutto il centro della Sardegna i pastori ricorrono ancora al metodo antico della transumanza: quelli. dalle luci delle automobili che. la notte. anche a mangiare gli sterpi. ma anche per questo ci si deve contentare di farla figliare solo a gennaio. nel grossetano o nell’agro romano. piuttosto alti.I. con un lento e pesante muover d’ali. NOVENARIO E PAESE Il luogo Immaginatevi tre-cinque chilometri (o anche più) di strada bianca. 53 . con pecore masserizie e tutto. sui pascoli più teneri. del cinghiale che va all’abbeverata. superstiti al salasso dell’emigrazione che li ha spinti. tre-quattrocento. immaginatevi pianure rosee di asfodeli e colline bianche di cisto a maggio. talvolta anche ottocento o mille metri: sono altitudini. i balzi del leprotto. e lo dilapidava nella festa. trenta chilometri). compagnie ferroviarie (per i travetti). che riesce appena a toccare le zone costiere. con le sue concessioni di monopoli a carbonari toscani. Di fatto (utopie illuminate a parte). che faceva tornare tutto al punto di prima. passando attraverso il cuore del Nuorese: non è tanto mare che si congiunga a mare. 2. agglomerati di abitazioni che.2 Come molte feste rurali. tra la popolazione. quasi nulla è rimasto. dal golfo di Oristano a quello di Orosei. che proponevano per il «rifiorimento» della Sardegna l’imposizione del modello settentrionale e toscano della fattoria agricola. 2 a. vengono poi i mesi estivi della mietitura. duemila abitanti circa. A maggio e a settembre la vecchia economia agropastorale aveva un po’ più di denaro da spendere. Maggio è la fine dell’annata pastorale: si torna dalla transumanza. E anche ora. da uno a più paesi. a suo tempo. Tutti sappiamo che dei boschi. perché. presentano la straordinaria e «antieconomica» peculiarità di rimaner chiusi e disabitati per un anno intero. con un netto infittirsi via via che ci si sposta verso quest’ultimo mese (tab. da disseminarsi su tutta l’isola. assieme alla chiesa attorno alla quale si accovacciano. dunque.1 perché mancano case e coltivi. Iglesias. Allora interi gruppi familiari verranno. Nuoro). Sono rarissimi i casi di novenari sorti all’origine all’interno stesso del paese. 54 55 . e a perdita d’occhio incombe. passata sull’isola come uno sciame di termiti. b): in questo caso però si tratta per lo più di costruzioni un tempo esterne al paese. come presenza drammatica. non un casolare. Tra paese e paese. separati l’un l’altro da notevoli spazi: e la distanza – desertica distanza – si va facendo sempre maggiore (venti. il periodo di stasi dei lavori agricoli. che facevano della Sardegna una grande selva. ora alla periferia di un centro nel frattempo ingranditosi. anche i grossi centri (Cagliari. Si vedano in “Appendice” i criteri di delimitazione del fenomeno e di raccolta dei dati. Orti e seminati si disponevano – e si dispongono. commercianti inglesi. se si escludono questi ultimi. che semmai è intervenuto solo nel senso di un suo depauperamento. quanto più ci si allontana dalle immediate adiacenze della pianura e degli altipiani occidentali. in questo senso. I paesi della Sardegna sono in genere piccoli agglomerati di 2200 persone in media. il mese dei matrimoni e dei contratti di lavoro e di locazione. dall’emigrazione al banditismo. Era quanto già scandalizzava i riformisti settecenteschi (un Gemelli ad esempio). i contadini improvvidamente cercarono di ricavare tutto il ricavabile dagli alberi e perché il resto lo fece l’amministrazione piemontese. qualora non siano stati abbandonati – per una stretta corona attorno 1. meno ancora. In tutto il blocco centro-orientale. spalancata tra paese e paese. una natura non modificata dalla mano dell’uomo. Sassari. per sciogliere una promessa fatta al Santo e rimanere lì a soggiornare sotto la sua tutela. La zona dei novenari è inserita entro la parte forse più «arcaica» della Sardegna: e anche quella che attualmente sta soffrendo delle più contrastate dilacerazioni. se si conteggiano. Novenario e paese Il paese può essere in vista o fuori della vista: siamo comunque «in campagna». al paese. a boschi o macchie. i vecchi ritmi stagionali continuano a venir rispettati. I novenari sono attualmente in auge in tutta la fascia centrale dell’isola. sorgono i villaggetti della novena. che sono il territorio del pastore. Ci possono essere anche in paese chiese con novenari (vedi tab. decisiva. si tosano le pecore. la particolare struttura dell’economia tradizionale è stata. finché non si rianimano per vivere un’intensa ed effimera vita di nove giorni. Oristano.PARTE PRIMA. In questa solitudine campestre. I NOVENARI. I PAESI I. ogni paese è un’isola. un cascinale che intervenga in modo «umano» – culturale – sulla natura. quanto piuttosto una civiltà agropastorale dell’interno. al di là si stendono chilometri di terre incolte. facendo festa e dandosi ai piaceri dell’ospitalità. e infine settembre – Capidanni nel vecchio dialetto –. 1 a-b). benché il primo motore economico risieda ormai altrove. le novene si tengono nei mesi compresi tra maggio e settembre. si vende il formaggio. Paesetti. Può darsi che l’area di diffusione di questi centri sacrali in passato fosse assai più estesa – qualche ricordo ne resta in altre zone dell’isola – ma si dovrebbe comunque cercare molto addietro nel tempo per trovare l’eventuale presenza di quanto qui invece costituisce una realtà viva. pur rimanendo. segrete e inaccessibili ai comuni mortali. perché la realtà nuova. il più delle volte. con le sue spiagge da ultimo paradiso. La comunità della novena si porta dietro tutto un mondo di condizionamenti economici e sociali. I PAESI In quest’area. ma complementari. abbiamo contato (e non pretendiamo di essere esaustivi) ben 41 chiese campestri in cui si pratica ancora la novena residenziale e 43 in cui l’usanza è scomparsa a memoria d’uomo. quindici –. Due mondi ambigui entrambi. e ti mercificano anche la antica paura del mare –. e supera spesso le molte migliaia di individui. se mai uscirà. dall’eterna domenica. sia la chiesa che la festa grande. proteggi la mia barca» ti scrivono sul timone. imponente e. a questo grosso fenomeno di una socialità arcaica.Distribuzione geografica dei novenari 2 1 3 4 5 7 10 6 5 9 11 14 16 21 15 24 25 29 34 40 27 30 41 46 39 44 51 53 59 69 57 70 26 32 19 20 17 12 13 22 15 23 25 31 37 45 35 38 33 36 42 52 60 43 47 48 49 50 62 61 68 54 56 55 58 67 66 63 65 64 71 74 75 72 73 76 77 79 78 80 81 82 83 Comune non esplorato Nessun novenario Novenario in atto Novenario scaduto . tenuti lontano da gorilla gallonati. nei giorni della festa grande l’affollamento è considerevole. condizionandolo. La Costa Smeralda è lì. E non possiamo fare a meno di chiederci che sorta di realtà stia dietro. che la àncorano indissolubilmente a quella comunità di paese che l’ha espressa. Alcuni novenari sono ormai frequentati da poche famiglie – dieci.PARTE PRIMA. non potrà farlo che rompendo con queste premesse. a pochi chilometri. per poco ancora paralleli ed opposti. 56 TAVOLA I . spiagge alle cui coste attraccano le «barche» di Margaret. altri riescono a convogliare varie centinaia di persone. I NOVENARI. 1 a-b e tavola I). In ogni caso. in alcuni casi. dell’Onassis e di John John – «Signore. E questo nonostante – anzi perché – entrambe ci appaiono come due realtà antitetiche. in via di rilancio. due o tre giorni (vedi tab. con le sue baie d’ambra e d’ametista. Due mondi che si guardano. spiagge di sabbia tutta d’oro per uomini tutti d’oro. della durata di uno. Addolorata N. del Carmelo S.V. Giorgio S. Serafino (o S.S. Basilio S. del Buoncammino N. Gemiliano S. Giovanni Battista S. Michele S. Mamone) Thiesi Bultei Bitti Bitti Giave Lula Mara Anela Bonorva Bono Bono Semestene Orune Irgoli Esporlatu Orosei Illorai Bolotana Sindia Lei Lei Nuoro Orotelli Silanus Silanus Macomer (fraz.V. Marco S. Teodoro N. Annunziata N. Michele N. Maria Maddalena S. Sebastiano S. Barbara N. di Gonare 58 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 Dualchi Ottana Scano Montif.S.V. S. del Miracolo SS. Quirico S. del Rimedio S. Stefano N. di Seunis Mad. Antioco S. Teresa di Gallura Luogosanto Sedini Perfugas Nulvi Siligo Siligo Pattada Onanì (fraz.V. Paulilatino Teti Ardauli Neoneli Ula Tirso Busachi Villanova Truschedu Fordongianus Siamaggiore Cabras Oristano Ruinas Nureci Sadali Ussassai Ulassai S.S. Elena S. Maria de Torrana S. Assunta L’Angelo S. Maria Ausiliatrice («Trempu») S. d’Itria S. Cristina S. Maria S. Francesco B. Soddì) Boroneddu Nughedu S. Salvatore N.V.S. Bartolomeo S. di Monserrato S. del Rimedio Madonna della Neve (o de Luke) S.S. Lussorio S. Vincenzo Ferreri B. CART.S. Maria de Bonacattu S.V. di Valverde B. Agostino S.S. Nicolò di Trullas B. Pancrazio S. delle Rose (o Mesumundu) S. COMUNE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 S. Tecla S. Elia di Montesanto S. della Consolata S.S. Ignazio da Laconi S. Leonardo N. Maria dei Martiri S. Raimondo S. Sabina S. Ciriaco Martire S. di Sinne S. Michele S. Maria de Saùcu B. Costantino Imp. Bachisio S. d’Itria S. Michele S. Salvatore S. Cosma e Damiano S. Barbara 59 . Cosimo B.Distribuzione geografica dei novenari N. Restituta S. Borore Mamoiada Orgosolo Olzai Norbello Aidomaggiore Aidomaggiore Sedilo Ollolai Santulussurgiu Gavoi Abbasanta Sorradile Sorradile Tadasuni Bidonì Fonni Bonarcado Ghilarza Ghilarza Ghilarza Ghilarza Ghilarza (fr. Lussorio S.V. Mulargia) Bortigali Oliena Birori Orani-Sarule CHIESA Mad. Maria de Ossolo S. Pietro Apostolo B. Nicolò S. Basilio Magno S.V. di Luogosanto S. Barbara S. Assunta S. del Monte B. Raffaele) S.S. Lucia S. Elena Il Salvatore S.V. Demetrio S.Tavola I . Susanna S. Maria Maddalena S.S. Angelo S. Bachisio N. se non raramente. e può darsi che abbiano conservato. che consente quindi di tener conto anche di motivazioni estetiche: si segue. La chiesa campestre bisogna invece cercarsela. Sappiamo che i tracciati dei limiti comunali furono stabiliti legalmente e disegnati su carte catastali attorno alla metà del secolo scorso. da cui si spazi su un ampio paesaggio. dell’orizzonte di paese. La zona circostante è spesso ricca di fonti e quindi di vegetazione. l’immagine di un mitico ritorno alla patria d’origine. in questo luogo. il più possibile. situandosi entro una zona-limite. di un altopiano o di un pianoro. quasi precipite. oppure su uno sprone o al bordo. L’ubicazione di una chiesa campestre. si può anche dare il caso che. come si faceva fino a pochi anni orsono: ora ancor più ravvicinata. molto aspre. pochi chilometri più in basso. e visibile a tutti. Un numero considerevole di chiese campestri con novena è infatti decentrato rispetto alla superficie dell’agro comunale. che consentano di coltivare almeno un po’ di terreno nelle vicinanze di casa. I NOVENARI. come avviene anche per i paesi. o S. verso il fiume o un lago.PARTE PRIMA. Una libertà raggiungibile con poche ore di cammino a piedi. Ma per lo più si preferisce costruire sul dolce declivio di un colle che scende giù. che un tempo appartennero a villaggi medievali. la chiesa campestre tenda a situarsi ai limiti del territorio del paese. di macchia o degli ultimi boschi rimasti.3 Essere al confine significa due cose: situarsi in una posizione il più possibile eccentrica rispetto al paese e protendersi. al contrario. o la vetta di un monte (come la Madonna di Gonare). a prima vista. è presente a quote molto basse. perché per la sua strada ci si deve comunque passare. da cui lo sguardo abbracci ampie distese di monti e di valli. Si costruisce allora su ampi versanti di rilievi o addirittura sulle piatte distese offerte dai terrazzi alluvionali o dagli altipiani lavici o granitici. I paesi hanno una situazione geografica alquanto uniforme: un notevole numero di agglomerati umani. ora scomparsi. rigorosamente osservata per secoli. dato che sembra che l’inizio dell’uso di novenare non sia più antico dell’età della Controriforma. Dovremmo anche ricordare le particolarissime vicende di un certo numero di chiese. 2 a-b). Sappiamo anche che gli operatori cercarono di rispettare. È rarissimo il caso che comunità di novena sorgano ai margini della pianura (come il Rimedio di Oristano. È una natura diversa e più varia. 61 . potrà essere. Novenario e paese Sono due mondi profondamente diversi. I PAESI I. anche in questi casi. esposti al rischio delle frane. verso l’altro o gli altri paesi più vicini. a portata di una mezz’ora di automobile. più o meno tra il livello del mare e i duecento metri. È però assai più probabile pensare a una riutilizzazione di queste chiese preesistenti. La 3. Per questo. Bisogna poi aspettare a superare i cinquecento e i seicento metri. Giovanni in Sinis presso Cabras). noto e quotidiano. viene scelta invece con un maggior grado di libertà. richiedendo minor spazio. si situi la confluenza di tre o più confini di paese (tab. insediamenti umani sui loro declivi: e sono paesi. perché tornino a farsi abbastanza frequenti gli agglomerati umani. compresi i più grossi. nei secoli. spesso in fondo a una strada che finisce proprio lì. possiamo ritenere che la attuale ubicazione «di confine» delle chiese campestri risponda a una situazione assai vicina a quella originaria. per le nuove funzioni della novena. attribuiva all’agro di ogni singolo abitato. Ecco la 60 prima rottura che lo spazio della novena propone rispetto a quello. È raro che vi si coltivi (tab. di solito. che dà l’immagine della libertà. per lo più. È comunque significativo che. Il paese è sempre lì. Cominciano poi subito le colline. ed è molto spesso situato in un punto vicinissimo al tracciato del suo confine o addirittura sul confine stesso. Una libertà che si crede di ottenere. l’andamento di quei confini che la tradizione orale. 2 a-b). il cuore di un altopiano. stabile nel tempo. che non consentono. Gli abitanti di questi villaggi finirono per confluire nel paese vicino. un sicuro senso paesaggistico. il più delle volte sorgono in montagna: potrà essere la testata di una piccola valle (come l’Annunziata di Bitti). da cui attualmente dipende anche la superstite chiesa campestre. registrano e giudicano. Mossa. ma «al centro» di convergenza di un certo numero di paesi diversi. con un movimento centrifugo verso la periferia: qui ogni abitazione vuol trasformarsi in «palazzina» a un piano. Solo i bambini vivono nella strada: peraltro – a differenza di quanto avviene nel nostro meridione – la vita familiare è segreta. entro la festa. a livello ancora di impressione. Forme irregolari che si snodano lungo imprevedibili vicoli. Mori. 389 sgg. fermi. Inesistenti le piazze (tranne quella della chiesa parrocchiale). Sassari 1957. pronta immediatamente a venir risucchiata entro le durezze della vita di sempre. con due grossi fenomeni sociali: la chiusura intrafamiliare e il grande controllo sociale esercitato dal gruppo. greve. pp. che osservano. I PAESI I. di un momento di libertà. a fitta tela di ragno attorno alla via principale e alla «piazza 4. seduti immobili sui muretti. pp. Che la casa sia nuova o tradizionale. di chiesa». sedute sulla soglia. La vita quotidiana di produzione si svolge peraltro per l’uomo sul luogo di lavoro. se non nelle sere d’estate. in Studi Sardi. insomma. Diventa spazio più largamente comunitario solo nelle ore serali o nei giorni di festa. come un pugno chiuso. senza un tetto.. nella posizione da cui era partito. pp. La novena riesce a liberarsene. si molli. È in questo peculiarissimo punto che si sono poste le premesse per la realizzazione. V. Libertà vigilata. La novena si apre alla natura. Entriamo in un paese e giriamo per le sue strade. È raro. se siamo in pianura. vedi: V. X-XI (1952). una specie di zona franca «fuori» del paese dalla cui parrocchia dipende. che non ha futuro da attendersi. Il paese è solidale all’interno e antagonista all’esterno: e paga la propria affermazione con un considerevole prezzo sociale di intime chiusure e tensioni. come un elastico che prima si tiri al massimo e poi. Anche l’urbanistica delle due comunità – di paese e di novena – risponde a criteri antitetici. ma ha ancora poco scalfito. che tende a rifiutare la solidarietà di gruppo. È questo il primo incontro che si ha. Case in mattoni di terra cruda. all’interno delle pareti domestiche. che spesso si articolano attorno a un cortiletto centrale.. E su questa intelaiatura. incontrare gruppi di donne che facciano capannello. si vedono solo gli uomini: gli anziani e i giovani. son porte e finestre chiuse.4 Il paese fa corpo. che individua la tendenza alla trasformazione in agglomerati urbani dei piccoli agglomerati sorti attorno alle chiese campestri.PARTE PRIMA. se siamo in collina. case in granito grigio-marrone. vi si immerge con confidenza. e a un modo di produzione (quello agricolo e pastorale) che frantuma in microunità familiari autonome. Mossa. Architettura religiosa minore in Sardegna. è sempre quella di portarsi dietro un paio d’occhi scuri. ma si celano all’interno delle mura domestiche. La «piazza di chiesa» è uno spazio sociale utilizzato per abitudine dagli anziani. Il paese afferma la propria socialità contro la natura e un modo di produzione che isola e separa. 63 62 . “Le «cumbessías» o «muristenes»”. 55 sgg. finché non si avranno i soldi per costruirlo. 2 (1950). La festa nega la produzione e afferma il vivere di gruppo. presenta sempre un elemento costante: la chiusura verso il proprio interno. all’aperto. sulle nostre spalle. all’improvviso. Fuori. 35-36 e Architettura domestica in Sardegna. Con una violenza che ferisce. grevi ormai di un’eguale vecchiaia. Loggiato o giardino non danno sulla strada. in Ichnusa. facendolo ribattere di nuovo sulla mano. I NOVENARI. minuscoli e scoscesi. ci viene incontro la prima immagine dell’individualismo dei consumi. Sassari 1953. attraverso le quali è difficile poter dare una sbirciata: ma la sensazione che pesa. Molto più ricco di dati informativi il saggio di A. l’attuale caos edilizio. conchiusa con dignità e assieme sospetto. Novenario e paese comunità di novena è. Il modello borghese ha al massimo aggiunto un giardinetto attorno alla casa. “Centri religiosi temporanei e loro evoluzione in Sardegna”. mascherati i caffè e le bettole che non hanno tavolini all’esterno. di breve tempo. per la donna nel segreto della casa. entro uno spazio sociale guadagnato di fronte a una natura che isola e separa. questa maschera occhieggiante. Sull’urbanistica paesana e sull’architettura delle chiese campestri. se non alla superficie. Mulas. rettangolare o trapezoidale. pp. e raramente ancora servono. Sono per lo più addossate ai fianchi della chiesa. 12 (dicembre 1953). Mulas. coperte spesso da un tetto comune. Baunei) o come botteghe (buttegas: Santulussurgiu). Berna 1950. In Ichnusa vedasi: V. Di fatto. muristenes). Cosimo di Mamoiada. Mamoiada..5 Ogni abitazione è formata da 5. peraltro meno frequenti. anche. V. I NOVENARI. mentre la porta dà sempre sulla piazza. (1951). I PAESI I. M. il novenario è fatto per incontrarsi. probabilmente. A. Di fatto sembrerebbe che lo schema architettonico dei villaggetti di novena ricordi in qualche modo quello del monastero affiancato o circondato dal chiostro. Dal neolitico all’età dei nuraghi. Una piccola zona interna attorno a Nuoro utilizza invece il termine di cumbessías (Nuoro. I termini fanno rispettivamente riferimento al fenomeno medievale del monachesimo e all’istituto dei «conversi» (cioè laici che donavano i propri beni ai vari monasteri. 1-2 (gennaio-febbraio 1956). e soprattutto S. o altri. proposta da A. altre volte può essere assai meno regolare. cui restano ormai solo sette o otto casette. al contrario. Wagner. L. abbastanza frequenti fuori della nostra zona.. Esporlatu. che fanno riferimento all’utilizzazione di loggiati e stanze come dormitori (dormitorius: Busachi. ma al contrario vari e imponenti filari di logge per i mercanti. Poi. fornendo ai pellegrini pochi ripari in muratura e moltissimi alloggi temporanei. Mulas. Sanna nell’ambito di una lunga polemica con studiosi sardi e con lo stesso Wagner nelle riviste Ichnusa e S’Ischiglia. 3 sgg. La lingua sarda. 10 (ottobre 1952). può presentare diverse varianti locali: può essere più o meno circolare. Berdondini. che circonda la chiesa. VII. V. In S’Ischiglia vedasi: M. Berdondini. in canne. pur rispondendo a questo criterio. Il nome più diffuso è quello di muristenes. IV. per acquistarsi il diritto di essere seppelliti nel chiostro). Vanno infine ricordate le «logge». il complesso è sorto così. ma si possono snodare secondo percorsi più lunghi. Perché. La civiltà dei Sardi. l’una addossata all’altra. Bono. È questa l’etimologia più persuasiva. attorno alla chiesa che. 6 (giugno 1952). Così almeno pare di dedurre dalla lettura dei vecchi Libri dell’Amministrazione. La pianta del villaggio-santuario. 167). Ma la questione è assai complessa: esistono pure sorprendenti analogie con gli schemi architettonici dei cosiddetti «santuari» nuragici. eventualmente fissata di volta in volta attraverso l’utilizzazione di materiali deperibili? 64 65 . Novenario e paese Il villaggio della novena è tutto l’opposto: in esso. 2 (1950). Sanna. frasche o altro materiale deperibile. pp. Di origine meno antica sembrano essere termini come lozzas. Torino 1967. Boscolo. priva di finestre. sorsero le casette (cumbessías.PARTE PRIMA. 16 sgg. 8 (1951). 3 una sola stanza. 1-2 (gennaio-febbraio 1955. pp. pp. separati da vicoli o vere e proprie strade. ma si aprono verso l’esterno: la grande «corte». cumbessía invece sembra essere un astratto collettivo da connettersi a conversus. le case non si chiudono. 3-4 (marzo-aprile 1955). D’altra parte. che denota le casette in tutta l’area dei novenari da noi circoscritta. Orune. A. dato che ancora nel secolo scorso loggiati o casette in muratura erano molto pochi rispetto ai ripari occasionali e temporanei che si costruivano per le feste: per questo si vedranno più avanti le testimonianze dei vari Libri dell’Amministrazione. presente in alcuni novenari tra i più vivi e in via di rilancio. È possibile che si sia conservata per secoli una memoria ancestrale. a gruppi di due o tre. 2 sgg. Varrebbe la pena di riconsiderare l’esito postmedievale dei termini cumbessía e muristenes. p. specie in santuari di notevole importanza. unica località eccentrica alla zona: Siamaggiore). va anche detto che l’organico schema costruttivo dei villaggi di novena sembra si sia definito in epoche alquanto recenti. posadas: Ussassai. Lula. Sanna. 47 sgg. che servivano. ormai per lo più connessi a un istituto che non ha più nulla a che vedere con quello del monachesimo medievale. 35 sgg. il luogo degli incontri. M. A. un po’ alla rinfusa. Fonni. Bitti. cfr.. paradossalmente. dovendosi adattare alle condizioni del terreno. 4-5 (aprile-maggio 1953). si possono sviluppare varie fila o blocchi di abitazioni. per l’esposizione delle merci nei giorni della fiera. 241). IV.. Vittoria di Serri in G. Mossa. La parola muristene deriva direttamente da monasterium. Oliena. pp. il paese è fatto per chiudersi. Onanì. nei villaggi più piccoli e semiabbandonati possono essere rimaste sette-otto casette vicino a mura diroccate. nei secoli passati era quasi isolata. Lilliu. come S. VII. più moderna è la casetta a due piani. VIII. A.. Costantino di Sedilo. piano piano. in quelli più frequentati. caratterizzati da un cortile delimitato da stanze o loggiati (si veda ad esempio la pianta del «santuario» di S. A. 35 sgg. A. p. e che costituisce il vero centro comunitario. pp. Cfr. personaggio che aveva il compito di sorvegliare il santuario e di girare di paese in paese. ne creò di nuove. 192. vedi R. «considerato l’eccessivo numero di queste chiese. Barcelona 1940. della festa campestre. suggerendo o imponendo col suo prestigio di dominatrice diversi moduli liturgici. il novenario non è che l’ulteriore estensione nel tempo (e in un tempo canonizzato) dell’usanza. J. rarissimamente di un’ottava: B. XVI. Sui goigs cfr. e attualmente i novenari costituiscono l’esempio delle feste più lunghe esistenti nell’isola. “Novena”. El Goigs. p. Suggerì il cerimoniale di molte feste. così caratteristico della vita dell’isola. la festa si prolunghi per un numero maggiore di giorni sarà anzitutto da vedersi come una soluzione escogitata per superare. Arch. Arb. pp. XXIV. I PAESI I. Sta di fatto però che fu il secolo della Controriforma a dare alla Sardegna. p. Il fatto però che. Sin. in qualche modo. diffusissima. nota 10. La durata delle feste dei santi (eventualmente precedute dalla «vigilia») in tutto il periodo premedievale e medievale fu in genere di uno o tre giorni. Ital. per giunta fabbricate tutte senza la dotazione necessaria».). 555.v. 326. 66 67 . Editti di Bosa. 12. 11. El Pireneo Español. Sappiamo che a partire da questo periodo si moltiplicarono le erezioni di chiese campestri.12 8. ecc. che pare assente da tutto il folklore religioso spagnolo e pirenaico. Come e quando si diffusero in Sardegna i novenari nella loro forma caratteristica? Le prime notizie risalgono alla seconda metà del ’600. ed avevano a disposizione ciascuno un certo numero di giorni. raccoglitore di offerte per monasteri o santuari pirenaici. par. Il Libro dell’Amministrazione dei beni della chiesa di S. i diversi gruppi paesani vi si recavano secondo turni stabiliti dalla consuetudine. la figura dell’hermitano. la sua attuale forma. cap. 1002. il secolare isolamento interlocale. 7. Parrocch. Peregrinatio Religiosa (Wallfahrten in der Antike und das Pilgerwesen in der alten Kirche). Il sinodo di Arborea del 1708 ordina che non si eriga chiesa. Amades. di origine medievale. Sull’hermitano o plegador o santero. Madrid 1949.PARTE PRIMA. 10.10 Ma non sembra abbia introdotto l’usanza della novena. Münster 1950. Allora. Nella sua forma passata e attuale. La fondazione di alcune di esse sembra anche da connettersi all’influenza del monachesimo medievale. pozzi sacri. Kötting. Di «novene» parlano anche un editto settecentesco di Bosa. introdusse nell’isola quel modo tipico di cantare in onore dei santi – i goigs: in sardo gozos 9 – che ancora si ascolta in varie cerimonie. I NOVENARI.7 È probabile che l’origine delle feste campestri sia molto antica (medievale? preromana?). cap. da cui non si differenzia per carattere e finalità. 38 sgg. introdusse. oratorio o cappella senza licenza vescovile. a partire dal XV secolo. 91. portando con sé una cassetta contenente l’immagine del santo. ebbe in Europa una moda crescente. VI. p. p. tanto da preoccupare lo stesso episcopato sardo. sorte spesso in modo autonomo e indipendente dall’autorità ecclesiastica centrale. da correlarsi dunque alle particolari condizioni storiche e socioeconomiche della Sardegna. II. di Bortigali.6 Ma l’istituto del novenario presso una chiesa campestre non trova (almeno allo stato attuale delle conoscenze) paralleli continentali. e il Sinodo di Bosa del 1780. la cui festa poteva durare anche quindici giorni. che se ne vedeva sfuggire il controllo. un mese. Nel secolo passato (l’Angius ne fa alcuni cenni) esistevano determinate chiese campestri o santuari famosi. tit. s. Istituti del genere sono ormai scomparsi. per la questua. 1680. XVIII. qui in Sardegna o in certe sue zone. per la stessa organizzazione delle chiese campestri. il sinodo di Arborea del 1680 a sua volta vieta che en las ocasiones de fiestas o novenas ci si intrattenga nella chiesa per mangiare e dormire. Enc. Viollant y Simorra. sotto questo aspetto. e sembra essere una caratteristica isolana.8 La Spagna indubbiamente contribuì per la sua parte. Novenario e paese Alcune questioni storiche L’uso paraliturgico della novena. Maria de Saùcu (del Sambuco) di Bortigali (che inizia all’anno 1604)11 all’anno 1660 computa il pervenire di certi introiti dae sos noinantes de festa. Un certo numero di chiese rurali è situato nei pressi di nuraghi o di zone di culto nuragico (testimoniate da betili. 6. 9. benché senza specificare dove. come attualmente avviene: Cagliari 1882 vieta infatti di ballare ecc. bere e pranzare. cap. limitata esclusivamente alle donne. oltre a quelle citate sopra. 185 sgg. Sin. il che potrebbe far pensare a un lento indirizzarsi della pratica festiva dall’interno della chiesa al suo esterno.15 Oggi. VII. tomo II. pp. Il prof. I NOVENARI. Torres 1555 (da D. 34 sgg. «portico». il respingere la festa alla luce del sole e fuori dalle mura della chiesa: e questo ha comportato. che continua a lasciare intatta la sostanza della cosa. p. «cimitero»: ulteriore indice della sua ipotesi circa l’origine del termine. che si prefisse sempre. 37. 186. fuori può svolgersi la festa. in ogni sinodo. p. che registra però anche la scomparsa dell’uso della veglia in chiesa. parr. 40. II. una certa più chiara definizione dei confini tra «sacro» e «profano». Arborea 1756. p. pp. che si riuniscono in preghiera: ma il passato pagano ha lasciato una traccia nel nome di «Diana» che talvolta designa ancora l’usanza. sarebbero finiti nell’arrosto. XXVII. fol. pp. tomo II. vol.13 Il disordine festivo doveva essere notevole.. 201. di separare il «profano» da un «sacro» che non ne poteva prescindere.. Bosa 1591. p. di cui alla nota 2. I PAESI I. tutto quello che tre secoli di polemica ecclesiastica ebbero come esito fu. Torres 1606. se la si correla con quanto sappiamo di più preciso circa le feste campestri in generale. nel complesso. 36. Alghero 1728. punct. 34 sgg.. e accresciuto dall’immancabile presenza degli animali – «immonde bestie». Cagliari 1628. IV. 46. tit. Tutti questi comportamenti furono considerati scandalosi e lascivi dall’autorità ecclesiastica. libr. 29. uomo o donna che fosse. cap. Cagliari 1715. Nei secoli scorsi. con una lotta in cui fu la più forte. Chi era stanco per il viaggio. Alghero 1567-70. come conseguenza. pp. III. pars III. cap. Novenario e paese Questo è tutto: indicazione forse però sufficiente. Torres 1877. 28-30). Sassari 1913. pp. VI. p. Torres 1633. cap. Chiese campestri continuarono ad essere erette anche nei secoli seguenti a quelli della Controriforma. Alghero 1785. p. Torres 1625. IX. Filia. 106 sgg. Divieti di dormire nei cimiteri e in porticibus: Sin. tit. Ales 1696. I sinodi più recenti (Cagliari 1882. cercarono di introdurvisi come elemento di trasformazione in senso devozionale e di controllo moralistico: la letteratura sinodale – l’unica che presenti una certa utilizzabile continuità di informazione – è piena di direttive per interventi di questo tipo. L’interdizione più antica del ballo in chiesa risale al sinodo di Torres del 13.. cap. 68 69 . 193 sgg.. cap. Diamo qui le fonti sinodali relative alle veglie nelle feste campestri. pp. XIII. Peraltro. 124 sgg. pp. cap. si poteva anche dormire nei cimiteri o nelle logge esterne all’edificio. 96. il giorno dopo. Sanna mi ha anche comunicato oralmente di aver registrato pochi anni fa dalla voce di una contadina di Bonorva il termine cumbessía col significato di «tomba». XV. in vestibulo delle chiese. Durante la veglia si mangiava e beveva. cap. II. pp. Alghero 1581. IV. I. portava i propri bagagli in chiesa e si stendeva su giacigli improvvisati. La Sardegna cristiana. il momento centrale della festa era costituito dalla veglia in chiesa. «stanzetta» attorno alla chiesa. 79 sgg. ma è ridotta a sola pratica devozionale. XIV. Le notizie ad esse relative risalgono più o meno alla seconda metà del ’500 e si fanno anch’esse più numerose nei secoli successivi. p. e persino 15. Le strette connessioni tra «sacro» e «profano» presenti nelle feste suscitarono preoccupazioni presso le autorità ecclesiastiche che. 26. cap. si cantava e si ballava in libera e allegra promiscuità. III.. 33. In chiesa si svolgono le pratiche devozionali. par. dove si può vivere in festa o riposare dopo la morte. Cagliari 1939. fino a quello di Torres del 1887. pp. È evidentemente una soluzione di compromesso. 460 sgg. 25. tit. per il sinodo di Ales del 169614 – che erano serviti per il trasporto dei loro padroni o che. 214. la veglia in chiesa è praticata ancora in qualche località dell’isola. Sin. pp. 92. con una continua polemica. 27 sgg.PARTE PRIMA. 1552. Tempio 1933. Ampurias 1777. 95 sgg. ritorna poi puntualmente. con insistenza degna di nota e con altrettanto notevole ricchezza di particolari. 354. Alghero 1912. Cagliari 1886. pp. Sin. cap.. I. tit. cap. pp. p. e cioè il fatto che socialità e godimento continuino a dispiegarsi attorno a una chiesa. I. Torres 1694. 100. 115-116 sgg. Continuano invece i divieti di ballare. Alghero 1572. 14.) non vietano ormai più l’usanza di pernottare in chiesa: tranne Alghero 1912 e Tempio 1933 che menziona però la veglia sicubi permanet. Arborea 1649. const. Cumbessía quindi oggi come «loggiato».. I NOVENARI. nel senso che. Angius. come in altre. come si è visto. il Re di Sardegna. all’iniziativa di nonnulae mulierculae che durante la novena avrebbero percorso a ginocchia nude il perimetro della chiesa e la sua «corte» (atrium) antistante. Nuovi santi. al mangiare e al fare all’amore. Torino 1833 sgg. con un certo disprezzo. da sempre il cattolicesimo ufficiale ebbe a combattere. mediante una breve preghiera recitata dal sacerdote. nei secoli passati. appoggiando la testa sopra un sasso. d’altra parte. Queste ultime non furono mai condannate dai sinodi. 18. fino a due o tre generazioni fa. così nella diocesi di Oristano. abbandonata la casa e intermesse le loro facende vadano presso alcune chiese rurali per farvi novena. un massimo interesse per le pratiche devozionali e penitenziali. XVIII. notava: Tra le molte cose che si potrebbero annoverare è notevole. e così pure altre forme di penitenza in auge fino alla scorsa generazione: il viaggio alla chiesa campestre camminando a piedi scalzi e portando sulla testa una grossa pietra. la novena aveva un aspetto maggiormente penitenziale e veniva intesa come preparazione ai godimenti della festa.M. l’Angius. 16. XIII (1845). pregando e ascoltando la divina parola del sacerdote che va in loro compagnia. nei tempi passati. se non in via eccezionale e alquanto avanti nel tempo: il sinodo di Bosa del 1780 si riferisce. Sin. Dalla tabella dei dati sommari (tab. par. La partecipazione a queste cerimonie non è neppure totale. in genere. 17. vivano disagiatamente in alcune rustiche casupole o sotto capanne. come S. le richieste di questo servizio superano in ogni anno le varie centinaia. corrispondesse. questo comportamento cerimoniale si sta facendo uno spettacolo sempre più raro. cap. 1) abbiamo dovuto omettere le notizie storiche circa l’origine delle singole chiese. e digiunando. p. Ciascuno potendosi acquistare l’assoluzione di un familiare per la modica spesa di 200 lire. Unica pratica religiosa di un certo arcaismo contadino è rimasta quella connessa al particolare privilegio dell’Annunziata di Bitti di assolvere le anime dei defunti. che fino a una trentina d’anni fa continuarono ad essere costruite nel più ossequioso e spesso inconsapevole rispetto dei modelli tradizionali di scelta dei luoghi e degli schemi urbanistici. in G. la novena fosse un luogo di ascetismo controriformistico: doveva piuttosto essere un piccolo mondo molto variato.PARTE PRIMA. Verso la metà del secolo scorso.18 Attualmente. Bosa 1780. la consuetudine che molte persone dell’uno e dell’altro sesso. nel quale le pratiche devozionali e penitenziali coesistevano con altre più goderecce. 70 71 . Salvatore di Cabras e del Rimedio di Oristano. solo la messa del mattino e la novena del pomeriggio. a proposito di S. specie per gli uomini. che percorse e descrisse quasi tutti i paesi della Sardegna. L’esiguità dello spazio concesso alle pratiche devozionali è un fatto relativamente nuovo. si preparino ai sacramenti e alla celebrazione della festa in onore del santo. XVI. p. Sono ancora molti gli anziani che ricordano che si poteva andare alla novena per praticare il digiuno e per dormire scomodamente.. e dato che (tranne che per le date più recenti) non sempre è dimostrabile un nesso iniziale tra data di fondazione della chiesa e eventuale contemporanea istituzione del relativo novenario. 309. I PAESI I. a un massimo di libertà rispetto al bere. Potremmo anzi ipotizzare che. ma in maggior numero donne e anche famiglie intere. l’uso di condurre dal Santo gli ossessi o i malati. Novenario e paese nella seconda metà dell’800 e nella prima di questo secolo. dato che disponevamo di una limitatissima documentazione attendibile. 91. contro cui. ecc.16 Vediamo ora come pratiche devozionali (in chiesa) e festa (fuori della chiesa) si articolino attualmente nei novenari. Casalis. Dizionario geografico storico-statisticocommerciale degli Stati di S. V. Ignazio da Laconi (Norbello) o S.17 Questo però non deve significare che. Vincenzo Ferreri (Siligo) si intitolarono a chiese nuove. Le pratiche devozionali La vita quotidiana della novena riserva uno spazio relativo alle pratiche devozionali: c’è. al quale fecero voto. più o meno goderecci. La cumbessía ha per lo meno una branda.PARTE PRIMA. diventa un lavoro d’incastri tenere l’ordine. Quotidianità e festività tendono a fondersi. ma anche gruppi più o meno numerosi di persone. cosa che peraltro riesce e costituisce punto di onore. più o meno «pagani». sia nell’arco della giornata che in quello di tutta la novena: le ultime ore del giorno e gli ultimi tre giorni della novena sono i momenti culminanti. ammucchiandoli dove si può. stuoie. In chiesa si recitano per la novena orazioni particolari. a loro volta. una vita quotidiana e festiva. C’è da lavare. dove hanno varie ore occupate dalle faccende domestiche. Ma li accomuna una sostanziale affinità di struttura. I NOVENARI. 73 . per cui nelle ore pomeridiane si intensificano gli arrivi di persone. paradossalmente. di giorno tende a riprodursi un ritmo di vita quotidiana. e di molto. che mediano l’appaesamento entro un orizzonte estraneo e un più largo aprirsi ai rapporti sociali. si cantano i gozos. su giacigli di felci. spesso riservate alle famiglie più abbienti. I PAESI I. un mobile o delle scatole per contenere le masserizie. si assicura la collaborazione del sacerdote. Socialità e festa. in molti. per lo più. nella misura in cui i moduli di riferimento di ogni comportamento sono sempre quelli del paese. Il lavoro in questo caso si moltiplica. soltanto la novena del pomeriggio ha conservato un ambito cerimoniale relativamente elaborato: è di fatto l’unico momento che chiami a raccolta non solo tutti i membri della piccola comunità sacrale. che provengono dal paese vicino a piedi – quello che si chiama fare la novena a bía e torra. tende e baracche erano prevalenti rispetto alle costruzioni in muratura. come spesso. Se nella stanza si abita. ma che assieme la conferma. gli scambi di visite e così via. ed è chiaro che il ritmo di vita di un novenario frequentato da dieci famiglie è ben diverso da quello di uno frequentato da cento o più gruppi familiari. nel senso che ripari in canne e frasche. anche se può variare la misura in cui entrano in reciproco rapporto: ci 72 possono essere novenari più o meno festaioli. a un paio di cavalletti che sostenevano il pagliericcio. che la mattina si devono rimuovere. attorno al perimetro della chiesa o dell’intero complesso delle cumbessíe. cioè più o meno frequentati. per gli abiti. e sono ormai rientrate nelle loro abitazioni. un tavolo. Anche il comfort del novenario era molto minore. mentre le poche altre abitazioni destinate ai pellegrini erano sovrappopolate all’inverosimile. per una o tre volte. Segue poi quasi sempre la processione che si snoda. ora che si hanno a disposizione automobili e motociclette. che si riduceva. per cui le differenze appartengono più a un ordine quantitativo che qualitativo. se si era in montagna. con una spesa di un migliaio di lire o giù di lì. delle sedie. Ed è nello stesso tempo. un certo seguito di persone e una certa dose di prestigio. nella misura in cui vuol essere eccezionale. La mattina. Questa maggiore importanza cerimoniale della novena rispetto alla messa condiziona quindi tutto il ritmo della giornata. Una processione può essere anche organizzata autonomamente da un singolo novenante che. È da tener presente che allora anche le abitazioni normali erano quasi totalmente prive di mobilio. si dischiudono progressivamente. indugiandosi a conversare a gruppi. riempito all’inverosimile di brande. si riceve la benedizione. intessuto di gesti consueti. materassi. chi andava al novenario portava con sé pochissimi oggetti e nessun mobile: si dormiva su stuoie o. È una vita che nega quella di paese. si cucinava accendendo fuochi all’aperto. altre scatole e valige per i cibi di scorta. ed eventualmente alla tavola per impastare il pane. a andare e tornare – o anche da molto più lontano. La vita quotidiana Nell’anormalità della vita del novenario. infine da preparare il pranzo. la «corte» vive un clima rarefatto: le donne sono uscite dalla messa. alla cassa per il corredo. quando l’aspetto penitenziale era più accentuato. perché il vano la notte si trasforma in dormitorio. C’è soprattutto da rendere abitabile e pronta per le visite l’unica stanza a disposizione. da vestire i bambini. ecc. un fornello a bombola. Novenario e paese Nel complesso. Fino a un paio di generazioni fa. ma è ormai un ricordo il mercato di merci e di bestiame che si teneva quasi in ogni festa. come in paese la strada. che indirizza le donne verso la casa e l’uomo all’esterno: o al lavoro o all’unico luogo di socialità maschile. l’affluenza di ospiti. I NOVENARI. Ogni nucleo familiare può arrivare a ricevere anche una ventina e più di visitatori. caffè. 75 . Gli uomini. o addirittura nel tardo pomeriggio. gli unici modi in cui i due sessi si sanno incontrare. Nel complesso tende a riprodursi quella divisione di compiti. Questo ritmo conviviale tende ad aumentare fino a raggiungere il proprio climax il giorno della festa grande. è ancora dei bambini. come avviene 74 anche in paese per la «passeggiata» domenicale. con la presenza sia di uomini che di donne. o dormono per smaltire la sbronza della sera precedente. Per i giochi. gironzolano solo bambini e cani. Provocazione reciproca e corteggiamento sono ancora. Si avvicina l’ora della novena. con al massimo l’aggiunta di un po’ di formaggio. la morra. che di solito conclude il ciclo della novena. Ci si apre ai rapporti sociali coi nuovi venuti secondo le forme d’obbligo dell’«invito» (su cumbídu) – biscotti. Possono essere anche ore di ritmo convulso. che non mancano.PARTE PRIMA. Le conversazioni invece possono comportare la partecipazione di due o più nuclei familiari. le ubriacature. Si esce sulla porta di casa e si formano gruppi di vicini per lunghe conversazioni. dal pretesto di ascoltare le canzoni di un transistor. i balli. I PAESI I. La «corte». con un primo piatto di pastasciutta e un secondo di carne: non si dimentichi che ancora attualmente la maggior parte delle famiglie contadine si nutre di sola pastasciutta. la bettola. vino. ed anche per prendere la benedizione. Per essere precisi. alcuni possono anche preferire tornare di nuovo la notte a casa. Non torneranno che per il pranzo. mentre la carne è riservata alla domenica o addirittura alle grandi occasioni. Si mette in moto la macchina dell’ospitalità – e anche per questo con ritmo maggiore o minore a seconda dell’importanza della chiesa e quindi del numero degli arrivi. Queste giornate di festa si distinguono da quelle della novena più per quantità che per qualità di occasioni: si intensificano tutti gli aspetti conviviali. ecc. i pranzi. o sono già alla bettola per mettere le basi di quella della giornata. hanno lasciato la famiglia per andare in paese a lavorare: questo si verifica soprattutto nei novenari più vicini al paese e a prevalente composizione etnica unitaria. in un paese sardo su due. Anche le bancarelle di vendita aumentano. comincia ad affluire gente dai vari paesi. in media. la festa dura in genere tre giorni. quasi deserta. mediati dalle conversazioni familiari di gruppo. fa magri affari: si dovranno aspettare i giorni della festa grande perché bancarelle ed acquisti si moltiplichino. per sorvegliarla. gioco di strada o di bettola. Pranzo e cena sono normalmente più abbondanti e di qualità migliore del solito. vige sempre la separazione tra i sessi: si gioca a carte per lo più solo tra uomini o solo tra donne. e il prestigio dato dalle relazioni sociali aumenterà di conseguenza. tendono ancora prevalentemente a riunirsi secondo gruppi distinti per sesso e per età. i visitatori se ne vanno. Quanto ai giovani. esclusivamente maschile. Qualche rara bancarella delle solite invariabili cose che si trovano in tutte le fiere. Novenario e paese Tutta la mattina è impiegata dal lavoro femminile: nella «corte». Molti uomini. mariti o figli. mentre le famiglie si riuniscono per la cena. cambiano progressivamente ritmo e fisionomia della «corte». si gioca a carte o alla tombola. che a sua volta – qui come in paese – tende poco ad esibirsi fuori delle pareti domestiche. La difficoltà più grande che abbiamo incontrata nel nostro lavoro è stata ovunque quella di trovare uomini sufficientemente sobri da essere in grado di sostenere o perfino di iniziare una conversazione. Parenti ed amici vengono in visita. Dopo il pranzo e il riposo pomeridiano. e tale è anche spesso la durata delle feste che si celebrano in quelle chiese campestri senza novena. Queste del mattino sono le ore in cui si avverte predominante la presenza di una vita femminile. nel complesso. la tombola è esclusivamente femminile. Godono però di una certa maggior libertà di incontri. Le sere della novena. è un’introduzione recentissima. la Madonna del Rimedio di Orosei. Il giorno della festa. CINQUE NOVENARI Primi approcci descrittivi (1966) La nostra inchiesta ha preso in esame. San Francesco di Lula Il centro sacrale di S. in particolare. per quante ricerche abbia fatto non mi è stato possibile trovare documenti antichi. dopo il primo buio: la luce elettrica. se c’è. e si caratterizzano variamente per diversi motivi: il numero e la provenienza etnica dei novenanti. Francesco pare abbia una tradizione antica. II.PARTE PRIMA. e mi impressiona per il biancore dei monti che lo sovrastano: i bianchi monti di Lula. l’assoluzione. Cosimo e Damiano di Mamoiada e la Madonna di Gonare. o «alla sarda». la connotazione più o meno devozionale o festaiola. la situazione di cinque novenari: S. L’inchiesta si è svolta in due tempi: una prima fase di sondaggi durante la primavera e l’estate del 1966. questo divertimento comporta una notevole parte di esibizione: e anche qui per i balli si formano numerosi capannelli di spettatori. mediante questionari. I PAESI Si cena presto. e in questo caso nei rispettivi quartieri ogni gruppo di paese balla il proprio ballo. in cui ci si diverte solo la notte che precede la festa grande. Comincerò dai primi appunti del ’66. a livello sia di comunità di novena che di comunità di paese. i SS. La sera. che ne fa uno dei luoghi di culto più popolari di tutto il Nuorese. Ripercorrere questo itinerario nelle sue stesse forme significa segnare le tappe della maturazione di un processo conoscitivo. altri che concedono buona parte delle loro serate al divertimento: si può restare a lungo a giocare o a conversare. Come sempre. I NOVENARI. Inizia infine nel buio la difficile operazione di trasformare in dormitorio la propria stanza: poi si va tutti a dormire e magari a compiere quei peccati di cui la mattina si andrà a cercare. la notte: silenziosa o festaiola a seconda dei novenari o delle occasioni. Non so niente della sua storia. la diversità delle configurazioni sociali ed economiche dei principali paesi afferenti ad essi. È il primo che affronto. È un’area sufficientemente circoscritta per presentare una certa omogeneità culturale. la fama dei suoi miracoli dura tuttora. non si farà che trasferire alla luce del sole tutto quanto la (relativa) normalità della novena aveva riservato all’eccezionalità notturna. di questi ultimi due-tre anni. Sono tra i più famosi e frequentati del Nuorese. si può ballare «alla moderna» al suono di transistor o di mangiadischi. Francesco di Lula. Si 76 77 . nelle bettole dura ancora più a lungo il chiasso. non molto lontano. l’Annunziata di Bitti. Ci sono novenari più tranquilli. durante la primavera e l’estate successiva nei cinque novenari-campione e durante l’autunno-inverno ’67-68 nei cinque paesi di riferimento. ma anche sufficientemente variata nel proprio interno perché se ne possano fare emergere certe differenze. una seconda di verifica. E poi. ritmato dalla scansione di animatissime morre o da qualche tentativo (più o meno riuscito) di canto maschile in coro. Ci arrivo senza saper bene cosa aspettarmi. Arrivo all’inizio della novena.PARTE PRIMA. sia in questo che in tutti gli altri novenari visitati.19 Ricordo ancora la sua figura: un giovane mite. Francesco. quando utilizzi strumenti non suoi: le mani in grembo. abigeato e vendita (più meno «legale») a un modo di produzione precapitalistica. quattro o cinque anni fa. sono già in piena efficienza. La fiera delle vanità. A decine gli ospiti vengono e vanno. Ritmo convulso anche nelle stanze del priorato. quando mi viene incontro la moglie dell’organizzatore della comunità. da cui è potenzialmente estraneo il principio dalla proprietà privata e per cui si creano valori negativi come «furto» o «rapina» quando ci si venga a scontrare con un tipo di economia privatistica e monetarizzata. Mi è stato anche detto che per tradizione la festa è organizzata a turno dai macellai della città. che ora ha raggiunto un fair play equilibratore. ingenua e fiduciosa. che è qui a trasportare casse di birra – un camion al giorno. Francesco. ma dipende dalla parrocchia di Nuoro e la sua festa è organizzata solo dai nuoresi. il priore. un po’ pingue e lento. 19. I PAESI II. di pomeriggio. Quanto agli orgogli – i prestigi – meritano un lungo discorso. a reggere il berretto. grossi involti. più che disordine è ritmo convulso. autonomo e aggressivo. mentre quelli che si intrattengono più a lungo se ne stanno rigidamente seduti. slanciato. So inoltre che – almeno fino alla passata generazione – il Santo era anche patrono dei ladri e degli abigeatari. giunse fino a S. Diceva che la vita del pastore non era fatta per lui… Collego in qualche modo questa immagine con quanto si dice di questo S. Dormì nella chiesa che il custode impietosito gli aveva aperto. i quali. Si era trovato a vagare. la cui pubblicazione verrebbe ritardata per non risuscitare un vecchio conflitto di competenze. Prime immagini: il traffico e l’andirivieni della nuova comunità in fase di costituzione. Una brutta chiesa con cupole e vari locali annessi alla rinfusa: non invia altri messaggi se non quelli di una vuota pretenziosità. fatto il colpo. È un episodio che va raccontato per intero. dai pazienti occhi azzurri. l’immagine opposta dell’orgolese secco. scatole. Correlo pastorizia. E veniamo alle vanità e alla storia della prioressa. costruite in legno. Primissime impressioni: disordine e orgogli. La chiesa è situata infatti in territorio comunale di Lula. È difficile farsi strada nella ressa. non più libero e sciolto. ringraziavano il patrono con una parte della refurtiva o presenziando alla novena. La ricerca di qualche pratica di incubazione terapeutica risultò negativa. che la considerano loro patrimonio. Il complesso sacrale è un grosso paese – scoprirò che ci abitano circa 500 persone. come pappagalli su un trespolo. Unica immagine di riferimento. tra adulti e bambini – che sta finendo la sua formazione: arrivano le ultime famiglie di novenanti. non so bene che fare. dopo giorni di cammino. Zitelle baffute passano con 79 78 . che scaricano dai camion brande e materassi. fuori di senno. Mi vuole ospite del priorato: la seguo. patrono dei pastori. che è un grosso edificio. su sedie allineate lungo le pareti. Tra le persone invece. le donne. gli uomini. gli amici che dovrebbero introdurmi da chi mi ospiterà per la novena. poggiate rigidamente sulle ginocchia. bambini. Sto cercando. e la mattina infine riacquistò la coscienza. I NOVENARI. Ma non so in che misura queste immagini mi potranno servire da riferimento per penetrare entro la vita del novenario. Incontro un amico di Orgosolo. Cinque novenari sussurra dell’esistenza di un atto notarile cinquecentesco. Si stanno mettendo su le bancarelle dei torronai e dei venditori di giocattoli. senza successo. che mi aveva raccontato una sua recente vicenda. che un efficientissimo telefono arabo ha già informata del mio arrivo. Il tipico modo di sedersi contadino. con un pastore di Orgosolo. valige. Parto insomma da zero. per la campagna: ma doveva aver seguito il segreto richiamo di qualche percorso ancestrale perché. le bettole. bambini. attivista di partito. il ricordo di un colloquio avuto. ne può avere anche una più eccezionale. Non poche le donne che piangevano. Ogni giorno si sacrificano le pecore per il pranzo dei novenanti e dei visitatori. che lo esegue di persona. un apprezzatissimo sanguinaccio cotto nello stomaco dell’animale. l’altra tasca servirà per la raccolta delle offerte che la madre raccoglierà questuando di porta in porta. Viene anche imbandita. Di fatto. impegni e virtù della sua difficile carica. sacra. ultima arrivata. C’è una stanza-office. Francesco di «riscattarlo» mediante l’offerta di un peso uguale di carne d’agnello o di vitello o dei rispettivi equivalenti monetari.PARTE PRIMA. di fronte al Santo. ma prendere per sé. uomini e donne. Mi informano che attorno al priorato ruota un personale di una cinquantina di persone circa. La carne viene distribuita quasi ogni giorno dal priore in persona tra i novenanti. Forte di un passato di ben un trentennio di novene coronato anche da priorato del marito. raccolti dal priore tra parenti e amici. Mi chiedo intanto che fine abbiano fatto i miei amici. C’è anche da preparare una minestra speciale. accusava l’altra. I NOVENARI. su filindéu. Col sangue si fa su zurrette. Il bambino malato viene messo entro una delle due tasche di una candida bisaccia di lino. mattino e pomeriggio. di essere una parvenue. Cinque novenari enormi vassoi di caffè e biscotti. e ritorna o ritornava in un certo numero di santuari della penisola: ma è interessante notare la particolare connotazione che qui assume l’ideologia inerente al rito. il vero centro produttivo della festa. Mi ero trovata. Le pelli verranno salate e poi vendute. Il rito della pesada deferisce invece il gesto simbolico al rappresentante della comunità di novena: il priore. 80 L’uso non è specificatamente sardo. e tutto si è svolto in un clima di intensa commozione. Ziu. Sotto il caos apparente del priorato sta un’organizzazione efficientissima. C’è infine il grande cortile-mattatoio. Finalmente mi ritrovano. amaretti e altri dolci di mandorle. senza saperlo. perché tutti i visitatori ne possano godere. Il conflitto per la mia ospitalità era di 20. Tutto il gruppo ha contribuito così. Qui a S. al riscatto sociale di un suo membro: non ho visto nessuno che negasse l’offerta. esige un «riscatto». Ogni voto è un patto di scambio che si instaura con un santo: in questo caso. che tutti mi offriranno come unica e inimitabile specialità del loro paese. Datami un’ulteriore dimostrazione dei suoi compiti. il priore mi erudisce per ore su oneri e privilegi. Né banditi né santi compiono un’azione riprovevole. 81 . piena di tavoli carichi di bicchieri e tazzine e centinaia di biscotti. C’è poi un’enorme cucina. che ogni giorno sono come minimo una trentina. I PAESI II. questa volta non individuale ma collettiva: è il rito della bisaccia (bertula). La malattia è vissuta implicitamente come un essere sequestrati da un Santo che. acerrima rivale della prioressa. Nella stanza dove si conservano le carni c’è anche una bilancia: una grossa stadera che. ho sentito chiamare col nome di «riscatti» anche gli ex voto offerti al Santuario. secondo un codice ben preciso di rotazione nell’assegnazione delle parti. dove donne indaffaratissime e sudate lavorano dalle quattro di mattina alle dieci di sera alla preparazione del pranzo per gli ospiti. Ricordo che. si può promettere a S. cui mi iniziano prioressa e priore. al centro di un conflitto di autorità: chi mi stava aspettando (amica di amici) era zia20 Tatana (Sebastiana). zia è epiteto di rispetto dato alle persone di una certa età. come un bandito. perché rubare non è rubare. al Rimedio di Oristano. ignorata da chi abita venti chilometri più in là. di cui chiunque passi in priorato – e son magari centinaia di persone nei giorni della festa grande – deve mangiare almeno un paio di cucchiaiate. Francesco assisterò tra breve a un’altra forma di riscatto. oltre alle varie utilizzazioni quotidiane. Della pecora si utilizza tutto. su tavoli all’aperto in un altro cortile del priorato. dopo ore di angoscia: la prioressa aveva tentato il colpo di avermi sua ospite senza avvisare le legittime pretendenti alla mia persona. La carne viene lessata in enormi calderoni di rame. tutti i paesi non fanno che savoiardi. Tra poco comincerò a odiare savoiardi e amaretti. che collaborano gratuitamente. Se si ammala un bambino. che abitavano alla porta accanto. l’esattezza dello scambio arriva fino al grammo. che conduce con energia e con notevoli capacità di organizzazione e aggiornamento. È tabaccaia. che sgranandosi il rosario. altre invece più vecchie ed umide. il portamento di gran classe. tra le migliori del complesso. la cui iniquità le fa spesso letteralmente piangere di rabbia. di un ristorante. Il novenario è in auge: pare infatti che le presenze siano aumentate notevolmente in questi ultimi anni. ma è una simpaticissima estroversa. e perfino più lontano. pasticciona. si diverte a fare la parodia del lamento funebre o a nuotare. zia Tatana ha un marito invisibile. Francesco. E poi. Per il resto. Cinque novenari fatto il culmine di una serie di tensioni. Si dispone di una sola fontana. seduto su una sedia impagliata. grassoccia. come una bambina. Orgosolo. fuori del perimetro. entrambe sulla sessantina. altera. con due penetranti occhi grigi. nel raccontare la storia dell’origine della sua novena a vita: ha fatto il voto il primo anno di matrimonio. fa le sue funzioni in piedi. alla moda antica. Vivo con zia Tatana e zia Franzisca. Se sono sole. piccoletta. Il prestigio di zia Tatana torna a trionfare. tutti sbafatori. si commuove fino alle lacrime. 82 Dal balconcino delle nostre stanze si controlla la quasi totalità della «corte»: la chiesa e le cumbessíe a due piani. Non ci sono latrine. concentrati in un «quartiere». tranne quella del prete. Tra i mestieri nuovi. le donne magari a gruppi. che tenta infine la mossa disperata di contrattarmi. col berretto in mano. Ma non è da dimenticare che S. apparsole in sogno. e da Dorgali. ritengono che sia merito degli olienesi.PARTE PRIMA. che fa rarissime comparse per portare inverosimili quantità di carne. 83 . a differenza di altri luoghi. A tavola. evidentemente in rapporto al censo: le stanze peggiori sono anche le più affollate. che in città costituiscono ormai residuo ed eccezione. si va in campagna. che avevano tra l’altro portato al rifiuto. costrette dall’infame prioressa a una coabitazione coatta. non perdono il loro tempo: ho ormai fotografata nel ricordo l’immagine dignitosissima di una zia corpulenta. I NOVENARI. la seconda. Zia Franzisca è ora vedova. quando le si ammalò gravemente il marito. Alta. cui potrò chiedere la chiave nei momenti di bisogno. la prima. proponendo di fare a mezzo della mia ospitalità (un giorno ciascuna): ma ormai la battaglia è perduta. la media paesana. lo guarì. che il quotidiano rischio professionale rende più disponibili a una tutela magico-religiosa. Per fortuna S. da parte della prioressa. con la scusa che «tanto. I PAESI II. Le opinioni locali al proposito sono diverse: l’ambiente del priorato l’attribuisce. Sono due personaggi. Gli olienesi sono effettivamente molti. Siamo di fatto sistemate in due confortevolissime stanze al primo piano. siamo tra donne». per ovvie ragioni. qualche raro piccolo impiegato e un buon numero di autisti. c’è poi gente da tutta la Baronia. un colloquio senza la loro pianificazione. Nuoresi entrambe. Ma devo molto alla convivenza con loro. zia Tatana e il cappellano domenicano. Rimane allora muto in un angolo. quasi tutti anziani. più o meno. Il mio ritrovamento mette in situazione di inferiorità la prioressa. alle eccezionali capacità dei singoli priori. le piace abbandonarsi alla battuta grassa. e si può arrivare anche a una quindicina di persone. assieme alla sorella. Non è possibile un passo senza il loro consenso. piccolo ma rinomato. traendo lustro e decoro dal fatto di ospitare presso di lei una professoressa. presa d’assalto con lunghe code di donne (non è «cosa da uomini» trasportare acqua). con molto meno stile. secca. C’è una presenza alquanto cospicua di piccoli contadini e pastori. con quel suo corpaccione pienotto e generoso. C’è da un paio d’anni la luce elettrica. di concedere a zia Tatana l’uso della stanza da lei abitata da un numero imprecisabile di anni. Il grado di comfort rispecchia. Francesco è il santuario dei nuoresi: e anche di questi ce n’è un certo gruppo. che da dieci anni segue la novena. mentre zia Tatana è proprietaria. i lineamenti regolari. Entrambe mi avviluppano nelle maglie di un’ospitalità totale e possessiva. Mamoiada. sul letto. Può darsi che questa sia una tendenza al concentramento di quanto prima era variamente decentrato: ma è solo un’ipotesi. Privilegi e controlli di status! Gli uomini pisciano un po’ ovunque. abbastanza indicativo per le categorie sociali in esso rappresentate. Le persone sono distribuite in modo iniquo. come la nostra. Non c’è una pausa. diventerà difficile attraversarlo. È una mangiatoria generale. delle presenze umane. poi ci sono i balli. che non può essere celibe. I PAESI II. Il grande traffico dura fino allo scendere della sera. Impossibile resistere agli inviti. Ci sono anche molti giovani. in qualche misura. Ci ubriachiamo tutti. e la sera della festa si farà una gara poetica in piazza. modernizzazione. Zia Tatana è convinta che si stesse meglio prima. magari a piedi nudi. lo spazio antistante. Alla tavola del priore la carne è imbandita assieme a S. Stanno per fare una marcia di protesta a Cagliari. Il pranzo è offerto dal priore nuovo. sotto gli alberi. caratteristico dei paesi della zona – Mamoiada. dei bassi salari nella miniera. Si arrostisce un’incredibile quantità di pecore. perché ciascuna famiglia ha voluto. a s’Arbore (l’Albero). gli ultimi giorni. con un ringraziamento nel complesso abbastanza piacevole. fino a sera. la trentina di chilometri di strada da Nuoro. con le pietre a vista. Francesco è quasi come se il paese non esistesse. e se la sta ricostruendo con le rimesse degli emigrati o coi mutui regionali. Cosimo ha uno stile personalissimo. Cinque novenari Da Lula invece. S. e nello stesso tempo. ecc. Resta. Le mattine dei primi giorni sono ancora relativamente tranquille. Francesco esiste invece. Cosimo. Ma i pomeriggi e poi anche le mattine sono ormai invasi dalla marea dei visitatori. Si avvicina il giorno culminante della festa: arrivano a centinaia i pellegrini che hanno fatto. Santi Cosimo e Damiano di Mamoiada S. 85 . tra piatti e bottiglie. la festa più bella: la sosta in campagna. e i suoi strumenti sono l’offerta della casa e del cibo. Guai a sottrarsi. È riuscito a darsi quello stile sobrio dell’architettura rustica di montagna. davanti alla Regione: ma con quale esito? A S. Tutti ormai stanno per sbaraccare. penso. Chi può. godendo della libertà. il problema soprattutto della silicosi. S. un boschetto sulla strada di Nuoro. Francesco. se vorremo ancora trovare un esempio di architettura rustica. Noi si chiacchiera. a gruppi di paese. un po’ di tutto. che vogliono ringraziare. Sono affollate le cumbessíe. ma come simbolo di una continuità di tradizione. Tra poco. la casa «alla moderna». e gli unici vistosi scambi interfamiliari sono costituiti dai gruppetti che si formano all’uscita dalla prima messa e che indugiano a lungo prima di sciogliersi per il rientro. Francesco che li ha fatti promuovere. il piazzale della chiesa si fa sempre più popolato finché. 84 Il penultimo giorno della festa arriva il nuovo priore accompagnato da una scorta a cavallo. Orgosolo. Il passaggio delle consegne avviene secondo modalità rituali: priore vecchio e priore nuovo scambiano tra loro due analoghe teche. ma non di politica. Ma già anche qui si parla di trasformazione. nelle zone abitate da quelli di Oliena. L’importanza del mangiare assieme. vengono ogni giorno le donne a piedi per la novena: ma per S. Mi viene il gelo: è meglio me ne stia zitta. È la fiera dell’ospitalità. Però i cavalli sono ormai presenti non più in via strumentale. anche se più o meno tutte le sue cumbessíe sono state ricostruite una ventina d’anni fa sulle vecchie. che erano anche meno numerose. nel frattempo. sfila con la moglie in processione fino alla chiesa. Bitti. Il pomeriggio le masserizie vengono caricate sui camion. e ci addormentiamo. che stanno vedendo tutti i paesi trasformarsi in grossi cantieri edili. e si comincia a bere dalle nove di mattina. Ollolai. Ma quelli di Lula hanno altro cui pensare: c’è il problema della disoccupazione.PARTE PRIMA. distante circa 5 km. che contengono la statuetta del Santo. si ritira e cerca di riposare. I NOVENARI. noto che molti giovani si provano per la prima volta a tentare i passi del ballo tradizionale. la macchina della festa continua a muoversi con ritmo sempre più convulso. si canta e si balla. capretti e «porcetti». non resterà che S. Si formano gruppetti di spettatori. Fonni in particolare – peraltro violentemente rifiutato in questi ultimi due anni. per l’ultimo giorno. Si fa merenda con panini. ci si distende sull’erba. Si beve. per Lula: c’è un mercato in paese. Francesco: la sua teca è messa in tavola. Il priore. sia al priorato che presso le singole famiglie. Ma non è ancora finito. come sono. ma gli orgolesi tacciono. Una donna di Orgosolo mi dice che l’anno passato si era fatta. dove pure c’è un novenario. Farà visite saltuarie e potrà farsi vivo. È un pascolo estivo. a piedi o in automobile. C’è anche al novenario la madre del suo rivale Muscau. e perfino alcuni gruppi di residenti alla novena hanno il capofamiglia nelle vicinanze. che li vuole tanto «diversi» dagli altri. una addossata al fianco della chiesa. conservatesi (come ormai capita raramente di vedere) intatte nella loro forma arcaica. che più o meno convergono qui. stoviglie). afferma di avere perdonato all’uccisore del figlio. alla sarda o alla moderna. rifiutando il tradizionale compenso in natura. nei nostri confronti. Siedono sulla porta. eccessivi i primi. Un certo numero di essi vi risiede. Gli unici capannelli sono quelli degli orgolesi. si fanno altri capannelli per giocare a tombola o a carte. Ma è anche questo un istituto intertribale. il giorno della festa. chi si avverte in situazione meno precaria è il servopastore che. 87 . che fa stragi di bestiame. l’altra di fronte. a pochi chilometri di distanza. ed è ben presente. E i rischi sono molti. irrisori i secondi. grazie a una famiglia di vecchie amiche. al solito. Son questi dunque i mesi in cui l’altopiano vive la sua vita di lavoro: vediamo transitare numerose greggi. con le pecore. anche a livello di consapevolezza. Paradossalmente. gli ascoltatori sottolineano con esclamazioni. Cinque novenari È questo un novenario. Con grande stile. uno legge ad alta voce le notizie che interessano. per tornare qui in montagna ai primi di maggio. quando i loro problemi non sono che gli stessi di tutto il travagliatissimo Nuorese. incontrata due porte più in là di quella che ci era stata chiusa in faccia). Cosimo appare formata prevalentemente dagli abitanti di Mamoiada: è infatti il loro centro sacrale. che leggono il giornale. che gli consente almeno di evitare i rischi dell’imprenditorialità. Gli orgolesi si sono dimostrati. (Comunque. La vita delle prime ore del mattino appare. con cui poi si scambiò delle visite. 