McGraw-Hillgli eserciziari di ECONOMIA AZIENDALE MODELLI, MISURE, CASI Francesco Favotto, Saverio Bozzolan, Antonio Parbonetti Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Eserciziario di Economia Aziendale A cura di Claudia Imperatore Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Indice Capitolo 7 Il modello del bilancio – Esercizi • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Il modello dei circuiti Esercizio 1 Esercizio 2 Esercizio 3 Esercizio 4 Esercizio 5 Gli schemi di conto economico e stato patrimoniale Esercizio 6 Esercizio 7 Esercizio 8 Le operazioni di esercizio Esercizio 9 Esercizio 10 Esercizio 11 La redazione di bilancio Esercizio 12 Esercizio 13 Esercizio 14 Esercizio 15 • Capitolo 9 Strumenti contabili per le decisioni economiche – Esercizi • • • • • • • • • • • • • • • • Break-event point di impresa monoprodotto Esercizio 1 Esercizio 2 Esercizio 3 Esercizio 4 Esercizio 5 Break-event point impresa multiprodotto Esercizio 6 Esercizio 7 Conto economico per linea di prodotto Esercizio 8 Analisi della redditività di diverse aree di prodotto Esercizio 9 Esercizio 10 Analisi reddituale per area strategica di affari Esercizio 11 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 4 Le risorse – Casi aziendali (N.B.: i Casi aziendali 4.1 e 4.2 sono pubblicati nel volume) • • • • • • • • • • Caso aziendale 4.3 Caso aziendale 4.4 Caso aziendale 4.5 Caso aziendale 4.6 Caso aziendale 4.7 Caso aziendale 4.8 Caso aziendale 4.9 Caso aziendale 4.10 Caso aziendale 4.11 Caso aziendale 4.12 Il capitale umano: La Formula Uomo Ferrari La filosofia di Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea La ricetta segreta e il marchio Coca Cola La tribù Ducati La reputazione di British Petroleum Come acquisire risorse e competenze: la partnership Disney-Pixar Nicolas Hayek, il creatore della Swatch I team manager delle scuderie di Formula 1 Il caso Profumo Vantaggi competitivi a breve durata: i brevetti farmaceutici Capitolo 8 Gli stakeholder e la responsabilità sociale – Casi aziendali • • • • • • • • Caso aziendale 8.1 Caso aziendale 8.2 Caso aziendale 8.3 Caso aziendale 8.4 Caso aziendale 8.5 Caso aziendale 8.6 Caso aziendale 8.7 Caso aziendale 8.8 Quando lo shareholder sono i dipendenti: Scott Bader Gli stakeholder del Padova Calcio Le aspettative degli stakeholder di Camelot Il nuovo approccio agli stakeholder di Nike Esempio di responsabilità sociale reattiva: la Royal Dutch Shell La responsabilità sociale di Illycaffè Approccio agli stakeholder: Monnalisa Approccio agli stakeholder: Granarolo La storia della CuordiCrema – Caso longitudinale • • • • • • Capitolo 2 Capitolo 4 Capitolo 3 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Governo e funzionamento delle aziende (il modello dei circuiti) Le risorse Soggetto economico e corporate governance Il modello del bilancio Gli stakeholder e la responsabilità sociale Strumenti contabili per le decisioni economiche (BEP e analisi per ASA) Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 7 Il modello del bilancio – Esercizi Il modello dei circuiti Esercizio 1 Si evidenzino il tipo di variazione (finanziaria o economica), il segno della variazione (positiva o negativa) e il valore correlato delle seguenti operazioni di esterna gestione: a) acquisto di materie prime e di consumo per € 2500, pagamento in contanti; b) vendita di prodotti finiti per € 4500, regolamento dilazionato; c) accensione di mutuo per € 48 000. Soluzione a) Aspetto Tipo e segno della variazione Causale Valore Originario Finanziaria negativa € 2500 Derivato Economica negativa Uscita di cassa Costo d’acquisto di materie prime Originario Finanziaria positiva Derivato Economica positiva Originario Finanziaria positiva Permutazione finanziaria Finanziaria negativa b) c) Aumento crediti di funzionamento Ricavi di vendita di prodotti finiti € 2500 € 4500 € 4500 Entrata di cassa € 48 000 Incremento di debiti di € 48 000 finanziamento Esercizio 2 Si evidenzino il tipo di variazione (finanziaria o economica), il segno della variazione (positiva o negativa) e il valore correlato delle seguenti operazioni di esterna gestione: a) pagamento di salari e stipendi per € 9000, regolamento in contanti; b) incasso di anticipo da cliente per € 3200; Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e c) conferimento di capitale sociale per € 4000 da parte di un nuovo socio che versa immediatamente € 1500. Soluzione Aspetto Tipo e segno della variazione Causale Valore a) Originario Derivato Finanziaria negativa Economica negativa Uscita di cassa Salari e stipendi € 9000 € 9000 b) Originario Finanziaria positiva € 3200 Permutazione finanziaria Finanziaria negativa Entrata di cassa Incremento di debito di funzionamento Originario Finanziaria positiva Entrata di cassa € 1500 € 3200 c) Originario Finanziaria positiva Derivato Economica positiva Incremento di crediti di funzionamento Incremento di capitale sociale € 2500 € 4000 Esercizio 3 Si evidenzino il tipo di variazione (finanziaria o economica), il segno della variazione (positiva o negativa) e il valore correlato delle seguenti operazioni di esterna gestione: a) pagamento di anticipo a fornitori per € 1500; b) acquisto di materie prime per € 7500 per il quale è stato corrisposto l’anticipo di cui al punto a), pagamento dilazionato; c) rimborso di quota sociale a socio uscente di € 1000; d) rimborso di una rata del mutuo per € 16 000, di cui € 2000 relativi a interessi passivi. Soluzione a) b) Aspetto Tipo e segno della variazione Causale Valore Originario Finanziaria negativa € 1500 Permutazione finanziaria Finanziaria positiva Uscita di cassa Incremento di crediti di funzionamento Originario Finanziaria negativa Incremento di debiti di funzionamento € 1500 € 6000 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Diminuzione di crediti di funzionamento Costo di acquisto di materie prime € 1500 Originario Finanziaria negativa Derivato Economica negativa Originario Finanziaria negativa Uscita di cassa € 1000 Derivato Economica negativa Diminuzione di capitale sociale € 1000 Originario Finanziaria negativa Uscita di cassa € 16 000 Permutazione finanziaria Finanziaria positiva Diminuzione di debiti di finanziamento € 14 000 Derivato Economica negativa Oneri finanziari € 2000 c) d) € 7500 Esercizio 4 Si evidenzino il tipo di variazione (finanziaria o economica), il segno della variazione (positiva o negativa) e il valore correlato delle seguenti operazioni di esterna gestione: a) b) c) d) distribuzione dei dividendi ai soci per € 800; concessione di un finanziamento a terzi per € 24 000; acquisto di impianto per € 32 000, pagamento immediato del 20% dell’importo e differito il restante; vendita di prodotti finiti di € 6000 per la quale era già stato incassato un anticipo di cui al punto b) dell’esercizio 2, regolamento in contanti. Soluzione a) b) c) Aspetto Tipo e segno della variazione Causale Valore Originario Derivato Finanziaria negativa Economica negativa Uscita di cassa Dividendi € 800 € 800 Originario Finanziaria negativa Uscita di cassa Permutazione finanziaria Finanziaria positiva Incremento di crediti di finanziamento Originario Finanziaria negativa Uscita di cassa Originario Finanziaria negativa Incremento di debiti di funzionamento € 24 000 € 24 000 € 6400 € 25 600 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e d) € 32 Derivato Economica negativa Impianti Originario Finanziaria positiva Entrata di cassa € 2800 Originario Finanziaria positiva Diminuzione di debiti di funzionamento € 3200 Derivato Economica positiva Ricavi di vendita prodotti finiti € 6000 000 Esercizio 5 Si evidenzino il tipo di variazione (finanziaria o economica), il segno della variazione (positiva o negativa) e il valore correlato delle seguenti operazioni di esterna gestione: a) pagamento di debiti di funzionamento per € 18 000; b) acquisto di materie prime per € 2700. Il fornitore concede uno sconto di € 200 poiché il pagamento è avvenuto in contanti all’atto dello scambio; c) incasso di rata del finanziamento concesso ai terzi per € 3000, di cui € 450 a titolo di proventi finanziari; d) prestazione di servizi per € 5000. Il regolamento avviene per € 1000 in contanti, per € 1400 mediante la riduzione dell’anticipo versato dal cliente e per la restante parte a dilazione. Soluzione a) b) c) Aspetto Tipo e segno della variazione Causale Valore Originario Finanziaria negativa Uscita di cassa Permutazione finanziaria Finanziaria positiva Diminuzione di debiti di funzionamento Originario Finanziaria negativa Uscita di cassa Derivato Economica negativa Derivato Economica positiva Sconto attivo € 200 Originario Finanziaria positiva Entrata di cassa € 3000 Permutazione finanziaria Finanziaria negativa Diminuzione di crediti di finanziamento € 2550 Derivato Economica positiva Proventi finanziari € 450 € 18 000 € 18 000 € 2500 Costo d’acquisto € 2700 di materie prime Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e d) Originario Finanziaria positiva Entrata di cassa € 1000 Originario Finanziaria positiva Diminuzione di debiti di funzionamento € 1400 Originario Finanziaria positiva Incremento di crediti di funzionamento € 2600 Economica positiva Ricavi per prestazione di servizi € 5000 Derivato Gli schemi di conto economico e stato patrimoniale Esercizio 6 La società Dory S.p.A. alla data del 31 dicembre 2008 presenta la seguente situazione contabile: Capitale sociale Banca c/c Costo d’acquisto di materie prime Crediti di funzionamento Debiti di finanziamento Debiti di funzionamento Fondo di ammortamento di impianti (già comprensivo della quota di ammortamento relativa all’esercizio 2008) Impianti (valore di acquisizione) Quota di ammortamento di impianti Ricavi di vendita prodotti finiti Rimanenze finali di materie prime Rimanenze iniziali di materie prime Salari e stipendi € 10 000 € 6400 € 16 000 € 7600 € 12 500 € 7500 € 6000 € 20 000 € 2000 € 30 000 € 10 000 € 8000 € 6000 Si proceda alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale al 31 dicembre 2008. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime Salari e stipendi Quota di ammortamento di impianti € 16 Ricavi di vendita di prodotti 000,00 finiti € 6000,00 € 2000,00 € 30 000,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Rimanenze iniziali di materie prime € Rimanenze finali di materie 8000,00 prime Totale componenti negative € 32 Totale componenti 000,00 positive € 8000,00 € 40 000,00 Totale a pareggio Utile dell’esercizio Totale a pareggio € 10 000,00 € 40 000,00 € 40 000,00 STATO PATRIMONIALE Attività Banca c/c Crediti di funzionamento Passività € 6400,00 Debiti di funzionamento € 7600,00 Debiti di finanziamento Fondo di ammortamento € 10 000,00 Capitale sociale € 20 000,00 Utile dell’esercizio –€ 6000,00 Totale attività € 38 000,00 Totale passività Rimanenze di materie prime Impianti € 7500,00 € 12 500,00 € 10 000,00 € 8000,00 € 38 000,00 Nota 1: le rimanenze di materie prime Durante l’esercizio l’impresa sostiene costi per l’acquisto delle materie prime e delle merci. Al termine dell’esercizio, l’impresa verifica la quantità di materie prime che non sono state ancora consumate. Le rimanenze finali rappresentano le materie prime che l’impresa ha acquistato nel corso dell’esercizio (o degli esercizi precedenti) e che ha ancora a disposizione alla fine del periodo amministrativo. Per il principio di competenza tali costi devono essere rettificati e rinviati all’esercizio successivo, quando l’impresa realizzerà i ricavi correlati. Pertanto sono presenti nel conto economico dell’esercizio tra i costi da rinviare al futuro e nell’attivo dello stato patrimoniale finale tra i valori economici che devono essere riportati negli esercizi successivi. Le rimanenze iniziali di materie prime sono le materie prime acquistate dall’impresa nel corso degli esercizi passati, ma non utilizzate. In particolare, le rimanenze iniziali di materie prime dell’esercizio corrispondono alle rimanenze finali che l’anno precedente sono state rinviate agli esercizi successivi e comparivano tra le attività dello stato patrimoniale. Rappresentano dei costi sostenuti dall’impresa i cui ricavi non sono stati ancora realizzati e, per questo, vengono rinviate agli esercizi successivi, quando verranno impiegate dall’impresa e i ricavi a essi connessi verranno conseguiti. Pertanto le rimanenze di materie prime dovranno concorrere alla determinazione del risultato economico dell’esercizio in cui verranno utilizzate e, per tale motivo, andranno inserite nel conto economico dell’esercizio tra le componenti negative di reddito. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Esercizio 7 La società Tockins S.p.A. alla data del 31 dicembre 2009 presenta la seguente situazione contabile: Impianti (valore di acquisizione) Fondo di ammortamentodi Impianti (già comprensivo della quota di ammortamento relativa all’esercizio 2009) Quota di ammortamento di impianti Banca c/c Debiti di finanziamento Rimanenze finali di materie prime Capitale sociale Debiti di funzionamento Ricavi di vendita di prodotti finiti Salari e stipendi Crediti di finanziamento Rimanenze iniziali di prodotti finiti Rimanenze finali di prodotti finiti Riserve Costo d’acquisto di materie prime Crediti di funzionamento Ricavi anticipati Anticipi a fornitori € 23 000 € 3000 € 3000 € 5400 € 20 000 € 800 € 15 000 € 4200 € 17 000 € 2000 € 10 000 € 400 € 1000 € 1500 € 8000 € 6900 € 600 € 2000 Si proceda alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale al 31 dicembre 2009. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime Salari e stipendi Quota di ammortamento di impianti Rimanenze iniziali di prodotti finiti Ricavi anticipati € Ricavi di vendita di 8000,00 prodotti finiti € 2000,00 € 3000,00 € Rimanenze finali di materie 400,00 prime Rimanenze finali di prodotti finiti € 600,00 € 17 000,00 € 800,00 € 1000,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e € 14 Totale componenti 000,00 positive € 4800,00 € 18 800,00 Totale a pareggio Totale componenti negative Utile dell’esercizio Totale a pareggio € 18 800,00 € 18 800,00 STATO PATRIMONIALE Attività Passività € 5400,00 Debiti di funzionamento € 6900,00 Debiti di finanziamento € 2000,00 € 10 000,00 Ricavi anticipati Banca c/c Crediti di funzionamento Anticipi a fornitori Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianti Fondo di ammortamento Totale attività € 800,00 Capitale sociale € 1000,00 Riserve € 23 000,00 Utile dell’esercizio –€ 3000,00 € 46 100,00 Totale passività € 4200,00 € 20 000,00 € 600,00 € 15 000,00 € 1500,00 € 4800,00 € 46 100,00 Nota 2: le rimanenze di prodotti finiti Nel corso del periodo amministrativo l’impresa sostiene costi per la produzione di beni e servizi, costi che verranno “recuperati” con la vendita del prodotto finito e la conseguente realizzazione del ricavo. Al termine dell’esercizio l’impresa può trovarsi nella situazione di non aver concluso il processo di trasformazione o di non essere riuscita a vendere i prodotti finiti che ha realizzato. Le rimanenze finali di prodotti finiti e semilavorati sono i prodotti realizzati nel corso dell’esercizio (e dei passati esercizi) che l’impresa non è riuscita a vendere (prodotti finiti) o che non hanno terminato il loro ciclo produttivo (semilavorati). Si tratta di costi i cui ricavi non sono stati ancora realizzati e per questo devono essere agli esercizi successivi quando presumibilmente verranno venduti e/o i processi produttivi terminati. Pertanto vanno inseriti in conto economico tra i costi da rinviare al futuro e nello stato patrimoniale finale tra le attività. Le rimanenze iniziali di prodotti finiti e semilavorati sono i prodotti realizzati dall’impresa nell’esercizio precedente ma non venduti (prodotti finiti) o il cui ciclo produttivo non si è ancora concluso (semilavorati). Sono presenti nell’attivo dello stato patrimoniale iniziale in quanto costi derivanti dai passati esercizi e vanno inseriti nel conto economico dell’esercizio quali “costi ripresi” dagli esercizi precedenti e che concorrono alla determinazione del risultato dell’esercizio. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Nota 3: i ricavi anticipati Si tratta di quote di ricavo che hanno già avuto la manifestazione finanziaria nel corso dell’esercizio anche se non sono di competenza dell’esercizio. È il caso di operazioni a cavallo di due esercizi dove il ricavo è comune a due esercizi consecutivi e il pagamento è avvenuto in via anticipata (ovvero canoni di affitto, canoni di leasing, proventi finanziari). Per il principio di competenza, il ricavo dovrà essere ripartito in due quote: la quota di competenza dell’esercizio che concorrerà alla determinazione del risultato economico e la quota che deve essere sospesa e rinviata agli esercizi successivi in quanto non di competenza. In genere le due quote vengono determinate in base rispettivamente al tempo trascorso (parte di competenza) e al tempo non ancora trascorso (parte da rinviare all’esercizio successivo). Per esempio, si ipotizzi che il 1° dicembre l’impresa incassa un canone di affitto a terzi di un immobile civile pari a € 1000 relativo al periodo 1° dicembre-1° febbraio. A fronte dell’entrata di cassa di € 1000, l’impresa rileva un ricavo per il canone di affitto per € 1000. Anche se l’operazione ha già avuto la sua manifestazione finanziaria, il canone contabilizzato non è di tutto di competenza dell’esercizio. Il pagamento, infatti, copre due mesi (dicembre e gennaio), ma solo la parte relativa al mese di dicembre (cioè € 500) è di competenza dell’esercizio. La parte relativa al mese di gennaio (ovvero i restanti € 500) non è di competenza dell’esercizio x ma dell’esercizio x + 1, e per questo va rinviata all’esercizio successivo. Per tale motivo i ricavi anticipati sono presenti nel conto economico tra le componenti negative di reddito in quanto rettifica di ricavi non di competenza dell’esercizio. I ricavi anticipati devono essere altresì riportati nello stato patrimoniale tra le passività in quanto componenti di reddito positivo che si sono già manifestati finanziariamente, ma che non partecipano alla determinazione del risultato d’esercizio. Esercizio 8 La società Mr Stork S.p.A. alla data del 31 dicembre 2010 presenta la seguente situazione contabile: Capitale sociale Costo d’acquisto di materie prime Crediti di finanziamento Banca c/c Quote per rischi e oneri futuri Debiti di finanziamento Rimanenze finali di materie prime Rimanenze iniziali di materie prime Debiti di funzionamento Ricavi di vendita di prodotti finiti Salari e stipendi Fondo di ammortamento di impianti (già comprensivo della quota di ammortamento relativa all’esercizio 2010) Impianti (valore di acquisizione) Quota di ammortamento di impianti Rimanenze finali di semilavorati Passività presunte Oneri finanziari € 80 000 € 50 000 € 120 000 € 50 000 € 15 000 € 240 000 € 45 000 € 10 000 € 65 000 € 90 000 € 30 000 € 40 000 € 200 000 € 20 000 € 10 000 € 35 000 € 9000 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Crediti di funzionamento Proventi finanziari € 70 000 € 24 000 Si proceda alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale al 31 dicembre 2010. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime Salari e stipendi Quota di ammortamento di impianti Oneri finanziari Rimanenze iniziali di materie prime Quote per rischi e oneri futuri Totale componenti negative Utile dell’esercizio Totale a pareggio € 50 Ricavi di vendita di prodotti 000,00 finiti € 30 000,00 Proventi finanziari € 20 000,00 € 9000,00 € 90 000,00 € 24 000,00 € 10 Rimanenze finali di materie 000,00 prime Rimanenze finali di semilavorati € 15 000,00 € 45 000,00 € 10 000,00 € 134 Totale componenti 000,00 positive € 35 000,00 € 169 000,00 Totale a pareggio € 169 000,00 € 169 000,00 STATO PATRIMONIALE Attività Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di semilavorati Impianti Passività € 50 000,00 Debiti di funzionamento € 70 000,00 Debiti di finanziamento € 120 000,00 Passività presunte € 45 000,00 Capitale sociale € 10 000,00 € 200 Utile dell’esercizio € 65 000,00 € 240 000,00 € 35 000,00 € 80 000,00 € 35 000,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Fondo di ammortamento 000,00 – € 40 000,00 Totale attività € 455 000,00 Totale passività € 455 000,00 Nota 4: le passività presunte Si ipotizzi che l’impresa abbia venduto i propri prodotti offrendo una garanzia di dodici mesi, per cui se il prodotto è difettoso l’impresa è tenuta a pagare la riparazione. Di conseguenza l’impresa potrebbe ritrovarsi nel corso dell’esercizio o degli esercizi successivi a dover sostenere un’uscita di cassa per l’intervento di garanzia, e quindi un costo. Si tratta, pertanto, di un evento incerto, di un rischio che l’impresa sta correndo. Per fronteggiare la possibile uscita di cassa e proteggersi quindi da questo rischio, l’impresa idealmente mette da parte (ovvero accantona) una somma di denaro che viene iscritta nel passivo dello stato patrimoniale a titolo di passività presunta. Pertanto le passività presunte rappresentano delle uscite di cassa che probabilmente l’impresa dovrà sostenere in futuro: una sorta di debito presunto. L’incertezza può riguardare l’ammontare dell’uscita di cassa, il momento in cui l’impresa sarà a chiamata a pagare o l’evento stesso (nell’esempio il prodotto potrebbe anche non essere difettoso e, quindi, l’impresa potrebbe non essere tenuta a pagare l’intervento di garanzia). A fronte di tali passività, l’impresa contabilizzerà in conto economico un costo per “quote per rischi e oneri futuri”. Si tratta di un costo presunto perché l’impresa non sa quando, per quale ammontare e, in alcuni casi, se effettivamente dovrà sostenerlo. In questo modo il costo presunto concorre alla determinazione del risultato economico dell’esercizio in cui l’incertezza, il rischio si è formato ed è stato assunto dall’impresa. Nel nostro esempio il costo è relativo alla possibilità che l’impresa sia chiamata a dover sostenere un costo per la garanzia al cliente. Se nell’esercizio successivo l’impresa si troverà effettivamente a dover pagar l’intervento di riparazione utilizzerà le somme che in precedenza aveva accantonato per far fronte all’uscita di cassa. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Le operazioni di esercizio Esercizio 9 La società Peg S.p.A. presenta al 1° gennaio 2008 il seguente stato patrimoniale: ATTIVITÀ Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianto Fondo di ammortamento Totale attività PASSIVITÀ Debiti di 9000,00 funzionamento Debiti di € 18 000,00 finanziamento € € 7000,00 € 21 000,00 € 12 000,00 Passività presunte € 2000,00 € € 24 000,00 4000,00 Capitale sociale € 2500,00 Riserve Utile dell’esercizio € 32 000,00 precedente – € 16 000,00 € 6000,00 € 1500,00 € 61 500,00 Totale passività € 61 500,00 Durante l’esercizio la società compie le seguente operazioni: a) acquista materie prime per € 24 000, pagamento dilazionato; b) vende prodotti finiti per € 38 000, incassa immediatamente € 8000, il resto è differito; c) paga salari e stipendi per € 7500; pagamento immediato. Sapendo che: d) le rimanenze finali di materie prime sono state valutate € 3000; e) le rimanenze finali di prodotti finiti sono state valutate € 3500; f) il costo di utilizzo dell’impianto è € 3200, si determini il risultato economico di periodo e capitale netto, presentando i prospetti finali di conto economico e stato patrimoniale al 31 dicembre 2008. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Costo d’acquisto di materie prime Salari e stipendi Quota di ammortamento di impianti € € 24 Ricavi di vendita di 000,00 prodotti finiti 7500,00 € 3200,00 Rimanenze iniziali di materie € prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti € Rimanenze finali di materie 4000,00 prime Rimanenze finali di 2500,00 prodotti finiti Totale componenti negative Utile dell’esercizio € 41 Totale componenti 200,00 positive 3300,00 € 44 500,00 Totale a pareggio Totale a pareggio € € 38 000,00 € 3000,00 € 3500,00 € 44 500,00 € 44 500,00 STATO PATRIMONIALE Attività Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianti Fondo di ammortamento Totale attività Passività € 9500,00 Debiti di funzionamento € 48 000,00 Debiti di finanziamento € 12 000,00 Passività presunte € 3000,00 € 3500,00 € 32 000,00 –€ 19 200,00 Capitale sociale Riserve Utile dell’esercizio precedente Utile dell’esercizio € 88 800,00 Totale passività € 31 000,00 € 21 000,00 € 2000,00 € 24 000,00 € 6000,00 € 1500,00 € 3300,00 € 88 800,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Esercizio 10 La società George Banks S.p.A. presenta al 1° gennaio 2009 il seguente stato patrimoniale: ATTIVITÀ PASSIVITÀ € 6000,00 € 9500,00 € 10 000,00 Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianto Fondo di ammortamento Totale attività Debiti di funzionamento 9000,00 Debiti di finanziamento € 14 000,00 Passività presunte € 1500,00 Ricavi anticipati € € 800,00 € 25 000,00 Capitale sociale – € 10 000,00 Riserve Utile dell’esercizio precedente € 42 800,00 Totale passività € 2500,00 € 1800,00 € 15 000,00 € 1000,00 –€ 500,00 € 42 800,00 Durante l’esercizio la società compie le seguenti operazioni: a) b) c) d) presta servizi per € 15 000, incasso dilazionato; incassa una rata del prestito concesso per € 3250, di cui € 250 per proventi finanziari; acquista materie prime per € 8000; pagamento differito per il 50%; paga un debito nei confronti del fornitore per € 1750. Sapendo che: e) le rimanenze finali di materie prime sono state valutate € 2000; f) le rimanenze finali di prodotti finiti sono state valutate € 1200; g) il costo di utilizzo dell’impianto è di € 5000, si determini il risultato economico di periodo e capitale netto, presentando i prospetti finali di conto economico e stato patrimoniale al 31 dicembre 2009. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Costo d’acquisto di materie prime Quota di ammortamento di impianti € Ricavi per prestazione di 8000,00 servizi € 5000,00 Proventi finanziari € 15 000,00 € 250,00 Ricavi provenienti dal passato Rimanenze iniziali di materie prime € Rimanenze iniziali di € prodotti finiti Rimanenze finali di materie 1500,00 prime Rimanenze finali di 800,00 prodotti finiti Totale componenti negative Utile dell’esercizio € 15 Totale componenti 300,00 positive 4950,00 € 20 250,00 Totale a pareggio € Totale a pareggio € 1800,00 € 2000,00 € 1200,00 € 20 250,00 € 20 250,00 STATO PATRIMONIALE Attività Passività € 3500,00 Debiti di funzionamento € 24 500,00 Debiti di finanziamento € 7000,00 Passività presunte Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianti Fondo di ammortamento Totale attività € € 2000,00 Capitale sociale 1200,00 Riserve Utile dell’esercizio € 25 000,00 precedente – € 15 000,00 Utile dell’esercizio € 48 200,00 Totale passività € 11 250,00 € 14 000,00 € 2500,00 € € 15 000,00 1000,00 –€ 500,00 € 4950,00 € 48 200,00 Nota 5: i ricavi provenienti dal passato Si tratta di quelle quote dei ricavi che si sono già manifestati finanziariamente nei passati esercizi, ma che sono di competenza dell’esercizio in corso. Poiché concorrono alla determinazione del risultato d’esercizio devono essere inseriti nel conto economico tra le componenti positivi di reddito. Riprendendo l’esempio dei ricavi anticipati nell’esercizio 7, il ricavo proveniente dal passato è la quota del canone di affitto relativa al mese di gennaio che l’impresa ha già incassato nell’esercizio precedente e che ha rinviato all’esercizio successivo, perché non di competenza. Nel nuovo esercizio al 1° febbraio il canone diventa di competenza Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e e, in quanto tale, deve concorrere alla determinazione del risultato d’esercizio. Si badi bene che il 1° febbraio l’impresa non registrerà alcuna variazione finanziaria per il canone dato che questo è stato già incassato nell’esercizio precedente. Esercizio 11 La società Cantagallo S.p.A. presenta al 1° gennaio 2010 il seguente stato patrimoniale: ATTIVITÀ Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianto Fondo di ammortamento Costi anticipati Totale attività PASSIVITÀ € 2100,00 Debiti di funzionamento € 9600,00 € € 5400,00 Debiti di finanziamento 7200,00 Passività presunte € € 8100,00 200,00 € 5600,00 € 750,00 € 100,00 € 600,00 Capitale sociale € 500,00 Riserve Utile dell’esercizio € 12 000,00 precedente – € 3600,00 € 150,00 € 24 350,00 Totale passività € 24 350,00 Durante l’esercizio la società compie le seguenti operazioni: a) b) c) d) e) acquista un macchinario per € 3000, pagamento differito; vende prodotti finiti per € 6400, incasso dilazionato; acquista materie prime per € 2400, paga immediatamente € 1000, il resto è differito; paga oneri finanziari su mutuo per € 300; presume di dover sostenere costi per risarcimento danni per € 150. Sapendo che: f) g) h) i) le rimanenze di materie prime sono state valutate per € 700; le rimanenze di prodotti finiti sono state valutate per € 800; il costo di utilizzo degli impianti è di € 1200; il costo di utilizzo del nuovo macchinario è pari a 0, si determini il risultato economico di periodo e capitale netto, presentando i prospetti finali di conto economico e stato patrimoniale al 31 dicembre 2010. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime Quota di ammortamento di impianti € Ricavi di vendita di 2400,00 prodotti finiti € 1200,00 € 300,00 Oneri finanziari Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti Costi provenienti dal passato € 600,00 € 500,00 € 150,00 Quote per rischi e oneri futuri € 150,00 € 6400,00 Rimanenze finali di materie prime € Rimanenze finali di prodotti finiti € € Totale componenti 5300,00 positive € 2600,00 € 7900,00 Totale a pareggio Totale componenti negative Utile dell’esercizio Totale a pareggio 700,00 800,00 € 7900,00 € 7900,00 STATO PATRIMONIALE Attività Passività Banca c/c € Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento € Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti € € Impianti Fondo di ammortamento Macchinario Fondo di ammortamento € 800,00 Debiti di funzionamento € 11 800,00 Debiti di finanziamento 7200,00 Passività presunte 700,00 800,00 € 12 000,00 –€ 4800,00 3000,00 0 € 14 000,00 € € 8100,00 350,00 Capitale sociale Riserve Utile dell’esercizio precedente € € 5600,00 750,00 € 100,00 Utile dell’esercizio € 2600,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Totale attività € 31 500,00 Totale passività € 31 500,00 Nota 6: l’acquisto di un nuovo macchinario Quando l’impresa decide di acquistare un nuovo impianto, attrezzatura o macchinario che sia sostiene un investimento. A fronte di una variazione finanziaria negativa, l’impresa sostiene un costo per l’acquisizione del macchinario (variazione economica negativa) che, da quel momento, entra a far parte del patrimonio aziendale e, per tale motivo, è inserito tra le attività dello stato patrimoniale. Il costo d’acquisizione del macchinario non va inserito nel conto economico tra i costi dell’esercizio in quanto il macchinario non verrà utilizzato solo in quell’esercizio ma per tutta la sua vita utile. In conto economico verrà riportato solo il costo di utilizzo del macchinario che rappresenta il contributo del macchinario ai processi produttivi attuati dall’impresa nell’esercizio di riferimento, ma in questo esempio esso è pari a zero. Per la stessa logica, in stato patrimoniale verrà riportato il valore residuo del macchinario (ovvero pari alla differenza tra il costo d’acquisizione e la parte che è stata già ammortizzata), che rappresenta l’utilità che esso è in grado ancora di cedere all’impresa. Dato che il costo di utilizzo dell’anno è pari a zero, nello stato patrimoniale compare esattamente il valore di acquisizione. La redazione di bilancio Esercizio 12 Al 1° dicembre 2008 la società Snoops S.p.A. presenta la seguente situazione contabile (semplificata): Banca c/c Costo d’acquisto di materie prime Impianti (valore di acquisizione) Fondo di ammortamento impianti Debiti di funzionamento Capitale sociale Riserve Crediti di funzionamento Rimanenze iniziali materie prime Rimanenze iniziali prodotti finiti Oneri finanziari Ricavi di vendita prodotti finiti Salari e stipendi Proventi finanziari Debiti di finanziamento € 28 000 € 56 000 € 40 000 € 16 000 € 24 000 € 36 000 € 10 400 € 21 000 € 10 000 € 20 000 € 400 € 81 000 € 12 000 € 4000 € 16 000 Nel periodo 1° dicembre-31 dicembre la società compie le seguenti operazioni: a) concede a terzi un finanziamento di 10 anni per un importo di € 18 000; b) rileva salari e stipendi per € 8000 e procede al pagamento dei dipendenti; Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e c) delibera un aumento di capitale sociale per € 24 000 di cui: € 6000 in contanti ed € 18 000 mediante apporto di un credito di funzionamento; d) paga una rata del mutuo per € 4800, di cui € 800 relativi a interessi. Si proceda quindi alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale di fine esercizio della Snoops S.p.A., sapendo che: e) le rimanenze finali di materie prime sono state valutate pari a € 14 000; f) le rimanenze finali di prodotti finiti e semilavorati sono state valutate pari a € 20 000; g) il costo di utilizzo degli impianti è pari a € 4000. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime Quota di ammortamento di impianti € 56 Ricavi di vendita di 000,00 prodotti finiti € Salari e stipendi Oneri finanziari Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti Totale componenti negative Utile dell’esercizio 4000,00 Proventi finanziari € 20 000,00 € 1200,00 € 10 000,00 € 20 000,00 € Totale a pareggio Rimanenze finali di materie prime Rimanenze finali di prodotti finiti € 111 Totale componenti 200,00 positive 7800,00 € 119 000,00 Totale a pareggio € 81 000,00 € 4000,00 € 14 000,00 € 20 000,00 € 119 000,00 € 119 000,00 STATO PATRIMONIALE Attività Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Passività € 3200,00 Debiti di funzionamento € 39 000,00 Debiti di finanziamento € 18 000,00 € 14 000,00 Capitale sociale € 24 000,00 € 12 000,00 € 60 000,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Rimanenze di prodotti finiti Impianti Fondo di ammortamento Totale attività € 20 000,00 Riserve € 40 000,00 Utile dell’esercizio – € 20 000,00 € 10 400,00 € 7800,00 € 114 200,00 Totale passività € 114 200,00 Esercizio 13 Al 1° dicembre 2009 la società Bo Peep S.p.A. presenta la seguente situazione contabile (semplificata): Ricavi di vendita prodotti finiti Debiti di finanziamento Salari e stipendi Impianti (valore di acquisizione) Fondo di ammortamento di impianti Costo d’acquisto di materie prime Crediti di funzionamento Passività presunte Rimanenze iniziali di materie prime Oneri finanziari Rimanenze iniziali di prodotti finiti Debiti di funzionamento Proventi finanziari Crediti di finanziamento Capitale sociale Riserve Banca c/c € 3600 € 2400 € 1000 € 5000 € 500 € 1200 € 4100 € 250 € 600 € 150 € 850 € 1500 € 100 € 1700 € 7500 € 600 € 1850 Nel periodo 1° dicembre-31 dicembre la società compie le seguenti operazioni: a) cede servizi per € 600, incassati immediatamente; b) la rata del prestito concesso al dipendente relativa al periodo 1° ottobre 2009-1° aprile 2010 e pari a € 300 di cui € 100 a titolo di proventi finanziari verrà incassata in via posticipata nell’esercizio successivo; c) acquista materie prime per € 1225. Il fornitore concede uno sconto di € 25 perché il pagamento è avvenuto in contanti al momento dello scambio; d) la società ha stipulato un contratto per l’affitto di un capannone che prevede il pagamento anticipato di un canone bimestrale di € 700. Il 1° dicembre la Bo Peep paga il canone di affitto del capannone relativo al periodo 1° dicembre-1° febbraio. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Si proceda quindi alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale di fine esercizio della Bo Peep S.p.A., sapendo che: e) le rimanenze finali di materie prime sono state valutate pari a € 500; f) le rimanenze finali di prodotti finiti e semilavorati sono state valutate pari a € 900; g) il costo di utilizzo degli impianti è pari a € 500. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime Quota di ammortamento di impianti € Ricavi di vendita di prodotti 2425,00 finiti € Salari e stipendi Canone d’affitto € Oneri finanziari € Rimanenze iniziali di materie prime € Rimanenze iniziali di prodotti finiti € Totale componenti negative € 3600,00 € 150,00 € 600,00 € 25,00 € 500,00 € € 900,00 350,00 € € 6125,00 100,00 € 6225,00 550,00 Debiti di funzionamento € 4150,00 Debiti di finanziamento € 1700,00 Passività presunte € 1500,00 € 2400,00 € 250,00 500,00 Capitale sociale 900,00 Riserve € 5000,00 Perdita dell’esercizio –€ € € 7500,00 600,00 500,00 Proventi finanziari € Ricavi per prestazione di 1000,00 servizi 700,00 Sconto su acquisto di 150,00 materie prime Rimanenze finali di materie 600,00 prime Rimanenze finali di prodotti 850,00 finiti Costi anticipati € Totale componenti 6225,00 positive Perdita dell’esercizio € 6225,00 Totale a pareggio Totale a pareggio STATO PATRIMONIALE Attività Banca c/c Passività € Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianti Fondo di ammortamento € € –€ 100,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Costi anticipati Totale attività € 1000,00 350,00 € 12 150,00 Totale passività € 12 150,00 Nota operazione b) È il caso di operazioni che da un punto di vista economico sono a cavallo tra due esercizi successivi, mentre la manifestazione finanziaria si avrà totalmente nell’esercizio successivo. Nell’esercizio precedente l’impresa ha concesso un prestito a un dipendente per € 2000. Il prestito ha una durata di 5 anni e prevede il pagamento di 10 rate semestrali. Ogni rata è composta dal rimborso di una parte del prestito (200 cioè 1000 : 10) e dai proventi finanziari pari a € 100, per un totale di € 300. Il pagamento avviene in via posticipata ossia la prima rata relativa al periodo 1° ottobre 2009-1° aprile 2010 verrà pagata il 1° aprile del 2010 e così via con le altre rate. Al 31 dicembre 2009 l’amministratore dell’impresa redige il bilancio. Dovrà tener conto dei proventi relativi al prestito? Sì. Anche se la manifestazione finanziaria del provento si avrà il 1° aprile del 2010 quando l’impresa incasserà la rata, non tutti i proventi che verranno incassati sono di competenza del 2010. Al 31 dicembre 2009 l’impresa ha già maturato proventi per € 50 ossia per una metà dell’ammontare (il periodo è di 6 mesi, al 31 dicembre sono già passati 3 mesi, cioè la metà). Anche se verrà incassato nel prossimo esercizio, quella metà è di competenza dell’esercizio in corso e in quanto tale concorre alla determinazione del risultato dell’esercizio. Per questo motivo dovrà essere inserito nel conto economico dell’esercizio 2009 tra i componenti positivi di reddito quale ricavo di competenza dell’esercizio che da un punto di vista finanziario si manifesterà nel prossimo esercizio. A fronte del provento finanziario di € 50, allora l’impresa dovrà registrare un credito verso terze economie per € 50, che verrà incassato il 1° aprile del 2010 quando il dipendente pagherà la prima rata del prestito. Si badi bene che al 1° aprile 2010 l’impresa incasserà € 300 di cui € 200 per il rimborso del prestito, € 50 per i proventi finanziari di competenza dell’esercizio ed € 50 per l’estinzione del credito di funzionamento. Pertanto in conto economico l’azienda dovrà riportare i provento finanziari non per € 100, ma per € 50, ossia solo per la parte di competenza del 2010. Nota operazione d) Al 1° dicembre 2009 l’impresa paga il canone di affitto del capannone per € 700, relativo al periodo 1° dicembre 2009-1° febbraio 2010. L’impresa rileva in conto economico un costo per l’affitto del capannone di € 700 a fronte di un’uscita di cassa di € 700. La domanda è: questi € 700 sono tutti di competenza dell’esercizio 2009? No. Una parte è di competenza dell’esercizio 2009 (l’affitto del mese di dicembre) e una parte è di competenza dell’esercizio successivo (l’affitto del mese di gennaio). In pratica l’impresa ha pagato il mese di affitto dell’esercizio e in più, in via anticipata, il mese di affitto dell’esercizio successivo. Il canone di affitto del mese di gennaio è un costo, che, pur avendo avuto la sua manifestazione finanziaria nell’esercizio 2009, non è di competenza del 2009, ma dell’esercizio successivo, e perciò deve essere rinviato al 2010. Pertanto nello stato patrimoniale finale del 2009 apparirà tra le voci dell’attivo come fattore produttivo che l’impresa ha acquisito e che ha ancora a disposizione per i prossimi esercizi. Nello stato patrimoniale del 2010 l’impresa si ritroverà tra le attività l’affitto che ha già pagato e che “utilizzerà” nel corso dell’esercizio. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Esercizio 14 Al 1° dicembre 2010 la società Flounder S.p.A. presenta la seguente situazione contabile (semplificata): Capitale sociale Riserve Impianti (valore di acquisizione) Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti Ricavi di vendita Utile dell’esercizio precedente Oneri finanziari Banca c/c Debiti di funzionamento Proventi finanziari Crediti di finanziamento Debiti di finanziamento Crediti di funzionamento € 3200 € 200 € 1500 € 900 € 800 € 1600 € 100 € 30 € 2520 € 600 € 50 € 1200 € 1700 € 500 Nel periodo 1° dicembre-31 dicembre la società compie le seguenti operazioni: a) acquista materie prime per € 1200 per le quali era stato già corrisposto al fornitore un anticipo di € 200; b) regolamento in contanti; c) viene rimborsato un credito di finanziamento per il valore di € 1000, maggiorato di interessi attivi pari al 10%; d) l’utile dell’esercizio precedente viene per il 50% distribuito ai soci e per il restante 50% accantonato a riserva; e) acquista nuove attrezzature per € 800, regolamento differito; f) incasso di € 150 per una commessa che non è stata ancora completa e che verrà consegnata al cliente nel prossimo esercizio. Si proceda quindi alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale di fine esercizio della Flounder S.p.A., sapendo che: g) h) i) j) le rimanenze finali di materie prime sono state valutate pari a € 1000; le rimanenze finali di prodotti finiti e semilavorati sono state valutate pari a € 700; il costo di utilizzo degli impianti è pari a € 300; le attrezzature non sono state ancora utilizzate pertanto il loro costo di utilizzo è pari a 0. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime € Ricavi di vendita di prodotti 1200,00 finiti € 1600,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Quota di ammortamento di impianti Oneri finanziari Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti Totale componenti negative Utile dell’esercizio € € € € € € Totale a pareggio 300,00 Proventi finanziari 30,00 Rimanenze finali di materie 900,00 prime Rimanenze finali di prodotti 800,00 finiti Totale componenti 3230,00 positive 220,00 € 3450,00 Totale a pareggio € 150,00 € 1000,00 € 700,00 € 3450,00 € 3450,00 STATO PATRIMONIALE Attività Passività Banca c/c € Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento € € 2720,00 Debiti di funzionamento 300,00 200,00 Debiti di finanziamento Rimanenze di materie prime € Rimanenze di prodotti finiti € Impianti € Fondo di ammortamento –€ 1000,00 Capitale sociale 700,00 Riserve 2300,00 Utile dell’esercizio 300,00 Totale attività 6920,00 Totale passività € € 1550,00 € 1700,00 € 3200,00 € 250,00 € 220,00 € 6920,00 Nota operazione c) L’utile conseguito nell’esercizio precedente dall’impresa può essere accantonato a riserva o distribuito ai soci sotto forma di dividendo. Se l’impresa decide di non distribuire l’utile ai soci ma di destinarlo a riserva, si registra un aumento della riserva (variazione economica positiva) e la corrispondente riduzione della voce “utile” presente nello stato patrimoniale (variazione economica negativa). Per esempio, se l’impresa consegue un utile di € 500 e decide di accantonarlo a riserva avremo un aumento della voce “riserva” nel passivo dello stato patrimoniale di € 500 e l’eliminazione della voce “utile”. Se, invece, l’impresa decide di distribuire il dividendo ai soci, l’azienda registrerà un’uscita di cassa di € 500 (variazione finanziaria negativa) a fronte di una riduzione dell’utile di € 500 (variazione economica negativa). Nel caso dell’esercizio l’impresa decide per il 50% di destinarlo a riserva e per il restante 50% di distribuirlo ai soci sotto forma di dividendo. Pertanto l’impresa rileva un aumento delle riserve per € 50, un’uscita di cassa per € 50 ed elimina la voce “utile dell’esercizio Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e precedente”. Il dividendo, pertanto, non rappresenta un costo quanto una riduzione delle risorse a disposizione dell’impresa. Esercizio 15 Al 1° dicembre 2010 la società Meeko S.p.A. presenta la seguente situazione contabile (semplificata): Passività presunte Riserve Capitale sociale Banca c/c Costo d’acquisto di materie prime Crediti di funzionamento Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti Debiti di funzionamento Ricavi di vendita di prodotti finiti Salari e stipendi Proventi finanziari Attrezzature (valore di acquisizione) Fondo di ammortamento di attrezzature Crediti di finanziamento Costi anticipati Oneri finanziari Impianti (valore di acquisizione) Fondo di ammortamento di impianti Debiti di finanziamento € 800 € 1000 € 38 000 € 17 000 € 27 000 € 10 000 € 1800 € 2000 € 12 000 € 41 000 € 6400 € 600 € 15 000 € 3000 € 7050 € 750 € 400 € 30 000 € 6000 € 15 000 Nel periodo 1° dicembre-31° dicembre la società compie le seguenti operazioni: a) matura oneri finanziari di competenza sul mutuo non ancora pagati per € 500; b) incassa il canone di affitto del capannone relativo al periodo 1° dicembre-1° marzo per € 900; c) procede al pagamento del risarcimento danni ritenuto probabile al termine dell’esercizio precedente per € 800; d) vende un impianto per € 5000, regolamento in contanti. L’impianto in precedenza era stato acquistato per € 6000 e il fondo di ammortamento a esso relativo, al momento della vendita, ammontava a € 1000; e) il debito di finanziamento contratto con la banca giunge a scadenza: la Meeko rimborsa 1/2 e rinegozia il restante pagando una commissione di € 100. Si proceda quindi alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale di fine esercizio della Meeko S.p.A., sapendo che: f) le rimanenze finali di materie prime sono state valutate a € 1900; g) le rimanenze finali di prodotti finiti e semilavorati sono state valutate pari a € 2100; Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e h) il costo di utilizzo degli impianti è pari a € 5000; i) il costo di utilizzo delle attrezzature è pari a € 1500. Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negative di reddito Componenti positive di reddito Costo d’acquisto di materie prime € 27 Ricavi di vendita di prodotti 000,00 finiti Salari e stipendi € Oneri finanziari Quota di ammortamento di impianti Quota di ammortamento di attrezzature € 6400,00 Proventi finanziari Canone d’affitto del 1000,00 capannone € 5000,00 € 1500,00 Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di prodotti finiti Costi di provenienti dal passato € € Ricavi anticipati € 600,00 € € 46 050,00 Totale componenti positive 450,00 € 46 500,00 Totale a pareggio Totale componenti negative Utile dell’esercizio € Totale a pareggio € 41 000,00 € 600,00 € 900,00 Rimanenze finali di materie 1800,00 prime Rimanenze finali di prodotti 2000,00 finiti 750,00 € 1900,00 € 2100,00 € 46 500,00 € 46 950,00 STATO PATRIMONIALE Attività Passività € 22 000,00 Debiti di funzionamento € 10 000,00 Debiti di finanziamento € 7050,00 Passività presunte Banca c/c Crediti di funzionamento Crediti di finanziamento Ricavi anticipati Rimanenze di materie prime Rimanenze di prodotti finiti Impianti € € 1900,00 Capitale sociale 2100,00 Riserve € 24 Utile dell’esercizio € 12 500,00 € 15 000,00 € € 600,00 € 38 000,00 € 1000,00 € 450,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Fondo di ammortamento Attrezzature Fondo di ammortamento Totale attività 000,00 – € 10 000,00 € 15 000,00 –€ 4500,00 € 67 550,00 Totale passività € 67 550,00 Nota operazione a) L’impresa ha acceso un prestito di € 60 000 per la durata di 5 anni. Il prestito prevede la corresponsione di rate semestrali quadrimestrali composte dal rimborso della quota capitale per € 6000 e dagli oneri finanziari per € 3000. La prima rata relativa al periodo 1° dicembre 2010-1° maggio 2011 viene pagata in via posticipata. Al 31 dicembre 2010 l’impresa ha maturato oneri finanziari per € 500 pari a 1/6 dell’ammontare che dovrà essere pagato il 1° maggio 2011. La Meeko dovrà tener conto degli oneri finanziari maturati nel mese di dicembre anche se la manifestazione finanziaria avverrà nell’esercizio successivo perché rappresentano un costo dell’esercizio dell’impresa e, in quanto tale, deve concorrere alla determinazione del risultato economico del 2010. Pertanto la Meeko dovrà inserire in conto economico tra i componenti negativi di reddito la parte degli oneri finanziari di competenza dell’esercizio, ossia € 500. Allo stesso tempo dovrà riportare che il pagamento di questi € 500 è differito all’esercizio successivo rilevando un debito verso terze economie da inserire nel passivo dello stato patrimoniale. Il 1° aprile 2011, al momento del rimborso della rata, la Meeko registrerà un’uscita di cassa per € 9000 di cui € 6000 per il rimborso della quota di capitale del prestito, € 2500 per gli oneri finanziari di competenza dell’esercizio e € 500 per il pagamento del debito di funzionamento. Di conseguenza nel conto economico del 2011 dovranno essere riportati solo gli oneri di competenza dell’esercizio, ossia € 2500 e non € 3000. Nota operazione b) Il 1° dicembre 2010 la Meeko stipula un contratto per l’affitto del capannone che prevede la corresponsione in via anticipata di un canone trimestrale per € 900. Il primo canone relativo al periodo 1° dicembre 2010-1° marzo 2011 è incassato al 1° dicembre 2010. A fronte di un’entrata di cassa di € 900, l’impresa rileva un ricavo dello stesso ammontare. Tuttavia il ricavo contabilizzato non è tutto di competenza del 2010. Al 31 dicembre 2010, infatti, la Meeko ha maturato solo un mese del canone (€ 300) e non tre. Pertanto il ricavo di competenza dell’esercizio non è € 900 ma solo € 300 relativi al mese di dicembre. Gli altri € 600, invece, essendo relativi ai mesi di gennaio e febbraio, non sono di competenza dell’esercizio in corso, ma di quello successivo, e, per questo motivo, devono rettificati e rinviati al futuro. Allora in conto economico avremo tra le componenti negative di reddito la rettifica dei ricavi non di competenza dell’esercizio per € 600 e in stato patrimoniale tra le passività ricavi anticipati per lo stesso ammontare. Nell’esercizio successivo la Meeko riporterà in conto economico gli € 600 relativi ai canoni d’affitto dei mesi di gennaio e febbraio tra i ricavi provenienti dal passato. Nota operazione c) Nell’esercizio precedente la Meeko ritiene probabile di dover pagare un risarcimento del danno per € 800 e, pertanto, accantona delle somme di denaro (le cosiddette passività presunte) per far fronte a un’eventuale uscita di cassa. A fronte della passività presunta, rileva Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e in conto economico tra i componenti negativi di reddito un costo presunto per lo stesso ammontare. Nell’esercizio successivo la Meeko deve pagare il risarcimento del danno che nell’esercizio precedente aveva ritenuto probabile e rileva un’uscita di cassa per € 800. L’uscita di cassa ritenuta probabile nell’esercizio precedente si è effettivamente verificata e la Meeko utilizza le somme idealmente accantonate (ovvero le passività presunte) per far fronte al pagamento. Pertanto a fronte dell’uscita di cassa l’impresa registra una riduzione delle somme in precedenza accantonate e non un costo. D’altronde, il costo per il risarcimento del danno è stato già iscritto in contabilità nell’esercizio precedente quale costo presunto e, in quanto tale, ha già contribuito alla determinazione del risultato dell’esercizio. Inserirlo anche nel conto economico del 2010 vorrebbe dire sostenerlo per una seconda volta. Nota operazione d) Quando l’impresa decide di vendere un impianto, questo non è più a sua disposizione e non verrà impiegato nei processi produttivi aziendali. Poiché l’impianto non è più nella disponibilità dell’impresa, esso dovrà essere eliminato dall’attivo dello stato patrimoniale per un valore pari al suo costo di acquisizione (in tal caso pari a € 6000). Allo stesso modo l’impresa dovrà annullare il fondo di ammortamento a esso relativo. La differenza tra il costo di acquisizione e il fondo di ammortamento darà l’entrata di cassa pari, quindi, a € 5000. Pertanto, in seguito alla cessione del bene, l’impresa non potrà più adoperarlo all’interno del processo produttivo e quindi non sosterrà più alcun costo per il suo utilizzo. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 9 Strumenti contabili per le decisioni economiche – Esercizi Break-even point di impresa monoprodotto Esercizio 1 La Dinoco S.p.A. produce trenini in legno. La società realizza il prodotto in un laboratorio in affitto pagando un canone annuo di € 4500 oltre a € 1000 per le attrezzature necessarie alla realizzazione dei trenini. La società si avvale per la produzione di un addetto specializzato cui corrisponde uno stipendio di € 2500. La produzione dei trenini comporta l’acquisto di materie prime e di consumo per € 50 a trenino oltre ai costi di commercializzazione e distribuzione pari a € 20 a trenino. Il prezzo unitario di vendita è di € 150. a) Al termine dell’esercizio T la società ha conseguito una perdita di € 2000. Quanti trenini ha realizzato? b) Si determini la quantità di pareggio. c) Si determini il numero di trenini che la società deve vendere in più rispetto alla quantità di pareggio per conseguire un profitto di € 3200. Soluzione COSTI FISSI Canone d’affitto Attrezzature Stipendio per dipendente TOTALE COSTI FISSI COSTI VARIABILI UNITARI Costo d’acquisto di materie prime Costi di commercializzazione e distribuzione € 4500 € 1000 € 2500 € 8000 € 50 € 20 TOTALE COSTI VARIABILI UNITARI € 70 PREZZO DI VENDITA UNITARIO € 150 Quesito a) –€ 2000 Perdita Quantità prodotte 75 Quesito b) Margine di contribuzione unitario € 80 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Quantità di pareggio 100 Quesito c) Utile desiderato € 3200 Quantità da realizzare 140 Differenziale rispetto quantità di pareggio 40 Esercizio 2 La fondazione BimbiFelici ha organizzato per la fine del prossimo mese una festa di beneficenza il cui ricavato sarà devoluto per la costruzione di un ambulatorio pediatrico in Madagascar. Il locale scelto per la festa ha un costo di affitto pari a € 6000 oltre ai costi per le luci e l’allestimento pari a € 800 e le spese per la pubblicizzazione dell’evento pari a € 1700. Un dj e un animatore sono stati ingaggiati per allietare la serata con un costo di € 750 ciascuno. Per il buffet l’associazione si è poi rivolta a un servizio di catering che ha richiesto per cibo e bevande € 20 a persona. Data la capienza del locale sono stati emessi 400 biglietti. a) Si determini il prezzo minimo al quale il biglietto dovrebbe essere venduto in modo che l’associazione possa raccogliere qualcosa. b) La fondazione decide di fissare il prezzo del biglietto a € 45. Si determini la percentuale minima di biglietti che dovrebbero essere venduti per ottenete un risultato positivo. c) L’associazione è riuscita a vendere il 75% dei biglietti. A quale prezzo il biglietto dovrebbe essere venduto per raccogliere € 2000? Soluzione COSTI FISSI Affitto del locale Luci e allestimento del locale Spese di pubblicità Dj Animatore € 6000 € 800 € 1700 € 750 € 750 TOTALE COSTI FISSI € 10 000 COSTI VARIABILI UNITARI Cibo e bevande € 20 TOTALE COSTI VARIABILI UNITARI € 20 Numero di biglietti emessi 500 Quesito a) Prezzo minimo di vendita € 40 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Quesito b) Prezzo di vendita del biglietto € 45 Margine di contribuzione unitario € 25 Quantità di pareggio 400 Percentuale di biglietti da vendere 80% Quesito c) Percentuale venduta Biglietti venduti Profitto obiettivo Prezzo minimo del biglietto 75% 375 € 2000 € 52 Esercizio 3 La società Pingu S.r.l. produce e vende gelato artigianale di elevata qualità. L’impresa dispone di un immobile adibito in parte alla produzione e in parte alla vendita con un costo annuo di € 21 000 oltre ai costi relativi alle attrezzature (€ 16 000) e ai dipendenti (€ 3000). I costi per l’acquisto delle materie prime sono pari a 3 € per ogni kg di gelato mentre il prezzo di vendita è di € 5 al kg. a) Si calcoli il fatturato che l’impresa deve realizzare per raggiungere il punto di pareggio. b) L’impresa intende avviare una ristrutturazione per ampliare il proprio volume di affari e a tal fine decide di acquistare una nuova macchina con un conseguente aumento dei costi del 20%. Qual è il fatturato che l’impresa deve realizzare per essere in pareggio? c) Dopo aver avviato la ristrutturazione, la società intende conseguire un profitto di € 12 000. Qual è il fatturato obiettivo che consente di realizzare l’utile atteso? Soluzione COSTI FISSI Immobile Attrezzature Dipendenti TOTALE COSTI FISSI COSTI VARIABILI UNITARI Costo d’acquisto di materie prime TOTALE COSTI VARIABILI € 21 000 € 16 000 € 3000 € 40 000 €3 €3 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e UNITARI €5 PREZZO DI VENDITA UNITARIO Quesito a) Margine di contribuzione unitario €2 Percentuale margine su prezzo Fatturato di pareggio 40% € 100 000 Quesito b) Percentuale di aumento di costi fissi Nuovi costi fissi 20% € 48 000 Nuovo fatturato di pareggio € 120 000 Quesito c) Utile atteso Fatturato obiettivo € 12 000 € 150 000 Esercizio 4 L’associazione Worldwide sta organizzando un congresso internazionale sul tema della globalizzazione. L’associazione ha ricevuto due proposte per la sede dell’evento: • La prima è uno storico albergo al centro della città che offre la propria sala congressi da 350 posti per € 2250 più € 55 a persona per il servizio cibi e bevande; • La seconda è un centro congressi provinciale che mette a disposizione una delle sue 5 sale meeting da 350 posti a un costo di € 5500. In tal caso il catering per il servizio cibi e bevande ha un costo di € 45 a persona. Vengono inoltre previsti € 1250 di costi amministrativi e di marketing. La quota di partecipazione è di € 75 a persona. a) Si calcoli il punto di pareggio per ciascuna sede in termini di partecipanti al congresso. b) 200 persone confermano la loro presenza al congresso. Quale delle due alternative il comitato organizzatore dovrebbe scegliere? c) Quante persone dovrebbero partecipare al congresso affinché la scelta della sede sia indifferente? Soluzione Proposta A Affitto della sala congressi Proposta B € 2250 Affitto della sala meeting € 5500 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Cibi e bevande € 55 Cibi e bevande € 45 Costi amministrativi e di marketing € 1250 Quota di partecipazione € 75 Quesito a) Proposta A Costi fissi Proposta B € 3500 Margine di contribuzione unitario Quantità di pareggio Costi fissi € 6750 € 20 Margine di contribuzione unitario € 30 175 Quantità di pareggio 225 Quesito b) Persone che partecipano al congresso 200 Proposta A Utile/perdita Proposta B € 500 Utile/perdita – € 750 ALTERNATIVA PROPOSTA A Quesito c) Persone da invitare Esercizio 5 Bubbles S.p.A. è una società leader nel settore delle bibite analcoliche. Sta valutando l’opportunità di lanciare una nuova bevanda energetica. Per la produzione l’impresa potrebbe utilizzare i macchinari già in sua dotazione attualmente in parte inutilizzati per mancanza di impieghi alternativi. La quota di costi fissi imputabile è stimata in € 400 000. La vendita del nuovo prodotto sarebbe invece assicurata attraverso il potenziamento della rete di vendita dell’impresa, per un costo fisso incrementale di € 240 000. I costi variabili di produzione e commercializzazione sono pari a € 42 per unità. Il volume di vendita stimato è di 36 000 unità. Il prezzo di vendita prevedibile, tenuto conto del prezzo dei prodotti concorrenti, è di € 50. a) È conveniente il lancio del nuovo prodotto? b) Si calcoli la quantità di pareggio della Bubbles S.p.A. c) Da una nuova indagine di mercato condotta, la società decide di abbassare il prezzo della bevanda da € 50 a € 48. È ancora conveniente immettere sul mercato la nuova bevanda? 325 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Soluzione COSTI FISSI Macchinari Rete di vendita € 400 000 € 240 000 TOTALE COSTI FISSI COSTI VARIABILI UNITARI Costi di produzione e commercializzazione unitari € 240 000 € 42 VOLUME DI VENDITA STIMATO 36 000 PREZZO DI VENDITA UNITARIO € 50 Quesito a) Utile/perdita € 48 000 Sì Quesito b) Margine di contribuzione unitario Quantità di pareggio €8 30 000 Quesito c) Prezzo di vendita € 48 Margine di contribuzione unitario Utile/perdita €6 – € 24 000 No Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Break-even point di impresa multiprodotto Esercizio 6 Il centro benessere Aloha sta pensando di modificare le propria offerta proponendo 3 pacchetti benessere: Relax, con massaggio + trattamento; Dream, con 2 massaggi + trattamento; Honey, con 2 massaggi + trattamento + solarium. PREZZO COSTO VARIABILE UNITARIO € 100 € 60 € 50 € 40 € 36 € 15 Honey Dream Relax Percentuale di incidenza sul fatturato 50% 30% 20% I costi fissi ammontano a € 130 000. a) Si calcoli il fatturato di pareggio del centro benessere. b) Dopo il primo semestre di prova, il centro benessere modifica le sue previsioni riscontrando il seguente mix: Percentuale di incidenza sul fatturato 35% 35% 30% Honey Dream Relax Qual è il nuovo fatturato di pareggio? Soluzione Prezzo di vendita unitario € 100 € 60 € 50 Honey Dream Relax Costi fissi € 130 000 Quesito a) Media ponderata dei margini di 0,52 Costo Percentuale di Margine di variabile incidenza del fatturato contribuzio unitario sul fatturato totale ne unitario € 40 50% € 60 € 36 30% € 24 € 25 20% € 25 Percentu ale MdC su prezzo di vendita 60% 40% 50% Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e contribuzione unitari in percentuale sul prezzo Fatturato di pareggio complessivo € 250 000 Quesito b) Honey Dream Relax Percentua Prezzo di Costo Percentuale di Margine di le MdC su vendita variabile incidenza del fatturato contribuzio prezzo di unitario unitario sul fatturato totale ne unitario vendita € 100 € 40 35% € 60 60% € 60 € 36 35% € 24 40% € 50 € 25 30% € 25 50% Margine di contribuzione ponderato complessivo 0,50 Fatturato di pareggio complessivo € 260 000 Esercizio 7 La società Gateaux S.p.A. opera nel settore alimentare. Produce tre tipologie di biscotti: normali, dietetici e per celiaci. Nell’ultimo esercizio l’impresa registra una perdita di € 1290. I prezzi di vendita, i costi variabili unitari e le quantità vendute per ogni tipologia di biscotto sono riportate nella tabella seguente: Biscotti tradizionali Biscotti dietetici Biscotti per celiaci PREZZO DI VENDITA € 2,5 COSTO VARIABILE UNITARIO € 1,5 QUANTITÀ VENDUTE 3600 €3 €5 € 1,5 €3 700 180 I costi fissi ammontano a € 6300. a) Per tornare in pareggio, come dovrebbero essere modificati i volumi di vendita dei tre biscotti? b) Mantenendo i dati riportati nella tabella, di quanto dovrebbero essere ridotti i costi fissi per raggiungere il punto di pareggio ? Soluzione Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Perdita dell’esercizio –€ 1290 Percentuale di incidenza del Prezzo fatturato di sul Costo vendita variabile Quantità fatturato unitario unitario vendute Fatturato totale Biscotti tradizionali Biscotti dietetici Biscotti per celiaci Totale Costi fissi € 1,50 3600 € 9000 75% 1 40% €3 € 1,50 800 € 2400 20% 1,5 50% €5 €3 120 € 600 € 12 000 5% 100% 2 40% € 6300 Media ponderata dei margini di contribuzione unitari in percentuale sul prezzo 0,42 Fatturato di pareggio complessivo € 15 000 € 11 250 € 3000 € 750 Quesito b) Costi fissi Percentuale MdC su prezzo di vendita € 2,50 Quesito a) Fatturato da biscotti tradizionali Fatturato da biscotti dietetici Fatturato da biscotti per celiaci Margine di contribuz unitario € 5040 Quantità da produrre Quantità da produrre Quantità da produrre 4500 1000 150 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Riduzione costi fissi – 20% Conto economico per linea di prodotto Esercizio 8 Il Telaio Magico S.r.l. confeziona oggetti di arredamento artigianali in seta. Le sue tre linee di prodotto (coperte, tendaggi e tovaglie) sono commercializzate direttamente attraverso un proprio shop dove lavora una commessa. Al termine dell’esercizio il responsabile amministrativo elabora un conto economico consuntivo complessivo e uno suddiviso per linea di prodotto, in modo da evidenziare il contributo di ciascuna linea di prodotto alla generazione del risultato operativo aziendale. A tal fine sono state raccolte le seguenti informazioni: • La società ha prodotto e venduto 350 coperte, 480 tendaggi e 600 tovaglie a un prezzo medio unitario pari, rispettivamente, a € 250 per le coperte, € 375 per i tendaggi ed € 125 per le tovaglie; • La produzione è effettuata mediante 3 macchinari: la macchina A è impiegata per l’80% per la realizzazione delle tovaglie e per il restante 20% equamente per le coperte e i tendaggi, per un costo complessivo di € 20 000; la macchina B è impiegata per il 70% per la lavorazione delle coperte e per il restante 30% per i tendaggi, per un costo complessivo di € 30 000; infine, la macchina C è impiegata unicamente per la cucitura dei tendaggi con un costo di € 32 500. Nel reparto lavorano 7 operai specializzati: 2 per le coperte, 3 per i tendaggi e 2 per le tovaglie con uno stipendio di € 1500 ciascuno. • il consumo medio unitario di materie prime è stato pari, rispettivamente, a 6 metri per le coperte, 10 metri per i tendaggi e 3 metri per le tovaglie; il costo unitario di acquisto delle materie prime è stato pari a € 25 al metro (non si sono verificate variazioni nel livello delle scorte di materie prime e di prodotti finiti); • lo stipendio mensile corrisposto alla commessa del negozio è stato pari a € 1250; • L’impresa ha effettuato nel corso dell’anno 3 campagne pubblicitarie, una per ogni linea di prodotto, per una spesa pari, rispettivamente, a € 4000 per la linea coperte, € 6000 per la linea tendaggi e € 2000 per la linea tovaglie; • sono stati sostenuti costi amministrativi e generali per un ammontare complessivo pari a € 7500. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Si elabori il conto economico complessivo e per linea di prodotto di Il Telaio Magico in modo da evidenziare il contributo generato da ogni linea di prodotto alla formazione del risultato operativo globale. Soluzione Coperte Tendaggi Tovaglie Quantità vendute Prezzo di vendita Totale 350 € 250 480 € 375 600 € 125 1430 Percentuale di impiego del macchinario A Costo complessivo del macchinario A 10% 10% 80% 100% € 20 000 Percentuale di impiego del macchinario B Costo complessivo del macchinario B 70% 30% 0% 100% € 30 000 Percentuale di impiego del macchinario C Costo complessivo del macchinario C 0% 100% 0% 100% € 32 500 2 3 2 7 6 10 3 € 4000 € 6000 € 2000 Numero di operai specializzati Stipendio del singolo operaio Consumo medio unitario di materie prime Costo d’acquisto unitario di materie prime Stipendio di commessa del negozio € 1500 € 25 € 1250 Spese di pubblicità Costi amministrativi € 12 000 € 7500 CONTO ECONOMICO PER LINEA DI PRODOTTO Coperte Tendaggi Tovaglie Ricavi di vendita Totale € 87 500 € 180 000 € 75 000 € 342 500 € 52 500 € 120 € 45 € 217 500 (–) Costi variabili Costo d’acquisto di materie prime Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e 1° margine di contribuzione 000 000 € 60 000 € 30 000 € 125 000 € 2000 € 9000 € 32 500 € 4500 € 6000 € 16 000 €€€ 3000 € 2000 € 20 000 € 30 000 € 32 500 € 10 500 € 12 000 € 30 000 € 54 000 € 21 000 € 105 000 € 5000 € 6000 € 9000 € 20 000 € 35 000 (–) Costi fissi speciali Macchinario A Macchinario B Macchinario C Stipendi di operai specializzati Spese di pubblicità Totale costi fissi specifici € 2000 € 21 000 €€ 3000 € 4000 2° margine di contribuzione (–) Costi comuni Stipendio di commessa del negozio Costi amministrativi € 1250 € 7500 Totale costi comuni € 8750 € 11 250 Risultato operativo globale Analisi della redditività di diverse linee di prodotto Esercizio 9 Passaporta S.p.A. è specializzata nella realizzazione di portafogli e portadocumenti dall’ottimo rapporto qualitàprezzo. Al termine dell’esercizio T, il responsabile amministrativo ha raccolto i seguenti dati ai fini della valutazione della performance delle singole linee di prodotto: Numero di pezzi venduti Prezzo di vendita unitario Costo di produzione unitario Costo commerciale unitario Stipendi degli operai Ammortamenti di impianti e attrezzature Scorte Crediti di funzionamento Debiti di funzionamento Portafogli 2300 € 16 €6 € 2,50 € 3500 € 7250 Portadocumenti 1500 € 24 €8 €4 € 5250 € 4000 € 20 000 € 45 000 € 15 000 € 42 000 € 58 000 € 25 000 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Impianti e attrezzature € 150 000 € 100 000 a) Sulla base dei dati riportati nella tabella si rediga il conto economico e lo stato patrimoniale consuntivi per le due linee di prodotto. b) Dato il successo che riscontra sul mercato, Passaporta S.p.A. sta valutando un incremento della produzione dei portadocumenti di 300 unità compatibilmente con la propria capacità produttiva. La società infatti non vorrebbe effettuare nuovi investimenti in impianti e in attrezzature in quanto un aumento permanente di questi ultimi non sembra conveniente. La direzione dovrebbe autorizzare o meno questa produzione aggiuntiva? c) La direzione rivede la propria decisione e intende acquistare una nuova attrezzatura al fine di incrementare la produzione di entrambi i prodotti del 20%. La nuova macchina è in grado di lavorare per 2500 ore e verrebbe utilizzata esclusivamente per la produzione aggiuntiva dei portafogli e dei portadocumenti. Sapendo che la macchina impiega 3 ore per realizzare un portafoglio e 5 ore per un portadocumenti, si determini se la nuova attrezzatura è in grado di coprire l’aumento previsto. Come dovrebbe essere allocata la capacità produttiva della nuova macchina tra i due prodotti se la capacità totale risulta insufficiente? Soluzione Portafogl Portadocume i nti Quantità vendute Prezzo di vendita unitario 2300 € 16 1500 € 24 Costo di produzione unitario Costo commerciale unitario €6 € 2,50 €8 €4 Stipendi degli operai Ammortamenti di impianti e attrezzature € 3500 € 5250 € 7250 € 4000 € 20 000 € 45 000 € 15 000 € 42 000 € 58 000 € 25 000 € 150 000 € 100 000 Scorte Crediti di funzionamento Debiti di funzionamento Impianti e attrezzature Quesito a) CONTO ECONOMICO PER LINEA DI PRODOTTO Portafo Portadocumen gli ti Ricavi di vendita Totale € 36 800 € 36 000 € 72 800 € 13 € 12 000 € 25 800 (–) Costi variabili Costi di produzione Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e 800 € 5 750 € 6 000 € 11 750 Totale costi variabili € 19 550 € 18 000 € 37 550 1° margine di contribuzione € 17 250 € 18 000 € 35 250 Costi commerciali (–) Costi fissi speciali Stipendi degli operai Ammortamenti di impianti e attrezzature Totale costi fissi 2° margine di contribuzione € 3500 € 5250 € 8750 € 7250 € 4000 € 11 250 € 10 750 € 9250 € 20 000 € 6500 € 8750 € 15 250 STATO PATRIMONIALE PER LINEA DI PRODOTTO Portafogl Portadocume i nti Totale Scorte € 20 000 Crediti di funzionamento (–) Debiti di funzionamento € 45 000 € 15 000 € 42 000 € 62 000 € 103 € 58 000 000 € 25 000 € 40 000 € 50 000 € 75 000 € 125 000 € 100 000 € 250 000 € 175 000 € 375 000 CCN Impianti e attrezzature € 150 000 CAPITALE INVESTITO NETTO € 200 000 Quesito b) ROI di linea di prodotto Portadocumen ti 5% Portafo Portadocumen gli ti Totale Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e € 36 800 € 43 200 € 80 000 € 13 800 € 5750 € 14 400 € 28 200 € 7200 € 12 950 Totale costi variabili € 19 550 € 21 600 € 41 150 1° margine di contribuzione € 17 250 € 21 600 € 38 850 Ricavi di vendita (–) Costi variabili Costi di produzione Costi commerciali (–) Costi fissi speciali Stipendi degli operai Ammortamenti di impianti e attrezzature Totale costi fissi 2° margine di contribuzione € 3500 € 5250 € 8750 € 7250 € 4000 € 11 250 € 10 750 € 9250 € 20 000 € 6500 € 12 350 € 18 850 Portadocumen ti 7,06% ROI di linea di prodotto Sì Quesito c) Incremento di produzione Quantità aggiuntiva da realizzare Portafo Portadocumen gli ti 0,2 0,2 460 300 Impiego di macchina Ore necessarie 3 1380 Ore disponibili 2500 5 1500 La nuova attrezzatura non riesce a coprire l’incremento previsto MdC/risorsa scarsa 5750 3600 Totale 2880 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Ordine: 1° portafogli; 2° portadocumenti Esercizio 10 La casa editrice Pen&Paper pubblica tre riviste mensili: ScienzA, L’Artista e Viaggiare. La direzione non è soddisfatta dei risultati ottenuti, al di sotto di quelli previsti, e al responsabile amministrativo dà l’incarico di analizzare la performance delle tre linee di prodotto. La tabella seguente riporta i dati relativi all’ultimo esercizio: Numeri venduti al mese Prezzo di vendita Costo variabile unitario Costi fissi specifici ScienzA L’Artista Viaggiare 6250 2500 8000 €5 € 10 €3 €4 €7 € 2,5 € 2500 € 6000 € 1500 a) Qual è la rivista più redditizia? b) Da un’indagine di mercato condotta su un campione di clienti, Pen&Paper prevede di realizzare un fatturato non superiore a € 60 000. Su quale linea di prodotto dovrebbe concentrare i propri sforzi? c) L’impresa ha la possibilità di acquistare una nuova stampante in grado di stampare 15 000 pagine al mese. Numero di pagine da stampare al mese ScienzA 5000 L’Artista 7500 Viaggiare 7500 Totale 20 000 La stampante è in grado di soddisfare il fabbisogno di tutte le tre linee di prodotto? Qualora la stampante non fosse in grado di stampare tutte le pagine richieste, quale rivista dovrebbe essere preferita? Soluzione Prezzo di vendita Numeri venduti al mese Costo variabile unitario Costi fissi specifici ScienzA L’Artista Viaggiare €5 € 10 €3 6250 2500 8000 €4 €7 € 2,5 2500 6000 1500 Quesito a) CONTO ECONOMICO PER LINEA DI PRODOTTO ScienzA L’Artista Viaggiare Totale Ricavi di vendita € 31 250 € 25 000 € 24 000 € 80 250 (–) Costi variabili € 25 000 € 17 500 € 20 000 € 62 500 € 6250 € 7500 € 4000 € 17 750 1° margine di contribuzione Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e (–) Costi fissi specifici € 2500 € 6000 € 1500 € 10 000 2° margine di contribuzione € 3750 € 1500 € 2500 € 7750 1^ linea di prodotto Quesito b) ScienzA L’Artista Viaggiare 20% 30% 17% 1° MdC/ricavi di vendita 2^ linea di prodotto Quesito c) ScienzA L’Artista Viaggiare Numero di pagine da stampare al mese 5000 Capacità stampante 15000 7500 7500 1 0,53 Totale 20000 La capacità produttiva non è sufficiente 1° MdC/risorsa scarsa 1,25 1^ linea di prodotto Analisi reddituale per area strategica di affari Esercizio 11 Silla è una piccola impresa familiare che da generazioni realizza sedie. Il nucleo originale dell’impresa è la produzione di sedie da soggiorno, alla quale si sono aggiunte nel corso del tempo la produzione di sedie a dondolo prima e per ufficio dopo. Le sedie vengono realizzate in tre diversi reparti, per cui hanno cicli produttivi completamente indipendenti tra loro. A capo di ogni reparto vi è un product manager, responsabile della produzione e della commercializzazione del prodotto. Alla fine dell’anno la direzione generale ha convocato i tre product manager in quanto il risultato ottenuto dell’impresa è ben al di sotto delle sue aspettative. In particolare, La redditività delle vendite complessiva dell’impresa (ROS), pari al 16,25%, risulta in diminuzione rispetto all’esercizio precedente. La direzione generale ha affidato al responsabile amministrativo il compito di analizzare la perfomance delle 3 ASA e a tal fine sono state raccolte le seguenti informazioni: Sedie a dondolo Ricavi di vendita € 150 000 Sedie da soggiorno € 750 000 Sedie per ufficio Totale € 300 000 € 1 200 000 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Risultato di ASA Costi comuni Risultato totale € 75 000 € 300 000 € 180 000 € 555 000 € 360 000 € 195 000 a) Qual è l’ASA con la maggior incidenza sul fatturato? E quella con la maggior redditività? b) In che misura i costi comuni incidono sul risultato economico complessivo aziendale? c) Come cambierebbe il ROS se l’impresa procedesse a una razionalizzazione e conseguente riduzione dei costi comuni del 25%? Soluzione Sedie a dondolo Ricavi di vendita Risultato di ASA Costi comuni Risultato totale € 150 000 € 75 000 Sedie da soggiorno € 750 000 € 300 000 Sedie per ufficio € 300 000 € 180 000 Totale € 1 200 000 € 555 000 € 360 000 € 195 000 Quesito a) Incidenza di ASA Sedie a Sedie da Sedie per dondolo soggiorno ufficio 12,5% 62,5% 25% Sedie da soggiorno ROS di ASA 50% 40% 60% Sedie per ufficio Quesito b) Costi comuni/vendite totali 30% Quesito c) Riduzione costi comuni 25% Sedie a dondolo Ricavi di vendita Risultato di ASA Costi comuni post razionalizzazione € 150 000 € 75 000 Sedie da soggiorno € 750 000 € 300 000 Sedie per ufficio € 300 000 € 180 000 Totale € 1 200 000 € 555 000 € 270 000 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Risultato totale ROS di ASA € 285 000 Incidenza di ASA 50% 12,5% 40% 62,5% 60% 25% U/Vendite totali 6,25% 25% 15% Costi comuni/Vendite totali 22,5% ROS totale 23,75% Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 4 Le risorse – Casi aziendali (N.B.: i Casi aziendali 4.1 e 4.2 sono pubblicati nel volume) Caso aziendale 4.3 Il capitale umano: La Formula Uomo Ferrari “Ho sempre detto che per realizzare macchine eccellenti servono uomini eccellenti”: così Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, ha più volte sostenuto la necessità di fare squadra e di valorizzare al massimo le qualità e la passione dei singoli individui, sottolineando come l’uomo sia l’ingrediente fondamentale dei successi sportivi e aziendali del “Cavallino rampante”. Non a caso, la Ferrari è stata più volte riconosciuta più volte come il best place to work. Negli ultimi dieci anni la casa automobilistica di Maranello ha investito circa 200 milioni di euro per mettere i propri dipendenti nelle migliori condizioni mentali e ambientali, e offrire loro reali opportunità di crescita umana e professionale, in linea con la filosofia aziendale basata sull’apprendimento organizzativo, sulla continua ricerca dell’eccellenza e, soprattutto, sulla centralità del fattore uomo. Nell’arco di dieci anni sono stati realizzati: la Galleria del Vento di Renzo Piano (1997); la Nuova Meccanica di Marco Visconti (2001); la Nuova Logistica GeS (2002); il Centro Sviluppo Prodotto di Massimiliano Fuksas e la Nuova Verniciatura di Marco Visconti (2004); il Maranello Village (2006); il nuovo Ristorante aziendale di Visconti e il grande edificio delle Linee di Produzione progettato da Jean Nouvel (2007). Tutte le nuove strutture sono state disegnate anteponendo le esigenze dei lavoratori a ogni altra considerazione. Ecco, allora, gli strumenti di lavoro tecnologicamente più avanzati, gli ampi spazi, la climatizzazione costante, l’uso di materiali ecologici, il rispetto dei parametri acustici, l’illuminazione naturale grazie alle ampie vetrate, le aree verdi e gli spazi adeguati per i momenti di relax. Non solo strutture, ma anche percorsi di formazione e di sviluppo delle competenze per svolgere in maniera eccellente il proprio compito all’interno dell’azienda, e rapporti di collaborazione consolidati con l’Harvard Business School di Boston, l’Institut Européen d’Administration des Affairs di Parigi, il Massachusetts Institute of Technology di Boston e il MIP del Politecnico di Milano. Sono 120 000 le ore di formazione fornite ogni anno e suddivise per tipologia: si parte dalla formazione tecnico-professionale per gli operai, si continua con la formazione di base per gli impiegati neoassunti e per le carriere tecniche, fino a giungere alla formazione per i “capi Ferrari” e per i “leader”. La società propone inoltre una serie di incentivi che premiano la capacità di proposta e di miglioramento della qualità del prodotto e del processo, e una serie di benefit rivolti non solo al dipendente ma anche alla sua famiglia. Tra le iniziative, la formula benessere che consente a tutti i dipendenti di migliorare complessivamente il proprio benessere psicofisico e di potenziare le proprie performance, anche professionali, attraverso una regolare attività sportiva; tutto questo grazie alla collaborazione con i medici che seguono il team di F1 e un completo programma di fitness. È la cosiddetta “Formula Uomo” che mira a valorizzare le capacità delle persone e a stimolarne la creatività, nella consapevolezza che senza di loro il miracolo di una piccola azienda italiana capace di vincere da decenni sulle piste e sui mercati di tutto il mondo, il “mito Ferrari”, non sarebbe stato possibile. Fonte: “Formula Uomo, conoscenza e creatività nella casa di Maranello”, Il Sole 24 Ore, 12 luglio 2006. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.4 La filosofia di Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea Era il 1976 quando il fondatore di Ikea, Ingvar Kamprad, scrisse un breve documento (The Testament of a Furniture Dealer) sul modo di operare della sua società, così che tutti i nuovi impiegati venissero a conoscenza della filosofia che avrebbe dovuto continuare a pervadere la sua azienda. Quattro erano (e sono) i principi cardine: • progresso: una società che pensa di aver raggiunto i suoi obiettivi perde la sua vitalità. Mai fermarsi: rimangono sempre molte cose da fare. È possibile fare progressi solo chiedendosi, senza sosta, come potremmo fare domani meglio di oggi; • soluzioni: le soluzioni costose ai problemi sono spesso segno di mediocrità. Ikea non nutre interesse per una soluzione a un problema finché non ne conosce il costo. Un’idea senza limite di prezzo non è accettabile; • pianificazione: una pianificazione complessa e macchinosa può avere un effetto paralizzante e limitare la libertà di azione. Occorre lasciare che semplicità e buon senso prendano piede; • errori: la paura di sbagliare impedisce ogni sana evoluzione. Fare errori è la prerogativa di ogni persona attiva che si assume delle responsabilità e riesce a rimettere tutto in discussione per iniziare di nuovo. “Facilitare la vita della maggioranza delle persone”: questa è la visione che ha guidato la vita di Kamprad e che si è tradotta nell’offerta di un’ampia gamma di mobili che combinano design, funzionalità e qualità a prezzi accessibili a tutti. Lo staff di Ikea lo considera un leader visionario che è riuscito a trasformare i problemi in opportunità, mostrando ai suoi dipendenti come non sia pericoloso “proporre cose nuove e mettere in discussione regole del gioco ormai consolidate”. Non solo creatività, ma anche una straordinaria cura del dettaglio. Negli anni in cui Kamprad era alla guida dell’azienda controllava ogni cosa personalmente, spesso bypassando l’organizzazione formale e non perdendo mai il contatto con le attività front-line. Quando visitava i magazzini, amava stringere la mano a tutti i dipendenti, offrendo parole di incoraggiamento e ringraziamento per il loro lavoro. Per dare il buon esempio, Kamprad ha sempre vestito in modo essenziale, prenotato alberghi poco cari e richiesto solo il 15% di sconto sull’acquisto di prodotti Ikea, come un qualsiasi dipendente. Lo sviluppo di Ikea rispecchia la personalità e la visione di vita del suo fondatore: semplicità, entusiasmo, disponibilità ad assumersi responsabilità, attenzione ai costi. La selezione del personale è basata sulla ricerca di candidati che possano condividere questa cultura di estrema sensibilità al costo e diffondere all’interno entusiasmo e creatività. Il management senior è prevalentemente svedese perché “deve avere nel sangue la nostra filosofia”. Tutto il personale – dai manager agli addetti alla vendita – deve essere modesto, semplice, rispettoso e autocritico. Ed è per questo che la società spende molto tempo nell’addestramento dei dipendenti e muta frequentemente le responsabilità al suo interno. Addirittura, proprio la paura di dimenticare i princìpi cardine e perdere di vista le esigenze dei clienti aveva indotto alcuni anni fa tutti i dipendenti, di ogni livello, a trascorrere almeno una settimana all’anno nei magazzini Ikea, per osservare da vicino il comportamento d’acquisto, le preferenze, le critiche dei visitatori: “Noi vogliamo essere sicuri di percepire con continuità cosa il consumatore realmente vuole, per essere in linea con i suoi desideri”. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.5 La ricetta segreta e il marchio Coca Cola Fu il farmacista John Pemberton a inventare nel 1886 ad Atlanta, negli Stati Uniti d’America, il “Pemberton’s French Wine Coca”, uno sciroppo venduto presso la farmacia Jacob’s a 5 centesimi il bicchiere come rimedio per il mal di testa. Quella di Pemberton era una variazione del cosiddetto “vino di coca” (o Vin Mariani), una miscela di vino e foglie di coca che aveva avuto largo successo in Europa, dove era stata creata dal farmacista còrso Angelo Mariani. Nella ricetta di Pemberton l’alcol fu sostituito con un estratto delle noci di cola, una pianta tropicale reputata non dannosa per la salute. Dall’uso combinato dei due ingredienti principali, la coca e la cola, la bibita acquisì il nome attuale. Nonostante la scoperta, Pemberton non ebbe la fortuna sperata, si coprì di debiti, e per appena 550 dollari vendette formula e ricetta segreta ad Asa Candler, un abile commerciante, il quale intuì il potenziale del prodotto e trasformò l’invenzione in un business che in soli quattro anni si estese in tutti gli Stati Uniti. A oltre un secolo di distanza, oggi la Coca Cola è un business enorme, gestito dalla The Coca Cola Company con sede a New York, che nel 2010 ha riportato un fatturato di 35,1 miliardi di dollari (in crescita del 5% rispetto all’anno precedente) e un utile di 11,8 miliardi. Da quel lontano 1886 la ricetta della Coca Cola è uno dei segreti commerciali più gelosamente custoditi al mondo: chiusa in un caveau di una banca americana ad Atlanta, con solo due dipendenti del colosso USA autorizzati a conoscerne gli ingredienti. Molti hanno cercato di scoprirla e imitarla e ne sono state pubblicate diverse versioni. L’ultima è stata resa nota dal sito americano This american life che è riuscito a rintracciare un articolo pubblicato nel 1979 da un giornale locale di Atlanta (Atlanta Journal-Constitution) in cui appare senza clamore la lista degli ingredienti e delle rispettive dosi. Tuttavia, il motivo del successo della Coca Cola non risiede esclusivamente nei suoi ingredienti. Quando nel 1985 la Coca Cola lanciò sul mercato la New Coke, modificando la formula tradizionale, la reazione dei consumatori fu istantanea e negativa. Nonostante la le ricerche condotte da Coca Cola indicassero chiaramente che i consumatori preferivano il gusto della nuova formula a quello della precedente, la società riceveva 1500 chiamate al giorno e moltissime lettere in cui i consumatori esprimevano il loro dissenso alla strategia dell’impresa. Dopo mesi di crollo delle vendite, la Coca Cola annunciò che la vecchia formula sarebbe tornata come “Coca Cola Classica” e a essa si sarebbe affiancata la nuova Cola. Perché questo insuccesso? Perché la New Coke non era la Coca Cola. La Coca Cola non è una semplice bevanda dissetante, ma un’icona americana. Il suo successo sta in quello che rappresenta per la “nostalgia americana”, per la sua tradizione e per i suoi rapporti con i consumatori, molto legati alle forti emozioni generate dalla marca. Non a caso Coca Cola è indicato come il marchio per eccellenza e si mantiene da anni ai primi posti nelle classifiche sui marchi più riconosciuti al mondo. Fonte: Bocconi. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.6 La tribù Ducati La Ducati era sull’orlo del fallimento quando, nel 1996, venne rilevata da Federico Minoli per conto di Texas Pacific Group, un fondo di investimento americano. Da allora, l’ex consulente di McKinsey (che ha lasciato Ducati nel 2007) ha fatto schizzare la produzione di moto Ducati dai 12 000 esemplari del 1996 agli oltre 40 000 attuali: niente male per un’azienda da poco più di mille dipendenti. “Quando ho rilevato l’azienda, il tetto della fabbrica perdeva. Eppure la prima cosa che ho fatto è stata avviare la costruzione di un museo. L’iniziativa ha immediatamente scatenato uno sciopero degli operai, tuttavia ha subito chiarito quale fosse la direzione in cui intendevamo muoverci. In Ducati, infatti, non possiamo pretendere di differenziarci dalla concorrenza puntando esclusivamente sul progresso tecnico. I giapponesi in questo campo hanno molte più possibilità di noi. Per poter giustificare la nostra strategia di prezzi elevati, dobbiamo, a parità di tecnologia, valorizzare delle qualità extra, come il ‘mito Ducati’, la nostra originalità e la nostra storia”, afferma Minoli. Non avendo la possibilità di mettere in atto una strategia comunicativa rivolta al grande pubblico per rilanciare l’azienda, perché troppo cara, Minoli ha puntato su tutto un insieme di eventi (tra cui i Ducati Weekends e la World Ducati Week) che hanno permesso all’azienda di costruire una vera e propria “tribù virtuale” (12 milioni di visitatori all’anno sul sito Ducati.com) intorno a una tribù reale di dimensioni ben più modeste (200 000 moto Ducati in circolazione oggi nel mondo, il che significa al massimo 200 000 clienti). Attualmente esistono nel mondo 600 club di appassionati Ducati (40 di questi club hanno più di cinque anni), tutti diversi tra loro, ma accomunati dalla stessa passione. Per Minoli “sono i membri della tribù a fare il lavoro. È questa la cosa geniale. Vi do un esempio: di recente ci è stato dedicato un grande reportage su un’edizione del week-end del Daily Telegraph. Si trattava della partecipazione della Ducati a un raduno di moto d’epoca. In termini di relazioni pubbliche, è stato per noi qualcosa di straordinario. A maggior ragione per il fatto che non abbiamo né il denaro né il peso mediatico sufficienti a imporre alla stampa eventi del genere. Tuttavia, l’articolo è apparso in prima pagina perché il giornalista è un membro della tribù Ducati.” Minoli non si è solo accontentato di utilizzare la comunità per comunicare, l’ha anche mobilitata perché l’aiutasse a definire cosa rende una moto un’autentica Ducati. Sono emersi quattro elementi distintivi: la disposizione a “L” dei cilindri del motore, i tralicci in tubi d’acciaio, il rombo del motore, il comando Desmo (the Desmodromic drive). Oggi Ducati non produce più solo moto, ma anche tutta una gamma di accessori e di abbigliamenti speciali da pista (la linea Ducati Corsa), reperibili esclusivamente presso i Ducati stores (140 nel mondo, di cui 50 in Italia). L’appassionato Ducati può visitare la fabbrica di Borgo Panigale (nei pressi di Bologna), trasformata in un vero e proprio luogo di culto, dove può avere accesso a qualsiasi zona, fatta eccezione per la Ducati Competition, che resta segreta (si ha la possibilità di intravvedere qualcosa attraverso un oblò). Infine può contare sulla grande vicinanza dei membri del personale, poiché anche loro fanno parte della tribù. Come affermava lo stesso Minoli: “Qui non si parla di clienti, ma di fan. E, in termini di marketing, qual è il fan tipo Ducati? All’inizio, avevo intenzione di segmentare la clientela, ma si è rivelato impossibile: il ventaglio di profili spazia dal cliente fortunato, che espone la sua Ducati nel salotto di casa, al semplice operaio, che risparmia un poco alla volta per riuscire ad acquistare la moto dei suoi sogni. È per questo che preferisco parlare di tribù Ducati. Per tribù si intende un gruppo di persone che condividono un qualcosa. Al centro della tribù c’è il totem, la Ducati. Detto questo, il prodotto non identifica la tribù, ma serve da legame identitario tra i suoi membri”. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.7 La reputazione di British Petroleum Il disastro ambientale del Golfo del Messico causato dall’esplosione, il 20 aprile 2010, della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, affiliata alla British Petroleum, è stato certamente il più grave della storia americana. L’esplosione violentissima avvenuta durante il completamento dei lavori presso il Pozzo Macondo ha comportato un massiccio riversamento di petrolio nelle acque del Golfo del Messico, terminato solo 106 giorni più tardi grazie alla cementificazione del pozzo stesso. Ben 200 milioni di galloni di petrolio hanno devastato le coste, la flora e la fauna delle acque di fronte a Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, sui cui fondali giacciono e agiscono pericolosamente, lontani dalla vista, i residui più pesanti. Il colosso petrolifero londinese è stato da subito considerato l’unico responsabile del terribile incidente e, a seguito delle pesanti critiche sulla gestione del disastro della marea nera, il suo AD, Tony Hayward, ha lasciato l’incarico nell’ottobre del 2010. Nei giorni del disastro la British Petroleum è arrivata a spendere fino 6 milioni di dollari al giorno, scontando per di più il calo del prezzo del greggio e il crollo del valore delle sue azioni sui listini di borsa. Ma BP non deve fare i conti solo con le perdite economiche: è in gioco la sua reputazione di “azienda amica dell’ambiente”. A partire dal 2000, infatti, l’azienda ha investito grosse somme per riposizionarsi come compagnia di grande responsabilità sociale, ridisegnando addirittura il proprio logo in un girasole verde e giallo e introducendo il nuovo claim “BP Beyond Petroleum”. Per questa ragione, la cura del sito web è diventata un’assoluta priorità di BP, che da subito l’ha utilizzato come unico strumento di diretta comunicazione con il proprio pubblico, per pubblicare e pubblicizzare la sua verità sulla tragedia del Golfo: anche a distanza di un anno, esiste una sezione, ben visibile fin dalla home page, interamente dedicata all’esplosione nel Golfo del Messico, dove sono contenuti tutti gli interventi di BP a favore della popolazione locale e dell’ecosistema, oltre a dati, cifre e documenti relativi al disastro ambientale. Di recente, la BP, nell’ambito dell’assemblea generale annuale dei soci azionisti, ha dettagliato il suo ingente impegno economico a fronte del disastro ambientale: la società, infatti, oltre a sostenere che i danni siano stati di minore entità rispetto a quanto diffuso a mezzo stampa (anche se la comunità scientifica internazionale, però, pare pensarla diversamente), ha dichiarato di avere già investito, in tal senso, ben più di 13 miliardi di dollari, di cui 500 milioni spesi per finanziare studi scientifici sugli effetti della marea e altri 280 milioni utilizzati per la salvaguardia della fauna e il ripristino dell’habitat marino. Senza contare il fondo di 20 miliardi di dollari istituito per coprire le richieste di compensazione avanzate dalla popolazione locale, in particolare coloro che sono stati a stretto contatto con le spiagge e le acque inquinate dal petrolio. Nonostante una gestione così intensa della comunicazione esterna e gli ingenti investimenti per salvare la sua immagine, per lungo tempo la BP pagherà le conseguenze della negligenza del suo management. Lo stesso Luc Bardin, capo del marketing mondiale della British Petroleum, ha ammesso “che ci vorranno anni per riportare la reputazione di British Petroleum ai livelli precedenti il disastro” e ha riconosciuto che “le azioni hanno un impatto molto più forte della parole”. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.8 Disney-Pixar Come acquisire risorse e competenze: la partnership Nel 1986 Steve Jobs, co-fondatore della Apple, acquistò per soli 10 milioni di dollari la Pixar, allora solo una piccola divisione della Lucas Film, rendendola indipendente. Jobs e il suo socio Edwin Catmull scelsero immediatamente John Lasseter, ex-animatore della Walt Disney, come leader creativo per le sue idee innovative sull’animazione digitale. In quel periodo la società si occupava di computer grafica dal punto di vista software e hardware e il suo principale prodotto era una workstation grafica sviluppata per gestire ed elaborare immagini di grandi dimensioni. I progetti hardware della società non ebbero molto successo, mentre i cortometraggi e lo sviluppo di software per la computer grafica si dimostrarono una strada più produttiva per la società. Nel maggio del 1991 la Pixar stipulò un accordo con la Walt Disney per lo sviluppo e la produzione di tre film d’animazione. Secondo l’accordo, la Walt Disney si impegnava a produrre e distribuire i film sviluppati e diretti da John Lasseter. La remunerazione di Pixar consisteva in una percentuale dei ricavi derivanti dalla distribuzione dei film. Il primo film realizzato fu Toy Story, nel novembre del 1995. Si trattava del primo lungometraggio di animazione, della durata di un’ora e ventuno minuti, realizzato al computer. Il film si rivelò uno straordinario successo, con oltre 360 milioni di dollari di incassi in tutto il mondo, e dopo la realizzazione di Toy Story la Walt Disney estese la sua partnership con la Pixar stipulando nel 1997 un contratto di co-produzione per dieci anni e cinque film. Secondo l’accordo, le due società dovevano dividersi sia i costi di produzione sia i profitti. L’accordo fu molto fruttuoso in quanto i cinque lungometraggi realizzati fecero incassare più di 2,5 miliardi di dollari, molti di più di quelli ottenuti dai film d’animazione tradizionali della Walt Disney. Nel gennaio del 2004, a causa di divergenze, l’allora CEO della Walt Disney, Michael Eisner, rifiutò il rinnovo dell’accordo e dichiarò che avrebbe realizzato i suoi film con un’altra impresa. Con l’arrivo di Robert Iger nel 2005, i contatti tra le due società però ripresero, fino a quando nel 2006 la Walt Disney annunciò l’acquisto della Pixar per 7,4 miliardi di dollari. Alla base della decisione, l’importanza crescente assunta dall’animazione computerizzata, che aveva in buona parte sostituito i lungometraggi realizzati con le tecniche tradizionali. La Pixar era stata la prima azienda a essersi mossa in questo settore e aveva saputo conservare la sua posizione di leadership indiscussa con ottimi risultati in termini di remunerazione delle produzioni, nonostante gli attacchi della concorrenza. Da qui l’interesse di Robert Iger a mantenere una stabile relazione con una società da sempre sinonimo di innovazione e successo. Secondo Nelson Gayton, professore alla Wharton School of Business, l’acquisizione rappresentava per la Disney un’operazione della massima importanza strategica, dati gli ottimi risultati ottenuti dalla precedente partnership, ma soprattutto per le superiori risorse creative e tecnologiche e, quindi, per il valore potenziale che la Pixar avrebbe potuto dare al brand e agli assets della Disney, come parchi a tema e televisione. Il professore sottolineò come l’acquisizione avrebbe sì creato dei benefici, per le possibili sinergie tra le due società, ma anche dei problemi legati alla nuova posizione che Steve Jobs avrebbe assunto all’interno del CdA quale maggior azionista della Disney. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.9 Nicolas Hayek, il creatore della Swatch All’inizio degli anni Ottanta l’industria elvetica degli orologi attraversava un momento decisamente critico: attaccata nella gamma bassa dalla concorrenza giapponese, in difficoltà nella gamma alta per uno scarso tasso di innovazione, aveva perso la leadership nel mercato. Proprio in quegli anni Nicolas Hayek era stato incaricato di sorvegliare, come consulente, la liquidazione delle aziende svizzere ASUAG e SSIH, importanti produttrici di orologi. Credendo che l’industria manifatturiera svizzera di orologi avrebbe potuto rimanere competitiva nel mercato soltanto passando da una profonda ristrutturazione, Hayek non liquidò le due holding, ma, al contrario, le fuse. Successivamente Hayek acquistò il pacchetto di maggioranza della nuova società SMH (acronimo di Société Suisse de Microélectronique et d’Horologerie), diventandone il principale azionista. Nel 1983, con l’aiuto di manager e tecnici, fu inventato lo Swatch, un misto di plastica, marketing, prezzi contenuti (per fare un orologio tradizionale erano necessari 100 pezzi, per uno Swatch solo 51), ma anche di nuovo design e di microelettronica elvetica di qualità. Il prezzo di vendita era meno di 35 dollari. La grande novità introdotta da Hayek fu quella di combinare l’alta tecnologia con un messaggio. La sua strategia centrata sul cliente aveva come obiettivo quello di “emozionare” il prodotto, dotandolo di significati, e di sviluppare relazioni con i clienti, persuadendoli a cambiare il modello di orologio a seconda delle occasioni. Era la prima volta che persone “normali” consideravano l’idea di possedere più orologi e non uno solo. Lo stesso Hayek amava apparire in pubblico indossando più orologi, di solito 4 per braccio. “So perché Swatch ha avuto un così enorme successo. Le domande che mi pongo sempre sono: stiamo rispondendo ai nostri clienti o sono i nostri clienti che accettano ciò che offriamo loro? Come possiamo differenziarci dagli altri offrendo loro qualcosa di realmente diverso? Quali priorità per il mio cliente rappresentano le basi della mia crescita? Prima di Swatch i clienti accettavano ciò che l’industria offriva loro”. Il successo dello Swatch rilanciò anche la gamma alta del Made in Switzerland, secondo una strategia di diversificazione dei prodotti che sarebbe stata sempre uno dei suoi cavalli di battaglia. Tra il 1983 e il 1986 nacque quello che sarebbe diventato più tardi lo Swatch Group. Fu un impulso forte anche per gli altri marchi dell’industria svizzera degli orologi, che lentamente risalirono la china. Prima di creare la Swatch, Hayek non aveva alcuna esperienza nel settore degli orologi. Le sue visioni non erano condizionate dal passato, da storie di grandi successi, e, di conseguenza, poteva analizzare il mercato e l’evoluzione del contesto competitivo senza preconcetti. Questo spiega gli attriti che incontrò da parte degli industriali elvetici: al loro atteggiamento conservatore, Hayek opponeva l’innovazione. Famose le sue lettere di protesta alla blasonata Banca nazionale svizzera negli anni Novanta, quando a suo parere il franco svizzero era troppo alto e danneggiava l’export. Così pure l’ironia e le sfuriate, anche in anni recenti, contro quella parte dei banchieri e degli analisti che badava troppo alla finanza e non capiva il valore reale dei gruppi industriali quotati, tra cui Swatch. Diceva: “Certe mattine mi sento come una tigre. Ho tante idee, ho così tante cose da realizzare”, rivelando così la sua voglia di intraprendere, di cambiare. In effetti, ebbe tante intuizioni: dal telefonino Swatch alla Smart, l’auto Swatch. In entrambi i casi non trovò i partner per lui adatti e lasciò il campo, anche se all’auto ibrida ha continuato a lavorare. Nel 2003 aveva lasciato una parte della direzione operativa al figlio Nick Hayek, che molti chiamano “Junior”. Nicolas Hayek è morto nel giugno del 2010, lasciando ai figli un gruppo che conta, oltre a Swatch, numerosi marchi in tutti i segmenti di mercato (Omega, Tissot, Longines, Blancpain, Breguet tra gli altri), e che nel 2009 ha realizzato un fatturato di circa 5,5 miliardi di franchi e un utile netto di 763 milioni di franchi, con 24 000 dipendenti. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.10 I team manager delle scuderie di Formula 1 È più importante la macchina o il pilota? La domanda è vecchia quanto la Formula 1, eppure non smette di appassionare e di far discutere. Troppo facile vincere con bolidi imprendibili? E allora perché con lo stesso mezzo c’è chi trionfa e chi se la cava appena? Se non avesse guidato la Ferrari di quegli anni, Michael Schumacher non avrebbe probabilmente vinto 5 titoli consecutivi tra il 2000 e il 2004. D’altra parte, è senz’altro vero anche il contrario. Senza un campione del suo calibro un dominio del genere sarebbe stato impensabile. Il pilota conta, eccome. Tuttavia la storia della Formula 1 non è fatta solo di piloti leggendari, di sorpassi al limite, di auto che sfrecciano sull’asfalto incandescente, ma è costituita anche di uomini che sanno come guidare le squadre vincenti. Non a caso, dietro a ogni ciclo di successi di una casa automobilistica c’è sempre un grande team manager. La Ferrari che ha dominato la Formula 1 nell’era Schumacher sarebbe stata la stessa senza Jean Todt? Ovviamente no. Perché fu esattamente con il suo arrivo, nel luglio del 1993, che per il “Cavallino rampante” incominciò un percorso di rinascita. Fu lui, con l’aiuto di Ross Brawn e del tecnico Rory Byrne, oltre che naturalmente di “Schumi”, a mettere in atto la ricostruzione che avrebbe trasformato una scuderia in crisi nera nella squadra più vincente della Formula 1. Dalla programmazione del campionato alle strategie di gara, fino al rapporto con i piloti, è lui che deve tenere le redini della scuderia. Ma Todt non è stato l’unico ad aver legato il proprio nome al successo di una grande scuderia. Ron Dennis, prima di essere risucchiato dallo scandalo della “spy-story” che pose fine alla sua carriera, portò la McLaren a vincere ben 10 campionati piloti e 7 titoli costruttori. Dalla nascita del suo team (il Project 4) all’ingaggio di Niky Lauda, che gli avrebbe regalato il primo titolo nel 1984, la gestione di Dennis si rivelò subito vincente. Frank Williams, pilota prima e carismatica guida della scuderia da lui stesso fondata poi, è un altro esempio di grande team manager. Sotto la sua direzione, in meno di vent’anni la squadra è riuscita infatti a portarsi a casa 9 trofei costruttori e 7 campionati del mondo piloti. E che dire, infine, di Ross Brawn, capace di far nascere dalle ceneri della Honda un team in grado, nell’anno del debutto, di sorprendere tutti e conquistare sia il campionato piloti sia quello costruttori? Quei due bolidi bianchi e verdi che, appena arrivati, facevano mangiare la polvere alle monoposto delle più blasonate e prestigiose scuderie, rimarranno a lungo nella memoria degli appassionati. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.11 Il caso Profumo Alessandro Profumo iniziò la sua carriera molto presto, ad appena vent’anni. Ultimo di cinque figli, nato a Genova e cresciuto a Palermo, si trasferì a Milano da ragazzo, cominciando poco più che maggiorenne la propria esperienza nel mondo del credito al Banco Lariano, dove rimase dal 1977 al 1987; per alcuni anni, dopo il 1987, si cimentò nella consulenza aziendale. Nel 1991, tornò al settore bancario come direttore centrale per il gruppo RAS. Nel 1994, infine, passò al Credito Italiano, e qui la sua scalata fu rapida: direttore generale nel 1995, diventò AD nel 1997. Quando venne fondata Unicredit, nel 1998, Profumo assunse la guida del nuovo colosso bancario e iniziò la sua politica di acquisizione di istituti di credito minori. Il suo script “crescere, razionalizzare, innovare” entusiasmava gli investitori: il prezzo del titolo si sestuplicò tra l’inizio del 1997 e la metà del 1998: UniCredit era ormai un “brand nazionale”. Nel giugno del 2005 procedette al primo takeover europeo cross-border, acquistando HVB Group, seconda banca tedesca, per 18,7 miliardi di dollari. Dopo la fusione con Capitalia, nel 2007, Profumo si ritrovò, appena quarantenne, a capo di uno dei più grandi gruppi bancari d’Europa, presente in 22 Paesi e con 9500 sportelli, di cui poco meno della metà in Italia. Il suo stile di management centralizzato, connubio tra modernità aggressiva e un rigore da capitalismo calvinista, fece di Profumo uno dei più influenti banchieri d’Italia, rispettato nei maggiori centri finanziari internazionali per avere trasformato una banca puramente domestica in uno dei principali gruppi europei, con assets di mille miliardi di euro. I primi problemi cominciarono alla fine del 2007, allo scoppio della crisi finanziaria. Margini in calo, quotazioni del titolo in caduta libera, due aumenti di capitale mal digeriti dai soci (l’Unicredit arrivò a chiedere ai suoi azionisti quasi 10 miliardi di euro in piena crisi finanziaria), un dividendo sull’esercizio 2008 solo in azioni, l’indipendenza ritenuta eccessiva e lo scontro sulla banca unica logorarono il rapporto fra i soci forti di Unicredit, le Fondazioni e Profumo. Fonte di preoccupazione era anche la strategia internazionale intrapresa dalla banca. A scatenare le ire degli azionisti di peso fu tuttavia l’aumento della quota libica che arrivò a toccare nel 2010 il 7,58% (il 4,99% detenuto dalla Banca Centrale Libica e il 2,594% del fondo Libyan Authority Investment), soprattutto perché gli acquisiti erano avvenuti all’insaputa di tutti, anche del presidente di Unicredit, Dieter Rampl. La mancanza di informativa sull’operazione spinse gli azionisti a richiedere al comitato per la governance di effettuare gli opportuni e necessari approfondimenti sui soci libici e sulle possibili ricadute sulla governance della banca. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Profumo venne aspramente criticato per la sua apertura all’entrata di denaro libico nella banca e per il conseguente coinvolgimento della Libia nella finanza italiana. In linea con il suo stile manageriale da padre-padrone, Profumo difese l’investimento libico. Si arrivò alla rottura: il 22 settembre 2010 il Consiglio di Amministrazione di UniCredit, presieduto da Dieter Rampl, votò ad ampia maggioranza la sfiducia a Profumo, che rassegnò le dimissioni con una buonuscita di 40 milioni di euro. Nel comunicato stampa pubblicato da Unicredit si leggeva: “Il Cda e Alessandro Profumo hanno, a seguito dell’orientamento maturato dal Consiglio, concordato che, dopo 15 anni, è giunto il momento di un cambiamento al vertice del gruppo. Alessandro Profumo ha quindi rassegnato le dimissioni da Amministratore Delegato, che il Cda ha accettato, ringraziandolo per gli ottimi risultati raggiunti in questi anni”. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 4.12 farmaceutici Vantaggi competitivi a breve durata: i brevetti Negli anni Novanta le grandi imprese farmaceutiche finanziavano il loro sviluppo vedendo in forti volumi i farmaci protetti da brevetti, la maggior parte dei quali erano il risultato dei grandi progressi fatti dalla ricerca negli anni Settanta. Prima di poter essere commercializzati, infatti, i nuovi farmaci vengono sottoposti a una serie di test clinici particolarmente costosi in termini sia di tempo sia finanziari e devono ottenere l’autorizzazione a essere immessi sul mercato dai competenti organi di Stato (per esempio, per gli Stati Uniti, la Food and Drug Administration – FDA). Il medicinale di marca che supera con successo l’iter autorizzativo è protetto da brevetto per una durata fino a 20 anni, il che significa che durante questo periodo l’azienda farmaceutica può vendere in esclusiva il prodotto della sua innovazione e ha la possibilità di recuperare i costi dell’investimento per la messa a punto del nuovo medicinale. Di norma, il risultato è che il prezzo di vendita del nuovo farmaco è superiore al livello che potrebbe derivare dall’azione della libera concorrenza, in quanto tiene conto dei costi sostenuti dall’azienda farmaceutica per scoprire e sintetizzare il nuovo principio attivo. Scaduto il brevetto sul principio attivo, i medicinali che lo contengono possono essere prodotti e venduti anche da altre aziende farmaceutiche. Sono i cosiddetti farmaci generici o equivalenti, ovvero quei medicinali che, non essendo più coperti da brevetto, possono essere commercializzati direttamente con il nome del principio attivo ed essere venduti a prezzi più bassi. Di fatto la scadenza del brevetto rimuove il monopolio del titolare del brevetto nella vendita del farmaco. Il risultato è una riduzione significativa del fatturato delle aziende farmaceutiche a causa del calo delle vendite dei loro farmaci più diffusi a beneficio dei più convenienti farmaci generici equivalenti. È il caso della Glaxo, una delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo. Negli anni Ottanta la Glaxo godette delle entrate derivanti dal suo principale prodotto: lo Zantac, un farmaco per la cura dell’ulcera che dava risultati largamente superiori a quelli del suo rivale. Lo Zantac era brevettato e pertanto la Glaxo poteva contare su un vantaggio unico. Nel 1991 lo Zantac fu il primo prodotto farmaceutico nella storia degli Stati Uniti a superare la barriera di 1 miliardo di dollari di vendite. Dopo due anni superò i 2 miliardi, raggiungendo così il 70% del mercato mondiale. Questa situazione durò fino al 1998, quando il brevetto dello Zantac scadette. Il mercato fu invaso da prodotti generici che sfruttavano la formula di Zantac (tra cui il Novopharm). La conseguenza fu un abbattimento del valore del titolo da parte di Wall Street. Al fine di contrastare l’offensiva dei farmaci generici, le principali aziende farmaceutiche stanno adottando differenti tattiche. Alcune aziende farmaceutiche tradizionali hanno creato al loro interno una propria divisione dedicata ai farmaci generici (cioè Novartis). Tuttavia, la soluzione preferita è il modello della partnership, in base al quale l’azienda firma un accordo con il produttore di farmaci generici consentendo a quest’ultimo di vendere una “copia autorizzata” del farmaco originale. Tramite tali accordi, la società farmaceutica può conservare una parte del reddito derivante da un farmaco il cui brevetto è prossimo alla scadenza e, di conseguenza, ostacolare il produttore di farmaci generici dal quale proviene la minaccia. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 8 Gli stakeholder e la responsabilità sociale – Casi aziendali Caso aziendale 8.1 Bader Quando lo shareholder sono i dipendenti: Scott La Scott Bader Group è un’industria chimica specializzata in resine e polimeri plastici con sedi produttive in molti Paesi del mondo, fondata da Ernest Bader nel 1921. La società è stata di proprietà della famiglia di Bader e gestita convenzionalmente per i primi trent’anni, ma Ernest Bader non è mai stato un capitalista classico. Per molti anni lui e la sua famiglia hanno cercato una “terza via” di ripartizione del capitale della società, con meno divisioni e un metodo grazie al quale tutti i dipendenti potessero avere effettiva voce in capitolo nella conduzione dell’azienda. Nel 1951 Ernest Bader e gli altri azionisti presero una decisione radicale: donarono a tempo indeterminato la società ai dipendenti. Fu creato un charitable trust, la Scott Bader Commonwealth Limited, che tutt’oggi detiene le quote della Scott Bader Company Limited. La Scott Bader Company Limited è un organismo che si compone di due parti inseparabili: la Scott Bader Commonwealth e la Scott Bader Company. Il primo è un’organizzazione di beneficenza che detiene le quote della Scott Bader Company; la seconda è la società di gestione, di proprietà dei dipendenti, che possono diventare soci aderendo alla Scott Bader Commonwealth. I dipendenti-soci hanno diritto di partecipare alla direzione dell’attività della società con l’esercizio del diritto di voto in base alle azioni detenute in aggiunta al coinvolgimento negli organismi di governance democratica. Le condizioni e i princìpi da seguire furono allegati alla donazione e sono indicati nello Statuto della società. Uno dei punti chiave è l’uso dei profitti. Secondo lo Statuto, al minimo il 60% dei profitti conseguiti dalla società deve rimanere all’interno del gruppo per gli investimenti e lo sviluppo. Del restante 40%, un massimo del 20% può essere versato a titolo di bonus per il personale, con un importo uguale o maggiore dato in beneficenza. L’idea di fondo è che ogni volta che il personale beneficia dei profitti questi devono essere condivisi con i meno fortunati. Nel corso degli anni notevoli somme di denaro sono state assegnate a progetti di beneficenza, come la fornitura di acqua a villaggi rurali in Africa e in India, cliniche di assistenza sanitaria in Sud America e molti progetti per i senzatetto nel Regno Unito. L’adesione al Commonwealth e, con essa, la comproprietà della società, è aperta a tutti i dipendenti dopo un determinato periodo di tempo e dopo un programma di istruzione ai princìpi del Commonwealth. L’adesione deve essere approvata dal Consiglio di Amministrazione del Commonwealth. Questo perché Il successo della struttura partecipativa è possibile solo se i soci sono disposti a parteciparvi pienamente e assumersi le proprie responsabilità. Il gruppo non ha alcun azionista istituzionale esterno; tre organismi sovrintendono la Scott Bader: la fondazione, il CdA del Commonwealth, il Consiglio della Comunità del Regno Unito. Il CdA del Gruppo, che opera come un unico team, si compone attualmente di un presidente (un esperto dipendente) non esecutivo, dell’Amministratore Delegato, di altri tre direttori esecutivi e di sei non esecutivi. Due degli amministratori non esecutivi sono indipendenti dal CdA del gruppo e quattro amministratori non esecutivi provengono dai dipendenti e sono nominati democraticamente dal Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e personale di Scott Bader. Oggi la Scott Bader è una multinazionale in cui lavorano 600 persone in tutto il mondo con un fatturato di 220 milioni. Fonte: www.scottbader.com Caso aziendale 8.2 Gli stakeholder del Padova Calcio “La squadra di calcio appartiene a una comunità e il proprietario non può fare tutto quello che vuole perché l’azienda di calcio non è un’azienda come le altre”. Partendo da questo presupposto, il Padova Calcio è stata una tra le prime società italiane a porre attenzione ai suoi stakeholder e a identificarli all’interno del suo bilancio sociale, il primo per una società calcistica. Non potendo far riferimento ad alcun precedente documentato nel settore calcistico, il gruppo di lavoro ha attivato un processo articolato in due fasi secondo la metodologia proposta dal Copenhagen Centre. Il primo passo è stata l’elaborazione di un elenco dei soggetti, gruppi e operatori che potevano avere anche un minimo interesse nei confronti della società. Successivamente l’elenco è stato sottoposto a undici persone, protagonisti della vita della società, alle quali è stato chiesto di valutare, su una scala da uno a quattro, l’interesse che ogni gruppo di stakeholder poteva avere verso l’operato della società e l’influenza che era in grado di esercitare su di essa. I soggetti chiamati a esprimere tale valutazione sono stati giocatori della prima squadra, il Direttore organizzativo, il Direttore comunicazione e relazioni esterne, il Responsabile e il Segretario del Settore giovanile, l’addetto Stampa, la segretaria, i due addetti all’Ufficio marketing e il Responsabile delle biglietterie. La distribuzione delle preferenze, opportunamente elaborate, ha portato all’individuazione del “peso” di ogni stakeholder. Per i casi nei quali le preferenze si sono distribuite in modo non indicativo, si è fatto riferimento al parere della figura societaria più esperta in quel settore. Nella tabella sottostante sono riportati i risultati della seconda fase del progetto. Soggetto Mass media Interesse per l’operato della Società 0 Istituzioni locali 1 Club organizzati 0 Tifoserie 0 Scuola calcio (ragazzi e famiglie) 1 Settore giovanile (ragazzi e famiglie) 0 Scuole calcio collaterali 1 Comunità virtuale 1 2 Influenza sull’operato della Società 1 0 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Associazioni benefiche 3 Sponsor nuovi 0 Sponsor classici 0 Fornitori 0 Dipendenti 0 Giocatori professionisti 0 Azionisti 0 Istituzioni sportive 0 Comunità cittadina 1 Comunità finanziaria 3 Ambiente 3 Forze dell’ordine 1 Pertanto sono stati individuati due diversi gruppi di stakeholder per un totale di 20 portatori d’interesse. Nel primo gruppo sono state inserite le categorie di stakeholder ai quali è possibile e utile sottoporre un apposito questionario di customer satisfaction ossia i mass media, i genitori e ragazzi della Scuola calcio e del Settore giovanile, gli abbonati e spettatori saltuari, i dipendenti e i collaboratori. Nel secondo rientrano, invece, stakeholder più specifici per i quali si è preferito ricorrere a canali di dialogo più diretti (per esempio l’intervista in profondità) come le istituzioni locali, i club organizzati di tifosi, i dirigenti delle scuole calcio collaterali, le associazioni benefiche, gli sponsor, i fornitori, i giocatori professionisti, gli azionisti, le istituzioni sportive, la comunità cittadina, le forze dell’ordine e l’ambiente. Fonte: www.padovacalcio.it Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 8.3 • • • • • • • • Le aspettative degli stakeholder di Camelot Camelot è l’operatore della lotteria nazionale del Regno Unito. Il suo obiettivo primario è di massimizzare attraverso la vendita del gioco del lotto nazionale i profitti per le buone cause designate dal Parlamento nel modo più efficiente e socialmente responsabile. In particolare Camelot gestisce l’infrastruttura della lotteria nazionale, progetta nuovi giochi, sviluppa il sostegno alla commercializzazione dei prodotti della lotteria, fornisce servizi per i giocatori e i vincitori e, infine, gestisce la rete che vende i biglietti per i giocatori in collaborazione con i suoi rivenditori sparsi in tutto il Regno Unito. Quali sono gli stakeholder di una lotteria e quali sono i loro interessi? Nel suo Stakeholder Report del 2010, Camelot individua 8 categorie principali di stakeholder, indicando per ciascuna le loro aspettative: giocatori e vincitori: i residenti nel Regno Unito che regolarmente giocano alla Lotteria nazionale e i vincitori di somme, sia grandi sia piccole. Si tratta del 70% circa della popolazione inglese. Ciò che a loro interessa sono: l’integrità delle operazioni della lotteria nazionale; chiare regole di gioco e probabilità di vincita; l’affidabilità e l’accessibilità del servizio all’interno del negozio; supporto ai vincitori e protezione sia del cliente sia del vincitore; gruppi di pubblico interesse: istituzioni accademiche, istituzioni benefiche, gruppi religiosi, organizzazioni pubblicitarie e servizi sociali che rappresentano i soggetti che possono incorrere nei rischi insiti nel gioco d’azzardo, quali i giovani, coloro che percepiscono un reddito basso e coloro che possono giocare eccessivamente, o chi lavora a contatto con tematiche di questo ambiente. Il loro principale interesse è la sicurezza del gioco. Si aspettano, quindi, che la lotteria stabilisca elevati standard per la protezione dei giocatori, attui un continuo miglioramento del programma di protezione dei giocatori e supporti quelle organizzazioni che si impegnano nella ricerca e nella prevenzione; enti governativi: Il Ministero della Cultura, dello Spettacolo e dello Sport, altri ministeri, la Commissione per la lotteria nazionale, gli enti per la distribuzione della Lotteria nazionale e l’Unità promotrice della Lotteria nazionale. Anche per loro è importante che Camelot assicuri la protezione dei gruppi più vulnerabili. Allo stesso tempo questi soggetti hanno interesse a massimizzazione delle somme destinate alle buone cause; dipendenti: uno staff composto da più di 900 persone a tempo pieno. Si aspettano di essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano e che il loro ambiente di lavoro sia sano e in grado di supportare l’equilibrio vita-lavoro; comunità locale: le comunità dove i dipendenti lavorano sono rappresentate da istituzioni benefiche locali e gruppi di volontariato. Si aspettano che Camelot si impegni con le imprese locali e fornisca loro un supporto finanziario e non; rivenditori: la loro rete di circa 28 000 rivenditori, partendo dalle catene di grandi supermercati fino ad arrivare ai piccoli negozianti. Si aspettano un incremento delle loro commissioni, un continuo supporto e opportunità di impegno, un’equa selezione del rivenditore e, soprattutto, l’affidabilità e l’accessibilità dei servizi (per esempio terminal o helpline per il rivenditore); fornitori: circa 800 fra grandi e piccoli fornitori di beni e servizi dai quali Camelot acquista beni e servizi. I loro interessi sono principalmente il mantenimento di relazioni durature, un trattamento equo durante il processo di gara e avere informazioni su come verrà assegnata la terza licenza di operare alla lotteria e sull’impatto dei cambiamenti nella regolamentazione del gioco d’azzardo; azionisti: I cinque azionisti della società (Cadbury Holdings Ltd, De La Rue Holdings plc, Fujitsu Services Ltd, Royal Mail Enterprises Ltd e Thales Electronics plc). Vogliono essere prima di tutto a conoscenza dei rischi che potrebbero impattare sulla performance della società. Hanno interesse a ottenere forti performance di vendita e un buon ritorno dall’investimento. Fonte: Corporate Responsability Review 2008 di Camelot. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 8.4 • • • • Il nuovo approccio agli stakeholder di Nike Per anni Nike, azienda nata come produttrice di scarpe sportive e poi sviluppatasi nel settore dell’abbigliamento e di articoli sportivi in generale, ha considerato come stakeholder significativi i soli sportivi e i clienti. Fino agli anni Novanta non sono stati presi in considerazioni altri gruppi di stakeholder e questo ha comportato problemi in termini di reputazione a causa di attacchi contro i suoi comportamenti ritenuti non socialmente corretti. L’accusa principale era quella di commissionare produzioni a imprese coreane e taiwanesi che realizzavano i propri prodotti in Indonesia con salari da fame e utilizzando principalmente i bambini. Successivamente Nike ha abbandonato la sua filosofia originale, go it alone, e si è aperta a un dialogo trasparente e bilaterale con una moltitudine di stakeholder, ciascuno dei quali con priorità ed esigenze specifiche. Come stakeholder core la società ha individuato: i lavoratori, i partner finanziari (sportivi e fornitori), le comunità (lavoratori nella supply chain) e clienti. Tra gli stakeholder indiretti sono stati individuati il mondo accademico, i media, i governi e le ONG. I gruppi con cui oggi Nike ha relazioni sono selezionati sulla base di alcuni criteri principali: legittimità: il gruppo deve avere un interesse diretto in una questione inerenti la Nike; inclusività: il gruppo deve essere parte di un network esteso e portare le istanze di un vasto numero di stakeholder; conoscenza ed esperienza: il gruppo deve possedere uno specifico bagaglio di esperienza e conoscenze utili a supportare l’azienda nella responsabilità sociale; capacità di relazionarsi in modo costruttivo rispetto ai terni in discussione. Nel febbraio 2005, Nike ha presentato il suo primo Stakeholder Forum: una due giorni in cui si sono incontrati business leader, fornitori, membri del mondo accademico, associazioni di lavoratori, ONG e rappresentati di comunità locali per discutere le regole di Nike in alcune questioni chiave riguardanti la supply chain, tra le quali il ruolo delle donne. L’obiettivo del Forum era quello di comprendere i problemi più che di trovare delle soluzioni. Per esempio, nel caso del Multi-Fiber Arrangement (MFA), uno dei punti in discussione, nel giro di sei mesi si è costituito un gruppo di lavoro, composto da ONG, associazioni industriali, istituti finanziari e altre imprese che hanno lavorato insieme sull’argomento, identificando i Paesi nei quali attivare le azioni pilota. Secondo Ziba Cranmer, senior manager delle relazioni con gli stakeholder: “Quando hai un coinvolgimento superficiale con gli stakeholder, non metti in discussioni le tue idee. È utile avere uno scambio con stakeholder differenti che cambiano le prospettive, promuovono l’apprendimento e spingono avanti i partecipanti in modo costruttivo”. Come risultato della consultazione e della negoziazione con questi stakeholder, Nike svelò un’abbondanza di informazioni senza precedenti circa la sua catena di fornitura, inclusi abusi sul lavoro e sui diritti umani. Lo Stakeholder Forum rappresenta una pietra miliare per Nike, la quale è convinta che solo 5 anni prima la metà dei presenti avrebbero rifiutato l’invito a partecipare. Oggi il coinvolgimento degli stakeholder, direttamente interessati o meno alle attività aziendali, ha assunto una notevole importanza per la società, spingendola a dare la priorità a questioni chiave e a sviluppare corrette politiche di responsabilità. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 8.5 Dutch Shell Esempio di responsabilità sociale reattiva: la Royal La multinazionale anglo-olandese Royal Dutch Shell è una delle più grandi imprese al mondo: conta più di 112 000 dipendenti, opera in più di 140 Paesi e nel 2009 ha realizzato un fatturato di 458 miliardi di dollari con un utile netto di 26 miliardi. Conosciuta soprattutto per il marchio Shell con cui commercializza carburante e lubrificanti, la Royal Dutch opera in diversi comparti del settore energetico: dal trasporto e dalla commercializzazione di petrolio e gas fino alla produzione di energia elettrica. Nel 1995 è stata al centro dell’attenzione pubblica per lo scontro con Greenpeace sul destino della piattaforma petrolifera di Brent Spar e dall’emergere di forti tensioni sociali in Nigeria. Il primo problema riguardò l’eliminazione della piattaforma petrolifera di Brent Spar, diventata ormai inutilizzabile. Il piano elaborato dalla società per immergere la piattaforma nel mare si scontrò con gli ambientalisti, preoccupati del grave impatto che l’operazione avrebbe avuto sulla flora e sulla fauna locali. Greenpeace mobilitò un’intensa protesta contro la Shell in molti Paesi europei, attirando così l’attenzione della comunità internazionale sul problema ambientale implicito nel piano della società. Le critiche e gli attacchi ricevuti portarono la Shell a decidere di non immergere la piattaforma nel mare, nonostante avesse il pieno supporto del governo britannico. Il secondo problema si verificò nello stesso anno in Nigeria, in seguito all’esecuzione di nove attivisti che si battevano a favore degli Ogoni. Gli Ogoni sono un gruppo indigeno che da molto tempo protestava contro l’attività di perforazione condotta dalla Shell nella sua terra di origine. La principale accusa mossa verso la Shell era quella di aver distrutto l’ecosistema locale e di non aver proposto agli abitanti alcuna forma di compensazione per i danni subiti. Quando il governo militare nigeriano condannò a morte i nove attivisti che avevano protestato contro l’attività svolta dalla multinazionale anglo-olandese nelle loro terre, la Shell decise di non utilizzare la sua influenza sul governo nigeriano per cercare di salvare loro la vita. La decisione di non intervenire, e quindi indirettamente di sostenere il governo nigeriano, fu duramente condannata dalla comunità internazionale. In seguito a questi due eventi la Shell condusse una ricerca di mercato su vasta scala rivolta ai principali stakeholder per capire come veniva percepita dall’ambiente esterno. I risultati dell’indagine indicarono chiaramente che l’impresa era considerata in modo negativo a causa dei suoi recenti comportamenti, ritenuti non sempre irreprensibili. Shell decise di cambiare atteggiamento: riconobbe pubblicamente di avere compiuto un errore nella gestione del problema della piattaforma di Brent Spar e dei nove attivisti nigeriani e comincia a ridefinire i propri princìpi di business. Secondo i nuovi princìpi la Shell si impegnava a considerare un ampio ventaglio di problemi etici e di interessi esterni mentre il top management era obbligato a comunicare all’esterno le azioni realizzate per rispettarli e i risultati raggiunti. A tal fine la società intraprese l’iniziativa Tell Shell che consente a ogni persona di comunicare direttamente con l’impresa, attraverso lettere, e-mail e la partecipazione a un forum su Internet senza censura. I risultati di questa iniziativa, positivi e negativi, vengono riportati nel bilancio sociale che la società decise di introdurre nel 1998. Contemporaneamente, la società lanciò la campagna pubblicitaria Profits and Principles per cercare di risollevare la sua reputazione. Si trattava di una campagna pubblicitaria a livello mondiale dal costo di 23 milioni di euro, in cui i dipendenti della società, che ne Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e incorporavano i nuovi valori, invitavano il pubblico a fornire feedback mediante il programma Tell Shell. Tuttavia il mutato atteggiamento della Shell si riflesse soprattutto nel modo in cui veniva gestito il problema della piattaforma di Brent Spar. Nel 1999, dopo un intenso dialogo con tutti gli stakeholder (compresi i militanti di Greepeace), l’impresa decise di riutilizzare al piattaforma come banchina in Norvegia, nonostante questa soluzione comportasse costi quasi doppi rispetto alla proposta precedente. Alla razionalità dell’analisi costi-benefici che caratterizzava la cultura aziendale della società si andò ad aggiungere, quindi, un’attività di consultazione volta ad ascoltare l’opinione dei principali stakeholder dell’impresa. Fonte: Bocconi. Caso aziendale 8.6 La responsabilità sociale di Illycaffè La Illycaffè S.p.A. venne fondata da Francesco Illy e Carlo Hausbrandt nel 1933, inizialmente con il nome “Illy & Hausbrandt”. Il sodalizio sarebbe stato breve. Nel 1935 Francesco inventò la macchina “Illetta”, destinata a rivoluzionare il modo di fare l’espresso. Ma la svolta arrivò l’anno successivo con la scoperta della “pressurizzazione”. Vale a dire un nuovo modo di conservare il caffè con gas inerte (azoto) che Illy applicò in esclusiva con i propri contenitori. L’arrivo di Ernesto Illy alla guida dell'azienda nei primi anni Cinquanta confermò l’attitudine della casa di torrefazione alla ricerca di nuovi strumenti produttivi. È suo il brevetto che permette di controllare uno per uno e a velocità impressionante i chicchi di caffè. Questo perché “è sufficiente – sosteneva – che ce ne sia uno solo difettoso e l’espresso cambia aroma, essenza, gusto”. Ed è stato ancora Ernesto il primo artefice di una politica di sviluppo “ecosostenibile”. Un termine “ibrido” che sta a indicare l'intero processo di crescita aziendale e “la cui sostenibilità deve essere economica, sociale e ambientale, nonché coinvolgere in egual misura tutti gli stakeholder”. Oggi il gruppo Illycaffè commercializza la propria miscela in più di 140 Paesi, impiega oltre 700 persone e nel 2009 ha riportato un fatturato consolidato di 283,4 milioni di euro (+ 1,2% rispetto all’anno precedente) con un utile netto di 5,2 milioni di euro. Soprattutto la Illycaffè è la prima azienda al mondo ad aver ottenuto la “Responsible Supply Chain Process”: un nuovo standard aperto alle aziende di tutti i settori che l’ente certificatore DNV (Det Norske Veritas) ha istituito per attestare la sostenibilità dell’azienda a trecentosessanta gradi lungo tutta la filiera produttiva. D’altronde, la Illycaffè è da sempre una stakeholder company fondata sull’etica e ha come obiettivo il miglioramento della qualità della vita. Il concetto di qualità è centrale nella filosofia dell’impresa. E proprio la ricerca continua della qualità mette in moto un circuito virtuoso che crea valore per tutti gli interlocutori coinvolti, dal coltivatore di caffè fino al consumatore della tazzina. Negli ultimi vent’anni la Illycaffè ha messo a punto un sistema di relazioni dirette con i propri fornitori, basato su tre pilastri: selezionare i migliori produttori, premiare la qualità e condividere la conoscenza. L’azienda ricerca nei Paesi produttori di caffè i migliori coltivatori anche attraverso l’istituzione di premi per la qualità (per esempio in Brasile). Una volta individuati, la Illycaffè acquista le produzioni migliori direttamente dalle mani dei coltivatori, creando relazioni durature che mirano a costruire nel tempo valore reciproco sulla base della qualità. Ai propri fornitori la casa di torrefazione italiana assicura un prezzo mediamente più alto del 30% rispetto ai valori di mercato, per premiare la qualità prodotta e stimolare il miglioramento continuo. A patto, però, che la materia prima risponda a parametri di qualità prestabiliti. In questo senso si spiega la creazione nel 1999 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e dell’Università del caffè: un centro di eccellenza creato da Illy per promuovere e divulgare la cultura del caffè, in Italia e nel mondo, coinvolgendo produttori, professionisti e appassionati di caffè. L’università ha sede non solo in Italia, a Trieste, ma anche in altre città di diversi Paesi del mondo (tra cui Il Cairo, Londra, Monaco, New York, Parigi, Rotterdam, San Paolo, Seul, Shanghai, New York) ed è frequentata da quasi diecimila “studenti” intenzionati ad approfondire la conoscenza del caffè. Ai professionisti, che lavorano nei locali, vengono offerte le migliori opportunità di formazione e aggiornamento sul caffè, ma anche sulla gestione e promozione del bar. Ai produttori viene insegnato come ottenere il meglio dalla natura, senza dimenticare le regole per l’organizzazione della piantagione. L’Università del caffè rappresenta, quindi, un modo per trasferire ai produttori tutte le conoscenze che l’azienda ha maturato in ottant’anni di storia d’impresa e di ricerca e per aiutarli a raggiungere i picchi d’eccellenza richiesti dagli standard Illy “senza i quali noi – sottolinea il Presidente e Amministratore del gruppo, Andrea Illy, – non potremmo fare la qualità dell'espresso Illy che ci contraddistingue nel mondo”. Fonte: “Modello di Sostenibilità per il gruppo Illy”, Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2008. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 8.7 • • • • • • Approccio agli stakeholder: Monnalisa La società Monnalisa S.p.A. – con sede ad Arezzo – è stata fondata nel 1968 da Piero Iacomoni e Barbara Bertocci, rispettivamente Presidente e Direttore creativo dell’azienda. Monnalisa S.p.A. fa parte di un gruppo composto da altre cinque società collegate. Nel corso degli anni ha potuto sviluppare una rete distributiva che copre oltre 50 mercati internazionali con flagship stores e corner in tutto il mondo e nei più prestigiosi dept. stores. Nel 2008 il numero dei dipendenti di Monnalisa salì a 70, con un incremento del 9% rispetto all’anno precedente: un fatturato di 30 milioni di euro (+ 17% rispetto al 2007) e un export pari al 40% del fatturato. Con lo scopo di instaurare modalità di dialogo strutturato con i propri stakeholder, Monnalisa ha portato avanti azioni di coinvolgimento con i diversi portatori di interesse. Di seguito le azioni svolte in termini di RSI: azioni rivolte verso i dipendenti: interventi e investimenti in formazione; informazioni interna sui temi relativi alla RSI; istituzione del Comitato etico come organo interno preposto a implementare il sistema di gestione SA8000; azioni rivolte verso i clienti: indagini di customer satisfaction e di misurazione del valore del brand; focus group con i clienti; concorsi di disegno finalizzati a stimolare la creatività dei bambini; miglioramento della qualità del servizio offerto ai clienti (affidabilità delle consegne, assistenza post-vendita, riassortimenti, resi, cambi merci); assistenza di visual merchandising, progettazione di spazi espositivi; servizio di e-commerce; azioni rivolte verso i fornitori: visite ispettive presso fornitori (sia in Italia sia all’estero) per verificare le conformità agli standard di RSI; coinvolgimento dei fornitori nello sviluppo delle collezioni; focus group; azioni rivolte verso il territorio e la comunità locale: collaborazioni con il sistema universitario (tirocini e testimonianze); tavole rotonde con le istituzioni locali; progetti locali sulla RSI; azioni rivolte verso l’ambiente: realizzazione di impianti fotovoltaici, partecipazioni al Progetto Impatto Zero di Life Gate per la riduzione e compensazione delle emissioni di CO2; azioni in ambito sociale: con la costituzione della Fondazione Monnalisa Onlus sono stati organizzati progetti specifici anche in campo sociale: “Arezzo Socialmente Responsabile” ha sviluppato attività di fund raising tra le aziende del territorio e tra i cittadini. Il progetto è stato esteso a tutte le vallate aretine; maratona televisiva di raccolta fondi per 35 progetti di aiuto locali e internazionali; Edustra Day, manifestazione organizzata in occasione della giornata europea della sicurezza stradale con giornata di lezioni teorico-pratiche di educazione stradale. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Caso aziendale 8.8 • • • • • Approccio agli stakeholder: Granarolo Ogni anno Granarolo attiva strumenti di coinvolgimento degli stakeholder finalizzati a definire in maniera “concertata” le proprie politiche di sviluppo sostenibile. I principali strumenti sono l’indagine presso gli stakeholder, finalizzata a raccogliere la “voce” dei principali interlocutori aziendali in merito al grado di prestigio e di fiducia accordato all’azienda e in merito al livello di soddisfazione relativo alle singole politiche di sostenibilità realizzate. L’altro strumento è il “workshop con gli stakeholder”. Il workshop, realizzato per tre volte negli ultimi anni (nel 2002, nel 2004 e nel 2006), vede come protagonisti da una parte il management aziendale e dall’altra una rappresentanza molto qualificata dei principali stakeholder di Granarolo: aziende clienti, banche, associazioni per la difesa dei consumatori, istituzioni, organizzazioni non governative, aziende fornitrici, giornalisti e opinion leader. Le finalità degli incontri, che impegnano i partecipanti per circa 4 ore, sono: presentare il bilancio di sostenibilità; illustrare il report di stakeholder engagement relativo agli interventi effettuati tenendo conto degli spunti di miglioramento emersi dal workshop precedente; raccogliere utili spunti e suggerimenti per migliorare le politiche di “governo sostenibile” del business; consolidare la politica di dialogo costruttivo con i principali interlocutori dell’azienda; individuare aree di intervento comune al fine di migliorare il valore del reciproco scambio. La filosofia del workshop è quella di valutare (ognuno facendosi portatore delle proprie istanze e sensibilità) la corporate sustainability di Granarolo e di offrire spunti di miglioramento riguardo a tali iniziative. In quanto processo partecipativo di alcuni rappresentanti chiave degli attori sociali con cui l’azienda è in contatto, il workshop consente d’individuare scenari comuni d’intervento, grazie ad approcci diversi garantiti dalle differenti istanze di cui si sono fatti portatori i partecipanti. I vantaggi per l’azienda sono stati quelli di aver notevolmente rafforzato il proprio prestigio, il livello di fiducia accordato dagli stakeholder e la capacità di concentrare le risorse e gli sforzi nella direzione maggiormente attesa dagli stakeholder. Il beneficio per lo stakeholder è stata la possibilità di dialogare costruttivamente con l’azienda sulla sua “agenda della sostenibilità”, intervenendo fattivamente sulle azioni convenientemente attuabili per migliorare le performance aziendali nella direzione auspicata dallo stakeholder. In quanto processo partecipativo di alcuni rappresentanti chiave degli attori sociali con cui l’azienda è in contatto, il workshop consente d’individuare scenari comuni d’intervento, grazie ad approcci diversi garantiti dalle differenti istanze di cui si sono fatti portatori i partecipanti. Quindi il workshop è inteso come momento di lettura e decifrazione dell’agone competitivo e come strumento d’individuazione delle cose da fare e da condividere assieme gli stakeholder, al fine di creare le migliori opportunità di generazione del valore per tutti. Fonte: a cura dell’Autore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e La storia della CuordiCrema – Caso longitudinale Capitolo 2 Governo e funzionamento delle aziende (il modello dei circuiti) La storia della CuordiCrema S.p.A. cominciò negli anni Ottanta, quando i quattro fratelli Duè (Marta, Agostino, Antonio e Giacomo) aprirono un piccolo negozio al centro di Vicenza dove vendevano torte fatte in casa secondo le ricette della loro mamma. La signora Maria, toscana di origine, aveva infatti trasmesso ai suoi quattro figli l’amore e la passione per i dolci, crescendoli a pan di spagna e biscotti. La sua specialità era la crema al burro: un tipo particolare di crema fatta solo con burro e zucchero che utilizzava per farcire le torte di compleanno. Alla sua morte, i quattro fratelli decisero di utilizzare l’eredità ricevuta per avviare tutti insieme un’attività che ricordasse la passione della mamma. Trovarono un piccolo locale al centro della città proprio accanto alla loro vecchia casa, lo comprarono e cominciarono a realizzare il loro sogno. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, si suddivisero i compiti: Marta, la primogenita, si sarebbe occupata della realizzazione dei dolci essendo l’unica a conoscerne le ricette; a Giacomo, il fratello più piccolo, fu invece affidata la vendita, per il suo carattere solare e socievole; Agostino e Antonio, infine, si sarebbero occupati degli aspetti amministrativi. I primi ordini erano da parte di parenti e conoscenti: la prima torta alla crema al burro fu richiesta e consegnata alla signora Elena, la loro vicina di casa, nonché l’amica più stretta della signora Maria. Poi toccò alla signora Iole che abitava al piano di sopra, la quale la fece assaggiare alla sua amica, la signora Mariella, che, a sua volta, ne parlò alle sue amiche. Attraverso il passaparola, la CuordiCrema cominciò a essere conosciuta in città e gli ordini iniziarono ad aumentare. Data la conduzione familiare, la realizzazione delle torte avveniva solo su ordinazione. Gli ordini venivano presi il giorno prima per il giorno dopo. Giacomo raccoglieva gli ordini per il giorno successivo entro le 6 del pomeriggio e, sulla base degli ordini ricevuti, Marta comprava gli ingredienti necessari. Farina, zucchero, cacao e i prodotti che potevano essere conservati erano acquistati una volta alla settimana; burro, latte, uova e gli altri ingredienti che, invece, dovevano essere freschi venivano comprati quasi ogni giorno. Acquistati i prodotti, Marta cominciava a fare le torte, che venivano, poi, consegnate l’indomani mattina. Al momento del ritiro, il cliente pagava quanto dovuto per il dolce. Il prezzo era ovviamente al chilo e variava in base al numero di ingredienti utilizzati. Il denaro che restava dopo l’acquisto delle materie prime e il pagamento delle spese per la tenuta del negozio veniva conservato in una sorta di cassa comune. I quattro fratelli decisero di riunirsi l’ultimo venerdì di ogni mese per programmare come mandare avanti l’attività e, soprattutto, cosa fare del denaro presente nella cassa comune. Dopo i primi 6 mesi, l’attività era ben avviata: le ordinazioni erano in aumento e i clienti erano molto soddisfatti dei dolci. L’incremento degli ordini rese necessario l’acquisto di un nuovo forno per poter soddisfare le richieste. I quattro fratelli decisero, pertanto, di non dividersi il denaro presente nella cassa comune e di conservarlo per acquistare il secondo forno. Dopo 2 mesi, riuscirono a raggiungere la somma desiderata e il forno fu acquistato. Ciò nonostante, trascorso poco tempo, i fratelli Duè si trovarono di nuovo nella stessa situazione: la domanda aumentava, ma loro non erano in grado di soddisfarla. Ormai Marta non riusciva da sola a evadere tutti gli ordini che ricevevano, per cui anche le mogli di Agostino e Antonio avevano cominciato a collaborare. Il problema principale, tuttavia, restavano le attrezzature, che non erano per nulla adeguate: avevano Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e bisogno di un nuovo frigorifero, impastatrici, sbattitori elettrici, frullatori. L’acquisto era urgente e, allo stesso tempo, non indifferente. Non potevano aspettare che la cassa comune si riempisse fino all’ammontare necessario come per il forno: ci voleva troppo tempo. L’altra soluzione era dividersi la spesa pagando di tasca propria, ma solo Agostino poteva contribuire e, a quel punto, si tirò indietro. Avevano bisogno di un aiuto. Fu così che decisero di andare in banca e chiedere un prestito. La banca acconsentì e concesse loro un finanziamento della durata di 5 anni, da rimborsare in 20 rate con interessi trimestrali. In questo modo riuscirono ad acquistare le attrezzature necessarie e a soddisfare la crescente domanda dei loro clienti. Non solo: attraverso le entrate derivanti dalle ordinazioni, i Duè erano in grado di pagare le rate del finanziamento alle scadenze prestabilite senza grosse difficoltà, e al termine dei 5 anni il debito era completamente estinto. Capitolo 4 Le risorse A 10 anni dalla sua nascita, la CuordiCrema ha continuato a rinnovarsi creando nuovi prodotti, ampliando il laboratorio e assumendo nuovo personale. A quel primo finanziamento ne sono seguiti altri per acquistare i nuovi macchinari e tenersi al passo con le esigenze della clientela. Nel 1991 il Comune di Vicenza le assegnò il premio come locale storico della città. Un riconoscimento importante che confermò il legame che la CuordiCrema era riuscita a creare con la sua clientela nel corso del tempo. D’altronde i Duè hanno sempre gestito la loro attività puntando sull’elevata qualità del prodotto, che doveva essere prima di tutto fresco, buono e sano, sulla puntualità delle consegne, sull’attenzione al cliente e ai dettagli. Passione, fiducia, qualità, amore per la tradizione erano i valori sui quali la CuordiCrema aveva costruito il suo successo e la sua reputazione presso i clienti. L’idea di base era che il cliente si rivolgeva a loro perché non aveva il tempo di fare dolci e loro li producevano come se fosse la mamma a farlo. Poco tempo dopo, Bretzel, un biscottificio artigianale specializzato in zaletti, baicoli e pevarini, chiese ai fratelli Duè di poter utilizzare il marchio CuordiCrema per i suoi pasticcini. I fratelli sono molto titubanti. La concessione del marchio aveva indubbiamente dei vantaggi: primo tra tutti quello di generare ulteriori ricavi e profitti. oltre a un rafforzamento dell’immagine. Lo svantaggio era legare il proprio nome a un prodotto che poteva non essere all’altezza della reputazione di cui godeva la CuordiCrema. Le titubanze vennero meno quando i quattro fratelli assaggiarono i pasticcini, che si rivelarono in perfetta sintonia con la filosofia della CuordiCrema. I Duè siglarono, quindi, un contratto di licenza che consentiva alla Bretzel di utilizzare il marchio CuordiCrema per i propri pasticcini per la durata di 2 anni. La licenza ebbe ottimi risultati: nel primo semestre sia la Bretzel sia la CuordiCrema registrarono un incremento considerevole delle vendite tanto che altre aziende richiesero di poter utilizzare il marchio. La maggior esposizione sul mercato della CuordiCrema comportò un notevole aumento degli ordini e attirò nuove tipologie di clienti: non più semplici famiglie, ma anche bar, ristoranti e alberghi si rivolsero alla CuordiCrema per le sue famose torte. Il laboratorio dei Duè era ormai troppo piccolo per soddisfare tutte le richieste. Da qui l’idea di aprire uno stabilimento vero e proprio. Antonio aveva già individuato lo stabile alla periferia della città e si era messo in contatto con il proprietario. Il locale rispondeva pienamente alle loro esigenze sia per le dimensioni sia per la posizione, facilmente raggiungibile dal centro della città. Pur decisi ad acquistarlo, il primo problema che si pose era come reperire il denaro. La CuordiCrema ha sempre cercato di lasciare all’interno dell’azienda una parte dei profitti in modo da poter acquistare nuove attrezzature e sostenere le varie spese che l’attività comportava, pianificate e non. Tuttavia, le riserve accumulate negli ultimi anni non erano sufficienti e, comunque, i quattro fratelli non volevano utilizzarle. L’alternativa era quella di chiedere un nuovo prestito alla banca, ma Agostino non era d’accordo per due motivi: la CuordiCrema aveva già un finanziamento a carico che sarebbe giunto a scadenza alla fine dell’anno successivo; il nuovo finanziamento sarebbe stato molto più elevato di quelli precedenti e probabilmente la banca avrebbe richiesto delle garanzie che lui non era disposto a dare. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Dopo molte discussioni, i quattro fratelli decisero di chiedere per il 50% un prestito alla banca e di conferire loro stessi, in parti uguali, l’altra metà. In tal modo l’impegno nei confronti della banca apparve sostenibile, perché in linea con i finanziamenti precedenti, e la somma che loro dovevano versare ragionevole. Una volta reperito il capitale, la CuordiCrema comprò lo stabile e i nuovi macchinari. Si trattava di un cambiamento radicale: non più una lavorazione prettamente manuale, bensì automatizzata. Le nuove attrezzature permettevano di realizzare più prodotti in meno tempo riducendo le tempistiche di lavorazione e, allo stesso tempo, garantivano una certa varietà, con la possibilità di creare il prodotto secondo le specifiche richieste dal cliente all’atto dell’ordinazione. Tuttavia, il passaggio a una produzione del genere portò a non pochi problemi. Subito dopo l’apertura dello stabilimento, la CuordiCrema registrò un brusco calo degli ordini. I dipendenti si lamentavano “perché i nuovi macchinari non funzionano” e per le eccessive ore di lavoro, rimpiangendo la vecchia lavorazione. Lo stabilimento non riusciva a evadere gli ordini in tempo e/o correttamente, per cui, molto spesso, la consegna dei prodotti avveniva in ritardo e/o con errori, con conseguenti reclami da parte dei clienti. Le problematicità nell’evasione degli ordini e nel far lavorare gli impianti ebbero ripercussioni anche nel reperimento delle materie prime necessarie, che a volte risultavano insufficienti, a volte sovrabbondanti. Dato il momento di difficoltà i quattro fratelli si riunirono per capire dove avevano sbagliato e in che modo potevano rimediare. Era evidente come il personale non fosse in grado di adoperare i nuovi macchinari, che non venivano impiegati al pieno delle loro possibilità. Era come se l’investimento non fosse stato mai effettuato dato che i dipendenti lavoravano senza utilizzare le nuove attrezzature, come accadeva in precedenza. La differenza era che ora l’azienda accettava più ordini perché, in teoria, avrebbe dovuto essere in grado di soddisfarli con il nuovo stabilimento, e ciò giustificava il maggior carico di lavoro lamentato del personale. Al momento di decidere se effettuare o meno il nuovo investimento, i quattro fratelli non avevano considerato che l’adozione di attrezzature all’avanguardia richiedeva la presenza di personale qualificato e non solo del semplice pasticciere che sa realizzare torte a regola d’arte. Possedere un impianto in grado di impastare 10 kg di farina ogni 30 minuti, con la possibilità di aggiungere degli ingredienti per differenziare l’impasto, e non saperlo far funzionare equivaleva a non averlo e voleva dire buttare al vento un investimento non indifferente. Allo stesso tempo era necessario che accanto al macchinario ci fosse un esperto dell’arte pasticciera in grado di rendersi conto di eventuali difetti dei prodotti e di inventarne di nuovi. Pertanto i Duè decisero di affiancare ai maestri pasticcieri che lavoravano con loro da anni persone capaci di far funzionare i nuovi macchinari, sfruttandone così le potenzialità. Assunto il nuovo personale specializzato, la situazione migliorò: le macchine cominciarono a essere impiegate a pieno ritmo e il personale iniziò ad apprezzare l’investimento effettuato dalla società. Gli ordini, una volta arrivati allo stabilimento, finalmente venivano espletati senza errori nei tempi programmati, e con l’affitto di un furgoncino il problema della consegna della merce fu in parte risolto. Nonostante gli ultimi interventi, i quattro fratelli si sentivano però ancora in difficoltà, soprattutto Giacomo che non riusciva più a gestire in modo ottimale il nuovo ciclo di ordini, approvvigionamenti, produzione e consegna. Fino a quando si trattava del negozio non c’erano problemi, ma con il nuovo stabilimento le cose erano diventate via via più complicate: gli ordinativi erano aumentati di numero e mole, non era più possibile far riferimento a un solo fornitore, senza parlare poi delle difficoltà nel gestire un team di lavoro vero e proprio. A questo si aggiungevano le numerose richieste di licenze, molte delle quali non davano i risultati sperati. Nessuno dei quattro fratelli aveva le conoscenze e le abilità per affrontare questa nuova situazione. Pertanto, seppur a malincuore, i Duè si resero conto della necessità di un dirigente forte e competente, in grado di coordinare il recepimento degli ordini, l’acquisto delle materie prime dai fornitori e la consegna nei tempi della merce, di gestire i rapporti con il personale e i fornitori oltre che di attuare un’adeguata politica di licensing. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 3 Soggetto economico e corporate governante La decisione di lasciare la guida della CuordiCrema a una persona esterna alla famiglia non era facile da accettare, ma allo stesso tempo era essenziale per il suo sviluppo futuro. Per questo motivo la scelta del manager richiese molto tempo e discussioni prima di essere effettuata: il dirigente doveva sia avere le capacità di condurre l’azienda sia condividere i valori che avevano guidato la CuordiCrema fino a quel momento. Finalmente la decisione fu presa e all’inizio del 1993 i Duè assunsero l’ingegner Nepi. Proveniente da un’antica famiglia di baristi, Nepi sembrava la persona più adatta. La prima cosa che il nuovo dirigente fece fu introdurre una chiara separazione delle attività attraverso l’individuazione di tre aree distinte: l’approvvigionamento, la produzione e la vendita. Ogni area venne assegnata a un responsabile, scelto tra le persone più “esperte” in materia che già lavoravano presso la CuordiCrema: ognuno rispondeva del suo operato all’ingegnere Nepi. L’approvvigionamento si sarebbe occupato del recepimento degli ordini dalla clientela e della trasmissione alla produzione. Non solo: sulla base delle ordinazioni ricevute, provvedeva agli acquisti delle materie prime necessarie presso i fornitori. La produzione, invece, era responsabile della realizzazione del prodotto. Ricevuto l’ordine dall’approvvigionamento, lo eseguiva e, una volta completato, lo comunicava alla vendita. Quest’ultima, infatti, aveva il compito di gestire le consegne ai clienti sia in negozio sia attraverso il furgoncino, e di promuovere le vendite. Ogni mese l’ingegner Nepi riuniva i tre responsabili per analizzare quello che era stato fatto, per affrontare eventuali problemi che erano sorti e per prendere decisioni su cosa fare in futuro. In tal modo l’ingegner Nepi riusciva ad avere una visione a 360 gradi dell’attività della CuordiCrema e, allo stesso tempo, si assicurava una certa condivisione delle decisioni e dei problemi da parte delle diverse aree. Il secondo problema era come gestire il rapporto con i Duè, i fondatori dell’azienda. Nonostante avessero affidato la conduzione della CuordiCrema all’ingegner Nepi, i quattro fratelli non volevano assolutamente essere messi da parte nella gestione della loro azienda. Tuttavia se per Antonio e Agostino era sufficiente essere informati puntualmente su cosa accadeva all’interno dell’azienda ed essere coinvolti al momento di prendere le decisioni più importanti, Marta e Giacomo volevano avere un ruolo attivo all’interno dell’azienda. In particolare, Marta era molto interessata alla creazione dei nuovi prodotti, mentre Giacomo intendeva continuare le trattative che aveva avviato personalmente per la concessione del marchio. Escluderli del tutto voleva dire metterseli contro e perdere l’esperienza (nel caso di Marta) e le conoscenze (nel caso di Giacomo) che avevano maturato. Allo stesso tempo, affidare loro, rispettivamente, la responsabilità della creazione dei nuovi prodotti e la gestione delle licenze avrebbe creato non pochi problemi nella gestione del rapporto. I responsabili delle aree, infatti, erano subordinati all’ingegner Nepi: come si sarebbe dovuto comportare con loro che erano al tempo stesso subordinati e proprietari? E, poi, gli sarebbe bastato essere responsabili solo di quelle aree? L’unica soluzione era una direzione a tre: avrebbero gestito insieme la CuordiCrema e insieme avrebbero preso le decisioni, avvantaggiandosi l’un l’altro delle rispettive competenze ed esperienze. Marta si sarebbe preoccupata in particolar modo della ricerca e dello sviluppo dei nuovi prodotti, Giacomo degli aspetti amministrativi e della gestione delle licenze, e l’ingegner Nepi degli altri aspetti. Di conseguenza, alla riunione mensile ipotizzata dall’ingegner Nepi avrebbero partecipato anche Marta e Giacomo, e a essa si sarebbe aggiunta una riunione tra i tre in cui avrebbero delineato le linee da seguire. Infine, ogni 2 mesi i tre dirigenti avrebbero informato gli altri fratelli sull’andamento della CuordiCrema e sulle decisioni che erano state prese. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Quando l’ingegner Nepi comunicò la sua idea ai Duè, i quattro fratelli ne furono entusiasti: effettivamente era la decisione migliore ed erano sempre più convinti di aver fatto la scelta giusta nell’affidargli l’incarico. I risultati della nuova struttura organizzativa non tardarono ad arrivare, nonostante le difficoltà iniziali. Marta finalmente potè concentrarsi sulla creazione dei nuovi prodotti con ottimi risultati: al concorso regionale per il miglior dessert la CuordiCrema si classificò al terzo posto presentando una torta su tre piani di dodici gusti. Anche Giacomo, sollevato dalle altre incombenze, riuscì a concludere importanti contratti per la concessione del marchio e a impostare un’adeguata e più attenta politica di licensing. Soprattutto, l’organizzazione in tre aree ideata dall’ingegner Nepi diede i risultati sperati. La nuova gestione degli approvvigionamenti garantì la qualità delle materie prime che erano sempre fresche e ordinate nelle quantità appropriate alla produzione. Non venne registrato più alcun ritardo o errore nella trasmissione degli ordini, che venivano eseguiti e consegnati sempre nelle scadenze stabilite, e, in accordo con quanto richiesto dal cliente, con un conseguente aumento delle vendite e della soddisfazione dei clienti. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 7 Il modello del bilancio Alla fine del 1993 i tre dirigenti della CuordiCrema si riunirono per la redazione del bilancio dell’azienda che avrebbero dovuto presentare, poi, ai proprietari nel mese di gennaio dell’anno seguente. La situazione iniziale non era delle migliori. Come si evince dallo stato patrimoniale riportato nella tabella sottostante, nell’esercizio precedente la CuordiCrema aveva riportato una perdita di 6000 euro. Tuttavia, quello che preoccupava il management non era tanto il risultato economico negativo, ma il considerevole ammontare delle rimanenze che risultavano di gran lunga superiori a quelle degli altri anni. Durante l’esercizio i tre dirigenti avevano preso una serie di accorgimenti con l’obiettivo di riportare l’azienda in utile e, tra le altre cose, di ridurre le giacenze di magazzino. Pertanto il management voleva verificare se gli interventi effettuati avevano dato i risultati sperati. ATTIVITÀ Banca c/c Crediti di funzionamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di semilavorati Impianti Fondo di ammortamento Attrezzature Fondo di ammortamento Costi anticipati TOTALE ATTIVITÀ PASSIVITÀ € 42 Debiti di 000,00 funzionamento € 75 000,00 € 18 000,00 Debiti di finanziamento € 100 000,00 € 36 000,00 Ricavi anticipati € 27 000,00 Capitale sociale € 160 000,00 Riserve – € 32 000,00 € 48 000,00 Perdita d’esercizio – € 24 000,00 € 15 000,00 € 80 000,00 € 20 000,00 –€ 6 000,00 € 9000,00 € 284 000,00 TOTALE PASSIVITÀ € 284 000,00 Nel corso dell’anno la CuordiCrema aveva registrato ricavi di vendita per 210 000 euro che erano stati sempre incassati all’atto della consegna della merce. Per soddisfare la domanda dei clienti l’azienda aveva acquistato materie prime per 81 000 euro con pagamento dilazionato. Inoltre erano stati pagati salari e stipendi ai dipendenti per 63 000 euro. Nel mese di settembre la CuordiCrema era stata richiamata da un panificio perché aveva concesso la licenza per l’utilizzo del marchio sia al panificio sia a un suo diretto concorrente. Secondo il titolare del panificio, la concessione della licenza a entrambi aveva danneggiato la sua Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e azienda e, quindi, CuordiCrema doveva risarcirgli il danno. Per questo motivo la dirigenza ritenne probabile di dover sostenere un costo per il risarcimento dei danni per 4200 euro. Nel mese di dicembre la CuordiCrema rimborsò la rata semestrale del finanziamento acceso per 30 000 euro di cui 5000 per interessi passivi. Sempre nel mese di dicembre l’azienda provvide a pagare il canone quadrimestrale per l’affitto del furgoncino pari a 7200 euro e relativo al periodo 1° dicembre 1993-1° aprile 1994. L’ingegner Nepi fece poi notare agli altri due dirigenti che la CuordiCrema aveva maturato proventi per la concessione della licenza sul marchio per 19 000 euro che sarebbero stati incassati nell’esercizio successivo. Il contratto di licenza del marchio prevedeva, infatti, la corresponsione semestrale alla CuordiCrema di proventi per 38 000 euro con pagamento posticipato, per cui i proventi relativi al periodo 1° ottobre 1993-1° aprile 1994 sarebbero stati incassati il 1° aprile 1994. Infine il management effettuò le seguenti stime: • • • • Le rimanenze di materie prime sono state valutate per 24 000 euro; Le rimanenze di semilavorati sono state valutate per 18 000 euro; Il costo di utilizzo degli impianti è 16 000 euro; Il costo di utilizzo delle attrezzature è di 12 000 euro. 1. Quale risultato economico ha conseguito la CuordiCrema? 2. A quanto ammonta il suo capitale di funzionamento? Soluzione CONTO ECONOMICO Componenti negativi di reddito Componenti positivi di reddito Rimanenze iniziali di materie prime Rimanenze iniziali di semilavorati Costi provenienti da passati esercizi Ricavi provenienti da passati € 36 000,00 esercizi € 15 000,00 € 27 000,00 € 9000,00 Costo d’acquisto di materie prime Salari e stipendi Ammortamento di impianti Ammortamento di attrezzature Canone d’affitto del furgone Oneri finanziari € € € € € € 81 000,00 63 000,00 32 000,00 12 000,00 7200,00 5000,00 Quote per rischi e oneri futuri € TOTALE COMPONENTI NEGATIVI Utile dell’esercizio TOTALE COMPONENTI A PAREGGIO TOTALE COMPONENTI € 276 400,00 POSITIVI € 15 000,00 TOTALE COMPONENTI A € 291 400,00 PAREGGIO Ricavi di vendita di prodotti finiti Proventi da licenza marchio € 210 000,00 € 19 000,00 Rimanenze finali di materie prime € Rimanenze finali di semilavorati € 24 000,00 18 000,00 € 5400,00 4200,00 Costi anticipati € 291 400,00 € 291 400,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e STATO PATRIMONIALE ATTIVITÀ Banca c/c Crediti di funzionamento Rimanenze di materie prime Rimanenze di semilavorati Impianti Fondo di ammortamento Attrezzature Fondo di ammortamento Costi anticipati TOTALE ATTIVITÀ PASSIVITÀ € 151 800,00 Debiti di funzionamento € 37 000,00 Debiti di finanziamento Passività presunte € 24 000,00 Ricavi anticipati € 18 000,00 Capitale sociale € 160 000,00 Riserve – € 64 000,00 Perdita dall’esercizio precedente € 48 000,00 Utile dell’esercizio – € 36 000,00 € 156 000,00 € € 75 000,00 4200,00 € - € 80 000,00 € 20 000,00 –€ 6000,00 € 15 000,00 € 5400,00 € 344 200,00 TOTALE PASSIVITÀ € 344 200,00 Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 8 Gli stakeholder e la responsabilità sociale Dopo la crisi dei primi anni Novanta e gli importanti cambiamenti a essa seguiti, la CuordiCrema stava attraversando un periodo molto positivo sotto diversi punti di vista. I fratelli Duè erano molto contenti della loro azienda: negli ultimi anni la CuordiCrema aveva sempre conseguito risultati economici positivi e godeva di un’ottima reputazione, come dimostravano i diversi riconoscimenti ottenuti. I clienti si dichiaravano molto soddisfatti della bontà dei prodotti, dell’alta qualità del servizio, sempre attento e puntuale, e apprezzavano particolarmente la continua ricerca, da parte dell’azienda, di nuove creazioni. La notorietà del marchio CuordiCrema e l’immagine positiva che aveva conquistato e mantenuto sul mercato rispondevano alle attese dei licenziatari per i quali era importante che il marchio CuordiCrema continuasse a essere riconosciuto dal mercato, quale sinonimo di qualità e creatività. Anche i fornitori gradivano la linea che la CuordiCrema aveva seguito nei loro confronti e, in particolare, la precisione nei pagamenti e la volontà di costruire una relazione stabile, duratura e profittevole per entrambi. D’altronde, pure i finanziatori avevano un’eccellente opinione della CuordiCrema per la puntualità nei pagamenti e per la solidità patrimoniale e finanziaria che la caratterizzava. Il personale, invece, apprezzava il clima che vi era all’interno dell’azienda, molto amichevole e poco formale, l’adeguato equilibrio tra i carichi di lavoro e lo stipendio percepito, nonché la disponibilità della direzione a eventuali esigenze. Infine l’ingegner Nepi era molto soddisfatto dei risultati conseguiti dall’azienda, economici e non, e, soprattutto, del processo di crescita e di sviluppo che aveva intrapreso. Nonostante questo, mancava ancora qualcosa. Di ciò discussero i tre dirigenti nell’ambito della loro tradizionale riunione mensile: le cose andavano molto bene, tutti i loro interlocutori avevano un giudizio positivo sull’azienda, eppure non bastava. Dopo lunghe valutazioni e analisi, fu Marta a scoprire quello che non andava chiedendo ai suoi colleghi: “Che cosa facciamo per la comunità?”. La CuordiCrema aveva infatti pensato ai clienti, ai fornitori, ai licenziatari, ai dipendenti, ai portatori di capitale proprio e di debito, ma non aveva preso in considerazione l’ambiente in cui da sempre svolgeva la sua attività. La comunità: ecco quello che mancava. “Che cosa possiamo fare per la comunità?”: questo si domandarono i tre dirigenti. L’ingegner Nepi portò subito l’attenzione sull’ambiente e sulla necessità di rispettarlo. La CuordiCrema era una gran “produttrice” di rifiuti, soprattutto di plastica e carta, oltre agli scarti derivanti dalla produzione dei dolci. La proposta dell’ingegner Nepi era d’introdurre all’interno dell’azienda un sistema di raccolta differenziata adeguato. La CuordiCrema sarebbe stata la prima pasticceria in città a introdurlo e, naturalmente, all’inizio ci sarebbero state sicuramente delle difficoltà. Prima di tutto sarebbe stato necessario “educare” il personale a differenziare le diverse tipologie di rifiuti attraverso incontri mirati, appendendo cartelloni con le istruzioni nei vari locali aziendali e altre attività ad hoc. La cosa più difficile sarebbe stata far comprendere e trasmettere a tutti i dipendenti le motivazioni alla base dell’iniziativa, che avrebbe richiesto un importante impegno da parte dell’azienda sia da un punto di vista economico sia di tempo ed energie. La CuordiCrema, infatti, avrebbe dovrà dovuto acquistare le attrezzature adatte e inizialmente la raccolta avrebbe richiesto più tempo, e probabilmente ci sarebbero stati molti errori. Si trattò di uno sforzo notevole per l’azienda, ma a tutto vantaggio dell’ambiente. In linea con il progetto, Giacomo propose di ridurre l’utilizzo di materiali non riciclabili e di sostituirli il più possibile con quelli biodegradabili: per esempio diminuendo la quantità di plastica e aumentando la carta, con preferenza per quella riciclata. Anche il furgoncino doveva essere in linea con la nuova politica: i tre dirigenti decisero di non adoperare più il vecchio veicolo e di affittarne uno ecocompatibile. Certo il canone di affitto sarebbe stato più alto, ma l’impatto sull’ambiente sarebbe risultato minore. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Marta era d’accordo con le proposte fatte dai suoi colleghi: ne condivideva i valori e le modalità con cui sarebbero state attuate. Tuttavia, lei in prima persona volle far qualcos’altro per la comunità. La sua idea era quella di utilizzare il vecchio laboratorio all’interno del negozio per organizzare delle lezioni di pasticceria e devolverne il ricavato ad associazioni culturali, di volontariato, enti no-profit e fondazioni. Le lezioni potevano essere svolte in occasione delle festività (per esempio Natale, Pasqua, San Valentino) proponendone i dolci tradizionali; potevano essere “a tema” (per esempio torte di compleanno, torte al cioccolato, crostate) o rivolte a un particolare gruppo di persone (per esempio single, bambini, over 60). Si poteva pensare anche a dei veri e propri corsi in cui, a partire dalle ricette più semplici, si insegnava agli alunni come fare una torta perfetta, trasmettendo le conoscenze e l’esperienza che la CuordiCrema aveva maturato nel corso del tempo. L’impresa non avrebbe dovuto sostenere elevati costi aggiuntivi in quanto avva già a disposizione il locale e le attrezzature. Il problema era più che altro organizzativo, ma Marta era così entusiasta che la proposta venne approvata. D’altronde, l’iniziativa sembrava veramente interessante: da una parte la CuordiCrema avrebbe potuto contribuire a iniziative di solidarietà e culturali; dall’altra avrebbe avuto la possibilità di fidelizzare ancor più i clienti e rafforzare la sua immagine sul mercato. Quando i tre dirigenti proposero le loro idee ad Antonio e Agostino, e ai responsabili delle diverse aree, le reazioni non furono quelle attese. Sia i proprietari sia i responsabili non furono molto d’accordo con i progetti e sollevarono obiezioni e dubbi. I dirigenti difesero le loro idee e alla fine giunsero a un compromesso: un periodo di prova di 6 mesi in cui sarebbero stati organizzati quattro corsi di pasticceria e l’azienda si sarebbe impegnata a utilizzare meno plastica e più carta. Se i progetti avessero dato buoni risultati, si sarebbe passati allo step successivo, ossia si sarebbero organizzate altre lezioni e si sarebbe affittato il nuovo furgoncino. Se anche questo secondo step fosse andato bene si sarebbe proceduto con la raccolta differenziata. I tre dirigenti accettarono e cominciarono a lavorare per realizzare al meglio i loro progetti. Dopo i 6 mesi stabiliti, si presentarono di nuovo ai responsabili e ai proprietari con i risultati delle loro iniziative. I corsi di pasticceria registrarono un’elevata partecipazione e con il ricavato furono sponsorizzati due eventi promossi dal Comune, furono acquistati nuovi giocattoli per un orfanotrofio e si contribuì alla ristrutturazione di un canile. Per quanto riguardava, invece, la questione ambientale, quali risultati potevano essere portati? Un articolo sul giornale locale? L’apprezzamento da parte di diverse associazioni ambientaliste? L’ingegner Nepi decise di mostrare alla riunione una serie di immagini della Terra dopo 100 anni se si fosse continuato a non rispettarla, un elenco di dati sull’aumento delle malattie e i risultati ottenuti da quelle comunità che avevano attuato un programma di iniziative rispettose dell’ambiente, sulla stessa linea di quelle promosse dai tre dirigenti. Antonio e Agostino rimasero colpiti. Anche i responsabili cominciarono a riflettere. Alla fine ridiedero il loro benestare: via libera alla “fase due”. Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e Capitolo 9 Strumenti contabili per le decisioni economiche (BEP e analisi per ASA) Era il 2005 e la CuordiCrema si apprestava a festeggiare il suo 25° anno di attività. La CuordiCrema era ormai divenuta un’azienda affermata, con ottimi risultati economici e una solida reputazione: apprezzata non solo per i suoi prodotti e per il suo servizio, ma anche per le sue iniziative a favore dell’ambiente, culturali e di solidarietà. Per festeggiare questo importante anniversario i tre dirigenti volevano organizzare qualcosa di speciale in accordo con la loro linea di gestione improntata all’innovazione, ma sempre nel rispetto dei valori e della tradizione che contraddistingue la CuordiCrema. Fu così che Giacomo propose di aprire all’interno della pasticceria una caffetteria dove gustare ottimi caffè e cappuccini da accompagnare alle loro famose torte. L’idea venne ben accolta sia dall’ingegner Nepi sia dagli altri fratelli, ma era conveniente? Per aprire la caffetteria l’azienda avrebbe dovuto acquistare nuove attrezzature e assumere almeno una persona specializzata. L’ingegner Nepi stimò un incremento dei costi fissi per la CuordiCrema in 27 000 euro, a cui si aggiungevano i costi legati alle materie prime (caffè, latte, acqua) pari a 0,5 euro a tazzina di caffè. Il prezzo di vendita venne fissato a 1 euro. La domanda che Marta si pose fu relativa a quanti caffè si sarebbero dovuti vendere per recuperare l’investimento e guadagnare qualcosa. La risposta dell’ingegner Nepi fu immediata: per calcolare la quantità di pareggio bisognava rapportare i costi fissi aggiuntivi che l’impresa avrebbe dovuto sostenere (ovvero 27 000 euro) alla differenza tra il prezzo di vendita e i costi variabili unitari, ossia al cosiddetto margine di contribuzione unitario (cioè 1 – 0,5= 0,5). Da questa semplice formula risultava che la CuordiCrema avrebbe dovuto realizzare circa 54 000 caffè. Poiché la direzione stimò di poter vendere circa 200 caffè al giorno, decise di avviare la nuova attività. Alla fine dell’anno (il primo con due diverse linee di prodotto), il management analizzò la performance della CuordiCrema. L’azienda aveva realizzato ricavi per 320 000 euro a fronte di un fatturato atteso di 350 000 euro. L’ingegner Nepi volle capire il perché di questo risultato. Nel corso dell’esercizio, la CuordiCrema aveva conseguito un fatturato di 64 000 euro per i prodotti di caffetteria e di 256 000 euro per i prodotti di pasticceria, a un prezzo medio, rispettivamente, di 1 euro e 8 euro. Inoltre, l’impresa aveva sostenuto per i primi un costo variabile unitario di 0,5 euro e per i secondi di 3,2 euro, oltre a costi fissi per 174 000 euro. Una volta reperiti questi dati, l’ingegner Nepi determinò il punto di pareggio per l’impresa. Anche se i ricavi furono al di sotto di quelli attesi, la CuordiCrema aveva comunque conseguito un fatturato superiore a quello di pareggio sia a livello complessivo (ovvero 300 000 euro) sia a livello di singola linea di prodotto (cioè 240 000 euro per i prodotti di pasticceria e 60 000 euro per i prodotti di caffetteria). Anche le quantità prodotte e vendute erano al di sopra di quelle di break-even (ovvero 32 000 euro a fronte dei 30 000 euro per la pasticceria e 64 000 euro a fronte di 60 000 euro per la caffetteria). Rincuorato da questi risultati, l’ingegner Nepi procedette con la sua analisi. Ancora una volta la CuordiCrema aveva chiuso l’esercizio in utile attivo; tuttavia ciò che interessava all’ingegner Nepi era conoscere il risultato economico di ciascuna linea di prodotto e, in particolare, quello della CuordiCrema. L’ingegnere cominciò a distinguere i diversi costi a seconda che fossero direttamente riferibili alla pasticceria o alla caffetteria, e quelli comuni a entrambi. In particolare, la pasticceria aveva comportato l’acquisto di materie prime per 102 400 euro e aveva richiesto l’impiego esclusivo di cinque persone con un conseguente costo per salari e stipendi di 90 000 euro. La caffetteria, invece, aveva sostenuto un costo per l’acquisto di materie prime di 32 000 euro e solo una persona lavorava soltanto per essa, alla quale venne corrisposto uno stipendio di 18 000 euro. Inoltre il costo di utilizzo degli impianti e dei macchinari adoperati soltanto per la caffetteria era di Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e 1600 euro. La CuordiCrema aveva poi avviato per ciascuna linea di prodotto una campagna pubblicitaria sostenendo una spesa per 7200 euro. Dai dati raccolti e dalle valutazioni effettuate emerge che il risultato economico della pasticceria era di 28 400 euro a fronte di un fatturato di 256 000 euro, mentre la caffetteria aveva conseguito ricavi di vendita per 64 000 euro con un risultato economico di 5200 euro. L’ingegner Nepi riuscì anche a individuare il capitale investito nella singola linea di prodotto, così composto: Pasticceria Caffetteria € € 32 000,00 12 500,00 € € Debiti di funzionamento –€ 63 000,00 20 000,00 3600,00 –€ 5000,00 Impianti Fondo di ammortamento € 280 000,00 € – € 84 000,00 – € 9000,00 1600,00 Rimanenze di magazzino Crediti di funzionamento € 177 500,00 Capitale investito € 26 000,00 1. L’apertura della nuova caffetteria è stata una buona scelta? 2. Quale tra le due linee di prodotto è la più redditizia? Soluzioni CALCOLO BREAK-EVEN POINT CAFFETTERIA € COSTI FISSI 27 000,00 COSTO VARIABILE UNITARIO € 0,50 PREZZO DI VENDITA UNITARIO € 1,00 MARGINE DI CONTRIBUZIONE UNITARIO € 0,50 € QUANTITÀ DI PAREGGIO 54 000,00 BREAK-EVEN POINT MULTIPRODOTTO PREZZO DI VENDIT A COSTO VARIABILE UNITARIO RICAVI QUANTIT DI À VENDIT A VENDUTE MARGINE DI CONTRIBUZIO NE UNITARIO PERCEN PERCENTUA TUALE LE DI MdC DI MIX DI UNITARIO SU PREZZO VENDIT Favotto, Bozzolan, Parbonetti, Economia Aziendale 3e,McGraw-Hill 2012, ISBN 6691-9 www.ateneonline.it/favotto3e A € 8,00 € 1,00 PASTICC ERIA CAFFETT ERIA € 3,20 € 0,50 € € 32 000 256 000 € € 64 000 64 000 € 4,80 € 0,50 MARGINE DI CONTRIBUZIONE PONDERATO COMPLESSIVO 0,58 € 000,00 COSTI FISSI 174 € 300 000,00 € 240 000,00 60 000,00 FATTURATO DI PAREGGIO COMPLESSIVO FATTURATO DI PAREGGIO PASTICCERIA € FATTURATO DI PAREGGIO CAFFETTERIA QUANTITÀ DI PAREGGIO PASTICCERIA QUANTITÀ DI PAREGGIO CAFFETTERIA € € 30 000,00 60 000,00 CONTO ECONOMICO PER LINEA DI PRODOTTO Pasticceria Caffetteria € 64 000,00 Ricavi di vendita € 256 000,00 Costo di acquisto di materie prime € 102 400,00 Salari e stipendi € 90 000,00 Ammortamenti € 28 000,00 Spese di pubblicità € 7200,00 € 32 000,00 € 18 000,00 € 1600,00 € 7200,00 Risultato economico € 28 400,00 € 5200,00 0,16 0,2 ROI 60,00% 80,00% 50,00% 20,00%
Report "Eserciziario Di Economia Aziendale McGraw Hill"