86 il fatto che trovarsi qui significhi avere molte possibilità di incontro e mettere le basi per relazioni. i prezzi dei pascoli e del formaggio. in modo da lasciare nel mezzo un grosso vicolo per i passanti. il nostro rapporto con gli orgolesi ha potuto risolversi. si balla. Si sussurra che Mesina sia in circolazione nei paraggi. chiusa. a partire da quello più consueto: la siccità. intrafamiliare. a vista d’occhio. qui a S. La popolazione di S. Cosimo. spesso per villeggiare. Non so se dal suo censimento risulterà anche una effettiva presenza numerica di pastori proporzionalmente maggiore a quella degli altri novenari: voglio dire che la presenza di un’economia pastorale qui la si avverte in modo più immediato. ci si prestano oggetti (pentole. e per di più fissati in anticipo. per cui tutto il rischio ricade sul pastore. o semplicemente per conversare. perché il freddo vi scende presto: ai primi di novembre perciò i pastori transumano verso il sud o verso le piane attorno a Nuoro. Ma sono ancora deserte le «logge» per i mercanti. Tutto l’altopiano – il Marghine – è solcato da una fitta rete di sentieri. Tornano nei discorsi i soliti problemi: il latifondo – la più parte dell’altipiano è di proprietà di una sola famiglia –. la sera. preferisce ora assumere la figura del salariato. la cui uccisione fece scegliere a Grazianeddu la strada dell’esilio. commentano. che gli offriva con gli anni una certa possibilità di mettersi in proprio. al massimo. e cioè – com’è prevedibile – quelle sul banditismo. cioè in pecore e agnelli. come dire. I PAESI II. le relazioni si intensificano: ci si scambiano visite. S. maledettamente stufi. quasi ostili: ed hanno le loro buone ragioni. a gruppetti di quattro o cinque uomini. come al solito. i più chiusi. altri fanno la novena ogni giorno. ben dieci comari.PARTE PRIMA. discutono. ed ha una popolazione abbastanza variata: si viene da tutti i paesi della zona. di sentirsi al centro di un’attenzione curiosa. Cosimo è infatti al centro di una delle zone di pascolo migliori del Nuorese. e magari anche un paio di donne anziane. ancora più pastorale degli altri. destinate poi a conservarsi. Il pomeriggio. scorgo Sa Itria (La Madonna d’Itria) di Gavoi. I NOVENARI. Poi si chiude in un dignitosissimo silenzio. Sono a doppia fila. starei per dire si chiude – e non si apre. Abbiamo detto della sporcizia comunitaria. Irgoli. e colpisce la grande «corte» assolata e polverosa. il che è a sua volta indice di una notevole affluenza di presenze al santuario. attorno alla chiesa: questo andamento architettonico omogeneo potrebbe ricordare la originaria funzione di lazzaretto cui. tutte di altezza eguale. Le cumbessíe sono 87. Si devono aggiungere anche le numerose pellegrine che. le stanze – per lo più con un pavimento in terra battuta. C’è una fontana. l’aspetto devozionale è forse più rimarcato: non nel senso di un intensificarsi delle pratiche religiose. avrebbe assolto il santuario nei secoli passati. I servizi. come anche vedrò a Gonare. anche qui. «A San Cosimo andiamo / tutti quanti in vettura. corona in mano e almeno due o tre bambini ai lati. magari due volte al giorno. C’è anche la tendenza a raddoppiare la novena. poi chiuse perché troppo sozze. ciascuna occupata. 21. Lazzaretto e «rimedio» contro due calamità: le epidemie e gli assalti dei saraceni. in cui tutto. a quanto mi si dice. raramente da due: si ricorda che un tempo non lontano ogni stanza era molto più affollata. Un tempo si veniva anche da più lontano. appare rarefatto. sono inesistenti. il numero dei partecipanti e la vita comunitaria molto intensa fanno di questo santuario un fatto molto vitale. specie da Dorgali. che dalla non lontana Tunisia continuarono con le loro incursioni fino al 1806. Pare che ci sia una certa tendenza a perpetuare. C’è chi dice: son sempre le stesse famiglie che ritornano… E anche questo andrebbe controllato. I PAESI II. Una canzoncina. Ora. Ma poi subito si mette a fuoco anche la presenza di una certa sporcizia comunitaria. I NOVENARI. per anni. Questa storia un po’ particolare avvicina il Rimedio alle vicende di certi nostri santuari medievali. che sono sempre le stesse. che non dà sempre acqua. ormai alla sua periferia. Cinque novenari Qui. a piedi. poche quelle provenienti da altri paesi. ma per la partecipazione ad esse di tutto il gruppo compatto dei novenanti. con o senza promesse nuove. da cui ora invece si tende a venire in pellegrinaggi di poche ore. Non in tutti i novenari mi pare avvenga così. facendone un’altra subito dopo.PARTE PRIMA. in genere. Le cumbessíe si snodano così. conchiuso entro un ambito circolare di muri. che giunge fino al mare. ma manca l’allacciamento alle singole stanze. peraltro estremamente banale. la bettola abbia per gli uomini la solita importanza. Ciò non esclude che. Il Rimedio viene considerato un soggiorno piacevole. c’erano due latrine. Si nos dades allozzu non che torramus a Mamojada. / Se ci date alloggio / non torniamo a Mamoiada». si fanno la novena a bía e torra. la maggior parte delle presenze è rappresentata dalle famiglie di Orosei. i pochi pavimenti in cemento essendo dovuti all’iniziativa di famiglie «ricche» – sono invece relativamente pulite e ordinate. Nonostante queste limitazioni. giungendo al santuario per la polverosa e assolata strada tra gli oliveti. alla luce del mattino. A forza de sa cottura non bidimus s’istrada. come spesso invece altrove. Si entra. ultima data della loro comparsa su queste spiagge. Galtellì. / Per la grande ubriacatura / non vediamo la strada. al solito. un’evoluzione verso forme di vita comunitaria più stabile: ospedali o agglomerati urbani.21 Madonna del Rimedio di Orosei A due chilometri da Orosei. dice appunto: A Santu Cosimu andamus tottus cantus in vettura. 89 88 . indicativa del grado di miseria che troveremo qui. senza che qui si sia avuta. da una famiglia. per lo più da non distanti località della Baronia: Loculi. la luce elettrica è stata portata l’anno scorso. o si distende – il santuario della Madonna del Rimedio. il ritorno alla novena. quasi una villeggiatura «di montagna»: il terreno è infatti appena un poco più mosso rispetto alla pianura di Orosei. come tanti cadaveri. si conosce l’esatta ubicazione di questo o quel gruppo paesano. comunque per la cena. che li fa credere all’«incontro» con le anime dei morti (s’obiàda. le donne distinguono tra malattie che hanno bisogno dell’intervento medico e malattie che si curano con la «medicina» del malocchio o dell’obiàda. La paura grande di uomini e donne della Baronia. cioè per il malocchio. davanti ai quali non sembra reggere una spiegazione razionale. la libera promiscuità cessa totalmente già 90 da prima dell’adolescenza. I pescatori con cui parlo distinguono con esattezza e precisione i casi in cui il pesce è mancato per cause «naturali» da quelli in cui è mancato per cause non naturali. ma lui regge tanto bene la parte. è piaciuto perché mostra un’Orosei bella. Sono in genere i casi straordinari e inopinati. e anche un certo consumo vistoso del cibo. Pare che un tempo ci fosse meno abigeato e più «fiducia» reciproca. che ciascuno si è costruito davanti alla propria abitazione. dicevo. mammai o socra. la vita è più largamente comunitaria che altrove: si mangia all’aperto. paura che li fa rivolgere alla Madonna. che è una delle più drammatiche. Discorsi da cumbessía. quando c’è. I PAESI II. Anche qui però. seni. Mai incontrata tanta paura come nei loro discorsi. Il film con Tognazzi – Un delitto d’onore – girato a Orosei. una donna di Irgoli. Un altro pastore presente afferma impassibile che una volta una carrozza partorì un vitello: le donne sono incredule. I parti mostruosi: un pastore di Orune dice che gli è nato un vitello con due teste. Le donne citano il caso di una loro vicina di cumbessía. senza che questo richiamasse l’attenzione dei genitori. come mai le capita di essere nella sua quotidianità. Li ho visti occupati in vari giochi sessuali. quando si imporranno ferree e diversificate assunzioni di ruoli sessuali. la paura. La Baronia si regge – o piuttosto non si regge – su una miserrima economia agricola: ridottissima la pastorizia. i giacigli ospitano un numero incredibile di bambini – cinque. Fuori. favorita anche dalla specializzazione locale del santuario e dalla sua grande vicinanza al paese. La «critica»: sento delle giovani polemizzare contro la usanza di portare abiti da lutto. Il problema del delitto d’onore li lascia totalmente indifferenti. Raramente però si trattengono anche per dormire: si lascia con diffidenza la casa e soprattutto. L’ideologia magica si avverte ancora come una presenza greve. C’è anzitutto un’intensa vita familiare. Perfino i grossi proprietari non sono ricchi latifondisti.PARTE PRIMA. l’intrecciarsi di discorsi. pur essendo in lutto. pronte però a criticare la vicina che. gambe. l’altra sera partecipò a un ballo. il giogo di buoi. da folklore turisticizzato. e che diventano quindi emblematici di tutto l’incontrollato e incontrollabile che minaccia l’esistenza. al Rimedio la vita comunitaria è più visibile che altrove. Ingialliti ricoprono. che mi chiedo ancora adesso se parlasse sul serio o per scherzo. Paura che fa loro vedere pericoli anche nel sogno. minore anche la piccola proprietà frazionata. la miseria. dieci: la natalità mi sembra altissima – ammassati seminudi. e che molti hanno visto. Non ci si ignora tra vicini. sul tardo pomeriggio: è questa. Questo facilita il formarsi di gruppi vicinali. Cinque novenari Il santuario è carico di ex voto in cera: bambini. che provveda con qualche rimedio. e che per questo i nuclei familiari potessero ricostituirsi per intero alla novena: ma bisogna sempre prendere con cautela ogni affermazione relativa all’esistenza di un tempo migliore nel passato. Egualmente. Forse anche per questo. al solito. l’ora più vivace. La notte. al malocchio portato dall’invidia. ma solo persone un po’ più agiate della media. Altri discorsi: se sia meglio chiamare la suocera mamma. Li fabbrica tutti in paese una donna che ha anche fama di fattucchiera e che conserva il monopolio della produzione tenendosi il procedimento segreto e non ammettendo nessuno alla stanza dove conserva gli stampi e i paioli per la fusione. I mariti tornano qui dal lavoro spesso anche per il pranzo. 91 . colti a caso. sotto una tettoia di canne e frasche. che una quindicina d’anni fa avrebbe partorito un muletto. Gli ex voto. ci si va a far visita. metà della parete di destra. origine di malattie). che sempre si concludono con un deo timo («io temo»). toraci. I NOVENARI. specie mietitori. a detta del guardiano della chiesa avrebbe fermato in antichità l’ultimo assalto dei barbari. prima di arrivare all’Annunziata. desolata. al XVI secolo. ricca di alberi. p. ed altro non vi regna che una fratellanza cristiana». Per raggiungerlo. Circa la storia dell’Annunziata si sa ben poco. Dai pochi documenti raccolti presso l’Archivio Parrocchiale si apprende che la festa principale dell’Annunziata si celebrava a giugno. che resse dal 1724 al 1739: cfr. purché si badasse ad avere ogni attenzione perché «per impedire ogni irrispetto sia entro la Chiesa che nelle sue vicinanze. Clima e funzione della novena – così come poteva essere fino alla passata generazione – emergono da uno scambio di lettere che nel 1883 il pievano di Bitti ebbe col vescovo di Nuoro. e dato che «all’avvicinarsi solo alla valle.PARTE PRIMA. cui chiedeva se potesse esporre in continuazione il Sacramento nei giorni della festa e della novena. 93 92 . e quando si arrivava qui in carro a buoi e si viveva per i nove giorni giocandosi scherzi in continuazione. che magari stava dormendo vicino ai loro ignari proprietari. Sale. molti lavoratori. disposte disordinatamente e adorne di balconcini in ferro battuto e di architravi. suscitando enorme successo. ed altri divertimenti di dissipamento. e d’indecenza». il sorgere della chiesa. La risposta del vescovo fu affermativa. Di certo. trovato il colpevole. con padre. Pare che alla Diocesi di Nuoro ci siano documenti che ne attestano la fondazione tra il 1724 e il 1739. si sentono interiormente cambiati. L’ho sentito almeno dieci o quindici volte. forse al tempo delle crociate». si estinguono gli odi e i rancori nei più fieri nemici. di ospiti occasionali. si fanno una trentina circa di chilometri di una strada disastrosa fino all’anno scorso. in ogni casa. recitando la parte dei carabinieri. Si andava poi in gruppo a cercare la refurtiva. visto il disagio che altrimenti avrebbero avuto 22. L’Annunziata di Bitti È un complesso molto civettuolo. il sequestro di persona. ora in riassesto perché diventi carreggiabile. Lo scherzo più giocato – non per niente siamo in una zona notoria d’abigeato – era quello del furto: si rubava un oggetto o una capra. Si vede nei pressi il Monte di Barisone. Era stata forse la mitizzazione che i bittesi avevano fatto di un loro passato non molto lontano. I (1954). La parodia toccava evidentemente le istituzioni più importanti: il furto. è evidente la sua situazione di confine. e che nel 1922 si ebbe l’autorizzazione a celebrarla a maggio. ma non cita fonti controllabili. fidanzata e prete esorcista come protagonisti della canzone. indicativo dello stretto nesso di antitesi esistente tra momento produttivo e momento festivo. Ci si divertiva molto allora: lo affermano tutti con un certo rimpianto. con tante piccole casette bianche. dato il grande afflusso dei fedeli. Can. Si ha da attraversare tutta la zona della colonia penale di Mamone. ha fatto il giro di tutta la corte. madre. Lodè è distante solo otto chilometri di strada migliore. I NOVENARI. e che sono occasione d’immoralità. occupati a giugno nelle operazioni del raccolto. Archivio storico della Diocesi di Nuoro. lo si processava e infine lo si condannava a offrire da bere a tutti. quando il paese si riempiva. ivi restino proibiti i balli. talvolta si parodiava anche il matrimonio. Anche qui. che in qualche modo si manifestasse visibilmente. I PAESI II. La chiesa sarebbe stata eretta a spese del canonico Michelangelo Serra. il processo. che.22 Il Libro della novena (ciclostilato) spinge molto più indietro. Dall’altra parte. quando si rapiva una ragazza e poi se ne celebravano scherzosamente le nozze. Mi aspettavo di trovare all’Annunziata un clima notevole di vita comunitaria. Cinque novenari Le risa: il disco cantato a ritmo di pernacchie. M. figlio. posta com’è su uno sprone che penetra entro la vallata del rio Mannu. O si sequestrava una persona. ma sono le stesse persone che ora non saprebbero più divertirsi così. si sa solo che la data della festa avrebbe avuto uno spostamento. 54. Giustificazione colta a volo: «Anche il Signore scorreggia». «non so. che. la zona di Gonare conserva una imponente esemplificazione di un culto delle pietre. quella che fa proclamare Bitti (un po’ sul serio. Quello dell’Annunziata è sempre stato considerato luogo proprio ed esclusivo dei bittesi. C’è su brazzolu (la culla). e nel riscoprirsi come persone dello stesso paese. A differenza dei nostri altri centri religiosi. masserizie per farli asciugare. quando Gonario. e la vista domina un paesaggio amplissimo. e la sua festa la festa del paese. che fino alla generazione passata serviva ancora per riti di fecondità femminile. uno improvvisa una altisonante poesia in nostro onore. Cominciano ad arrivare. che ha contribuito a finir di sconquassare molti tetti. perché è stata promossa alla licenza magistrale. Quest’anno Orani. tutte le cumbessíe saranno allagate. coperto di splendidi boschi di lecci. giudice di Torres. È superfluo notare che cosa questo significhi in fatto di impegno comunitario. Cinque novenari Il clima della giornata è quello consueto dei giochi di bambini. l’acqua entra dalle porte mal connesse. Si dovrebbe arrivare a vedere di lì cinquantatré paesi: a questa possibilità di essere centro. dove la Madonna si sarebbe seduta per riposarsi: in alto. sperando in quella disponibilità che nei giorni di festa è ad esse consentito di dimostrare. ma per chi la sperimenta. È (caso molto raro) sulla vetta di un monte di circa mille metri. la sua fondazione risalirebbe al XII secolo. priva di eventi. E penso anche a quello che un tempo deve aver significato per la nostalgia delle novenanti – per lo più donne. È la solita vita quotidiana del novenario. un po’ per scherzo) «la piccola Roma». un’altra con l’impronta dello zoccolo del suo mulo. dove la Madonna avrebbe deposto il bambino: è una pietra della glissade. le novenanti hanno il loro daffare a portare fuori materassi. in motoretta. nelle mattinate limpide. che dalle cumbessíe si inerpica fino al santuario sovrastante. Polemici e caustici nei confronti delle ideologie magiche tradizionali. mentre ora bambini e ragazze vi scivolano per divertimento. Gonare è uno dei più prestigiosi santuari del Nuorese. e forse per questa sua antichità ed estensione di fama. e infine s’imbaradorgiu. ringraziò la Madonna per uno scampato pericolo in mare. indipendentemente da qualsiasi intervento 94 della amministrazione comunale. è punteggiato da una serie di pietre magico-devozionali: una. Non pochi bittesi mi avevano descritto. almeno per me che non la vivo dall’interno. profonda e cosciente esperienza comunitaria. degli andirivieni delle donne. ha costruito sul vecchio tracciato una buona carreggiabile: a proprie spese significa che il lavoro è stato fatto. va da mare a mare. È limite tra i due territori. da Bitti e da Lodè. le attaccano con una foga che sa alquanto di dimostrativo: si ha da mantenere una certa fama di razionalità e di cultura. Lo stretto sentiero infine. querce e felci. Gonare deve forse una delle sue ragioni d’essere. Ci si ritrova infine nella bettola: molti uomini sono già ubriachi. Gonare è limite e centro. durante la vita quotidiana della novena. come fan tutti i bittesi. fino all’anno scorso. i primi gruppi di diciottenni. comincia il diluvio: la notte. poco più che due mulattiere: una da Orani. già in paese. Fuori. appena cristianizzato. ma solo per far piacere a noi cittadini. I NOVENARI. l’altra da Sarule. centro anche visivo. dai buchi nel soffitto. la loro gioia nel riscoprirsi. La Madonna di Gonare Ci si arrivava. specie di nicchia a forma di sedile. La costruzione attuale sembra però per lo meno secentesca.PARTE PRIMA. La mattina. come quella delle vicine 95 . I PAESI II. indumenti. venute qui con solo una parte della famiglia – il potersi indicare a dito dove stava il loro paese. a proprie spese. Qui. Ha tirato anche molto vento. dove la Madonna avrebbe infilato il braccio. il cui confine passa nel bel mezzo della chiesa. della ragazza che porta alla Madonna l’ex voto. altri cantano alla sarda. mediante l’offerta da parte di ciascuno di una o due o più giornate di lavoro. Spero ancora nei famosi divertimenti della serata. la roccia alquanto friabile (probabilmente pietra di talco. una piccola fossa indica dove avrebbe poggiato la mano. arrotondando un po’ l’erre. per due strade. che vengono a cercar ragazze. I PAESI II. Poche le prospettive di lavoro. alcune famiglie vi vengono anche a villeggiare. benestante. madre e figlie. ma non si è ancora fatto l’allacciamento. così si dice. soggiornandovi per tutto il mese di agosto ed eventualmente lasciando poi il posto ai novenanti. e costa fatica o denaro farla trasportare dai ragazzi o da un muletto. I NOVENARI. ogni giorno. senza gli sprechi di S. sono recentissime e danno verso la campagna e un panorama amplissimo. Cinque novenari cave di Orani) viene soffregata con un sasso per ricavarne una polvere dalle supposte virtù terapeutiche. meglio anzi se fosse morto davvero in un incidente stradale. l’acqua delle stupende sorgenti è lontana. 96 Le donne della Baronia. che motiva la precisa osservazione di una donna di Oliena: «Qui c’è tutto il mondo!». se non vogliono seguire le pratiche religiose. Sono capaci di scacciar di casa il figlio maschio. grasse. dallo scialle sfrangiato e dall’andatura zingaresca. sfatte e rassegnate – la rassegnazione alla miseria. gesticolano con movenze arcaiche. Varietà di tipi umani. trovai la luce elettrica. a fare il lamento funebre per il figlio ormai morto. dolci. la treccia alta e raccolta in una sorta di tutulo. la campagna non rende. l’orgolese si porta al santuario il bambino e si fa le sue faccende con una grande dignità. La luce elettrica è arrivata l’anno scorso. appunto quello più antico. che tutti approvano. portandosi le palme alle tempie. donne dal naso piccolo e tondo e dagli occhi imprevedibilmente azzurri. modesta copia dei capelloni continentali. ai figli a decine e agli aborti. Le presenze non sono molte. Le altre casette. il santuario sembra in ribasso. è addossato al muro della chiesa. 97 . I ragazzi di Orani. e tutte le cumbessíe occupate). che sanno anche sorridere di sé quando dicono: «Sa. (Ritornata a Gonare l’anno dopo. battendosi il petto. Dov’è l’alterigia e l’orgoglio possessivo di quelle barbaricine. che ha osato degradarsi sposando una donna perduta. La terribile madre di lui. Ma la scarsità relativa delle presenze è compensata dalla varietà di composizione del gruppo. insoddisfatti e inquieti tra i nuovi modelli culturali che li sollecitano e l’impossibilità di realizzarli se non nelle forme esterne dell’abito. sciatte e vivaci. di cui tutti sanno nome e cognome. Non c’è che fare come i vecchi: sedersi a gruppi sui muretti. levando alte le mani. Ho notato quasi una decina di stanze vuote. e poi battere in ritirata. in paese. che impiegano ancora le tecniche arcaiche del civettare. Rispetto agli splendori del passato. perché ha fatto la serva in continente. come zia Tatana? La ragazza-madre di Orgosolo – splendida figura da indossatrice. e di riunirsi. bionda e slanciata – che è stata messa incinta da un signore di Nuoro. l’economia è in ristagno. Morbide. costruite più in basso. Le cumbessíe sono di due tipi: il primo gruppo. La vita vi scorre tranquilla e modesta. Francesco di Lula: c’è una sola bettola e un’altra si costruirà il giorno della festa. da Sarule e una ventina circa da Orani. La pratica è ancora largamente in uso. E la sera ronzare attorno alle ragazze del santuario. imposte dal loro ruolo di femmina: chiamare con lo sguardo o un movimento dell’anca. Le donne di Ollolai. noi siamo forse un po’ troppo credule». E poi di chiudergli dietro le spalle la porta di casa.PARTE PRIMA. avrebbe impedito le nozze dei giovani. ed è cadente. ricoperto poi da un grande scialle. ma c’è un grosso afflusso di novenanti a piedi: almeno un’ottantina. da essere dramma di tutti. Cosimo e da nuoresi e olienesi soprattutto per S. in genere. alla fin fine. e anche ormai superati da una situazione che si è andata notevolmente trasformando in questi ultimissimi cinque anni. ma anche di allevamento del bestiame. come tutti i bittesi. dati approssimativi sono stati forniti dalla Camera di Commercio locale. che dei dati del censimento dell’ISTAT del 1961. trovano forse nel novenario l’ultima espressione del loro vivere associato. Le poche notizie che siamo in grado di fornire in questo capitolo provengono per lo più da interviste con sindacalisti. quella di Oliena è mista agropastorale. Per l’economia di Nuoro. stabilito ormai a livello internazionale dal Mercato Comune.) «Il mio paese produce formaggio. Mamoiada è. in un ambivalente rapporto di odio e di amore col proprio paese. L’economia di Orosei è prevalentemente agricola. dato che è sufficiente al pascolo di quattro o cinquecento pecore. Orosei. Comunità 23. stretti come sono tra due costi imposti dall’esterno: da un lato il fitto dei pascoli (reddito fondiario) e dall’altro il prezzo del latte e del formaggio. la «città». L’episodio è avvenuto un paio d’anni fa. la situazione sociale è fortemente contrastata. di Nuoro. Bitti (5774 ab. bittese e. una riserva di manovalanza edile disponibile alla emigrazione. 98 .G. quella di Bitti è prevalentemente pastorale. Non è un paradosso che la voce pastorizia rappresenti la parte più attiva del bilancio della regione. su cui si è inserito ultimamente un vistoso boom edilizio in parte connesso a un certo sviluppo terziario. mentre i singoli bilanci delle aziende pastorali faticano a chiudersi positivamente. un suo stile e problemi a lei propri. e per situazione geografica (Orosei è sul mare. anch’esso frantumato in piccole greggi non selezionate se non alla resistenza a pascoli magri.I. ma anche emblematiche: nel cuore della Sardegna non esistono per ora altre alternative. contraddittorio complesso di vecchia economia agropastorale. e me lo descrive un funzionario della C. Mamoiada rispettivamente per l’Annunziata. una certa parte della stessa non competitività economica è strettamente connessa all’arcaismo dei metodi non solo di conduzione (feudale). la situazione stava arrivando al punto di rottura al momento in cui scrivevo queste note: nel 1966 erano censiti 99 La zona Nei nostri cinque novenari confluiscono famiglie che provengono da paesi diversi della zona. Per altro tipo di documentazione non si può disporre.000 abitanti. anche le sue contraddizioni si spiegano riferendole a una gradualità di sistemi di sfruttamento. Il terreno che possiedono non è molto. come altrove.L. Bitti regge la propria economia esclusivamente sulla pastorizia. Ma anche qui. A Bitti. modesto centro urbano di circa 30. Francesco. Il quadro della pastorizia – qui come altrove – è profondamente contraddittorio: per meglio dire. queste cinque comunità lo sono anche e soprattutto sotto il profilo economico e sociale. sindaci. ma il nucleo più consistente è costituito da gente di Bitti. CINQUE COMUNITÀ dilacerate. D’altronde. Diverse per importanza (Nuoro è capoluogo di provincia). Ogni comunità ha una sua storia. Infine Nuoro. Ma tutte sono anche unitariamente immesse entro una situazione tanto più generale.23 Situazioni varie. preti e suore»: questo – e non una parola di più – è il contenuto del tema di uno scolaro di terza elementare. Ma il fitto è esoso e mette alle strette il pastore privo di terre. coltivatori diretti e pastori o altre poche persone considerate come esperte dei problemi del paese. gli altri sono comuni di collina). per tradizione almeno centenaria (come Orgosolo). che doveva descrivere il suo paese. Anche qui ci sono i soliti prinzipales: quattro o cinque famiglie possiedono la maggior parte del terreno e fittano la loro terra ai pastori. di lettura notoriamente ambigua. i cui condizionamenti più distanti stanno ormai fuori dell’isola. il Rimedio e S.III. 000). a differenza dei piccoli proprietari di Mamoiada e Oliena. che caratterizzava l’economia isolana fino alla passata generazione: la sòccida. dato che l’emigrazione ha ormai sottovalutato queste zone. che gli procura 35 pecore al primo anno. Per dare un’idea della cosa.4% di non occupati rispetto al totale della popolazione attiva (tab. 101 .000. che sono economici e sociali assieme. Ma queste piccole trasformazioni si accompagnano a un accanito tradizionalismo sia in fatto di costumi sia. può darsi da fare trasformandolo in piccolo vigneto di quattro-cinquecento ceppi. La presenza di un ceto ricco (relativamente agli standard) la si nota anche visivamente nelle strade del paese. considerevolmente più alto rispetto alla produzione degli anni precedenti. a determinare tutte le caratteristiche sociali e culturali di questa comunità. A Bitti.000. con le sue casette «di proprietà». pascolo «franco» al secondo. Ora. che in qualche modo finisce per determinare indirettamente qualche modesto tentativo di ristrutturazione agraria. e guai e rischi riprenderanno più seri di prima. I NOVENARI. Questo si riflette non solo nell’urbanistica paesana. I pastori sono emigrati. nell’agro romano. il minimo che si ritiene sufficiente 100 per una conduzione autonoma. Può mettersi in proprio: ma allora avrà da pagare il fitto del pascolo. Tale contropartita in natura consisteva non solo in prodotti (latte. greggi e tutto. di politica locale: non a caso il consiglio comunale è retto da una alleanza di democristiani e di missini. 3). ecc. Su sozzu. Cinque comunità in comune 60. Tutti poi si sono conservati l’orto. Il fenomeno è connesso alla persistenza di un vecchio tipo di rapporto di lavoro. la società è ancora fortemente stratificata. animali. E se una parte delle sue fonti se ne elimina.000 capi ovini. La crisi coinvolge anche il piccolo proprietario terriero. a perdurare. e Orosei solo 4000. che si aggirava attorno ai 40. nel giro di cinque-sei anni potrà diventare egli stesso proprietario di un piccolo gregge di 100 pecore. in parte ancora. vendette e così via. nel 1969. che aspira a darsi uno stile «cittadino». a Bitti i capi ovini sono esattamente dimezzati: 33. A Bitti invece il servo-pastore continua a preferire la vecchia forma tradizionale di contratto di sòccida. con le sue solide e ben costruite case di pietra. Ed è ancora in primo luogo l’antica economia pastorale. che ora in varie località della Sardegna tende a trasformarsi in vero e proprio contratto salariale. il socio. Le cose laggiù pare vadano un po’ meglio: ma il trapianto di un sistema di conduzione pastorale che non ha subìto sostanziali trasformazioni nel tipo di proprietà e nei rapporti di lavoro. Anche dietro le case si avverte la solida storia di antichi benesseri. lotte tra pastori per contendersi i pascoli migliori. era un socio minore. e soprattutto migliori condizioni di affitto. che un tempo favoriva fortemente i ricchi proprietari di terre e di greggi. causata essenzialmente dalla pastorizia.) ma anche e soprattutto in beni di produzione: terra. grano. I PAESI III. C’è però a Bitti una certa tradizione di relativa solidità economica. ma anche in quella dell’Annunziata.PARTE PRIMA. la ricchezza di Bitti consiste esclusivamente nella pastorizia. Il piccolo proprietario che non affitti a pascolo il proprio terreno. Questo tipo di contratto caratterizzava anche quel rapporto tra proprietario e servo-pastore. che continuano. che poteva amministrare ed eventualmente accrescere. sembra che stia talvolta riproponendo alcuni dei vecchi temi di sempre: abigeato. Parlare di sottoccupazione e disoccupazione riferendosi solo alle statistiche del ’61 è certo limitare il discorso: comunque. e poi di nuovo altre pecore e altro pascolo. grosso patrimonio. D’altronde. le migliori delle quali si fregiano di civettuoli ballatoi in ferro battuto e di iscrizioni col nome delle famiglie più in vista. finché. un’altra è pronta a rinascere. già i dati di allora davano la presenza di 9. basti pensare che Mamoiada e Oliena ne censivano negli stessi anni la metà circa (20. che si sono stancati di questo lavoro. il quale offriva la sua forza-lavoro in cambio di una contropartita in natura. soprattutto. dove trovano un pascolo analogo a quello dei loro territori. i prinzipales godono ancora di molti prestigi. 6). a trasferirsi nelle piane di Ozieri. 5). a un certo punto. I NOVENARI. Ma. ma altro l’agricoltura non è in grado di produrre. il cui livello di istruzione risulta – stando almeno al censimento del ’61 – altrettanto basso quanto quello delle altre comunità del nostro studio (tab. Questo non ha comportato però un miglioramento negli standard di tutta la comunità. Dai dati dell’ISTAT ne risulta qualche piccola conferma: la presenza in paese di 102 una percentuale relativamente maggiore di laureati o diplomati. che tende ad assumere. sia pur parzialmente. Questa forte spinta imprenditoriale. Di fatto. 4). di un piccolo ceto intellettuale. anche tenendo conto della sua destinazione tradizionale. Si coltiva la vite nelle zone più vicine (c’è anche una cantina sociale). Ma l’antica fame di terra è anche il prodotto ben preciso di una situazione sociale: a Mamoiada il 40% dell’agro appartiene a due sole famiglie. che si regge mediante la promessa di un’ascesa sociale a titolo individuale. 4). partendo da studi seminariali. anche il vecchio immobilismo contadino. per lo più. che ha spinto il bittese. rispetto al minimo del 2% rappresentato da Oliena (tab. Chilivani e Olbia e a trasformarsi da affittuario in proprietario terriero o in commerciante lattiero-caseario. con poche zone coltivabili. Il territorio dovrebbe servire soprattutto a pascoli. e ad affermare due valori fondamentali: la razionalità e la cattolicità. indirizzarono laicamente la loro carriera. un numero minore di lavoratori dipendenti (tab. La spinta imprenditoriale. è dalla grande disponibilità di manodopera bracciantile disoccupata che i «mandatari» risiedenti in città (Nuoro) assoldavano e assoldano gli esecutori del furto di bestiame o del sequestro di persona. Questi intellettuali sono per lo più emigrati. È la stessa imprenditorialità. Oschiri. al fine di arricchire le greggi familiari. che prima della crisi era stata fortissima. un modello borghese. ma il loro periodico contatto col paese e soprattutto l’esempio di successo che essi rappresentano hanno finito per caratterizzare fortemente le aspirazioni di tutta la comunità. troppo piccolo per la sua popolazione: la densità della popolazione per ettaro è la più alta rispetto a quella delle nostre cinque comunità (66 abitanti per ettaro. dal censimento del ’61 risulta che Bitti presenta una percentuale di lavoratori in proprio (il 37%) sensibilmente maggiore di quella delle nostre altre quattro comunità e. 7).) A Mamoiada la crisi pesa più di quanto i suoi abitanti se ne rendano conto. L’agro del paese è prevalentemente montuoso. Il vecchio abigeato bittese – cessato ormai da una quindicina d’anni in seguito a un solenne accordo giurato tra famiglie – pare fosse una attività condotta sempre in proprio. per converso. dall’altro dei futuri medici e avvocati che. In queste ultime zone. d’altra parte. connessa a un’accentuata valorizzazione delle virtù individualistiche. Ci sono poi quattro o cinque 103 . da cui fino a pochi anni fa si traeva qualche profitto: ora questa raccolta è stata abbandonata (tab. Ci sono dei noccioleti. al contrario. un 7.5% circa di dirigenti e impiegati. il magro territorio del paese è anche piccolo.PARTE PRIMA. ha trovato nel tempo le espressioni più varie. Cinque comunità L’imprenditorialità pastorale rende possibile il mantenimento di una società stratificata. come quello di Orgosolo o Mamoiada. da un lato. glorioso di una tradizione di «cultura». tuttora continua in parte e finisce per smuovere. di tutta una genealogia di sacerdoti e prelati. Questo ceto si è formato. ai vertici della scala gerarchica. I PAESI III. L’olivo non vi attecchisce. un relativo maggior sviluppo di attività terziarie di vario genere (tab. mitizzandolo. Ha significato invece la produzione. che furono matrici. rispetto ai 27 di Bitti). come avviene per il servo-pastore. Mamoiada (3233 ab. nel passato. a differenza dell’abigeato di altri paesi. Anche l’accesso alle professioni può diventare mezzo per una ascesa sociale che tende a diversificare il paese. La storia di questi anni è presto detta: è una storia di fame di terra. coinvolti come sono – a differenza di molti paesi della zona – da un apparente benessere espresso dalle rimesse degli emigrati. e. in compenso. Questa situazione ha comportato la necessità di abbandonare la terra. una minima percentuale di disoccupati (tab. mentre continua a rendere considerevolmente il fitto dei pascoli. più ed oltre che dalle lotte sindacali. Questo particolare profilo sociale ha configurato tutta una storia di battaglie politiche. da cui la città. è suddiviso nelle consuete microunità parcellari. e non si perdono una novena. rispetto agli altri paesi. al passaggio di un «signore». oppure viaggiano come pendolari a Nuoro. Anche per essi l’agricoltura non è più redditizia. che lavoravano la terra altrui secondo un sistema di tipo mezzadrile. Mamoiada esprimeva un 61% di popolazione attiva maschile in posizione dipendente (tab. alla fine del lavoro. uno di questi notabili fu sindaco a vita. per chi penetri nella sua realtà dalla via dei novenari. Cagliari. la stessa pastorizia – che occupa un centinaio di persone su un numero di circa 16. indaffaratissime ed attive per uffici e negozi di Nuoro e tanto intraprendenti da raggiungermi con telefonate a Cagliari. mietitura.PARTE PRIMA. Quest’ultimo era una specie di bracciante. anche i «grandi» proprietari cominciano ad avvertire i segni profondi di una crisi. a periodi. per le solite «raccomandazioni». erano 160. Il censimento del 1961 dava un 32. Si è venuta formando una larga disponibilità di manovalanza. Hanno fama di grandi festaiole. 4). il cui reddito agricolo non era minacciato. i figli di questi antichi notabili di «rispetto» hanno perduto di prestigio: ma. dalla fine delle vecchie strutture di produzione. ecc. parlare delle sue donne: queste donne straordinarie che ho incontrate. ha sempre attinto. portano tutte il costume e vengono considerate con un certo disprezzo. Tranne le giovanissime. a sua volta. ecc. Ma l’alone di rispetto che li circondava comincia a tramontare: ed era pur stato un «rispetto» che aveva condizionato non solo rapporti di sudditanza formale nei loro confronti – ci si doveva alzare in piedi. 3). 5). e togliersi il cappello – ma anche precisi controlli politici: all’epoca del fascismo. Cinque comunità medie proprietà di cento ettari ciascuna (a terreno. Si cominciò nell’immediato dopoguerra. Questo processo è andato ora rapidamente accelerandosi. che è giunta loro. Pastori giovani ce n’è pochissimi: cinque-sei al di sotto dei vent’anni. il resto. ora anche meccanica. come sciattone.5% di addetti alle costruzioni (tab. quindi circa la metà del territorio. al solito. iscritte. arava e seminava e percepiva 104 meno della metà del prodotto. Mamoiada ha. percepiva un quarto del prodotto ricavato dal compartecipante maggiore. sette-otto tra i 20 e i 30. 105 .000 capi ovini – è esercitata per lo più da uomini al di sopra dei 50 anni. per tradizione. soprattutto edile. e che. come si è visto. che troviamo peraltro assente da tutto il resto del Nuorese. con la crisi della piccola proprietà. I PAESI III. che lo aiutava occasionalmente nelle operazioni di sarchiatura. perché edili e meccanici riescono in genere a trovare occupazione nell’attuale boom edilizio che sta investendo certe zone dell’isola. I compartecipanti erano contadini senza terra. ad esempio. molto prima che in altre località dell’interno. Gli emigrati stabili sono ancora una esigua minoranza. attraverso la pratica della professione esercitata in paese. I NOVENARI. Oggi. preso la laurea. Ora. nei grandi cantieri di lavoro (la Costa Smeralda. frazionato). ma ancor più esoso: il compartecipante «maggiore» possedeva un giogo di buoi. non certo in posizione imprenditoriale: rispetto a Bitti caratterizzata. che. hanno tutti studiato. recuperano su un altro piano gli antichi privilegi. Si trasferiscono. spesse volte.).) Parlare di Oliena è anche. da una considerevole presenza di lavoratori in proprio. con le lotte dei compartecipanti. veniva ulteriormente ridotto dalla retribuzione che il compartecipante «maggiore» doveva dare al compartecipante «minore». ora si sono ridotte a 15. Oliena (7000 ab. Un sistema feudale di questo genere si reggeva anche in rapporto all’esistenza di una grande o media proprietà. Mentre una quindicina di anni fa le famiglie di coltivatori diretti. si nota che ben il 62% dell’intera popolazione attiva era costituito da lavoratori dipendenti – uomini o donne (tab. Ma dove confluissero maschi e femmine è almeno intuibile: a Oliena nel ’61 la manovalanza edile era ridottissima (meno del 10%). 106 Ma quello che più mi impressiona è notare come le descrizioni che ora. ma che non consentono alla donna facoltà decisionali così ampie. Di fatto. in quest’anno. Ma la loro fama è anche di una certa indipendenza: e di fatto sembra che il loro ruolo sociale si contraddistingua in modo abbastanza netto da quello della donna degli altri paesi. Essa ha ancora la facoltà di amministrare i beni del marito. mentre negli altri paesi gli addetti alla agricoltura sono quasi esclusivamente uomini. fare contratti.000 capi ovini. L’economia olienese è – o meglio. ed ora in misura minore data la crisi. paesi molto più spiccatamente pastorali (come Bitti e Orgosolo) in cui i mariti restano assenti da casa per molti mesi l’anno. Fino a pochi anni fa. Le statistiche ci indicano inoltre che. da scoraggiare ogni trasformazione. che andrebbero meglio chiarite. mi si fa del sistema familiare olienese siano esattamente eguali a quelle raccolte da altri prima di me. si coltivava un po’ di grano e soprattutto vigna e olivo nei fertili fondovalli attorno al paese. ma solo alla donna sposata. specie quelli ad economia pastorale. ed anche prima. pur riconoscendo un ampio ambito di autonomia alla donna. dell’orto o del pollaio e portare a vendere le merci in città. in una famiglia di giovani sposi. Il senso dell’«autonomia» della donna olienese nell’ambito della famiglia viene così ad essere ben limitato dalla sua precisa collocazione nell’ambito del sistema economico.PARTE PRIMA. 7) e il costo della raccolta è ora tanto alto. è consapevole dell’importanza di avere un maschio nel proprio nucleo: un enorme prestigio è riservato. pur ereditando in parte uguale (non si sa mai: potrebbe ancora sposarsi) non viene mai interpellata nelle contrattazioni o nelle decisioni di compravendita. la autonomia è prerogativa della donna sposata. eredita in parte eguale ai fratelli maschi. L’olivo era un tempo la grande risorsa del paese. comprare e vendere. con cui tende a coabitare. infatti. Sembra che l’attuale tendenza a una certa disgregazione dell’istituto familiare non abbia affatto intaccato certe sue strutture fondamentali. Il suo è al massimo un ruolo di appoggio alla sorella sposata. ma non della nubile. a Oliena si aggiungono anche circa 300 donne (tab. la raccolta delle olive era affidata a un bracciantato quasi esclusivamente femminile: e ancora le statistiche del ’61 indicano la presenza a Oliena di una percentuale di «casalinghe» relativamente minore a quella degli altri paesi (tab. 4). 5). alla madre della figlia sposata: cioè. la quale. I PAESI III. una nuova famiglia che si formi pretende di acquistarsi una certa autonomia rispetto a quella dei genitori. I NOVENARI. mentre ben il 68% del totale della popolazione attiva era costituita da addetti all’agricoltura (tab. presso i quali tende ormai a non abitare più come in passato: ma il ruolo della donna pare non sia cambiato. fortemente sottoposta ai rischi stagionali dei geli precoci o dell’invasione della mosca: il flusso di produzione è tanto vario di anno in anno (tab. ad esempio. Cinque comunità dalla più parte dei paesi vicini. alla madre del figlio sposato e non. anche soprattutto perché l’economia del paese si fa sempre più ristagnante. cioè in quanto conservatrice del nucleo familiare. 5). Ma è anche una risorsa aleatoria. e le pecore pascolavano anche sotto gli alberi. Ed è una famiglia che. Se poi se ne considera la posizione nel lavoro. Quanto comunque sembra emergere da questo rapido giro di informazione è che il ruolo decisionale (qualora si dia) non è attribuito alla donna in quanto tale. 107 . era fino alla crisi – mista: si contavano nel ’65 circa 20. Anche ad Oliena. Questo suo notevole grado di autonomia sembra strettamente connesso a particolari strutture di produzione. Però la donna olienese può darsi al piccolo commercio dei prodotti della campagna. viceversa. il cui nome una facile etimologia associa alla parola olía. 3). ormai una decina di anni orsono. Ci sono. chi comanda è la madre di lui. 108 109 . uomini politici) di alto livello. molto temperata da un sistema comunitario arcaico. o si arrivò a lasciare la terra a uno e gli alberi a un altro. nel passato. Bari 1971. nel complesso. e in particolare p. pp. che hanno dato la scalata alle cariche politiche appoggiandosi su grevi sistemi clientelari. proprio perché l’economia stessa del paese non ha avuto trasformazioni. ma. Ma la crisi. È questa una storia comune a tutta la Sardegna:25 a Oliena. che comportava anche la redistribuzione annuale delle terre divise secondo «fuochi». Si emigra però poco da Oliena.. e che da generazioni hanno espresso intellettuali (avvocati. in pezzetti sempre più minuti. 25. Il frazionamento del terreno in microunità parcellari ha in Sardegna ragioni storiche ben precise. La parcellizzazione della terra ha portato. giovani tendono ad occuparsi esclusivamente delle professioni. e solo gli anziani sono rimasti a dirigere l’azienda. Parentela e clientelismo in Sardegna. consegnandoglieli in blocco. mi si dice. È l’immagine di un paese dilacerato tra un immobilismo strutturale di fondo e una corsa verso «cambiamenti» che appartengono esclusivamente all’ordine della destrutturazione. o meglio. Cinque comunità D’altra parte. L’agricoltura non rende più. Pinna. finché si divisero i filari di vite. che. Il fitto dei pascoli continua però ancora a rendere molto (4-5 kg di formaggio all’ara) e così il fenomeno della proprietà assenteista non viene certamente liquidato. La famiglia esclusiva cit. il medio proprietario desse le proprie terre da lavorare secondo un sistema di incentivi alla proprietà. Anche per questo vedasi L. qui come altrove. 3) rispetto al 4% del capoluogo. Il voto è ancora un bene contrattuale. cioè secondo famiglie. in particolare. I prinzipales sono cinque o sei grandi famiglie. tranne un paio che si tengono di riserva. Familismo e clientelismo ancor oggi si condizionano a vicenda: a Oliena. medici. all’abbandono delle campagne per altre attività. il contrario avveniva per i piccoli proprietari. I PAESI III. la struttura e le regole familiari non sembrano essersi gran che trasformate in questi ultimi anni. semmai. accentuato. E questa impressione di enorme ristagno mi si fa ancor più greve e drammatica quando. prima peraltro quasi sconosciuta. La famiglia esclusiva. con gli amici olienesi. è pagata soprattutto dalla piccolissima e dalla piccola proprietà. è la famiglia al completo che decide a quale personaggio dare i propri voti. si dividevano la terra tra di loro. per distribuirli equamente tra gli altri partiti. La caratteristica socioeconomica di Oliena sembra essere la morsa entro la quale poche famiglie dominanti stringono una popolazione costituita prevalentemente da braccianti nullatenenti o da piccoli proprietari in crisi. qui come altrove. il frazionamento ha assunto aspetti peculiari. poi. con feroce egualitarismo. che possiedono. e così via. come all’epoca dell’inchiesta di Luca Pinna. C’è però qualche cambiamento. il 12% della intera popolazione (tab. mentre i 24. Familismo e proprietà fecero il resto: mentre le famiglie dei prinzipales tendevano a non far sposare che uno o due figli per mantenere intatto il patrimonio.PARTE PRIMA. mentre sono relativamente numerosi i braccianti sottoccupati: almeno duecento. che risalgono alla imposizione da parte del governo piemontese (editto delle Chiudende. 153 sgg. Dava cioè la terra al «mezzadro» o «socio» perché la lavorasse e ne facesse le necessarie migliorie: alla fine dei cinque anni del contratto. Pinna.24 Un altro mezzo per assicurarsi una dipendenza clientelare può essere quello della concessione di una piccola pensione: così mi si dice – e le statistiche informano che proprio Oliena ha il maggior numero di pensionati. un decimo circa delle terre del paese. passim e in particolare l’“Introduzione”. 1820) del modello della proprietà privata. L. si viene a parlare della attuale congiuntura. I NOVENARI. Anche i prinzipales cominciano a risentire della crisi. 169. È successo che. il «mezzadro» sarebbe diventato proprietario di metà del terreno affidatogli. analogo a quello della sòccida pastorale. palazzetti con stemmi tengono come una mano forte tutto il paese. Riesce ancora a sopravvivere a stento chi conserva uniti i due tipi di economia: quella agricola e quella pastorale. di olive. impiegati o insegnanti che viene secondo dopo i famosi vertici bittesi (tab. I PAESI III. a vendere. 4). oltre che la legge. coi loro uomini. Cinque comunità Chi è rimasto sulla terra. ad osservare i percorsi antichi. abbastanza variata. cinquanta famiglie scelte a sorte tra tutte quelle del paese passano la loro novena nei pressi della Madonna di Monserrato. E di olienesi. Su questo quadro di immobilismi e di sfaceli. 110 Orosei (4214 ab. le incursioni dei «saraceni» hanno lasciato solo una traccia nel ricordo e nelle vecchie canzoni. ci si associa in due fratelli e. una Cooperativa di pastori per la raccolta e la lavorazione del latte. e il suo territorio è diviso tra zone di pianura a coltura prevalentemente orticola. Anche a Orosei. di strade ridotte a rivoli maleodoranti. Si costituì una Mutua di contadini e pastori. A Orosei. «tengono alla discendenza». ma – come sempre – destinate a una vita precaria fintanto che rimarranno disancorate da un disegno politico generale. senza la piccola pastorizia: campano nella più squallida miseria e. per cui. su un po’ di grano. di 80-100 pecore. Senza tener conto delle nuove leggi sulla mezzadria. come si inseriscono le novità? Nei brevi anni di amministrazione sardista – pausa all’interno di un feudo democristiano – si iniziò una politica cooperativistica. una Cantina sociale. Tale è l’economia base di Oliena. presso il Gologone (una delle fonti più belle di tutto il Nuorese) ogni anno. che traggono il proprio reddito da magri fondi di venti. Le donne di Oliena non hanno ancora abbandonato il costume e continuano.PARTE PRIMA. La pastorizia è però minima (nel ’65 non si arrivava a 4000 capi ovini). se ci riescono. zone di mezza collina a vigneti e zone di collina a pascoli. C’è infine qualche famiglia che vive solo sulla terra. di vigna. anche un gregge: ma piccolo. mandorli e su qualche agrumeto (tab. A pochi chilometri dal paese. come mi si dice. 7). un’impronta ben più massiccia è quella della Chiesa e di un certo numero di famiglie nobili. vanno estinguendosi come categoria: tendono. il resto della popolazione lavora – o tenta di farlo – nell’ambito del settore primario: qui però. Famiglia e proprietà sono anche per essi – soprattutto per essi – l’unica salvezza. se lo vuol condurre. che nel passato esercitarono il loro potere sul contadino povero. a un certo sistema di produzione – ben poco è rimasto. che rosica malamente su entrambe le attività condotte su piccole dimensioni. I NOVENARI. anche quell’ottimistica ripartizione tra «lavoratori in proprio» e «lavoratori dipendenti» che gli annuari dell’ISTAT continuano a proporre tra le tante loro mascherature della nostra realtà sociale ed economica. Grandi chiese barocche. un vigneto sperimentale che dà lavoro a 30 braccianti. Di solito. Dell’antica ricchezza di Oliena – relativa. affamate di feste e di carne. a settembre. venticinque ettari. a Orosei il rapporto contrattuale continua infatti ad essere un 111 . che hanno consentito il sorgere di un modestissimo ceto di dirigenti. i loro figli tentano anch’essi la scalata ai settori terziari e giungono a un diploma o a una laurea. E della vecchia struttura sociale è rimasto quel poco che è ancora utilizzabile per la conservazione di un preciso gioco di privilegi. i rapporti di lavoro continuano ad essere semifeudali. unite le greggi. beninteso. si parte assieme. sfidando. anche i «proprietari» sono attualmente molto modesti: una quindicina circa di famiglie. nei nostri passaggi ai più diversi novenari. in genere. specie durante i periodi di transumanza che lo spingono verso il sud. Ma anche chiese e palazzi si vanno logorando. ma dispersiva: soprattutto povera di risorse organizzative. deve cooperare con qualcuno che sia nelle sue stesse condizioni. a differenza di altri paesi e come un po’ in tutta la circostante pianura della Baronia. vivacchia. ne troveremo ancora molte. Modestissimi medi proprietari.) È quasi sul mare. mentre si tenta di vivere prevalentemente sui prodotti degli orti. Chi lavora la terra possiede. dominanti su un resto di catapecchie. Iniziative importanti. In paese. contemporaneamente. Il quadro è quello di una produzione esclusivamente agricola. L’avventura del pisello si concluse due anni dopo (tab. alla fine dell’estate e al mezzadro va. Stando alle cancellazioni dalle liste anagrafiche (e quindi non contando tutti gli altri. miseria hanno qui il tragico risvolto di una grossa passività sociale e di una tendenza al rifiuto del lavoro. e in sostanza mirava all’ottenimento di piccoli benefici peraltro valutati messianicamente. fondato sulla reciproca «fiducia». c’è una cava di marmo. dove invece prendono il meglio dei frutti una quindicina di motopescherecci continentali. bene attrezzati e che col mare hanno una vecchia consuetudine. Cinque comunità accordo di tipo personale. un fenomeno caratteristico di nove decimi dell’isola… Disoccupazione. è proprio l’economia agricola tradizionale a mostrare minori possibilità di resistenza alla crisi. se non per grandezza. Di fatto. Si dice che ormai i proprietari di camioncini siano almeno un centinaio. Da Oliena emigrano in molti.26 26. e altrettante persone occupa la pesca. più o meno forfettariamente. enfatizzatasi ora in un unico settore: quello terziario. lo stesso piccolissimo proprietario di un paio di ettari di terreno. Negli anni passati. d’altra parte. Fabbriche artigiane di un certo rilievo non ne esistono. poi si scoprì di essere in troppi e soprattutto non coordinati né per lo smercio né per un eventuale inscatolamento del prodotto. per lo più di ponzesi. si è andata ingrandendo secondo i consueti canoni di un disordinato boom edilizio. 7). Mancavano le premesse per un’industria conserviera. che occupa venticinque operai. da quello dei paesi della zona. I PAESI III. che attestino una presenza continuativa presso di loro. I conti si tirano. sottoccupazione. l’altro i legni. Ma pare la stiano scoprendo in troppi. Mezzadro diventa.000 ab. In questa melma ristagnante. possibilmente vicino al proprio fondo. si comincia anche ad avvertire tutto il peso di una situazione che si va progressivamente deteriorando e che non può più essere affrontata a livello individuale. 113 112 . I disoccupati o sottoccupati pare siano circa 120: disoccupati ufficiali. condotte da due soci. circa) Storia e organizzazione sociale di Nuoro sono immediatamente decifrabili dall’aspetto del suo tessuto urbano. in un’attesa abulica del piccolo sussidio. cioè quei braccianti che arrivano a rimediarsi le cento ore di lavoro necessarie per farsi iscrivere nella lista – cento ore che si possono anche arrotondare pregando (o pagando) finti datori di lavoro. I NOVENARI. Sorse contemporaneamente l’arraffa arraffa del nuovo «commercio»: tutti scoprirono che poteva essere redditizio acquistare dal contadino frutta e verdura per poi trasportarle a Nuoro. che si dà da fare e cerca di ingrandire la proprietà. assai più dei paesi. L’estate del ’68 ha visto scendere sulla strada tutta la Baronia. e che le speranze di un facile arricchimento siano ormai tramontate. acquistando qualche ettaro di terreno vicino al proprio. Peraltro. comincia ad emergere qualche piccolo contadino attivo. Nuoro (30. È questo. il più delle volte. questa gallina dalle uova d’oro. Fu molto facile tamponare il dissenso. di piccola «città» preindustriale. il 50% del prodotto. Nel 1969 i pescatori si sono finalmente riuniti in cooperativa. per convogliare i prodotti verso Nuoro. D’altra parte. Non si arriva così a pescare in mare alto. anche se è difficile sapere in quanti. In agricoltura. La pesca è esigua e precaria per la mancanza di un porto e di grosse imbarcazioni: le barche sono per lo più di sei-sette metri. in origine anche il suo volto non era diverso. si è tentata qualche nuova coltivazione orticola. di cui uno possiede gli attrezzi. Ora.PARTE PRIMA. su un totale di una popolazione attiva di poco più di 1200 persone. a manifestare la nuova protesta. si comincia a intravedere qualche segno di mobilità sociale. Ma la comune piattaforma politica era ancora estremamente esile. compresi quelli che spariscono con un visto turistico) gli emigrati sarebbero circa 300. Per il momento almeno. che si dà da fare per lavorare qualche altro paio di ettari in più. grosso modo. c’è stato il boom del pisello: nel ’61-62 tutti piantavano piselli. non un palazzo padronale. avvocato. 115 . conta attualmente al massimo circa 30. che vive sui servizi. anche a questo livello di media azienda. si soffre per la mancanza di manodopera che viene considerata troppo cara. Si tende a non disperdere abitazioni e patrimonio: la cura dell’azienda viene lasciata a uno o due membri del clan. È ancora un ceto molto forte. che hanno cambiato il mestiere. soprattutto gli imprenditori edili. ma attraverso la distribuzione del rischio in tanti piccoli settori diversi. Quel paio di aziende di cui sono stata ospite mi son sembrate imprese traballanti entro le quali. che monopolizzano una grossa fetta del potere. Vicoli stretti e obliqui. La parte vecchia della città agropastorale è il rione di Santu Predu (S. Si comincia a vendere. da cui un’azienda può ricavare 2000-3000 litri d’olio. 5). che cooperano secondo il sistema antico dell’offerta di una collaborazione gratuita ricompensata con carne e vino in abbondanza. Non esistono aziende con bestiame selezionato. I NOVENARI. Parlare di ceto è però prematuro: parleremo piuttosto di ascesa di singoli individui. I PAESI III. Ma ce n’è uno nuovo in ascesa. e quindi prenderne in fittanza.000 abitanti. e in virtù di una forte coesione gentilizia. che consentono al patrono una grande estensione dei suoi poteri clientelari anche al di fuori dell’ambito della sola città di Nuoro. ormai da generazioni. e sempre più sui servizi: il censimento del 1961 dava un 34. come risulterà dal prossimo censimento. insegnante. Pietro). Agricoltura e pastorizia cominciano a non rendere più. Assieme hanno altro bestiame (suini in particolare) e oliveti. 5). gli altri hanno avuto aperto. I prinzipales possiedono grandi pascoli di 400-500 ettari nel territorio di Nuoro e hanno aziende prevalentemente pastorali – circa 1000 capi ovini – che ora si tende a riconvertire in più produttive aziende di allevamento bovino – con 50100 capi. più spesso però possono dare 114 in affitto parte delle loro terre.PARTE PRIMA.4% di addetti a questo settore (tab. per cui ai singoli membri del clan vengono affidati compiti diversi. che detengono per tradizione. mancava in passato e continua a mancare oggi il settore secondario. ormai con un certo disordine organizzativo. in rapporto a quei problemi di difesa del bandito o dell’abigeatario. Esiste una sola industria. Ma. Nuoro è una società terziaria. più o meno imparentate tra loro – e le famiglie di contadini e pastori meno abbienti o dei loro figli. nazionale. abitazioni modeste al massimo di due piani. proprio nella misura in cui è prevalentemente città terziaria. che ancora non hanno trasformato la città in senso borghese-imprenditoriale. nei momenti di maggior bisogno si continua a ricorrere all’aiuto occasionale di parenti o compari. Quest’ultima professione è particolarmente importante. Possono non avere terreno sufficiente per i loro pascoli. si cerca di sopravvivere non attraverso la specializzazione delle colture o degli allevamenti. Cinque comunità Nuoro è sempre stata una città di modestissime dimensioni e di modestissime risorse. i commercianti. I prinzipales si salvano peraltro in virtù del potere politico. regionale e. può continuare a conservare nel proprio ambito una rappresentanza di quel settore primario. l’accesso alle professioni tradizionali di medico. Per quanto abbia raddoppiato la sua popolazione in questo ultimo dopoguerra. specie a livello politico-clientelare. che possiamo supporre in incremento. Sotto il profilo della produzione. Attualmente si censiscono ancora 26. È ancora dalle vecchie famiglie di prinzipales che è emersa buona parte dei nuovi ricchi: l’unico industriale. che occupa una trentina circa di operai: ed è tutto qui. che ha sempre costituito la grande matrice delle città preindustriali: nel 1961 ancora l’11% della popolazione maschile era occupato nelle attività della pastorizia e dell’agricoltura (tab. Quello dell’avvocatura è stato sinora uno dei canali più importanti per l’accesso alle maggiori cariche pubbliche a dimensione urbana. diverso da tanti paesi di nostra conoscenza solo per il tono un po’ migliore di alcuni interni di case. al limite. Vi abitano fianco a fianco le vecchie famiglie dell’aristocrazia terriera – i prinzipales.000 capi ovini e circa 3000 capi vaccini appartenenti a cittadini nuoresi. una diecina in tutto. i settori di offerta sono estremamente esigui e si vive al margine della sottoccupazione. Ma mi si dice siano tutte dell’altra generazione: i giovani vendono le vacche e cambiano mestiere. di fatto. Talvolta sono proprietari di pascoli. le riporta poi con sé a casa. quattro frantoi lavorano solo stagionalmente da novembre a febbraio. organizzati in squadre. tanto che ci si sia nati. nel complesso. Nuoro è diventata. che metà delle grosse imprese edili – appalti per la costruzione di case o di strade – opera con capitale esterno. non ci sono 116 servi-pastori). a Santu Predu continuano ad abitare i piccoli proprietari terrieri e i pastori. La proporzione sarà qui più ridotta che nei paesi. che non ha portato ancora al trasferimento in città dei nuovi proprietari. ci sono sei aziende per la produzione di piastrelle o manufatti in cemento. I laboratori di falegnameria – una ventina – non occupano più di uno o due dipendenti ciascuno. Anche questo è un ceto in forte crisi. Le officine meccaniche e le imprese di autotrasporti sono tutte a livello artigianale e a conduzione familiare: ed è 117 . Cinque comunità Il capitale locale è talmente insufficiente. che aspirano alla sua posizione. Hanno cercato di sopravvivere concentrando tutto lo sforzo economico nell’acquisto di due o tre vacche da latte. Due caseifici occupano altrettanta manodopera. I pastori dei paesi circonvicini cominciano ad acquistare i terreni dei nuoresi. che occupano in tutto una quarantina di dipendenti. come spesso altrove nel meridione. più che altrove. ed è con questo ricavo che tenta di mantenersi la famiglia di un mannalittarius. Qui. ma a livello di manovalanza generica. dopo aver magari riunito le greggi di due o tre fratelli. L’inizio dell’incrinamento del nesso organico tra controllo della terra e controllo politico. È un fenomeno ancora iniziale. in via di estinzione. Nuovi competitori sono entrati in gioco. in questi ultimi anni. dai 70 ai 100 capi. Non esiste una tradizione di specializzazione in questo settore. ogni sera. che vogliono liberarsene. In realtà. Ma che cosa? Si spera ancora. i quali preferiscono mantenere la residenza in paese. ricchi o poveri. ma i problemi sono gli stessi. Ci sono poi i pastori: piccoli conduttori di greggi modeste. le cui caratteristiche sono inevitabilmente definite dalla particolare struttura economico-sociale sia del vertice che della base. hanno da poco cominciato a mettere in luce alcune contraddizioni all’interno della vecchia élite di potere. una catena secondo cui chi va via lascia il posto ad altri. Il proprietario porta le bestie ogni giorno a pascolare in periferia. Nel rione di Santu Predu risiede ancora almeno una ventina di famiglie di questo genere. 5) e probabilmente ancor più oggi – è assorbito dalle industrie edili. Il grosso della manodopera – 1350 lavoratori al censimento del 1961 (tab. che lavorano a cottimo. sia sardo (cagliaritano) che continentale. entro una battaglia politica. la speculazione edilizia è ancora il maggior fattore di arricchimento sulla pelle dell’indigente. per tradizione.PARTE PRIMA. e il contemporaneo sorgere di nuove forze economiche antagoniste ad esso. è spinto ad essere altro. Chi stava in città. tanto che le grandi imprese esterne si trasferiscono a Nuoro portando con sé i loro operai. I PAESI III. Accanto ai prinzipales. Nuoro rappresenta bene la situazione della sua provincia. di essere utilizzati a Nuoro. La vacca mannalitta era un tempo l’animale il cui latte veniva utilizzato per il sostentamento della famiglia: ora il suo prodotto viene venduto alle diverse latterie della città. Rispetto alle attività agropastorali. (A Nuoro. I NOVENARI. infine due analoghi laboratori di vetraio: e poc’altro. vecchi e nuovi. più spesso li affittano o li utilizzano secondo complessi contratti di mezzadria. centro di attrazione e di smistamento: ma sempre secondo modalità indotte mediante l’offerta di alternative artificiali. o che si immigri qui dai paesi vicini. Si è creata. Si può vendere e tentare la riconversione. con tutti i suoi problemi. C’è l’unica fabbrica – ormai automatizzata – che occupa una trentina di dipendenti. I piccoli proprietari terrieri sono qui. Si può tendere al trasferimento in continente. La loro esistenza è ovviamente precaria. e che ha anche visto una trasformazione notevole delle proprie attività. è sotto il loro controllo solo il 15% della carne importata: il restante 85% è controllato da un unico imprenditore. in numero eccessivo rispetto al fabbisogno della città. Cinque comunità verso quest’ambito di «modernizzazione» che tende a dirigersi chi vuol tentare l’avventura di mettersi in proprio. a una ventina di chilometri dal capoluogo. dopo aver venduto il bestiame. I macellai non sono stati espressi dalla aristocrazia terriera – strutturalmente refrattaria ad ogni attività di commercio – ma hanno sempre costituito un ceto a parte. commercio delle carni: rapporto che spesso si intuisce. e che negli anni passati è stato coinvolto in un clamoroso episodio di sequestro. appalti edilizi. Il settore terziario ha rappresentato sinora il principale canale di controllo dell’elettorato. I NOVENARI. come in passato e più che in passato. specie per chi venga dai paesi. Gli imprenditori sono una trentina. spesso ottenuto attraverso la via del clientelismo politico. abiti. che detiene il monopolio del commercio. a tutti i livelli. C’è poi un certo commercio di manufatti (tessuti. patrono di entrambi – si è andato ormai trasformando in un complesso e ramificato sistema di rapporti tra banditismo. si è messa in moto la grande macchina delle aspettative connesse all’industrializzazione della zona.PARTE PRIMA. è il negozietto di alimentari: a Nuoro ce ne sono 160. si acquista una Citroën. Francesco pastori e autisti: è la stessa matrice sociale e culturale che li ha espressi. mobili. si acquista un motofurgoncino. Si progetta l’insediamento di un grande complesso petrolchimico nella piana di Ottana. ciascuna con un massimo di 4-5 dipendenti o apprendisti. Di fatto. stoviglie). di modestissime dimensioni – non esistono conduttori d’azienda di autonoleggi o di trasporto merci che possiedano più di due mezzi – e sempre a conduzione familiare. che rappresenterebbe un ulteriore modo di penetrazione disorganica del monopolio (in questo 119 . nel senso che era anch’esso in grado di fare accedere i propri figli alle professioni. anche perché sono loro ad essere da sempre i principali organizzatori della festa di S. di cui si parla a bassa voce e per allusioni. Le opposizioni si sono già pronunciate in merito alla «logicità» di tale insediamento. Il vecchio legame tra abigeatario e macellaio – che trovava la sua conferma nella figura di S. Sono però attualmente premuti entro una nuova situazione competitiva. con un giro d’affari di 50 milioni circa ciascuno: hanno. Questo si è dato in connessione a due precisi motivi: il 118 miglioramento del tenore di vita (anche se solo in città) e l’insufficienza della produzione locale a far fronte all’aumento del consumo. ma raramente si può dimostrare. È una categoria che è andata sensibilmente avanzando in questi ultimi anni. I PAESI III. Si vendono 70-80 pecore. la forza economica che li rende in grado di sostenere organizzativamente una festa. Ma i commercianti che vengono considerati «ricchi» per tradizione sono i macellai. Ci sono 70 aziende per il trasporto merci (con mezzi che vanno dal furgoncino ai grandi autoarticolati) e una trentina di autonoleggi. La vecchia parcellizzazione dell’agricoltura e della pastorizia si è trasformata in nuove forme di parcellizzazione: quella delle aziende artigianali. In un quadro economico così precario – e mantenuto tale anche per volontà di pochi – l’unica forma di sicurezza non può essere che quella rappresentata dal godimento di uno «stipendio». Francesco. Ora. anzi di potenziarla. anch’essi parcellizzati e in numero eccessivo. passano di proprietario in proprietario. C’è una ventina di officine meccaniche. avvocatura. Ne dobbiamo parlare. benestante. Francesco. traffico di armi e valuta. Il macellaio della vecchia generazione acquistava direttamente dal produttore: ora si è trasformato in commerciante che trasporta dal continente bestiame vivo o macellato. non ci stupiremo più di trovare rappresentati a S. di fallimento in fallimento. se ne vendono 500. come sta avvenendo. A questo punto. Altra analoga speranza. quindi. 8). il grande Avvento è atteso a tutti i livelli: dal capo politico-clientelare al piccolo pastore. quelle famiglie di prinzipales. paese di nascita. Dallo sfondo di questi dati elementari cominceremo a vedere emergere ed agire i nostri personaggi. i prinzipales non erano affatto esclusi dall’ambito della novena: potevano abitare casette di proprietà. Soprattutto tendevano a patrocinare l’intero andamento della festa. che sono in pratica esclusi. che ha venduto le pecore per acquistarsi un motofurgoncino in attesa di poter iniziare una nuova attività. paese di provenienza. età. riferendomi ai paesi. Ma il vero padrone della situazione non è né l’uno. I PAESI caso. Ma si tratta di una minoranza dall’esiguo potere contrattuale. stato civile. per ogni individuo al di sopra dei 18 anni. Le occupazioni Esiste.PARTE PRIMA. che potevano ospitare uno o più nuclei familiari (tab. si sono rilevate le variabili: sesso. alcune delle quali ancor oggi sono ben distinguibili per un certo loro decoro. È un’omogeneità che si afferma anzitutto per via di negazione nei confronti dei ceti più elevati. Per il resto. all’interno della comunità di novena. livello di istruzione. occupazione. tanto che un buon 120 121 . né l’altro. IV. I NOVENARI. LA POPOLAZIONE DEI NOVENARI Il censimento (1967) Chi va a novenare? In che rapporti si situano novena e paese. a partire dal dato più elementare della consistenza numerica e della caratteristica sociale dei novenanti? Nella primavera-estate 1967 la popolazione stabile dei nostri cinque novenari variava da un minimo di 145 persone (Annunziata di Bitti) a un massimo di 380 (Rimedio di Orosei) (tab. Per ceti più elevati intendo. di cui già si è parlato in varie occasioni. 9). Fino alla passata generazione. Abbiamo censito questa popolazione in rapporto alla struttura e alla densità di ciascun nucleo familiare. del monopolio di Stato) entro aree «depresse». che caratterizza in modo preciso l’ambito sociale cui va riferito questo fenomeno culturale. nell’ambito dei ruoli a ciascuno assegnati dal gruppo. più o meno comodamente alloggiate entro stanzette spesso sovraccariche. una notevole omogeneità di ceto. 123 . Fino all’immediato dopoguerra. I PAESI IV. A novenare vanno famiglie di contadini e pastori: ma va anche chi compie mestieri ascrivibili all’ordine delle tecniche moderne (meccanici. se si considera dietro ogni donna il livello occupazionale del capofamiglia e se lo si confronta col livello occupazionale di quella minoranza di uomini che pure vengono a novenare. con le sue crisi. che hanno rarissimamente un’occupazione propria – e in questo caso sono domestiche. imprenditore e grosso commerciante possono attingere da altre fonti i loro divertimenti e le loro relazioni sociali.27 Il dato sociale più imponente è la presenza di un’altissima percentuale di famiglie di disoccupati o di sottoccupati. ne emerge una notevole omogeneità di situazioni di ceto.PARTE PRIMA. almeno con la sua presenza al pranzo del priore. Di fatto. Per loro. avvocato. 14). non sembrano darsi scarti significativi nel confronto tra le professioni degli uomini presenti alla novena e quelle delle famiglie di appartenenza delle donne: il che conferma in una certa misura l’omogeneità dell’ambito sociale da cui entrambi provengono. Avviciniamoci a questi dati (tab. assunta e da assumere in paese. scomodo. uomini-isola entro un’isola? No: sono i ceti subalterni entro la realtà sociale di oggi. che avevano così modo di pagare uno scotto rituale per la loro posizione autoritaria. il riferimento è stato fatto all’occupazione del capofamiglia. le grandi sottoccupazioni e il contraddittorio emergere di alcune occupazioni nuove. non ha più senso. nel senso che era comunque interessante rilevare l’ambito sociale che avesse espresso la decisione della donna di recarsi alla novena. da tutti ritenute qualcosa di stabilito da un divino potere. frequentare la novena. nella misura in cui è raro che una persona abbiente o un professionista lesini la propria offerta per la festa. In altre parole: l’aggiornamento della nuova borghesia si è dato solo a proprio vantaggio ed entro i limiti in cui questo 122 innovarsi non venisse a ledere la conservazione di uno status quo tradizionale. I dati relativi alle occupazioni sono stati rilevati con criteri diversi per gli uomini e per le donne: per queste ultime. tendono sempre più all’imborghesimento e al monopolio delle professioni e del commercio. che aveva dietro le spalle e che confermava: contadini e pastori. 27. Interiorizzazione borghese che si accompagna pur sempre a un sostegno della tradizione. quindi. peraltro inevitabilmente risucchiato entro un ambito di comportamenti di tipo tradizionale. Francesco. non è «moderno». Si può notare un numero abbastanza alto di presenze borghesi alle funzioni religiose del pomeriggio (si va e viene in macchina. autisti). da un lato. tutte non pertinenti – perché tale è la realtà dell’isola – all’ambito della produzione. ciascuno recitava la propria parte all’interno di un gioco di gerarchie. La novena è un luogo prevalentemente di donne: e vedremo più avanti incidenza e significatività di questo fatto. I NOVENARI. La popolazione dei novenari numero di priori era reclutato tra i più abbienti del paese. portando avanti in misura più considerevole una vecchia tradizione. il sostegno della nuova borghesia è ben più vistoso: non c’è autorità cittadina che non avalli. i loro figli. con le relative assunzioni di prestigi e privilegi sociali. il riconoscimento sociale della festa. prinzipales dall’altro. medico. solo dei «relitti». Chi sono? Sono. Perché ambiguo è il rimescolamento di carte che è avvenuto entro la società intera. l’universo della novena era rappresentativo di un universo paesano. se è vero che alla novena la gente va per «divertirsi». L’assenza di una classe operaia non può comportare per il momento risposte di tipo diverso. sarte o infermiere –. dal paese o da Nuoro): il che potrebbe anche significare un processo di interiorizzazione (borghese) della religiosità. Ciò non significa però una loro totale astensione dalla novena. sociologicamente parlando. Nella novena è rappresentato il mondo agropastorale di oggi. I prinzipales hanno perduto le loro «dignità» tradizionali. elettricisti. Di fatto. Ma. che ne facevano dei personaggi di rispetto. È antigienico. E nei novenari più prestigiosi. E questo ci porta a parlare dei reali frequentatori della novena. e soprattutto pagano. Ora le carte si sono rimescolate: ma in modo ambiguo. come quello di S. Si tratta per lo più di pastori in proprio. di sorella sposata assente). Comunque. I cerchi pieni indicano le persone presenti. a novenare si reca prevalentemente il pastore proprietario. è molto limitata per chi sia occupato in qualità di dipendente a contratto. che ha maggiormente risentito della crisi. cui si affiancano alcune salariate fisse (domestiche) e un buon numero di operai generici. presente+figlia nubile. la croce il sesso F. assentandosi dal lavoro per un periodo tanto lungo. Quanto ai pastori in genere. La popolazione dei novenari il sesso M. C’è da aggiungere poi che contadini e pastori (oltre che autisti: ne riparleremo) sono anche la parte più consistente del gruppo di nuoresi che novenano a S. manovali. madre+figlio celibe). Braccianti agricoli. oppure di contadini-pastori. mentre avviene l’inverso per il lavoratore in proprio e. Legenda .000 lire. Mamoiada e Orosei sembra indicare lì la presenza di un quadro sociale e occupazionale abbastanza simile (forse con l’eccezione di Bitti.Il grafico è costruito come un albero genealogico. nei migliori dei casi (ma sono rari) trecento pecore. Un confronto con i pochi e imprecisi dati relativi alle occupazioni nelle comunità di Bitti. duecento. la sua assenza lo stato civile di celibe (o nubile). che conducono greggi di cento. com’è il caso degli olienesi. paradossalmente 125 3 5 4 5 62 5 14 20 9 14 4 4 8 12 3 3 7 60 3 55 15 52 8 11 39 5 11 10 12 . muratori (più o meno qualificati) si estraggono per lo più da quel grande calderone della microproprietà parcellare. la possibilità di far festa. Questo è tanto più vero. il numero accanto alle linee continue indica quante volte tale relazione si è presentata nei cinque novenari. se alla fascia della disoccupazione vera e propria si aggiunge quella della sottoccupazione: braccianti agricoli. Ma non è vero l’inverso. bisognerà poi fare altre precisazioni. è forse mediante la conservazione degli antichi comportamenti che essi tentano di recuperare la propria identità entro un mondo che si va trasformando. qualche pescatore (ma pochi: 4 o 5. mentre sono rarissimi (ne abbiamo contati solo 3 o 4) i casi in cui ci venga un servo-pastore. rispetto alla gerarchia familiare (esempio donna sposata. ancora ingaggiati con contratti di lavoro a tempo determinato.Grafico delle relazioni parentali presenti nei cinque novenari È vero che ci sono tra loro molti anziani. e che la maggior parte di essi gode (eufemisticamente) di una delle tante pensioncine di 12-15. un po’ più «ricca» di quanto non appaia tra i novenanti all’Annunziata). ma che passi attraverso una terza assente (esempio donna sposata. Ormai prossimi alla fine. presente. comunque indispensabili per l’indicazione della relazione parentale tra i presenti. che dia la somma di tutte le relazioni parentali riscontrate nei cinque novenari e censite secondo i criteri descritti in “Appendice”. L’ultima generazione comprende i giovani al di sotto dei 18 anni. senza distinzione di sesso. Oliena. Il puntino accanto al cerchio indica lo stato civile di sposato (a). La freccia accanto al cerchio indica TAVOLA II . e cioè che tutti i disoccupati sono degli anziani. manovali. di Orosei). Le linee continue indicano la relazione tra le persone presenti. Di fatto. Questi ultimi sono per lo più muratori. Francesco. Le linee tratteggiate indicano la relazione parentale tra persone presenti al novenario.IV. quelli vuoti le persone assenti. le donne sono in netta. comunque in percentuale minore rispetto a quella assoluta dei rispettivi paesi – gli sparuti rappresentanti della piccola borghesia: un paio di maestrine. Sono infatti relativamente rari 127 . qualche lavoratore delle miniere (Orani. Potremmo cominciare ad ipotizzare che l’alibi religioso consenta alla donna un certo compenso rispetto a un controllo sociale quotidiano che tende a non consentirle decisioni di tipo extradomestico. dal caso-limite di Gonare. qualche impiegato.PARTE PRIMA. Ci sono invece. verso la fine del secolo scorso. la grande categoria degli autisti – sia proprietari. schiacciante maggioranza rispetto agli uomini. perché pagheranno. non sono più molti gli artigiani di tipo tradizionale (del ferro. Lula): sono comunque molto pochi. una nuova categoria: quella dei piccoli bottegai. ma a dieci. cinquanta lire («mi dia cinquanta lire di pane. per il sottoccupato. dall’Angius. Non farà meraviglia l’alto numero di famiglie di artigiani. I PAESI IV. tra i novenanti. I NOVENARI. Ora si contano ovunque a diecine i piccoli spacci a conduzione familiare. C’è semmai. venditori per acquirenti che non comprano a etto o a chili. anche nei rispettivi paesi. 10). la letteratura sinodale faceva riferimento a certi modi fanatici di sciogliere il voto da parte di «donnicciole». spesso trascinando con sé un maschio riluttante o comunque passivo. E poi. meccanici ed elettricisti. Per il vero. Nel totale dei cinque novenari. ma anche il suo aspetto moderno. Può chiuder bottega anche chi ha un piccolo commercio. La popolazione dei novenari ma a maggior ragione. Infine – e anche questi sia dal capoluogo che dai paesi. alla fine del mese. Gli autisti devoti ai santi – siano essi di paese che nuoresi – sono molti. fabbri e falegnami. trenta di salsa») e che si fanno «segnare sul libretto». Ma avanza invece sempre più numerosa. E tale non è solo la società agropastorale tradizionale. relativamente numerosi. con tutte quelle amplissime frange di disoccupazione e sottoccupazione. mentre sono ancora attivi sarti. che sembra caratterizzarsi come microcosmo rappresentativo dell’intera comunità di paese: i due sessi e le tre classi d’età vi sono infatti rappresentati in misura quasi omogenea. che salariati. ecc. nel secolo precedente. composto quasi esclusivamente di donne. del legno. se potranno. un certo numero di militari e soprattutto di carabinieri. che rappresentano il puntolimite del vuoto lavorativo. al Rimedio. precaria e piena di speranze in una fortuna assicurata dal «commercio». calzolai. gli altri mestieri nuovi? Mancano necessariamente gli operai. La donna è la grande protagonista della novena: è in genere lei ad assumere l’iniziativa. non certo generi alimentari. È comunque questa una considerazione generalizzabile: la festa tradizionale comporta l’esistenza di una società fondata su una certa disponibilità di tempo libero e non produttivo. Maschi e femmine Alla novena. Questa ipotesi potrebbe essere confermata dal fatto che perfino la libertà della novena ha qualche aspetto di una libertà condizionata. Non c’è dubbio comunque che la novena sia stata anche in passato prevalentemente un fatto di donne: il fenomeno è stato varie volte notato. in assoluto: forse i rischi professionali cui sono esposti ogni giorno 126 fanno di loro una categoria particolarmente dipendente dalla richiesta di una protezione soprannaturale. e. purché questo avvenga entro l’ambito tutelante del proprio orizzonte familiare. L’alta percentuale di costoro alla novena corrisponde al moltiplicarsi – egualmente parcellare quanto un tempo la piccola proprietà fondiaria – di negozietti che tengono di tutto e vivono di nulla. Dieci-quindici anni fa il paese non conosceva che il passaggio stagionale dell’ambulante che vendeva oggetti in legno o in rame. Quali. La donna esce dal paese. la popolazione al di sopra dei 18 anni constava di 506 femmine e 182 maschi (tab. di cui si è già parlato. anch’essa tipicamente da terzo mondo. dei rappresentanti e piazzisti. pochi studenti.). Una piccola borghesia terziaria. il cui fabbisogno era fornito dalla produzione familiare. Le proporzioni possono variare. bottegai e piccoli commercianti presenti alla novena: sono di fatto tanti anche in paese. Una novena non è un fatto esclusivamente di donne: è una società maschile. 2a (31-50). I NOVENARI. uomo e donna. approssimandosi la vecchiaia. piccola rispetto ai nostri standard (o ideali?). ma rappresentativo di una tendenza generalmente diffusa. dai 18 anni in su. 8). Queste autonomie si realizzavano – e solo in parte si realizzano tuttora – entro due ambiti: quello delle attività domestiche e quello delle pratiche magico-religiose. Tutto il complesso della novena presenta. dell’intera popolazione dei singoli novenari (tab. una vita domestica in miniatura: l’uomo potrà permettersi di non risiedervi e di spostarsi saltuariamente. l’usanza finisce per rappresentare uno dei tanti modi per condizionare l’apprendimento della tradizione. al di fuori delle pareti domestiche. E questo è da correlarsi. sia di ordine igienico (utilità di un cambiamento di clima). Alla diversità dei due ruoli maschile e femminile entro la comunità di paese potremo cominciare col correlare la diversità dei ruoli sostenuti dall’uomo e dalla donna nell’ambito della novena. esorbitante misura. Le classi d’età Alla novena sono rappresentate tutte le classi d’età. ha inoltre da fare i conti con precise esigenze di lavoro che. sono un caso-limite. un andamento a piramide rovesciata. sia pure con un certo numero di variazioni. la donna tenderà a ricostituire. Il ruolo principalmente produttivo assegnato all’uomo lo indirizza verso più larghe disponibilità di assunzioni di compiti organizzativi esterni. in questo. Anche per questo. sono più vincolanti che non per le casalinghe. zie. Le donne di Oliena. ma considerevole rispetto ad altri standard del mondo contadino: ad esempio. alla novena. Bambini e adolescenti al di sotto dei 18 anni sono infatti almeno un terzo. se si rimanesse entro il chiuso ambito della comunità di paese. i bambini la popolano in grande. Valutata comunque nell’ambito della sua funzione sociale. Il novenario non è solo una forma di «evasione». sia d’ordine pratico (impossibilità di lasciare i bambini soli a casa). che tutela e controlla. I PAESI IV. si teme di morire senza aver saldato i propri debiti. che dà anche visivamente il tono alla vita quotidiana della piccola comunità. anzitutto. comari si fanno sempre accompagnare da parenti e figliocci. a loro volta meno numerosi dei più anziani (tab. nonni. e ci si decide infine a sciogliere l’antica promessa. se non addirittura la metà. Le motivazioni esplicite che di solito si portano per giustificare questo comportamento sono varie. C’è poi da tener presente che all’uomo viene riconosciuta la possibilità di muoversi molto più liberamente della donna. in certi casi. tendente a formare nuovi vincoli interfamiliari e interlocali. La popolazione dei novenari (comunque non impossibili: ne abbiamo contati 61 in tutto) i casi in cui una donna decida di partire sola. Questa relativa anzianità della novena è in parte connessa a una certa tendenza a ritardare l’assolvimento del voto a causa di necessità familiari o di salute. Si tratta di una libertà condizionata.PARTE PRIMA. quella che si assume l’onere fondamentale della sua lunga e complessa organizzazione. 129 . sia pure con proporzioni diverse tra loro. il Comitato. Vediamo ora gli adulti. senza una parte almeno del proprio gruppo familiare: e anche in queste occasioni è in ogni modo sempre da presupporsi la presenza del gruppo vicinale o di paese. la comunità di novena funziona come istituto tradizionale di 128 socializzazione. 3a (51 e oltre). la cui realizzazione continuerebbe ad essere molto difficile. Anzitutto. Non c’è quasi adulto che non venga a novenare senza avere almeno un bambino con sé: genitori. ma il riconoscimento sociale di tutto un settore di autonomie femminili. Ora. che abbiamo diviso in tre classi d’età: 1a (18-30). con la caratterizzazione prevalentemente femminile della novena e col ruolo familiare-educativo assegnato alla donna. Sta comunque di fatto che per entrambi. nel senso che i più giovani sono meno numerosi di quelli di mezza età. 10). quelli dell’Italia meridionale. di fatto. Si trasferiscono quasi sempre in gruppo. che ancora in parte si rivolge al nucleo familiare come acquirente (casa. al limite. Per misurarne in qualche modo la portata. Quasi tutti i ragazzi e le ragazze del paese più vicino. I gruppi parentali Giovani o vecchi che siano. a piedi. Un indice del successo. anche per le difficoltà obiettive che avrebbe comportato un esame dei «pendolari della novena». anche se in modo non stanziale. l’importanza dell’istituto familiare è ancora tale. ne sono emersi alcuni indici che permettono di precisare certi discorsi. Il ruolo dei giovani alla festa (dal paese non sono ancora partiti tutti) è tutt’altro che trascurabile. Anche qui peraltro – come altrove e forse più che altrove. La cultura locale tende ancora a valorizzare l’istituto familiare. in motocicletta o in automobile.). A un «recupero» di questo genere può. Ma un’ulteriore sintesi di questi dati li riconduce. 131 . ci sarà anche da fare i conti col fenomeno dell’emigrazione. della novena è rappresentato proprio da questi ultimi. il condizionamento familiare risulta essere ancora un dato di notevole consistenza. di tipo moderno. I PAESI IV. e si trattengono per le funzioni religiose e i divertimenti pomeridiani e serali. a limitatissime stereotipie di comportamento. possono venir recuperati ed enfatizzati dall’attuale neofamilismo dei consumi. esterne ed autonome rispetto all’organico perimetro della «corte». è poco frequente che ci si rechi a novenare da soli: di fatto. pur sapendo che questo ci avrebbe fornito un’immagine parziale della questione. da anziani e da un certo numero di adolescenti. Le abbiamo riassunte in un grafico (tavola II). Ma questi ultimi sono cambiamenti che ancora si avvertono appena. dal momento che è raro che tutto un nucleo familiare sia in grado di trasferirsi per l’intero periodo. maturare vari indici). e vari altri da paesi più lontani partecipano alla novena. anche se statisticamente non dimostrabile. elettrodomestici. Ma quest’ultima ipotesi può essere anche capovolta. mobili. non siamo in grado di giudicare in che misura il fenomeno sia più o meno consuetudinario o invece da correlarsi al lento decadimento delle novene. ancora attuale. nel corso dell’inchiesta. ecc. oggi preferite (per ipotesi) solo dagli anziani. rispetto a un problema più generale. Nonostante questa limitazione. È vero infatti che i gruppi parentali alla novena variano per numero (da una a dodici persone circa. nella misura in cui la famiglia è in via di liquidazione in quanto nucleo produttivo. che neppure l’eccezionale rottura festiva degli schemi usuali di vita ne comporta una liquidazione. i legami familiari ritrovino una conferma e una solennizzazione. messi in crisi per un verso. nel fuori tutelato dal Santo. I NOVENARI. abbiamo cominciato col considerare la struttura dei singoli nuclei parentali presenti alla novena.PARTE PRIMA. prestarsi la stessa comunità di novena: è recentissima la tendenza alla costruzione di villette monofamiliari. che 130 vedono riunirsi davanti alla comune tavola dei genitori i figli che la vita ha sparso un po’ ovunque. Siamo per ora in bilico tra le due situazioni: la passata e la futura. cui si possono dare solo risposte ipotetiche. bambini compresi) e si presentano raggruppati secondo diversissime costellazioni di relazioni. La popolazione dei novenari Queste sembrano essere comunque motivazioni parziali. La nostra analisi ha dovuto limitarsi al gruppo dei novenanti stabili. Ma il problema dei giovani resta. che spuntano fuori. data la presenza di una storia molto recente – è nell’ambito della famiglia che convergono due tendenze conflittuali: quella di un lavoro salariato inevitabilmente singolarizzante e quella di un appello al consumo. Sembra anzi che qui. In questo senso. che tende a lasciarsi dietro una comunità paesana costituita prevalentemente da donne. In ogni caso. e non è così facilmente ignorabile. ricostituendosi certe unità peraltro disperse e frazionate durante il resto dell’anno: un po’ come i nostri pranzi di Natale. Se assumiamo che la novena non è ancora tanto abnorme rispetto al paese (e ne vedremo via via. per quanto ci si stia ormai avviando verso notevoli forme di cambiamento. i vecchi valori familiari. Mancando di possibilità di confronto col passato. una volta uscito col matrimonio dalla propria famiglia d’origine. Al limite. addirittura. quanto un adattamento a una mutata e pressante situazione sociale ed economica. che tiene soprattutto conto delle relazioni tra consanguinei. che in alcuni casi (vedi.PARTE PRIMA. che vengono portati alla festa a differenza dei figlioli dei figli maschi che sembrerebbero meno favoriti. relazioni tra affini si danno per lo più non come fenomeno primario. per esempio. se non in casi rarissimi. sorelle. Il fatto è ovviamente connesso allo stato reale di dipendenza economica dei figli nella famiglia patriarcale. esclusivamente riferibili al ristretto ambito di una famiglia nucleare. In ogni caso. moglie e figlia sposata. per di più. nella misura in cui è in grado di imporsi a marito. Nel grafico generale. Nubile e celibe. i raggi di relazioni che confluiscono verso di lei sono i più vari e numerosi. a condurre con sé il coniuge. In questo tipo di famiglia autoritaria. Sono del tutto eccezionali i casi di alleanza di due cognate o di suocera e nuora. si tende a dare la preferenza ai figli della figlia. con cui non coabita. ma come conseguenza del fatto che a novenare sia venuta la coppia marito-moglie. Quanto avviene alla novena sembra confermare questa realtà: e gli indici ne sono vari. sia maschi che femmine. qualora non si siano staccate col matrimonio. È questa una prima conferma. Nel rapporto nonna (o nonni) e nipoti. continuano cioè ad essere considerati membri della famiglia dei genitori. se non sono ancora sposati. possiamo supporre che la novena le offra un buon grado di gratificazioni – e anche di speranze di trovarsi un marito. Oliena) può essere anche antagonista rispetto a una posizione autoritaria riconosciuta invece alla madre dello sposo. in sede quantitativa. È il riconoscimento di un’autorità eccezionale. Nella comunità di paese – a quanto mi si dice – il figlio maschio. può riuscire a 133 . comunque. Quali sono? Possiamo anzitutto notarvi la presenza di un ruolo autoritario esercitato dalle generazioni superiori su quelle inferiori. invece. sia che si accompagni alla sorella sposata con prole. In quest’ambito. dunque. con il consenso della figlia sposata. la coppia dei genitori anziani. La figlia sposata. tende a conservare relativamente pochi rapporti con i genitori e i fratelli. Alla novena. tanto più che ad essi andrebbero aggiunti anche quelli convergenti verso la coppia marito-moglie. sono i genitori (o solo la madre) a portare con sé i figli adulti. La popolazione dei novenari La prima evidenza è che i tipi di rapporti familiari realmente presenti alla novena sono molto limitati in quanto a numero e. per quanto adulti. sia che venga da sola. Si dà quindi una certa alleanza tra figlia e madre. portando con sé i figli di un fratello o di una sorella. il sesto grado. per la cui costituzione la donna sposata ha posto solide premesse entro l’ambito della vita quotidiana domestica. I rapporti di parentela non oltrepassano. E in questo senso anche l’attuale esplosione del neofamilismo consumistico sembra ancora aver trovato un terreno adatto al proprio sviluppo. fratelli. È spesso la moglie. Né d’altra parte sembrano ancora definitivamente intaccate le caratteristiche strutturali della famiglia tradizionale. I PAESI IV. facendo nucleo a sé stante. Anche in questo caso. portando ciascuno con sé un certo numero dei propri consanguinei. e quindi un ruolo sociale. nipoti e nipotini. Ancor più significativi sono quei casi in cui alla novena siano presenti marito. Ma la vera protagonista della novena è la donna sposata. ma cui ricorre frequentemente per consigli o aiuti per l’allevamento della prole. di quanto era già stato notato da Pinna circa la struttura nucleare della famiglia sarda. il rango più basso sembra essere occupato dalla donna nubile: alla novena. ma anche all’alto grado di sottoccupazione che in paese non consente ai giovani una autonoma scelta produttiva. tende in genere ad appoggiarsi affettivamente alla famiglia dei genitori. la 132 nubile finisce molto spesso per essere presente nel ruolo di zia. I NOVENARI. con quelle conseguenti chiusure tra nucleo e nucleo. come risulterà anche dall’analisi delle motivazioni. figli. cui la vita della novena tenta di proporre una sia pur modesta conciliazione. la sua autonomia decisionale è notevole. e non il marito. non più tanto una «persistenza» arcaica. Come avviene già al livello dei legami familiari. che oltrepassano anche l’ambito strettamente familiare. Cosimo convergono molti mamoiadini. Sembra cioè. Ad esempio. almeno per le masserizie. Francesco di Lula il nucleo principale è 135 . Amicizia e vicinato La logica dell’antico modo di vivere di gruppo condiziona comportamenti. come S. ma si fanno anche più varie e articolate le possibilità di aprirsi ad altri rapporti interpersonali. A S. rispetto alla famiglia. La partenza in gruppo ci conferma. c’è stato quasi sempre un reciproco accordo preventivo. La popolazione dei novenari convogliare con sé anche il genero: in questi casi ci troviamo di fronte a un’alleanza tra madre e figlia sposata. 134 I gruppi di paese Di gruppo in gruppo. I casi invece di alleanza tra suocera e nuora sono molto più rari. nel caso che provengano da paesi diversi. che ora non si vedono che il giorno della festa. che ospitalmente accolgono gli altri entro il loro territorio. dato che. e per quelle più famose anche da gente proveniente da più lontano (tab. a novenare al Rimedio di Orosei fino a pochi anni fa arrivavano a gruppi i dorgalesi. e si parte in gruppo. 12). S. La maggior parte delle novene è attualmente ascrivibile al primo tipo: si può trattare di chiese poco note. a S. Salvatore di Cabras. In questo senso. rischiava di interrompere: in particolare il legame madre-figlia sposata. ma non sempre in modo sensibile (tab. che la vita quotidiana. della coppia cioè dei genitori anziani assieme al figlio con la propria moglie. la novena serve anzitutto da conferma e solennizzazione di una serie di legami sociali. l’Annunziata di Bitti e il Rimedio di Orosei. frequentato quasi esclusivamente dai cabrarensi. L’andata alla novena è raramente un fatto singolo: spesso si decide assieme la partenza. per le chiese meno famose. le possibilità di accordo diminuiscono. fino a circa prima della guerra la novena doveva essere frequentata. lo spirito campanilistico era ed è determinante: l’Annunziata. nel complesso. per via indiretta. degli orosesi ecc. già precedentemente stretti in paese o fuori paese. e quindi sembrano avere la funzione di mediatori di più larghi incontri intertribali. sia ora che in passato. Nel caso che i gruppi provengano dallo stesso paese. Altri invece richiamano entro la loro zona franca abitanti di paesi diversi. che l’esistenza di feste e novenari è strettamente connessa all’esistenza della comunità di paese. che la novena per le donne assolva anche il compito di ribadire certi legami affettivi e certe alleanze. nella misura in cui ciascuna delle famiglie amiche diventa punto di relazione tra i propri parenti ed amici e i parenti e gli amici della famiglia con cui coabita.PARTE PRIMA. ma anche di santuari grandi e famosi. col vario frazionarsi delle famiglie nucleari. noleggiando un unico mezzo di trasporto.. ciascuna delle quali porta con sé il proprio coniuge. la tipologia delle novene comporta – oltre che una serie complessa di possibilità intermedie – due opposte situazioni-limite. I PAESI IV. non solo ci troviamo di fronte a un più vasto ambito di socialità. anche dagli abitanti di uno o due altri paesi del circondario. I NOVENARI. 1 a-b). come unità di coesioni e di vincoli sociali ineliminabili. anche in questi casi. e la cui funzione sembra essere quella di ribadire solennemente un’unità etnica. il Rimedio e così via vengono considerati prima di tutto come terra e festa dei bittesi. Sta di fatto però che. Questi ultimi tendono a presentarsi a composizione etnica prevalentemente unitaria. con la presenza sporadica di persone provenienti da paesi limitrofi e di qualche emigrato che fa ritorno per voto alla terra d’origine. Questa tendenza alla specializzazione etnica è un fatto in parte recente. Serafino di Ghilarza. gruppi di paesi diversi. Ci sono novenari frequentati prevalentemente da gente di un solo paese. la festa è dei mamoiadini: ma ancor oggi sono abbastanza numerosi i gruppi di altri paesi. che hanno qui l’occasione di tornare a vivere assieme. e addirittura manca lo schema inverso. di mediazione in mediazione si arriva alla formazione di gruppi più diversificati: gruppi di un solo paese. Inoltre. 12). gruppi vicinali. La necessità di disporre di denaro e di entrare nella rete di rapporti monetarizzati è presente come urgenza che preme ogni giorno di più: ma il denaro che circola 136 137 . Infine. Francesco) con la presenza in esso di tanti piccolissimi gruppi paesani. senza che nessuno prevalga in misura eccessiva sugli altri. che è ancora in parte di tipo feudale. I NOVENARI. nella misura in cui il compito dell’organizzazione è anche quello di reperire i fondi per creare tutte le strutture. la ricchezza di rapporti sociali che si dischiudono attorno al perimetro della «corte» è reso possibile dall’esistenza di un solido apparato organizzativo. di questo istituto. D’altra parte. ore di lavoro Non è sempre facile rispondere alle domande: quanto costa. temporanee o stabili. beni in natura. Beni in denaro. la dinamica. Infine. che caratterizza ogni comportamento sul piano sociale del festivo. è forse l’esempio più interessante di un santuario prevalentemente intertribale (tab. È quanto ci resta da conoscere. V. l’istituto stesso della «corte» con tutto un preciso codice di comportamenti e di valori. gruppi di paese caratterizzano i propri reciproci rapporti secondo modalità differenziate. La valutazione dell’incidenza dei costi della festa rispetto al bilancio economico delle singole famiglie e delle singole comunità comincerà a farci entrare in termini concreti nella tematica del gratuito e del consumo vistoso. il cosmopolitismo di Gonare (16 paesi rappresentati. è la festa dei nuoresi: di fatto però abbiamo contato gruppi provenienti da altri 14 paesi. per ogni singola famiglia. QUESTIONI ECONOMICHE E ORGANIZZATIVE Economia e organizzazione della novena Economia e organizzazione della novena sono due aspetti fondamentali per il funzionamento. I PAESI costituito (per tradizione) da nuoresi e da olienesi – la festa.PARTE PRIMA. e che si caratterizza e si struttura proprio secondo la logica dei sistemi di produzione e dell’ambiente sociale e culturale da cui emergono sia festa che paese. C’è da tener conto della presenza di un condizionamento economico. Gruppi parentali. che ha preparato la novena e le permette di funzionare. anzi. economia e organizzazione della festa sono strettamente correlate. come S. l’esistenza di un solido apparato organizzativo. questa pacifica coesistenza è resa possibile da una serie di fattori preliminari: la comune appartenenza a un ambiente sociale e culturale sostanzialmente unitario. A loro volta. il momento di libertà. che consentiranno il funzionamento della novena e della festa. che ha operato durante tutto l’anno in funzione di quest’ultimo scopo. che fanno della novena un istituto dinamico. fare una novena? Quale giro economico ruota attorno a novena e festa? Si tratta infatti di operare un processo di traduzione in termini monetari di quanto invece continua ad esprimersi anche in termini non monetari. proprio su questo piano. Francesco e all’Annunziata. e quindi essere anch’esse gratuite. ecc. a tutti i livelli. Accanto a rapporti di salario (fisso. Non è computabile così anche e soprattutto perché tutti i rapporti sociali che ineriscono all’ambito della festa si danno su un altro piano. C’è. L’entità dell’offerta viene comunque stabilita di anno in anno a seconda di una convenzione. Cosimo l’affitto è a offerta. quando si diano entro l’ambito dell’azienda familiare o di quello dei rapporti fiduciari di mutualità tra amici o compari. al parroco o all’organizzatore della festa. e comunque quello delle masserizie. il priore. comincia a proporsi un divario estremamente significativo. al limite. la tendenza ancora attuale a non considerare in termini monetari. a S.PARTE PRIMA. consegue che. la cui gestione sia nelle mani dei nuovi ceti abbienti. Questioni economiche e organizzative (escludendo le rimesse degli emigrati) è poco. Ma c’è chi riesce e chi no. o. il lavoro non si computa e a loro volta le provviste sembrano essere state risparmiate. olive. Il costo di una novena per famiglia Date queste premesse. Ci sono poi altre voci del bilancio familiare. a Bitti bastava che ciascuno offrisse 200 lire per persona (compresi i bambini). Francesco di Lula. ci sono ancora molte aziende a conduzione domestica. 139 . a Gonare vige un duplice criterio: il parroco di Sarule chiede un’offerta ad libitum. 138 Non riesce a livello delle singole famiglie. Anche a S. I NOVENARI. giornaliero) e di fittanza rimangono altre forme precapitalistiche. a seconda dei casi. Una parte (che peraltro va restringendosi) dei beni di consumo è di origine familiare. dell’offerta. quello di Orani una di 7000 lire. 28. aumentabili se le famiglie si fermano più a lungo o fuori del periodo della novena. ma facendo rientrare questa contribuzione non entro il modello della fittanza. anche se incidono in misura abbastanza rilevante. cui ciascuno si attiene.000 lire per stanza. ma in quello dell’«offerta» – da farsi. se si viene da lontano. le offerte variabili. olio. Per la famiglia.28 Una famiglia che si trasferisca ha da affrontare inoltre le spese del trasporto delle persone. Ma assisteremo anche. vengono concordate col priore. come sta avvenendo per le sovvenzioni regionali a S. più o meno confortevoli. Quanto costa in denari una novena? Ci sono novene più o meno care. da un minimo di 200 lire per persona a un massimo di 10. È un atteggiamento residuo. da comportare la destrutturazione del vecchio sistema. che è economico solo in via indiretta: quello del dono. a non computare affatto. grosso modo. perché al momento del raccolto si sono messe da parte per la festa. l’urgenza di adeguarsi rapidamente alla nuova economia. strette tra la crisi delle vecchie risorse agropastorali e l’impossibilità di trovare in paese nuove fonti di denaro. gli unici che dispongano di moneta. Si fittano in comune auto o camioncini.). La cumbessía si paga in denaro. costi e valori di prestazioni di lavoro. I PAESI V. L’economia della festa continua a correlarsi in misura considerevole a strutture economiche di tipo precapitalistico. non è solo per quanto si è detto. L’operazione può riuscire al livello dei più alti (comparativamente) vertici organizzativi. Nel ’66 e nel ’67. emigrazione. ecc. coi nuovi risvolti di «povertà». che ora si scontra con la necessità di disporre di denaro per gli acquisti: necessità che si è fatta via via tanto più pressante. In questo senso. al limite. costi e valori delle materie prime di produzione e utilizzazione familiare (vino. Varia. che tendono ora a far rientrare anche la festa nell’ambito di una economia monetarizzata. socialmente vincolante). come la sòccida del bestiame o dei terreni. è più difficile capire quanto realmente costi una novena a una famiglia che non un’intera festa agli organizzatori. al progressivo avanzamento di altri tipi di considerazione di ordine economico. farina. Di qui. offerte libere al parroco (di circa 4000 lire per stanza) si facevano al Rimedio di Orosei.000 lire circa. da farsi al priore alla fine della novena e stabilito negli anni passati sulle 7-10. che pure variano e sono definibili con difficoltà. Se essa non viene valutata entro termini monetari. del gratuito (economicamente gratuito. è stato reso carreggiabile. sempre disponibile anche per eventuali ospiti. grosso modo.). fintanto che un relativo ristabilirsi della situazione familiare consentisse l’avventura della partenza di gruppo. almeno per un migliaio di lire al giorno. per l’aiuto. tanto che mi è possibile rifiutare e evitare l’orticaria che mi ritrovavo ogni sera a S. 29. alla novena e alla festa il cibo ha da essere eccezionale e abbondante. ecc. presso le bancarelle. I PAESI V. o al mendicante o al questuante in giro per qualche colletta. Ci sono poi le piccolissime offerte in denaro. In questi ultimi casi si è dovuto aspettare. giocattoli – da portare in paese a parenti od amici. sia del grado di obblighi sociali richiesti da ogni singolo novenario. di un pastore o di un sottoccupato. si possano aggirare sulle trenta-quarantamila lire. maggiore per chi venga da lontano. Mentre carne e dolci sono assenti dal pasto quotidiano. sembrerebbe che. durante la novena. Queste vengono circa a raddoppiarsi. ma per i novenanti molto o poco. 141 140 . per la colletta in paese e fuori paese. per quattro mesi. le spese vive. a seconda delle relative condizioni. Può essere poco per i privilegiati che confrontino le poche migliaia di lire spese qui con il costo corrente di una modestissima villeggiatura. alla casa del priore. se almeno si deve credere alla voce «piatto delle offerte» dei Libri dell’Amministrazione. molto. nel 1967 lo stretto sentiero che per circa 6 chilometri collega Mamoiada a S. ritratti di papa Giovanni. e anche di molto. esclusi vitto ed eventuale lucro cessante. dato che. C’è anzitutto l’ambito delle prestazioni di manodopera gratuita: collaborazione per la costruzione di casette e strade. Francesco». Non sono poi trascurabili le spese dei consumi maschili alla bettola. Si possono poi aggiungere altre spese «di rappresentanza». Francesco di Lula. come le precedenti. Anche questo tipo di offerte. come a Orosei e a differenza di Lula. caffè. che ogni giorno si disperdono per i mille incontrollabili rivoli dell’obolo in chiesa. magari per anni. del vino e del caffè. e questo ha comportato la collaborazione di quasi tutto il paese. Il bilancio della novena È quasi altrettanto difficile fare un bilancio dei costi dell’intero complesso della novena. Biscotti.29 Queste. Il che può rappresentare per noi un modestissimo bilancio. uno dei quali resta in paese. Il più esigente – nell’ambito della zona da noi studiata – è indubbiamente S. In particolare poi. La spesa può altrimenti diminuire. e quindi misurarne lo sforzo economico costato al paese che la sostiene. aumentano nei giorni della festa grande: ma non sembrano costituire una voce molto importante. vino. cornicette in plastica.PARTE PRIMA. quando la famiglia si divide in due tronconi. come l’acquisto. Ritrovo tra gli appunti presi alla Madonna di Gonare questa osservazione: «C’è molta tranquillità e modestia che. si rivelano anche nella quantità e nella qualità degli ‘inviti’: manca lo sfarzo dell’offerta dei tre tipi d’obbligo di biscotti. qui se ne può godere con abbondanza. di cui si è già detto – l’eventuale lucro cessante per gli uomini. le spese del vitto. Per tirare le somme. che lavorino per un salario (braccianti. che incidono forte. minore è anche l’insistenza nell’offrire. Questioni economiche e organizzative Anzitutto. Il grado di impegno economico varia soprattutto in rapporto alla distanza dal proprio paese: può essere minore per chi abbia la casa a due passi. di doni modesti – corone. servi-pastori. al di fuori delle quali c’è anche da considerare – oltre che il lavoro preparatorio delle donne. L’incidenza di questa voce può variare di molto a seconda sia delle disponibilità economiche familiari. le spese in denaro sostenute da una famiglia residente in un novenario distante da casa e dispendioso per obblighi sociali. che dispone di pochi liquidi. attraverso malattie e varie difficoltà di lavoro ed economiche. liquori sono stati portati in scorta sufficiente per reggere ai continui obblighi dell’ospitalità. se si rapportano al bilancio medio della famiglia di un contadino. di cui diremo tra poco. ogni domenica squadre di circa trenta operai lavorarono gratis alla costruzione della strada: il costo potrebbe essere facilmente misurato in ore-lavoro. collane. Cosimo. autisti. Ad esempio. I NOVENARI. Quasi tutto il ricavato annuale dalle offerte in denaro. Ma sarà anche da tener presente. formaggio e lana traevano profitti che potevano essere anche considerevoli. il Rimedio di Orosei era povero come tutta la regione circostante. in terre e bestiame. Sfogliando le loro minuziosissime notazioni. lasciando solo quello che orna la Madonna nel giorno della festa. Vesc. se non nella misura in cui l’amministratore (che è molto spesso il priore stesso) non ha da occuparsi che della gestione dei fondi raccolti per la novena e per la festa: e questo corrisponde anche a una situazione di fatto. procedendo a tale vendita. alla fine di ogni anno di gestione. aver visione anche di questi conti. Siamo in grado di fare alcuni confronti tra presente e passato. Teneva i conti un amministratore laico. 143 . 31. a parte rari casi. il quale a sua volta li sottoponeva a un visto del vescovo o comunque di persone della curia. l’ammontare delle offerte in denaro che si consegnano in chiesa nella cassetta: ma. La modestia che caratterizza i novenari sardi è anche. la grande moltiplicazione dei novenari nella nostra zona. che raramente supera il milione. Ghilarza ad esempio) sono conservati alcuni Libri dell’Amministrazione di un piccolo numero di chiese campestri o santuari: i più antichi sono dell’inizio del ’600 e i più recenti dei primi decenni di questo secolo. I PAESI V. e dai cui prodotti in latte. perfino la zona della «corte» antistante la chiesa. viene immediatamente speso per la festa o per opere edilizie. badando alle strettissime condizioni di finanza che versa non solo il paese. dato che sono ancora accessibili alcuni vecchi libri di conti. dove ci è stato possibile.30 Nel Nuorese. di cui godevano fino alla legge per l’abolizione dei beni ecclesiastici. La povertà del santuario e di tutta la zona provata anche dalla proposta avanzata dal priore del 1897-98 che. ma il circondario tutto. Tranne rari casi di santuari famosi. che poteva essere anche lo stesso priore della festa e che si occupava di tutti gli introiti della chiesa. che principia l’anno 1816 e che poi venne attivato dal R. E: Inoltre afferma che. a orzo o a lino. la cifra non ha superato le 50.PARTE PRIMA. Di fatto. che in moltissimi santuari del continente si pratica sia all’esterno che all’interno della chiesa. Nuoro). la chiesa possiede oggi (a differenza del passato) pochi beni in terreno. una certa modestia sembra caratterizzare il bilancio dei novenari sardi. si eviterebbe qualche furto. Libro contabile della Madonna del Rimedio di Orosei. diremo subito che. se nel 1837 a S. Anche sotto questo aspetto c’erano. Il sistema non è attualmente cambiato. Di mandriedu. I NOVENARI. ci si può rendere conto di tante cose. I conti venivano presentati. Possedeva pochissimo terreno e coltivava. come fattore globale di notevole incidenza economica. Cosimo il numero delle pecore «appartenenti all’Amministrazione sono di mandriedu31 30. dal momento che oggi le chiese campestri hanno ormai ben poco di quelle proprietà. bestiame e oggetti in oro. cioè pregne. da noi non consultate) e in alcune parrocchie (Bortigali. relative non solo all’economia delle chiese e delle relative feste (entrate e uscite). Questioni economiche e organizzative È invece meno controllabile. agli anni 1897-98. ma anche delle provenienze e dei modi di impiego del denaro. a scanso di ogni mitizzazione di cifre favolose. Nella curia vescovile di Nuoro (e certamente anche in altre. come in altri luoghi è avvenuto.000 lire. al parroco del paese. da collegarsi all’inevitabile declino dell’istituto.do Rettore Giuseppe Pittalis (Arch. per trovare i fondi per rifare il tetto del santuario. provenienti dalle offerte o dai redditi 142 della proprietà in terreni o bestiame. nel passato. che potrebbe avvenire. da cui è totalmente assente (per quanto io sappia) quella forma di sfruttamento vistoso del pellegrino. per una certa misura (e solo per una certa misura) un fatto recente. come a Bitti. la Baronia dalla magra agricoltura. Rispetto alle pingui mandrie del Nuorese. chiese più o meno ricche. suggerisce di «vendere tutti i voti di cera esistenti nella chiesa e l’oro». mo Monsignore Arcivescovo d’Oristano Don Gio’ Maria Bua nella visita pastorale tenutasi sotto li 4 ottobre 1837 ut intus. ordinato dall’Ill.re Emanuele Puxeddu e Amministratore il Nob. I NOVENARI. Ottana). riportiamo parte del testo riferentesi all’amministrazione. «Nota delli utensili. 33. Diamo. e due bianche. fazzoletti o altre tele ricamate. Vesc. ed ornate più numero tre pianette: una verde. cioè femine diciasette e dodici maschi. Ma S. e due pattere: detti calici coi piedi d’ottone e colla copa d’argento: uno più usato dell’altro. che poi perse via via nel corso di tutto il secolo scorso: alla fine del ’700 aveva armenti sparsi nei diversi pascoli dei paesi circostanti (Sarule. coi suoi singoli. come esempio. ed anche per marcare li feti delle medesme. con dentro le sottonotate cose. dai quali vanno dedotti per la decima tre. tra vacche e vitelli. ove vanno descritti tutti i suoi fitti. che andavano ad arricchire le mandrie del santuario: al massimo. una parte delle quali un tempo andava ad arricchire il «gregge di S.33 Anche Gonare era ricchissima. Segue infine un elenco dei gioielli che attualmente possiede la Consolata di Orune. fol. contava ben 106 capi di bestiame. qualche chiesa (l’Annunziata di Bitti. e uno dei vitelli.Gavoi In questo giorno si sono trasferiti alla Regione chiamata Sa Pedraria Pabendi e Salto de Istelachi di questo villaggio il Priore della Itria.Cosimo Rettore (Arch. come gioielli in oro e in argento. 34.35 V. ma che attualmente devono essere consumate tutte nei giorni della novena e della festa. come sempre precisissima. più numero due albe usate di tela sarda. un animale di mardiedu è un animale pregno). I PAESI V. mobili e resoconti. anche se più modesto che non in passato. si sono trovate vacche di Mardiedu numero ottantotto.o di Mamojada. Cabreo Gn. agnelli vivi otto. Vesc. 10. due elenchi di oggetti appartenenti alla Madonna del Rimedio di Orosei: il primo composto dopo il 1836 e aggiornato al 1852. Una coppa distrutta. essendosi devenuto a tal’operazione.a de Orany empensando del dia 16 Julio de año 1784 è son como siguen (Arch. .le di tutte le cose che appartengono alla Madonna dell’Itria. Nuoro): all’anno 1799 presenta un elenco dei beni del santuario comprendente appezzamenti notevoli di terreno. Ma pure questo è un patrimonio ora abbastanza modesto. contenerle chiavi degli altri Compatroni Deputati» (Arch. il che fa lo stesso) scioglievano il loro voto col sacrificio di un agnello o di un bove. Libro dell’Amministrazione della Chiesa de’ SS.. Cuentas que presenta el Noble Dn. e si consegnano al priore d’ogni rispettivo anno la detta nota e tre chiavi. enumerati da parroco e priore dopo una minuziosissima ispezione in campagna col capo mandriano. È finita l’epoca in cui i pastori (o gli abigeatari. e all’anno scorso uno e ladus. vitelli e vitelle ventinove. Vesc. che per ragione di costume paga solamente il pastore minore e perciò spetta alla Prebenda un gioghetto meno un piede. Marco Mastio.n SS. il sottoscritto Parroco e Domenico Sedda ad oggetto di numerare le vacche en il medesimo pastura appartenente a questa Chiesa. senza che una ne avanzi: indice del carattere di grossa kermesse che la festa va di anno in anno sempre più assumendo. D. pecore deperite nel pascolo annuo. Juan Sequi Nin en qualidad de Administrador de los bienes de la Virg. Nuoro). Ollolai. quindi altre questioni di compravendite e di decime riscosse dal santuario. del bestiame: «Addì 9 Novembre 1835 . aggiornato al 1931.tes a esta Libri dell’Amministrazione menzionano un pastore solo alla guida di un gregge certamente modesto. Seguono le firme.n Giovanni Tolu (Arch. stabili. che furono trovati nella Cassa della Madonna Santissima del Rimedio del presente villaggio d’Orosei. de Gonary esp. (Un ladus è la metà di un animale. il Carmelo di Orune) possiede ancora una dozzina di animali o un paio di alveari. coi suoi manipoli più numero due tunichette. dieci».PARTE PRIMA. per un totale di 438 capi.mo e Rev. in terreno e bestiame. Nuoro): Primo: Numero due Calici. Francesco di Lula riesce ancora a raccogliere ogni anno l’offerta di almeno 300 pecore. eretta nel Salto del Vill. Nuoro). e dei rispettivi Procuratori del pio legato. Questioni economiche e organizzative numero sei. Francesco». Cosimo e Damiano MM.32 nello stesso anno. Orani. ben pasciuta. e Parrocchiani e dei Compatroni di detta Madonna. ovvero Dialmatiche 144 145 . un elenco dei pastori dipendenti e il numero dei bovini a ciascuno affidati.Essendo Rettore il D. con la specificazione delle località di pascolo.34 ma alla fine del secolo successivo i 32. Vesc. qual libro comincia dall’Anno MDCCCXXVI . Un’altra voce dei beni delle chiese campestri sono gli ex voto di valore. il secondo del 1927. e così stesso alla Chiesa dell’Itria… Risulta dunque di Mardiedu numero ottanta dei vitelli in liquido 26 e tre piedi totale 106 3/4». l’Itria. 35. mediante Inventario firmato e coll’intervento del Molto Rev. Rettore. dato che gli edifici in muratura tendono ad aumentare di anno in anno. 213 anelli d’oro e metallo giallo. 5 paia bottoni d’oro. + Numero otto Agnus Dei di diversa fatura. N. e fiorato all’estremità. mancante in due poste. ben vecchia. N. a quattro fili. N. 1 reliquario portato da Francesca Carreddu . Questioni economiche e organizzative C’è poi il costo e il valore delle costruzioni sorte attorno alla chiesa.Distrutto. 2 fazzoletti bianchi. 146 147 . un sorcio muscuto*** con quattro sonajoli. N. 2 spille d’oro. Numero una collana di corallo a cinque fili e otto poste. N. N. N. uno più grande dell’altro. Regalo fatto da una Lulesa nel 1852. di cui tre servibili. N. o ceruleo donato dal Raiz nel 1849. Per esse. I NOVENARI.Distrutto. forchette e coltelli. + Numero una cattena d’argento composta di quattro cristalli. dei quali uno inservibile + numero uno velo verde di setta verde + numero una cortina di damasco di color violetta. Numero altra collana di corallo a tre fili con tre poste d’argento. 7 tovaglia per la tavola al pranzo con due trattabacchi. inservibili numero due veli d’armesino rosso ben usati numero due veli: uno d’armesino verde. Distrutto. I PAESI V. + numero una pezza di Sampietrina fiorata. gioiello formato con una conchiglia marina (murice).Offerta di Sig. 5 medaglioni. cioè una cara di coralla montata in oro ed unu giungliellu d’argento. cristalli tutti montati in argento eccettuato un pendino montato in ottone ed uno che fa vista di maschera. usato.r Aparco . mussola. N. che oggi è il più grande . 1 Relichia. N. N. 1 paio orecine e pendoliche in una scatola. 9 paia orecine d’oro. N. altro piccolo della stessa figura. Numero altra collana di corallo più grosso. Regalo fatto da Petronilla Pau di Loculi nel 1851: un anello d’oro. un zaffiro. Vesc. N. * gaspu = stoffa leggera. N. con cucchiai. due perle. e grandezza. Nuoro). ** pietra nera simile all’ossidiana. 1 collana di corallo con un corne di corallo portato da Angela Roma. 1 faccia di corallo ornata in oro 1835. Registro degli oggetti appartenenti alla Vergine SS.1844. 1 nusche portato da Rosalia Zora . 11 faccie di corallo. 24 stelle d’oro. orecchini di composizione in pietre turchine. 1 croce d’oro. 1 dozzina di posate. *** sòriche muscu. guarnita. Numero uno velo di stoffa gialla per uso calice (copricalice) Numero una Corona di sabeccia** composto di sessantotto pezzi senza la croce con due medaglie d’ottone e nove nastri di seta color rosso e con uno zaffiro. N. N. N. Numero uno velo verde per il faldisterio + numero uno diadema di legno. N. Numero altra collana di perle ordinarie a color di miele di nove poste a due fili. + Numero altra collana composta di trentacinque pezzi.PARTE PRIMA. N. due facioleti di capo. disfatta. 1 anello d’oro a coro. N. tre reliquiari. 2 fazzoletti di setta. 1 coppia grande . benché vecchi conti assieme. due reliquari rotondi piccoli. 1 gingillo d’argento portati in offerta da Teresa Monni. 6 candelieri. N. N. N. Manto blù. del Rimedio all’anno 1927 (Arch. 6 paia orecine di corallo. ma di composizione. N. e grandezza. N. N. N. e due croci di diversa fattura. con una grande branca di corallo montata in argento e due reliquieti. distrutta. Numero uno faccioletto di gaspu* poco usato: altro facioletto ben vecchio. N. ed una piojetta sopradorata guarnita di 5 pietre. N. 1 cuore d’argento ricordo. donati nel 1826 da Angelo Roma. N. N. pendini. 8 cuori d’oro. con 21 Agnus Dei di diversa fatura. + numero quattordici veli vecchi detti di Ergoli. l’altro fiorato. 6 fiori. con due rosai. tre dei quali con tre sonajoli ciascuno. Numero uno Manto della Madonna. ed altro di seta di campo rosso fiorito e nuovo. altra collana di corallo ad un filo con cinque poste d’argento e filagrana. tutto in argento. offerte portate nel 1841.1846. d’armerino cinerino. 1 cotta . 1 paio bottoni d’argento. più numero uno messale pocco usato più numero sei tovaglie. due pendini. un reliquario grande di figura ovale. adop. N.1844. 1 paio pendoliches di corallo. e le altre inservibili più numero due frontali. il discorso è esattamente il contrario. I PAESI V. 1 gingillo di vetro con 18 globoli di metallo. con medaglia e 2 gingilli. 148 149 . N. con 10 globoli di metallo bianco. 8 fedi d’oro con iniziali 7 fedi d’oro a cerchietto 8 anelli d’oro con corniola 2 anelli d’oro con corallo 5 anelli d’oro con pietre varie 5 catenine d’oro con croce 8 catenine d’oro con medaglie 3 catenine d’oro incomplete 6 catenine d’oro con medaglie colorate 1 catenina d’oro con medaglia di corallo 14 anelli d’oro con pietre varie 1 cuoricino d’oro 3 paia di bottoni d’oro 8 paia di orecchini d’oro 1 cornetto d’oro 1 bracciale con medaglia 3 rosari d’argento con croce d’oro 2 rosari d’argento con croce d’argento 1 rosario di madreperla con croce d’oro 1 fermaglio d’argento 1 croce d’argento 1 anello antico 8 fermagli d’oro 1 ciondolo d’oro. N.una Anno 1931 Un fermaglio giallo a chiociola Una colana a treccia di colore bianco Una stella d’oro Una faccia di corallo Una croce d’oro Anelli gialli . N.due Anelli id. 4 corone di madreperla con medaglia d’argento. . un crocifisso grande e 3 medaglioni. 10 corone di vetro di poco valore. N. N. un paio d’ochi. N. id. vengono costruite N.) e con manodopera almeno in parte gratuita. 3 corone di madreperla con medaglie. N. N. le seconde col denaro di famiglie private. N.S. entro la Statuetta della Madonna. 4 collane di corallo. N. dalle rendite. 1 corona con catene ed un medaglione. Pendini di metallo e corallo un paio Anello di metallo giallo . N. 1 gingillo d’oro con tre medagliette. 1 paia di orecine di costume Napoletano. composta con 2 anelli. 7 collane di corallo attaccate con 39 globi di metallo.S. N. Parrocch. N. 1 corona con catena di metallo e grani di corallo. del Rimedio. 1 croce di corallo. N.sette Beni del Santuario della Beata Vergine della Consolata di Orune al 1965 (Arch. 1 campanello di metallo bianco. N. 6 globoli di metallo bianco con crocifisso. N. una collana di coralli.quattro Croce id. Orune). .una col denaro della chiesa (proveniente dalle collette. 1 1 escon metallo bianco 3 anelli d’oro metallo giallo 1 corona di corallo 1 corona di madreperla Anno 1930 Stelle di metallo giallo . Questioni economiche e organizzative C’è qui da distinguere tra abitazioni proprie della chiesa e abitazioni cosiddette «private»: le prime. Offerti al 9/9/1929 4 anelli d’oro 1 corona madreperla 1 medaglietta d’oro 2 orecchini d’oro 1/9/1929 Ricordo d’argento n.T. 1 cassetta di legno. una catena di metallo bianco. 1 corona con catena di metallo bianco e grani di corallo. I NOVENARI. id. un cuore d’oro. 5 medaglioni di metallo bianco. ecc. con dicitura al retro V. N. 2 collane di oro con gingilli. 2 stuzzicadenti con catena di metallo bianco.I. 6 cocos con metallo bianco. N.due Catenelle di metallo con medaglia . 3 gingilli di vetro con metallo bianco.PARTE PRIMA. che dovrà tener in consegna il Priore. 5 corone di madreperla senza medaglia. esemplari per la cura precisa con cui è annotata ogni minima «entrata» e «uscita»: i soldi entrano con le elemosine. I NOVENARI. peraltro sufficienti al suo mantenimento. Una parte cospicua. Vedi. Le forme di contratto possono variare. rimangono alla chiesa solo gli introiti provenienti dalle cumbessíe. finché nel 1867 le logge sono diventate 40. in data 28/4/1953.ma de Gonari. nel passato. che vi esponevano le loro merci. degli introiti della novena è costituita dalle offerte: sia quelle in denaro raccolte nella cassetta della chiesa – che resta aperta solo nei giorni della festa o al massimo due volte l’anno –. ad esempio. Come si spende tutto questo denaro? È presto detto: si spende per il mantenimento del sistema così com’è. che comitato. per i propri eredi o per estranei in vece loro». chiede a V. par el Mag. donde se argumenta cargo y descargo. Chi costruisce inoltre deve impegnarsi alla manutenzione dell’edificio e deve mettere a disposizione dei fedeli la casa durante il periodo della novena. Erano voci all’inizio modeste: Gonare nel 1771 non ricavava che sei penciones. V. infine. a farsi attivo. dalle tiendas 36 e ancora nel 1831 il Rimedio di Orosei non contava che «nr. che se ne considera proprietaria. vedi ad esempio il facsimile di un contratto. Vi si afferma che si può costruire «per sé. le logge erano prevalentemente affittate a mercanti. priore e loro collaboratori hanno raccolto questuando in paese ed eventualmente anche nei paesi vicini. La concessione. la costruzione di una casetta propria. Foraneo Juan Maria Carta Angioy. Sfogliamo i vecchi Libri dell’Amministrazione. di poter costruire una casetta nel terreno della B. molto modesta e che non comporti la spesa d’acquisto del terreno. ma la loro crescita è continua. Libro de la Administracion del Patrimonio de la Virgen SS. administrador de dicha Igl.. da passivo. Questo motivo economico sta contribuendo in misura notevole alla trasformazione edilizia di molti novenari (esemplare. 150 151 . Nuoro). e anche il bilancio del santuario comincia. 4) A disposizione dell’Amm. uno dal parroco l’altro dal priore. 38. 2) Solo uso per l’E. cioè sei fitti. Parrocch. Vedi il Libro contabile della Madonna del Rimedio di Orosei cit. per la famiglia esclusi collaterali e parenti durante la novena e esclusione nel caso si accompagni con quanto non sia di buona moralità. viene data alle seguenti condizioni: «1) La proprietà è del Santuario.37 Oggi. S. 37. solo alle famiglie più abbienti. 3) Imposte e spese di manutenzione ordinarie e straordinarie a carico dell’E. R. di Bitti): «Rev. con la vendita Santuario». dell’Annunziata per uso esclusivo di abitare durante la novena e feria che si suole celebrare. si spende tutto per la novena. Sig. lasciandone. scomparsi quasi del tutto i mercanti. Serafino di Ghilarza).S. all’anno 1771. per questo. non vada alla novena». specie per quelle che vogliono farsi una villeggiatura tradizionale all’ombra del santo. Un tempo invece l’amministrazione era unica: fatto questo che si presta alle più diverse interpretazioni a seconda che lo si intenda come indice di maggiore o minore autonomia dell’amministrazione laica.a de Gonary (Arch. un contratto di costruzione di una casetta alla Madonna di Gonare. purché si riconosca che si tratta di «un diritto di uso stabile. agli anni relativi. Vesc. e le cumbessíe ai vari novenanti.PARTE PRIMA. senza che possano avanzare pretese di proprietà». di Sarule). e che aveva per conseguenza la creazione di una sorta di aristocrazia interna.ne il nuovo locale qualora l’E. Parroco. La tendenza attuale è quella di far amministrare indipendentemente i due tipi di reddito. del 1927 (Arch. Sono in aumento anche le casette «private»: cioè costruite a spese di privati sul terreno della chiesa. Si raccoglie per la novena. l’usufrutto alla famiglia dei costruttori. S. Dichiara di sottomettersi a tutte le leggi della chiesa per riguardo alla proprietà di detta casa che se non sarà abitata da lui e dalla sua famiglia nel periodo suddetto la lascerà come nel corso dell’anno a disposizione dell’Amministrazione del Era questa una soluzione riservata. Ora però. fu L. da parte del parroco. sta diventando una soluzione possibile (e ambita) per un maggior numero di persone. sia quelle in denaro e in natura (poi per buona parte convertite in denaro). con un regolare contratto.38 36. I PAESI V. Questioni economiche e organizzative Le «logge» e cumbessíe del primo tipo venivano – e vengono tuttora – affittate con le modalità di cui si è detto: in passato. Parrocch. 9 logite e una combesia». per una costruzione all’Annunziata di Bitti (Arch. SS.40 Questa minuzia di notazioni tenderà a ridursi nel corso 40. cera.En la fiesta de 7bre se recojó en el plato de limosna dies y siette libras y dies sueldos digo item .). S. pp. Cosimo.El pastor Quirigo Nieddu por tres quintales de queso vendido a dies libras en el ano 1785 medio escudo doze 021 00 00 003 00 00 002 02 00 017 10 00 020 00 00 006 00 00 008 05 00 007 10 001 00 000 15 000 10 00 00 00 06 013 00 00 000 15 00 003 05 00 000 09 00 030 00 00 152 153 . Licheri. è in due volumi. cit. Il già cit.Una carreta de sebada vendida a 14 sueldos hase item . Maria de Trempu al 1611 (ivi. contribuendo al pranzo degli ospiti il giorno della festa. pp.Tres libras y media de Gannamo a tres sueldos la libra item .). 1868-79 il primo e 1826-67 il secondo: si danno qui i bilanci generali. di Borore) inizia appunto dal 1701. Il Libro de la Administracion di Gonare.Augustu Marracu pastor de cochino me dió dos cochinos por porciones de la Vergen que tengo vendido a seis libras y media el uno item . Allo stesso secolo risalgono i vari Libri dell’Amministrazione di alcune chiese campestri di Ghilarza.Por la fiesta de la Incarnassion se recojó de limosna quinze sueldos item . con l’affitto delle logge e delle cumbessíe. Questioni economiche e organizzative dei prodotti dei greggi e degli armenti. rispettivamente con le amministrazioni 1806-25. Sassari 1900: in particolare.Otras seys tiendas cichas a los Bituleros a razon de quatro reales item . zucchero e caffè. Parrocch. Libro de la Administracion della chiesa campestre di S. altri libri di conti dal 1925 al 1935 e. Cargo 1) El pastor Quirigo Nieddu llevó il dia 20 de Julio el producto de queso y lana vendido a Francisco Semidey a razon de quatro escudos y dos reales el quintal: suman libras item .De producto de lana en la misma limosna vendida a razon de dos sueldos la libra suma item .El dia primo deciembre del ano 1784 al obejero Quirigo Nieddu vendio los carneros a treynta y tres sueldos el uno y eran dies cuya mitad a favor de la Virgen: suma item . de Gonary..39 I vecchi registri settecenteschi di Gonare sono. Lussorio M.PARTE PRIMA. Ghilarza. Nell’Arch. Un esempio per l’anno 1784.De ocho tiendas grandes a razon de escudo la una item . dello stesso santuario. il Libro dell’Amministrazione di S. a esta Villa de Orany empensando del dia 16 Julio del’ano 1784 y son como siguen. i quaderni dal 1963 al 1967. travicelli. Note di storia civile ed ecclesiastica.ma Vergine Annunziata con l’amministrazione dal 1855 al 1912 (troppo disordinata per consentirne una lettura). Il Cabreo Generale dell’Itria. e infine curando lavori di miglioria per la chiesa e le abitazioni.El dia 11 de Julio del 1785 se hiso la solita limosna de queso blanco vendido a sueldo suma item . Parrocch. la chiesa di S. Lussorio Pietro Cappai Squintu. tanto vino (è la consueta mercede di chi lavora gratis). Non ho consultato questo materiale. sotto questo rispetto. cit. acquistando cera e vino. nella misura in cui annotano con estrema minuzia ogni tipo di entrata e di uscita e indicano assieme quella ritmica scansione stagionale che. S. Si annotano con cura gli acquisti di tegole. lungo tutta 39. esp. Maria de Saùcu di Bortigali (Arch. Parr. p. essendo Procuratore della Chiesa. all’anno 1741 (Arch. chiodi..Una carreta de trigo vendida al precio currente da 1 item . come si dirà. Sindaco di Borore e Obriere di S. esemplari. 365).En la limosna de queso y lana se cobró sessenta libras de queso que a razon de un sueldo segun costumbre de darse a los mesmos sobreros esse precio suma item . ma mi si dice esistano documenti più antichi. Serafino avrebbe conti che risalgono ai primi anni del XVII secolo (ivi. pessimo – come si dice – per l’agricoltura: Cuentas que presenta el Noble Don Juan Sequi Nin en qualidad de administrador de los bienes de la Virg.. i costi pagati per una giornata di manovalanza. di Bortigali) risale al 1604.ne della SS. regolava il rapporto tra introiti (ricavati in seguito ai vari raccolti dei prodotti) e spese. 382 sgg. dà l’amministrazione dal 1816 al 1924-25. la dà per gli anni 1826-67. I NOVENARI. dal 24 giugno 1701. il libro delle Cuentas cit.. che mi si dice ancora conservato presso l’Archivio Parrocchiale di Ghilarza. dà le amministrazioni dal 1769 al 1777. 382 sgg. dà l’amministrazione dal 1784 al 1813.De lana en dicha limosna nueve libras assibien a sueldo item . l’annata. Il Libro contabile della Madonna del Rimedio di Orosei cit. Michele almeno dal 1686 (ivi. visti e descritti dal sac.El dia 10 Marzo si hiso la limosna solita por la Villa y se recojó tres escudos item . o di spaccapietre o di trasporto di acqua o calce mediante cavalli. Il Libro dell’Amministrazione dell’Obreria di S. senza specificazione delle singole voci. I PAESI V. pagando le prestazioni cerimoniali dei sacerdoti. M. si spendono. di Bitti sono inoltre conservati il Libro Ragionale dell’Amm. sinco jornales de cavallo una libra y sinco Dos jornales a Salvador Dala a siette y medio Otros tres jornales al mesmo a dicho precio Al Albanil Antonio Lay por sinco jornales a 15 sueldos En la fiesta principal tengo gastado la siguente.Pedru Porcu questuario me dió sinco escudos y medio segun ajuste echo por el ano 1784 item .Por la fiesta principal de 7bre del dicho ano 1795 se tuvo de limosna de plato siete escudos y diesseis sueldos y medio se cobra libras item . por un peon de Sarule siette sueldos y medio y sinco sueldos por el cavallo Quatorze reales por tejas a dicha Iglesia Tres reales por dos peones Otros siete sueldos y medio por otro peon Tres escudos por cera a la fiesta principal de 7bre Quatro libras y treis reales por aconche de las puertas Sinco sueldos a los Monaguellos Dos escudos por el premio de la corsa de los caballos Una libra a porcion del terzer premio a medias con el obrer de Saruli Un escudo y seis sueldos a los R. digo libras item . digo 018 06 00 020 12 00 013 15 00 012 10 00 003 02 06 000 18 00 004 01 00 006 00 00 002 08 00 000 12 00 000 05 00 000 07 00 000 02 00 000 11 00 001 01 00 004 01 00 001 000 001 003 05 15 02 15 00 00 00 00 012 10 00 008 00 00 _________ Totale del Cargo 224 07 07 Descargo del Cargo precedente 1 por la fiesta de medio Agosto por missa y Visperas a los Reverendos Curas un escudo y seis sueldos A los mesmos medio escudo segun costumbre Por acomodar las tiendas.dos Curas el solito duqueton y el medio escudo Por aconche de las tiendas e Iglesia lo siguente: una carreta de sebada por el cavallo que levó la cal y agua. I PAESI V.dos Curas el solito duqueton y medio escudo por la missa Por tres carretas de trigo echas en pan por las Cofrarias a razon de ocho reales la carreta.dos Curas con el solito medio escudo de la Missa Cantada Un quartillo per el sustendo de los obreros que assistieron los tres dias por la limosna del plato Dies y ocho sueldos al herrero Salvator Carbony por faena de las puertas 002 16 00 001 05 00 000 003 000 000 007 004 000 005 12 10 13 07 10 15 05 00 06 00 00 05 00 00 00 00 006 05 00 000 05 00 002 02 00 000 12 00 000 08 00 001 05 00 _________ 001 00 00 004 01 00 000 12 06 000 18 00 Discargo suma totale 074 09 06 154 155 . Questioni economiche e organizzative Por la limosna de 10 de Marzo se gastò tres asumbres de vino por renfresco a los que assistieron a razon de seis sueldos el asumbre Por la fiesta de la incarnassion a los R.Por haver venido poco mercantes por ser l’anada pessima non se ha tenido de las tiendas mas que ocho escudos y un quartillo entre grandes y cichas.PARTE PRIMA. suma Ocho asumbres de vino dos por cada a la Cofraria a seis sueldos la una Otros dos asombres por los Curas a las Visperas y missa doze sueldos A los Monaguillos sinco sueldos Dos selemines de sebada por el cavallo que subió el pan y vino a la Iglesia y mas utenilia Medio real por paga de dicho cavallo He gastado onze sueldos a dos assumbres de vino que assistieron a la limosna segun costumbre Tengo dado a buena cuenta de lo que trabajerá el carpentero Maestre Angel Lay veynte y una libra de queso a sueldo Por la fiesta de medio Agosto a los R.Dicho Porcu por el ano 1785 mendió otros cinco escudos y queda deviendo medio escudo. Dos escudos y medio por el segundo premio de los cavallos y porcion del tercero Sinco sueldos por clavos al nuevo portal que jusqué combeniente a fer con intervento del Obrero de Saruli Ocho reales y medio por el hyerro necessario a dicho portal segun quedemos entendido con dicho Obriero de Saruli Doze sueldos por substento de los sobreros que llevaron el plato Ocho sueldos de vino por las missas por tocar a Orany Medio escudo de clavos por dicho portal item .De la lana llevó Quirigo Nieddu tengo vendido un escudo y quartillo y queda lo remanente en mi poder por no tener esito item . Marques.Cobré las ocho libras que paga el Sig. combessias. I NOVENARI. e Iglesia he gastado lo siguente.De los hijos de Salvador Cosseddu Crudu he ressibido sinco escudos a buena cuenta de los que deven por los cochinos que desperdició proprios de la Virgen item . son item . ma festa Questua del formaggio Formaggio delle pecore Lana Offerta nella festa principale gli 8 7bre Botteghe Questua di grano e orzo Totale del carico del 1815 L. Ecco come si presentano i conti di Gonare già nel 1797. 8 00 0 5 50 1 10 0 2 92 1 00 0 3 10 0 2 10 0 11 00 0 4 10 0 35 11 0 26 00 0 14 16 0 _________ 106 1 2 Descargo Por la encarnacio a los R. I PAESI V.dos Curas peaja y missa Monasillos cinco sueldos Sustendo de los obreros quatro reales Trigo por el pan solito tres carretas a nuebe reales Vino ocho asumbre comprado a ocho sueldos Refresco por la llega del queso viente sueldos Por la llega del grano medio escudo Por la assuntas R. scegliendo per tutti le medesime annate. Questioni economiche e organizzative del secolo successivo:41 e di questo tipo più breve sono anche gli altri conti dei novenari da noi esaminati. I NOVENARI.dos Curas peaja y Missa 04 00 01 06 03 01 01 04 01 05 00 15 04 00 05 01 00 00 00 00 00 00 00 00 156 157 . libro delle Cuentas): Cargo El dia de la encarnassion limosna una libra y quinse En la llega por la villa en dinero cinco libras Trigo carretta y media dado a nuebe reales Sebada una carreta dada a viente sueldos Canamo dos libras vendido a quattro sueldos Sera quatro libras y media por uso de la Iglesia El pastor Quirigo Nieddu llevó ciento viente quattro libras de queso vendido a dos sueldos.PARTE PRIMA. nella speranza che qualche economista più esperto di noi Monasillos cinco sueldos Vino por visperos y missa dos asumbres a dies sueldos Sustento por los obreros tres reales Sal por el pastor una carreta a veinte Por la fiesta principal curas Monacillos cinco scudos Vino por las missas y cantores dos assumbres a 12 Sustento por los obreros por los tres dias de la feria Por los premios dos escudos y medio Para redificar las tiendas se caieron cinco jornales de albanil a tres reales el jornal Peones seis a dies sueldos el dia respetive Por quattrocientos tejos a siete reales el centenar Quattro currentes a dos reales el uno Escandola dos reales Dos dies un cavallo por llevar agua 00 01 00 01 04 00 01 01 06 05 00 15 00 01 05 00 10 05 00 00 00 00 00 00 00 00 00 12 08 00 00 15 00 01 00 00 04 16 00 01 05 00 00 15 00 12 10 00 02 00 00 00 05 00 03 07 00 01 00 00 27 10 00 13 15 00 02 10 00 _________ 95 07 00 03 15 00 03 00 00 07 00 00 00 20 00 00 10 00 00 15 00 _________ 54 16 00 Diamo. per confronto. i conti del 1815: Carico Salvatore Pintore li 11 decembre 1814 mi consegnò Nella questua di Marzo per l’Annunziazione grano una carretta imbuti quattro Orzo carretta una Danaro Canapo Offerta nella med. vale Mas queso de fresa quinze libras dado a sueldo Roqueson viente libras vendido a sueldo Lana de mardiedu 48 libras dada a dos sueldos Mas quinze libras a dies callareses y yna libra y una Lana de corbero dies libras vendida a nuebe callareses El questuario Pedro Porcu llevó cinco escudos En la llega del queso quarenta libras dado a sueldo Lana cinco libras dada a sueldo En la limosna del grano trigo carreta y media Sebada una carreta dada a veinte En la fiesta de 7bre en la offerta onze escudos De las tiendas cinco escudos y medio Anquiler de cajas un escudo 01 05 03 01 00 15 00 07 00 08 00 00 06 00 06 qualcuno in nota. ormai stereotipati nelle voci principali (dal cit. Ne riportiamo 41. Dal Libro contabile della Madonna del Rimedio di Orosei cit. I PAESI V. Casteddu Incensi chiodi e tavette Per fattura di cera scudi 10 00 10 00 65 00 10 00 15 00 6 00 9 00 5 00 2 00 13 75 24 00 3 50 1 75 1 50 2 00 _________ 178 50 Totale L. 158 159 .. abbiamo scelto come esempio le annate 1845. 1 6) Consegnato al nuovo Depositario Martino Spano Totale scudi Più allo stesso consegnato per cera venduta 1867 . Totale scudi Discarico Spese per 5 tavole Al mastro Seb. 1867 e 1911: 1845 . perché ora si tende Al curato Per una serratura alla porta Per Q. 21 11 2 42. Discarico Pagate per tre Messe parate ed una cantata tra Clero e Sacristi Pagato per la novena oltre la questua Pagato al muratore Giuseppe Pinna Speso per due travi al tetto Speso per travicelli 12 Speso per le porte al falegname Speso per travicelli delle porte Speso per ferrame Speso per legnami ad architravi Speso in calce Speso in tegoli n.o L.Carico Avuto dalle loggie n.ti 28 (ap. Questioni economiche e organizzative possa trarne delle indicazioni più generali. 21 12 Offerte trovate nella cassa Ricevute dal precedente Depositario L. 700 Speso per un leggìo Speso per canne Speso per i chiodi a poner giunco Speso per stagnare le posate ed ampollina Discarico totale del 1815 L. relative all’incidenza economica. nel passato. cantori messe nel novenario Per gli assistenti nel giorno della festa Cambio di cera Manutenzione Per la questa di grano ed orzo Affitto delle tanche per le pecore Quali i bilanci attuali? C’è da premettere che sono meno facilmente ricostruibili che non in passato. 84 10 0 Resta in favore del sem. Sacerdoti e cantori Per gli assistenti cena e pranzo Per la questa del formaggio Sale per salare il formaggio Festa della Assunta Rinfresco Per gli assistenti Messa per la Natività Vino per i sacerdoti. ricevuta 4 07 6 1 17 0 2 02 0 _________ 19 09 6 14 19 0 _________ 34 08 6 76 80 00 20 00 43 00 115 00 123 33 _________ 381 33 1 05 0 4 07 6 14 00 0 5 00 0 2 00 0 1 10 0 1 07 6 4 07 6 1 10 0 2 10 0 4 07 6 1 15 0 8 10 0 3 00 0 23 00 0 1 12 6 4 07 6 _________ Totale L.Carico Giovanni Antonio Fenu Ricevuto da varie offerte Per 17 Logge afitto scudi 11 18 6 05 10 0 17 00 0 _________ 34 08 6 3 3 0 4 02 07 13 00 6 0 6 0 L.PARTE PRIMA.42 Discarico dell’addietro Carico del 1815 Nella questua di marzo Messa dell’Annunciazione Grano per il pane Vino per i Confratelli. I NOVENARI. 40 Loggie date ai Negozianti 4 Cera data un anno pagato L. del bilancio di un novenario. id. I PAESI V. 7 giornate Per n. Passivo Imposta di fabbricati nel 1910 e 1911 rate 5° 6° 1910. A Pietro Soro per n. 60 pecore e dieci sacaj Da n. 12 giornate Al muratore Giò Sengitta id. 24 5 100 8 5 15 17 5 8 56 00 00 00 00 00 50 40 25 160 161 . molto spesso 1911 .: 1843 . I NOVENARI.Carico Danaro esistente in cassa lire sarde antiche Fitto delle botteghe ed offerte Versate dal questuante Frutto di n. Questioni economiche e organizzative spesso a trascurare le varie formalità amministrative: il priore. 37 50 3 00 8 50 6 30 17 50 16 00 15 00 9 90 64 00 4 50 51 25 _________ 439 41 00 25 00 50 50 00 00 50 2 50 5 00 5 00 1 50 2 20 1 00 1 00 1 75 15 00 10 00 7 00 5 00 20 00 51 00 _________ 1167 70 L.Attivo Ricevuto nel Libretto Postale Nella Cera ricevuto Dalle loggie ricevuto Da un’altra loggia Ricevuto da Cucca Francesco Ignazio la metà di uno montoni Offerta da Frorisi Grazia di Orosei Offerta da Busu Giovanni di Orosei Offerta da unu Durgalesu Offerta da Sulis Domenico muratore Offerta da Savva Sulla Francesco di Orosei Offerta da Gusai Antonio di Orosei Offerta da Falque Marianzela di Orosei Offerta da Muscatu Caterina di Orgosolo Offerta da Pirasa Francesco di Posada Offerta da Roma Pietro di Orosei Offerta da Roiche Effisio di Orosei Ricevuto per una loggie mercantile da Piomei Un altro loggie mercantile da Meloni Umberto Venduti da Piluzzi Giovanni 10 travicelli di rimanenza Offerta Pilatus Carmere Da Bangoni Giovanni per il cortile Trovato nella cassetta l’11 ottobre ’911 Totale L. tiene al massimo dei quadernetti. Come considerazione Sulisi Domenico giornate 15 da muratore Pira Giorgio giornate 2 per tallare pietra Burrai Francesco giornate 3 trasportando pietra Piredda Francesco giornate 7 manopera Sulisi Domenico giornate 7 muratore Pira Giorgio giornate 8 da muratore Ortu Bertino giornate 12 manopera Piredda Francesco giornate 11 manopera Da Soro Giovanni Maria 40 quintali di calcina Ladu Salvatore giornate 5 manopera Sulisi Domenico 20 giornate meza muratore Totale L. 30 giornate ai manovali Per n. dal Libro dell’Amministrazione cit. In qualche caso ci è stato possibile però ricostruire i conti con una certa approssimazione. 705 182 138 2 8 1 2 Ed ecco i conti delle annate 1843 e 1866 di S. 2/m di tegole a Lire 1 12 6 il cento Per calce Affitti di pascolo per le pecore 168 12 3 128 00 0 10 00 0 40 00 0 8 00 0 11 07 0 _________ 365 19 3 124 25 8 12 12 7 18 32 5 10 19 00 00 00 00 00 00 10 00 00 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 L. Cosimo. 8 agnelli venduti a lire una ciascuno Debito del Priore nell’anno precedente Totale del carico Discarico Estratto dalla Cassa per la fabbrica di Loreto Spese fisse per la festa e novenario Al Curato e Sacristi per la medesima Al muratore Ignazio Crisponi per n.PARTE PRIMA. o chi per esso. 1° 2° 3° 4° 1911 Imposta del terreno intestato Burrai Salvatore Al Parroco Piras per 6 candelieri e gingello alla Chiesa A Parris Michele per la pietra della sua proprietà Piredda Francesco giornate 5 per mesa amanopera Ortu Bertino giornate 12 amanopera Pira Giorgio giornate da muratore 9 men una quarta Piredda Francesco giornate 6 manopera Pira Giorgio giornate 5 e meza per tallare pietra illeggibili. 000 lire. N. 300 a scudo per 100 A Mastro Frate giornate dodici Manovale con giogo e carro Manovali dieci Prediale 1866 Ricchezza mobile 1866 Cera per uso della Chiesa Olio d’olivo Spazze Al curato per la festa Ai sacristi Assegno all’amministratore Dritto di Contadoria Credito come dal conto precedente Capi solidi sull’esatto 112 00 150 00 36 00 6 00 10 00 51 33 3 61 9 00 9 00 1 00 19 00 1 25 50 00 2 88 150 94 19 00 _________ Totale discarico 1866 L. Tegola per la Chiesa n. parte in denaro parte in natura. da Olzai 71. I NOVENARI. Ecco i rendiconti per gli anni 1963-67 dell’Annunziata di Bitti (Arch. di Bitti). I PAESI V. Costruzione nuove casette Tasse Offerte al Clero Totale L. Parrocch. 20 000 144 000 110 000 21 000 27 000 1 500 10 000 _________ 333 500 8 000 150 000 495 000 4 000 60 000 _________ 717 000 383 500 1866 . da Orune 40. N.000 lire e 100 litri d’olio. 252 01 162 163 . 632 01 Avere dell’Amministratore al 1866 L. N.000 lire). da Oliena 35. Passivo Spese per la festa di marzo Restauro dei tetti della Chiesa ecc. al quale vanno aggiunte non solo le importanti prestazioni di lavoro gratuite.000 lire e da Fonni 50. Per questo novenario.43 la Annunziata di Bitti circa un milione e mezzo (per questa disponiamo di conti precisi dal 1963 al 1967). per S. da Lodine 25.000 lire. Cosimo.44 43. È questo però un computo relativo. S. Orosei avrebbero racimolato più o meno un milione. 44. 380 00 Discarico A Giovanni Odda e figli per rifare il muro della tanca L. Differenza passiva L. Questioni economiche e organizzative di ordine generale. sarebbe stata raccolta: da Mamoiada una somma imprecisata (sulle 300.Carico Dalle botteghe e offerte Dai libretti venduti Dal questuante limosina 311 00 6 00 63 00 _________ Totale carico L. L. 1962-63 . si può premettere che oggi gli introiti di una novena non superano che in casi eccezionali il milione e Contribuzione Tridentina Contadoria Generale Per Rescritto Pontificio per l’esposizione del Santissimo nel Novenario Diritto di passaggio per le pecore A Francesco Crisponi per giornate 10 Al muratore Mugitti per altre giornate sedici Danaro esistente in cassa Capisaldi 12 0 1 10 0 9 10 0 3 10 0 10 00 0 16 00 0 42 15 0 9 06 0 _________ Totale scudi 363 12 3 Lire Nuove sono.000 lire. Cosimo alle indicazioni del priore. ma anche le spese che ogni famiglia di novenante deve sostenere oltre all’affitto della propria cumbessía. N. Per Gonare e il Rimedio stiamo a informazioni orali.PARTE PRIMA. nel complesso. Nel 1966 Gonare.000 lire a un massimo di un milione. di poco superiori a quanto normalmente viene raccolto in un qualsiasi paese sardo per la propria festa patronale o rurale.Attivo Offerta nella festa del 25 marzo Dal cassetto della festa di maggio Offerte novenanti e pellegrini Lotteria Vendita cartoline e gozos Offerte varie Offerta del Pievano Totale L. per la quale si va in genere da un minimo di 300. 663 325 Residuo attivo L.Attivo Questua in paese Offerta B.Il Clero ha rinunziato al suo onorario e con esso ha comprato oggetti di prima necessità per la novena.B. Altro fatto nuovo: si sono aggiunte offerte (circa mezzo milione.Attivo Questua in paese Offerte a Pasquetta Offerta di Vargiu Antonio Questua nel Santuario Dal cassetto Da una lotteria Offerte varie Dalla vendita di cartoline e gosos Dalla vendita di cera Offerta a mezzo del Pievano Totale attivo L.PARTE PRIMA. . I PAESI V.V. Differenza passiva L. della Pietà Offerte varie Da Goddi Bachisio per vacche Offerte nella festa di Marzo 229 325 30 230 4 000 110 000 125 000 41 800 35 400 26 000 18 000 6 150 _________ 625 705 5 6 518 12 5 14 4 250 700 790 800 800 800 000 il contributo che si ricava nei giorni della festa grande. un terzo delle intere entrate) provenienti da enti Offerte nella festa di Maggio Vendita cartoline e gosos Offerta del Pievano e del Clero 290 000 74 100 15 000 _________ Totale L. 1963-64 . della Pietà Riparazione Chiesa della Pietà Riparazione sul Santuario e Spese Nuove Cumbessias Materiale elettrico Trasporti Energia elettrica Tasse terreni Totale L.V. Passivo Festa della B. I NOVENARI.Attivo Residuo attivo precedente Offerta Maria Bandinu di Lula Fitto pascolo 1966 Questua nel paese 1966 Offerte varie 1966 Dalla cassetta Fitto pascolo 1967 Fitto casette Offerte varie e questua 1967 Dall’Assessorato 1966 Dall’ESIT Offerta Sanna Marcello di Lodè 164 165 . quanto N. (nel testo). quando tornano anche gli emigrati. Questioni economiche e organizzative Qui. 1964-65 . 197 055 197 055 4 000 96 000 235 000 15 000 18 050 63 000 17 000 212 000 499 000 112 945 150 000 _________ Totale 1 619 050 Passivo Rimanenza passiva precedente Festa della Pietà Riparazione nella Pietà Cera Festa 25 Marzo Riparazioni al Santuario Imbiancatura Chiesa e locali Tassa terreni Spese varie Energia elettrica e materiale _________ 702 540 460 335 247 1 94 92 36 000 060 360 000 850 1966-67 . 850 370 460 335 5 250 10 100 5 000 4 000 79 570 30 000 4 000 36 500 28 610 _________ Totale L. che all’inizio l’hanno lasciata in passivo ma che poi le hanno consentito di raddoppiare le proprie entrate. la novena si è rilanciata con spese di costruzione. Però non è tanto la questua in paese la fonte principale di reddito. ecc. Molto più considerevoli. nel complesso. Anche S. e le prime tendono a liquidare le seconde. Insomma: anche il più abile commerciante di città non si trova in grado di utilizzare la moneta come indice unitario di valore. ad esempio quelle 300 pecore promesse dai diversi allevatori Passivo Costruzione di tre «Cumbessias» Rifacimento di tre tetti Rifacimento di uno stanzino Riparazione di tetti e gabinetto Trasporto materiali Festa della Pietà (’66 e ’67) Energia elettrica Nuovo portone a tre aperture della sagrestia durante l’annata e raccolte la vigilia della festa – il che fa un altro milione circa. L. 115 000 20 000 53 000 12 000 22 000 10 000 24 000 45 000 50 000 97 000 111 000 70 000 73 000 32 000 _________ 734 000 166 167 . Dorgali. S. I PAESI V. Francesco è molto vasto.45 ma il ricavato totale di tanti giorni di fatica e di spese superò ogni volta di poco le 700. quando debba riferire la sua contabilità a un oggetto tanto inestricabilmente connesso a un tipo di economia precapitalistica. I NOVENARI. e per cui disponiamo di alcune indicazioni circa gli anni ’6566 e ’66-67. almeno nel ’65-66. Entrare nei misteriosi meandri del bilancio dei priori di S. il «fitto pascolo» si riferisce ad alcuni terreni di proprietà della chiesa). Oliena. Galtellì. bilanci parziali. inoltre rispettivamente Mamoiada. e notevole il tentativo di «aggiornamento». sicuramente più vasto di quello di altre feste: nel ’65-66 si questuò in quattordici paesi e in tredici nell’anno seguente. L’alone della fama di S. Il bilancio del ’65-66 computerebbe. Orotelli e Ollolai. che si dice possa essere considerevole. Francesco di Lula (1965-66): Entrate dichiarate da Dorgali da Oniferi da Oliena da Loculi da Irgoli da Onifai da Galtellì da Orotelli da Orosei da Orune da Orgosolo da Mamoiada da Gavoi da Ollolai Totale 800 000 200 000 50 000 73 000 56 000 10 500 14 000 142 000 _________ Totale L. le altre offerte di privati e di enti pubblici. per sua disperazione. parte globalmente secondo lavori fatti o da fare. Orosei.PARTE PRIMA. quella specie di consuntivo che il priore fa a fine d’anno. Gavoi in entrambi gli anni. Loculi. Francesco è cosa che farebbe impazzire anche il più esperto contabile: diamo in nota. parte secondo offerte o acquisti in natura. Oniferi. e che non tengono conto del guadagno del priore. le offerte sono di due tipi. invece. Ormai. un milione. Il bilancio di questa festa è senz’altro il più considerevole di tutte le novene. moderno e tradizionale. 45. Ente Turismo). Irgoli. almeno della zona. entrate che superano i quattro milioni e mezzo: ma sicuramente non vi furono considerate tutte le voci. Bitti e Lollove. È questa una tendenza ad appoggiarsi a organismi regionali che certamente si incrementerà negli anni futuri. Sono. che trascurano di menzionare certe entrate. Orgosolo. nel complesso.000 lire. Questioni economiche e organizzative pubblici (Regione. Onifai. Ma soprattutto si vedrà come questi conti vengano tenuti con estrema approssimazione. computando parte in denaro.46 46. Francesco di Lula riceve sovvenzioni da enti pubblici: prefetto e Regione hanno sborsato in tutto. 273 550 (La chiesetta della Pietà dove si celebra una festa annuale è nei pressi del santuario. 1 345 500 Residuo attivo L. ma diventa segno preciso della volontà. Francesco di Lula sono interessanti anche nella misura in cui ci consentono di vedere un entroterra – il vecchio entroterra agropastorale – concorrere ormai in modo non più determinante rispetto alla città. non tien conto delle offerte in natura – ad esempio gli agnelli: circa 300 – e di altre offerte in denaro dalla città di Nuoro. Galtellì Grano: 1 sacco Soldi: L. 10 000 spese L. di cui avevo avuto notizia orale).Loculi . 15 000 spese L. Francesco 1 016 000 Per il vino 250 000 Per le costruzioni: blocchetti di cemento 75 000. Sono i nuovi prinzipales quelli che offrono la carne gratis ai contadini e ai pastori. di manifestare il raggiungimento di saldi privilegi di ceto e la loro relativa conservazione. approssimativo. entro la città stessa. 105 000 Grano: 2 quarti Formaggio: 10 forme Mandorle: 2 quarti Vino: 600 litri Patate: 3 sacchi Orune Soldi: L. totale 193 000 Anno 1967 . 15 000 spese L. 10 000 spese L. 15 000 spese L. 6 000 168 169 . da parte dei contribuenti borghesi.Onifai Grano: 13 quarti Formaggio: 1 forma Soldi: L. I PAESI V. E. 100 000 Grano: 2 quarti Formaggio: 7 forme Bitti Soldi: L. Questioni economiche e organizzative Queste contraddittorietà del grosso bilancio di S. 50 000 Olio: 26 litri Mandorle: 5 sacchi Vino: 400 litri Orgosolo Soldi: L.Priore: signor Marongiu (macellaio) Spese dell’entrata al Priorato Incassati a «S’Arbore» L. emerge ormai dominante lo stesso anonimato degli enti Offerte al Priorato durante la novena Offerte alla festa dell’Albero Offerte alla festa di Ottobre Ricavo di una lotteria fatta a Nuoro Dall’Ospedale di Nuoro Dalla Prefettura di Nuoro Dalla Regione 1 500 000 105 000 400 000 400 000 500 000 500 000 500 000 _________ Totale 4 639 000 (Il conto. 700 000 104 000 pubblici. 24 000 Irgoli . per i trasporti e i viaggi nel periodo della festa e in quello delle costruzioni delle casette a S. un viaggio 15 000. 42 000 Orosei Soldi: L. al di sopra del contributo del privato. Francesco di Lula (1965-66) Spese dichiarate Cibi e bevande per la festa dell’Albero 814 500 Spese varie e di trasporto per la festa dell’Albero 48 500 Spese per il pranzo il giorno delle Consegne [metà: l’altra metà è a carico del priore precedente] 55 220 Spese per le questue 173 800 Pane e sigarette per coloro che hanno raccolto il bestiame 120 000 Cibi e bevande e spese varie per la festa di ottobre 468 000 Cibi e bevande acquistati in anticipo per la novena 736 500 Benzina per viaggi fatti per chiedere il bestiame. 100 000 Formaggio: 6 forme spese L. I NOVENARI. 15 000 spese L. pane e formaggio per gli operai 40 000. 65 000 Grano: 12 quarti Dorgali Soldi: L. cavo luce e spese varie 63 000.PARTE PRIMA. S. Il grande spreco della festa non è più dato in funzione di una reintegrazione entro una società agropastorale. 97 000 Grano: 10 quarti Formaggio: 1 forma Oliena Soldi: L. per esempio. 3 000 000 Maggio Entrate Date: pecore: Date: carne: 80 140 40 50 30 1500 115 5 23 2 kg kg kg kg offerta bottiglie litri kg quintali kg quintali 97 50 kg Regalata dal Padre del Priore: 1 vitella (valore L. viene: ad esempio S. 14 000 Olio: 10 litri Gavoi Soldi: L. 1 500 000 170 171 . ci si recava. ritenute gratuite. interessante nella misura in cui rivela notevoli implicazioni di carattere sociologico. 48. che assolveva anche alle mansioni di custode della chiesa. Dai frutti di quest’ultima ricavava anche il suo stipendio. l’amministratore nota all’anno 1770: No me cargo de la limosna de campana por no haber hermitano. A questa legge fa riferimento la p. Nel Libro de la Administracion di Gonare. da cui si raccoglievano offerte in natura o in denaro.PARTE PRIMA. mentre l’altra metà va alla chiesa. 14 000 Lollove Soldi: L. 525 000 L. ad ogni loro ritorno: ancora così succede. di Sarule) ricaviamo che l’eremitano ha l’obbligo di residenza presso il santuario e di curarne la manutenzione. 14 10 5 2 5 70 1 kg kg kg quintali kg litri quintale L. ma anche in un certo numero di paesi viciniori. bussando di porta in porta. contenente una piccola statua del Santo. 33 del Libro Ragionale dell’Annunziata di Bitti. non solo per tutto il paese. Francesco. quando non fosse in giro per la questua. Parrocch. o questuante. per S. I NOVENARI. in data 4 giugno 1890.1 muro in cemento Spese Biscotti: Amaretti: Caffè: Zucchero: Carne: Liquori: Vino: Formaggio: Pane carasau: Salame: Fllindeu: L. ma di poco anteriore al 1914 – stipulato dal santuario di Gonare (Arch.47 Lo stesso priore poteva occuparsi della questua in mancanza dell’eremitano: e anche oggi che questa figura è scomparsa. Le notizie più antiche che abbiamo risalgono al 1770 per Gonare. cit.. Il compito di elemosinare spettava un tempo all’eremitano. Questioni economiche e organizzative La questua Esamineremo ora più dappresso il sistema della questua. cit. dalla fine dell’800 in qua. Per 2 giorni: Amaretti: Biscotti: Caffè: Pane: Salame: Vino: Filindeu per il mese di ottobre: Date in ottobre: 30 capre 1 vacca Offerte al Priore (in ottobre): Offerte al Priore durante la Novena: Il sistema della questua stendeva su tutta l’isola – o su almeno buona parte di essa – una fitta rete di relazioni interlocali: quello stesso tipo di relazioni. In questi casi. Francesco e S. dove è il priore che si occupa di ospitare a casa propria i questuanti.. 47. che veniva esibita. con un particolare permesso della questura. sono il priore o membri del comitato o incaricati particolari che si occupano della raccolta delle offerte. I PAESI V. apribile. per alcune chiese. ma un questuario ci sarà almeno a partire dal 1784. Da un contratto – senza data. Oniferi Soldi: L. il cui solenne riconoscimento si sarebbe poi realizzato nella festa. Cosimo) portata come insegna una cassetta. Ha inoltre il compito di esercitare la questua – ma non durante la novena – e come compenso riceverà metà del suo ricavato. 140 000) La spesa di ottobre è incompleta. sono di fatto compensate dalla offerta di vino o di un pranzo particolarmente abbondante. La colletta si esercita.48 Si svolgeva così: veniva (e tuttora. le loro prestazioni. 1000 Spese del Priore 2 stanze . 49 49. in un anno. ma non vengono considerate più redditizie. fissata dalla tradizione e modificabile solo entro limiti ristretti. Ed è anche questo un segno della crisi profonda che ha coinvolto tutta l’economia agricolo-pastorale isolana. a quello del grano e infine a quello della lana e del formaggio: i vecchi Libri dell’Amministrazione di Gonare esemplificano con grande precisione i vari tipi di questua e la relativa scansione durante l’anno. Cosimo. spesi in calce e manovalia Questua fatta in Orgosolo ed Oliana 81 82 6 32 255 17 160 232 334 130 15 30 50 95 00 50 00 50 25 00 100 00 48 80 _________ 2 480 25 50. due da Oliena (rispettivamente per la Madonna di Monserrato e 172 173 . che menzionano ogni anno la questua consuetudinaria del vicino paese di Ollolai e il Libro contabile della Madonna del Rimedio di Orosei cit. non si ha disponibilità a dare se non nei momenti grassi del raccolto. Uniche eccezioni i Libri dell’Amministrazione di S. nel senso che un paese può «uscire» in un altro. sospesi i lavori della agricoltura o della pastorizia. Così può capitare che in un solo paese transitino. Ciascuna area di questua deve però essere. I PAESI V. Alcuni esempi. Anzitutto. Ogni festa – e quindi ogni rispettiva comunità – ha una propria area di questua. non è rispettata una rigida reciprocità.PARTE PRIMA. Le diverse maglie della rete vengono così non solo a intersecarsi. ma anche a rinviare di continuo dall’una all’altra. ma questo secondo può non rispondere con un’uscita simmetrica.. Ergoli e Loculi 123 90 Il percorso tradizionale dei questuanti costituiva – e continua in parte a costituire – una rete di traffici e solidarietà molto fitta e complessa. in continuo movimento. Non è possibile però una ricostruzione diacronica di questo importante aspetto. Inoltre. per quanto le aree di questua di due paesi diversi possano combaciare. Infatti quasi ogni paese fa la stessa cosa. e quello della festa. almeno per una delle proprie feste. più o meno. che all’anno 1891 così specifica il proprio Introito: Fondo Cassa al 27 Settembre 1891 445 10 Offerta in contanti o cereali del villaggio di Bitti 89 30 Offerta in contanti Orosei 40 90 Offerta in contanti e cereali dei villaggi Onifai. in cui si offre una parte del ricavato come ringraziamento al santo e come preparazione alla festa. Tra l’estate del ’65 e quella del ’66 Mamoiada ha offerto almeno a nove questue: una da Orune (per la Madonna del Carmelo). I NOVENARI. Non è scomparsa però totalmente la pratica di questuare. considerata parte di una più complessa macchina sociale. Questioni economiche e organizzative Anche questa «uscita» (così viene denominata) seguiva un ben preciso ritmo stagionale: si usciva al tempo della raccolta delle olive. La sua estensione varia in rapporto al grado di notorietà. si spende (sempre in onore del santo) quanto era stato raccolto a rate durante l’anno. e quindi di rilevanza intertribale. a sua volta. all’ambito di confluenza dei pellegrini. dal momento che i vecchi Libri dell’Amministrazione non indicano in genere la provenienza locale delle offerte. in via immediata. dall’ovvia ragione economica per cui. È questa una calendarizzazione dettata. L’arco dell’annata viene così ritmato da vari momenti: quelli dei raccolti. Oggi l’aspetto stagionale della questua è quasi totalmente scomparso: questue del vecchio tipo se ne fanno ancora per S. non combaceranno mai per intero. in cui.50 Offerta in contanti e cereali Orosei Offerta in contanti e cereali Dorgali Offerta in contanti da divoti diversi Offerta in contanti e cereali Siniscola Offerta in contanti trovata nella cassetta della Chiesa 1a Novena Offerta in contanti nella cassetta 2a Novena Offerta in contanti per il pranzo come costume Pagamento dai coniugi Zori per la cartella Cera venduta Fitto logge ai devoti Dalla Cassa Risparmio Postale per fondi depositati sulla Libretta de Murtas. in un regime di sussistenza. della festa. almeno sei o sette questue. Francesco di Lula. Il numero di località coperte dalla questua è in stretta correlazione all’importanza delle singole feste e corrisponde. la seconda per le olive). nel tempo. il priore (o obriere): è questa una struttura molto usuale. Mamoiada è «uscita» a Olzai e Lodine. a tutti i livelli della scala sociale. Orgosolo. Francesco: la prima per il grano. sobreros. tra i vari indici della perdita. I NOVENARI. 174 175 . da correlarsi con la tendenza alla specializzazione locale delle singole novene. il Comitato (o gli obrieri). Torino 1939. I PAESI V. Ma soprattutto. ora che altri nuovi e di vario genere ne sono stati introdotti. Oggi la questua «umilia» solo. a sua volta. Pola Falletto di Villafalletto.. rispetto al numero di giornate lavorative impiegate per la raccolta di fondi: ha cominciato infatti a farsi strada anche il concetto della necessità della retribuzione in denaro del lavoro dei questuanti.53 Rispetto all’organizzazione di una festa di uno o tre giorni. Ces. Anche questo è. ma anche all’altra festa. in cui si parla di Substento de los obreros en los tres dias de la Fiesta (ed è la festa «principale» di settembre) e degli obrieri che. 1 a-b). una notevole riduzione dell’area di questua (tab. Cosimo. è anche da annoverare la crisi delle questue. – la necessità di istituzionalizzare degli strumenti di correlazione interlocale. quella dell’Incarnazione: vedi ad esempio i conti del 1788. per la festa dell’Incarnazione. ma anche di quasi tutte le altre feste più brevi (patronali. che troviamo alla base non solo dei novenari. 53. della funzione di legame interlocale assolta dai novenari. dovevano anticamente avere anche funzioni cerimoniali. portato il giorno della festa al priore da parte dei singoli privati). rurali. a Oliena. Lodine e Fonni. Antonio). È di fatto stata messa in crisi – anche al livello dell’organizzazione economica per Santu Lussurgiu). Si veda. E il denaro raccolto in un paese non è mai molto – una cinquantina di migliaia di lire in media –: tanto più che. 1. la questua non è più redditizia. si può sperare di ottenere di più con una telefonata a un commerciante grossista o al compare in qualche ente regionale che non con varie domeniche di faticose richieste a singoli dalla limitatissima disponibilità finanziaria. E se teniamo presente che Mamoiada era «uscita» a questuare per il suo S. la ricca documentazione in G. Orune. laboriosa e costosa preparazione della festa presuppone l’esistenza di un apparato organizzativo che sappia funzionare: e anche questo è un fatto di una certa importanza.) di buona parte dei paesi isolani. Olzai. che ha comportato. che equiparava in via simbolica il questuante al mendicante e affermava solennemente la necessità di una dipendenza dagli altri. autonomamente.51 Le ragioni che se ne portano sono di natura prevalentemente economica. ma non Mamoiada a Sarule. al limite. il compito che comitato e priore si assumono per un novenario 52. È in crisi anche il connesso valore dell’«umiliazione». L’autonomia organizzativa La lunga. una da Orgosolo (per la Madonna d’Agosto). Questioni economiche e organizzative Oggi. per questo.PARTE PRIMA. Per la maggior parte dei casi di cui alla tab. La si rifiuta con un gesto di autoaffermazione. vediamo che le due aree di questua di due paesi anche vicini non si coprono interamente: ad esempio Sarule è «uscita» a Mamoiada. Associazioni giovanili e feste antiche. e non riscatta a un più vasto universo di solidarietà. Il compito di preparare la festa e di seguirla nel suo svolgimento è affidato a un gruppo di volontari laici. e che a sua volta si diversifica di poco dalle analoghe strutture delle feste del continente. 51. nella misura in cui continua a esprimersi entro termini campanilistici: al nostro paese sappiamo far da soli. una da Fonni (per S. Loro origini. come prima conseguenza. subien los ornamentos (forse il baldacchino della processione). più che faticoso e antieconomico. ma non viceversa. una da Sarule (per la Madonna di Gonare) e una infine da Lodè. due da Nuoro (entrambe per S. ricaviamo che gli obrieri (obreros. ecc. Dal libro delle Cuentas di Gonare. la questua è esercitata ormai solo nell’ambito del paese di appartenenza del novenario (abbiamo indicato come «questua» anche quei rari casi in cui il contributo si dia sotto forma di dono. si avverte come umiliante il fatto di dover chiedere soldi per la propria festa a gente di altri paesi: ora si vuole che ciascun paese si sovvenzioni la propria festa. Anzitutto. che peraltro non sa ancora definirsi chiaramente. cit. e dedicarsi non solo alla festa principale di settembre.52 retto da un capo. In alcuni casi. a seconda delle località. i nuovi che dovranno darsi da fare per tutto l’anno. e i relativi diritti e doveri. l’eventuale organizzazione di una corsa di cavalli. lavoro che comporta il coordinamento di un certo numero di persone. comitato e priore scadono l’ultimo giorno della festa. viene designato dal priore precedente. mentre per il passato. che troviamo in alcune località dell’interno. che può comportare la riscossione degli affitti delle bancarelle. che detiene in pratica tutti i poteri decisionali. al loro posto. Questioni economiche e organizzative è più complesso e a più lungo termine.54 54. così. Ci sono dei casi poi. nella misura in cui si pongono a capo un presidente (obriere. I NOVENARI. C’è poi tutta l’organizzazione della novena: la sistemazione dei novenanti nelle singole stanze. nel senso che i suoi membri. possono andare da un minimo di quattro-cinque persone a un massimo di una ottantina e oltre. È questo un ruolo importante e di grande prestigio. Le responsabilità del priore non concernono solo l’organizzazione formale della novena e della festa. quando le chiese erano comparativamente più ricche. per esempio. in alcuni casi. che lo sceglie tra i possibili candidati. Nei rimanenti casi in cui alla tab. che solo pochi sono in grado di tenere: esige capacità organizzative. Le soluzioni proposte erano comunque varie: si poteva avere una separazione di funzioni tra quella del priore (di prestigio e responsabilità organizzativa) e quella di un amministratore (o conoscenza. In quanto sistema di privilegi. delle sue stanze e delle strade di accesso. le varie raccolte di fondi e di offerte. di fatto ciascuno finisce per appartenere ad una (o più) tríppide. una certa disponibilità finanziaria e soprattutto la possibilità di controllare una vasta rete di rapporti parentali. quando si designano. Nei casi di novenari più poveri. anche se a Bitti attualmente si vorrebbe ricostituirla. l’ospitalità ai pellegrini occasionali in un locale apposito (il priorato). l’ingaggio di poeti dialettali per la gara poetica. potendosi l’appartenenza alla tríppida ricevere per eredità ma anche per ingresso in una famiglia già privilegiata. anche se non manca mai una stanza per il ricevimento degli ospiti. Faceva parte della tríppida un ristretto numero (in origine. a mia In ogni caso. I PAESI V. Quest’ultimo lavoro comporta. la tríppida è ancora funzionante solo a Orune. Anzitutto. questo aspetto è ovviamente meno enfatizzato. C’è infine l’organizzazione della festa vera e propria. le cinque o più famiglie abbienti che lo compongono si succedono a turno negli oneri e negli onori dell’organizzazione delle feste. di un complessino beat. reclutato per lo più tra parenti ed amici del priore. soprastante). la struttura di tutte queste organizzazioni è chiaramente autoritaria. La struttura autoritaria del gruppo può essere sottolineata ulteriormente dal sistema di nomina del priore che. amicali e clientelari. quattordici a Bitti per l’Annunziata) che si vantavano di essere discendenti della Madonna (Orune) o dei fondatori del santuario (Bitti. quattro a Orosei per la Madonna del Rimedio. Orosei): uso l’imperfetto perché. il coordinamento di un numeroso personale di cucina e di servizio. da cui ricevere collaborazione e supporto. concentrandosi così tutte le funzioni organizzative. di persona o indirettamente. lasciando al comitato solo quelli esecutivi. tre) di famiglie o «stirpi» (cinque a Orune per la Vergine della Consolata. Di solito. I doveri sono molti: c’è. 1 si sia segnalato un Comitato a struttura familiare. organizzazione della festa e amministrazione dei fondi potevano anche essere affidate a persone diverse. priore. con una certa rapida semplificazione: la realtà (per lo meno quella attuale) è però più sfumata. alla fine del suo anno di gestione. per lo meno attualmente. quando non venga eletto dal comitato (o preso a turno da una «stirpe»). 176 177 . in cui la struttura è tanto rigidamente élitaria da essere monopolizzata da un piccolo numero di famiglie. ma anche tutta l’amministrazione dei fondi (entrate e uscite) di cui dovrà presentare il bilancio al parroco. ecc. nelle mani del priore. può addirittura non esistere – o esistere in misura fittizia – il comitato. Le cose stanno. ha subìto a suo tempo certi tentativi di democratizzazione: a Bitti. c’è da curare la sistemazione edilizia della chiesa.PARTE PRIMA. da seguire. Abbiamo parlato di comitato e di priore. che si sono assicurati il «privilegio» legandolo a una tradizione ereditaria: è questo il sistema della tríppida. più modernamente. durante l’anno. il comitato può variare per grandezza. o. o stabilito. il comitato poteva anche tentare di darsi una struttura più articolata. Libro contabile della Madonna del Rimedio di Orosei cit. il più tardi nel giorno quindici dopo la festa della detta Madonna del Rimedio. il sottoscritto si è convinto che l’Amm. procuratore e priore potevano essere la stessa persona:56 in teoria come oggi. ad esempio. notaio o altro. pure presentati da un amministratore. le titolature dei vari Libri dell’Amministrazione. relativamente complessa. in quelli di S. di far la nomina del nuovo Priore. secondo il solito da tutti i Compatroni. che il Priore e Depositario dovranno render conti dell’Amministrazione nel giorno medesimo in cui si è stabilito come nel precedente. Maria Bua.. E quando 178 179 .ne e non già l’abitudine proscritta di assorbire i redditi della pia azienda da continue riparazioni»: in questa data e anche nel 1849 (fol. ma con la grande differenza che allora la carica era pressoché a vita (ad esempio a Gonare e a S. Cosimo. contenga reprimende del genere. fa una visita pastorale e si accorge dell’amministrazione fraudolenta del santuario. Questo poteva. ogni anno ammonito dal vescovo perché frenasse le sue spese vistose e presentasse dei rendiconti regolari: il tenace priore continuò tranquillamente nella carica per ventitré anni (dal 1826 al 1849). ogni compito legato all’estrinsecazione di prestigi e di cultura. per via diretta. Giusta. Cosimo e Damiano in Mamoiada non rispetta la legge che deve formare la sua guida nell’amm. o Compatroni. 56. 4° La nomina dei quattro membri dei Consiglieri sarà fatta dai Compatroni solamente presenti nel giorno della nomina del Priore. di cui riportiamo in nota il testo.58 Contadoria Generale di Nuoro si osserva: «Dalle spese vistose fatte in riparazione senza le solennità prescritte dal 2° dei decreti di visita di Mons. Nei Libri dell’Amministrazione di Gonare è sempre usato il termine di Administrador e mai quello di priore. che l’amministratore non prenda decisioni senza il consenso del parroco. secondo uso antico. nei libri di conti della Madonna d’Itria si impiegano indifferentemente i termini di procuratore e priore. 3° Si stabilisce per sempre che sarà nominato dal presente anno un Consiglio di cinque membri compreso il priore. analogamente. I NOVENARI. ai quali spetterà curare tutti gli affari della Amministrazione. non poteva essere tenuta che da uno dei pochi letterati di paese. 18) si ingiunge anche al Tolu di consegnare le somme rimaste a credito del santuario.re dei SS. 2° Rimane stabilito. che aveva il compito di tenere la cassa e di presentare i conti: al Rimedio di Orosei e all’Annunziata di Bitti le cose andavano così.r Parroco Sacerdote Giuseppe. Si può dire che ogni anno il Libro dell’Amministrazione di S. I PAESI V.. 6 bis) l’impiego indifferente dei due termini di amministratore e priore. Questioni economiche e organizzative depositario o procuratore). Prescrive che si denunci il numero delle pecore «che siamo certi di essere rilevante». 16) in cui dalla Per ovviare a questi strapoteri. vescovo di S. in altri casi. e senza il voto dei quali non potrà il Priore fare alcune spese massime straordinarie e fuori uso. al limite. amministratore di S. si farà per votazione. sfidando le reiterate accuse di amministrazione fraudolenta. fol. Cosimo). che comportasse anche organismi di controllo delle spese del priore: così almeno risulta da un interessante regolamento che poco più di un secolo fa (1863) si diedero i compatroni (cioè i «coeredi» della tríppida) del Rimedio di Orosei. ed il Depositario da un’altra stirpe. che il parroco pubblichi le decisioni prese (fol. non combinassero. all’anno 1873: «Addì primo Gennaio dell’anno Mille Ottocento settanta tre in Orosei. Congregatisi i Compatroni della Chiesa titolata alla Madonna del Rimedio. Cosimo. 57. che avrà maggiori voti. citati. questi pochi venivano ad assumere. il quale per giunta finiva inevitabilmente per essere reclutato tra le poche famiglie nobili. Tanto vale a dire il priore da una delle stirpi.55 Ma. risulta ad un certo punto (anno 1832. Questo si giustifica probabilmente col fatto che l’amministrazione dei beni.PARTE PRIMA. Si vedano. 7). Ne diamo alcuni esempi: Nel 1831 don Giov. Varie reprimende seguono negli anni: esempio quella del 1844 (fol. Cosimo. Diciamo meglio: dal momento che status e cultura erano privilegi inscindibili e alla portata di pochi. come nel caso di quel Don Giovanni Tolu. e sarà priore e Depositario quello individuo. portare a una situazione dittatoriale e di conflitto tra autorità laica e autorità ecclesiastica. Similmente dagli Stessi Compatroni sarà in detto giorno votato il Depositario. Il priore sarà votato. Arcivescovo Bua di felice memoria e contro il disposto dell’Editto Organico di quest’Ufficio di Contadoria del 2 dicembre 1807. e Depositario. E se gli eredi. sotto la presidenza del Sig. cit. unanimemente hanno stabilito per regolamento della Amministrazione quanto segue: 1° Articolo.57 55. 58. in quanto festa tribale dei bortigalesi che ne escludono tutti gli altri. Francesco viene scelto di preferenza tra i rappresentanti dell’unico commercio che correli la produzione tradizionale (pastorizia) all’ambito della economia di moneta: i macellai di Nuoro. più o meno con sforzo. Silvestro Fenu. Chi è priore perde in proprio o rischia in proprio – ma il rischio può anche trasformarsi in attivo. Nel caso poi di un bilancio così cospicuo come quello di S. non va dimenticato. Silvestro Fenu. o volgarmente dette tripides sono quattro.. se si è abbastanza abile. che firma. Il priore ancor oggi è scelto. si farà per votazione segreta. dei Serra. La sua festa principale. A questo livello. la stessa regola vale per il Procuratore 2) si è stabilito che riformando il presente regolamento sui Capi Priori si debba formare a maggioranza di voti una Commissione di quattro membri con a capo sempre il Pievano della Parrocchia. Loddo. p. che credessero opportuno. Battista Burrai +. almeno oggi. tra i pastori o i proprietari più abbienti. Questioni economiche e organizzative Ma. Giacinto Fenu +. Pietro Fenu +. a quanto pare. Ant. dalle quali farassi la nomina del priore e Depositario come si è detto. o d’altro Sacerdote. che si ha da pagare per la conservazione della propria autorità. I PAESI V. Francesco di Lula. che da bravo commerciante urbano afferma di non fare niente per niente. Ci guadagna. Presenti alla già detta Costituzione. a Bitti nel 1890. di tutta quella tendenza a una folklorizzazione della festa. e l’istituto del priorato può entrare in crisi. La sua persona dovrà quindi necessariamente venir cercata tra chi disponga di sufficiente denaro liquido: per questo. Prendiamo il caso di Bortigali. Giovanni Piredda. nonostante il rilievo degli introiti. cioè dei Demuru. Cuca +. per questo. in data 4 giugno 1890: «Nell’adunanza che si fece oggi dei Capi Priori della Vergine Annunziata in seguito alla legge che proibisce le pubbliche questue si è stabilito 1) che i Capi Priori degli anni antecedenti che non hanno dato i conti siano obbligati a dare i conti nel giorno otto del corrente giugno 1890 sotto pena di non essere più nominati Capi Priori ove vi resistano a rendere i loro conti. Proto Soro. con un nuovo regolamento. 6° Tanto hanno stabilito tutti i presenti che vogliono abbia vigore per l’avvenire. Antonio Loddo. cit. e tanto la Commissione che il Procuratore rimarranno in carica per tre anni. da un gruppo familiare. dei Masala e dei Flores. Segno. si può dare un certo rischio finanziario. Piredda Giovanni. anche qui è il familismo ad imperare e a imporre modelli di comportamento – grava almeno l’onere dell’organizzazione della festa. Pietro Loriga +. Teodoro Dessena +. paesino pastorale nei pressi di Nuoro. il priore di S. Rettore Giuseppe Pittalis». quella di S. 33. Sulle spalle non combinassero nella libera nomina. Francesco. che ne faccia le veci in sua assenza e questa Commissione o Deputazione sorveglierà e disporrà quanto possa occorrere per il buon andamento dell’Amministrazione della Chiesa e di quanto possa occorrere 3) nello stesso giorno che si voterà per i 4 membri della predetta Commissione. Giaco Anto.PARTE PRIMA. se non addirittura la maggior parte delle spese. Caseddu +. Maria de su Saùcu (del sambuco) costituisce ancora un grosso fatto unitario. membro nato. I NOVENARI. ove non vengano confermati per altro triennio». perché è il priore a dover anticipare di proprio quanto poi recupererà durante l’anno. e croce segnano Cosimo Demuru +. Ant. 5° Viene oggi riconosciuto che le stirpi. Giacomo Antonio Rosu. Ma nel complesso. si voterà pure il Procuratore. che abbiamo varie volte notata. Rosu. Ant. del priore e della sua famiglia – perché. e quelli che riporteranno maggior numero di voti saranno dichiarati Consiglieri pel venturo anno. Un controllo del priore si propose anche. Ant. ormai solo quello di S. nei casi in cui il ruolo di priore sia rimasto tuttora. Decampus +. dare una festa viene a costare quasi più che sposare una figlia: si parla (ma forse esagerando) di un milione circa tirato fuori. per lo più secondo criteri di censo. dalla non sempre limpida ricchezza. salvo il diritto dei Compatroni di aggiungere qualunque articolo di Regolamento. Mula Vardiu +. Proto Soro. Ma in altri casi le cose possono andare diversamente. fare il priore è più un onere che un guadagno. mi si dice. magari anche a 181 180 . cioè tra quei prinzipales che siano ancora in grado di credere che il sostenere una festa costituisca motivo di grande prestigio. Ant. Flore Tomaso +. almeno quelle del banchetto da offrirsi a compaesani e stranieri il giorno della festa. anche questo. le cose non sono molto cambiate: essere priore di una festa significa ancora solennizzare in modo grandioso il proprio prestigio sociale e assieme pagare quello scotto. Dal Libro Ragionale dell’Annunziata di Bitti. Piredda Giovanni. Questa struttura ha raggiunto indubbiamente. è temporanea. leggerà il nome fatidico di qualcuno che.: attualmente un milione circa – sono tutte a carico del priore. Ci sono però casi più avanzati. Ma il suo non è che un avallo. Sono i casi 182 di S. Per tutti questi motivi si è anche giunti. a soluzioni più democratiche. la comunità di paese. e si è tentato di contrapporre ad essi un comitato ristrutturato su basi più larghe. dal pulpito. nel complesso. sempre in segreto. un comitato direttivo. perché è stata ottenuta dopo una lunga battaglia delle nuove generazioni contro gli anziani. ma che nel peggiore dei casi si troverà appioppata la carica tra capo e collo. la figura del successore. Bastava poco per questo: bastava nominare priore qualcuno in difficoltà finanziarie. alla rovina di qualche famiglia. ne sceglie una che dovrà accollarsi l’onere del priorato della festa locale. la carica di priore può pesare: l’istituto può entrare in crisi assieme alle vecchie famiglie dei prinzipales. Il giorno della festa. tra i benestanti e gli «intellettuali» del paese: nel ’67 l’obriere era il sindaco. Il lungo e sicuro dispotismo di Don Giovanni Tolu è l’esempio di una situazione ancora attuale per quanto concerne i rapporti tra organizzazione della festa e chiesa cattolica. Struttura dell’organizzazione Che cosa ci dice una struttura organizzativa come questa che abbiamo descritto? Si caratterizza per tre aspetti: è autonoma. Ad esempio in un paese dell’Ogliastra il parroco ha la lista di tutte le famiglie. è gerarchico-autoritaria. che si quotano per un minimo di 2000 lire a testa: vengono votati. ecc. anche in tempi recenti. 1): ma rappresentano casi singoli di vittoria di una chiesa. in ultima istanza. E il gioco era fatto. A Bortigali. sarà già stato informato per vie sotterranee. i membri del comitato direttivo sono reclutati per la maggior parte. o ad approvarne la nomina. formale e a posteriori. che è riuscita a controllare un ambito potenzialmente autonomo. Che sistema si è escogitato per lasciare tutti i poteri decisionali nelle mani del priore in carica e mettere. mi si dice che l’anno scorso si siano spese quasi 300. Cosimo di Mamoiada e della Madonna di Gonare. cartucce. Nella stessa Bortigali si cominciano ad avvertire i segni di qualche rifiuto: lo scorso anno furono molto difficoltosi i vari sondaggi sotterranei per l’individuazione della persona disposta ad assumere la carica. rispetto al passato. a turno. Il parroco del paese è sempre stato. Questioni economiche e organizzative schioppettate – si spara molto «in onore della Madonna». Le spese della festa – pranzo. Ad esempio. il parroco. Possono non mancare casi di interferenze e controlli diretti da parte della chiesa.59 Ma si tende.000 lire in cartucce. o a presiedere addirittura il comitato (tab. Qui. I PAESI V. in alcuni paesi. e da esse. Questa innovazione è comunque interessante.PARTE PRIMA. e l’obriere. formato di 15 persone. di iniziative prese e di spese fatte da altri in via del tutto autonoma. L’aspetto più appariscente è senza dubbio il primo: la grande tendenza autonomista del comitato rispetto ai più alti livelli dell’organizzazione ecclesiastica. poi. la nomina segreta del priore ha portato. tranne rarissime eccezioni. I NOVENARI. e la comunica poi al parroco. o comunque rispondenti a quei principi di livellamento sociale cui si conforma. nell’assoluta impossibilità di rifiutarla per non perdere la faccia. il comitato è stato allargato a 150 persone. ma ancora con notevoli limiti: di fatto. quello designato nell’impossibilità di tirarsi indietro? Si fa così: il vecchio priore decide in segreto. un grado maggiore di democraticità. a distinguere nettamente tra compito e compito: chiesa e sacerdoti devono occuparsi esclusivamente delle pratiche rituali. nello stesso tempo. 59. può essere il parroco a nominare comitato e (o) priore. nel migliore dei casi. come vedremo. Oggi. dopo diplomatiche e misteriose consultazioni. il direttore responsabile davanti ai suoi superiori dell’amministrazione della chiesa campestre o del santuario. in cui priore e comitato di vecchio tipo sono stati messi in discussione per il loro autoritarismo convogliante entro un numero ristretto di persone tutti i poteri decisionali. 183 . senza distinzioni. Riesce ad assicurarsi la sopravvivenza iterando l’utilizzazione di un medesimo modello. coinvolgendo tutto il problema più generale e complesso del cattolicesimo contadino. perché ha molto sovente un capo dotato di tutti i poteri decisionali. Al limite. secondo uno schema seriale potenzialmente infinito. Sta di fatto che – nonostante la varietà del quadro umano e delle soluzioni organizzative che esso ci offre – il complesso di un novenario costituisce anche e soprattutto un universo che si riconosce come omogeneo: tutti si sono mossi secondo un percorso tradizionale. più raramente villeggiatura): ma c’è poi tutto il resto. Questo comporta i due fattori connessi di una utilizzazione di un medesimo schema operativo e organizzativo. della vita sociale e delle feste del novenario – è di competenza della comunità e dei suoi rappresentanti. come sua motivazione profonda. Questo significa realizzare un particolarissimo terreno di incontro. LE MOTIVAZIONI L’inchiesta mediante questionario (1967) Scoprire le motivazioni vere e profonde che si sottendono al comportamento di un gruppo umano che escogiti l’istituto sociale della festa e della novena è un compito difficile e forse anche presuntuoso. La stessa informalità del gruppo fa riferimento a ambiti di produzione. in cui non si diano modelli collaborativi all’infuori di quello familiare. che è però insufficiente. e di un suo continuo disfarsi e rifarsi stagionale. che deferisce a comitato e priore anche il diritto di dirimere le varie questioni che possono insorgere: controversie. entro il quale ciascuno abbia la possibilità di verificare la presenza. ci si riunisce in modo informale. orientata gerarchicamente sia – nell’ambito della famiglia patriarcale sia in quello della comunità. è presto detto: il comitato è un’organizzazione gerarchico-autoritaria. L’organizzazione del comitato non fa insomma che riproporre strutturalmente gli schemi di una società agropastorale. Del secondo aspetto strutturale. I PAESI mentre tutto il resto – cioè l’ambito dell’organizzazione. al momento del bisogno (vendemmia. All’interno della novena si stabilisce addirittura una giurisdizione autonoma. quando ci si voglia dare una dimensione comunitaria. mietitura. Si va alla novena secondo motivazioni esplicite ben precise (voto. 185 . Così. Andare alla novena può significare essere compartecipi di una medesima ideologia della vita e della morte. La temporaneità infine rispetta anch’essa i ritmi di un modello di produzione. come. che si fa e si disfa secondo un ritmo stagionale. È infine un’organizzazione temporanea. che ha da prepararsi e da rispondere di anno in anno in funzione delle stesse scadenze stagionali. condividere un medesimo orizzonte di rapporti comunitari entro ruoli ben determinati.PARTE PRIMA. La finalizzazione dello sforzo comune è indirizzata verso un unico obiettivo: la festa. litigi. disporre di un certo tipo di informazione in cui «tradizione» e «modernità» oggi si confrontino ma non si risolvano. Da questa realtà sembrano però emergere alcune motivazioni più qualificanti. che si articola su due livelli (prinzipales e tutti gli altri). ecc. risse. e non sempre le più pertinenti. la novena esiste perché esiste.) ci si poteva dare una mano l’un l’altro. di un destino comune. il paese. nella misura in cui il gruppo ogni anno si scioglie e ogni anno si ricompone. Molte sono le domande che ci si può porre. la quale si sviluppa da un humus di profonde coerenze. La questione va molto più in là dello stretto rapporto tra comitato e autorità ecclesiastica. nell’altro. e tutte quelle sue limitazioni che l’istituto della festa tende a far superare. culturali. 184 VI. sociali. obbedendo a un’ideologia e a un ruolo sociale che rispondono alle aspettative del gruppo. di cui tutti si è compartecipi entro le precise forme a ciascuno assegnate. devozione. che di anno in anno ciclicamente proporrà il proprio ritorno e la propria fine. con tutto il suo complesso di condizionamenti economici. o comunque direttamente correlabili all’istituto sociale della novena. I NOVENARI. e cioè che chi resta in paese ha una buona probabilità di aver fatto almeno una novena: naturalmente saranno le donne ad accentuare in modo molto significativo questa tendenza. Questo avrebbe diminuito. e cioè a quell’emblema di tutto il paese. Alla novena. assieme alle tabelle ricavate dalla elaborazione dei dati. Bitti. come ci era stato suggerito al Rimedio di Orosei. questi anziani sembrano orientati in modo più tradizionale e rappresentano forse i gruppi-leader. più della metà di esse. Ci sono anche novenari più frequentati da habitués che non altri: l’Annunziata di Bitti e il Rimedio di Orosei – forse per la loro caratterizzazione prevalentemente monotribale – si distinguono per la presenza di un buon 80% di persone ritornate lì almeno per la seconda volta (tab. 59). andare alla novena può significare «rappresentare» il paese intero: non nel senso strettamente quantitativo di una rappresentatività statistica. e su un gruppo di confronto nelle cinque comunità di Nuoro. Siamo solo in grado di fare dei confronti interni a due gruppi relativamente omogenei: ma anche da quest’ambito più ristretto emerge una serie di indici di probabilità. era più o meno questo: come si potesse giustificare la esistenza di questo rilevante istituto di origine precapitalistica. Orosei. portati dai nuovi mezzi di informazione. ci siamo posti la domanda se i novenanti non costituissero una specie di gruppo di habitués. al limite. ma in quello morale di una rappresentatività emblematica di quei ruoli e di quelle aspettative.PARTE PRIMA. può restare aperta la domanda se recarsi alla novena costituisca un comportamento «normale» o «anormale» rispetto alla tendenza media paesana. Gli altri scarti significativi emersi – sempre nei confronti tra eguali classi d’età e di sesso tra novena e paese – sono del tutto sporadici e irrilevanti. M3 e F2 lo valutano positivamente e inoltre credono di più alla verità del malocchio. Nei confronti tra gruppo di novena e gruppo di paese sono emersi solo scarti significativi rispetto a singole classi d’età: soprattutto M3 e F2. M3 osserva con maggior frequenza il precetto della messa. Mamoiada. maggior frequenza. Oliena. Basti osservare che il particolare criterio della campionatura dei gruppi di paese non può autorizzare a considerarli statisticamente rappresentativi dell’intera comunità. si presentava. 186 187 . In particolare. M3 e F2 si comunicano con Le voci di fuori Il primo problema che a noi. «Ha fatto altro novenario altrove?»). Per gli uomini questa probabilità cresce significativamente con l’età da un 2. Quanto alle donne. 13-14). Per verificare queste ipotesi. M2 e F2 hanno visto meno film e ascoltato meno la radio. 58). anche se non avrebbe tolto nulla ad altri tipi di significatività. ha ormai avuto un’esperienza di novena (tab. senza sensibili variazioni in rapporto all’età. che chi va alla novena sa di rappresentare. (I dati non sono sommabili. 57). 60. diverso da quello del loro soggiorno attuale (tab. F2 vede meno la televisione.5%: il che è già non poco. F2 tende ad affermare che il lamento funebre si fa sempre. che la realtà sociale e culturale davanti alla quale ci siamo trovati alla fine dell’inchiesta ci si è rivelata sostanzialmente unitaria:60 chi va alla novena può ancora dire di «rappresentare» simbolicamente il proprio paese. anche in Sardegna stiano avanzando altri modelli culturali. abbiamo condotto un’inchiesta mediante questionario su un campione rappresentativo di tutto il complesso dei novenanti a partire dai 18 anni. di quei valori e di quelle informazioni che la comunità di paese esprime o assume come propri. anche tutte le premesse di ordine metodologico circa le modalità e i limiti di questa parte dell’inchiesta. I NOVENARI. può essere vero anche il contrario. bene o male. confermando ancora una volta che questo è uno dei loro grandi ambiti di iniziativa. che fosse abbastanza simile per composizione sociale o occupazionale al gruppo di novena (tabb. Sta di fatto. Le motivazioni Al limite. nonostante che. Le domande infatti erano: «Ha fatto qualche altro novenario qui?». la loro significatività statistica. Questa tendenza c’è davvero. in una certa misura. Le donne inoltre – specie le più anziane – hanno avuto la possibilità di conoscere almeno un altro novenario.5 a un 47. I PAESI VI. spettatori estranei. D’altra parte. Rinviamo in Appendice. 56). Quanto al problema della rappresentatività (anche in senso statistico). che inducono a riflettere su questioni di ordine più generale. Quindi. Donne e uomini senza distinzione di sesso e con lievi distinzioni d’età hanno in gran maggioranza fatto almeno un’altra novena nello stesso luogo (tab. E come retroterra della stessa «promessa» noi intuiamo l’esistenza di tutta una serie di orientamenti culturali. nella misura in cui. entro una realtà di fondo più vischiosa. dopo la prima impressione di dinamismo. ma anzi confermata proprio da quei più appariscenti fenomeni di novità. Di fatto. che era in grado di mettere in relazione coi più vasti orizzonti del mondo esterno. in seguito all’introduzione dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Entro un’area analfabeta. Pinna. L. La novena assolve istituzionalmente anche questo compito. Entro un’area analfabeta. In entrambi i casi. l’area analfabeta era ed è tale anche per un preciso gioco di poteri. Non solo: c’è anche – e ne vedremo la misura – una certa inerte persistenza di antichi orientamenti. che – per certi aspetti almeno – sembrava non contraddetta. I NOVENARI. vuol essere un luogo di incontri e di scambi di relazioni. prinzipales e sacerdoti erano gli unici detentori di quel sapere scritto. i vecchi istituti sociali (magici. I PAESI VI. A sua volta. come la festa e la novena. nella misura in cui potere e controllo dell’informazione sembrano sì avere iniziato a fuggire dalle mani di sacerdoti e prinzipales. ancor prima. Mobilità In quanto microcosmo di informazione.. gli unici in grado di esprimere un ceto di intellettuali. Incontrarsi al novenario significa scambiarsi relazioni sociali e. che usano o sembrano usare o dovrebbero usare un linguaggio molto diverso da quello della tradizione. veicolo di propaganda proprio di quell’economia che ha condotto alla attuale destrutturazione delle campagne. ebbe come esito il formarsi e il consolidarsi di tutta una prassi politica clientelare. si diceva: assumendo questo come dato inevitabile. che inevitabilmente confermava il subalterno entro il suo rango: e così avviene oggi più di ieri. e si assiste anzi all’ingresso in massa delle nuove generazioni nella scuola dell’obbligo. altre se ne possono avanzare. È una realtà in movimento. È però un movimento che non sembra intaccare – almeno per ora – la struttura sostanziale dell’istituto: ognuno continua a muoversi secondo i percorsi di sempre. l’unico mezzo di informazione è rappresentato di fatto dall’incontro tra persona e persona: è questo il canale che 188 ha da sempre permesso la circolazione di nozioni e valori. la cui origine risale molto addietro. il giorno della festa arriva l’orchestrina. secondo una parabola irreversibile. si sente parlare di film. centralizzati a livello nazionale. ecc. obbedendo alla antica ideologia che fa della novena un luogo di «promessa» al santo. Anche la novena sembra inserita entro questi aspetti di modernità più vistosa: ascoltiamo le voci di Mina e di Celentano. rompendo gli isolamenti interfamiliari o interlocali. l’analfabetismo si va riducendo.PARTE PRIMA. da una parte. una non-crisi di certi istituti. E c’è.61 Ora. se non addirittura al rafforzamento. pp. Fino all’immediato dopoguerra. che ha centralizzato (e centralizza tuttora) in altre mani il controllo di tipi privilegiati di informazione. 61. 189 . scambiarsi informazioni: non solo notizie. ma modelli di comportamento. la novena ha da essere commisurata anzitutto rispetto alla mobilità della popolazione. grado e qualità dell’informazione dovrebbero essere mutati. vediamo persone che leggono. 135 sgg. C’è. i quali a loro volta finiscono per confermare i gradi intermedi nel loro potere. Le motivazioni Sembrerebbe che si stia creando una situazione nuova: si vanno diffondendo i mass media. dall’altra parte. Essa è correlabile a due precisi ordini di motivazioni: la crisi dell’economia agropastorale e l’imposizione di nuovi modelli culturali. Accanto però ad ipotesi trionfalistiche (da «cambiamento culturale»). Il primo filtro che abbiamo utilizzato ci ha immediatamente fatto entrare. valori e così via. il controllo dell’informazione esercitato dai prinzipales. di determinate ideologie magiche. La famiglia esclusiva cit. però. Ci troviamo di fronte a una realtà assai ambigua. ma sembrano ancor più solidamente detenuti da altri organismi di controllo. la crisi in cui stanno ormai entrando. il monopolio della cultura ebbe come esito la conservazione: vedremo più avanti ad esempio come la Chiesa abbia contribuito al mantenimento. religiosi) del passato. il 13. La tendenza generale all’immobilismo è confermata dal fatto che la mobilità risulta essere una variabile dipendente rispetto all’età: sono proprio i più giovani ad avere avuto minori contatti col mondo esterno (tab. la ragazza che descrive all’amica l’abito di Mina visto a Carosello.2% non possedeva il televisore (tab. Il sondaggio che abbiamo voluto compiere sull’argomento dei mass media è molto circoscritto. si può vedere qualche gruppetto di persone radunate attorno a un amico o parente che legge e commenta uno dei giornali locali – L’Unione Sarda (di Cagliari) e La Nuova Sardegna (di Sassari. Non ho mai visto circolare fumetti. Il ballo Del complesso problema dell’incidenza dei mass media come agenti di trasformazione. per cui si può andare abbastanza di frequente in città per acquisti. entrando a toccare questioni di consumi. ecc. che trasmette canzoni.5%) non ha mai vissuto fuori del proprio paese per un periodo che superasse i tre mesi (tab. 15). alle chiusure di sempre. Abbiamo solo fatto pochi e parziali sondaggi entro una tematica enorme. Si sarebbe dovuto tener conto non soltanto dell’utilizzazione diretta dei media ma anche delle varie mediazioni dei leaders d’opinione – il compaesano che alla novena legge il giornale al gruppo. Le televisioni non sono ancora state portate. Questo è il quadro relativo al gruppo di chi è restato: ma sappiamo che con l’emigrazione. È una possibilità che hanno quasi esclusivamente gli uomini e si connette a tutte quelle necessità che li mettono in contatto con le forze esterne del datore di lavoro o dello Stato (servizio militare) (tab. Non ha che continuare a indirizzarsi verso i pellegrinaggi tradizionali. Si sarebbero dovuti analizzare temi e contenuti dei diversi messaggi proposti e recepiti. La donna è esclusa quasi completamente da tutto ciò. Mass media e trasformazioni Alla novena si sente la voce di qualche mangiadischi o di qualche transistor. Questo tipo di ricerca.PARTE PRIMA. Si torna però in poche ore. I NOVENARI. Quali contatti si possono avere col mondo esterno? È in aumento una certa mobilità spicciola. Solo il 13. Le motivazioni L’istituto appare di fatto strettamente connesso al grande tema dell’isolamento geografico e alla volontà culturale di superarlo. Di fatto. Nuoro non ha giornale).2% dell’intero gruppo è costituito da individui nati in un altro paese. Il che pone. il problema di chi resta. costumi e mode. visite all’ospedale.62 a meno che non si operi la rottura definitiva della emigrazione. 17). anche se la tradizione non ha potuto escogitare che correttivi al sistema. sta succedendo esattamente il contrario: sono i più giovani a partire. – che sono stati individuati come importantissimo canale di trasmissione di informazioni e di modelli tra chi possiede il mezzo e chi non lo possiede. anche perché non volevamo addentrarci nella complessa questione della loro incidenza come agenti di cambiamento: non sarebbe bastata un’inchiesta. qui nell’interno. Ma più della metà dei nostri intervistati (il 58.4% del totale degli intervistati non possedeva la radio e il 54. un singolo tema che interessasse più direttamente la socialità del novenario. tra l’altro. In via più modesta e limitata vi si riflette la stessa situazione del paese: al tempo dell’inchiesta. ma conosco casi di qualche altro novenario in cui è arrivata anche la TV a batterie. da un decennio a questa parte. assoggettati alle necessità di sempre. inevitabilmente e per contrasto. I PAESI VI. uffici. 191 190 . abbiamo scelto. per la verifica. oggi molto più facile. con i risvolti positivi e negativi che comporta. 62. si nasce e si muore nello stesso paese. 18). Anche per la mobilità. l’alternativa sembra essere tra un andarsene definitivo e un restare. avrebbe dovuto impostarsi in modo diverso. 15). come per il ballo moderno.63 Veniamo al ballo tradizionale (tab. Anche questo scarto si evidenzia soprattutto per le donne. La situazione del ballo tradizionale è quella di una crisi latente. tra musica e ballo tradizionale e musica e ballo moderno. dei medesimi ritmi e dei medesimi gesti. Le motivazioni È noto che oggi alla canzone è affidato in misura considerevole il compito di veicolare l’appello a un ingresso trionfalistico nel mondo «moderno» dei consumi. imparare i nuovi balli e assoggettarsi a tutte le regole di comportamento che sono loro proprie. era un fatto tendenzialmente pubblico. il ballo costituiva un importante modo di espressione comunitaria. Non vogliamo entrare in merito a questioni estetiche. sul piano pratico. della capacità di 192 esecuzione: può essere difficile. Anche qui. sembrerebbe emergere una certa tendenza (specie tra maschi e femmine della prima classe d’età: ma vedi anche M2 e F3) alla presenza nel gruppo festivo di persone più disponibili al nuovo tipo di ballo: ma questo può essere anche conseguenza della situazione di particolare disponibilità in cui ci si trova.PARTE PRIMA. 19). A conclusioni analoghe si arriva anche confrontando tra di loro i livelli di gradimento e di capacità relativi ai due diversi generi di ballo: mentre le generazioni più anziane sono più orientate verso il ballo tradizionale. Al ballo tradizionale si riservano solo le grandi occasioni (matrimoni. ma non più in pubblico: si balla nelle singole famiglie. A sua volta. c’è un certo scarto tra capacità e gradimento. carnevale. le risposte nei confronti del ballo tradizionale non sembrano cambiate di molto. come risulta dal confronto tra le risposte alle nostre domande relative al grado di capacità o di gradimento dei due diversi tipi di ballo: quello tradizionale e quello moderno. specie per manifestazioni che. i matrimoni – si compartecipava. Dal confronto tra gruppo di novena e gruppo di paese. fatto di sostanziali incompatibilità. Pochissimi. Questo altissimo gradimento non sempre però corrisponde ancora alla assunzione. specie per chi non è giovanissimo. anche qui le donne si sanno esibire meno degli uomini. con una maggioranza schiacciante rispetto alle più anziane. e questa volta a porte chiuse. come il ballo. comportano un altissimo grado di socializzazione. tutti. accessibile a chiunque. il carnevale. che tendono al suo rifiuto quasi totale (tab. anche perché si sa che i canoni variano da cultura a cultura. Il suo successo. allo sfaldamento del legame comunitario ha contribuito l’imposizione del modello del neofamilismo borghese: la domenica o nelle feste i giovani possono ballare «alla moderna». resta più o meno immutato nonostante il passare delle generazioni. 63. I NOVENARI. Quasi tutti gradiscono il ballo tradizionale. non fa che confermare quanto già si poteva supporre in partenza. Ma lo scarto. I PAESI VI. La sua attuale crisi va parallela alla crisi della comunità e al suo sfaldarsi come coeso orizzonte di comportamenti comuni. 16). Nell’ambito di questa questione più generale va ascritto il problema particolare dello scontro. Nella comunità tradizionale. Ma anche questa assunzione di modelli borghesi si va svolgendo tra le più imprevedibili perplessità. Il ballo moderno sta entrando con successo travolgente. In tutte le occasioni festive – la domenica. uomini o donne. novene): e anche qui con contaminazioni variabili da luogo a luogo. anche in quest’ultimo accettazioni e rifiuti. quasi tutti lo sanno eseguire. che ormai tendono a gradirlo. specie tra i più giovani. 193 . specie tra le generazioni più giovani. si sentono in grado di affermare che non piace più: se ne ribadisce anzi la bellezza. le varie feste dei santi. continuità e discontinuità rimangono come segno di una situazione di cui non si possiede il controllo. sia che avesse per teatro la «piazza di chiesa» oppure il cortile familiare. che non è significativo. Come ormai in vari altri ambiti di nostra conoscenza. la prima classe d’età – maschi e femmine senza eccezione – tende a dividere equamente i propri orientamenti tra ballo tradizionale e ballo moderno. In quanto solenne e gioiosa affermazione di gruppo. Insomma: sia sul piano pratico che su quello della valutazione. giovani o anziani. nel senso che ai musicals (l’equivalente della canzone) tendono ad associarsi film. I NOVENARI. perché comporta uscire in un luogo pubblico. ma a sua volta il 43.1 di questo gruppo la vede con una certa frequenza in casa altrui. 64. Fatta la debita eccezione della mezz’età. solo tra le F2. Le motivazioni Sondaggi sull’informazione A parte l’esempio specifico del ballo. Andare a un cinematografo è ancora un fatto per buona parte maschile. Sono ormai rarissimi i casi di persone che non abbiano mai ascoltato la radio o visto un film o la TV: e certamente più rari di chi non sa leggere né scrivere. ad esempio. 23 l’atteggiamento nei confronti della televisione). Radio e televisione riescono invece a far giungere il loro messaggio senza sconvolgere l’orizzonte dei rapporti sociali tradizionali. rispetto a domande più precise. 20). Qualche punto emerso dal nostro sondaggio. riferentisi all’utilizzazione di giornali. in quanto strumenti che possono confermare il familismo (o il neofamilismo). nel complesso. un progresso generazionale nella quantità dell’informazione. pochissime rubriche – le più qualificate – per una élite dei più giovani: e questo è tutto. alla tab. che trova un certo – ma minore – gradimento tra le persone più anziane. o comunque essere stato troppo occupato nei preparativi della partenza per avere il tempo di guardare la televisione o leggere il giornale. L’informazione radiofonica (tab. come avveniva in mezz’Italia una diecina di anni or sono) (tab. televisione.PARTE PRIMA. Rimane però aperto il problema di fondo: quello della qualità delle informazioni proposte e recepite. dal momento che può giustamente dar fastidio confessare la propria «ignoranza». le risposte negative tendono ad essere molto alte: e si tratta per certo di atteggiamenti non indotti. L’informazione televisiva (tab. L’ambiente di una sala cinematografica di paese o di Nuoro stessa offre un quadro che è esattamente l’inverso di quello di un novenario: il cinematografo tende ancora ad essere un luogo per soli uomini (tab. sia per i maschi che per le femmine. direzionata entro due binari ben precisi: la canzone. come tendenza comune. Abbiamo detto che il 54. che nel gruppo di paese appare maggiormente disponibile a questo messaggio rispetto alle più austere novenanti. 22) appare. c’è da notare comunque. per tutti e tre gli audiovisivi (radio. radio o TV nell’arco della settimana precedente il momento dell’intervista o del film nell’arco di tre mesi. perché la scelta dell’ospitante avviene soprattutto tra parenti ed amici (non esiste o quasi il fenomeno del bar o della sezione di partito utilizzati come sala da spettacolo televisivo. che ha un altissimo gradimento tra le generazioni più giovani65 e il bollettino locale o nazionale di informazioni. Il vantaggio maggiore l’ha nel campo dei film. Ma.64 Nel complesso l’uomo si trova sempre avvantaggiato rispetto alla donna: ma in misura diversa. un po’ meno disinformato di quello di novena: e questo può attribuirsi a un’eventuale tendenza della novena ad assorbire gli elementi più tradizionalisti o. Un po’ di sport o di telegiornale per gli uomini. più probabilmente e semplicemente. 23) (relativamente minore rispetto a quella radiofonica) tende ad essere un po’ più articolata. Anzi. anche per le donne non entrano remore sociali. che comporta una risposta attiva ai nuovi messaggi della canzone. sono forse le donne giovani ad aver cambiato in modo ancor più vistoso rispetto alle loro madri e alle loro nonne che non gli uomini rispetto ai loro ascendenti (si veda. al fatto che un certo numero di novenanti poteva aver lasciato il paese da oltre una settimana. teleromanzi e commedie: ulteriore presumibile canale di imposizione di nuovi modelli culturali. Quanto alle classi d’età. Il gruppo di paese risulta.2% degli intervistati non possiede la televisione. 21). ad esempio. molto generiche ma che peraltro ci hanno stimolato a riflettere sui rapporti tra cosiddetta «disinformazione» del ricevente che sta alla base e controllo dell’informazione da parte di chi sta al vertice. 194 195 . 65. l’unico scarto significativo tra gruppo di paese e gruppo di novena è presente. tra gli M2 per l’informazione radiofonica e cinematografica. però. film). In questo caso. abbiamo posto alcune domande d’informazione. Statisticamente. I PAESI VI. è cronaca. nel senso che sia alla novena sia in paese la soglia dell’istruzione non varca. se non per una percentuale minima. Il resto. qualche problema di categoria (pensioni. se si considera il 34. 197 196 . Nel primo caso. che non è certo quello di una mancata recezione del messaggio. il gruppo di paese presenta livelli più bassi: un 47. considerata appunto più «difficile» o élitaria. l’ottemperanza all’obbligo scolastico aumenta progressivamente con l’età (sia per i maschi che per le femmine. le cose vanno molto diversamente per quel che riguarda i livelli di scolarità. l’esempio della stampa è abbastanza eloquente. I due giornali locali sono rispettivamente di proprietà dei due grossi industriali Monti e Rovelli. È una situazione verificabile in via più generale sui dati dell’ISTAT (tab. È chiaro che tutto questo ci rinvia al problema di fondo. e forse abbiamo sbagliato. I NOVENARI.8% del gruppo di novena. Un po’ di pagina sportiva per gli uomini. Rimanendo nell’ambito isolano.9% rispetto a un 57. che vanno dall’individuazione di precisi problemi politici come la guerra nel Vietnam ad altri forse più equivoci come il ricordo dell’uccisione di Kennedy o di Luther King (le interviste nei paesi vennero condotte più o meno a quell’epoca) vissuti forse più come storia dei grandi che non come concreto problema politico. Si tratta sempre di un discorso relativo.5 e l’11%). gli altri paesi presentano un 1. che può interessare i maschi e anche quelle donne più giovani che stanno compiendo uno sforzo di aggiornamento. Tra i rotocalchi (inutile dire) Famiglia Cristiana e Oggi sono tra i più ricordati. ci interessava però di più conoscere il grado di incidenza specie nei problemi politici. 24) è «difficile» e per questo ancor meno diffusa: alle percentuali delle risposte «non so». 25). «non ricordo» va anche aggiunta forse quella di chi rispondeva genericamente di aver letto il quotidiano locale o un rotocalco. È il problema del controllo dell’informazione e quindi del suo linguaggio: il messaggio viene recepito nei tempi. le risposte «banditismo» indicano bene come si sia in grado di recepire un messaggio. L’istruzione Se quanto all’informazione mediante mass media il gruppo dei novenanti risulta di poco meno informato rispetto al gruppo di confronto. La differenza si fa però molto più sensibile. 6): tranne che per Nuoro. quando presenti contenuti comprensibili e interessanti. dandone solo il titolo.66 Tra gli interessi nettamente primari spicca il banditismo. per il gruppo di novena e per il gruppo di paese). in chiave. nel senso che il nostro censimento concerne solo adulti al di sopra dei 18 anni. imputabile a una assenza di disponibilità da parte del ricevente. può essere determinante l’età. Della stampa. nel senso di un aumento dei livelli di scolarità tra le generazioni più giovani. per il gruppo di confronto nei cinque paesi (tab. Di fatto. nei modi e nelle misure in cui lo si vuol far recepire. Non abbiamo voluto considerare i fumetti. nera o rosa. mutui regionali. Se confrontato con le percentuali medie dei licenziati elementari nel ’61 nelle nostre cinque comunità. come sempre. che elabori.3-2. I PAESI VI. Loro tono.7% di licenziati dalle medie. Le motivazioni L’informazione mediante i giornali (tab. Questo dato è stato censito per tutti gli adulti presenti alla novena oltre che. che si 66. la quinta elementare. un Resto del Carlino di provincia. un po’ di politica e di attualità. cui va aggiunta (per le donne più giovani) una piccola quantità di cronaca. mentre la domanda precisa concerneva la menzione di episodi che avessero particolarmente interessato.PARTE PRIMA. problemi della Coltivatori Diretti) specie per i più anziani. Infine. sono suddivisi le rispettive aree di influenza anche in questo settore. le veline ministeriali. che ha percentuali sensibilmente più alte di diplomati e di licenziati dalle medie (rispettivamente il 10.5%. partendo dall’ipotesi che proprio le persone più politicizzate leggessero il giornale. Pur con tutte le loro connotazioni campanilistiche.9% di laureati o diplomati e un 2-2. Abbiamo riunito sotto la voce «politica e attualità» le risposte più varie. Non incide in nessun modo rispetto all’utilizzazione o meno dei mass media. anzitutto. Tra essi. Diamo per scontata l’ovvia osservazione della marginalizzazione sociale operata dalla selezione scolastica: siamo a questo livello per la quasi totalità delle situazioni che abbiamo di fronte. sono invece i maschi della prima classe d’età a presentare un livello di scolarità post-elementare alquanto superiore rispetto a quello delle femmine coetanee. hanno confermato in funzione chiaramente conservatrice. Ma allora: in che misura attualmente la scuola incide come elemento di trasformazione? Nel confronto interno ai nostri due gruppi risulta un’unica evidenza: incide come importante covariante rispetto alla determinazione di frequentare una novena. relativamente allo standard paesano: ma quale orientamento culturale portano con sé? In che misura differisce da quello del gruppo dei compaesani? Su questo punto i vari confronti tra novena e paese non ci hanno dato. i problemi di un’immissione non qualificata nel mondo del lavoro. sia per tutti gli altri relativi ad orientamenti 67. Il gruppo di confronto era stato peraltro scelto entro ambiti occupazionali analoghi a quelli del gruppo di novena. soprattutto nella misura in cui si può legittimamente supporre che le nuovissime generazioni ottemperino ormai in larga parte all’obbligo scolastico. Come si è detto. I NOVENARI. Mentre tra le generazioni più anziane non c’è sostanziale differenza tra scolarità dei maschi e delle femmine. E possiamo anche dare per scontato quanto sta risultando da nostri sondaggi più recenti: e cioè che l’elevazione del livello di scolarità alla terza media e. Il discorso meriterebbe ben altro spazio – ed è quanto stiamo esaminando in collaborazione con alcuni gruppi di studio.PARTE PRIMA. che analogie. Abbiamo regolarmente confrontato con calcoli statistici le modalità dei gruppi di novena e quelle dei gruppi di paese. Motivi di lavoro possono essere stati determinanti di questa scelta. tradizionali. che i nuovi tipi di informazione finora hanno intaccato in maniera ambigua e contraddittoria: anzi. ci siamo resi conto che l’operazione da fare era di penetrare analiticamente entro tutti gli aspetti «tradizionali» (istituti.67 A questo punto si apre il problema più interessante. istruzione). Le motivazioni Fermo restando lo spartiacque principale della quinta elementare. la novena e le sue motivazioni. Da tutti questi confronti – a parte casi singoli concernenti precise classi d’età68 – è emerso globalmente solo un grossissimo scarto significativo: quello relativo ai livelli di istruzione. per rinviare a un poi. L’aumento del livello di scolarità sembrerebbe suggerire ipotesi trionfalistiche. alla resa dei conti. soprattutto nelle zone interne a differenza di quelle poche ad alta industrializzazione. tra i più giovani si tende ormai a liquidare l’analfabetismo o quelle forme di bassa scolarizzazione che possono condurre all’analfabetismo di ritorno. peraltro con un costo sociale sensibilmente superiore. non incide rispetto alla conservazione o al rifiuto di tutte quelle ideologie e istituti tradizionali. ideologie). 68. che ci restano da esaminare. ora elevato fino alla terza media. comunque presente. Si veda quanto detto alla nota 60. che vedremo tra poco. Da questo punto in poi. I PAESI VI. il grado di scolarità dei novenanti è sensibilmente inferiore a quello (peraltro basso) dei rispettivi compaesani. al limite. mass media. la tendenza verso una scuola che promuove entro e oltre l’età dell’obbligo. La forte differenza nel livello di scolarizzazione dei due gruppi sembra costituire l’indice più probabile del fatto che alla novena si vada anche secondo una certa selezione di censo. sia per tutti i temi concernenti l’informazione (mobilità. Alla lunga festa vanno forse i più poveri. nel complesso. La promessa Il motivo che spinge ancora le persone a frequentare un novenario è soprattutto di ordine religioso. Pare che in questo senso cominci a profilarsi. anche oltre. continua ad accompagnarsi ad analoghe forme di marginalizzazione. Questo processo sembra particolarmente sensibile tra i maschi. 198 199 . Che cosa ha chiesto o ha da chiedere al Santo? La richiesta è essenzialmente una: la salute. Francesco l’81% si reca ancora per promessa. un parente ha fatto la promessa per me. status sociale sono impliciti corollari del fatto primario di star bene fisicamente. la sua anima può tornare in sogno a un parente o a qualche persona del vicinato. benessere economico. sia per numero che per prestigio: al vertice di una scala di devozionalità. Quest’ultimo è un fenomeno ancora tendenziale. I parenti si trovano nell’obbligo morale di fare la novena per lui: pena. Per questi ultimi. tra le motivazioni della novena compaiono piuttosto di rado il ringraziamento per un lavoro ottenuto. guarigioni ottenute o ancora da ottenere. Tra questi due estremi. Sono il nucleo più importante. oggetto di una lotta concorrenziale tra i due diversi poteri istituzionali della Chiesa e della medicina. posso fare una novena perché in un momento di mio bisogno. è specializzato S. più ristretta. Qualche volta si fa una promessa per avere dei figli o per realizzare un matrimonio. giustamente equiparati. aiutare a vincere una causa facendo magari attribuire un’eredità contesa. per del denaro guadagnato con maggiore o minore fortuna. conferiscono alla novena la pienezza dei suoi significati (tab. può far piegare la fortuna facendo finalmente arrivare una sospirata pensione. all’opposto. 26). l’ansia si indirizza in egual misura verso la propria persona o verso la situazione di membri della famiglia. Per questo. Può essere uno dei sistemi utilizzati dalle donne per far valere la propria autorità su figli o mariti. Lavoro. c’è poi una fascia. Anzitutto. Comunque. gli altri novenari si 201 . Cosimo il 48% degli intervistati va per villeggiare. per sé o per i familiari (tab. Tutte le ansie si indirizzano verso il dato biologico primario: la salute. La taumaturgia dei santi – in Sardegna come altrove – sarebbe oggi indecifrabile se non la si misurasse anche in rapporto alle deficienze delle istituzioni sanitarie e alla privatizzazione dell’industria dell’ammalato. anche per questi casi. i momenti critici possono essere vari: disoccupazione. Un altro tipo di promessa è significativo del persistere del vincolo familiare anche nel corso delle generazioni. per numero e per significatività. in caso contrario. L’importanza del vincolo familiare è sottolineata anche da altre motivazioni: i casi non sono moltissimi. e per il momento caratterizza solo alcuni novenari e non altri: per esempio. Francesco di Lula. Anche in questo settore. buona salute da conservare: tutta una casistica individuale. Quando una persona muore prima di avere avuto la possibilità di assolvere il proprio voto. comunque interessanti. Francesco – può anche far recuperare un giogo di buoi rubati. L’aiuto dei santi – e in particolare prevedibilmente di S. chi viene dichiaratamente mosso da un intento laico di villeggiatura (tab. I NOVENARI. È questa anche l’unica occasione in cui chi sia in lutto ha il consenso sociale di uscire di casa e partecipare a una festa. Sono tutti eventi determinanti per il bilancio di una famiglia. di chi viene per accompagnare qualche familiare e infine. che peraltro si organizza attorno a un unico tema. il santo cojuadori (pronubo) cui ancora adesso le ragazze vanno a rivolgere una segreta e speranzosa preghiera. come la prigione o il servizio militare. 29). a grazia ottenuta mi sento vincolato a seguire questa sua decisione. 26). a S. Fino a pochi anni orsono era abbastanza frequente l’uso che una giovane coppia di sposi 200 solennizzasse con una novena il nuovo nucleo familiare: ora – a parte poche eccezioni – ci si limita per lo più a un pellegrinaggio di un giorno. a S. Le motivazioni Ci sono anzitutto coloro che hanno fatto una «promessa». per ricordare il dovere inadempiuto. al limite estremo di una scala di devozionalità. Possono essere incidenti scampati. mentre. I PAESI VI. chi va alla novena per generici intenti devozionali. il suo ritorno dal purgatorio sotto forma di sogno ossessivo. assenze penose e improduttive. Le motivazioni di una novena Al gruppo-leader di chi ha fatto una promessa segue.PARTE PRIMA. C’è una minoranza attiva di giovani che tende ad affermare la laicità del proprio atteggiamento. Chi va per accompagnare sono infatti soprattutto le donne della prima classe d’età e gli uomini in genere. che fanno di lui il principale supporto della novena. una volta interrogati con una domanda precisa. Ma c’è anche dell’altro. ci sono più uomini che vengono per villeggiare. il valore della rinuncia. due esempi di socialità comunitaria di tipo tradizionale che avessero motivazioni molto distanti tra loro. 30). 69. e anche tra questi. che è lì. l’altra metà di «starci per sacrificio. e non solo per la coerenza entro cui convivono magia e religione. c’è anche una certa tendenza maschile. abbiamo cominciato a impostare qualche domanda. 28). Di fatto. abbiamo provato a fare qualche confronto. assieme agli altri. C’è in particolare un punto qualificante. Godimento e sacrificio Agli occhi dello spettatore estraneo. secondo una scala di progressioni significative. al di fuori delle grandi 203 202 .PARTE PRIMA. ma con una caratterizzazione laica del tutto irrilevante (tab. dichiarando di non venire per volontà propria. tutti dietro quelle del santo. Motivazioni della novena e relative capacità di iniziativa – è chiaro che chi va per accompagnare ne ha di meno – si articolano secondo variazioni significative rispetto al sesso e alle classi d’età (tab. D’altra parte l’uomo si è riservato tutta quella serie di compiti organizzativi.69 l’uomo tende a enfatizzare in misura assai minore l’autonomia della propria decisione. per convogliarli alla novena: figlie. a venire a novenare perché oggetto di promessa. A fare una promessa sono più le donne degli uomini. sorelle minori. che intuiamo presente dietro questa catena di pretesti. di rinvii di responsabilità: è una specie di grande voglia di godere. in modo intero o parziale. Matrimoni e funerali sono anche le uniche occasioni che il gruppo abbia di ricostituirsi. a proporci alcuni confronti. 27). che si ha da ringraziare per un pericolo scampato o da scampare. Da che humus culturale si attinge questo atteggiamento? Prima di affrontare discorsi generali. Per avvicinarci alle ragioni segrete di questo godere mascherato. per devozione» (tab. Si notino gli scarti significativi tra M3 e F3. Le motivazioni situano con gradazioni diverse di devozionalità. si sta godendo. L’uomo si copre dietro le spalle della donna. In questi casi. «profano» e «sacro». nipoti e soprattutto i maschi di casa. Abbiamo scelto. al limite. diciamo così. Al contrario. C’è anche però da fare i conti col notevole grado di autorità che la donna anziana e sposata esercita sugli altri membri della famiglia. l’uomo va perché così vuole la donna. al posto del godimento. una metà circa riconosce di «divertirsi». Per il resto. impellente e palpabile – soddisfatta e ritualizzata perfino – ma che in qualche modo sente il bisogno di mascherarsi. più che femminile. la posizione del maschio alla novena è piena di contraddizioni. I NOVENARI. Insomma: per andare a godersi la novena si è creata una catena di questo genere: la donna va perché così vuole il santo. I PAESI VI. rispetto almeno alla tematica del godere: matrimoni e funerali. ogni festa in onore di un santo. moderna. e più le anziane che non le giovani. affermando. che contraddistingue una festa. Una serie di alibi religiosi ricopre come un bozzolo l’impossibilità strutturale di riconoscere che. ogni pellegrinaggio. ogni novenario è un momento di contraddizione. Questo diversificarsi delle motivazioni appare indubbiamente connesso a ben precisi orientamenti che la società tradizionale assegna ai ruoli dell’uomo e della donna. Tutti in mille gesti quotidiani mostrano di godere di questa eccezionalità corale: ma. da una arcaica: è la sua motivazione. è difficile stabilire quanto si debba a una tendenza alla laicizzazione dei novenari o a differenze generazionali rispetto alla pratica religiosa in genere. sono più numerosi i giovani dei vecchi. sia avanzando motivi genericamente devozionali sia. ma perché così hanno deciso le donne di casa – salvo poi divertirsi e ubriacarsi con notevole piacere. per questo. chiunque può occhieggiare in chiesa. cfr. cioè al grande banchetto. ma la festa è prevalentemente un fatto domestico. Alla festa nuziale si va selezionati secondo sesso. 32). Golini. di cui la festa campestre è ora l’ultimo esempio significativo. ma tenute a collaborare. La festa nuziale ci offre. assistere al viavai degli invitati. 70. I NOVENARI. Dei due. e che almeno da una settimana hanno sgobbato come negre – si danno da fare per servire in tavola e fare la loro «bella figura». i quali possono continuare a far festa per alcuni giorni. una festa nuziale comporta lo scambio di doni (che attualmente avviene secondo modelli neoborghesi e non più secondo le forme protocollari della vecchia tradizione) e un grande banchetto. Le motivazioni solennità calendariali. Milano 1953. Questa limitazione non è solo riducibile a una questione di costi. Sull’età media degli sposi sardi. da parte del gruppo.70 Un matrimonio in paese è un evento. Le cose non sono poi tanto diverse anche a livello urbano: al massimo ne varieranno gli stili. specie quelli dell’interno. è l’evento luttuoso ad essere privilegiato come momento in cui tutta la comunità deve fare appello alle proprie forze. I PAESI VI. Nel rivedere i dati di questo sondaggio mi venivano alla memoria varie immagini di banchetti nuziali paesani. vi partecipano soprattutto i parenti. L’A.PARTE PRIMA. grandi tavolate in cui prevale l’elemento maschile. gli utenti gli uomini. anche dopo che gli sposi se ne sono andati. viene così ad aggiungersi il costo notevolissimo della festa nuziale: sono questi i due principali elementi di ordine economico che determinano in Sardegna una media così alta di matrimoni tra coppie non più giovanissime. dove possiamo notare un certo allentarsi dei legami parentali a vantaggio di quelli amicali (tab. e ne è emerso un quadro ben diverso. della legittimità di un nuovo nucleo familiare. che ogni nuova coppia tende ad avere di proprietà. Perché questa distribuzione delle parti? Anzitutto. Abbiamo chiesto al gruppo di novena e a quello di paese se negli ultimi tre mesi fossero stati a una festa nuziale: la percentuale di chi non c’era stato è alquanto alta. come nella festa. peraltro non chiariti. La selezione secondo età avviene nel senso che alla festa nuziale sono presenti più i giovani degli anziani: sono i coetanei degli sposi o. Ma il matrimonio è anche una festa che non può avere alcun alibi devozionale: non c’è nessun «sacrificio» da fare. egualmente povera. età e rapporti di parentela o amicizia (tabb. in genere. un matrimonio di paese è una cosa molto importante. la situazione si può capovolgere in città. non invitate alla festa. Aspetti demografici della Sardegna. l’intera sua presenza. Non tutti però possono partecipare alla festa domestica. mentre le donne – amiche o parenti della sposa. Il matrimonio è un evento comunitario. capovolta. a Nuoro. Il funerale Che succede invece a un funerale? Abbiamo riproposto domande analoghe a quelle sulle feste nuziali. 75. dato che significa riconoscimento. 57. molto elevata rispetto sia alla media nazionale che alle medie regionali. Tutti ne sono in qualche misura partecipi: tutti ne sono informati. 65. giovani e anziani – con una 205 204 . la donna trova il modo di affermare il suo ruolo di grande organizzatrice domestica proprio nell’occasione in cui si solennizza l’istituto familiare. Ad almeno un funerale hanno partecipato di recente quasi tutti: maschi e femmine. 31). quella gioventù che dà «allegria» e «speranza» al futuro della coppia. Nei paesi. in cui si invitano parenti. Il matrimonio Come tutti sanno. la situazione della novena: le organizzatrici ne sono le donne. e in misura minore gli amici. 31-32). compari e amici. A. il matrimonio in Sardegna è un evento economico-sociale da pianificarsi nell’ambito dell’intero bilancio familiare. Nei paesi sardi. ci si sposa in età molto più giovane) ma a fattori culturali. La selezione secondo sesso avviene nel senso di una certa esclusione delle donne: gli uomini hanno molte più possibilità di essere invitati (tab. riconoscendo la morte e affermandosi contro di essa e dispiegando. pp. Al costo della costruzione della casa. attribuisce questo fenomeno non tanto a ragioni economiche (nella Sicilia. E questo per le donne è inammissibile. Di fatto. La questione è comunque più generale: un funerale coinvolge tutti. più della metà del gruppo degli olienesi potrà dire di essere stata. sacrificio e rinuncia – sono le grandi occasioni per l’esprimersi di questo associazionismo femminile di emergenza. a questo tipo di logica. a loro volta veicolati da quella prestigiosa élite di intellettuali che. sarà lecito «godersi» un funerale. poi. per esso non ci sono selezioni. Le motivazioni certa tendenza alla quasi totalità di questi ultimi. I NOVENARI. E. 206 207 . tendono ora ad allinearsi sulle loro posizioni (tab. rispetto a quella sicuramente più tradizionalista delle donne. parziale: si può anche arrivare. Il lamento funebre è ancora un istituto molto importante nelle tre comunità di Orosei. tra i più giovani. è di polemica. Morte e pianto rituale nel mondo antico.PARTE PRIMA. Il suo alto grado di osservanza della pratica religiosa cattolica (che analizzeremo più avanti) riflette molto probabilmente una volontà di imitazione di modelli borghesi. la sua uscita in pubblico. 73. i più vicini alla morte (tab. ma c’è anche una grande fascia di chi non sa personalmente prendere posizione. al funerale di un «compaesano qualsiasi» (tab. Ma. in particolare.72 I più giovani sono anche più polemici. anche se certe frange ne possono continuare [l’uso] a livello dei quartieri più poveri. Alla donna. a un 40-50% di devalutazione dell’istituto («è male»). a differenza di quanto avviene tra le F. di fatto. 35). in un’occasione tanto seria. Orosei. perfettamente superfluo tornare sull’argomento. pur vivendo in città. si può anche aggiungere che c’è stato un più rapido e progressivo processo di cambiamento fra le donne che. conservavano e conservano tuttora vivissimi rapporti col paese d’origine. 33). di amicizia o di vicinato. 36). Gli M1 del gruppo di novena tendono ad affermare come le F2 che il lamento funebre «si fa sempre». che comporti la ristrutturazione dell’intera comunità di paese (Mamoiada. Tutta la comunità ne è implicata molto al di là dei legami di parentela. L’evento luttuoso è forse l’unica occasione. mentre Nuoro tende a rifiutarlo. a loro volta. Il cambiamento generazionale tra gli M non dà quasi scarti significativi. Persistenza o fine dell’istituto del lamento funebre risponderanno. Oliena). 37). la loro risposta. dal momento che nessun biasimo sociale viene a coprire. E anche la cattolica Bitti ha accettato con coerenza queste «innovazioni». il più forte collante della tradizione. Gli anziani possono illudersi dicendo che è sempre stato così. In città invece (Nuoro) può emergere una notevole tendenza riduttiva. La coscienza della crisi emerge semmai da un altro ordine di osservazioni: quelle relative alla attuale incapacità dei giovani a eseguire il lamento funebre (tab. Gli M2 del gruppo di novena tendono infatti a valutare negativamente l’istituto. Il lamento funebre Sul lamento funebre nelle comunità del meridione de Martino ha detto cose tanto fondamentali. se non fosse per chiedersi in che misura questo istituto sia ancora attuale entro la nostra zona d’inchiesta e in che misura l’ideologia e la drammatizzazione della morte che esso comporta possano inerire al medesimo orizzonte culturale da cui emergono socialità e «godimento» della novena. dato che 72. de Martino.71 che sarebbe 71. nel senso che un funerale interessa la sola cerchia familiare e amicale: la dispersione urbana ha contribuito in notevole misura all’assunzione di nuovi modelli di comportamento di fronte alla morte. Al limite. ultimamente. partite da iniziali posizioni di disparità rispetto ai maschi. Torino 1958. non approva né disapprova e lascia che gli altri si regolino come meglio credono. Mamoiada e Oliena: soprattutto in quest’ultima. Messe. Ma è anche un istituto in crisi: l’andamento generazionale ci dice che i più giovani tendono molto meno degli anziani a indicare che al loro paese «si fa sempre» (tab. funerali e novene – cioè momenti di pietà. I PAESI VI. allineandosi agli standard della città. Bitti è in situazione intermedia. 34). nella misura in cui tendono a dar valutazioni più negative. L’accettazione del «si fa così» costituisce.73 Ma la stessa polemica è imbrigliata. al di fuori delle solennità festive calendariali. come la predicazione del cattolicesimo. Tradizionalismo e relativa crisi non sono però solo riducibili a un fatto di generazioni. Anzitutto gli orientamenti delle diverse comunità si dispongono secondo una piramide ben precisa. di determinati ceti sociali. Dirompente in questo senso – oltre al generale sfaldarsi dei legami comunitari tradizionali – sembra essere l’imposizione di altri modelli di comportamento rispetto alla morte. ha un’origine e destinazione laica: non contiene riferimenti né a Dio né ai santi. Bitti è in situazione intermedia e risponde. emerge anche tra i gruppi più tradizionalisti di Orosei e Mamoiada: non ancora ad Oliena. questo gozos. Sta di fatto che proprio entro il mondo rurale il cattolicesimo palesa con tutta evidenza la matrice precapitalistica della 208 sua ideologia. che aspira agli standard del primo. ai cadaveri imbellettati statunitensi) sta riuscendo a 209 . Quest’ultima indicazione. Da questo sondaggio. nelle famiglie degli intervistati. come una ipotetica fine della «miseria» del Sud (de Martino). per cui l’incompatibilità della visione «pagana» e di quella «cristiana» della morte finiva per trovare un punto di incontro nella comune volontà di riconoscimento di una morte che l’uomo dalla nascita porterebbe entro le sue carni. entrano in crisi in rapporto alla fine di un’età feudale che in Sardegna sta languendo da circa solo un secolo. 39). I PAESI VI.PARTE PRIMA. Per tornare al lamento funebre. condividere una concezione della morte sostanzialmente unitaria. Seguono Orosei e Mamoiada. 38). Lo stesso anche per la valutazione dell’istituto: Bitti e Nuoro si distinguono perché lo negativizzano molto di più (tab. In particolare. avuto successo solo entro ambiti urbani e in quelli rurali meno marginalizzati rispetto ad essi. Lamento funebre. Oliena è al vertice: qui quasi tutti (83%) riconoscono che il lamento funebre «si fa sempre». il modello di quella «felicità» neoborghese che rifiuta di riconoscere il volto della morte (penso. magia. novene. insomma.). A Orgosolo si canta un gozos molto bello: il gozos de sa morte. al limite. pur essendo formalmente modellato su quelli di origine e destinazione ecclesiastica. fiori. segno di un primo incrinarsi dell’istituto. di persone che sappiano fare il lamento funebre (tab. 40). in cui si afferma e ribadisce con varie immagini di precarietà attinte dall’esperienza del contadino (vento e tempeste. Cattolicesimo e base contadina sembrano. se l’istituto entra solo oggi in crisi nelle campagne del meridione e delle isole. Come quella nei confronti della magia. né a generiche motivazioni economiche. con tutte le loro più o meno graduali compromissioni con l’ideologia cattolica. è cantato nelle bettole come tema conviviale in cui il gruppo riconosce e ricorda la morte come inerente ad ogni momento di vita e di gioia. Un esempio sardo. ombre e nuvole. o non si fa. non lo si può attribuire né a fatti sovrastrutturali. ecc. Le motivazioni quella della lamentazione rituale è un’arte che si acquista solo con lunghe esperienze.. il gruppo dei nuoresi è prevedibilmente al gradino più basso della scala (46%). sembrerebbe che il rifiuto cattolico del lamento funebre abbia avuto successo solo entro un nucleo urbano e in quella particolarissima comunità di paese. o assenza. poi. Ora. un unico principio: Ogni die nos morimus e a sa morte non pensamus. chi è più consapevole sa che i giovani oggi non impareranno più i canti del passato. nella storia. vecchiaia. più o meno in misure eguali. o è fatto solo in occasioni eccezionali come morti premature o violente (tab. I NOVENARI. di fatto. ecc. la polemica nei confronti del lamento funebre si è venuta svolgendo all’interno di un medesimo ambito di condizionamenti sociali. In analoga scala di tradizionalismo queste località si dispongono anche rispetto alla presenza. E bisognerebbe chiedersi in che misura questo non sia un fatto sovrastrutturale rispetto alle varie emergenze. La polemica cattolica nei confronti del lamento funebre ha. Così nel ritornello. tra i molti possibili. che il lamento funebre si fa sempre. «sacrificio». il «mi diverto». sembrano la paradossale unione di un rito funebre e di un rito nuziale – tenendo presente che anche a un rito nuziale si può piangere e a uno funebre si può ridere. ha costituito il sottofondo implicito di quanto è stato detto sinora: il problema dei rapporti tra i diversi istituti tradizionali – di cui la novena non è che un esempio – e l’organizzazione cattolica: è evidente che la chiesa col santo è il punto di riferimento ideale di tutto il vivere 211 210 . A Oliena. ci sembra si sia venuto a costituire nei secoli un tale processo di circolazione orizzontale e verticale. nel complesso. Abbiamo provato un ulteriore confronto tra gruppo di novena e gruppo di paese. non si risponde con una fuga. Festa e novena sembrano porsi al vertice di una scala di disponibilità. sono il grande tema unitario di una serie di istituti in apparenza così eterogenei come un funerale o una festa campestre. Le motivazioni far breccia in quelle comunità che sinora hanno solennizzato la morte con il lamento funebre e la partecipazione comunitaria ai funerali. a prendere atto della cosa. a ben guardare. Si tratterà. accanto al «mi sacrifico» sia presente. di apertura sociale. «rinuncia». «Malattia». insomma. nelle famiglie degli intervistati. e vediamone semmai gli aspetti differenzianti. più di carattere quantitativo che qualitativo. La morte viene riconosciuta. Significano anche una volontà culturale di riconoscimento della morte come segreta vibrazione che accompagna ogni forma di vita. Le contraddizioni nell’ambito del cattolicesimo A questo punto. Questa correlazione è dimostrabile (almeno in via tendenziale) anche sul piano statistico. Quest’ultimo si suddivide in due sottogruppi: chi ha fatto una novena e chi non l’ha fatta. cioè dalla base delle masse contadine. Per quanto una morte comporti il rischio della fine di un nucleo familiare e di tutta quanta la struttura comunitaria – e forse soprattutto per questo –. quando si va a «vedere il morto». Questi parrebbero essere. Lo stesso lamento funebre si può interrompere con pause di distensione. Nell’ambito di una siffatta concezione della storia e dei destini dell’uomo. in cui i parenti non solo conversano pacatamente. non mascherata. Le posizioni si invertono invece per chi va per «accompagnare» o per «villeggiare» (tabb. Una novena. Questi due sottogruppi non si differenziano in modo significativo né riguardo alle rispettive valutazioni del lamento funebre né riguardo alla presenza. per il momento. se si va alla novena per «promessa». Questa analogia di orientamenti viene ad aggiungersi agli indici di probabilità che gruppo di novena e gruppo di paese siano analoghi. a suo tempo. ma possono ridere e scherzare rievocando in chiave grottesca particolari aneddoti della vita del morto.74 Una certa – e ancora iniziale – liquidazione dell’ideologia della morte sembra accompagnarsi. di persone che sappiano eseguire la lamentazione. I PAESI VI. esattamente come la morte.PARTE PRIMA. Il tema della morte riesce a far convogliare attorno a sé tutti gli interessi del gruppo: esattamente come. ci si riconosce tutti attorno al tema della malattia. Nelle comunità rurali. 74. per il novenario. Orosei. la morte è molto più di casa. riuscendo a convogliare entro un unico consenso i comuni temi della gioia e del dolore. questi atti sociali non significano solo modi di controllare la crisi del cordoglio. Ha un significato. I NOVENARI. C’è una tendenza a valutare positivamente il lamento funebre e ad ammettere di aver familiari che lo sanno eseguire. Mamoiada e in parte a Bitti. della vita e della morte. di chiedersi perché questo nucleo ideologico debba servire da motivazione (o da copertura ideologica) di un momento di coesione sociale in cui. per cui appare ormai indistinguibile quanto potrebbe essere derivato dalla predicazione cattolica da quanto potrebbe essersi originato da altri livelli della società. in eguale misura. Limitiamoci dunque. 41-42). una festa. senza riceverne quei traumi che vogliamo evitare ai nostri figli. è il momento di esplicitare un argomento che. Si impara a conoscerla da bambini. a una tendenza a non più mascherare la propria festa dietro il pretesto devozionale della «promessa». Cumbessíe senza chiesa sarebbero impensabili. organizzate secondo moduli profondamente differenti: la famiglia. cioè l’intervento salvifico o la protezione accordata in momenti esistenziali particolarmente critici. va premesso che la struttura cattolica impregna fortemente.75 Anche il novenario non appare interamente assorbito nell’area del cattolicesimo: e non solo per quei suoi aspetti di una socialità extra-ecclesiastica. il furto di bestiame. Su di essa il cattolicesimo si inserisce utilizzando. Ne è conseguito quel «contraddittorio» non allineamento delle masse rurali. hanno un funerale religioso (tranne la brevissima e garibaldina parentesi dell’anticlericalismo olienese). Roma 19703.. in cui ciascuno si riconosce nell’altro in quanto «riscattato» dal gruppo rispetto al santo. ecc. di questa struttura che è inserito anche il novenario. la presenza di un mondo strutturato secondo gerarchie – è una legge che inerisce a tutto il tessuto connettivo delle nostre comunità. la sua chiesa. I PAESI VI. all’ombra delle cui sacrestie sono stati confezionati i vari gozos in onore dei santi o della Madonna. per assicurarsi così una continuità di privilegi. che potrebbero sembrare «laici» e «pagani». che la Chiesa sembra rifiutare. ineliminabile e fondamentale. indirizzerà questo linguaggio in senso tradizionale e conservativo. e E. della morte: tutti si battezzano. Le motivazioni comunitario che si intreccia entro il luogo della novena. queste diverse realtà si articolano entrambe su premesse ideologiche potenzialmente comuni. de Martino. a tutti i livelli del vivere comunitario. che tende ad affermare la propria autonomia giurisdizionale. Gramsci. La questione meridionale. si sposano. già notato da de Martino e da Gramsci prima di noi. I NOVENARI. al limite. Ed è nell’ambito. Al novenario. che è il complesso rapporto tra il livello dell’organizzazione egemone cattolica da un lato – strutturata secondo uno stabile sistema di gerarchie di potere – e. cioè nella misura in cui esso stesso si facesse portavoce di orientamenti generalmente condivisi. nella misura in cui si fondano o tendono a fondarsi entrambe su basi di 75. La loro tematica generale ne celebra la vita-modello e soprattutto la taumaturgia. Cfr. 213 . la 212 mutualità di «protezione» e «devozione» – che fornisce al subalterno una sicurezza esistenziale e sancisce. un linguaggio che è a sua volta tradizionale: nello stesso tempo. Quest’ultimo viene ad essere indicato implicitamente come origine ed esplicitamente come soluzione di ogni possibile male. il livello delle masse rurali subalterne. A. Questo peraltro era realizzabile solo nella misura in cui il linguaggio cattolico si creasse un ambito di circolazione a vari livelli del consenso. del matrimonio. in misura più o meno larga. Milano 1959. E non fu senza successo. è entro il linguaggio cattolico che viene a trovare il proprio calco espressivo un orientamento culturale il quale è a sua volta il risultato di un humus economico e sociale ben preciso. La persona del santo. come la malattia. È chiaro che entro tale contesto si dichiara in modo evidente la volontà della Chiesa di proclamarsi struttura egemone. D’altra parte. anch’esse. i vari sistemi di mutualità. In linea generale. dall’altro lato. Il cattolicesimo non è riuscito a far adeguare alla propria norma tutti i livelli del vivere sociale. di necessità insorgenti all’interno di un unitario sistema di riferimenti. Sud e Magia. valorizzandola. Questo secondo aspetto viene enfatizzato in misura notevole dalla chiesa. Come nei casi dei gozos de sa morte. In particolare. con la sua chiesa e il suo santo. pratiche tradizionali. Possono scoppiare profondi conflitti di competenze tra autorità ecclesiastica e comitato organizzatore. anche se a latere possono continuare. almeno in via teorica. il comitato. Queste tensioni rinviano a un problema di fondo. in fondo. in particolare. e che tutto il paese invece giustamente considera come parte necessaria allo svolgimento di qualsiasi festa. sembrano costituire il centro di valorizzazione di un vivere comunitario e festivo. Ed è a proposito di questo preciso punto che emergeranno le tensioni: tensioni. i vari comportamenti sociali nei momenti emergenti della nascita.PARTE PRIMA. è presente anche un buon numero di persone che rifiutano la pratica religiosa cattolica. può partecipare anche chi rifiuti di osservare la pratica religiosa. I PAESI VI. Ne è conseguito che tensioni. e continua a frequentare il novenario. Al riconoscimento della sua autorità. evidenziandole. Il ruolo sociale ne determina i rispettivi comportamenti: la donna frequenta la chiesa. perché l’hai fatto?». perché S. quanto per sesso. il quale ne costituisce lo sfondo comune. quello tra gli uomini e la Chiesa. dicevamo. in grado di fornire un linguaggio ad ogni esperienza possibile. che diserta la chiesa. I NOVENARI. nella sorveglianza dell’ordine interno al novenario. 214 Il comitato si occupa dell’organizzazione della festa in onore di un santo o che comunque si svolgerà attorno a una sua chiesa: ma vuole essere autonomo nell’amministrazione dei fondi. La pratica religiosa in paese L’atteggiamento di maschi e femmine. Anche qui. coprendosi dietro la decisione delle donne di casa.PARTE PRIMA. 43): mentre la quasi totalità delle donne si comunica. e possibilmente a limitarlo a un servizio di cui le principali utenti siano le donne. Non ci sono particolari scarti significativi tra giovani e anziani. i maschi tendono a farlo sempre di meno: il 59% dei giovani della prima classe d’età emerge per la sua astensione. e si ritiene determinante per una continuità di rapporto l’osservazione dei precetti della messa e della comunione. Anche qui. 45-46). tra gruppo di paese e gruppo di novena. Caso limite. Le motivazioni ordine metastorico. che non devono interferire. si sono dati sinora entro un orizzonte culturale unitario. È il paradosso del marito che afferma di venire perché così hanno voluto le donne di casa. Se non si tien conto della presenza della Chiesa in ogni momento emergente della vita individuale. ne risultano atteggiamenti molto differenziati non tanto per classi d’età. o al limite non vi accede affatto (tab. Rapporto paradossale e non risolto. gli stessi che tendono ad accentuare le motivazioni laiche della loro «villeggiatura» o a deresponsabilizzarsi della presenza al novenario. tuona contro i preti. mentre il resto accede al sacramento una. 215 . implicito nel radunarsi attorno ai suoi edifici e al culto dei suoi santi. patteggiamenti. La pratica religiosa alla novena Alla novena. il cattolicesimo a costituirsi a struttura ideologiconormativa e organizzativa dominante. Francesco è bello». 44). per i giovani pochissimo. quello dell’amico operaio comunista di Nuoro. Francesco. discriminanti sono età e soprattutto sesso. al massimo due volte. giovani e anziani alla novena ribadisce. tende ad essere un fatto relativamente eccezionale. l’uomo no (tabb. tendenze già ben precisate nell’ambito della vita di paese. Le funzioni religiose del mattino o del pomeriggio sono frequentate quasi esclusivamente da donne o da uomini anziani: basta entrare in chiesa per accorgersene. È il paradosso dell’anticlericalismo di buona parte della popolazione maschile di paese. si accompagna la tendenza a riconoscere alla Chiesa giurisdizione sul solo ambito rituale. Ha offerto sette o otto giornate lavorative per la costruzione di una cumbessía. e che l’occasione straordinaria recupera solo in parte alla pratica religiosa. «Ma allora. Entro quest’ambito unitario è però. e poi si raduna attorno a un santo per fare una novena. in genere. come si è detto. nella scelta dei divertimenti. Sono. «Eh. nel senso che solo la metà circa dei novenanti si comunica ogni giorno. Quanto alla comunione. pur affermando di non credere nei santi e di non riconoscere l’autorità della Chiesa. i comportamenti si diversificano in misura profonda secondo sesso e classi d’età (tab. incontrato a S. ecc. La lunga festa è per le donne anche occasione di preghiera: per gli uomini molto meno. È il paradosso per cui vengono a novenare uomini che da anni in paese non fanno la comunione e non vanno a messa. Sono tutti altamente significativi tra maschio e femmina. Al sacerdote spettano mansioni tecniche ben precise. antagonismi. 77. Le motivazioni La donna non è eccessivamente beghina. che tende a fuggire dalle pareti domestiche. C’è. lo è in virtù di un più vasto ambito di trasformazioni. che ne confermasse peraltro il ruolo materno. nella misura in cui anche in paese si sono formati altri centri di informazione e di collegamento esterno: ad esempio. Anfossi. pp. Socialità e organizzazione in Sardegna. L’uomo poi ha altre possibilità di incontri: il luogo di lavoro. devalorizzandola come comportamento «non da uomini. quando impegni di famiglia e di lavoro la trattengono a casa. A. Il maschio tende invece a rifiutare la pratica religiosa: la rifiuta sul piano del comportamento. Una eccessiva frequenza alla chiesa viene considerata disdicevole. Lo si accusa di non avere un ruolo sessuale definito – non è un vero «maschio» – e. Contenuti ambivalenti del folklore calabrese: ribellione e accettazione nella realtà subalterna. il suo contatto con la chiesa è assiduo. che viene chiaramente individuata come antagonista e organo di sfruttamento. Quello della magia era – ed è in parte tuttora – uno dei grandi ambiti in cui la donna affermava se stessa. e può anche tralasciare senza troppi scrupoli il precetto domenicale. la scuola. I NOVENARI. imposti dal loro ruolo. Possiamo accennarne alcuni. perché distrarrebbe le donne dai doveri della casa. Messina 1968. che utilizza il linguaggio dell’osceno per demolire la figura del prete. Sul ruolo tradizionale del parroco in Sardegna e l’inizio della sua attuale crisi cfr. tentando una proiezione al di fuori della famiglia. la piazza. A sua volta. In questo senso. la rifiuta sul piano ideologico. Queste a loro volta gli consentono l’assunzione di un grado maggiore di atteggiamenti critici nei confronti dei «poteri» della Chiesa. di domenica. 90 sgg. evitando di andare a messa e di comunicarsi. Lombardi Satriani. di sedurre e plagiare le donne. L. la critica è riservata agli uomini.77 Ma abbiamo visto anche i limiti di democraticità propri a questi ultimi. Qui si mescolano tradizionalismo e critica consapevole: si vorrebbe subordinare la donna. proprio sfruttando questa indeterminatezza. la bettola. in quanto centro non controllabile di scambio di informazioni. modellatisi per lo più sui gozos devozionali. ha scoperto nella chiesa una zona consentita e l’ha utilizzata nei limiti del possibile. si può dire che il cattolicesimo si sia inserito entro una realtà culturale che l’ha recepito nella misura in cui esistevano settori della società predisposti al suo accoglimento: le donne. Anzitutto. rispetto all’uomo. In quanto capacità di confronto derivante dai maggiori contatti con l’esterno. I motivi sono molti. con gli uomini che le aspettano al varco sul sagrato. I PAESI VI. 216 Quest’ultima critica è comunque particolarmente importante. una chiesa popolata quasi solo da donne. ma da donne». e andrebbero esaminati con spregiudicatezza. di una maggior quantità di tempo libero. precisi motivi di ordine economico. nell’ambito ben preciso dei ruoli assegnati a entrambi i sessi. volontà di potere. nell’insieme. Cose da donne Ci sono «cose da donne» e «cose da uomini».PARTE PRIMA. Il ruolo del parroco di paese comincia ad essere messo in crisi. È una polemica che non è peraltro in grado di far compiere al personalismo della satira paesana quel salto qualitativo che la trasformi in analisi di classe e quindi in lotta di classe76 – sarebbe comunque antistorico aspettarsi il contrario – e che. Religione e magia sono invece «cose da donne». proprio nella misura in cui tocca uno dei gangli del potere e del controllo esercitati dall’organizzazione ecclesiastica nell’ambito della vita di paese. Disponendo. Per un’analisi analoga di proverbi e testi di letteratura cosiddetta popolare cfr. sfruttamento economico del più povero. nel senso che i lavori dell’agricoltura e della pastorizia scandiscono i loro ritmi diversamente da quelli settimanali della liturgia cattolica. 217 . Studio sulla zona di Oristano. in quello spazio di libertà «vigilata» che è. si è gelosi del confessionale. Bosa e Macomer. Milano 1968. se oggi comincia a mitigarsi. ad esempio. M. è raro che si comunichi ogni giorno. Però. tutta una ricchissima tradizione di canti satirici. 76. si accompagna spesso ad altre accuse sociali: parassitismo. all’utilità di una medicina che peraltro. I NOVENARI. Un dato che comunque emerge con una certa evidenza è che. che induce a riflettere sull’ambito di diffusione della credenza. secondo cui ogni particolare stato di benessere è precario perché può venire colpito dallo sguardo «invidioso» dell’altro.PARTE PRIMA. Per quest’ultimo. A questa domanda le risposte tendono a suddividersi in due gruppi quasi paritetici di affermazioni e di negazioni. È questa la parte meno dubbia delle nostre informazioni. che coinvolgeva in via diretta era: «Conosce persone che dicono di essere state prese dal malocchio? Se ne conosce. Un atteggiamento così tollerante è indice di un’accettazione del dato di fatto tradizionale. C’è stato un certo cambiamento tra le giovani. comunque sufficientemente significativa perché tocca ancor più da vicino le vicende personali. Le donne tendono ora a credere sensibilmente meno che in passato nell’efficacia delle terapie tradizionali: ma situare tra le diversità di generazioni e di sesso la grande fluidità di tutti i giudizi intermedi non è facile. Il malocchio Dall’inchiesta sul malocchio è risultato che. 218 219 . cioè fede in Dio. Di fatto.78 78. La tab. si continua ad essere molto più disponibili che su quello teorico. ma anche da parte dell’uomo. 49). fiducia in chi l’impartisce. I PAESI VI. uomini e donne. La prima domanda. C’è. può funzionare se chi la riceve ci crede (tab. in fondo. Anche gli scarti tra gruppo di novena e gruppo di paese sono del tutto circoscritti. per principio. nell’insieme. 48). Il 37. se per loro van bene. rispetto al passato: ma il cambiamento non è tanto profondo. tutta la frangia di chi può affermare di non credere. questi interventi son cose di donne e. Di fatto.5% degli intervistati afferma di essere al corrente di casi in cui si è veramente verificato il malocchio. del ruolo tradizionale della donna in tutto il settore della magia. E anche in questo caso. Il che significa varie cose: per gli orientati in senso più tradizionalistico indica che la «medicina» serve solo se la persona che la riceve «ha la fede».79 Insomma: nei confronti del malocchio. la credenza nel malocchio presenta una limitata dinamica tra generazioni e anche una non grande differenziazione tra l’atteggiamento degli uomini e quello delle donne. solo il 20% dichiara che le medicine tradizionali sono assolutamente inutili. qualche cambiamento c’è stato. fede nell’efficacia della medicina. 47). significa il riconoscimento. nel complesso. da incidere in modo significativo sulla globalità degli atteggiamenti. sul piano pratico. non solo da parte della donna. gli scarti tra gruppo di novena e gruppo di paese sono limitatissimi. Un po’ più bassa (circa il 25%). giovani e anziani sono ancora coinvolti in misura abbastanza rilevante in quest’ideologia. van bene anche per me. 47 non presenta scarti significativi. 79. 48). Le motivazioni Sceglieremo due esempi particolarmente significativi: il complesso del malocchio e il ballo dell’Argia. che ora tendono a credere meno. in questi casi il malocchio si è veramente verificato?». Unico scarto significativo tra gruppo di novena e gruppo di paese: le F1 sensibilmente più tradizionaliste nel gruppo di novena. tutta l’iniziativa può essere nelle mani delle donne solo in virtù di un implicito riconoscimento maschile. con in mezzo la fascia minoritaria e più fluttuante dei «ci credo e non ci credo» (tab. una verifica degli atteggiamenti nei confronti della terapia magica del malocchio indica la presenza di orientamenti ancor più tradizionali: solo un 20% degli intervistati sostiene la totale inutilità della medicina del malocchio. Ci si rifugia soprattutto dietro risposte di compromesso come «la medicina serve a chi crede». In altre parole. Anche su questo argomento. d’altra parte. Il resto delle risposte si dispone secondo una gradualità di variazioni nell’ambito di una sostanziale accettazione del dato di fatto. riconoscere che le medicine del malocchio «servono a chi crede» significa spesso: io non ci voglio entrare. mentre M3 e F2 di novena tendono di più ad ammettere di aver avuto casi personali di malocchio (tab. è la percentuale di chi riconosce di essere stato vittima di episodi di malocchio (tab. da parte dell’uomo. PARTE PRIMA. I NOVENARI, I PAESI VI. Le motivazioni I ruoli sono esattamente ripartiti come nei novenari: l’iniziativa è della donna, l’uomo lascia fare, ma convalida. Il maschio, in altre parole, riconosce l’esistenza di una scala gerarchica, che vede lui al vertice, ma assegna alla donna compiti ben precisi. La donna ha da mediare – sul piano magico-religioso – certi difficili rapporti. La sua posizione di subalterna (riconosciuta e non contestata) le consente di riscattare il proprio ruolo trasformandolo in quello di mediatrice con il mondo delle «potenze di fuori». È più probabile che sia una donna, e non un uomo, a «mettere l’occhio»; sono le donne in genere a fare la prima diagnosi; sono esse che decidono di recarsi dalla «donna adatta» che faccia la «medicina». Le guaritrici possono essere molte o poche, a seconda della tradizione locale. A Mamoiada, per esempio, vige una sorta di polisciamanesimo diffuso, nel senso che molte madri di famiglia conoscono la «medicina dell’occhio»; a Orosei, tra le varie, ce n’è una sola rinomatissima, che abita nella «corte di S. Antonio» (vecchie cumbessíe adibite ora al ricovero delle famiglie più indigenti) e che afferma di essere in grado di riconoscere la localizzazione dei vari mali, perché avverte la sofferenza dell’altro nelle parti corrispondenti del proprio corpo. Negli altri paesi, la situazione è intermedia. In ogni caso, il protettivo e rassicurante ruolo di esorcista assegnato alla donna viene a ribadirne, in via indiretta, quello principale di autorità «materna» nell’ambito della famiglia. Lo stesso è per il novenario, la cui funzione non è riducibile a quella di un eventuale «compenso» a una pur esistente marginalizzazione sociale. Abbiamo visto che, proprio mediante un’apparente evasione dalla famiglia, la donna finisce col confermarne solennemente l’istituto. Si è parlato anche di un certo relativo maggior grado di autonomia della donna sarda rispetto a quella del meridione. Possiamo fare un confronto molto indicativo. 220 Il ballo dell’Argia Il tarantismo pugliese descritto da de Martino è una festa prevalentemente di donne, le quali una volta l’anno, in occasione del giorno di S. Paolo, compiono danze rituali, che in passato potevano anche assumere connotazioni di una notevolissima libertà. La danza viene considerata come un esorcismo per la liberazione dalla tarantola, che periodicamente «possiede» e fa soffrire, se non viene eseguito il rituale prescritto.80 In Sardegna c’era qualcosa di analogo fino a pochi anni fa (ora comunque in via di quasi completa estinzione): era il ballo dell’Argia, anch’esso esorcismo coreutico-musicale per l’allontanamento di un nume-ragno, l’Argia, che ha colpito una persona, quasi sempre un uomo. L’esorcismo non ha calendarizzazione annuale, ma più o meno ogni estate capitavano casi di uomini sofferenti, perché effettivamente punti dal velenoso latrodectus tredecim-guttatus – a differenza dalle tarantate pugliesi, che peraltro mimano uno stato di avvelenamento simbolico. In Sardegna il rito assume varie forme: comunque, proprio nelle zone centrali dell’isola, il corpo esorcistico è formato quasi esclusivamente da donne (tranne un suonatore) che impersonano nella danza il nume velenoso e si danno a comportamenti liberissimi, di un grado notevole di oscenità mimica e verbale. Formalmente, i due rituali hanno una serie di somiglianze che sono state a suo tempo rilevate e descritte.81 Qui ci importa notare una differenza essenziale nel ruolo assunto dalle donne nel tarantismo pugliese e nel ballo dell’Argia sardo: nel primo caso, le donne sono pazienti da esorcizzare, nel secondo, sono esorciste che eseguono il rito, spesso imponendolo con la forza del numero, sopra un uomo sofferente ed inerte. In entrambi i casi, il «pretesto» magico-religioso copre la necessità sociale di una disinibizione che si canalizza e delimita 80. E. de Martino, La terra del rimorso, Milano 1961. 81. C. Gallini, I rituali dell’Argia, Padova 1967. 221 PARTE PRIMA. I NOVENARI, I PAESI VI. Le motivazioni nell’ambito di ben precise iterazioni stagionali. In entrambi i casi, non viene socialmente riconosciuta la possibilità di un godere quotidiano che sia libero da qualsiasi remora. Se si pensa ai novenari, il clima che ne risulta è analogo. Ma, rispetto al ruolo di paziente assegnatole nel tarantismo pugliese, il ruolo di esorcista conferito alla donna nel rituale catartico dell’Argia rinvia a un ordine di maggiori libertà e responsabilità, forse possibili in misura maggiore in Sardegna che non entro quell’area culturale meridionale, modellata ormai in modo massiccio dall’influenza islamica. Questo notevole ruolo magico-religioso della donna le conferisce dei prestigi, che non sarebbero inerenti a una situazione totalmente subalterna. Di qui, l’atteggiamento ambiguo nei suoi confronti dell’uomo, che, pur svalutandone le iniziative magico-religiose, finisce per muoversi al loro traino. Di qui anche il prezzo che oggi si trovano a dover pagare le nuove generazioni di donne, che debbono far certe rinunce nel momento di ricerca di una maggiore autonomia del loro sesso rispetto ai condizionamenti familiari tradizionali. Il canale delle donne Proprio nella misura in cui anche la pratica magica fa riferimento a un ordine metastorico, il suo canale è in grado di essere utilizzato per convogliarvi altri messaggi analoghi, ma a loro volta provenienti dalle strutture egemoni della Chiesa. Possiamo analizzare da vicino, con un esempio particolarmente significativo, le modalità di questo percorso. Tra le varie malattie di ordine magico, c’è anche quella dello Spavento (Assustu): uno Spavento mitizzato e personificato, che si ritiene in qualche modo connesso alla terra e alle anime dei morti. È il riconoscimento che paure, angosce, tensioni costituiscono parte del vissuto comunitario, contro il quale ci si ha da difendere tutti assieme. L’ideologia è alquanto diffusa, ma variano invece gli orientamenti in rapporto alle pretese connotazioni «magiche» o «religiose» delle sue diverse forme di terapia. 222 Le terapie «magiche» possono essere diverse. Non le stiamo a descrivere: ci interessa solo notare che chi le amministra sono le solite «donne adatte».82 La terapia «religiosa» comporta invece l’intervento del sacerdote che, più o meno consapevole del fine per cui sta operando, impartisce una benedizione o legge i Vangeli di fronte all’esorcizzando. Abbiamo rivolto alcune domande relative alla presenza, in paese, delle diverse forme di terapia dello Spavento e alla valutazione dell’utilità dell’una o dell’altra. La terapia magica era, in genere, più utilizzata in passato, nel senso che, almeno tra le donne di paese, le giovani tendono a conoscerla meno delle anziane; tra gli anziani, come sempre, le donne sono notevolmente più informate degli uomini. C’è stato cioè, un relativo processo di aggiornamento in campo femminile, come per altri comportamenti già visti. Va comunque tenuto presente che il rifiuto non è totale, nel senso che il livello più basso delle adesioni è rappresentato dai maschi, di cui una percentuale di rado inferiore al 25-30% crede ancora nell’efficacia della terapia magica (tab. 50). E c’è anche da tener presente la larga fascia di quell’atteggiamento prudenziale e conformistico, per cui ci si trincera dietro l’affermazione che anche questo tipo di intervento «non fa male». Ma si è venuta creando ormai una situazione concorrenziale. Mentre in passato, almeno per le donne, entrambi i tipi di terapia erano ritenuti egualmente efficaci, ora si diffida della «magia» e si continua ad ammettere l’efficacia della terapia «religiosa» (tab. 50: vedi confronto fra terapia magica e terapia religiosa). Ed è proprio entro quest’ambito che si manifesta tutto un articolarsi di orientamenti diversi. 82. Sull’ideologia magica dello spavento e le relative terapie tradizionali cfr. C. Gallini, “Un rito terapeutico sardo: s’imbrusciadura”, in Atti del Convegno di studi religiosi sardi (Cagliari 24-26 maggio 1962), Padova 1963, pp. 249 sgg. 223 PARTE PRIMA. I NOVENARI, I PAESI VI. Le motivazioni Può esserci anche qui la tendenza dei giovani a credere meno degli anziani: ma ancora il 60% delle donne della prima classe d’età presenta un giudizio positivo della pratica della «Lettura» o della «Benedizione». Ma la differenza più significativa è tra maschi e femmine. I maschi credono in misura notevolmente minore delle femmine e, per giunta, più o meno nella stessa misura in cui credono o non credono alla terapia magica. Conclusione implicita non può essere che la seguente: proprio nella misura in cui è strettamente vincolata all’ambito dell’ideologia e della pratica magica, la donna viene a costituire il grosso canale di interpenetrazione e di scambio tra il livello egemone dell’organizzazione ecclesiastica e quello subalterno del paese. Conflitti di competenze Nel conflitto di competenze tra magia e cattolicesimo è esistito un braccio di ferro secolare, che solo in questi ultimi anni si è allentato, nella misura in cui non lo sorregge più la vecchia struttura sociale ed economica, che rendeva possibili tanto la magia quanto un certo tipo di cattolicesimo. Ma per secoli è stato un duello con alterne vittorie. I vari sincretismi pagano-cristiani ne sono una testimonianza tanto nota, che preferiamo darli per risaputi. Vale la pena però di sottolineare che la vittoria del cattolicesimo ha comportato esiti complessi sul piano culturale. Anzitutto, sembra che un certo suo avanzamento sia da connettersi all’accettazione di modelli borghesi di comportamento. È particolarmente significativo per questo l’esempio di Bitti, che ha un altissimo grado di messalizzazione ed è tendenzialmente più vicina in questo al comportamento del gruppo dei nuoresi che non a quello degli altri paesani. Che cos’è avvenuto, in questo caso, rispetto ai conflitti di competenze? Bitti e Nuoro sono riusciti a liquidare la vecchia usanza del lamento funebre. Ma altri comportamenti magici tradizionali ne sono usciti confermati. 224 Rivediamo in questa prospettiva gli esempi del malocchio e dello Spavento. Esiste una tendenza ancora maggioritaria a considerare le pratiche terapeutiche del malocchio come non contrarie né alla religione né (e in misura ancora più grande) alla legge (tab. 52). Nell’ambito di questo orientamento, Bitti e Orosei sono le due località che presentano il maggior numero di giudizi negativi. Ma a Orosei forse il timore è maggiore, forse si tace: come a Oliena e a Mamoiada, si è in pochi a riconoscere che il malocchio esiste davvero. A Bitti e a Nuoro invece la percentuale di chi si sente in grado di fare ammissioni del genere sale di molto: rispettivamente del 46 e del 52% (tab. 53). Per il resto – cioè il riconoscimento di casi personali (tab. 53) e le valutazioni circa l’efficacia della medicina (tab. 54) – Nuoro e Bitti sono su posizioni equidistanti rispetto agli orientamenti delle altre località. Insomma, le alternative sono due. O a Bitti e a Nuoro si ha più coraggio di parlare, nonostante i divieti della Chiesa: e allora ne emerge che in zone cattoliche la magia è comunque viva e vitale. O a Bitti e a Nuoro si crede più che a Orosei al malocchio. E in questo caso, il cattolicesimo è servito da canale di rafforzamento. Le variabili magia e religione non sono indipendenti. Di fatto, interrogati sull’efficacia della terapia «religiosa» dello spavento, sono proprio i bittesi a dare risposte positive (il 70%) molto superiori a quelle degli altri gruppi, che, al limite, possono anche credere meno nell’efficacia delle stesse terapie «magiche» (tab. 51). Eppure, Bitti è il paese in cui la pratica religiosa presenta il più alto grado di frequenza: il 60,4% (rispetto al vertice opposto del 20% di Oliena) può affermare di andare «sempre» a messa; analogamente vanno le cose circa la frequenza alla comunione (tab. 55). Da quest’ultimo esempio almeno, la totale compromissione di cattolicesimo e magia, che trovano reciproco supporto e reciproca conferma, ci sembra emergere con dati certamente non sufficienti, ma almeno indicativi. 225 si vuol far festa. Magia e religione sono tendenzialmente rifiutate perché pertinenti al ruolo dell’altro sesso. Sono due facce di una medesima medaglia. E potremmo così concludere (anche se il discorso non va di moda) notando che la volontà politica di assolutizzazione di una sola delle due facce della medaglia ha contribuito a suo tempo a determinare certe posizioni nei confronti dell’art. Ma il rifiuto comporta anche talvolta precise accuse rivolte ai «poteri» della Chiesa. I NOVENARI. Si è nell’ambito di una struttura sociale e ideologica che il cattolicesimo è riuscito a definire solo a certi livelli. nella misura in cui una parte del suo orientamento è di ordine magico-religioso e un’altra più spiccatamente di ordine laico. i cui risvolti sono egualmente veri. ma le si utilizzano per quel tanto che torna comodo. Questo vale per la donna. cioè ai santi.PARTE PRIMA. le cui conseguenze vanno alquanto oltre quel rafforzamento della magia che a Bitti è venuto come risvolto della vittoria della Chiesa. si avanzano affermazioni autonomistiche rispetto a magia e religione. Non si è sufficientemente «magici» per essere sufficientemente «cattolici». ma non si può costituzionalmente rinunciare a pretesti metastorici. né si è sufficientemente «cattolici» per essere sufficientemente «magici». PARTE SECONDA LA FESTA 226 . e vale soprattutto per l’uomo. I PAESI Laddove invece non si sia giunti a un grado di integrazione così alto – ed è ancora la maggioranza dei casi – tutti i conflitti sono possibili: appunto perché si sta combattendo su un terreno comune. 7. coi suoi drammatici rapporti coi livelli egemoni del potere economico. secondo la meccanica e i modelli loro propri. Nel tempo e nello spazio eccezionale del santo si sospende il controllo sociale. lo conferma su un piano di implicito assenso. Verso questa finalizzazione si indirizza l’istituto della festa in quanto tale. Se peraltro ci si limitasse a queste conclusioni. che è fatto di regole e di valori. finiremmo coll’operare un processo riduttivo. e si pongono le basi per l’instaurarsi di ulteriori rapporti. la popolazione del novenario. È un momento di apertura.I. liquidatorio proprio dell’elemento qualificante da cui siamo partiti: la novena. che hanno da snodarsi nei mesi a venire. In questo preciso luogo vengono a convergere tutte le relazioni sociali che hanno intessuto l’ambito del quotidiano. Che cosa afferma? Quali finalità si prefigge? Quali dinamismi mette in moto? Entriamo nella struttura di questo codice. comunque ossequienti ai dettami di una legge economica ben precisa. e in particolare tutto quel complesso di norme e di valori che la caratterizzano. la festa come complesso unitario che ha un suo codice. con tutti i suoi condizionamenti economico-sociali. almeno in quelle sue forme più vincolanti e 229 . le aspettative inerenti al ruolo di ciascuno ci si sono rivelati come parte organica di un universo: il paese. La sospensione della norma Novena e festa sono un vertice: e soprattutto un momento dinamico. LA TREGUA DELL’INVIDIA L’istituto della festa Fino a questo punto. i suoi comportamenti. In questo senso. altrettanto unitario e coerente. Potremo così iniziare a intravvedere anche su quali punti qualificanti della sua struttura abbiano iniziato a far breccia le stesse «voci di fuori». la novena prosegue il paese. ecclesiastico e dell’informazione. Esercitare l’ospitalità è «onorare il santo». ciascuno con le parti a ciascuno assegnate. L’ospite primo è il santo. Finita la festa. Possiamo ricondurre questa ideologia della sospensione della regola a un mondo culturale da cui è assente qualsiasi strumento che metta in grado di compiere un’analisi di classe e quindi una «rivoluzione» dell’intero sistema. paese e paese. la cui realizzazione sarebbe difficile e. ci si ritrova al punto di prima. rifiutarla è «offenderlo». Il «mondo alla rovescia» della festa conferma il paese proprio nella misura in cui nega ritualmente quanto in modo implicito afferma con eguale solennità. di fatto. ai suoi limiti e al suo senso. dobbiamo esercitare l’ospitalità nel modo più grandioso possibile. come avverrebbe tra padrino e figlioccio. ma a una attualità. tra amico e nemico. Sappiamo che. la sua classe. ma tutto il perimetro della «corte» ad essere valorizzato come «la casa del santo». A loro volta. limiti e senso di essa non ineriscono solo a un momento «anacronistico» rispetto a un ipotetico oggi. di cui ciascun novenante ha chiara consapevolezza. La festa ha un suo codice. con tutti i limiti che una previa situazione economico-sociale comporta. Ospitalità e dono possono essere formalizzati rigidamente attraverso l’offerta di cibi speciali. dono e contraccambio appartengono al medesimo ordine di coerenze. Fino alla scorsa generazione. cui si contraccambia con un «voto». la sua cultura. per quanto corretta essa sia e per quanto vada sempre tenuta presente a scanso di un rischio di mitizzazioni del passato. in quanto non esiste barriera tra poveri e ricchi. come la minestra (su filindeu) di S. sia quando «sospende» sia quando ribadisce. tutti «alla pari». come norma di vita sia quotidiana che festiva. Ospitalità. Si è tutti nella condizione di ospite. si solennizza un rapporto di protezione-dipendenza. ma pubblico. l’eccezionalità festiva vuole essere anzitutto 230 un istituto in cui si pongono le premesse di tutta una serie di ulteriori rapporti sociali. ma anche con tutto il suo senso di volontà di apertura a forme di una più larga socializzazione. è «bene» che ricchi e poveri stiano ciascuno al proprio posto. mentre alla festa è «bene» che avvenga il contrario. tra libero e bandito. che a suo tempo vedremo comportare una serie di complesse implicazioni strutturali. Lo stesso schema del «capovolgimento» è già insufficiente a spiegarci tutti i perché delle norme della festa. tutti «fratelli». che va esaminato come un complesso unitario. Nella vita quotidiana è «bene» che maschio e femmina non si incontrino. anche alla novena. la nostra casa deve essere aperta a tutti e anzi ci deve essere un luogo non più privato. al limite. Questa è l’ideologia della festa. La regola si esprime così: siamo tutti ospiti del santo. Attraverso uno scambio formale. che può anche intervenire dando nuove forme alla festa. la sua storia. impossibile al di fuori di questa soluzione cerimoniale. chi tornava in paese da certe feste doveva portare a parenti e 231 . Ma una regola come quella dell’ospitalità è «bene» sempre e ovunque. l’offerta cioè di un oggetto (ex voto) o della propria presenza nella sua casa. famiglia e famiglia. LA FESTA I. Cominciamo a prendere atto di questo fatto. Ma così saremmo anche costretti a fermarci a questa constatazione. e non solo perché ciascuno porta dietro di sé. Osserviamo per il momento che. Non è solo la chiesa. che vi esercita le proprie funzioni ospitali attraverso la persona dei suoi rappresentanti: il priore o ogni singola famiglia. Ospitalità e dono La regola fondamentale attraverso la quale la novena e la festa riescono a mediare i rapporti sociali è l’ospitalità. le cose non possono essere così. La tregua dell’invidia repressive che portano il nome di «critica» e di «invidia». Il santo fa le «grazie». Francesco.PARTE SECONDA. Si è tutti «eguali». C’è però anche da chiedersi se la festa – come le forme peculiari del suo apparato organizzativo – non rappresenti peraltro il massimo degli sforzi culturali che un certo ambiente può aver compiuto. in cui possa venire ospitato chiunque venga da fuori. tra maschio e femmina. Chi arrivi dal paese non deve mancare di sottoporsi a tutte le regole della «visita» al priorato. se si viene da lontano. segno di una continuità di rapporto tra chi era partito e chi era restato. LA FESTA I. In ogni caso. che trovano in casa da’ loro amici. All’Annunziata di Bitti. Dizionario cit. facilità di costruzione. Il consumo vistoso della festa appare indirizzato infatti in notevole misura verso finalità ospitali. come accade quando si va in compagnia di altri. abbiamo contato ben nove bettole. Fuori di casa. In questo sforzo. Come in paese l’osteria costituisce ancora l’unico luogo di socialità maschile extrafamiliare – socialità costantemente minata dal rischio dell’ubriachezza – anche le bettole della festa intendono riproporre questo tipo di comportamento. centri di ospitalità maschile sono le bettole. nel cui ambito non è lasciato gran spazio alle libertà e alle improvvisazioni 233 232 . dato che nella «corte» la bettola diventa il punto di riferimento di tutti gli uomini dei paesi vicini. per cui l’ospite. alla bettola si va per offrire agli amici. sono nella partenza regalati d’una fetta (corriolu) di carne. La bettola è stata messa su per questo scopo da chi vuol fare il grande. Casalis. l’ospitalità è una norma fortemente vincolante. caffè. ci si reputi soddisfatti di esserne usciti senza averci troppo rimesso di tasca propria. numerose. Nelle cumbessíe. in G. alla fine della festa. che arrivano numerosi verso sera e rimangono a bere fino a notte. C’è semmai presente in esse un ambito più articolato di gruppi umani. vino. abbastanza modesta quanto a dimensioni e quindi dal carattere ancora notevolmente devozionale. che erano già costruite i primi giorni della novena. la tavola è potenzialmente aperta a tutti. agli amici e. Se questi ospiti (uomini sieno o donne) fanno delle visite ad altre persone anche non conosciute prima. Che le cose andassero così anche un tempo. si ribadisce e enfatizza la regola dell’ospitalità. XX (1850). non sono neppure rari i casi in cui il gestore spende tutto il suo guadagno in offerte di vino ad amici. brano. i quali a loro volta dovranno rispondere secondo la regola dell’«invito» (cumbídu). Le bettole sono delle costruzioni temporanee. Si devono offrire cibi considerati voluttuari: biscotti (in varietà e forme standardizzate per ciascun paese). La tregua dell’invidia amici un pane speciale (su corriolu). compari e compaesani.PARTE SECONDA. liquori. ogni famiglia deve superare se stessa. L’ospitalità ha il fine di trasformare in un membro della famiglia l’altro. ed è significativo di un intento non-economico il fatto che. che tra gli introiti del santuario annoverano anche gli affitti dei Bituleros. 305. pena l’«offesa» dell’altro e soprattutto il suo stesso porsi fuori del gioco delle regole sociali del gruppo. vien fatto partecipare a una mensa comune. p. Si può perfino gestire una bettola per soli scopi ospitali: mentre infatti un certo numero di esse è costruito a fini di lucro (e pare con introiti notevoli).. e gli si è sostituito quello del dono di oggetti di fabbricazione non più artigianale. V. che porta inevitabilmente all’ubriachezza. o d’uno o due pani fini. L’ospitalità è un rito. data anche la loro relativa 83. Anche quando si arrivi a pagarla con l’ubriachezza. Sono sempre comunque. e soltanto i novenari più minuscoli e tranquilli arrivano ad averne un paio. A sua volta. il loro numero tende a moltiplicarsi durante gli ultimi giorni della festa. avvertito come estraneo: istranzu significa appunto ospite. con una gara nel rilancio dell’offerta. gli «inviti» si susseguono a «inviti». secondo la condizione. come prima cosa. lo dimostrano i vecchi libri di conti della Madonna di Gonare. ai compaesani.83 Ora l’uso è scomparso. ai parenti. in legno o in legno e frasche. e. fetta). Angius. ma industriale. alla quale uomini e donne si devono assoggettare in egual misura. perché gli ospiti oltre il grazioso trattamento. L’ospitalità è un rapporto sociale ritualizzato. ricevono anche da queste il corriolu. nella misura in cui viene regolata secondo un ben preciso codice di comportamenti. egli non potrà sottrarsi all’invito. o di cumbessía. Il rito viene così descritto dall’Angius: Questa è una delle feste che diconsi di corriolu (da corrja. . per cui a offerta segue risposta. Naturalezza. Che cosa rappresenta il novenario rispetto all’importante istituto dell’ospitalità? Ha una funzione ben definita. come una grande offerta sociale. facilità. Come regola sociale. Oggi. «semplicità». Come regola sociale. che ritualizzino ogni forma di rapporto. del comparatico. e che contengono famiglia e gruppo entro l’autarchia dell’arrangiarsi come possono. grazie appunto alla serializzazione dei rapporti di mutualità. e il prestigio sociale inerisce al numero e al rango delle persone con le quali si è in relazione. contrattazione.PARTE SECONDA. Ma in tutto il rapporto si ha da rispettare una regola ben precisa: quella della mutualità. il comparatico) e i vari comitati organizzatori delle feste. In questo senso. in una catena di serializzazioni potenzialmente infinita. La tregua dell’invidia individuali. del dono. l’istituto dell’ospitalità funziona anche da canale di regolamentazione di ogni possibile rapporto sociale tra gruppo territoriale e gruppo territoriale. che non possono essere che moltiplicative: si mantiene il rapporto con l’altro mediante la serializzazione dei reciproci obblighi. si ottiene il maggior numero di relazioni sociali attraverso la ripetizione. LA FESTA I. come l’ospitalità o la festa. potremmo anche trovare affinità strutturali tra istituti molto distanti come l’ospitalità (e il dono. Consente così che si metta in moto anche una macchina comunitaria. Questa disponibilità è anzi potenzialmente estesa fino alle comunità più distanti. Sulla struttura della famiglia sarda. peraltro di controllare. Anche la stessa maggior libertà di scelta di relazioni che il novenario favorisce si è potuta dare solo in virtù di un’occasione rituale precostituita. dello stesso tipo di rapporto. ma si ottengono solo all’interno del rispetto di norme ben precise. altrimenti caratterizzato da reciproche chiusure antagonistiche. così caratteristiche di istituti come quello dell’ospitalità. l’ospitalità fa riferimento a un sistema economico e produttivo. anche quel caratteristico oscillare tra tendenze possessive (di chiusura) e volontà di apertura al rapporto. la disponibilità di tutto il paese ad entrare in relazione con lui.84 che cerca 84. Lotta e patteggiamento Alla novena. con tutte le sue potenziali cariche antagonistiche. il maggior numero di volte possibile. si può entrare nel vivo delle relazioni sociali: conversazione. La famiglia esclusiva cit. potremmo però anche correlare questa «persistenza» con tutta una serie di carenze di ordine sociale ed economico di tipo nuovo. Ed è concepibile solo facendo riferimento a strutture produttive di tipo familiare. in cui ciascuno ha di fronte a sé. La limitatissima mobilità – di cui abbiamo potuto anche misurare il grado – ha avuto per corrispettivo sociale e culturale una antica tradizione di campanilismi molto accentuati. È soprattutto il momento in cui l’intero gruppo sociale riconosce che l’istituto dell’ospitalità non ha come fine immediato solo la regolamentazione dei rapporti tra famiglia e famiglia. «facilità». che peraltro non considera la dimensione metafamiliare di molti istituti tradizionali. Di qui. Una volta adempiuti i preliminari del rito. Di qui anche le caratteristiche di questa apertura. 235 234 . (Il duello tra zia Tatana e la prioressa per avermi ospite è uno dei tanti possibili esempi). È un luogo comune da mito del buon selvaggio anche quello della «naturalezza». se si parte da certe premesse. semplicità. Ne consegue quella particolare caratteristica del rapporto ospitale – analoga a quella del dono – per cui la catena degli obblighi si configura come un rapporto potenzialmente egemonico e possessivo tra ospitante e ospitato. ecc. in quanto nucleo di coesioni interne e di antagonismi all’esterno si veda la tesi centrale di Pinna. ecc. dei rapporti sociali del nostro mondo contadino. l’ospitalità conferma la famiglia. in quanto momento-vertice. in cui sia di primaria importanza il ricorso alla mutua assistenza nei momenti del bisogno. ma ha come fine ultimo il raggiungimento di un’integrazione comunitaria. È questo il massimo dei risultati cui si può giungere. esistono. con rapidità fulminea. la spedizione avviene in gruppo. Sembra. che peraltro funziona spesso come canale di rapporto personale (interfamiliare): chi entri nell’altro paese può avanzare sicuro. esasperandolo e contenendone i conflitti nel proprio interno. rispetto all’altra etnìa. di fatto. diffidenza. Ma ci può essere anche la sfida gratuita. nei giorni di festa si «va a ragazze» nell’altro paese. In gruppo di maschi. ed ha come obiettivo immediato la provocazione e la punizione di «quelli dell’altro paese». Queste sono osservazioni molto generiche. entro uno spazio angusto di relazioni sociali. Le stesse cose si fanno nei giorni della festa grande. al tempo della nostra inchiesta. L’inizio (sia pur modesto) del boom della motorizzazione (Oliena. LA FESTA I. e quindi come gruppo. costituiscono le figure di avversario più note e strutturate. venir anche investitito di tratti mitici ed esotici. Si passeggia per strada. per il piacere di andare a cacciare in terreno altrui. si può trovare presente come dimensione presso vari altri livelli sociali della Sardegna – e l’alto potenziale di aggressività ad essa inerente non siano riconducibili a motivazioni di ordine più generale: e cioè alla lunga e sofferta storia di frustrazioni e di dipendenze da poteri più grandi e distanti. 236 Qualora ci si voglia invece affermare come etnìa. C’è soprattutto da chiedersi in che misura l’enfasi campanilistica – che. o rappresentare (specie per le donne) l’evasione e l’ascesa sociale. Vediamo ora la risposta culturale a queste premesse. In quest’ultimo caso. spesso abbastanza ben controllato sul piano di una recitazione dalle regole tacitamente rispettate. si entra nel bar. può. provenendo da paesi più distanti e meno noti. Ma si va anche in gruppo per la rissa: episodi di questo genere si verificano puntualmente ogni anno. che ha precise ragioni di conquista. I canali di rapporto tra gruppo e gruppo sono riconducibili a due tipi di scambio: quello ospitale e quello antagonistico. può invece tendere ad essere minimo rispetto a chi. di ordine sessuale (mancanza di donne disponibili al di fuori dell’istituto matrimoniale) e soprattutto di ordine 237 . Andare a ragazze è una sfida. al limite. contava già 700 automobili) sta apportando fratture dirompenti: ma ancora rifiuto. aggressione e lotta sono l’unico mezzo per contraddistinguersi nei confronti dell’altro. nel complesso. che hanno favorito l’isolamento. come pure è normale prepararsi alla rissa. Si va in gruppo a ragazze: ma qui non si è in terreno di caccia altrui. che andrebbero ulteriormente approfondite. al limite. al contrario. Lo si fa per vari motivi: per l’interesse che suscita il «diverso» (e quindi per la necessità sociale di intrattenere relazioni anche col modo esterno). e soprattutto presentandosi come individuo singolo e non rappresentativo di un gruppo (peraltro ignoto). La dinamica della violenza ha un andamento molto complesso. Fa parte della norma. La rissa non è comunque mai questione da regolarsi tra poche persone.PARTE SECONDA. tra la folla. e ci può anche scappare il morto. Il grado di antagonismo può variare. Sfida. e si inizia il gioco delle provocazioni. nella misura in cui la famiglia ospite lo tutela e si fa garante per lui di fronte al gruppo. il rapporto avviene attraverso l’antagonismo. alla fine della novena. La tregua dell’invidia «Quelli dell’altro paese» vengono intesi come etnìa completamente diversa e per costumi e per dialetto: è un etnocentrismo a scala molto ridotta. far riferimento a un ordine ben preciso di carenze. l’atteggiamento nei confronti di «quelli dell’altro paese». caratterizzano. tenendo conto di una serie di altri fattori. nel senso che si può andare alla festa con l’intento deliberato di farla a pugni o a coltelli. che andrebbe analizzato in tutte le sue motivazioni. L’approccio è consentito perché si è nell’extraterritorialità. e tende ad essere massimo proprio rispetto a quelli del paese più vicino che. antagonismo. nella misura in cui tutti fanno le stesse cose. Ci può essere l’ospitalità. Anche questa è peraltro una convenzione. ma anche spesso con un crescendo che può prendere la mano e finire in rissa. perché è un contagio che dilaga. pp. la rissa rituale potrebbe anche esistere. Lo stesso Licheri (Ghilarza cit. di Sarule e di Orani.85 In questo senso. S. Note di storia civile ed ecclesiastica. il cui ruolo sociale proiettato all’esterno porta ad esporsi a una gamma maggiore di possibilità conflittuali. «L’Amministrazione di Sarule possiede un tratto di montagna. 364 sgg. Wolfang. già vecchia nel 1925.V. Una parte delle mura del santuario appartiene alla parrocchia di Sarule e un’altra a quella di Orani. Ma ci sono anche degli accorgimenti di tipo amministrativo. a suo tempo. Si è già parlato. L’eccezionalità spazio-temporale del novenario. 371. specie per il maschio. può infatti prestarsi anche a forme di patteggiamento tra comunità diverse. e lo stesso avviene per la proprietà delle casette circostanti. tensioni e antagonismi trovano la loro regolamentazione nel patteggiamento dell’ospitalità o nella ritualizzazione della lotta. Sassari 1900. o per sé o per altri. Maria de Saùcu. Sarule).PARTE SECONDA. M. che spesso si situa in zone eccentriche rispetto al paese. Ci possono essere chiese campestri situate entro il territorio di un determinato paese.86 86. Serafino sarebbe stata guadagnata dalla popolazione di Ghilarza in seguito a una lotta armata contro il vicino paese di Ula Tirso. dividendo fra loro a metà le offerte che si incassassero in chiesa durante la festa. di denaro. vuole che le funzioni della novena siano officiate ad anni alterni dai parroci dei rispettivi paesi. Un altro esempio interessante è quello del santuario di Gonare. «l’obbligo dei restauri della Chiesa è comune … mentre le riparazioni delle casupole. da ultimo. Raffaele o S. anche qui si impongono considerazioni analoghe a tante precedenti: date certe premesse. di Sarule esiste inoltre la documentazione di una lunga controversia. Sul territorio conquistato sarebbe sorta la chiesa come garanzia del trattato di pace infine stipulato tra i due paesi rivali. p. circa il possesso di alcune cumbessíe e del relativo terreno. che lo considerano proprietà loro. Cristina. del rapporto ospitale. La tregua dell’invidia economico (mancanza di lavoro. ma dipendente dalla parrocchia di Nuoro e frequentato soprattutto dai nuoresi. nella misura in cui è attraverso la lotta che egli afferma la propria etnìa. ma posta di fatto in agro del paese limitrofo di Bolotana. di Gonari. e durata almeno fino al 1937. dipendente dal priorato di Bonacardo ma situata in agro di Paulilatino: per quest’ultima cfr. Ma questa volontà di proiezione all’esterno è anche la molla in grado di far recuperare al maschio la propria identità. Vi si legge tra l’altro che l’amministrazione di Gonare è stata sempre «tenuta dai Parroci. la cui organizzazione rispetta chiaramente la funzione di scambio da esso assolta: il confine tra i due comuni di Sarule e Orani passa sulla cima della collina e all’interno della chiesa stessa (abbiamo già visto altri esempi di chiese proprio su confini). chiamano il concorso dei fedeli dei rispettivi paesi». M. Strutture – e quindi funzioni analoghe – sembra abbiano altre chiese campestri: S. e venir mantenuta in vita. E. risalente almeno alla metà del XVIII secolo. Milano 1970. Licheri. i quali. 238 239 . Sulla violenza in Sardegna vedi. Lazzari. LA FESTA I. distinte e separate dai limiti giurisdizionali dei territori limitrofi di Sarule e di Orani furono e sono sempre a carico dei rispettivi Parroci. ma centrali rispetto a una zona. restando l’obbligo dell’ufficiatura da disimpegnarsi dai medesimi alternativamente».). avendo ciascuna amministrazione le sue proprie. di questa eccezionalità geografica di uno spazio sacro. che ratificano l’utilizzazione dell’istituto come strumento di scambio almeno tra due comunità diverse. In quanto istituti sociali. chiesa dei bortigalesi. Al limite. che non siano quelli. Parrocch. l’antagonismo è il massimo di risposta sociale che questo tipo di cultura abbia potuto elaborare. Potenziali chiusure. Il patteggiamento può avvenire anche ad altri livelli. quando vi è bisogno. scambio ospitale e rissa emergono insomma come risposta a un medesimo humus. raccoglie la tradizione che la zona ove poi sarebbe sorta la chiesa di S. Parrocch. come ben precisa valvola di scarico di tutte le eventuali tensioni accumulatesi durante l’anno.. F. Ghilarza. 7 maggio 1926 (Arch. Un’analoga convenzione. Sac. Sempre nell’Arch. situato entro il comune di 85. potenzialmente solo intrafamiliari. che vi manda i propri novenanti e i propri sacerdoti: l’esempio più noto è quello di S. Ferracuti. di sicurezze per il futuro). La violenza in Sardegna. Francesco. ma che di fatto dipendono dalla parrocchia di un paese diverso. Ragioni e diritti che l’Amministrazione di Sarule ha contro la Amministrazione di Orani circa il Santuario della B. di cui diventa il punto di confluenza. R. in quanto zona franca. Lula. dalla parte di Sarule e le casupole di Sarule e quasi tutto il Sacro edificio della Chiesa». La tregua delle discordie Mentre la lotta non viene riconosciuta come valore (anche se viene accettata come norma). tra gruppo e gruppo. tradizionalmente difficili. L’istituto della tregua ribadisce il tema della fratellanza. Lo stesso Mesina. e riesce ancor oggi. È da una generazione circa che alla novena non si assisterebbe più allo spettacolo di pubbliche e clamorose conciliazioni di famiglie avversarie. Ora le cose stanno cambiando. il problema delle tensioni interne alla vita della novena e continuiamo nell’esame delle sue regole.87 Ma lasciamo da parte. LA FESTA I. ma in rapporto allo sgretolarsi della coesione comunitaria e alla connessa crisi dell’istituto familiare. a suo tempo. avrebbe a suo tempo rifiutato di stare al gioco del rilancio degli ammazzamenti dei membri della famiglia antagonista. abbia infranto il rapporto. nella misura in cui fa parte della logica della vendetta il continuo rilancio. possiamo anche considerare l’istituto della tregua come regola di convivenza. trova 87. la definizione precisa dei tracciati comunali che nessun catasto sa chiarire. strettamente correlato agli istituti della ospitalità e del patteggiamento è quello della tregua delle discordie. non in rapporto a un ipotetico mitigarsi dei costumi. non valgono discriminazioni e antagonismi. quella dei Muscau. metà da Orani (il secondo. Quella serializzazione dei rapporti sociali. a che entro la sua dimora non sorgano dispute e contese di alcun genere. consistente in un bue. tra le due comunità di Sarule e di Orani. che si teneva l’ultimo giorno della festa. Questo dato si ricava implicitamente dal Libro de la Administración. 241 240 . era offerto con contributi provenienti metà da Sarule. nell’istituto della vendetta la sua controparte punitiva. non sia stato alla regola del gioco. tra due paesi che dovevano vantare entrambi eguali diritti sul santuario. controversie circa il possesso di questa o quella casetta. che abbiamo individuato come caratteristica strutturale nell’ambito degli istituti dell’ospitalità e del dono. che serve a far funzionare col minor numero possibile di attriti la vita di una comunità effimera e eterogenea. era a carico dei cittadini di Sarule. dell’eguaglianza: quando si giunge ai piedi del santo. si dovevano escogitare correttivi: e la tregua delle discordie al novenario ne è uno degli esempi. comporta il rischio di smentire la finalità per cui era sorta: quella di ribadire la necessità di un rapporto di reciproco ed egualitario scambio. In questo senso. Resta comunque fondamentale il fatto che l’istituto della tregua delle discordie continua tuttora a funzionare come importante momento di coesione comunitaria. di cui abbiamo visto la potenziale carica antagonistica. che è un sarulese. al limite. non specificato dall’amministratore. a suo tempo. a mediare appunto quei rapporti tra famiglia e famiglia. nei limiti del possibile. La tregua esiste tuttora. indirizzato. anche se in misura meno solenne che in passato. Il primo premio. Ci si vendica infatti di chi. con la sua giustizia distributiva. Per non arrivare al dissanguamento della comunità. ecc. valorizzandosi mediante il riferimento a una «volontà» del santo. Sono finiti – tranne rare eccezioni – i tempi delle grandi disamistades. il terzo. a mediare i rapporti. perché coerente col resto della carriera «moderna» del bandito. a quanto si dice. È un fatto nuovo. Per l’intima struttura dell’istituto. ledendo l’«onore» dell’altro. che per generazioni opponevano clan familiare a clan familiare in una catena di «vendette» destinate a non finire.PARTE SECONDA. anche se il dover fare a metà del santuario può a sua volta essere origine di altre tensioni: ad esempio. La tregua dell’invidia Questa minuziosa suddivisione ha tutto l’aspetto di un accordo stipulato. che non manca di incontrare una certa disapprovazione in una parte dell’opinione pubblica di Orgosolo: comunque nuovo. che fa riferimento al modo di finanziamento dei premi della corsa di cavalli. Questa regola si motiva eticamente. per il momento. in denaro. doveva con buona probabilità essere a carico di quelli dell’altro paese). l’azione di vendetta è destinata a continuare all’infinito e quindi. nella misura in cui la sua è una forma di protesta rivolta contro una legge estranea. nei confronti della quale si situa solo in misura relativa come antagonista. di questa protesta. dove. ma piuttosto considerare novena e paese come due vasi comunicanti.PARTE SECONDA. In questi 88. ampiamente anche le novene. consistenti nell’occuparsi con curiosità dei fatti del vicino. Ma il bandito è anche un marginalizzato rispetto alla propria comunità. E di questo diritto godettero. LA FESTA I. da connettersi proprio alla funzione stessa della novena. nella misura in cui si è andato a cacciare in una serie di guai iniziati. A. Anche per quanto concerne il problema della regolamentazione delle tensioni potremmo insomma continuare a considerare l’istituto della novena non come un fenomeno a sé stante e neppure come un correttivo di altro. a controllare gli antagonismi con una esibizione – sempre in onore del santo – di una squisita gelida cortesia formale. e si riesce perfino. che possono sorgere e di fatto sorgono all’interno della comunità di novena. Nel complesso. già largamente dimostrata da altri prima di noi. perché concerne la pretesa che almeno uno dei due contendenti abbia infranto una di quelle norme sociali. non è mai un individuo totalmente escluso dalla comunità. È da tener presente – e questo vale per il passato come per oggi – che il bandito. Pigliaru. alle quali tutto il gruppo è interessato. nel migliore dei casi. alla tendenza a riprodursi di quelle tipiche forme di controllo sociale. Pigliaru. a suo tempo. al solito clamorosi. Il banditismo in Sardegna. Il diritto d’asilo Affine all’istituto della tregua è quello del diritto d’asilo. Partiremo dalla premessa. Milano 1959. La vendetta barbaricina. di paese) sia i singoli individui totalmente marginalizzati: e cioè. in questo caso almeno. nella misura in cui vuol essere un momento di integrazione comunitaria. a suo tempo. I litigi cui si può assistere non sono numerosissimi. appunto. 243 . che il fenomeno del banditismo sardo va visto in stretta connessione con tutta una storia di isolamenti sociali. che. A. già nei secoli passati 242 avversato dalle autorità civili. Le ragioni principali di antagonismo sono in genere riferibili alla qualità dell’alloggio. La tregua dell’invidia Questo strumento non serve certo ad eliminare al cento per cento tutte le tensioni. di pressioni economiche e di repressioni poliziesche che hanno sempre caratterizzato l’ineguale rapporto di dipendenza tra la Sardegna e i suoi dominatori. Sul banditismo in Sardegna cfr. ha comunque continuato a lungo ad esistere e costituì addirittura fino a pochissimi anni orsono sacrosanto privilegio dell’Annunziata di Bitti. che non sarà più tale. non potremo però dire che la vita della novena sia punteggiata da moltissime crisi: scorre piuttosto sopra una serie di tensioni. con una buona dose di esibizione di fronte a un pubblico interessatissimo: un litigio non è mai un fatto privato. i banditi. Milano 1970. Frustrazioni ancestrali si devono celare dietro i litigi. una volta tornati in paese. per lo meno. uno per tutti. conclusosi proprio così. La comunità accetta (giustifica) il bandito. a questioni di precedenza alla fontana pubblica. tende a convogliare al proprio centro sia i gruppi sociali integrati (gruppi di famiglia. In passato. non ci si saluterà più. e quindi nella misura in cui egli è rappresentativo. quasi tutte le chiese campestri godevano di questo diritto: il che significa soprattutto piena e sicura libertà d’accesso per il bandito. L’utilità dell’istituto sarà. con un atto lesivo nei confronti di determinate famiglie avversarie. Questo istituto. Il codice barbaricino come ordinamento giuridico. per quanto sia marginalizzato rispetto al proprio paese.88 Faremo solo alcune osservazioni dall’interno. per poi sottoporli a «critica». Torno a ricordare l’episodio di zia Tatana e della prioressa. perché si chiarisca meglio la funzione reintegratrice operata dal novenario anche nei confronti degli individui maggiormente marginalizzati rispetto al gruppo. per cui le tensioni accumulate nell’uno possono venir scaricate entro l’altro e viceversa. che per lo più riesce egregiamente a controllare. Francesco di Lula e S. le armi subito dopo. La voce che circolava tra i novenanti al tempo del nostro soggiorno a S. 244 La fratellanza e le discriminazioni La novena non rifiuta nessuno. ma «vigilata». è evidente il riferimento a un universo di origine precapitalistica. assieme ai banditi. la relazione con «quelli dell’altro paese» è mediata dall’antagonismo. Con questa parte intratterrà comunque strettissime relazioni. gli stessi rapporti tra i giovani avvengono da gruppo a gruppo. entro il perimetro della corte. ceto sociale con ceto sociale. a ogni livello sociale la sua collocazione ben precisa e immutabile. avrà dalla sua solo una parte del paese. Anche e soprattutto per questo aspetto. In questo senso. Presupponendo l’esistenza di discriminazioni da ascriversi all’ordine della natura – «ricchi si nasce»89 –. affollati e in zone «calde». il bandito non è mai un escluso in assoluto. in quanto cade ogni discriminazione sociale. L’istituto del diritto d’asilo solennizza il riconoscimento del suo ruolo. integra tutti – rispetto a sé e rispetto alla società che l’ha espressa. anche nel settore di questa modesta eliminazione. pp. fino a pochi anni orsono. ma non certo il banditismo. nella misura in 89. nel senso che il latitante trova la propria gratificazione esibendosi davanti a un pubblico. La «giustizia» in questo caso è riuscita ad eliminare: che cosa? Un istituto arcaico «scandaloso». 245 . Vale. 86 sgg. famiglia con famiglia. LA FESTA I. Ancora attualmente i latitanti si fanno un dovere d’onore nel comparire in pubblico nei giorni della festa: mi riferisco a quanto mi si dice circa santuari sufficientemente importanti. La tregua dell’invidia casi. anche per questo aspetto. il diritto d’asilo non esiste più. naturalmente.. Da queste premesse. ma un individuo vivente al margine di una società. che si estende potenzialmente fino a lui. l’ideale di parità non pareggia (nel senso attuale che diamo al termine) ma mette in relazione chi sarebbe separato: maschio con femmina. non varrebbe alcuna preclusione di tipo sociale. che entra in campo come motore di relazioni sociali nell’ambito di un sistema in cui peraltro a ciascuno compete il suo ruolo. Cosimo era che Mesina giorni prima avesse fatto una rapida comparsa. fioriscono anche i novenari. il discorso generale fatto a suo tempo: la regola della parità è una dimensione mitica. Si è tutti fratelli. che finge di non riconoscerlo. e tornando in paese clandestinamente. con cui il mito della parità si trova a dover fare i conti. In queste occasioni. e che ancora si aggirasse nella zona. Costantino di Sedilo. Le sfumature da situazione a situazione sono assai varie: ma importante è notare che la comunità definisce e riconosce formalmente il ruolo del bandito. risulterà evidente anche l’ambito di continue compromissioni. la vittoria non è stata totale. Le donne si sono conquistate una certa libertà. in quanto grosso fenomeno sociale connesso a tutta la problematica isolana e particolarmente vivo e operante proprio entro quelle zone in cui. Oggi. sembra che si instauri un certo fair play. i banditi potevano andare a depositare sull’altare della Madonna (Annunziata di Bitti) i loro fucili. come S. conservando rapporti personali con familiari ed amici. La famiglia esclusiva cit. poveri e ricchi hanno tutti egual diritto di cittadinanza. per cui. l’unica soluzione escogitabile ai fini di dischiudere un minimo di vita di relazione è quella di una «parità» da ottenersi su un piano rituale. ancora L. Sulla ricchezza intesa come stato ascritto cfr. si è detto. Anche nel peggiore dei casi di faide familiari (ora fattesi più rare). che non è ancora sostanzialmente messo in crisi. In questo senso va intesa la regola secondo cui. nella misura in cui si continuano certi rapporti sociali e di produzione. liberi e banditi.PARTE SECONDA. ma il rischio della discriminazione non può essere di fatto eliminato. Nella casa del santo si è tutti «fratelli»: maschi e femmine. e così pure sono stati abbandonati quegli aspetti più vistosi della tregua delle armi. per vivere con i compaesani durante tutto il periodo della festa: pronti a riprendersi. Pinna. Ma. che godono della fama di essere a un livello inferiore di «civiltà». all’apparente uniformità sociale del suo mondo si sottendono stratificazioni sociali e scale di prestigi. voluta e coltivata dall’esterno. nel senso che è fatto proprio dal gruppo nei confronti di un individuo o di una famiglia. si possa in pratica raggiungere. è a un contenimento delle tensioni sociali nel loro interno. Questo tipo di discriminazione sociale è ancora particolarmente vivo a Bitti. esso tende nel complesso a ripetere i moduli di quello delle élites paesane. tanto da determinare la struttura architettonica delle diverse cumbessíe. Si discrimina in genere nei confronti di determinate comunità paesane. che si realizza entro forme e atteggiamenti paternalistici: prestano oggetti. al contrario. essa vantava a Nuoro non ricordo bene se duecento o duecentocinquanta figliocci di battesimo. impartiscono consigli. e cioè quelle famiglie che sono state in grado di costruirsi un’abitazione propria. C’è infine il polo opposto della gerarchia sociale: sono i paria. anche la discriminazione è di solito un fenomeno di gruppo. che hanno tutte le buone ragioni per non sentirsi né ricchi né benestanti: anche qui. Ma «ricco» o «benestante». con cui non si entrerebbe forse mai in relazione. L’origine di questo 246 rispetto è da connettersi alla loro integra osservanza – senza deviazioni – delle norme antiche di vita: austerità di costumi sessuali. che utilizzano questo strumento per ovvi fini elettorali. «ricchi» all’antica di questo genere possono essere meno numerosi o mancare affatto. date le premesse. Abbiamo visto che dalla vita quotidiana della novena sono oggi di fatto assenti gli antichi prinzipales e i loro figli professionisti. Di fatto. a patto che stiano al posto che loro compete. Esistono anzitutto i «ricchi»: cioè chi è considerato tale. oppure possono anche. LA FESTA I. In particolare. che da generazioni vengono considerate «di rispetto». e che nella «corte» si accettano. La tregua dell’invidia cui inerisce a un reale modo di essere di tutta la struttura sociale del paese. in altre zone. I «ricchi» o i «prestigiosi» possono tendere a tenere le distanze e a non mescolarsi ad altri. Entro il perimetro della «corte» esiste poi una certa aristocrazia di tradizione: e questa è costituita da chi abbia un rapporto continuativo e di lunga data con quel novenario. autoritarismo nella educazione dei figli. nel novenario. assenza di frode nei rapporti col prossimo – dell’assenza di frode fa parte anche il rifiuto di ogni attività di tipo commerciale. La «parità» del novenario consente così una solenne affermazione del loro ruolo e del connesso tipo di rapporto sociale patrono-cliente. la tendenza. che accetta le gerarchie e le valorizza.PARTE SECONDA. Anche quest’ultimo fatto corrisponde. Come la rissa. Esclusivamente di prestigio è invece l’aristocrazia di quelle persone che. Possono far parte di questa aristocrazia coloro che vengono considerati «ricchi» secondo il cliché antico. sono questi gli individui che ricevono dalla novena il massimo di quelle gratificazioni cui aspirano già nella vita quotidiana. fanno visite. Famiglie del genere si autogratificano con un orgoglio smisurato. per aver fatto una novena a vita. in un universo di poveri. vantano un’autorità personale nei confronti dei nuovi venuti: il fatto che zia Tatana fosse relativamente benestante passava nettamente in secondo ordine rispetto ai suoi prestigi di novena. che spesso finisce per portarle fino all’orlo dell’estinzione. Quanto al comportamento dell’aristocrazia di novena. entro una certa misura. si occupano di chi sta male. Il concetto è relativo. le donne di Oliena e di 247 . all’esistenza nel paese di altre forme di prestigio sociale non derivanti dalla ricchezza. non diversamente da quanto fanno vari consiglieri regionali. dato che sono nell’impossibilità di trovare in paese mariti o mogli «degni» dei loro rampolli. connesso agli antagonismi campanilistici: è forse il massimo di integrazione sociale che. è anche chi ha una posizione stabile di lavoro o gode di una pensione da trentamila lire al mese. Godono ancora di un certo «nome» – che solo ora comincia a esser di peso per i più giovani – determinate famiglie. tentare il rapporto. Da quanto mi è stato dato di capire. Sempre per continuare con l’esempio della nostra grande zia Tatana. che registrano la questua consuetudinaria fatta ogni anno in questo 248 paese. Cosimo». Qualche volta – ad esempio a S. Questo spazio degli amori è una vecchissima istituzione. Francesco poi si accusavano le prime – con una accusa ormai stereotipa – di venire alla novena esclusivamente al fine di mangiare carne gratis.90 A quest’ordine di considerazioni si è peraltro condotti. Le libertà dei giovani Lo stesso problema della presenza dei giovani alla novena può essere visto entro questa prospettiva.PARTE SECONDA. a S. La tregua dell’invidia Ollolai vengono considerate sudice e disordinate. prossima e remota. a partire dalla metà del ’500. Queste valutazioni rinviano a veri e propri stereotipi di paese. e si indirizzano verso di esso le persone appartenenti ad ambiente più conservatore o economicamente meno abbienti. secondo prestigi. Nel novenario. Cosimo. l’esistenza di una società integrata secondo schemi feudali. persistenze e trasformazioni. pianificata dalle stesse autorità del comitato. né contro né attraverso la discriminazione. che ne fa uno dei paesi pastorali più depressi della zona. Particolare folklorico proveniente non da un’impervia zona agropastorale. la destra. la discriminazione avviene fin dall’inizio. tutto il lato sinistro viene considerato il più «tradizionale». specie nella misura in cui la Sardegna appare ormai definitivamente immessa entro un circuito sociale ed economico che non è più quello feudale. e solo in esso. ora il più grande. più umide e sgangherate. ogni valutazione positiva di questo tipo di integrazione viene al contrario a svuotarsi di contenuti. Ed è anche entro la prospettiva dei nuovi e diversi cui prodest economici che dovremo valutare passato e presente della novena. che non tuoni 90. dove sono confinati i reietti. che un tempo dovevano costituire il più grosso nucleo di afferenti «estranei» rispetto a Mamoiada. frequentata dalla élite borghese o aspirante tale. 249 . chi abita a destra lo rifiuta. «ha rotto con S. delle zone della comunità di novena: a S. giocano forse invece motivi di ordine culturale. Lo stabilimento balneare di Cagliari. possono trovare la loro collocazione precisa anche l’ideale di parità e l’implicito riconoscimento della dimensione eterna di ogni genere di discriminazione. è evidente. un tempo l’unico. è la zona più moderna e prestigiosa. LA FESTA I. Se si accetta. ma dalla spiaggia più rinomata della metropoli isolana. come risulta anche dai vecchi Libri dell’Amministrazione. è diviso per inveterata tradizione. Quanto ad Oliena. La parte sinistra era anche la zona di insediamento delle donne di Ollolai. Ora però Ollolai. L’ostilità è dichiarata e il novenario non riesce più a integrare. Chi abita a sinistra balla il ballo sardo. la sinistra. Si può arrivare addirittura a una bipartizione. all’abigeato. Qualche ragione ci può anche essere: l’accusa di rozzezza e di primitività che spesso torna nei confronti di tutti i costumi di Ollolai è forse realmente da connettersi allo stato di sottosviluppo economico. Neppure la recente ricostruzione dello stabilimento ha messo in crisi questa bipartizione. perché lo considera pratica riservata ai ceti socialmente inferiori. che ospita la borghesia più solida e accreditata. e quindi potenzialmente più disponibile al furto. come si dice. e in parte «non bene». che da sempre ha caratterizzato tutte le feste rurali: non c’è decreto sinodale. Se da un atteggiamento di comprensione storica si passa a altri ordini di considerazioni politiche attuali. riferibili al fatto che Oliena è l’unico dei paesi nelle immediate vicinanze di Nuoro che abbia una economia non esclusivamente pastorale e una società che consente i frequenti spostamenti delle sue donne trafficanti e festaiole. in parte «bene». Le stanzette peggiori. Ed è anzitutto una discriminazione logistica. finiscono inevitabilmente per essere appioppate alle donne di Oliena o di Ollolai. La parte destra. come ipotesi storica. Tra le varie libertà che per tradizione la festa consente c’è anche quella del corteggiamento. all’omicidio. Francesco – anche le baroniesi fanno la stessa fine: e la ragione economico-sociale. dove sono anche le vecchie case «di proprietà». Casalis. era abbastanza frequente che le nozze coronassero un flirt intrecciato alla novena (ricordiamo l’epiteto di cojuadori. dato che certi temi si possono toccare nel colloquio solo con estrema circospezione e con il sospetto. LA FESTA I. almeno alla luce del sole – alla luce del sole. che. perché poi quel che succeda esattamente la notte nelle stanzette sovraffollate lo sa solo il confessore. La speranza di un incontro matrimoniale deve aver spinto da sempre. non abbia sinora inciso che il livello superficiale: il matrimonio rimane ancora nel complesso l’aspirazione fondamentale della giovane donna. Angius. Che senso ha andare a una festa per loro. la mancata qualificazione professionale. La tensione che inizia a porli come antagonisti alle tradizionali autorità familiari. ed emerge vistoso. «per divertirsi». Dizionario cit. lo scandalizzato Angius rivolgeva ai bravi algheresi. poco più di un secolo fa. «pronubo». un buon numero di ragazze da marito: in che misura le cose siano oggi cambiate. Francesco di Lula). la licenza un tempo fosse molto maggiore di quanto oggi non si veda alla novena. e con notevole gusto. La mia impressione è che. V. Ragazzi e ragazze si incontrano. rifiutano il passato proprio in quegli aspetti più ovvi della tradizione. Per i maschi. nella misura del possibile. magari entro la stessa chiesa. che vengono in gruppo dai paesi e che con la loro presenza danno una fisionomia tutta nuova alla vita della «corte». anche al più superficiale livello di immagine. p. e può anche darsi che. i richiami al consumo. alla novena o alla festa. intrecciando tra loro rapporti che non possono essere camerateschi. e quindi di corteggiamenti. l’aspirazione a nuove forme di rapporti tra i sessi e di associazionismo..PARTE SECONDA. che costumavano recarsi in allegre brigate giovanili al santuario della Madonna di Valverde. se cambiamento c’è stato. Oltre alla segreta vita sessuale del novenario – che nel complesso non ha poi l’aria di essere tanto «peccaminosa» anche data l’età vecchierella di buona parte delle devote – c’è però l’ambito dei rapporti sociali più manifesti tra maschio e femmina. all’altro. o a qualsiasi festa di paese: l’immagine che ne esce può dare una misura del loro esserci come problema.91 È questa la severa reprimenda che. la libertà viene (o veniva) concepita dalla comunità prevalentemente come uno strumento per facilitare incontri da indirizzarsi in senso matrimoniale. non saprei dire. ma sarebbe desiderabile che ciò non fosse causa d’immoralità. È particolarmente interessante osservare il comportamento dei giovani alla novena. Fino alla scorsa generazione. che sono ancora l’unico modo per comunicare tra maschio e femmina. La tregua dell’invidia contro le «immoralità» e le «lascivie» regolarmente compiute nei giorni della festa. la accentuazione di quelle schermaglie sessuali. mentre non di rado accade che questo pellegrinaggio serva di convegno agli amanti per trovarsi in libertà con le loro innamorate tra i boschi e i seminati. ma l’intero tardo pomeriggio e l’inizio della serata è il momento dei giovani. Si tratta soprattutto di una maggior libertà di incontri tra i giovani. di ricevere risposte ipocrite. che vi alluderà con estrema discrezione. dato che queste possibilità di scambio rappresentano ancora un fatto eccezionale: di qui. Si tratta di libertà sottoposte comunque a una serie di controlli. il più delle volte giustificato. l’incentivo era ed è diverso. Anzitutto. se di «peccato» si parla. Non si vuole certamente criticare la devozione degli algheresi. in effetti. in G. che festa e novena hanno il compito di facilitare. Possono non pernottare. XXIII (1853). Dell’argomento si parla raramente in questi termini – vige sempre la censura –: comunque. 723. di S. come l’abito e il gesto? Eppure ci vanno. e ancor oggi non è infrequente che una giovane coppia di sposi ringrazi il santo con una visita. indirizzandosi – come esige il ruolo di maschio in questo tipo di società – 251 250 . mai lo sfiora l’ombra del sacrilegio. le dipendenze anche economiche dall’ambiente: l’un tema rinvia 91. cantare le malefatte dei compaesani. che per il maschio. E non può essere mai un incontro a due: anche nei paesi più «evoluti» del Campidano. per due o tre ore del pomeriggio. vendemmia). Leggo nel diario manoscritto di un sacerdote. La tregua dell’invidia prevalentemente verso la «conquista» e il «divertimento». il biasimo sociale colpiva inesorabile. per carnevale. i matrimoni) o in particolari momenti di coronamento delle attività lavorative (tosatura delle pecore. Un inizio di cambiamento si cominciò a notare nell’immediato dopoguerra. il passeggio domenicale si fa per gruppi di coetanei dello stesso sesso. esattamente entro le stesse forme del passeggio domenicale. nella 253 . In tutti questi casi. Quali ne fossero nel passato le ragioni sociali è facilmente intuibile. con una meta che può oltrepassare il cimitero: ed è anche questo un défilé che ha il suo significato pubblico di presentazione al gruppo della nuova coppia legittima. quelli della madre nubile che riesce a farsi accettare dignitosamente dai compaesani. tendendo a incanalarla esclusivamente verso finalità familiari e procreative (i matrimoni erano combinati. ad esprimere tutto il suo rifiuto. e fortemente ritualizzata. degli incontri giovanili al passeggio domenicale o alla festa del santo non è entrata in crisi neppure in quei paesi (e sono ormai la maggioranza) in cui i giovanissimi imitano. da parte di tutta la comunità di novena. cioè con approcci da gruppo a gruppo. È comunque per tutti – maschi e femmine – ancora un grosso «divertimento» andare avanti e indietro ogni giorno per la novena. quando nei paesi si introdusse l’uso – di imprestito dal continente – del «passeggio» domenicale. che rappresenta i limiti dell’abitato. Solo chi sia fidanzato ufficialmente si acquista il diritto della passeggiata a coppie. ecc. e. perché tutto cessi col calare del sole. Sono casi eccezionali. spesso il cimitero. l’intera comunità indignata e deridente interveniva. anche la situazione delle feste attuali. a colpi di fucile e di petardi sparati nel silenzio della notte. pur nella frana di buona parte del sistema. Ma il controllo avverrà da parte del gruppo stesso e. che costrinse l’uomo (l’uomo: non la donna) a far le valigie e ad emigrare in continente. La «critica» teneva d’occhio con severità la morale sessuale. si usa ancora. e gli incontri e i relativi scambi di conversazioni o corteggiamenti avvengono tra gruppo e gruppo. che finivano anch’essi per costituire momenti festivi. ma di incontri di gruppo. gli incontri tra i sessi potevano avvenire solo entro occasioni cerimoniali (tutte le feste religiose. meta estiva di turisti. canti licenziosi: non si trattava mai comunque di incontri singoli tra maschio e femmina. anch’esse stabilite. spannocchiatura. godersi il culmine della festa. nel senso che è consentito ai giovani dei due sessi di fare la scampagnata senza la presenza di adulti. qualora a costo della rottura di innumerevoli tabù – sia per la femmina. che ha sempre gli occhi aperti per questo genere di cose. lanci di battute salaci.PARTE SECONDA. Libertà ritualizzata anche questa: il passeggio si fa di solito la domenica. se la libertà avesse ecceduto in forme non accettabili. Questa struttura di gruppo.). si svolge nella strada principale fino a un punto ben preciso. ancor più. che più o meno una volta all’anno vi si verificava l’evento «scandaloso» di un parto illegittimo di una nubile o di una vedova: in questi casi. in modo 252 che tutto il gruppo avesse la possibilità di intervenire col proprio biasimo. per buona parte. In un grosso paese della Barbagia. una volta arrivati alla «corte». E. la libertà si poteva esprimere in corteggiamenti. più o meno. a lui leciti anche senza dichiarate finalità matrimoniali. L’incontro tra i sessi deve cioè essere visibile e direttamente controllabile da tutta la comunità. anche per quanto concerne i rapporti tra maschio e femmina. Si è introdotto un ambito maggiore di libertà. È questa. LA FESTA I. utilizzandole come capro espiatorio: è solo di due anni fa la «cantata» per un amore incestuoso tra fratello e sorella. L’incontro alla novena e alla festa avviene ancora. Circa fino all’epoca della guerra. il quale resse la parrocchia di un paese dell’Ogliastra dall’inizio del secolo fino a buona parte degli anni ’30. altrettanto inibito – si realizzassero privatissime libertà sessuali. anche se non sempre erano oggetto di particolari ritualizzazioni. sottobraccio. che consentono la consegna del vecchio istituto alle nuove direttive dell’attuale economia. di godimento. poi abbandonata. al limite. i giovani rifiutano il costume tradizionale e 255 . un gruppo di studenti tentò (non so se l’operazione sia andata in porto) di ripristinare l’antica novena che un tempo si teneva presso una chiesa. la festa tradizionale continua a costituire l’unico orizzonte entro cui riversare vecchie e nuove aspirazioni al godimento. Ci vorrà molto. che da anni anch’esso aveva lasciato cadere tanto le mura della sua chiesa campestre quanto la tradizione della festa. In un paese dell’Ogliastra. Potremmo anzi dire che. la festa continua – e si vuole che continui – anche per tutti questi motivi. c’è stata. orchestrine beat. che hanno un’altra origine. si sentì rispondere. le pressioni della «critica» continuano a farsi sentire. e decisivo. mini o maxigonne comprese. altre forme di socialità e di organizzazione. correlatamente. dato che lo scopo era quello di fare una festa e di godersela. a questo punto. che li teneva sull’orlo dell’utopia: ma erano anche un grosso fatto nuovo. Per il momento. quanto novena e festa sono andate perdendo in queste ultime generazioni è strettamente connesso all’incrinarsi di tutto un sistema economico e sociale. L’appello al consumo di massa ha ormai inciso in modo determinante nell’indirizzare verso l’acquisto dei generi d’abbigliamento e dei prodotti dell’industria della musica. Quanto ai rapporti sociali. il giro di vite nei loro confronti – dall’intervento poliziesco. finito il diritto d’asilo: è un certo tipo di solidarietà comunitaria che va cadendo in pezzi. Cessato l’uso del dono del pane (su corriolu). La linea tendenziale è questa: scadimento di una certa significatività sociale della festa e. La festa nell’economia dei consumi Nell’insieme. all’ostruzionismo. Conducevano una lotta solitaria. tanto che le mura dell’edificio erano in rovina. quando cerchi di esprimere. non si va alla festa in carro a buoi ma con ogni genere di mezzo motorizzato. In questi ultimi due anni. Falliti i «circoli culturali» nella misura in cui proponevano dall’alto contenuti borghesi. prima di riprendere le fila spezzate. e chi (più urbanizzato) ebbe a chiedere che bisogno ci fosse di spendere tanti soldi per la ricostruzione di una chiesa. negli anni passati. proprio per la mancanza di alternative. l’abbigliamento beat. l’enorme fortuna dei clubs (peraltro difficilmente penetrati nei paesi dell’interno) dove si fa musica e possono accedere sia maschi che femmine. 254 Alternative alla festa? Se ne stanno tentando molte. simbolo di unità familiare e veicolo di scambi metafamiliari. Si trattava solo di un «recupero folklorico» di tipo borghese? O altre motivazioni più profonde vi giocavano. con tutta coerenza: «Ma non si può fare una festa senza il santo!». Ma si continua a portare dei doni. pur incanalandole verso le nuove forme di consumo e di «divertimento» che la festa propone: balli alla moderna. vecchie e nuove aspirazioni alla socialità. come alternativa. da tutte le parti – è stato pesante. in un paese vicino alla nostra zona di inchiesta. Girò per il paese per la questua. Sull’ondata della contestazione sono poi sorti nuovi «circoli culturali» a contenuto prevalentemente politico: e quest’urgenza è emersa anche nei paesi dell’interno. la tendenza attuale a una trasformazione in senso «moderno» di alcune delle sue forme riesce ad assicurare alla festa tradizionale un grande successo presso le generazioni più giovani. totale. magari a livello inconscio? È questo almeno il caso di un altro tentativo del genere. la festa di paese «serve» entro due direzioni ben precise: alla liberalizzazione (con relativo controllo) dei rapporti tra i giovani e insieme alla possibilità di trattenere le nuove generazioni entro percorsi tradizionali. Non ci stupiremo quindi più. In questi casi. enfasi sui suoi aspetti ludici. si formò due anni fa un comitato giovanile per il ripristino di entrambe. L’anno passato. ma che di fatto rivelano quali difficoltà l’ambiente incontri. In questo senso.PARTE SECONDA. La tregua dell’invidia misura delle loro disponibilità economiche. ecc. di imbatterci in iniziative giovanili indirizzate anche verso il recupero di un passato che si crede di rinverdire per sole finalità ludiche. al rifiuto di fondi o di appoggio politico. messo in crisi l’istituto simmetrico della vendetta e il correttivo del suo proscioglimento. LA FESTA I. questa economia artigianale è stata travolta da una crisi rapida e completa. Le considerazioni che faremo non riguardano solo i novenari. ogni festa erano anche mercato di merci e di bestiame. La tregua dell’invidia si allineano secondo i dettami della moda. Molti novenari possono essere ormai scaduti da anni. La corsa su cavalli e asini non sellati. Gli affitti ai mercanti dovevano costituire. I giovani corrono in massa. altri vivere una vita languente: non è così per le feste. era uno sport praticato in occasione di 257 256 . di cestini a S. le «Logge date ai Negozianti» o le «Loggie mercantili» di Orosei (1867.. Un tempo. Vero Milis. LA FESTA I. Era fiorente la produzione artigianale domestica. di rame e di utensili in legno (cucchiai. spostandosi per tutta l’isola. presente che. risponde adeguandosi a una ben precisa logica di mercato. che rimbalza dalla borghesia ai ceti meno abbienti. quando non ne aveva affatto. come si è visto. elemento che a sua volta contribuisce al richiamo di ulteriori persone. Il moltiplicarsi delle piccolissime aziende commerciali di paese – sollecitate. Peraltro le feste ospitano solo alcune bancarelle di giocattoli a poco prezzo e di quei soliti economici «articoli per regalo» – anelli. si può dire in linea generale. Si è ormai entrati nel preciso ambito della nuova economia: e anche la novena. come i baracconi (di tiro a segno o altro): ma è probabile che. Cosimo (ogni annata citata c. anche dal mito del facile guadagno – ha finito per liquidare del tutto il mercato tradizionale della festa.). Se ne parla ovunque nei Libri dell’Amministrazione: vedi ad esempio le tiendas di Gonare (1787). Sono sovvertite. La maggior disponibilità di mezzi di comunicazione rende accessibili anche le chiese campestri creando l’esigenza di asfaltarne le strade d’accesso. esistevano inoltre alcune attività artigianali legate a determinati centri: la produzione di torrone a Tonara. 1911). cornici in plastica dorata. che in pratica non esiste più da dieci-quindici anni. quanto agli artigiani ambulanti. condizionata dal nuovo ingresso di beni di consumo prodotti altrove. Soprattutto. La tendenza è a liquidare tutte quelle solennità che si snodavano lungo il ritmo dell’annata contadina e a conservarne una sola: ma potenziata e in via di notevole recupero. campestri e di paese. due sue importanti funzioni tradizionali: quella mercantile e quella ludica. La festa si è andata facilmente incanalando entro l’economia dei consumi. 34 sgg.92 L’istituto era necessario. in questi casi. lanciati a rapidissimo galoppo lungo le pendici del colle. Dal dopoguerra. L’ambito delle «trasformazioni» concerne soprattutto i tre giorni della festa: sono appunto quelli in cui si è disponibili all’acquisto. seguendo i calendari delle feste. ma sono nel complesso generalizzabili a tutte le feste di paese – della Sardegna almeno. Sono anche scomparse alcune forme di divertimento fieristico. periferie di città). rarissimi venditori di campanacci e qualche cestinaio. con le sue liquidazioni di un certo passato e le sue assunzioni di modelli nuovi. fino all’ultima guerra. è stato definitivamente liquidato l’antico aspetto agonistico-spettacolare della festa tradizionale. l’introito maggiore che provenisse dalla voce «fitti». la vecchia questua non è più redditizia e si tenta la strada dei sovvenzionamenti da parte degli enti pubblici. sono rimasti solo i torronai. Solo a Santu Lussurgiu si è conservata un’importante fiera-mercato di cavalli. che da un paio d’anni in qua va riacquistando clienti sull’ondata crescente della moda del neo-rustico. pp. la loro assenza sia da attribuirsi a un intervento delle autorità ecclesiastiche. per le chiese. ritratti di papa Giovanni – inaccettabili per un gusto cittadino e prodotti dalle industrie del Nord a sola destinazione delle aree culturalmente periferiche (paesi. connessa per lo più a imprese di agonismo. un paese aveva al massimo una o due botteghe di generi misti. ogni novena. taglieri) a Desulo. se si tien 92. collanine e rosari. fiori in plastica. Erano gli stessi artigiani a trasformarsi in venditori ambulanti. come la corsa di muli o di cavalli.PARTE SECONDA. dalla primavera all’autunno. La Chiesa tollerò sempre il commercio fieristico: l’unico divieto di vendere nell’atrio delle chiese proviene dal Sinodo di Cagliari del 1882.s. il «Fitto per le botteghe» di S. ma il divieto non dovette essere stato mai rispettato. nella misura in cui fosse in grado di entrare nel giro della nuova economia che si andava imponendo. ciascuno la sua sedia. il cavallo sta diventando un animale quasi introvabile o. Abbandonate del tutto le corse di cavalli. dove non siano abbandonate. sono seguite solo dagli anziani. il pastore. della festa. L’Àrdia è corsa. si tende. portandosi con sé.PARTE SECONDA. ma di prestigio sociale. messi in crisi (sia pure parzialmente) i balli tradizionali. Francesco. fa parte ormai delle prestazioni che ogni comitato deve offrire. Ora. spingersi fino all’ingaggio (per il pomeriggio e la sera della vigilia e poi ancora per il pomeriggio della festa) di un complessino beat. per essere alla radice del sorgere di un altro fenomeno «nuovo»: la turisticizzazione crescente cui. quando e dove può. in ogni festa di paese. dalla propria abitazione fino alla piazza del paese o alla «corte» della chiesa. a riconoscergli in pubblico la sola funzione spettacolare e non quella di accompagnamento del ballo: si va per lo più ad ascoltare il complessino. i giovani si divertono portandosi radioline e mangiadischi e ballando «alla moderna». ma solo in qualità di ospiti senza bandiera. aspira. L’unica esibizione di balentía equestre che si sia conservata oggi è quella della festa di S. e dei relativi valori. ha minato anche la festa: ma non in modo così definitivo da liquidarla. Importante era conservarla. Ci sono ancora giovani prinzipales. non ha altro significato che quello di un richiamo nostalgico. tende ad essere sostituito anche nella pastorizia. Di fatto. Di fatto. In ogni caso. dove sia consentito. i cavalli di Sedilo non bastano più: e si deve andare a chiederli in prestito dai vari amici sparsi nei più diversi paesi della Barbagia. a sua volta. o decaduti tali. per recarsi all’ovile preferisce impiegare un mezzo motorizzato. che suona su un palco nella piazza principale. che abbiano raggiunto un grado di notorietà tale da fare inorgoglire i compaesani. il cui culto può al massimo rimaner confidato ad alcuni ambienti conservatori. composto di solito da quei giovani del paese. che di fatto è l’unico paese della zona in cui. Ed ecco le nuove «modernizzazioni» della festa. LA FESTA I. il complessino beat. da qualche anno a questa parte. a Sedilo. in genere. così. non c’è quasi più festa che abbia conservato la corsa. ed è in netta concorrenza con le gare poetiche dialettali che. anche l’Àrdia di Sedilo sta andando incontro e cui. Sta ora guadagnandosi anche le novene più importanti. per motivi sia geografici che economico-culturali. molto meno utilizzato anche nei centri più conservatori: definitivamente abbandonato nell’agricoltura. Il prezzo di ingaggio non è molto alto (100-200 mila lire): ma questa cifra rappresenta però già una buona percentuale degli introiti della questua paesana: indice abbastanza significativo del fatto che attualmente il complessino sta diventando una delle attrazioni principali delle feste. La balentía equestre – connessa ad immagini di virilità e di disprezzo del pericolo – è oggi un modello considerevolmente scaduto. Cosimo ha conservato una corsa peraltro non grandiosa. in alcuni casi. La «modernizzazione» può. o aspiranti tali. perché sia ammesso. Costantino. Il tardo incrinarsi di un’antica connessione tra dato economico e dato sociale ha finito poi. La crisi di un’economia. Dei novenari da noi esaminati più da vicino – e tutti i Libri dell’Amministrazione prima o poi ne parlavano – solo S. con settanta-ottanta cavalli. che allevano il loro cavallo per farne uno strumento non di lavoro. 258 Anche a S. da cavalieri che battono la bandiera di Sedilo: i pochi «forestieri» – in passato molto più numerosi – hanno il diritto di correre. si continui ad impiegare il cavallo come mezzo di locomozione. o di paesi vicini. dato che. Nonostante questa monopolizzazione e la fortuna. la cavalcata che accompagna l’arrivo del priore nuovo. in questi ultimi anni. soprattutto. di anno in anno crescente. dove o è già arrivato (esempio Madonna di Gonare) o si polemizza con le autorità ecclesiastiche. Lo si accetta. La tregua dell’invidia quasi ogni festa. sia di paese che di campagna: basta sfogliare qualche pagina dell’Angius per rendersene conto. comunque. con 259 . con la sua disponibilità al consumo vistoso.) o indiretta (il «complessino») fossero pertinenti alla nuova economia. la crisi (se pur parziale) della musica e del ballo tradizionale sono uno dei sintomi della fine di un certo modo di produzione. le stesse «innovazioni» che si sono introdotte nell’ambito della festa sono. Quanto interessava. era poter disporre di un potenziale acquirente: e la festa. sono stati messi in crisi i vecchi rapporti sociali. Tranne i giovanissimi. proprio per questo – è un ottimo potenziale acquirente. abbiamo accennato al diverso impiego sociale del ballo tradizionale. di eseguire le danze alla moderna: per il momento. a loro volta. il disinteresse per la corsa dei cavalli. come abbiamo visto. 260 In altri termini: le modificazioni. e di quello moderno. E il passaggio «dall’altra parte» è avvenuto scivolandoci dentro con estrema naturalezza. i (cosiddetti) «cambiamenti culturali» che sono stati introdotti si sono dati proprio nella misura in cui al nuovo sistema economico poteva essere utile eliminare un «passato» non acquirente e proporre prodotti che in via diretta (oggetti in plastica. Se dovessimo ora proporre differenze a livello di produzione. le prime indicazioni che possiamo trarre? La fine della fiera-mercato. assieme alla vecchia economia. comunitario e visibile. senza che lo si possa imputare alla precisa volontà di più o meno oculati operatori economici. D’altra parte. Quali. A suo tempo. ecc. Questo è stato possibile proprio nella misura in cui. L’avanzata trionfalistica della canzone – che ha trovato conferma anche nei dati dell’inchiesta mediante questionario – è il successo di un certo tipo di economia e dei suoi mezzi di propaganda. non tutti sono in grado. La festa tradizionale – anche se singolarmente il suo pubblico dispone di poco denaro liquido: e anzi. indirizzato verso un particolare pubblico di fruitori appartenenti ad aree economicamente da sfruttare – come si sa. perché nella festa si ha da godere e da essere grandi. dischi. anche il prodotto canzonetta viene confezionato in funzione non di un pubblico generico. il sintomo di un altro cambiamento: l’immissione nell’economia di consumo. Ma possono bastare pochissimi anni. potremmo dire che tra canto popolare e canzonetta esiste quello stesso tipo di rapporto che si può notare tra prodotto artigianale e prodotto industrializzato. La tregua dell’invidia la stessa forma di recezione passiva (ma di gruppo) che caratterizzava un tempo la recezione della gara poetica. il complessino è stato apparentemente risucchiato entro le forme tradizionali di comportamento. familiare e segreto. ma di ceti sociali e di classi d’età ben definiti. LA FESTA I. è un punto esatto in cui la nuova economia può intervenire presentando le sue nuove proposte d’acquisto.PARTE SECONDA. perché le cose cambino: la disponibilità dei giovani in questo senso è senza riserve. 261 . tanto reciprocamente simmetriche che l’uno confermerebbe l’altro. È una dimensione mitica anche e soprattutto nella misura in cui si offre come modello astorico. il paese è potenzialmente impermeabile. se non ostile. Il grande mito della parità è il motore ideologico. sia in via positiva che in via negativa. di sospensione rituale dei rapporti sociali che si danno nell’ambito del quotidiano. cessano le «invidie». Ricchi o poveri si nasce e si resta. rispetto agli altri gruppi umani. le proprie greggi. che fanno di essa un istituto definibile non soltanto in via di negazione (festivo = opposto di quotidiano). M. tendente al rifiuto di ogni altro nucleo. Mettersi «alla pari» significa affermare la volontà di un discorso. La dimensione di questo ideale è chiaramente mitica. ciascuno con l’offerta di uno o più capi. In quanto norma sociale riconosciuta come insindacabile dato di natura. Ma se peraltro ci si àncora in misura definitiva a questo schema. TUTTI PARI Il modello della parità La festa è un istituto organico. In questo senso. Lanternari. fino alla ricostituzione del suo patrimonio. Entriamo nella sua logica: è quella della parità. la famiglia è potenzialmente chiusa e antagonista. che si può ascoltare da qualsiasi novenante. si corre il rischio di precludersi la comprensione degli aspetti dinamici della festa. che le attuali trasformazioni. La società del quotidiano conosce chiusure.II. Come un gioco infinito di specchi. sul quale si impernia tutta l’esistenza della novena e della festa. Eliade. Traité d’histoire des religions. Milano 1959. si pone al di fuori del gruppo e corre il rischio di venir punita: sgarrettamenti di bestiame. secondo un modello di inversione che vedrebbe il ricco recitare la parte del povero e il povero quella del ricco. al secondo di gratificarsi rispetto a tutto quanto non ha avuto né potrà avere mai. avvertito come possibile concorrente. E come tale va esaminato. In quanto nucleo unitario di solidarietà fondate anzitutto su un principio di territorialità. In quanto nucleo unitario di produzione e di solidarietà affettive. da cui non è possibile deflettere. Essere «alla pari» significa realizzare per un momento l’età dell’oro. se se ne vogliono intendere sia le finalità tradizionali. Paris 1953 (trad. quando una famiglia inizi ad emergere sulla via di un’ipotetica ascesa sociale. a livello subalterno (che è quello dei più). separati da lunghi tratti di terra deserta. antagonismi. Al contrario. Il controllo sociale vigila costantemente perché.93 93. Per questo può trovare le sue più solenni smentite nella realtà stessa della vita della festa. la struttura gerarchico-piramidale pone tra ricchi e poveri una barriera invalicabile. il paese si rifletterebbe nella festa e la festa nel paese. si realizzi una paritetica distribuzione dei beni. nella misura in cui non comporta – né è in grado di comportare – analisi di classe e relativa volontà di liquidazione di certe «disparità» sociali. per furto o altro accidente. tra i molti. Questo è innegabile. Questa tecnica consentirebbe al primo di farsi perdonare la propria situazione egemone. festivo e quotidiano rappresenterebbero una coppia di opposizioni complementari. V. è tutto il gruppo che interviene. Ad esempio: quando un pastore perde. Alla festa si è tutti «alla pari». La grande festa. tagli di 263 262 . Cfr. È questa la prima affermazione di ordine strutturale. realizzabile una volta l’anno.. it. L’ideale della parità ha una funzione sociale ben precisa: costituisce la piattaforma entro la quale si rende realizzabile lo scambio di relazioni sociali. entro l’eccezionalità festiva. Trattato di storia delle religioni. È opinione corrente di storici delle religioni e antropologi che il momento della festa costituisca un «mondo alla rovescia». Torino 1954). dislivelli. incendi. tutti «fratelli». la cui assenza porterebbe al crollo della comunità. 265 . «Forza Paris!». di somma e di solennizzazione di tutte quelle minute regole sociali che hanno tenuto assieme. la locuzione in pari significa «assieme»: ad esempio. Date queste premesse. mediante la legge del taglione. qui si afferma come fatto di libertà e di godimento. siamo tutti assieme. Il nesso organico tra livellamento sociale (a livello subalterno) e ideale di un’unione da raggiungersi attraverso di esso trova anche espressioni linguistiche particolarmente pregnanti. poi. implicava forme di rapporto fiduciario. Si afferma un ideale mitico di «parità». In Sardegna. pur assicurandosi il massimo dei profitti. L’ideale mitico della «parità» è il piano del cerimoniale. Nella vita di ogni giorno reciproche chiusure. In tutti i dialetti. Uso l’imperfetto. nel corso dell’annata. «Invidia» e «vendetta» intervenivano per imporre punitivamente. ci siamo tutti!». l’obbligo della mutualità aveva – e continua in parte ad avere – la funzione di tenere costantemente vive e vigili le relazioni.PARTE SECONDA. che non è altro se non l’intervento punitivo del gruppo al fine di restaurare una situazione di parità iniziale. seu tottus in pari!» («Ah. che riconosce nell’«invidia» la sua dimensione punitiva. 264 Parità e scambio L’ideale della parità è il motore di ogni rapporto di scambio: e non solo di quello che si realizza e dispiega al massimo nel momento della festa. sono necessità ineliminabili. modelli collaborativi al di fuori di quello familiare o di una libera associazione a livello personale. in sostanza. ogni eventuale reciprocità infranta. tra paese e paese. Quel principio dell’essere «alla pari». comunque monetarizzati. del festivo. relazioni e prestazioni interindividuali. come una rete. ma una certa parte di questa realtà continua ad esistere. vivendolo in un tempo e in uno spazio di eccezione. suggerendo implicitamente che. in una riunione di amici non è infrequente sentire esclamare con soddisfazione: «Ah. il termine di livellu. Sono regole anch’esse dettate dalla necessità di formalizzare. Il momento festivo «rappresenta» una scena paradigmatica: si rappresenta un principio sociale. dislivelli sociali. in cui il prinzipale. In alcuni dialetti sardi. tra banditi e liberi. Non conoscendo. come si è visto. ma anche tra livello egemone e livello subalterno. Tutti pari ceppi di vite o malanni attribuiti magicamente a «malocchio» vengono ricondotti alla causa prima di una «invidia». tra famiglia e famiglia. la compagine sociale. Si afferma. antagonismi: sarebbe astorico aspettarsi come risposta una tematica rivoluzionaria. col preciso riferimento alla livella del muratore. entro il quale si rende possibile lo scambio di relazioni poste come altrimenti irrisolvibili: il rapporto tra maschio e femmina. In quanto norma sociale. la festa non è che un particolarissimo momento emergente. se tutti la rispettassero. «invidia» come intervento punitivo. LA FESTA II. Di fatto. accordo. rendendole rigidamente vincolanti come imperioso obbligo sociale. intesa». costringendo in modo eguale e simmetrico (occhio per occhio) a piegarsi sotto una comune legge. fuori del tempo e dello spazio quotidiano. che potremmo tradurre come «L’unione fa la forza!» fu il motto della Brigata Sassari e quindi del Partito Sardo d’Azione. si realizzerebbe sulla terra l’Età dell’Oro. chiusure. offriva (a parole o a fatti) «protezione» ottenendo in cambio «rispetto». Questa norma di mutualità può sembrare «universale». una regola. qual è il comune sforzo culturale cui ci si impegna nel momento della festa? Non è certo quello di entrare in merito a disparità. indica «parità. In questo senso. se correttamente seguito. l’assenza di rapporti di tipo salariale o di fittanza. ad ogni prestazione una controprestazione. l’unica possibilità di correlare comunitariamente individuo a individuo (meglio: gruppo familiare a gruppo familiare) è la legge del do ut des. non solo nell’ambito di un unico livello sociale. proprio nella misura in cui costituisce l’unica possibilità formale di reciproco vincolo che possa essere espressa da società ad economia precapitalistica. tra ricchi e poveri. vigeva in modo estremamente vincolante fino a una diecina d’anni fa: la sua crisi appare ora inevitabile. La legge era ferrea: a ogni dono doveva corrispondere un controdono. Br. sapendo che potrò e dovrò fare le stesse cose per lui quando gli si presenterà un’occasione analoga. in un continuo dinamismo entro le forme a lei consentite. potremmo dire: ogni godimento a titolo privato è colpa. proprio nella misura in cui si afferma come vantaggiosa una regola sociale. Torino 1965). nella misura in cui sembra mettere in relazione le singole famiglie. È un ideale di parità che concerne le prestazioni ma non i ruoli. dell’ospitalità. a una serie continua di infrazioni. it. perché mi dia una mano. che consente al singolo salvezza e tutela («protezione»). Lo scambio con il santo. si è tutti ospitanti e ospitati. nella misura in cui ciascuno risponde all’altro con prestazioni inerenti al proprio ruolo. Al contrario. che sia l’esatto corrispondente della mia offerta. Se porto il capretto all’avvocato. Ma anche nella festa ospitalità e dono indicano la stessa cosa: un gesto di circolazione comunitaria totale. Le strutture elementari della parentela. Sarebbe l’età dell’oro una società in cui tutti osservassero fino in fondo il principio della mutualità: ci sarebbero banchetti e festini a non finire. in particolare M. La parità simbolica. “Saggio sul dono”. e come tale va solennemente punito. Tutti pari Tutta questa questione è stata esaminata altrove – da noi e da altri – nei particolari. si balla insieme. Ci si è preparati alla festa mediante un atto solidale di «contribuzione» (la questua. ed egli lo accetta rispondendomi con un controdono simbolico. Il godimento è invece consentito nella misura in cui significa compartecipazione comunitaria a una medesima legge sociale. Si vuole nella festa ricordare come sarebbe bello se le cose andassero sempre così: si «rappresenta» un paradigma. del comparatico. in ogni caso. che si realizza nel momento della festa. ci si scontra e confronta in un agonismo più o meno aggressivo. London 1922. che la tiene in continuo movimento. si è formalmente in pari (alla pari = assieme). Io mi aspetto dall’altro una risposta reciproca. donatori e donati. Insomma: l’atto compartecipativo della festa mette in relazione con un insieme. Questo insieme è l’appartenenza al gruppo sociale e territoriale. si struttura sulla mutualità. che sembra avvenire a titolo individuale. e che ribadisce quindi una struttura sociale data: ma anche che la tiene viva. dei medesimi beni. “Essai sur le don”. «devozione».PARTE SECONDA. Il do ut des del voto sanziona le origini metastoriche di questo patto sociale. l’analisi particolare del nesso tra momento produttivo e istituto sociale del dono in un saggio sul malocchio. senza dichiarare la propria destinazione comunitaria. di chi scrive. Mauss. Se leggiamo in questa chiave anche il codice della festa. proprio perché non rispetta la legge dell’essere in pari – ed è la punizione dell’«invidia». 1923 (trad. e le merci trotterebbero di mano in mano. Cessano le «invidie». un ideale mitico di parità. viene così a costituire particolare solennizzazione di una legge di gruppo. 94. ciascuno compie lo stesso gesto di mutualità che tutti stanno compiendo. Ma. offrendo «rispetto». Paris 1948 (trad. la sua struttura si farà trasparente: la festa conferma la mutualità. perché tutti si «compartecipa» delle medesime azioni. del comparatico. mi aspetto da lui una raccomandazione alla Regione o altri interventi di tipo patronale. Si abita insieme. si mangiano insieme le stesse cose. Argonauts of the Western Pacific. Cl. mi rivolgerò al compare di pari grado. Si sa che questa legge è un principio che va incontro. Ci si prolunga oltre la festa attraverso gli istituti del dono. consente felicità e godimento. le offerte). Les structures élémentaires de la parenté. Se ho bisogno di metter tegole alla casa o di avere un collaboratore per la mietitura.94 Ma va sottolineata l’essenza della cosa: la legge della mutualità non smentisce i dislivelli sociali. dell’ospitalità. in Teoria generale della magia e altri saggi. Torino 1969) e. Ci si immergerebbe confidenti in una natura non 267 266 . it. LA FESTA II. nella vita quotidiana. nella misura in cui. anche la legge del do ut des ha come motore primo. Lévi-Strauss. che indica in modo esplicito quanto l’istituto del dono fa intendere solo in modo implicito. per il momento inedito. in Année Sociologique. le cui parti vengono fatte circolare attraverso i singoli istituti del dono. Malinowski. Sui sistemi di reciprocità cfr. ma reciprocamente connessi. per timore che l’«invidia» o il «malocchio» altrui danneggiassero il buon esito di queste operazioni. Così dice Rabelais che aveva capito quasi tutto del suo mondo. Anche questa dimensione non è tipica ed esclusiva della festa: inerisce. Lo stesso possesso dei beni veniva mascherato: si nascondeva il poco denaro che si possedeva. Lo si deve fare per ricordare appunto che è il momento dell’età dell’oro. intesa come disobbedienza al codice della parità. dolci. la vistosità. ma non si fa una cosa: non si producono beni materiali. al contrario. in cui si afferma la bontà di una regola sociale di eguaglianza. simbolici: cibi. benessere. abbiamo messo a punto una questione. Anche in questo senso. entro il quale si scambia reciprocamente forzalavoro nelle varie forme di aiuto e di collaborazione al momento del bisogno. di disponibilità all’altro: segna ogni momento di scambio di relazioni. entro cui si scambiano beni sociali. che tiene coesa la compagine comunitaria attraverso 268 lo snodarsi dei giorni. Nella festa avviene proprio il contrario: non solo è lecito esibire. C’è il piano cerimoniale. Tutti pari più ostile all’uomo. antitesi tra produzione e consumo. proprio questa sua dimensione a fare della festa oggi quell’ottimo potenziale acquirente. di cui si è detto). a loro volta realizzabili non attraverso la produzione. e cioè beni sociali. economico e culturale entro cui l’istituto della festa pone le proprie radici. formaggio. Ciascuno gareggia con l’altro nel dimostrare di possedere bellezza. gesti o parole di reciprocità. a tutti gli istituti che regolamentano quei rapporti interpersonali. tende ad essere mascherato con precise azioni di copertura: se si confezionava pane. ma a lui familiare e prodiga.PARTE SECONDA. lo si faceva di nascosto (ora molto meno. 269 . perché si fa anche molto meno il pane in casa). in misura variabile ma comunque sostanziale. (È. intervenivano per controllare ogni ostentazione. come importante dimensione. dei costumi carichi di ori e di nastri. Vistosità degli addobbi cerimoniali. la festa non costituisce che il vertice di una serie di premesse poste durante l’anno e il cui principio viene ribadito in modo totale e paradigmatico entro il preciso momento che segna la fine delle attività produttive. LA FESTA II. ponendo l’accento su due princìpi ben precisi: quello della socialità (essere insieme) e quello del godimento (piacere derivante dall’essere insieme). Biasimo sociale. che ci sembra fondamentale per capire l’ambito sociale. doni. La vistosità Al piano del cerimoniale appartiene. e aveva capito in particolare che momento rituale della parità e legge della mutualità si equivalgono esattamente. asocialità potenziale della famiglia e socialità del gruppo. Il piano del festivo Detto questo. C’è però una dimensione della festa. che ci sfuggirebbe. dei cibi e delle bevande che si esibiscono di fronte a tutti. La vistosità diventa fatto sociale di apertura. «critica». Si fa tutto tranne che questo. Il piano non economico del cerimoniale implicitamente afferma una serie di antitesi: antitesi tra momento produttivo e momento socializzante. ma anzi si deve esibire. se non operassimo una distinzione entro l’ambito della legge della mutualità. la cui finalità non sia di ordine immediatamente produttivo. si ostentava un abbigliamento al limite più «modesto» di quanto le risorse economiche non consentissero. status. ecc. offerte ospitali. È una rete di solidarietà vincolante. È quella dimensione che fa di questo momento una «festa» in cui si mangia e si beve. si gode. Riusciamo così anche a intuire entro quali modalità proceda l’attuale meccanismo economico che comporta la contemporanea destrutturazione di istituti come il dono e la festa. si guarda e si ascolta. ormai sulla via di trasformarsi da istituti sociali fondamentali di una civiltà antica a secondari veicoli di penetrazione di una nuova economia. Il momento produttivo. ma attraverso il consumo comunitario dei beni. anche se si produce qualche altra cosa. C’è il piano economico (che non è peraltro mai esclusivamente tale). tra l’altro. In altri termini: la legge della mutualità si articola ed esprime su due piani distinti. col loro consumo vistoso del vino. Nel rito ospitale. Valutazione di ordine psicologico. dalla confezione di scorte «di lusso» come biscotti. sarà il gesto del «mettersi in ordine» all’arrivo dell’estraneo. Se continuassimo a considerare la festa come elemento a sé stante. ma per i significati di continuità familiare e di scambio sociale che si attribuiscono all’oggetto. Durante la novena si mangia molto meglio che in tutto l’anno: si mangia carne. nella stanza migliore. quella del consumo è un’importantissima dimensione che sostiene. se la si abbia. infatti. ci sono le ospitalissime bettole. Lo stesso rito dell’ospitalità si veicola attraverso il consumo vistoso di cibi e bevande «di lusso»: è il gesto che fa di ogni momento ospitale una piccola domenica. da potersi manifestare nello spreco e. Il suo valore emblematico di estesa significatività sociale consegue. si allineano filari di spiedi con capretti o porchetti che si rosolano lentamente. sia la quantità che la qualità degli oggetti. e. i costi del dono. nelle zone non troppo distanti dal mare. delle feste affermano un principio a tal punto immediatamente non produttivo. La festa valorizza il gratuito. enormi graticole di muggini. all’enfatizzazione di un momento di consumo. ecc. i doni della sposa. Ora ci si limita ad esporre i doni in casa. condizionata dalla scarsità del cibo e di denaro. che costituisce il fine verso il quale convergono sforzi e intenzioni di tutti. consumerà invece oggetti inutili. a livello familiare. Per gli uomini. importante non per il suo valore economico. l’effimero: ma in funzione di un obbligo sociale ben preciso. I lunghi tempi delle cerimonie – tempi sottratti alla produzione –. Il consumo cerimoniale concerne. mandando odori eccitanti. fatto abbastanza eccezionale per famiglie di necessità frugali. sono fenomeni tanto strettamente correlati da fare di ogni atto cerimoniale un atto di «consumo vistoso». dalle successive questue dei diversi prodotti stagionali. Si gode del mangiare e del bere. Tutti pari Un dono non viene mai nascosto: ha da essere esibito. Di fatto. Il consumo Vistosità e consumo. ha da essere visto da tutti. in pratica. e di farlo assieme. LA FESTA II. e lo potrà fare ogni giorno. potremmo individuare in questo genere di comportamenti (di istituzioni) la risposta a tutta un’annata di astinenze. nel complesso. Chi abbia tutto e più di tutto. entro ceste scoperte. La festa è il momento-vertice degli atti cerimoniali del consumo. La distanza che separa la modestia del consumo quotidiano dallo sfarzo del consumo festivo scandalizzò nel passato le 271 .PARTE SECONDA. Il dono è il passaggio di un oggetto-simbolo. liquori. specie nella misura in cui il consumo appare quasi esclusivamente connesso alle necessità primarie del mangiare 270 e del bere. Lo scambio improduttivo (almeno in via immediata) di doni è un obbligo sociale cui si deve ottemperare in numerosissime occasioni festive: la novena non è che una delle tante. al limite. si gode della gioia del banchetto e di tutti i suoi preparativi: fuori all’aperto. nella distruzione. proprio perché segno di rapporto sociale. tutti gli istituti di mutualità cerimoniale. La sua «non economicità» a sua volta sembra essere l’esatta antitesi dell’«economicità» del fatto produttivo. che ha una sua parte di verità. Nei giorni della festa grande. che è stato lungamente preparato: a livello comunitario. Si «onora» l’altro mediante l’atto dell’esibirgli ricchezza e beni. Anche per questo aspetto. in quanto momento opposto alla norma quotidiana. dunque. dell’ospitalità. dell’accoglierlo. come fatto sociale. Fino a pochi anni fa. la festa grande risponde alle medesime premesse formali di altri istituti cerimoniali. dell’esibirgli gli oggetti migliori della casa. era tutto un corteo di giovani donne che portava in giro per il paese. Ma il senso sociale del consumo resta ancora cifrato. Ma ancora l’oggetto. che risposero con dettagliate relazioni. dei disoccupati. tre collaboratori – in campagna. Solo da pochi anni e solo in zone dai pascoli accessibili si è potuta aprire la possibilità di più facili spostamenti con un motorino. psicanalitica). I poveri inoltre erano costretti dall’obbligo sociale a dilapidare tutti i loro magri proventi. l’inverno transuma e l’estate. Cagliari . in Ethnologie générale. se il loro impiego è saltuario. è in grado di tornare a casa solo molto saltuariamente. da ultimo. con nessuna garanzia organizzativa. Dal punto di vista organizzativo non esiste quindi per la produzione che il modello familiare. Per comprendere il piano del cerimoniale. soprattutto ai fini di non cadere nel solito mito dei buon selvaggio. 96. C’è poi la grande fascia dei braccianti. Si perdevano molte ore di lavoro. “Problèmes d’ethnologie économique”. Poirier. ma è anche un punto che richiede un’analisi più precisa. che. in questo caso. Paris 1968. LA FESTA II. J. Il viceré mandò una circolare a prefetti e vescovi. in passato.97 97. organismo anche produttivo. il quale comporta potenziali chiusure. Per fare quest’analisi non potremo esimerci dall’impiego di categorie recenti. vol. Il contadino è quel piccolo coltivatore diretto. pp.Segr. dato che un certo numero di queste solennità non cadeva di domenica. di Stato II. nella misura in cui. antagonismi. una volta circa ogni due settimane. e autorità politica. dei muratori. di cui si conserva copia. e quindi anche gli eventuali spostamenti sono limitati e sottoposti a turni. una petizione di cittadini «illuminati» si rivolgeva al viceré facendogli notare come il numero eccessivo di feste contribuisse all’impoverimento della popolazione. Hanno giustamente fatto osservare come finalità produttive e categorie economicistiche importino molto di più alle società occidentali – direi: alla cultura conseguente alla rivoluzione industriale – che non a società precapitalistiche. 1545 sgg.. non si può affermare che i lavori tradizionali costituissero esperienza socializzante in misura estensiva quanto un’esperienza di fabbrica. 502. se non sapessimo bene a profitto di chi sarebbe andato il rendimento. o di puro smercio – è quasi esclusivamente a conduzione familiare. gretti produttori. ed eccessivamente. Per quanto la sua funzione produttiva proiettasse l’uomo all’esterno in misura molto più considerevole rispetto alla donna. Anche la bottega – artigiana. disponibili come manodopera subalterna. (“Introduzione”). Grandi aziende che impieghino una larga manodopera salariata non esistono.95 Gli attuali antropologi si dimostrano molto più benpensanti rispetto agli illuminati interventisti di un secolo e mezzo fa. di cui si è visto il modo di conduzione prevalentemente familiare dell’azienda. Pinna. esaminata in chiave esclusivamente. molto spesso intollerante. Poirier. Il pastore lavora solo – al massimo con due. 272 273 . sous la direction de J.PARTE SECONDA. Sull’istituto degli ademprivi in Sardegna cfr. Dall’altra parte c’è il gruppo territoriale. come quelle di «economia» e «società». Cominciava a farsi strada il criterio capitalistico del «rendimento» e del «profitto» – criteri sacrosanti. Si veda. con l’aggiunta al massimo di un paio di dipendenti nei casi più complessi di un laboratorio meccanico. e da cui emerge una diversità di atteggiamenti tra autorità religiosa. La famiglia esclusiva cit. in queste zone dell’interno. utilizzabile anche per alcuni suggerimenti circa la tematica dell’espiazione dei beni soggiacente a istituti sociali comportanti spreco di merci (tematica peraltro dall’A. la notte. sarebbe più «sociale» di noi. Nel 1833. Tutti pari autorità politiche ancor più di quelle religiose (che avevano sempre qualcosa da guadagnare dalle feste). più tollerante anche perché direttamente coinvolta nei profitti. L.96 E questo è vero in generale. un’organizzazione inerente a modi di produzione che chiameremo genericamente precapitalistici. di tipo sia tradizionale che moderno. esistevano terreni comunali adibiti a pascolo o a coltivo e utilizzabili da un certo numero di famiglie: sono i famosi ademprivi. Ma il bestiame. Arch. di Stato. ha da essere continuamente sorvegliato. pur spostandosi in zone relativamente vicine al paese. per vari motivi. dobbiamo comunque partire dall’esame dell’ambito di una socialità e 95. sempre più in crisi. che non presupponga l’esistenza di una comunità. Il godere consentito Esiste «alienazione» nel lavoro. Marx. il contadino dalla fame di terra. nella misura in cui il pastore è gravato dal fitto dei pascoli. 255 sgg. Questo non significa peraltro un totale rigetto del fatto produttivo: siamo ben lontani da qualsiasi intenzione luddista.98 È. si vuol configurare uno stato di totale disponibilità sociale. 275 274 . tra famiglia come nucleo produttivo e comunità come nucleo normativo è già chiaramente proposta in Marx. «gratuito». a cura di M. entro società precapitalistiche. lavoro. che la maggior parte degli aspiranti al tesoro. Col lavoro non si ottiene la ricchezza: è questa la morale che – fino all’inizio del grande fatto migratorio – reggeva l’atteggiamento dell’uomo nei confronti delle proprie attività. Sono i prodotti ad essere consumati: e questo anzitutto perché si avverte come asociale un godimento privatistico dei beni. Tutti pari Ma la comunità è soprattutto un organismo normativo: è il luogo in cui valori e istituzioni trovano la loro origine e il loro riconoscimento e la cui esistenza consente che si correlino tra loro i singoli nuclei produttivi. Il momento cerimoniale dello scambio mette in relazione famiglia e famiglia nell’ambito dell’insieme comunitario. dalle strutture organizzative familiari. Nella società che stiamo esaminando – la Sardegna «antica» – la connessione sembra essere esplicita. Il gesto cerimoniale non comporta la distruzione degli strumenti di produzione.PARTE SECONDA. In esso. se lo son visto diventar carbone di tra le mani. che neghi quanto di implicitamente asociale comporta il fatto produttivo. Tale principio ha da essere sempre ribadito. al limite. secondo criteri esclusivamente economicistici. La produzione è limitata dalla limitatezza degli strumenti di produzione (terra. Abbiamo anche visto come questo si connetta a precise regole sociali. «di lusso». Ma questi miti spesso aggiungevano: anche questa fortuna è tanto eccezionale. Può essere che presso altre società «primitive» questo elemento entri come variabile indipendente rispetto alla struttura di istituti come la festa o il dono: ma nessuno si è preoccupato mai di farne una verifica sufficiente. LA FESTA II. Godelier. impensabile la sopravvivenza di un nucleo familiare isolato. 98. dovrebbe essere considerato come «consumo accessorio». e tanto ribadito da rendere «necessario» ciò che. tendenti al contenimento. Il gruppo allora – attraverso la punizione sociale dell’«invidia» – interverrà amputando la situazione di eccessiva ascesa. L’antitesi. e che si possano dare socialità e godimento senza distruzione. questo orientamento era formalizzato anche entro una serie di miti. che attribuivano a un evento eccezionale – il ritrovamento di un tesoro – il sorgere di un nuovo stato di benessere. animali. Sulle società precapitalistiche. «superfluo». Si veda in particolare K. attrezzi). in Marx-Engels-Lenin. Fino alla scorsa generazione. D’altra parte – ed è su questo preciso punto che viene messo in causa il mito del buon selvaggio – proprio la distanza fra la limitatezza di una produzione tendenzialmente privatistica e la larghezza di un consumo tendenzialmente socializzante ci può indicare il grande costo dell’una e dell’altra. la frustrazione delle nuove speranze rende più vera questa antica constatazione. se non nella misura in cui si può mangiare della carne degli animali di un gregge. entro uno stesso livello. pp. Milano 1970. Ora ai tesori non si crede più: ma rimane lo stesso pessimismo operativo di fondo. “Lettera a Vera Zasulic”. Ed oggi. il bracciante dall’inadeguatezza e aleatorietà del proprio salario. Da questo orizzonte precapitalistico (ma solo da questo?) sembra bandita la possibilità che si possa dare produzione senza asocialità e con godimento. dalla distribuzione ineguale dei beni. per qualche fallo cerimoniale. Si afferma un principio comunitario proprio attraverso la affermazione di quanto appare più distante dalla produzione: il consumo. delle singole famiglie che appartengono al grado più basso della gerarchia sociale. status sociale: situazioni reciprocamente connesse in modo indissolubile – è raggiungibile solo defraudando gli altri di una parte del loro eguale diritto. Questa regola comporta l’ideologia che qualsiasi stato di benessere – salute. «Che nessuno sciolga il suo voto cantando. che declamino davanti a tutti la loro sofferenza. ad esempio. che non ci si potrebbe concedere senza appunto un pretesto di ordine serioso. al mantenimento. Tutti pari In quanto situazione individuale. In altri casi il pretesto rituale può essere apparentemente diverso: nel ballo dell’Argia può essere. dove non si ricorra ai santi. La danza esorcistica spesso presentava vistosissime connotazioni carnevalesche: canti licenziosi. Abbiamo visto che non si può dare festa senza il santo: e cioè senza il riconoscimento implicito che malattia e morte costituiscono dimensioni ineliminabili del vivere sociale. e soprattutto le vedove. 277 . Alla novena si dice: godo perché devo ringraziare per un male scampato. a meno che non si passi a una motivazione laica. per esempio. Ma ci son sempre grazie richieste o ricevute. sono in continua ricerca di pretesti giustificativi della partecipazione a un godere. il godimento può essere riferito. dell’ossesso. È raro lo spettacolo dello storpio. la ristrutturazione comunitaria avviene mediante la negazione dell’evento critico. del malato. Riassumendo: sembra che la tematica del godere si articoli attorno ai temi fondamentali di una malattia o di una morte da «espiare» mediante un’azione comunitaria. Nel ballo dell’Argia. pranzando» ammonisce la Chiesa (Sinodo di Torres. La sofferenza di uno dei membri diventa anche pretesto sociale. Di qui. l’importanza sociale della legge che vuole si celi il proprio benessere. mediante appunto il riconoscimento esplicito dell’esistenza di quest’ordine (ero più direttamente influenzata dalla metodologia demartiniana). fino in fondo. da cui si sentono socialmente escluse. esibizioni di seni e genitali. Ed è soprattutto nella festa che si dispiega questo principio: il benessere è consentito in quanto negazione del particolarismo e in quanto volontà esprimentesi in un atto sociale. al frammischiarsi di pianti per l’anno che muore ed assieme di comportamenti licenziosi. La tematica del godimento festivo è tanto complessa e stratificata che val la pena di penetrarla per gradi. che è anzi fatto tutto di divertimento. come le pie novenanti. ma a quello delle non conscie soggiacenti motivazioni d’ordine sociale. bevendo. «sacrificio» e «devozione» si intrecciano secondo modalità ineliminabili. Si pensi. È vero che attualmente nelle chiese sarde l’esibizione delle proprie sofferenze – perché il gruppo le accetti e non le emargini – è molto più controllata di quanto non sia ancora in molti santuari del meridione e di quanto non fosse nel passato per le stesse feste della Sardegna. si sa ridere anche della malattia. gesti scurrili. che troviamo per il carnevale o i rituali della mietitura. LA FESTA II. Questo vale per tutti. rispetto alle quali la festa si situasse come momento di reintegrazione di gruppo. si afferma il godimento senza pretesto rituale. al limite. Potremmo anche aggiungere che l’alibi luttuoso del godimento si presenta come motivazione di buona parte delle feste di tipo tradizionale. come si sa guardare in faccia alla morte. per concedersi determinate licenze. che fanno parte d’obbligo del corpo esorcistico e che. la terapia di un malato. via via sfogliandola dalla superficie al suo nucleo essenziale. pensavo che questa correlazione facesse esclusivo riferimento a un ordine di precarietà economico-sociali. 1695): ma non può essere diversamente. È superfluo dire che termini quali «alibi» o «pretesto» vengono riferiti all’individuazione di un meccanismo appartenente non all’ordine di deliberate volontà singole. Al tempo dell’inchiesta sulle motivazioni.PARTE SECONDA. il benessere è precarietà: è colpa segreta da mascherarsi. Entro questo orizzonte. delle leggi del risparmio. e in particolare per le donne. che non consente né lussi né sperperi. che viene ridicolizzato: ma in questo modo si 276 partecipa anche a un rituale che comporta notevoli forme di divertimento. Inoltre. Pensavo più o meno così: la carenza di beni e l’ambito produttivo familiare comportano un’economia di provvista e un’etica di risparmio. Il momento dello scambio consente una affermazione di benessere: il consumo è anche questo. In una spiaggia di Rimini. quando correlavo socialità dei novenari e socialità dei funerali. che regola e punisce gli eccessi. perché si deve e si può godere solo entro ben precise limitazioni. La grande festa rappresenta l’età dell’oro. perché c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi. dato che le eventuali differenze di ceto sono annullate davanti all’eguaglianza di un destino di malattie. si sottendono forse altre ragioni più profonde ed antiche. gode» –. nella misura in cui io «mi sacrifico» di fronte al santo. che mi riscatta dal mio male-colpa. in cui ciascun nucleo familiare paghi lo scotto del proprio (relativo) benessere attraverso un gesto di consumo comunitario. spesso in misura cospicua. ma non sufficiente: perderemmo la dimensione sociale di un comportamento. perché tutti hanno poco. ma pubblico. siano altrettanto chiariti e costituiscano sufficienti chiavi di interpretazione. il verbo «godere» viene ancora impiegato per significare «usare». Il godimento ha da essere limitato. e ha da essere effimero. entrambi atto sociale da compiersi al termine del momento produttivo. ma non fino in fondo (si «gode» un abito vecchio. e che. 278 L’ideologia dell’invidia e del malocchio afferma che malattia. ecc. Ma anche tutto il gruppo riscatta se stesso dal rischio della singolarizzazione del benessere. che si estrinsechi nell’etica del «mal comune. Continuo a pensare queste cose. Insomma: il godere è consentito solo nella misura in cui si affermi in gruppo che esiste un «bene» comune. anche nella misura in cui tra uomo e natura si ristabilisce un rapporto di 279 . come codice positivo. e su vari piani che trapassano impercettibilmente l’uno nell’altro. «miseria». «consuma».PARTE SECONDA. vendemmia. morte e povertà economiche (etica conservatrice delle eventuali differenze sociali). afferma: si gode solo quando assieme si facciano «trottare le merci». da mettere in comune e da utilizzare compartecipandone in misura paritetica. assoggettandomi con lui a quella regola del do ut des. e in particolare continuo a credere che la tematica del «godere» in quanto «espiare» non possa che emergere dall’ambito di un’economia in cui si disponga di pochi beni economici. parte dei suoi averi. Questo è vero. in rapporto ai recenti indirizzi dell’economia appunto «dei consumi». si è venuta individuando anche una precisa legge sociale. rovina sociale di una famiglia ecc. che vieta il godimento individuale. cioè «gabbato» è ogni comune mortale. Il verbo «consumare» non si è ancora connotato positivamente. Da questa «colpa» di un godere asociale riscatta la festa. Non si ha più ragione di «invidiare» il prossimo. Se considerassimo questi momenti secondo una visuale puramente economicistica. potremmo anche dire che sono le uniche occasioni in cui si ha la possibilità di spendere (in natura. si «godono» gli avanzi del pranzo del giorno prima). Tutti pari In molti dei nostri dialetti. in denaro). sacrificando. che significherebbe: si gode perché si riconosce. la presenza necessaria e ineliminabile di uno stato di malessere. Ma non sono altrettanto sicura che termini come «precarietà». Date queste premesse. come ora. Ma alle strette connessioni tra «espiazione» e «consumo». perché miseria e morte fanno parte dell’ordine naturale: «Passata la festa. altrimenti diventerebbe peccato. mezzo gaudio». negli altri. il macellaio di città – paga in questo momento lo scotto rituale del proprio benessere. cioè si rispetti la legge della mutualità. In via generale – anche se la trama motivazionale può rimanere oscura ai protagonisti – il meccanismo della «promessa» risponde proprio a questa logica. il punto massimo di godimento raggiungibile è quello festivo. Chi «non gode». mietitura. Questo atteggiamento acquista particolarissimo rilievo in tutte le feste estive connesse immediatamente al momento del raccolto dei vari prodotti: tosatura delle pecore (maggiogiugno). conseguono a un eccesso di «colpa» sociale nei confronti degli altri. LA FESTA II. «consumare fino all’esaurimento» qualcosa di utilizzato. cioè «fa andare a male». gabbato è lo santo». Si gode accontentandosi del poco – «chi si contenta. che esige che il godimento non sia un fatto privato. spannocchiatura. o in cui questi beni siano distribuiti in misura dispari. Di fatto. Chi stia bene – il benestante proprietario terriero. tra uomo e natura – si realizza così. per qualche giorno. si vuol far la pace con lei. che eseguono la lamentazione rituale sul corpo dell’animale ucciso e che credono nell’esistenza di un Signore degli animali. il vello della pecora. le mutualità cerimoniali tendono a concentrarsi in quei momenti di disponibilità di gruppo. l’attuale appello al consumo. della «rinuncia»: ed è appunto questo il linguaggio attraverso il quale viene filtrata oggi l’esperienza festiva del novenario. l’aria stessa sono apprezzati ed amati. o da cui il pastore deve guardarsi con estrema attenzione. La maggior parte delle vecchie feste calendariali scadeva in rapporto alla fine delle diverse operazioni dell’annata agricola e pastorale: aratura e semina (ciclo delle feste invernali) ritorno alla transumanza (feste di maggio) raccolto. LA FESTA II. contro cui il contadino deve lottare con zappa e badile. di cui l’uomo è stato solo parzialmente il vincitore. Tutti pari confidenza: il paesaggio entro cui la chiesa campestre si immerge. Penso ad esempio ai popoli cacciatori. che sono appunto le pause segnate dalla stasi della produzione. la fonte. La festa è anche questo: una grande espressione comunitaria. La terra fa scorrere latte e miele. peraltro troppo connesse a tutto un contesto economico-sociale per essere eliminate. comunitaria. Ma il cristianesimo estende ad ogni momento del vivere sociale l’illiceità di un godimento. È la terra che ha dato il grano. mediante un atto corale di consumo. proprio al momento-vertice in cui si è ricevuto il massimo dalla natura. 281 . che comunque andrebbero verificati – l’avvertimento che con la natura non si ha da scherzare. isolata e laicizzata: attraverso peraltro la surrettizia promessa di fare accedere al godimento mediante l’atto asociale non di una produzione collettiva ma di un consumo individuale e mediante la violenta rottura dell’antico patto tra uomo e natura cui ora si è sostituita la nuova legge del profitto.PARTE SECONDA. Chi invece è ora in grado di intervenire con notevoli capacità disgregatrici è. le si era tolto. restituendole in via simbolica. quanto indebitamente. paradisiaca. di relazione. esplicita. di una età dell’oro in cui l’uomo non lavora. gli uomini fanno trottare tra loro le merci. vendemmia (ciclo delle feste estivo-autunnali). in cui entrambi i termini (natura e cultura) vengano considerati come correlati da una legge fondamentale: quella dello scambio. anche in questo campo. cioè ai propri interventi di produzione o di semplice raccolta. tanti sono i rischi che cela. Di qui i continui scontri con i contenuti «pagani» delle feste dei suoi santi. l’ulivo. i fiori. 280 In merito a questa grande tematica dell’espiazione festiva. l’ideologia cattolica è entrata solo in misura relativa come elemento di trasformazione. L’atto del consumo festivo presuppone quindi l’esistenza non di un rapporto di opposizione tra natura e scultura [sic] secondo il mito borghese del «progresso» e della «lotta» contro gli elementi. La sacrosanta affermazione della giusta dimensione umana del godere è stata colta. l’albero. perché è la terra stessa a donare i propri frutti. ma per necessità. generosamente e senza richiedere contropartita. L’effimero Si diceva che la festa rappresenta il vertice di tutta una serie di mutualità cerimoniali e produttive: per questo appare più intensa. Di fatto. dopo una lotta. Non è più la natura antagonista. Più o meno in tutte le economie precapitalistiche è presente – secondo modi e misure variabili. e che l’uomo ha da stabilire limiti ben precisi alla propria intrusione. o che domina dall’alto. quell’immagine antica. che viene rinviato alla grande festa del paradiso. il quale ne concede secondo la «giusta» misura e punisce con la penuria o il maltempo il cacciatore eccessivamente avido. in cui. L’affermazione dell’illiceità del godimento privato poteva anche trovarsi d’accordo con l’etica cristiana del «sacrificio». E nel grande atto di restituzione della festa – momento di scambio tra uomo e uomo. ma l’esistenza di un rapporto culturale. mentre le mutualità produttive entrano in campo quotidianamente nell’ambito della regolamentazione dei rapporti sociali. di fiori o di erbe sul selciato. È al gradino opposto di questo sistema: ma è anche ormai immesso entro un meccanismo di promesse e di frustrazioni della cui sostanza contraddittoria comincia a prendere atto. il fuori del tempo. com’è ben noto. ecc. i pochi mobili (in particolare la cassa). sarà il fuoco d’artificio. Chi va alla novena sa ancora ben poco di fiori di carta o di macchine inutili. ceste). La stessa microurbanistica del novenario fino a pochi decenni fa doveva accentuare i caratteri di provvisorietà della festa. Nell’economia tradizionale. de peccadus unu saccu. assieme al suo apparato. L’effimero festivo si contrappone a un perenne quotidiano. L’appello al consumo fa leva sulla tematica della vistosità. de allegria fattu e margura! (Carnevale matto. I loro significati temporali rinviano ad operazioni da sempre compiute allo stesso modo. nelle varie solennità festive: addobbi di fronde sui muri. deve possibilmente scoppiettare e fare scintille. Se si dispone di più denaro. La festa è un vertice che si prolungherà nelle relazioni sociali a venire: ma non deve lasciare formalmente strascichi. Tutti pari Questo ritmo tende a contenere la festa entro ben precisi spazi temporali (se si consumasse tutto l’anno sarebbe la fine…). i beni d’uso e consumo familiare erano destinati a durare il più a lungo possibile: il pane. tutto quanto è stato raccolto si deve spendere e consumare nel suo ambito: non devono restare «avanzi da godere». LA FESTA II. carni. singolarmente concepiti. l’eccezionale. Deve liquidarsi in se stessa. La sua promessa di fare di ogni giorno. che gratuitamente consuma se stesso in vivide e rapidissime immagini di fuoco. a un eterno. bevande. Carresecare maccu. nella misura in cui lo canalizza entro forme strettamente privatistiche. È il tempo mitico della parità rituale. Appartengono quasi tutte al genere dell’effimero anche le cose che sono fabbricate esclusivamente in sua funzione: pani. pentole. dolce e amara. dell’effimero secondo modi che sono legati. gli attrezzi di lavoro. avvertito come tempo senza tempo. del godimento. caricandolo di tutti questi significati.PARTE SECONDA. La festa deve consumarsi in se stessa. a precise finalità produttive. Si valorizza l’oggetto. le si stanno volgendo contro in chiave di contestazione. il cui numero di certo era superiore a quello degli edifici in muratura. con tutte quelle baracche e tende. che veniva (e viene tuttora) cotto in modo particolare perché il pastore possa conservarlo almeno per un mese. da concepirsi come snodantesi entro la stabilità delle pareti domestiche e dell’ordinamento familiare. di peccati un sacco. 283 . Il comitato si scioglie alla sua fine. Lo stesso ordine di idee inerisce alla confezione di buona parte degli addobbi cerimoniali. di ogni minuto una domenica fa debordare l’effimero dalla sua severa delimitazione temporale e tende soprattutto a svuotarlo di ogni dimensione comunitaria. di allegria fatto ed amarezza!). il grande falò che in molte feste di paese si accendeva – e talora si accende – col contributo della legna portata da tutti i gruppi di vicinato. sia delle chiese che delle strade di paese. Simbolo pregnante. è tutto questo sistema di tempi e di forme ad essere messo in crisi. È lontano come la luna da quelle ambigue ideologie del ludico e del gratuito che. gli abiti e le suppellettili della casa (coperte. che costituiscono l’elemento caratterizzante della festa rispetto a tutti gli altri gesti di mutualità. dolci. le olive e gli altri prodotti confezionati e conservati con fatture domestiche. Il falò ha da essere grande. a forme da sempre impiegate per uno scopo sempre eguale. che ne fa un’esperienza struggente. La temporaneità della festa le dà quella connotazione effimera. L’effimero è l’unica dimensione di un riconoscersi sociale: configura il momento eccezionale entro il quale – e soltanto entro il quale – alla comunità sia consentito di riunirsi e guardarsi. indotte dal vertice della «civiltà del benessere». 282 La festa valorizza l’effimero. Con la rottura del ciclo produttivo agrario. come monotona iterazione di gesti e di situazioni. a gesti e a luoghi fissati dalla tradizione: rinviano a una immobilità perenne. APPENDICE I METODOLOGIA DELLA RICERCA . Angela Terrosu Asole. B) Censimento delle famiglie ai novenari e tavola II La raccolta e l’elaborazione dei dati è avvenuta nel modo seguente: a) Considerando come punto di riferimento la donna sposata. sempre analoghi allo schema genealogico di cui al punto b). che indicassero il numero delle volte in cui questa relazione si era presentata. d) Si è notato infine che gli stessi schemi di relazione parentale si presentavano secondo un numero di combinazioni relativamente ristretto: ad esempio ci potevano essere tot schemi marito + moglie + figli minori. in cui fosse riassunta la somma di tutti i tipi di relazioni effettivamente presentatesi alla novena. tot schemi marito + moglie + madre della moglie. Si è iniziato con un questionario inviato a tutti i parroci della Sardegna. indicante tutte le persone (secondo sesso e stato civile) e le relazioni realmente presenti. ad esempio: madre + figlio celibe + figlia sposata. 13 sgg. Si è potuto così elaborare un grafico generale. Ciascun nucleo di relazioni è stato infine reso graficamente secondo uno schema di tipo genealogico. Per ogni stereotipia si sono elaborati grafici riassuntivi. Le zone rimaste prive di informazione. c) Si è notato che tornavano con notevole frequenza gli stessi schemi di relazione parentale: ad esempio marito + moglie + figli minori. ma solo il numero di relazioni-tipo in esso presenti: ad esempio un nucleo madre + figlia nubile + figlia nubile è stato indicato come: madre + figlia nubile. secondo la letteratura a disposizione (in particolare Angius) avessero avuto in passato feste della durata di più di nove giorni. «medi» e «minori» (al di sotto dei 18 anni). nei casi in cui tale prassi non fosse residuale di novenari stanziali). che peraltro si sapeva meno «conservatrice». si sono anzitutto registrate le strutture dei singoli nuclei parentali presenti in una stanza. ma che ci sembrarono più interessanti ai fini di una probabile definizione dell’area dei novenari. C) Inchiesta mediante questionario (tab. 2 a e b è dovuta alla generosa collaborazione della prof. che risposero per circa un quarto. 1 e della cartina sono state raccolte grazie a una serie di collaborazioni capillari. La elaborazione dei dati geografici di cui alle tab.A) Diffusione geografica dei novenari in atto e scaduti (tabb.) Questa parte della ricerca è stata resa possibile da una sovvenzione del CNR. a memoria d’uomo) nove giorni. Per ogni individuo si sono considerati 286 inoltre sesso e stato civile. non si è considerato il numero reale delle persone presenti in ciascun nucleo. marito + moglie + sorella nubile della moglie. anche se dotate di logge o cumbessíe. Le interviste sono state compiute da un gruppo di studenti-ricercatori. L’inchiesta mediante questionario non è stata intesa come modo per esaurire la conoscenza del fenomeno delle novene. 287 . Il criterio di definizione dell’oggetto è stato il seguente: individuazione di chiese campestri la cui festa durasse (o fosse durata. tenendo conto di una combinazione delle variabili età e posizione nella scala delle generazioni del nucleo parentale presente. preparati e coordinati da me. o in sua assenza dal novenario. Si è indicato. c) chiese campestri che. vennero sondate da me o da studenti-ricercatori. Si è trascurato in particolare la zona del Campidano di Cagliari. cioè recandosi quotidianamente a piedi dal paese (questo. la donna nubile. Non si sono considerate: a) chiese campestri con feste più brevi. 1-2 e tavola I) Le informazioni che ci hanno consentito l’elaborazione della tab. b) Si sono suddivisi i singoli individui considerati secondo tre grandi fasce di generazioni: «anziani». e che avessero nel loro perimetro costruzioni per ospitare i novenanti. Per semplicità. b) chiese campestri in cui attualmente si pratichi la novena a piedi. Dopo la maturazione di quella serie di temi che sono esposti nella seconda parte del libro. Francesco). La campionatura è stata fatta tenendo conto di tre fattori determinanti: sesso. Francesco-Rimedio. Cosimo. in quei novenari dove fosse particolarmente rilevante la presenza di un gruppo etnico determinante (ad esempio nuoresi e olienesi a S. si è calcolato il c2 tra M1 (gruppo di novena) e M1 (gruppo di paese). F2. M2 (gruppo di novena) e M2 (gruppo di paese). penso di non aver sempre scelto i punti più qualificanti per un confronto: l’istituto della novena sembra essere correlabile molto direttamente a istituti di mutualità come dono. S. Al gruppo-campione di novena e alle cellule di confronto in paese è stato applicato uno stesso questionario. via via preso coscienza nel corso dell’inchiesta. età e paese di provenienza. Si è anzitutto divisa la popolazione secondo sesso e i tre grandi gruppi d’età: M1 (18-30). Annunziata-Gonare. il grado di rappresentatività dell’istituto della novena rispetto al comportamento medio paesano. Francesco-Gonare. si è formato un campione rappresentativo oscillante.). Il metodo della campionatura è stato il seguente: Per ogni gruppo di novena. Nei confronti tra i singoli novenari si è pure applicato il c2 in tutte le combinazioni possibili: S. Si è cercato di rendere queste cellule di paese relativamente omogenee rispetto alle cellule di novena anche rispetto alle occupazioni (vedi tab. siamo stati in grado di mettere in discussione sia un’indagine mediante questionario d’opinione applicato a gruppi ritenuti significativi anche rispetto a 289 . Per ogni tabella distinta secondo sesso e classi d’età (gruppo di novena. Annunziata-Rimedio. fossero rappresentati in egual misura i due sessi e le tre classi d’età. Poi. Orosei: quarantotto persone per ciascuno (quindi 240 in tutto). così spero. Alla fine dell’inchiesta. Gonare-S. Cosimo. F1-F3. c) confrontare l’istituto della novena con altre forme di organizzazione: la chiesa. Oliena. M2-F2. M2-M3. suddivise in misura eguale secondo sesso e classi d’età. M1-M3. Ma le riserve concernono questioni più sostanziali. Bitti. F2 (gruppo di novena) e F2 (gruppo di paese). di fatto. Cosimo. tra il 25 e il 30% della popolazione adulta (al di sopra dei 18 anni). ospitalità. F1 (gruppo di novena) e F1 (gruppo di paese). M3 (gruppo di novena) e M3 (gruppo di paese). almeno in via indicativa. che si ipotizzava potessero essere correlabili in via diretta o indiretta all’istituto della novena. M1-F1. gruppo di paese) si sono confrontati: M1-M2. F3 (c. M2 (31-50). nei limiti del possibile. che il questionario non ha invece preso in esame. Si sono poi costituiti (nell’autunno-inverno 1967-68) dei piccoli gruppi di confronto nelle cinque comunità di Nuoro. F3 (gruppo di novena) e F3 (gruppo di paese).APPENDICE I Metodologia della ricerca ma come strumento aggiuntivo per ottenere una verifica quantitativa di certe ipotesi di lavoro. M3 (50 e oltre). Annunziata-S. comparatico. che dovevano tener conto 288 della diversa situazione in cui le domande erano poste. Per misurare la significatività statistica delle singole classi di risposte abbiamo utilizzato la tecnica del c2. Si voleva in particolare: a) individuare. D) Critiche di metodo Al termine di questa fase della ricerca può essere opportuno tirare un primo bilancio sui limiti di fondo inerenti al metodo: ne abbiamo. b) definire forma e grado di attualità di una serie di altri istituti tradizionali. F1-F2. Mamoiada. differente solo in alcuni particolari. 13). Analogamente si è proceduto per il confronto tra stereotipi di paesi. F2-F3. La differenza tra il totale numerico delle singole cellule e il 25 o 30% dell’intero campione è stata colmata con una campionatura casuale. Si è considerato così un totale di 208 individui (vedi tab.s. Quando era possibile un confronto tra gruppo di novena e gruppo di paese. i mezzi di comunicazione di massa. F1. M3-F3. 14). Le tabelle che seguiranno indicheranno solo i c2 significativi o poco al di sotto della significatività: questi ultimi indicati col segno (-). Le informazioni raccolte non sono comunque risultate inutili: o almeno. la scuola. S. Francesco-Annunziata. S. a seconda dei casi. Francesco-S. si sono costituite delle piccole cellule in cui. Questo è forse possibile in ambiente urbano. che pur partiva dalla consapevolezza di utilizzare uno strumento di applicabilità molto limitata. dove tutti i rapporti «veri» sono solo di ordine personale. che possono costituire l’elemento socialmente più dinamico e quindi più interessante. Anche per questa via si conferma dunque l’autocritica che ho fatto nella parte finale della “Introduzione”. fin dal momento iniziale della ricerca. che denunciano una ben precisa origine e destinazione di classe. che questo tipo di indagine comporta. più o meno consapevole. di cui ciascuno dispone in misura diversa. c) Il questionario nel rapporto intervistatore-intervistato – C’è anzitutto il problema meramente tecnico della applicabilità di un questionario a domande fisse da rivolgersi a un intervistato appartenente a una cultura «diversa» da quella borghese o operaia. ecc.APPENDICE I Metodologia della ricerca campionature più rigorose della nostra. È l’inconveniente meno grave. Questo può anche essere 290 relativamente vero a livello urbano. Si è cercato di coinvolgere gli studenti alla stesura e alla successiva taratura del questionario e. la problematica che ne insorgeva.). dove sono largamente ammessi rapporti di tipo impersonale (uffici. con questo mezzo si viene di necessità a trascurare l’individuazione proprio di quei fenomeni minoritari. i primi risultati. È stata peraltro questa stessa esigenza di politicizzazione a mettere in causa i limiti della «democraticità» di un’équipe di ricerca. durante la fase dell’inchiesta. L’esperienza è stata valida. La stessa logica interna del questionario – nonostante l’attenzione alla sua taratura – si è rivelata come un’imposizione artificiale di uno schema attinto da una logica diversa 291 . peraltro. era necessario quindi abbandonare la pretesa di un incontro «asettico»: si ricorse al colloquio libero. e dove gli unici tentativi di instaurare rapporti diversi – e con esito fallimentare – provengono dall’incomprensibile mondo dei rappresentanti del potere anonimo dello Stato e dei suoi rappresentanti. da parte sua. delle risposte. Il piano comune di incontro appare semmai la disponibilità politica e culturale di ciascuno. senza la pretesa demagogica di una rinuncia a quella parte di sapere tecnico. proprio nella misura in cui siamo giunti assieme a contestare le premesse da cui si è partiti e a orientarci in vista di un futuro lavoro. cioè dal momento di una prima definizione dell’oggetto di studio – questo. non è affatto detto che la somma di tante situazioni singole possa e debba darci una totalità. Di fatto. che peraltro è il risultato della somma numerica di tanti individui diversi. È inconcepibile nell’ambito di una comunità rurale. Si tratta. che non si concepisca democraticamente anche nel rapporto con gli altri. Il problema è strettamente affine a quello dell’impiego di tests di intelligenza rispetto a gruppi etnici diversi o a ceti sociali subalterni. alla discussione circa i metodi. Il discorso non è nuovo: qui ci interessa vederne in particolare come si sia configurato entro la precisa realtà della nostra ricerca. Ai fini dell’inchiesta. negozi. in ogni caso. Il questionario cioè veniva ad acquistare in completezza e veridicità nella misura in cui contraddiceva le premesse manualistiche. Inoltre e soprattutto. la campionatura e il questionario. diventa molto più opinabile a livello rurale. ma il nucleo familiare. dove l’unità primaria non è l’individuo. ridotto a ruolo di esecutore di ordini e di esattore di risposte. di modelli individualistici e gerarchici. che si può correggere democratizzando il gruppo. a) L’équipe di ricerca – C’è anzitutto la subordinazione gerarchica dell’intervistatore. le cui informazioni per noi interessanti venissero formalizzate solo successivamente entro i quadri del questionario. isolati appunto come individui e non come facenti parte di un gruppo. Qualsiasi manuale di tecnica della ricerca ribadisce la necessità di eliminare al massimo le interferenze personali dell’intervistatore. un medesimo «vizio di forma» si sottendeva al complesso di questo strumento d’indagine: cioè ai criteri secondo cui si conformavano l’équipe di ricerca. che è invece costituita da un insieme di rapporti sintattici e non paratattici. dell’utilizzazione. sia la struttura organizzativa. b) La campionatura – Un’indagine su un campione statisticamente rappresentativo pretende di fornirci l’immagine di una totalità. al fine di ridurre al minimo i rischi di un condizionamento. Infine. cioè con i presunti «oggetti» della ricerca. che comportasse una équipe paritetica. Si tende invece a mettere tra parentesi il rilievo personale dell’individuo che avrebbe causato il malocchio. Se la scelta culturale – cioè politica – vuole essere diversa. il questionario tornò ad essere valido solo come strumento di formalizzazione. Sequenze puntuali e analitiche di nozioni astratte non fanno parte della logica del malocchio e. di persone colpite o no. Una parte del questionario – che in questa sede non esaminiamo nei particolari – tendeva ad analizzare minutamente tutto l’orizzonte dei possibili rapporti sociali. Non abbiamo trovato resistenze a domande relative alla frequenza ai sacramenti. quando si cominciava a parlare di malocchio. delle finalizzazioni della cultura. che correrebbero il rischio di venir compromessi. i rapporti (di parentela o di vicinato o di estraneità) eventualmente esistenti. Il racconto di una esperienza di malocchio ha una sua coerenza. Anche in questo caso. anzi imposte. Si aprono peraltro a questo punto i reali discorsi di fondo: il nesso organico esistente tra oggetto. dal questionario. la loro qualità (amicizia. che confermasse ciascuno nel proprio ruolo gerarchico. che tende a polarizzare la narrazione prevalentemente su due punti: la descrizione drammatica dell’incidente e (spesso su un piano minore di interesse) la terapia impiegata per risolverlo. L’incompatibilità si realizzava su due punti. conchiusasi ormai la fase della contestazione globale. Per questi nuovi esperimenti può essere propizio proprio il momento attuale. La realtà era esattamente il contrario. ecc. Il che comporta escogitare nuove modalità di organizzazione di base. ma di altri ordini di logica. di informazioni ottenute lasciando inizialmente libera la persona di fare il proprio racconto e intervenendo in seguito con alcune richieste di precisazione. si poneva una sequenza di domande precise. in cui ciascuno possa essere interrogante e interrogato nell’ambito di un reciproco confronto dialettico su una tematica accomunante. si avverte come primario il bisogno di ripensamenti e di verifiche. all’informazione mediante mass media. da esprimersi nella sua totalità e come tale comunicabile ad altri. che un tale episodio disturba o sollecita: per ottenere questa conoscenza. ma «dicono che è bene (o male)» ecc. parallelamente. Il mascheramento della responsabilità altrui si giustifica peraltro con l’implicita intenzione di salvare comunque i rapporti sociali. si dovranno sperimentare altre strade. la logica del malocchio (e di molte altre esperienze non solo «magiche». il coinvolgimento in valutazioni personali veniva eluso dall’intervistato nella misura in cui ogni valutazione veniva riferita all’intero gruppo: si tendeva cioè non a rispondere «è bene». ostilità). A sua volta. 293 .APPENDICE I Metodologia della ricerca da quella che stavamo esaminando: questo almeno. che toccava in eguale misura le persone degli intervistatori e quelle degli intervistati. ecc. Il questionario puntava sull’evidenziazione di situazioni tradizionali. ecc. Di fatto. «è male». la ridiscussione dei rapporti tra ricerca e lavoro comune.: iniziavano. Dove però i due sistemi logici si scontravano incompatibilmente era sull’argomento malocchio. comunque reali e dinamiche) 292 è di tipo globale. metodo e destinazione di una ricerca. della logica di qualsiasi vissuto. Anzitutto. Primo: noi si voleva sapere cose che a loro non interessavano. Penso possa essere il massimo dei risultati ottenibili restando all’interno dello strumento-questionario. e comprensibilmente. Riassumendo: il metodo d’indagine ha subito un notevole processo di liberalizzazione. ecc. al limite. per le questioni concernenti l’ideologia magica. che sarebbe stato assurdo imporre. a posteriori. l’implicita presenza del gruppo come organismo di controllo era avvertibile nelle reticenze che iniziavano esattamente nel punto in cui le domande venivano a riferirsi a reali rapporti tra persone. Secondo: noi si pretendeva che l’intervistato si piegasse docilmente al tipo di successione di domande proposte. nella misura in cui. il rapporto di «cordialità» che legava intervistatore e intervistato finiva inevitabilmente per inserirsi entro uno di tipo clientelare. APPENDICE II TABELLE . 588 II. della Neve (o de Luke) S. Barbara S. 1A . Maria de Bonacattu S.V. Nicolò S. NR. Organizzatori: F = determinate famiglie. 738 XIII. il Re di Sardegna. 923 X. di Gonare N. 532 XIII. di cui alla tavola I. Stefano B.DATI SOMMARI PARROCO UN TEMPO UN TEMPO ORA ORA ORA 54 48 49 70 58 38 12 13 60 66 43 36 73 77 59 75 53 61 62 63 26 23 15 44 47 67 37 39 78 25 22 68 52 50 3 33 34 55 56 74 Abbasanta Aidomaggiore Aidomaggiore Ardauli Bidonì Birori Bitti Bitti Bonarcado Boroneddu Borore Bortigali Busachi Cabras Fonni Fordongianus Gavoi Ghilarza Ghilarza Ghilarza Illorai Irgoli Lula Mamoiada Norbello Nughedu S. PA = domenica dopo Pasqua. 309-310 XIII. del Rimedio N. pagina.S. SETT. Michele S.S. 719-724 VI. 57 VIII. Lussorio S. Maria de Ossolo S. 112 XII. Pancrazio S. Maria S. Lussorio N.V. L = lunedì. Quirico S. 356 II. 332 II. della Consolata S.S. 512 II. Basilio Magno B. martedì dopo Pentecoste. 291 VIII. Raffaele) Mad. Angius. in G. 57-58 IX. Cosimo e Damiano S. Leonardo S. Maria de Saùcu S. Torino 1833 sgg. di Monserrato N.TAB. 57-58 VIII. Bartolomeo S. Cristina S. Annunziata N.NOVENARI IN ATTO . 58 XIII. Oliena Orani e Sarule Oristano Orosei Orune Paulilatino Santulussurgiu Sedilo Sedini Silanus Silanus Sorradile Sorradile Villanova Truschedu S. 138 XX. 75 I. PD. del Miracolo S. 411 XIX. 138 XX. Serafino (o S. Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.S. 510 II. Casalis. FAMIGLIE DATA DELLA FESTA NOVENANTI (1967) PROVENIENZA PAESI ALTRI PAESI CONFINANTI QUESTUA ORGANIZZATORI ANGIUS . 538-539 XIII. Maria dei Martiri S. 76 XI. AG. 304 XX. 745 VII. PM = domenica. OTT. Francesco SS.V.S. cartografico fa riferimento alla numerazione sulla carta di distribuzione dei novenari. Nr. 75 I. REF. Sabina S. Salvatore S. Maria S. LU. NOVENA ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° CHIESA PRIORE STESSO STESSO PAESE FESTA PAESE CARTOGRAFICO COMUNE CHIESA ALTRI PAESI COMITATO NR. 304 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° Abbreviazioni: Data della festa: D = domenica. 405 II. 774 XX. Ref. ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° F ° ° ° ° ° ° ° F ° ° ° F ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° I. GIU.V. Salvatore S. 309 VI. d’Itria S. Michele S. Angius: V. = volume. Susanna S.M. 57 VIII. 354-361 II. Agostino S. M = mobile. del Rimedio B. Ignazio da Laconi S. Giovanni Battista S. Gemiliano 28 UD 8 24 8 1°L 3aD 30 18 15 1aD 17 11 1 1aD 21 UD 24 8 24 PD M 4 M 27 UD 1 8 8 8 8 1°L 1aD 4 7 12 2aD 3aD 8 18 16 1 8 20 10 20 10 20 10 70 15 8 30 20 30 40 100 5 10 60 20 65 100 15 10 107 48 20 25 50 45 10 94 7 30 20 20 10 10 10 15 10 6 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° UN TEMPO MA. Costantino Imperatore S. V. comprese le case ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° n. ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° XXIII. 641 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° n.PRIORE PARROCO STESSO UN TO ORA TEMPO ANGIUS . Mamone) Orgosolo Orotelli Ottana Pattada Perfugas Ruinas Sadali Scano Montif. 239 XIII. Michele N.m. Maria Maddalena S. Basilio L’Angelo S. 532 n. di Luogosanto S. In caso di festa non più celebrata. Maria Ausiliatrice («Trempu») S. OTT. Antioco S.S. del Buoncammino S. MA. Semestene Siamaggiore Siligo Siligo Sindia S.V. del Carmelo S.NOVENARI SCADUTI . di Sinia B. delle Rose (o Mesumundu) S. 701 ° ° ° ° n.S. ° ° XII. 314 VI. ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° n.m. Teresa di Gallura Tadasuni Teti Thiesi Ula Tirso Ulassai Ussassai N. 271 XVI. LU. del Monte S. Demetrio B. La data della festa.V. Pietro Apostolo S.m.V.m. n.TAB. Giorgio S. 547 XIII. Barbara Il Salvatore 8 31 17 1 UD 29 (2aD) 26 22 1D 8 (18) 3aD 1aL 1aD 1 PM 1 3aD 29 15 (8) 15 (16) (29) 23 (3) 16 8 PA 2aD 17 PD 29 3aD 8 (3D) 22 (10) 12 (18) UL (14) a ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° n.S. 112 XIII. Bachisio B. Le notizie sono ricostruibili a memoria d’uomo. ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° n. 1B . ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° Legenda: Per «novenari scaduti» si intendono quelle chiese presso le quali non si celebri più la novena residenziale. Elena S. Soddì) Lei Lei Luogosanto Macomer (fraz. 10 XIX. Maria Maddalena S. d’Itria S. Michele S. 427 XX. 427 VI.m. CARTOGRAFICO DATA DELLA FESTA COMUNE CHIESA NOVENANTI PAESI DI PROVENIENZA ONFISTESSO C ALTRI NANTI QUESTUA PAESI ORGANIZZATORI ALTRI COMITA. Addolorata S. Bachisio S.m. Cosma e Damiano S. Ciriaco S.m. Elena B. Lucia Mad. 428 II. Sebastiano N. Mulargia) Mara Neoneli Nulvi Nuoro Nureci Ollolai Olzai Onanì (fraz. Nicolò di Trullas S. 832-833 XX. ° ° F ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° in via di ricostruzione. Vincenzo Ferreri S. Raimondo S. Assunta B. di Valverde N. Teodoro S. I.m. SETT.S. Barbara SS.m. le notizie relative alla questua e al comitato si riferiscono all’attuale celebrazione di una festa della durata di uno-tre giorni. Marco S. Restituta S. 184 II. 435 II. NOVENA ° ° ° ° ° ° CHIESA FESTA NR. 8 REF. 577 X.V. ° ° ° ° ° ° n. 648 XVII. Assunta B. GIU.m. Elia di Montesanto S. 132 XI.DATI SOMMARI APR. la data è indicata tra parentesi.m. 143 ° XX. 180 II. tranne pochi altri casi indicati dall’Angius. AG. 404 II. 597 ° n. = nessuna memoria. ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° IX. 532 IX. ° ° XIII. 870-871 n. di cui si è perduta la memoria. 402 VIII.V. 427 II. Angelo S. 669 XIV. 90 XIII. di Seunis S.S. 45 17 27 19 20 18 11 40 24 14 64 65 29 30 2 35 16 71 5 31 80 51 46 9 45 32 41 8 4 79 81 42 21 76 6 7 28 1 57 69 10 72 83 82 Anela Bolotana Bono Bono Bonorva Bultei Dualchi Esporlatu Giave Ghilarza Ghilarza (fraz. Tecla N. XI. 110 XX. TAB. Salvatore 9 S. Oliena S. Costantino 288 Sedilo Imperatore Sedini S.S. Maria 250 S.2 1. di Monserrato 388 521 Orani e Sarule N. QUOTA POSIZIONE GEOGRAFICA ACQUE E VEGETAZIONE DISTANZA DAL PAESE (KM IN LINEA D’ARIA) POSIZIONE NELL’AGRO PRESSO CONFINE DISTANZA NR. Maria de Ossolo 250 S.V.S. del Rimedio 9 Orosei N. Pancrazio 300 Silanus S. Maria de Bonacattu 282 S.NOVENARI IN ATTO .1 12 NO CARTOGRAFICO COMUNE CHIESA TORRENTE NR.S. Sabina 432 Sorradile S.5 KM BOSCO VETTA FONTI PAESE TRATA FINE 0. Quirico 420 S. Stefano 450 B.000. 3 O PIÙ ° ° ° ° ° ° ° PENDIO VALLE BORDO CHIESA 0. tavolette alla scala 1:25. Michele 26 S.V.V. Maria de Saùcu 510 S. Leonardo 503 S. Francesco 521 SS. Salvatore 216 S. Bartolomeo 432 Silanus S. Nicolò 356 Villanova Truschedu S. PAESI 2 . Firenze. d’Itria 777 S.S. 2A . Giovanni Battista 290 S.1 5 5.SITUAZIONE GEOGRAFICA TERRAZZO SUL CON- ALTOPIA- MACCHIA COLTIVO IN PAESE PIANURA INTERNA DECEN- 54 48 49 70 58 38 12 13 60 66 43 36 73 77 59 75 53 61 62 63 26 23 15 44 47 67 37 39 78 25 22 68 52 50 3 33 34 55 56 74 Abbasanta Aidomaggiore Aidomaggiore Ardauli Bidonì Birori Bitti Bitti Bonarcado Boroneddu Borore Bortigali Busachi Cabras Fonni Fordongianus Gavoi Ghilarza Ghilarza Ghilarza Illorai Irgoli Lula Mamoiada Norbello Nughedu S. del Rimedio 19 Orune B.V. Raffaele) 290 Mad. Lussorio 349 S.6 3 3.S. Annunziata 549 N. Lussorio 35 N. del Miracolo 549 S. Barbara 250 S. Cristina 206 Santulussurgiu S. edita dall’Istituto geografico militare. Agostino 315 S. Ignazio da Laconi 315 S. Michele 290 S. Basilio Magno 902 B.5 1. di Gonare 626 Oristano N. Maria 356 Sorradile S. della Consolata 745 Paulilatino S.5 1. Susanna 370 S. Maria dei Martiri 1000 S. della Neve (o de Luke) 503 S. Cosimo e Damiano 644 S. Gemiliano 60 Totale 364 148 290 206 182 413 242 552 282 206 420 845 275 6 1000 71 861 273 262 153 195 127 464 882 378 366 187 1083 9 31 850 280 684 236 366 352 382 432 337 56 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 2 3 ° 11 9 9 3 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 23 16 ° ° ° 14 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 11 9 4 ° 10 11 7 7 ° 16 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 21 ° ° 8 12 ° 12 7 FONTE: Carta topografica d’Italia. Serafino (o S. Cosma e Damiano S. Marco S. Maria Maddalena S. Sebastiano N.5 IN PAESE PIANURA INTERNA SUL CONFINE 5. Elena B. Elena S. del Carmelo S. del Buoncammino S. Addolorata S. Barbara Il Salvatore 446 475 472 503 536 549 536 536 508 354 509 1031 321 314 326 474 595 620 290 248 250 235 458 429 458 458 321 321 700 705 261 343 554 598 478 478 532 515 335 280 960 1001 474 305 482 304 620 620 406 313 185 185 755 715 91 125 386 381 704 715 380 450 384 350 7 8 409 734 409 290 509 496 44 54 185 235 714 631 461 477 384 384 775 580 670 n. 3 O PIÙ ° ° ° 4 DECEN- PENDIO VALLE BORDO CHIESA BOSCO 1. Elia di Montesanto S. Maria Ausiliatrice («Trempu») S. Tecla N. Bachisio S.V.V. Demetrio B. Assunta B. Ciriaco S. Teresa di Gallura Tadasuni Teti Thiesi Ula Tirso Ulassai Ussassai N. Basilio L’Angelo S.1 . Barbara SS.TAB.5 ALTOPIA- MACCHIA COLTIVO 0.5 VETTA FONTI PAESE TRATA COMUNE CHIESA TORRENTE NO KM 2 . di Seunis S. di Valverde N. Restituta S. Michele N.000.V. Raimondo S.V. CARTOGRA- QUOTA FICO POSIZIONE GEOGRAFICA TERRAZZO ACQUE E VEGETAZIONE DISTANZA DAL PAESE (KM IN LINEA D’ARIA) POSIZIONE NELL’AGRO PRESSO CONFINE DISTANZA NR.1 . ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 6 1 21 19 9 12 ° ° ° ° ° ° ° ° 11 9 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 10 14 4 4 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 22 12 2 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 2 1 12 13 9 7 Abbreviazioni: n. Antioco S.V.5 .1.1. Pietro Apostolo S.12 17 27 19 20 18 11 40 24 14 64 65 29 30 2 35 16 71 5 31 80 51 46 9 45 32 41 8 4 79 81 42 21 76 6 7 28 1 57 69 10 72 83 82 Totale Anela Bolotana Bono Bono Bonorva Bultei Dualchi Esporlatu Giave Ghilarza Ghilarza (fraz. d’Itria S. del Monte S. delle Rose (o Mesumundu) S.SITUAZIONE GEOGRAFICA NR. Teodoro S. Maria Maddalena S. Mulargia) Mara Neoneli Nulvi Nuoro Nureci Ollolai Olzai Onanì (fraz. Soddì) Lei Lei Luogosanto Macomer (fraz. di Sinia B.2 .S. Assunta B. Mamone) Orgosolo Orotelli Ottana Pattada Perfugas Ruinas Sadali Scano Montif.S. Vincenzo Ferreri S.3 3.V.S.6 . = non segnato sulle carte al 25.NOVENARI SCADUTI . Bachisio B. Lucia Mad. PAESI 0.s.s. Michele S.S. di Luogosanto S. Angelo S. Nicolò di Trullas S. Semestene Siamaggiore Siligo Siligo Sindia S.S. Giorgio S. 2B . 0 246 127 479 396 161 9.9 102 10.7 25 10.1 688 555 3404 1167 651 42.8 38.5 423 47.6 1350 17.4 1791 994 7719 2334 1232 100 100 100 100 100 1619 899 6007 1887 1154 100 100 100 100 100 TAB.4 6.8 16.9 56.70 5.POPOLAZIONE AL DI SOPRA DEI 6 ANNI (ISTAT 1961) COMUNI LAUREA E DIPLOMA MF M LICENZA MEDIA MF M LICENZA ELEMENTARE MF M ALFABETI PRIVI DI TITOLI DI STUDIO MF M MF ANALFABETI M MF TOTALE M Bitti 149 Mamoiada 49 Nuoro 2064 Oliena 77 Orosei 67 2.0 1173 2.7 28.4 124 2.7 730 63.1 3.5 43 4.9 605 331 1622 794 521 23.0 19711 13.4 3.6 216 9.1 293 29.6 1377 2.5 292 32.1 1.9 10.7 56.POPOLAZIONE ATTIVA PER SETTORI DI ATTIVITÀ (ISTAT 1961) COMUNI ESTRATTIVE E AGRICOLTURA.9 34.4 14.1 59.7 3.1 216 11.3 53 42.2 78 4. PASTORIZIA INDUSTRIE MANIFATTURIERE MF M MF M COSTRUZIONI MF M TRASPORTI MF M MF COMMERCIO M ALTRE ATTIVITÀ TERZIARIE MF M TOTALE (ESCLUSI IN CERCA DI 1A OCCUPAZIONE) MF M Bitti 880 49.3 315 70.6 12.5 2.1 10.6 7.6 2.3 163 14.0 19 27.1 7.7 27.6 42.7 25.6 11.7 56.2 2132 0.1 Oliena 1593 68.2 1791 994 7719 2334 1232 100 100 100 100 100 1619 899 6007 1887 1154 100 100 100 100 100 TAB.LIVELLI DI ISTRUZIONE .9 26.1 8.9 11.0 73 2.7 61.3 516 71.9 1.POPOLAZIONE ATTIVA E NON ATTIVA COMPOSIZIONE PER CONDIZIONE NON PROFESSIONALE (ISTAT 1961) COMUNI Bitti Mamoiada Nuoro Oliena Orosei TOTALE POPOLAZIONE ATTIVA MF M SCOLARI STUDENTI MF M CASALINGHE F PENSIONATI MF M MF ALTRI M TOTALE POPOLAZIONE NON ATTIVA MF M TOTALE GENERALE MF M 1810 1040 7943 2370 1246 38.1 204 180 513 407 171 8.6 3.5 1735 10.7 91 10.0 132 11.4 3.2 1293 68.4 6.4 2540 57.4 4712 2592 17816 5553 3184 100 100 100 100 100 2327 1322 8717 2735 1607 100 100 100 100 100 TAB.7 285 266 700 674 257 6.0 Nuoro 684 8.0 2.5 603 298 1266 897 505 11.0 3145 1823 10578 3469 1930 61.1 42 24 473 59 26 2.3 3.7 7.7 2854 5.4 40.9 99 10.2 63.9 14.5 878 14.1 37 23 428 56 23 2.4 30.8 19.6 68 7.4 184 9.7 129 1.1 29.2 Mamoiada 423 42.2 28.5 136 10.7 245 77 213 143 141 15.3 217 11. 6 .7 29.7 35.2 4.6 5156 8.5 118 10.5 5.1 597 238 882 531 312 36.9 156 4.9 3.9 26.7 21.7 2073 6.9 440 29.1 2.6 692 59.7 141 1.4 53.8 13.5 1137 1.1 1635 942 6177 1917 1167 70.3 818 60.7 217 9.6 14.8 3.9 28.1 878 54.7 1550 920 5197 1728 1051 6.TAB.7 28.3 3.9 41 3.1 580 72. MF M DIRIGENTI E IMPIEGATI MF M LAVORATORI IN PROPRIO MF M LAVORATORI DIPENDENTI MF M MF COADIUVANTI M MF TOTALE M 13 11 131 10 7 0.9 380 55.5 317 11.0 219 18 292 94 53 9.8 2181 1.0 53. 3 .7 1.41 5.5 52 11. 4 .6 13.9 666 11.8 643 2.4 5.4 6.3 2902 1552 9873 3183 1938 61.8 3596 100 100 100 100 100 2565 1455 9608 3034 1829 100 100 100 100 100 .1 279 22.4 252 78 286 177 144 14.1 182 18.7 39.POPOLAZIONE ATTIVA PER POSIZIONE NELLA PROFESSIONE (ISTAT 1961) COMUNI Bitti Mamoiada Nuoro Oliena Orosei IMPRENDITORI ECC.1 44.0 971 12. 5 .0 130 53 941 94 55 7.6 353 10.0 63.5 13.5 63 0.7 36 5.7 70 2.6 5.5 7.5 Orosei 735 59.3 120 9.1 40 2.9 3293 70.9 598 3.5 93 17 620 35 46 5.1 754 586 4105 1486 691 42.7 280 40 460 219 97 5.1 27.9 319 19.6 11 10 131 10 7 0.2 2.3 3300 1.9 269 12.6 12.3 43 1.9 27.3 2.0 4.5 55 2.2 90 2.6 320 17.7 74 8.32 5.9 1057 1.3 5.5 18.3 2.9 53.4 1821 931 5420 1710 1231 38.4 3.5 1342 22.0 6147 8.04 6.5 61.7 72 11.3 12.5 14.7 322 35.1 13.9 94 1.6 3.9 30.8 206 1.7 56.75 1118 612 3622 1580 1004 21.4 1.7 0.4 0.6 22.7 156 9.9 12.7 21.7 102 10.4 25.1 8.2 164 13.6 26.3 213 11. 5 136 4.5 887 825 721 582.li ha q.5 1174 1216 1031 962 781 827. AUTON.CARCIOFO POPONI TURCO ALTRI ORTAGGI 10 871 9 677 9 916 7 820 4 320 7.5 5610 53 5912 26. PRODUZIONE DAL 1961 AL 1965 (FONTE: REG.5 1205 9 2205 49 249 49 217 49 309 49 379 26 328 FICO 105 150 160 150 180 86 81 71 62 NOCCIOLO ALTRI TOTALE SUPERFICIE E ALBERI SUPERFICIE PRODUZIONE FRUTTIFERI 11 45 8 79 8 147 8 128 8 121 27 1030 9.5 4462.5 98 1.li ha q.5 89 28 2380 28 2430 30 2750 38 3420 38 3420 16.5 1048 542 2493 1.5 2680.2 1.5 5555 5585.li ha q.li ha q.5 1600 29.li ha q.6 19.5 6545 150.5 2066 2596 ha q.li ha q.5 5340 4939.li ha q.5 6485 32.li ha q.5 3903 3370 3457.5 1685 31 1777 32 1883 70 8 300 8 460 8 356 7 341 7 385 5 40 5 45 5 195 5 220 5 260 25 230 25 150 130 105 80 41 14 41 16 12 4 8 8 8 8 5 3 5 2 .5 2741 2793.li ANNI 1961 1962 1963 1964 1965 1961 1962 1963 1964 1965 1961 1962 1963 1964 1965 1961 1962 1963 1964 1965 1961 1962 1963 1964 1965 Bitti Mamoiada Nuoro Oliena Orosei 10 104 9 108 8 76 5 45 5.5 6026 VITE 156 4286 160 4650 160 4238 160 1550 162 5440 342 10624 342 8300 342 10754 348 8160 356 13600 452 12400 455 11760 455 13440 461 16347 466 17148 830 21280 840 15000 928 27159 917 31695 939 32740 304 9128 310 8880 317 10709 316 10674 313 10420 OLIVO 259 1503 259 767 259 2199 261 403 261 1856 1 7 1 1 1 15 1 1.5 24 2 40 2 42 2 42 6.5 139 35.5 210 1 180 1 130 1 95 2 105 2 96 1.5 1690 29.5 9232 79 11423 75.li ha q.5 783 44 517 38 422 39 394 33 347 53 726 55 752 59 468 44 423 38 254 731 19800 852 25476 841 10078 153.5 808 4.li ha q.li ha q.li ha q.5 1165 10 902 12 1289 87 11995 86.li ha q.li ha q.li ha q.AGRICOLTURA: SUPERFICIE. QUALITÀ.li ha q.5 5526 150.5 2256 18 3396 24 4488 22 4053 35.5 584.5 44.li ha q.5 750 9 610 11.li ha q.5 4286.) COMUNE GRANO 540 2700 480 4080 360 3202 200 1000 260 2340 287 1578 250 2000 210 1680 120 1080 110 1100 850 5610 760 6920 620 5431 355 2165 306 2552 899 6293 910 9080 670 7400 370 2165 450 4050 380 1813 395 4042 400 4887 340 1800 525 3300 ORZO 150 1200 140 1680 85 1190 80 800 80 1040 128 1024 110 1210 64 896 58 696 60 840 413 4543 390 4680 210 2940 200 2400 180 2520 430 3870 430 3870 320 3840 290 3480 270 3780 105 525 106 1378 100 1200 85 935 66 792 AVENA 60 600 35 455 35 490 48 480 30 360 11 132 10 140 10 140 8 80 10 140 138 1656 89 1246 89 1246 86 1032 80 1120 9 25 9 38 12 38 12 35 14 40 7 35 10 110 10 110 10 110 10 130 LEGUMINACEE PATATE 20 2040 31 3100 38 3800 12 1680 17 2296 24 2448 30 3060 42 4410 5 560 3 420 52 5616 60 6600 75 8250 10 1300 5 472 24 1752 25 1750 30 2550 6.5 4636 163.5 4273 163.5 5027.5 90 6 84 7 140 5 100 5 90 2 36 2 32 2 28 3 42 4 52 5 70 6 90 7 105 14 35 13 42 14 49 15 49 15 49 1 92 2.5 210 6.5 85 1.li ha q.5 14 250 18 258 17 221 13 132 13 143 53.li ha q.li ha q.5 6111 81 886 80 884 80 1386 80 1218 80.6 1 4 1890 15990 1885 6265 1895 23500 1903 5870 1917 18010 3105 26600 3105 12223 3110 39623 3105 10259 3120 27965 894 4489 894 1194 894 12521 898 4258 898 11398 MANDORLO AGRUMI 65 56 70 50 40 3 89 3 55 3 80 3 78 3 73 386 13222 388 8228 316 3566 316 2349 316 1630 8 2250 4 2210 13 2205 3.5 75 2 100 9 705 11 908 GRAN.5 685 8 865 6 540 1.TAB.li ha q. SARD.li ha q. 7 .5 38 6 146 4.5 2925 37 4067 35 4025 33 3893 20.li ha q.5 298 104 6693 104 7110 104 8298 87 6022 84 6239 163.5 215 6.5 893 6. : 8 3 fam.S. 10A .: 10 3 fam. FRANCESCO .: 1 M F Totale 1A 12 31 43 2A 14 39 53 3A 22 66 88 TOT. anche singoli individui venuti a novenare da soli).POPOLAZIONE ADULTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) 1A 3A 67 207 274 2A 12 22 34 3A 3 29 32 TOT.7 (da 1 a 7) 1 fam. 15 72 87 1A M F Totale 46 143 189 2A 69 156 225 TOT.: 2 GONARE 30 5.: 1 S.POPOLAZIONE ADULTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) TAB.8 (da 2 a 16) 1 fam.S. 29 79 108 M F Totale 1A 21 49 70 2A 20 45 65 3A 20 46 66 TOT.NOVENARI .RIMEDIO .4 (da 2 a 11) 1 fam.POPOLAZIONE ADULTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) POPOLAZIONE adulti minori 18 a.: 33 2 fam.: 1 S.: 18 2 fam.: 29 2 fam. 61 140 201 . 10F . 10B . TAB.POPOLAZIONE ADULTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) 1A M F Totale 7 23 30 2A 12 24 36 3A 10 32 42 TOT.NOVENARI .NOVENARI . 182 506 688 M F Totale 0 21 21 TAB.ANNUNZIATA .: 76 2 fam.1 (da 1 a 11) 1 fam. 9 . 10C .TAB. famiglie per stanza 39 2. al limite. 48 136 184 TAB.: 10 2 fam.4 (da 2 a 15) 1 fam.: 15 4 fam. FRANCESCO 51 5. quindi. COSIMO 98 80 178 48 S. FRANCESCO 194 106 300 107 GONARE 87 67 154 45 RIMEDIO 201 179 380 71 1A M F Totale 6 20 26 2A 10 24 34 3A 9 29 38 TOT. Totale famiglie ANNUNZIATA 108 37 145 71 S.: 6 3 fam.POPOLAZIONE ADULTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) TAB.INDICE DI AFFOLLAMENTO DELLE STANZE ANNUNZIATA nr. 10E .: 1 RIMEDIO 85 4. 25 73 98 (Per «famiglie» si intendono nuclei familiari autonomi. stanze % persone per stanza nr.POPOLAZIONE SECONDO INDIVIDUI E FAMIGLIE TAB.POPOLAZIONE ADULTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) TAB.GONARE . 10D . COSIMO 40 4.: 1 4 fam. COSIMO .: 24 3 fam.: 9 3 fam. 8 . POPOLAZIONE ADULTA .GRUPPO DI CONFRONTO (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) 1A M F Totale 22 40 62 2A 23 43 66 3A 30 50 80 TOT. Onifai 10.PROVENIENZA ANNUNZIATA: Alà dei Sardi 1. mezzadro) pastore (in proprio. Sassari 2. ma il campione considerato appare già sufficientemente rappresentativo). Cagliari 5. bottegaio. Olbia 1. FSCO GONARE RIMEDIO M 10 17 10 10 3 7 4 0 0 61 F 24 33 20 28 8 6 8 5 TOT. Nuoro 6. Fonni 7. (Per le donne che non abbiano occupazione propria – sono la quasi totalità – si fa riferimento all’occupazione del capofamiglia). Bottida 1. Totale ZIATA ANNUNPAESE stesso diverso ZIATA CON SENZA ACCORDO S. pescatore. Osini 1. Nuoro 9. insegnante. pensionato bracciante. 14B . piccolo commerciante contadino (in proprio. Totale 48 44 33 20 19 10 14 11 9 208 PAESI (GRUPPO DI CONFRONTO) 46 46 27 33 34 14 20 18 2 240 TAB. Orosei 6. Dorgali 10. Sassari 1. 13A . Latina 1. Perdasdefogu 2. Irgoli 2. muratore artigiano. insegnante n. Borore 1. COSIMO: Fonni 16. Civitavecchia 1.POPOLAZIONE ADULTA . Lodè 9. FRANCESCO CON SENZA ACCORDO GONARE CON SENZA ACCORDO RIMEDIO CON SENZA ACCORDO RANCES. 3. Orani 10. Tonara 3.NOVENARI . Sarule 18. FRANCESCO: Bitti 8. militare n.PAESI .NOVENARI . servo) autista (in proprio.NOVENARI (CAMPIONE) E PAESI (GRUPPO DI CONFRONTO) OCCUPAZIONI RIMEDIO: NOVENARI (CAMPIONE) disoccupato. Oliena 49. Galtellì 8 0 41 140 182 506 GONARE: Bitti 2. 13B .CAMPIONE (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) TAB. Olzai 4. Orune 15. 12 . Gavoi 4. Nuoro 76. Lodine 3. Orosei 147.TAB. Orgosolo 9. Orgosolo 11. S. Bitti 91. TAB.FAMIGLIE COABITANTI . Mamoiada 6. muratore. Galtellì 3. bottegaio contadino pastore autista artigiano meccanico impiegato. domestica artigiano. Olzai 2. Oliena 1. Gorizia 1. Sassari 1. pensionato. Nuoro 1.NOVENARI . studente bracciante. Mamoiada 3. 14A . Nuoro 1. Gavoi 3. Irgoli 7. Ploaghe 3. 11 . 75 133 208 M F Totale 1A 40 40 80 2A 40 40 80 3A 40 40 80 TOT. Savona 1. Bolotana 2. TAB. Gavoi 8. r. S. 120 120 240 . Non abbiamo quindi interrogato sull’argomento tutti i novenanti.OCCUPAZIONI ANNUNOCCUPAZIONI disoccupato. Ollolai 6. Orgosolo 17. Villanova Strisaili 1. Roma 2. Mamoiada 5. COSIMO CON SENZA ACCORDO S.NOVENARI . Oliena 11. salariato) artigiano meccanico impiegato. Bitti 3. r. Oliena 3.SECONDO PAESE DI PROVENIENZA E ACCORDO TAB. COSIMO S. M F 32 128 37 29 26 18 13 16 11 90 67 69 48 17 27 19 M 4 5 8 6 2 0 0 4 0 29 F 20 12 15 12 10 3 1 3 3 79 M 7 5 2 3 3 0 4 2 0 26 F 19 15 4 9 8 1 3 0 13 72 M 10 6 8 6 7 6 6 2 0 51 F 52 17 18 14 13 7 9 4 9 143 M 1 4 1 1 3 0 2 3 0 15 F 13 13 10 6 9 0 6 7 8 72 6 4 0 0 6 0 1 0 27 5 5 4 9 1 1 2 6 4 0 0 (Abbiamo posto la domanda: «Avete deciso assieme la partenza?» ai singoli gruppi familiari residenti in stanze in cui abitassero più famiglie. F2 CAPACITÀ GRADIM.0 100 90.5 12 30.4 132 63. 17 . F1/F3 χ2 = 32.0 9 100 43 75.VISSUTI FUORI DEL PAESE PER ALMENO 3 MESI CONSECUTIVI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 M2 M3 20.5 40 100 0 0 1 0.2 42. F1/F3 χ2 = 26. M1/M3 χ2 = 30. M1/M3 χ2 = 23.62. F2 χ2 = 7.0% 43.1 6 sì 12 54. M2/M3 χ2 = 8. M2/F2 χ2 = 10.MOTIVAZIONI DELLA RESIDENZA FUORI PAESE (NOVENARI E PAESI) NR.GRADIMENTO E CAPACITÀ (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 GRADIM.3 100 5.5 0 0 6 15.0 100 Gradimento .TAB.5 28 70. no sì Totale n.1 108 45. TOTALE 119 89 208 141 99 240 57.0 34. 18 .5 21 48. F1/F3 χ2 = 42.M1/F1 χ2 = 11.0 % 13.17.90.72.5 100 2. F1/F3 χ2 = 41. M1/M2 χ2 = 3.9 4 10.5 100 1 2.0 10 100 40 (Sul totale del gruppo di novenario e di paese.7 5 2.66.F3 χ2 = 7. .0 16 40. F3 CAPACITÀ TOTALI GRADIM.0 29 72.56. TAB.39.M1/F1 χ2 = 5.66. F1/F2 χ2 = 8.5 25.9 17 100 50 80.5 28 70. CAPACITÀ GRADIM. M2/F2 χ2 = 17. 15 .1 36 90.0 40 100 0 0 35 70. Radio TV 3.BALLO MODERNO .0 10 sì 25 62.9 24 Totale 22 100 23 100 30 no 15 37.5 55.7 41.0 25.5 17 73.0 161 67.0 15 30.8 33 82.86.0 10.5 100 0 17 13 30 1 17 22 40 0 56.6 100 2.0 100 TAB.0 40 100 40 100 40 100 0 0 33 76.5 100 0 2 20 22 2 10 28 40 0 9.66¯.5 30 75.41.5% degli interessati non ha risieduto fuori del paese per più di 3 mesi).0 91.1 75 36. M2/M3 χ2 = 6. CAPACITÀ NOVENARI n.1 33 13. F1/F2 χ2 = 19.4 100 NOVENARI no 10 45.8 100 58. F2/F3 χ2 = 18.5 37.0 4 100 40 F3 66.POSSESSO E UTILIZZAZIONE AUDIOVISIVI MAI ASCOLTATA O VISTA NON POSSEDUTA NON POSSEDUTA MA UTILIZZATA PRESSO TERZI Novenari .5 47 94. F2 χ2 = 7.7 10 23. M3 CAPACITÀ GRADIM.39.58.0 100 5.5 17.0 75 31.12¯.0 50 100 208 100 208 100 0 0 4 1. M2 CAPACITÀ GRADIM.5 22 55. Paesi: M1 χ2 = 3. F1 CAPACITÀ GRADIM.0 70. M3/F3 χ2 = 15.2 % 0.09. ASS.16. no sì Totale 0 1 21 22 1 4 35 40 0 4.0 72.5 100 0 13 10 23 1 15 24 40 0 56.5 3 6.3 100 2. M3 χ2 = 6.32. Novenari/paesi .0 123 59.5 10.27. M3 χ2 = 12.0 32 25.0 34 25.43.30.5 1 2.0 30 75.5 42.8 7.36.52. M2/M3 χ2 = 3. TAB.Novenari: M2/F2 χ2 = 6.5 6 26.38. Paesi .15.45.0 9 22. F1/F2 χ2 = 9.17.0 100 0 4 19 23 1 10 29 40 0 17.2 6.0 50 100 1 2.0 100 0 26 4 30 2 31 7 40 0 86.38. Gradimento/capacità .65.3 100 % 37.5 60.MOBILITÀ . M3/F3 χ2 = 34.73. r.0 84 40.88.0 10 100 40 F1 F2 79.0 40 100 240 100 240 100 PAESI 2.76.0 11 27.5 43.0 87. F2/F3 χ2 = 4.24.44.58.5 95. M1/M3 χ2 = 15. F3 χ2 = 9.0 11 27.4 82.0 77.Novenari: M2 χ2 = 7. F1/F2 χ2 = 8.7 43.1% (I % sono computati sul totale degli intervistati).0 30 Totale 40 100 40 100 40 75.29.22.2 40 100 40 100 43 100 0 0 0 0 0 0 2 5. M1/M3 χ2 = 11. Paesi: M3/F3 χ2 = 8.10.0 36 20.2 36. F1 χ2 = 7. F2/F3 χ2 = 5.5 % 6.4% 54. 16 .78. M1/M3 χ2 = 3.0 8 100 40 servizio militare lavoro lavoro + servizio militare famiglia studio Totale 70 68 12 24 14 188 PAESI 25.5 18 45.4 12. Capacità .0 30 80. Paesi: M2/M3 χ2 = 15.0 38 95.0 22 51.5 1 0. r.23.3 43 100 0 0 24 60.Novenari: M1/M2 χ2 = 11.02. F1/F3 χ2 = 3. il 58.2 127 52.7 13. 0 39 90.0 100 0 4 19 23 0 7 33 40 0 17. Paesi: M2 χ2 = 4.24¯.82.0 43 100 6 24 10 40 15. M1/M2 χ2 = 12.0 100 F1 F2 15 34.17.0 100 F3 24 20 6 50 Gradimento/capacità .0 100 40 100 5 20 15 40 12.56.7 63. M3 CAPACITÀ GRADIM.4 74 35.3 62 25.8 28.67. 20 .5 22.0 53 25. non visto visto Totale n.0 20 50. = 1 . M3 χ2 = 6. M3 χ2 = 15.0 15.0 20 8.0 174 83.5 75.0 17 42. F2 χ2 = 8.Gradimento . F2/F3 χ2 = 4. M2/M3 χ2 = 14. M2/F2 χ2 = 5.02.25.25.9 25 58.0 16 40.7 3 13.0 1 2.BALLO SARDO .7 26 65. CAPACITÀ NOVENARI n. r.11.5 25 62. F1/F2 χ2 = 7.0 100 1 2.5 40 100 40 100 40 100 0 0 16 37.87.8 28 70.71.0 83 34.0 90.6 86. F3 χ2 = 31.4 100 0 7.3 60.4 50 100 208 100 208 100 0 0 0 0 3 1.3 31 77 24 60.TAB.7 14 60. sezione partito Totale 84 55 30 23 192 (I 192 individui intervistati sono il 43. 21 .5 0 0 0 0 8 20.62. M1/M3 χ2 = 25.0 37.0 4 9. Novenari: M1/F1 χ2 = 10.0 75. 19 .12.0 220 91. CAPACITÀ GRADIM.02.0 100 0 10.1 3 7. F2 χ2 = 3.5 10.3 72.0 0 0 21 42.0 100 0 3 20 23 0 4 36 40 0 13.0 87.4 100 0 5. M3 χ2 = 26.Novenari: M2 χ2 = 7.9 19 86.4 22 100 23 100 4 6 30 40 10. M2/F2 χ2 = 3. l.0 40 80. Paesi: M2 χ2 = 4. Ballo sardo/ballo moderno .4 82. r.0 50 100 0 0 5 12.38.0 100 0 11 19 30 1 9 30 40 0 36.7 100 22.5 14 35.5 0 0 5 12. M3 χ2 = 17.GRADIMENTO E CAPACITÀ (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 GRADIM. F3 χ2 = 25.5 100 48. M1/M3 χ2 = 35.6 29 58.5 100 0 6 16 22 1 9 30 40 0 27.SCELTA DELL’OSPITANTE CON TELEVISORE NR. PAESI 3 7.6 40 100 240 100 % 43.6 12. TOTALE NOVENARI 0 0 2 8.5 29 72. 17).0 95.0 100 (g. F1 χ2 = 6.Novenari: M3 χ2 = 11.5 40 100 0 0 2 1.14.2 27 62.5 67. F2 χ2 = 9.64. F2 CAPACITÀ GRADIM.3 100 2.60.5 82.37¯. F2 χ2 = 13.5 92. non visto visto Totale M2 M3 7 18 5 30 9 27 4 40 23.0 25.88.5 50.5 39 97.50. no sì Totale n. no sì Totale 0 3 19 22 0 3 37 40 0 13.0 32 15.1 12. parenti vicini amici bar.0 117 48.5 40 100 12 30.5 40 100 0 0 10 20.2 12 30.6 134 64. Novenari/paesi: M2 χ2 = 3.Modalità eliminata: 1a).0 16.3 7 30.0 14 35.0 40 16. M1/M2 χ2 = 5. . ASS. F3 χ2 = 3.30. F1/F3 χ2 = 15.27.5 35 87.3 13.4 100 208 100 TAB.7 175 73.00. F3 CAPACITÀ TOTALI GRADIM.58.7 100 2. F3 χ2 = 30.7 40 100 40 100 43 100 0 0 1 2.5 20 50.0 40 100 240 100 240 100 TAB.96.3 83.5 40.5 75.78¯.86. F1/F3 χ2 = 18. F2 χ2 = 16. r.1% dell’intero gruppo.80.67. di cui alla tab. F2 χ2 = 11. Paesi: M1/F1 χ2 = 11. Capacità .0 55 26.6 100 PAESI 0 17.68. F3 χ2 = 34.94.6 15.0 60.14. M2 CAPACITÀ GRADIM.INFORMAZIONE FILM NEI TRE MESI PRECEDENTI L’INTERVISTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n.5 35 87.7 2 5.8 43 100 0 0 11 27.0 100 48.07. F1 CAPACITÀ GRADIM.0 6 15. r.07.5 100 1 4 25 30 0 2 38 40 3.Novenari: M1 χ2 = 4.5 22. 0 5.1 9.0 1 messa 0 0 1 2.1 6.5 100 NOVENARI nessuna musical film. 22 .0 0 7.3 0 3.0 5.9 100 39. F2 χ2 = 9.3 3.6 4.5 5 giornale radio 4 10.0 3.1 0 2. commedie telegiornale sport rubriche messa varie Totale 8 6 2 0 4 2 0 0 22 10 5 11 3 8 3 0 0 40 36.3 23.0 17.3 0 2. F1/F3 χ2 = 7.5 10.6 7.1 8.5 0 100 17 15 2 5 1 0 0 40 18 18 2 1 0 0 1 40 F1 42.46.5 10.Modalità aggregate: 3a+4a.1 9.3 0 6.7 0 8.5 20. teleromanzi.7 17.5 0 0 100 45.0 12.3 20.4 11.5 5.5 2. F2/F3 χ2 = 11.05.1 3.0 7.0 12.5 0 0 100 15 7 6 3 3 4 1 1 40 (g.1 0 0 100 9 2 4 1 5 2 0 0 23 PAESI 25.60.4 21. Novenari/paesi: F2 χ2 = 8.0 10. 5a+6a+7a).0 4 gazzettino sardo 2 5.0 37.8 3.9 11.0 45. = 3 . M1/M2 χ2 = 12.50.7 100 15 1 7 6 1 0 0 30 50. Novenari/paesi: M2 χ2 = 7.0 5.3 100 42.0 5.INFORMAZIONE RADIOFONICA NELLA SETTIMANA PRECEDENTE L’INTERVISTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 nessuna canzoni gazzettino sardo giornale radio sport messa varie Totale 5 11 2 2 2 0 0 22 22.4 4.5 0 100 39 2 2 2 0 0 3 2 50 23 2 4 4 0 1 4 2 40 F3 78.5 10.5 15.5 25.8 14.3 0 0 100 40. teleromanzi.0 3.0 10.0 9.0 0 0 6.85.0 4.57. 23 .5 100 104 37 30 24 6 4 3 208 98 70 28 26 8 8 2 240 TOTALE 50.0 100 21 10 4 2 0 3 0 0 40 13 7 11 3 1 4 0 1 40 F1 52. TAB.5 7.5 15.5 2.0 4.8 29.0 4.3 30.5 0 0 100 32.INFORMAZIONE TELEVISIVA NELLA SETTIMANA PRECEDENTE L’INTERVISTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 M2 M3 39.5 11 sport 5 12.9 2.0 2.0 6.5 2.9 100 40.0 12.7 0 0 100 37.0 12.3 0.05.0 12 30.9 1.3 2.7 10.5 2 5.5 27.7 11.9 1.5 7.0 9. F1/F3 χ2 = 12.3 27. = 3 .8 4.8 13.Modalità aggregate: 3a+4a.1 9. Paesi: M1/M3 χ2 = 9.TAB.0 10. l.5 7.0 0 2.0 7. F1/F3 χ2 = 13.0 10.5 12.81.0 3 7.5 7.5 100 20 3 3 1 1 0 1 1 30 17 4 6 5 5 1 0 2 40 66.0 10.5 0 0 5.8 3.4 8.5 2. Novenari: M2/F2 χ2 = 7.5 27.5 17.3 3.5 0 5.5 0 0 0 100 31 3 7 6 0 3 0 50 18 5 10 2 0 4 1 40 F3 62.0 2.0 27.1 4. l.5 0 0 2.1 0 18.0 5 12.5 16 canzoni 16 40.5 25.5 7.6 9.3 3.0 0 2.9 100 NOVENARI PAESI nessuna 13 32.1 12.2 9.5 37.94.3 100 40.67.7 8.19¯.0 4.2 11.65.1 0 0 100 9 1 7 2 2 0 2 23 M2 M3 39. 5a+6a+7a+8a) Novenari: F1/F3 χ2 = 10.0 100 57.5 2.7 50.96.5 100 28 2 5 4 0 1 0 3 43 16 10 11 0 0 2 1 0 40 F2 65.0 7.0 100 125 25 20 10 10 8 4 6 208 94 35 49 18 17 15 6 6 240 TOTALE 60.5 2.5 100 27 6 5 3 0 1 1 43 16 15 6 3 0 0 0 40 F2 62.0 12. commedie telegiornale sport rubriche messa varie Totale nessuna musical film.9 1.5 10.0 2.7 8.6 20.5 2.1 4.5 27.5 5.2 14. Paesi: F2/F3 χ2 = 8.0 0 10. M1/M3 χ2 = 15.2 2.0 12.5 100 40.5 3 varie 0 0 0 0 0 Totale 40 100 40 100 40 (g.4 7.0 25. .5 17.0 15.0 2.5 17 42.7 10.0 14.0 0 6 0 100 45. 4 elem.9 20. M1/F1 χ2 = 3.5 0 2.0 20.4 10.1 100 NOVENARI PAESI 18 13 2 4 0 2 1 0 40 (g.8 46.6 0 0 0 100 52.0 100 15 13 32 2 2 0 2 1 2 69 M2 M3 21.77.1 4.0 10.0 3.0 57.0 0 2.4 1.8 34. 2 liceo o magistrali maturità.5 5.4 2.0 100 138 22 14 10 10 8 3 3 208 114 53 18 28 8 10 4 5 240 TOTALE 66. 3.5 0 7. M1/M3 χ2 = 19. 1.25.22. TAB.5 15. 3 med. F1 χ2 = 6. F1/F3 χ2 = 8.8 2.0 0 0 100 67.0 0 0 100 32 3 4 2 2 0 0 0 43 21 7 6 2 4 0 0 0 40 F2 74. 2 elem.5 0 2.5 25. 5.7 21. M1/F1 χ2 = 9.5 1.3 1. M2/F2 χ2 = 11.4 16.0 8.5 12.1 31.7 100 45.26.01.5 0 100 50 49 52 3 2 0 0 0 0 156 5 10 22 0 2 0 1 0 40 F2 32. 1.4 0. F2/F3 χ2 = 31. F2/F3 χ2 = 8.37¯. F3 χ2 = 6.5 7.9 0.LIVELLI DI ISTRUZIONE (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 0.5 5.2 4.3 4.63.6 4.8 3.5 17.3 100 2. 2 liceo o magistrali maturità.8 4.9 1.5 0 100 32.1 0 0 0.0 100 37.0 5.3 100 40.9 19.14.3 0.5 22. F1/F3 χ2 = 7.0 0 1.9 1. M1/M3 χ2 = 29.53.26.7 4.3 100 NOVENARI PAESI 6 8 23 2 0 1 0 0 40 (g. = 3 . 4 elem.5 0 100 19 5 1 0 0 3 1 1 30 16 13 0 6 1 1 0 3 40 63.9 12.5 100 29 2 4 2 1 2 0 0 40 19 5 5 8 1 2 0 0 40 F1 72.46.0 9.75.5 32. 1.0 20. 5a+6a+7a) Novenari: M1/M2 χ2 = 4.3 22. F1 10 28 87 10 5 2 1 0 0 143 4 4 23 2 3 3 1 0 40 6.4 7.3 4.4 2.8 27.9 0 0 100 10.07.9 1.0 2.0 0 2.1 1.3 23.0 5.50.42.5 5.9 3.Modalità aggregate: 3a+4a.5 52. 1.5 5.9 0 2.4 0. = 3 .0 2.0 2.2 2. M2/M3 χ2 = 16.5 0 100 117 60 25 0 0 1 2 0 2 207 15 13 11 0 0 0 0 1 40 F3 56.0 6. F1/F3 χ2 = 12.0 10.5 0 100 10 3 2 5 0 0 1 2 23 M2 M3 43.TAB. Novenari-paesi: M1 χ2 = 5.7 3.5 7.9 1.0 0 2.5 5.66. 3a+4a.5 2. diploma università Totale 4 5 27 4 0 1 1 2 2 46 1 3 21 3 7 2 1 2 40 8.0 10.5 5.7 8.5 7.0 0 0 100 47. 6 elem.7 10.0 32.5 7.6 6.0 5. 2 med.0 2.0 2.9 1.5 28. 6 elem.7 0 0 4.7 100 17. M2/M3 χ2 = 7. r.0 32.5 11.7 4.4 4.59¯.7 0 2.1 9.7 3. l. 3.5 0 0 100 35 15 16 1 0 0 0 0 0 67 12 11 15 0 1 0 1 0 40 52. 24 . Totale 0. 25 .9 5.9 100 15.1 7.5 5.0 2.9 2. F2/F3 χ2 = 8.5 2.6 24.0 0 5.0 57.5 12.5 9.58.5 12. F2 χ2 = 9.5 0 0 0 0 2.5 17.5 27.3 0 0 0 0 100 12.21.5 0 15.5 25. 1.5 5. diploma università n.3 3.7 1.4 2.5 5. F1/F2 χ2 = 35.6 60.Modalità aggregate: 2a+3a.5 20.5 100 231 170 239 20 9 4 6 3 5 687 43 49 115 7 13 6 4 3 240 TOTALE 33.78. 3 med.3 13. Paesi: M1/M2 χ2 = 12.5 0 0 0 0 0 100 30.0 0 0 0 100 41 3 0 0 5 1 0 0 50 27 5 3 0 1 2 0 2 40 F3 82.5 0 100 Paesi: M3/F3 χ2 = 7. 5a+6a+7a+8a) Novenari: M1/F1 χ2 = 12.5 1.5 1. M2/M3 χ2 = 2.0 0 0 10.90. .3 0 0 10.0 27.0 7. 2 elem.7 2.INFORMAZIONE QUOTIDIANI NELLA SETTIMANA PRECEDENTE L’INTERVISTA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 nessuna banditismo cronaca politica e attualità settimanali quotidiani sport problemi di categoria Totale nessuna banditismo cronaca politica o attualità settimanali quotidiani sport problemi di categoria Totale 7 6 3 1 2 2 1 0 22 13 10 2 8 1 3 3 0 40 31.4 8.8 6. 1.0 0 5.71.5 37. l.0 10.8 18.5 0 2.9 2.M3/F3 χ2 = 5.4 47.85.0 55. M3 χ2 = 5.25.20.5 13.5 7.4 100 47.9 58.0 2.5 7.4 33.6 0. 5. F1/ F3 χ2= 10. 2 med.37. 3 4. M1/M3 χ2 = 7.0 100 RIMEDIO 27 7 19 4 57 47.5 40.2 100 7.5 47.0 5.4 25.4 22. 3a+4a+5a. M1/M2 χ2 = 7. Novenari: M3/F3 χ2 = 12.4 20. ASS.NOVENA .4 100 { propria oggetto di promessa di defunto 133 21 12 60 5 57 37 325 59 59 6 6 4 5 2 141 TAB.7 17.0 62.5 2.5 100 2 4 4 1 12 23 0 4 6 3 2 25 40 M2 M3 8.5 1.GRADIMENTO NR. promessa devozione attività tradizionali accompagnamento villeggiatura Totale ASSOLUTO % 40. .5 100 5 3 9 1 26 44 3 4 6 2 9 16 40 F2 11.3 100 NOVENARI PAESI 0 10 15 7.0 72. salute propria salute di parenti lavoro proprio lavoro.Modalità aggregate: 1a+2a.6 1. = 2 .9 19.5 5.3 8.7 100 16 13 5 7 41 39.NOVENA .5 2. 3a+4a+5a.5 32.5 33.7 9.5 2.0 15.NOVENA .1 100 GONARE 12 7 5 2 26 46.8 15.3 59.5 1.8 3. l.15.5 52. = 1 . 27 .2 37.5 12.0 5.5 10.8 12.9 100 TAB.8 41.0 22.4 100 N. l.0 15. assenze di parenti furto.7 18.48.0 17.Modalità aggregate: 1a+2a. 27 dà le motivazioni della promessa di chi. figli sogno Totale ASSOLUTO % 41.6 18.7 33.0 100 5. S.0 5.0 100 2 5 4 3 36 50 1 1 5 1 19 13 40 F3 4 10 8 6 72 100 2. COSIMO 9 1 3 12 25 36 4 12 48 100 TOTALE 112 33 37 26 208 53. 30 . F1/F3 χ2 = 10. è divertimento è sacrificio è divertimento e sacrificio ci si annoia Totale 92 78 28 10 208 % 44.2 26.2 100 2 10 6 2 10 30 4 2 3 3 7 21 40 6. F1/F3 χ2 = 7.9 7.8 4.67¯. eredità.7 4.4 4.TAB.4 100 10.0 6.4 4.5 5.MOTIVAZIONI TAB. comprensive del gruppo di novena e di quella parte del gruppo di paese che avesse fatto in passato almeno una novena.7 100 S.1 13.5 7.8 50.7 17.4 8. 28 . Confronto novenari-paesi: g.5 100 Novenari: g. Paesi: M3/F3 χ2 = 7. FRANCESCO ANNUNZIATA promessa devozione accompagnare villeggiatura Totale 48 5 5 1 59 81.3 17.3 52.MOTIVAZIONI (SECONDO NOVENARI) (La tab.7 33.7 51.8 20.98. Paesi: g. l.0 100 5.5 8.NOVENARI E PAESI) N.4 4. appartenente al gruppo di novena e di paese.4 6.7 12.0 47. non considerata: 6a.5 17.5 0 15. = 3 .0 100 7. La tab.9 17.3 11.5 17.5 3.MOTIVAZIONI (141 CASI .3 2.69¯. 26 .9 0 41. 26 dà le motivazioni della novena. pensione nozze.5 11. 29 .2 7.4 17.PROMESSA .5 13.5 7.5 2.5 100 6 10 7 0 16 39 2 6 7 0 6 19 40 F1 15.9 6.6 18.0 17.0 31.MOTIVAZIONI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 villeggiatura accompagnare devozione oggetto di promessa promessa Totale villeggiatura accompagnare devozione oggetto di promessa promessa nessuna novena Totale 8 5 2 3 4 22 3 3 1 2 2 29 40 36.8 15.NOVENA .5 12.19.5 100 TAB.Modalità aggregate: 3a+4a. abbia fatto una novena per promessa).5 100 25 37 32 10 104 208 13 20 28 11 45 123 240 TOTALE 12.0 7. 0 100 1 14 25 40 2.TAB.1 2.7 100 1 22 17 40 2. r.0 70. no sì Totale 1 5 16 22 4.Modalità eliminata: 1a). Novenari: M1/F1 χ2 = 5.1 0 100 OROSEI 22 20 4 1 1 48 45.MATRIMONI .5 50.8 100 1 9 13 23 4.1 2. = 2 .5 100 1 20 19 40 2.86.4 53.1 100 MAMOIADA 19 18 9 1 1 48 39. 32 .20¯.5 22.6 100 0 13 17 30 0 43.2 18.5 100 1 19 20 40 2.2 100 NOVENARI n.0 100 5 111 92 208 2.5 18.8 41. Nuoro/Orosei χ2 = 12.0 42.5 75.7 100 (g.3 2. Nuoro/Bitti χ2 = 8.5 100 0 17 23 40 0 42.5 60.1 100 TOTALE 109 72 49 6 4 240 45.7 6.1 100 20 15 9 3 1 48 OLIENA 41.5 35.5 50. M2/F2 χ2 = 3.88.8 34.1 100 30 10 7 1 0 48 BITTI 62.5 100 1 27 15 43 2.5 100 5 103 132 240 2.5 47. l. .0 37.Modalità aggregate: 3a+4a+5a).0 100 (g.37¯.1 42.5 1.3 39.7 72. «Se sì.93. 31 .1 8. Bitti/Mamoiada χ2 = 6. r.3 62.6 2.0 20. (Le domande erano: «In questi ultimi tre mesi c’è stato qualche matrimonio in paese?». TAB. è stato a qualche festa di nozze?».5 55.7 2.3 2.5 57.4 44.7 41.7 31.7 0 2.5 20.5 18.5 22.8 14. Le risposte «no» della tabella comprendono entrambe le possibilità di negazione).1 56. Paesi: M1/F1 χ2 = 3.AMBITO DI RELAZIONI (SECONDO PAESI) NUORO nessun matrimonio di parente di amico di vicino di compaesano Totale 18 9 20 0 1 48 37.9 100 1 35 14 50 PAESI n.0 62. l.6 37. Nuoro/Mamoiada χ2 = 6.FREQUENZA AI MATRIMONI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 M2 M3 F1 F2 F3 TOTALE 2.15.4 2.0 100 1 24 15 40 2. = 1 .0 47.9.9 55.4 30. no sì Totale 1 9 30 40 2.0 28.3 56. 0 90.1 86.3 11.5 22.5 22. Oliena/Bitti χ2 = 20.5 100 0 4 36 40 0 8. l. Novenari: M1/M3 χ2 = 4.6 37. Orosei/Bitti χ2 = 8.FREQUENZA AI FUNERALI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 M2 M3 F1 F2 F3 TOTALE 2.14. Nuoro/Mamoiada χ2 = 15.25 43.3 68. ha partecipato al funerale o alla visita di lutto?».5 85.0 100 0 3 37 40 0 7.3 27.7 86.2 28.7 18.3 100 OROSEI 4 7 15 10 12 48 8.83. no sì Totale 1 6 15 22 4.48. Nuoro/Bitti χ2 = 14.3 100 0 2 28 30 0 6.25 31.5 92.2 26.FUNERALI .57.7 100 (g.3 100 1 9 30 40 2.5 75.9 18.5 12. (Le domande erano: «In questi ultimi tre mesi c’è stato qualche funerale?». 34 . Nuoro/Orosei χ2 = 9.1 14. r.1 100 11 10 9 13 5 48 BITTI 22. Oliena/Orosei χ2 = 10.5 85.5 100 TOTALE 28 44 65 39 64 240 11.TAB. Le risposte «no» della tabella comprendono entrambe le possibilità di negazione).6 31.5 14.0 100 MAMOIADA 4 6 13 7 18 48 8.82.0 100 0 3 37 40 0 7.75 10.Modalità eliminata: 1a).0 90.0 100 1 4 45 50 PAESI n.0 100 1 5 34 40 2. TAB.5 75.6 8.5 12.30 100 6 6 7 4 25 48 OLIENA 12.7 93. no sì Totale 1 5 34 40 2.72.9 28.1 10.40 8. Oliena/Mamoiada χ2 = 4. Bitti/Mamoiada χ2 = 14.04.7 78.2 100 NOVENARI n.0 100 1 5 37 43 2.5 12. F1/F3 χ2 = 3. «Se sì.8 25.2 12.0 100 4 31 173 208 1.5 27.2 100 0 5 18 23 0 21. .4 52.4 14.9 83.1 16.9 14.16.5 92.7 100 Nuoro/Oliena χ2 = 27.AMBITO DI RELAZIONI (SECONDO PAESI) NUORO nessun funerale di parente di amico di vicino di compaesano Totale 3 15 21 5 4 48 6.12. 33 . r.52.5 27.0 100 3 29 208 240 1.0 8.17.8 27. = 1 .4 12.5 100 1 9 30 40 2. 3 100 2.5 36.5 50.3 25.0 100 1.3 16.3 0 72.5 16. Paesi: M3/F3 χ2 = 6. male indifferente bene Totale 2 11 3 6 22 1 20 9 10 40 9.5 100 0 7 5 11 23 0 10 8 22 40 M2 M3 1 7 5 17 30 1 10 10 19 40 3.0 35.62¯.0 22. 36 .7 34.0 30.0 100 PAESI (g.5 100 2.1 100 0 4 6 20 30 1 13 12 14 40 PAESI 2. 35 .5 100 0 9 3 31 43 0 10 12 18 40 F2 0 21.5 20.Modalità eliminata: 1a). male indifferente bene Totale n.LAMENTO FUNEBRE .5 21. l. Novenari: M1/M3 χ2 = 10.5 25.26.6 15.7 20.0 55.ESISTENZA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n. F2 χ2 = 8.9 16.21.3 58.3 53. Novenari/paesi: M3 χ2 = 6.68.0 100 5 5 7 33 50 1 8 4 27 40 F3 10.3 23.7 100 2.6 27.6 100 NOVENARI 0 39.1 100 5. = 2 .0 100 TOTALE 1 45 33 129 208 4 54 61 121 240 0.TAB.0 7. F2 χ2 = 6.0 100 2 9 7 25 43 2 14 12 12 40 F2 4.5 100 0 6 11 23 40 1 6 14 19 40 F1 0 15.40.0 100 0 25.0 100 2.0 47.LAMENTO FUNEBRE .5 25. r.0 100 0 9 5 9 23 1 16 15 8 40 M2 M3 F1 0 13.0 31.5 25.0 47.5 40.7 100 2.2 26.Modalità eliminata: 1a) Novenari: M1/F1 χ2 = 7. TAB.0 30.98.2 16.0 100 0 15 6 19 40 0 16 12 12 40 0 37.0 72.0 35.0 13.7 22.0 25. F1/F3 χ2 = 8.87.5 15.7 47.7 100 (g.9 62.0 22.0 10.0 10. non si fa si fa in certi casi o famiglie si fa sempre Totale n.80.1 21. F1/F2 χ2 = 6.58.5 57.0 45.7 56.0 67.5 100 0 40. r.VALUTAZIONE (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n.7 100 5.8 39. . r.0 20. non si fa si fa in certi casi o famiglie si fa sempre Totale 0 6 0 16 22 2 8 9 21 40 0 27.5 32.0 66.0 14. l.8 100 0 25.1 50.4 50.0 20.0 100 0 25.0 27.67. F1/F3 χ2 = 9.0 20.9 100 2.71.5 25.0 30.0 30.0 35.0 62.0 55.5 21. Novenari/paesi: M1 χ2 = 5.5 100 TOTALE 9 53 34 112 208 6 87 64 83 240 4.0 18. r.5 15.4 100 NOVENARI 0 30. M1/M2 χ2 = 5.0 66.0 30. = 2 .5 52.3 20.0 100 0 10 9 31 50 0 10 8 22 40 F3 0 20.0 47. F1/F3 χ2 = 13.0 100 NOVENARI 9.0 16.0 10.1 52.6 31.5 20.8 39.7 100 0 75.1 63.5 7.5 100 3 16 18 6 43 0 29 9 2 40 F2 7.0 66.5 72.3 23. Nuoro/Mamoiada χ2 = 31.75.2 25.0 40.0 22.Modalità aggregate = 1a+2a).9 21.0 2. i giovani non lo sanno fare pochi giovani lo sanno fare molti giovani lo sanno fare Totale 2 14 5 1 22 1 34 4 1 40 a M2 M3 0 73. 37 .1 6.0 37.81.75. Novenari/paesi: F2 χ2 = 8.0 5.9 13. F1/F2 χ2 = 9.7 4.39.3 28.0 75.1 100 (g.7 100 MAMOIADA 0 4 12 32 48 0 8.TAB. = 2 .3 55. non si fa si fa in certe famiglie o in certi casi si fa sempre Totale 1 22 19 6 48 2.0 100 5.9 100 0 72.0 12. TAB.86.6 83.82.7 4.0 15.0 80.3 25.5 100 0 17 5 1 23 2 32 6 0 40 PAESI 5.2 41.0 66.7 22.72. r.0 100 5 20 17 8 50 2 25 8 5 40 F3 10.3 6.5 100 TOTALE 13 115 60 20 208 7 180 41 12 240 6.0 34. Oliena/Bitti χ2 = 32. i giovani non lo sanno fare pochi giovani lo sanno fare molti giovani lo sanno fare Totale n.5 5.5 20. Nuoro/Orosei χ2 = 33.0 0 100 (g.LAMENTO FUNEBRE E GIOVANI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n.LAMENTO FUNEBRE .20.2 100 1 3 12 32 48 OROSEI 2. 38 .2 19.5 22. M3/F3 χ2 = 7.8 9.6 27. r.0 62.2 31. . Nuoro/Bitti χ2 = 4.6 100 2.0 12. Nuoro/Oliena χ2 = 52. Bitti/Mamoiada χ2 = 13.23.0 17.3 100 0 18 15 15 48 BITTI 0 37.9 75.7 63.1 5.Modalità eliminata: 1 ).5 100 2.5 100 1 0 7 40 48 OLIENA 2. Oliena/Orosei χ2 = 5.1 0 14.39.5 2.5 100 1 29 8 2 40 2 30 5 3 40 F1 2. l.7 100 TOTALE 3 47 65 125 240 1. l.0 100 5.67.5 85.1 45.ESISTENZA (SECONDO PAESI) NUORO n. Novenari: M2/F2 χ2 = 6.59. = 2 .6 12.47.20.4 100 2 19 7 2 30 0 30 9 1 40 6. r. F3 χ2 = 8. Oliena/Mamoiada χ2 = 6. 59.6 100 (g.94. male indifferente bene Totale 2 31 11 4 48 4.TAB.48.4 100 0 39 9 48 BITTI 0 81.3 100 TOTALE 6 87 64 83 240 2.2 30.6 56. TAB.8 27.Modalità eliminata: 1a). l.4 22.6 100 1. r.LAMENTO FUNEBRE .9 20.7 26. Nuoro/Oliena χ2 = 31.0 100 TOTALE 5 165 70 240 2.2 64. l.6 100 OROSEI 4 11 10 23 48 8. Oliena/Orosei χ2 = 4. .7 100 5. = 1 . Nuoro/Bitti χ2 = 3.3 26.9 100 0 69.64.4 100 MAMOIADA 1 35 12 48 2.3 100 1 15 21 37 1 11 8 20 2.7 40.78.3 35.7 6.2 56. r.8 100 PAESI 1.8 66.42.7 16.4 57.0 100 0 18 15 33 0 22 8 30 0 54.5 31. Bitti/Mamoiada χ2 = 32. 39 .7 29. 40 .7 100 4 15 7 26 15.8 59.5 100 0 9 4 13 3 167 70 240 (g.Modalità eliminata: 1a).VALUTAZIONE (SECONDO PAESI) Nuoro/Mamoiada χ2 = 6.5 36.54.LAMENTO FUNEBRE IN FAMIGLIA (SECONDO PAESI) NUORO n.3 56. Bitti/Orosei χ2 = 19. = 2 . Novenari: «promessa» / «accompagnare» χ2 = 10.2 100 (g.5 67.LAMENTO FUNEBRE IN FAMIGLIA (SECONDO NOVENA E SUE MOTIVAZIONI) PROMESSA VILLEGGIATURA Nuoro/Mamoiada χ2 = 34.8 47.6 35. l.4 26.9 25. Oliena/Bitti χ2 = 17. r. nessuno lo sa fare qualcuno lo sa fare Totale 0 45 3 48 0 93.91.6 60.0 55.3 100 0 6 20 22 48 OLIENA 0 12.1 68.36.43¯.15.8 100 0 33 8 7 48 BITTI 0 68.2 18. nessuno lo sa fare qualcuno lo sa fare Totale n.6 29. 41 . ACCOMPAGNARE DEVOZIONE NESSUNA NOVENA FATTA TOTALE 10 124 74 208 4. = 1 .62.7 45.7 31. TAB.03.6 45.8 72.2 100 NOVENARI n.0 40.8 100 OROSEI 4 27 17 48 8. Nuoro/Oliena χ2 = 31.9 100 MAMOIADA 0 6 15 27 48 0 12. Oliena/Mamoiada χ2 = 11.1 72.5 41.69.9 8.2 26. Nuoro/Orosei χ2 = 22. Nuoro/Orosei χ2 = 14.5 100 0 73.7 100 1 89 33 123 0.Modalità eliminata: 1a). Bitti/Orosei χ2 = 4. NUORO n.59.2 69. Oliena/Bitti χ2 = 31.3 100 0 19 29 48 OLIENA 0 39.7 14. nessuno lo sa fare qualcuno lo sa fare Totale 5 76 31 112 1 36 17 54 4.6 22. r.7 34. 5 95.0 100 TOTALE 37 171 208 17. 43 .5 100 0 43.1 40.2 40.2 100 M1/M3 χ2 = 5. «promessa» / «accompagnare» χ2 = 5.8 82. Novenari: «promessa» / «villeggiatura» χ2 = 5. M3/F3 χ2 = 11. r.Modalità eliminata: 1a).5 100 0 38.7 100 0 20.3 26.0 98. M2/F2 χ2 = 10.9 44.5 100 PAESI 0 5 2 6 13 6 87 64 83 240 (g. due in tutto quotidiana Totale ASS.2 18.0 100 0 8 7 18 33 0 13 8 9 30 0 27.5 16.8 38. 42 .3 25.VALUTAZIONE (SECONDO NOVENA E SUE MOTIVAZIONI) PROMESSA VILLEGGIATURA ACCOMPAGNARE DEVOZIONE NESSUNA NOVENA FATTA TOTALE 9 53 34 112 208 4.5 15.9 100 9 14 23 M2 39.43.3 21.LAMENTO FUNEBRE . TAB.4 46.5 19.2 26.0 100 4 50 34 35 123 3.5 36.9 100 8 22 30 M3 26. r. M1/F1 χ2 = 21.54. % 17. . male indifferente bene Totale 7 21 18 66 112 2 14 14 24 54 6.COMUNIONE ALLA NOVENA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 no sì Totale 13 9 22 59.3 52. l.1 58. 44 .8 48. male indifferente bene Totale n.5 100 1 10 5 10 26 3.7 25.7 73.3 100 4 35 39 F1 10.0 30.82.73.9 25.3 53.COMUNIONE ALLA NOVENA NR.1 100 1 14 4 18 37 0 5 6 9 20 2.9 100 2.0 45.17. nessuna una.2 38.TAB.7 34.7 27.8 29.3 89.2 54.6 100 NOVENARI n.6 28.49.8 16.1 60. TAB. = 2 .7 37.7 30.9 100 37 61 110 208 (La domanda era: «Qui alla novena fa la comunione?»).8 10.5 100 1 49 50 F3 2.7 100 2 42 44 F2 4.9 100 3. 9 22.0 55.TAB. F1 0 0 11 21 8 40 0 2 8 26 4 40 0 0 27.5 30.0 65.0 100 2 5 10 27 44 3 9 10 18 40 F2 4.5 50.0 44.0 100 NOVENARI 30.Modalità eliminata: 1a.0 100 22.4 40.98.6 31.0 100 (g.5 52.1 100 2 11 11 6 30 9 18 7 6 40 PAESI 32. F2 χ2 = 8.0 2. fa la comunione?»).0 100 10.5 11.5 20.2 24. r.0 0 100 2 8 7 6 0 23 M2 M3 0 8 8 14 0 30 2 19 12 5 2 40 0 26. = 2 .6 100 5.70.0 40. Novenari: M1/F1 χ2 = 18.0 15.0 35.0 100 Novenari/paesi: M3 χ2 = 4. Paesi: M1/F1 χ2 = 27. (La domanda era: «In paese.7 46.7 34.0 100 1 5 9 35 50 4 3 13 20 40 F3 2.7 13. Paesi: M1/F1 χ2 = 20.5 17. M3/F3 χ2 = 10.5 45.1 0 100 5.8 6. F1/F2 χ2 = 6.71.8 21.5 20.0 12.80.7 20.17.3 25.7 100 20.4 22.5 15.0 15.0 7.0 10. M2/F2 χ2 = 24.7 28.0 47.3 38.0 30.6 43.5 100 1 0 8 18 23 50 1 3 7 24 5 40 F3 2 0 16 36 46 100 0 7.8 30.0 100 TOTALE 23 42 50 93 208 50 64 54 72 240 11.1 27.5 17.5 25.0 100 3 4 10 22 39 3 7 12 18 40 7.5 15.69.9 23.7 9. r.3 100 NOVENARI 8. l.1 20.7 61.6 36.7 56.COMUNIONE (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n.7 22. 3a+4a). 46 . M3/F3 χ2 = 26. 45 .3 58.5 35. M2/F2 χ2 = 16.32. .5 100 PAESI 2 16 13 8 1 40 (g.5 22. Novenari: M1/F1 χ2 = 20.5 37.9 100 0 2.0 100 7 8 5 3 23 13 15 6 6 40 M2 M3 F1 6.7 26.65.74.MESSA DOMENICALE IN PAESE (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 no raramente spesso sempre Totale no raramente spesso sempre Totale 8 9 5 0 22 18 12 6 4 40 36.Modalità aggregate: 1a+2a. M1/M3 χ2 = 5.0 21.0 70. Novenari/paesi: M3 χ2 = 7.8 31. M3/F3 χ2 = 17. assiste alla messa domenicale?»). aggregate: 4a+5a). M3/F3 χ2 = 20.16. = 1 .8 27.7 0 100 45.0 10.5 100 TOTALE 4 25 45 90 44 208 7 57 68 93 15 240 1. l.46.5 32.0 32.4 34.78.7 36. M2/F2 χ2 = 12.11.0 12.3 4. (La domanda era: «In paese.14.5 30.6 10.5 5.0 100 0 5.0 45.2 100 2.9 12.0 20.0 40.3 21.0 17. 1 volta al mese settimanale o quotidiana Totale 1 7 7 6 1 22 2 16 14 8 0 40 4. non più 1 volta l’anno spesso l’anno.0 18. non più 1 volta l’anno spesso l’anno.4 100 7.5 60.0 45. 1 volta al mese settimanale o quotidiana Totale n.0 10.8 26. M2/F2 χ2 = 22. TAB.0 100 0 2 4 25 12 43 0 1 14 22 3 40 F2 0 4.08.4 26.68.0 20.5 30.6 0 100 5.4 100 7.0 7. 9 18.40.5 100 1 20 3 19 43 0 31 2 7 40 F2 2.7 9. r.5 17. La non risposta significa: «Non conosco casi» o «Conosco casi.3 100 47.5 10.5 2.9 100 36.22. Novenari: M1/M2 χ2 = 3.5 100 32.3 53.0 27.0 15.6 9.5 100 7. Novenari/paesi: M3 χ2 = 5.8 18.5 37.0 52.5 7. 47 .4 8.4 100 3 11 5 11 30 2 28 3 7 40 10. 3a+4a).0 7.6 70.6 100 5. .0 5. non ho avuto casi lo hanno detto ma non ho creduto mi è capitato Totale n.0 100 5 62. Novenari: F1/F3 χ2 = 7.8 30.VERITÀ DEI CASI ALTRUI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n.5 20. l.99.5 7.5 12.4 100 12 4 1 13 30 15 10 2 13 40 40.0 70.7 37.4 100 NOVENARI PAESI 35.89.0 7.3 9.5 100 1 26 3 20 50 2 20 3 15 40 F3 10.0 100 7 4 5 7 23 14 11 3 12 40 M2 M3 30.TAB.MALOCCHIO .1 100 4.0 100 (g.2 100 42. ma accaduto verificato Totale 14 2 0 6 22 19 8 5 8 40 63.MALOCCHIO .2 33.5 25.3 14.4 100 37.0 40.28. secondo lei.5 70.6 100 10.0 100 15 8 4 16 43 17 6 6 11 40 F2 34.5 100 (g. ma accaduto verificato Totale n. l.8 5.9 8.0 100 25.0 27.5 20. TAB.5 100 18 8 3 11 40 13 7 4 16 40 F1 45.0 14. r.5 5.2 35.5 100 13 5 4 28 50 10 3 2 25 40 F3 26.VERITÀ DEI CASI PROPRI (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n. 48 . r.Modalità aggregate: 3a+4a).0 17.0 13.7 17.5 2. r.5 17.5 10.0 20.5 27.0 7. non ho avuto casi lo hanno detto ma non ho creduto mi è capitato Totale 2 14 0 6 22 4 31 1 4 40 9.Modalità aggregate: 1a+2a. «Se sì. F2 χ2 = 7. = 2 .0 44.5 100 TOTALE 79 31 17 81 208 88 45 22 85 240 38.1 63.0 8.7 18.2 38.0 36.0 40.0 7. Paesi: M3/F3 χ2 = 8. = 1 . F1/F3 χ2 = 4.8 100 NOVENARI PAESI 0 80. ma non so darne giudizio»).5 15.2 77.1 0 27.5 72.0 6.53.3 0 27.3 3.0 17. (Le domande erano: «Conosce persone che si dice siano state prese da malocchio?».3 37. in questi casi il malocchio si è davvero verificato?». non verificato superstizione.0 5.1 47.2 100 0 77.20.0 12.0 56.5 100 TOTALE 11 111 17 69 208 11 170 14 45 240 5. F1/F2 χ2 = 5.0 62.4 17.7 16.5 5.0 10.0 32.5 100 1 29 1 9 40 3 28 2 7 40 F1 2.4 21.5 7.5 30.5 22.0 100 3 11 5 4 23 0 32 3 5 40 M2 M3 13. non verificato superstizione.8 21.3 46. 2 27.7 6.5 100 10.52.5 100 1 4 2 2 14 27 50 1 1 3 2 18 15 40 F3 2. TAB.5 15.5 4 10. TERAPIA MAGICA .0 35.7 100 PAESI 4 11 4 6 15 40 5 12.0 15. non servono non servono (con riserva) servono (con riserva) servono a chi crede servono sempre Totale 3 3 4 1 5 6 22 4 16 6 1 8 5 40 13.0 9.9 100 22.0 86.0 100 2.Novenari: M3/F3 χ2 = 8. M1/M3 χ2 = 8.6 11. M3/F3 χ2 = 15.5 6 15.16. non si fa non serve non fa male fa bene Totale 4 10 2 3 3 22 13 7 6 4 10 40 18.5 28 70.5 7.0 100 2 4 2 2 30 40 5. F1/F3 χ2 = 13.6 18.5 3 7. r.5 4 10. 49 .5 15.0 100 2.0 37.3 10.2 10.6 4. Novenari/paesi: F1 χ2 = 7.1 21.0 100 2 9 0 5 7 23 5 14 5 5 11 40 8.0 54.3 100 10. r.5 100 5. Paesi: M3/F3 χ2 = 16.7 30.5 25.69.0 0 2.8 100 0 42.4 13. l.5 5.98.0 30.0 10.0 4.2 9.0 12.5 10.8 28.4 39.5 2.7 39.5 7. F2/F3 χ2 = 10.TAB.5 100 2 18 2 3 15 40 4 15 3 6 12 40 5.0 25.79.0 45.5 5.5 37.4 17.5 0 0 0 0 27 11.80.24. r.1 13.2 32 13.0 3 7.7 12.0 15.0 25.7 100 2.4 34.0 45.2 20 1.0 15. 4a+5a).5 25.6 48.7 75 36.0 4.5 2.0 12. F1/F3 χ2 = 8.5 28 11.5 17.5 100 5.0 100 16 7.5 17.Modalità aggregante: 1a+2a).7 27.2 4.0 2.0 10. Paesi: F1 χ2 = 9.4 208 100 15 21 11 16 145 208 7.0 12.6 100 4 4 3 5 7 23 17.6 18.7 35.0 38.17.95.57.0 10.5 1 2.0 100 2 2 1 3 13 9 30 1 13 4 1 15 6 40 6.0 12.9 32.7 3.Novenari: M1/F1 χ2 = 7.52.0 47.5 32.6 22.9 4.5 20.0 35 87.0 20.0 15.5 10. TERAPIA MAGICA/TERAPIA RELIGIOSA .0 5.0 4.8 3.MEDICINE .5 27.5 100 12.0 3 7. F2 χ2 = 29. M2/M3 χ2 = 7.6 13.3 10. = 3 .0 5.5 100 14 25 19 10 59 81 208 10 65 26 9 84 46 240 TOTALE 6.2 18.1 0 21.5 100 3 2 1 1 8 8 23 M2 M3 13.0 17.3 6.0 2.5 7. (g.0 19.3 7.6 14.5 35.5 12.7 30.0 84 40.0 14 35. = 3 .5 100 3 7 2 6 12 30 1 10 10 6 13 40 10.TERAPIA MAGICA E RELIGIOSA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 MAGICA RELIGIOSA MAGICA M2 RELIGIOSA MAGICA M3 RELIGIOSA MAGICA F1 RELIGIOSA MAGICA F2 RELIGIOSA MAGICA F3 RELIGIOSA MAGICA TOTALE RELIGIOSA NOVENARI n.0 32.5 15.0 1 2.0 0 2.1 40.0 27.0 52.2 32 13.5 42. aggregate: 2a+3a.5 7.5 100 2 4 1 3 20 30 1 6 6 8 19 40 6.0 100 1 5 0 1 43 50 2.3 24 60.34.22.5 9.5 70 29.0 37. Paesi: M3/F3 χ2 = 19.0 2.25. 50 . TERAPIA RELIGIOSA .0 40.MALOCCHIO .0 5.8 23 11. l.Modalità eliminata: 1a.2 100 NOVENARI PAESI 0 17 3 1 13 6 40 (g.1 10 4.0 75.9 100 3 0 1 3 36 43 7.5 100 3 8 6 0 12 14 43 2 10 5 2 14 7 40 F2 7.0 8. non si fa non serve non fa male fa bene Totale n.0 40. .0 100 3 12 2 5 21 43 7.0 23.0 15 37.6 100 32.3 3. M2/F2 χ2 = 24.1 5.0 15. M2/F2 χ2 = 19.7 100 2 19 2 1 26 50 4.1 10.5 35.0 8.0 10.0 100 2.4 100 10.7 20.0 20. r.7 13.0 7.4 2 5. non servono non servono (con riserva) servono (con riserva) servono a chi crede servono sempre Totale n.45.Novenari: F1 χ2 = 11.UTILITÀ (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 n.88.0 27.0 100 2 6 5 3 7 17 40 2 8 5 2 16 7 40 F1 5.0 17.0 18.7 69.8 34.1 4.5 88 36.7 18 7.5 40 100 40 100 40 100 40 100 40 100 240 100 240 100 Paesi: M1/F1 χ2 = 11.0 35 87.5 5.SPAVENTO . F2/F3 χ2 = 12.5 12.0 28.7 138 57.14.0 83.0 100 3 4 4 2 9 22 9 10 4 7 10 40 13.5 15.0 100 4.4 4.0 0 0 0 0 1 2.54.6 13.2 45.65.24.3 30.3 3 7.3 7.0 40. F1/F2 χ2 = 9.0 43.0 17.0 12.0 37.5 32.5 0 0 9 22.0 0 27. F1/F3 χ2 = 8.36. F2 χ2 = 13.5 27 11.5 15.5 4 10. F3 χ2 = 14.0 25.0 66. Terapia religiosa: Nuoro/Oliena χ2 = 18.7 79. Nuoro/Mamoiada χ2 = 11.7 22. non si fa non serve non fa male fa bene Totale 4 19 6 8 11 48 8.0 100 3 30 15 48 OLIENA E RELIGIONE 6.5 48 100 25 52.58. E legge: Nuoro/Oliena χ2 = 1. Nuoro χ2 = 18.09. r.2 16. Oliena/Orosei χ2 = 5. 52 .8 10.4 12 25.71. Oliena/Mamoiada χ2 = 9.0 39.2 79.74.34.3 25.MEDICINA .34.77. = 3 .2 61.7 138 57.2 9 18.67. Nuoro/ Orosei χ2 = 16.2 4 1 8.8 100 0 43 5 48 0 89.2 29.3 39.92.2 10.5 75.3 4. LEGGE (SECONDO PAESI) NUORO n.5 20 41.77.3 7 14.4 34 70.3 6. Orosei/Mamoiada χ2 = 5.1 100 6 36 6 48 12.16.0 48 100 88 36. 51 . Nuoro/Bitti χ2 = 2.4 14 29.3 25.0 4 2 8.4 2. Bitti/Mamoiada χ2 = 8.TERAPIA MAGICA E RELIGIOSA (SECONDO PAESI) NUORO MAGICA RELIGIOSA MAGICA OLIENA RELIGIOSA BITTI MAGICA RELIGIOSA OROSEI MAGICA RELIGIOSA MAMOIADA MAGICA RELIGIOSA TOTALE MAGICA RELIGIOSA n.8 68.4 7.2 20 18 8. TAB.7 32 13.62. Oliena/Mamoiada χ2 = 3. Orosei/Mamoiada χ2 = 11.6 64.TAB.4 26 52.3 56. Terapia magica: Nuoro/Mamoiada χ2 = 20. non contraria contraria Totale 10 33 5 48 20. Nuoro/Bitti χ2 = 8.5 16.9 100 3 2 5 15 23 48 6.93.33. Oliena/Mamoiada χ2 = 11.1 27 11.5 31.7 27 11.31.2 70 29.1 48 100 5 10. Oliena/Bitti χ2 = 2.4 50.21. Oliena/Mamoiada χ2 = 16.5 100 8 31 9 48 16.4 100 MAMOIADA 2 38 8 48 4. Orosei/Mamoiada χ2 = 20.6 26 54.4 5 10. r.2 47.6 10.6 100 22 147 71 240 TOTALE 9. l.3 32 13.SPAVENTO .5 48 100 240 100 240 100 (g.4 4 3 2 8.3 100 E religione: Nuoro/Oliena χ2 = 2.7 58.3 4.0 5 10.68.59.4 100 8 38 2 48 16.93.0 0 6.2 6. Nuoro/Mamoiada χ2 = 5.6 18.03.4 39.5 100 3 3 4 6. Oliena/Bitti χ2 = 7.6 100 E LEGGE n.4 4.3 8.4 11. Bitti/Mamoiada χ2 = 6. non contraria contraria Totale 8 28 12 48 16.2 28 11.MALOCCHIO . Oliena/ Bitti χ2 = 1.8 48 100 18 37.2 10.3 12 25.54.0 12.1 5 10. r.27.7 16 33.3 35.02.3 62.49.91. .4 6. Bitti/Mamoiada χ2 = 18.4 3 6.Modalità aggregate: 1a+2a).3 62. Nuoro/Orosei χ2 = 2. Bitti/ Orosei χ2 = 7.6 29.6 7 14.4 4 8.1 48 100 5 10. Terapia magica/terapia religiosa: Bitti χ2 = 13.2 4.4 31.4 100 32 181 27 240 13.2 100 5 24 19 48 BITTI 10.6 12.6 100 4 27 17 48 OROSEI 8.63¯.86.RELIGIONE.6 100 3 12 0 3 30 48 6.3 75.9 100 7 14 3 5 19 48 14. 9 10. = 3 .3 8.2 22.8 100 (g. Casi altrui: Nuoro/Oliena χ2 = 25.7 8.9 27.71.7 100 11 170 14 45 240 4.2 25. l. Nuoro/Bitti χ2 = 10. nessun caso detto.1 16.MALOCCHIO .2 68.6 100 5 34 1 8 48 10.1 100 TOTALE 11 65 26 9 84 45 240 4.4 20.8 100 PROPRI 2 33 2 11 48 4. r. aggregate 3a+4a).2 100 MAMOIADA 17 2 12 3 14 48 35.1 66.5 20.0 100 23 5 7 4 9 48 OLIENA ALTRUI BITTI 47.3 18.8 5.67. Oliena/Mamoiada χ2 = 13.3 45.4 14.1 16. .VERITÀ (SECONDO PAESI) NUORO CASI non conosco casi non so valutarli il m.2 33.5 2.7 16.7 4.1 31.3 14.7 9.3 100 MAMOIADA 0 21 2 1 11 13 48 0 43.8 3. Orosei/Mamoiada χ2 = 13. 54 .2 22.7 16.6 70. non creduto verificato Totale 1 32 5 10 48 2.8 100 13 5 4 4 22 48 27. TAB.2 22.9 14.3 4. non serve non serve (con riserva) serve (con riserva) serve a chi crede serve sempre Totale 1 15 7 4 13 8 48 2.9 100 OROSEI 16 2 11 4 15 48 33.91.1 75.3 4.70.2 72.9 12. Nuoro/Mamoiada χ2 = 12.6 8.1 16.9 100 2 35 4 7 48 4.Modalità aggregate: 1a+2a.2 2.9 8.67.7 35.0 4.6 52.9 6.7 100 1 8 8 1 22 8 48 OLIENA 2.8 2.2 22.0 6.4 4.3 27.1 45.2 35.Modalità eliminata: 1a.4 8.27. Nuoro/Orosei χ2 = 10.1 10.3 31.4 4.8 100 (Casi altrui: g.1 22.UTILITÀ (SECONDO PAESI) NUORO n.MEDICINA .1 27. è falso superstizione creduta verificato Totale 3 2 11 7 25 48 6.6 8.0 6.2 18. Oliena/Bitti χ2 = 9. l. l.63.3 29.1 100 OROSEI 5 10 6 1 22 4 48 10. 53 .TAB.Modalità eliminata: 1a.7 100 3 11 3 2 16 13 48 BITTI 6.7 2.8 18.1 45.7 18.MALOCCHIO .4 100 CASI n. r.9 8.2 14.7 100 1 36 2 9 48 2.7 4. = 3 .4 70.1 10.6 27. = . Casi propri: g.1 100 TOTALE 72 16 45 22 85 240 30.7 10. aggregate: 2a+3a).0 18. 6 39.0 0 100 TOTALE 50 64 54 72 240 8 56 68 93 15 240 20. Oliena/Bitti χ2 = 22.0 100 11 29 40 F1 27.5 100 8. 1 volta al mese settimanale.0 100 14 9 23 M2 69.6 29.4 25.50.5 100 21 22 43 F2 48. Bitti/Orosei χ2 = 10.0 20. 56 .7 22.2 29.98.43.0 4.Modalità aggregate: 1a+2a.0 35.0 29. 55 .39.5 27.3 35.5 66.19.8 6.2 100 23 27 50 F3 46. TAB. = 2 . Bitti/Mamoiada χ2 = 27.4 20.3 28.33¯.0 87.24. Bitti/Orosei χ2 = 14.0 100 3.8 22. Nuoro/Orosei χ2 = 6. quotidiana Totale 14 9 11 14 48 0 19 14 13 2 48 29.8 26.2 12.0 100 TOTALE 146 62 208 70.4 100 0 6.3 38.0 30.4 8.8 100 M2/M3 χ2 = 3.3 100 1 8 10 29 48 0 3 6 32 7 48 BITTI 2.2 100 35 15 50 F3 70. aggregate 4a+5a).0 54. = 1 . 57 .9 39.52.Modalità eliminata: 1a.2 18.1 100 0 39.79¯.8 100 M2/F2 χ2 = 8.0 100 TOTALE 69 139 208 33.7 33. 3a+4a.2 100 MAMOIADA 12 14 12 10 48 3 16 17 12 0 48 25.0 41.0 100 9 21 30 M3 30.6 100 OROSEI 8 16 11 13 48 0 8 19 19 2 48 16.3 100 COMUNIONE (Messa: g.7 100 29 11 40 F1 72. . F1/F2 χ2 = 3.2 66.FREQUENZA ALLA STESSA NOVENA . Oliena/Bitti χ2 = 11. M1/M3 χ2 = 3.5 100 30 13 43 F2 69.99. Comunione: g. l.6 39.8 30.7 20.2 25.8 12.2 33. TAB. MOTIVAZIONI venuti almeno 1 altra volta mai venuti Totale 13 9 22 M1 59. Bitti/Mamoiada χ2 = 12.0 100 3 20 23 M2 13.3 16.6 4.9 27.8 60. non più 1 volta l’anno spesso l’anno.1 100 25 5 30 M3 83. M1/M3 χ2 = 3.9 25.30. l.2 100 15 17 10 6 48 4 11 12 17 4 48 OLIENA 31.GRUPPO DI NOVENA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) Comunione: Nuoro/Bitti χ2 = 25.9 29.4 22.8 100 6.3 22.3 23.0 100 0 16.82.7 14.38¯.4 35.5 30.GRUPPO DI NOVENA (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) MOTIVAZIONI andati almeno 1 volta mai andati Totale 2 20 22 M1 9.0 70.TAB.2 27. r.8 52. Messa: Nuoro/Bitti χ2 = 9.MESSA E COMUNIONE (SECONDO PAESI) NUORO MESSA no raramente spesso sempre Totale n.0 91.FREQUENZA AD ALTRE NOVENE .43.5 72.1 16. 5 72.5 100 21 19 40 F1 52.ESPERIENZA DI NOVENA . F1/F3 χ2 = 0. M2/M3 χ2 = 0.5 52. 58 .41.3 100 M1/M3 χ2 = 3.5 100 15 25 40 M2 37.TAB.24.71.0 100 TOTALE 62 146 208 29.3 62.5.0 100 RIMEDIO 11 46 57 19.0 100 27 13 40 F3 67. F2/F3 χ2 = 0. S.3 80. .5 100 TOTALE 117 123 240 48.61. M3/F3 χ2 = 3.5 100 24 16 40 F2 60. M2/F2 χ2 = 4.5 47.2 100 S.FREQUENZA ALLA STESSA NOVENA (SECONDO NOVENARI) MOTIVAZIONI venuti per la prima volta venuti altre volte Totale S.21.5 100 19 21 40 M3 47.5 62. M1/F1 χ2 = 5.94.80. Gonare/ Annunziata χ2 = 8.81. Francesco/Rimedio χ2 = 4.0 40. Francesco/Annunziata χ2 = 4.7 100 GONARE 13 13 26 50.0 64.GRUPPO DI PAESE (SECONDO SESSO E CLASSI D’ETÀ) M1 fatta almeno 1 volta non fatta Totale 11 29 40 27.0 83.7 51. F1/F2 χ2 = 0. 59 . FRANCESCO 22 37 59 37.46.8 70.0 50. TAB.27.0 100 S.5 32.7 100 ANNUNZIATA 7 34 41 17. COSIMO 9 16 25 36. . Giovanni Tolu (21) Costa E. IV (10) Deledda G. Il quinto passo è l’addio (70) Ballero A. Leggende e tradizioni di Sardegna (86) Bresciani A. Passavamo sulla terra leggeri (51) Atzeni S. Michele Boschino (78) Dessì G. Novelle. Paese d’ombre (28) Dessì G. III (16) De Rosa F. Il muto di Gallura (34) Costa E... Novelle. vol... I (7) Deledda G. vol. vol.. Storia cronologica del regno di Sardegna dal 1637 al 1672 (35) Atzeni S... Novelle.. vol. Novelle.. Banditi a Orgosolo (84) Calvia P.. V (11) Deledda G. II (15) Della Marmora A... Itinerario dell’isola di Sardegna.. Dei costumi dell’isola di Sardegna (71) Cagnetta F. Il disertore (19) Dessì G.BIBLIOTHECA SARDA Volumi pubblicati Aleo J.. L’anno del campo selvatico – Il quaderno di Don Demetrio Gunales (41) Casu P. Novelle. I (14) Della Marmora A.... vol.. vol... Don Zua (20) Bechi G. Descrizione geografica della Sardegna (57) Costa E.. Itinerario dell’isola di Sardegna... Notte sarda (90) Cetti F. vol.... II (8) Deledda G. Caccia grossa (22) Bottiglioni G. Storia naturale di Sardegna (52) Cossu G. Tradizioni popolari di Gallura (89) Dessì G. Novelle.. Quiteria (66) Cambosu S.. La Sardegna e i sardi (49) . III (9) Deledda G. Itinerario dell’isola di Sardegna.. VI (12) Della Marmora A. vol. vol. San Silvano (87) Edwardes C.. La Bella di Cabras (61) Deledda G. Storia moderna della Sardegna dall’anno 1773 al 1799 (27) Manno G. Storia di Sardegna dall’anno 1799 al 1816 (48) Montanaru. Un anno sull’altipiano (39) Madau M. Tutto il miele è finito (85) Lilliu G. vol. Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano. L’isola di Sardegna. H.. Sas erbas. Canti (1) Sella Q... W. impressioni di viaggio (77) Wagner M. De profundis (92) Satta S.... Storia di Sardegna.... Sardegna punica (56) Porru V. Squarciò (63) Solmi A..Fara G. Pittura sarda del Quattro-Cinquecento (50) Il Condaghe di San Nicola di Trullas (62) Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (88) Lawrence D. III (46) Spano G... Poesie bilingui (36) Pais E... La questione sarda (55) Levi C. vol.. Sassari véccia e nóba (72) Satta S. I (42) Pais E. vol. Canzoni popolari di Sardegna. Immagini di viaggio dalla Sardegna (65) .. Vocabolario italiano-sardo A-H (31) Spano G. I (82) Tyndale J. Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna D-M (68) Tola P. La vita rustica (2) Wagner M... Canzoni popolari di Sardegna. Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna A-C (67) Tola P. Su birde.. Le armonie de’ sardi (23) Manca Dell’Arca A.. Vocabolariu sardu-italianu A-E (29) Spano G.. IV (47) Tola P.. Un Dodge a fari spenti (80) Martini P. vol. Notizie dalla Sardegna (54) Gallini C. Storia di Sardegna. Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna N-Z (69) Tyndale J... Il giorno del giudizio (37) Satta S. Pietro IV d’Aragona. Proverbi sardi (18) Spano G. Le isole dimenticate..... La Sardegna nuragica (53) Pesce G... Sulla musica popolare in Sardegna (17) Fuos J. II (45) Spano G. vol. II (83) Valery.. Sos cantos de sa solitudine – Sa lantia (25) Montanaru.. M. II (43) Pallottino M.. Canzoni popolari di Sardegna. I (4) Manno G. Relazione sull’isola di Sardegna (33) Solinas F.. L. vol.. Vocabolario italiano-sardo I-Z (32) Spano G. Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano. Agricoltura di Sardegna (59) Manno G.. Viaggio in Sardegna (3) Vuillier G. De’ vizi de’ letterati (81) Mannuzzu S. Canzoni popolari di Sardegna.. III (6) Manno G... Nou dizionariu universali sardu-italianu A-C (74) Porru V. L. Mare e Sardegna (60) Lei-Spano G.. vol.. Sulle condizioni dell’industria mineraria nell’isola di Sardegna (40) Smyth W. Perdu (58) Ruju S. vol.. La Sardegna. Boghes de Barbagia – Cantigos d’Ennargentu (24) Montanaru. II (5) Manno G. H. Storia di Sardegna. R. Nou dizionariu universali sardu-italianu P-Z (76) Rombi P. La veranda (73) Satta S.. La lingua sarda (13) Wagner M. vol. I (44) Spano G.... Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel Medioevo (64) Spano G. L’isola di Sardegna.. Nou dizionariu universali sardu-italianu D-O (75) Porru V. Vocabolariu sardu-italianu F-Z (30) Spano G. L. La conquista della Sardegna nelle cronache catalane (38) Mura A.... Sas ultimas canzones – Cantigos de amargura (26) Muntaner R.. vol. W. Il consumo del sacro (91) Goddard King G. La costante resistenziale sarda (79) Lussu E. vol. R. R..... Bolzano .Finito di stampare nel mese di novembre 2003 presso lo stabilimento della Fotolito Longo.
Copyright © 2024 DOKUMEN.SITE Inc.