(eBook - ITA - ARCHEOLOGIA Francovich Riccardo - Archeologia e Storia Del Medioevo Italiano (PDF)

May 29, 2018 | Author: Marco Ciliberti | Category: Archaeology, Historiography, Middle Ages, Italy


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PremessaLa raccolta di saggi che andiamo a presentare ha obiettivi limitati e destinazioni ben definite. Si rivolge infatti ad un pubblico vasto che ha interessi archeologici, ma soprattutto a studenti di archeologia medievale e più in generale a chi lavora nell'ambito della storia medievale, rendendo facile l'accesso ad articoli e contributi dispersi nelle più varie sedi e non di rado di difficile reperimento. I contributi, opera sia di storici che di archeologi, di taglio non sempre specialistico, hanno in comune la caratteristica di giungere ad analisi e a considerazioni di carattere generale per la ricostruzione della società medievale e costituiscono nel loro insieme un territorio di interessi definiti ma allo stesso tempo largamente convergente. Gli archeologi medievali, lavorando in un'area di ricerca ancora molto giovane e per la natura stessa del lavoro archeologico—che catalizza forze fisiche ed intellettuali su aspetti talvolta particolari e comunque generalmente estremamente definiti nello spazio -, hanno teso per lo più a produrre nuove evidenze e ad elaborare i propri strumenti di analisi piuttosto che a stendere sintesi o interpretazioni complessive. Quando sono stati in grado di elaborare contributi di interesse più generale, questi, per la limitatezza del raggio di penetrazione dei loro tradizionali mezzi di comunicazione, sono rimasti sepolti in sedi poco note al grande pubblico o, quando lo hanno raggiunto, non sono sempre stati all'altezza del compito. Con questa raccolta, che pure seleziona drasticamente, per ovvi motivi di spazio, si vuole evidenziare, attraverso le parole degli stessi protagonisti della ricerca, il ruolo che può e deve avere l'indagine archeologica per allargare e approfondire i temi di una storiografia che è sempre più attenta e finalizzata a ricostruzioni della società preindustriale non più selezionando attraverso scale di valori precostituiti. Se è vero che ancora oggi molte delle ricerche archeologiche e molti scavi hanno il carattere dell'occasionalità e la loro distribuzione nelle diverse aree della penisola è indipendente da un quadro di programmazione generale, è altrettanto vero che dietro non poche iniziative di ricerca sul campo si nota un'impostazione strategica a cui le domande storiografiche non sono certo assenti. E comunque i dati acquisiti sono ormai tanti e nuovi. Oggi inizia ad essere possibile immaginarsi di "riscrivere" la storia sulla base anche di quanto prodotto dalla ricerca sul campo e sui materiali conservati nei musei in poco più di venti anni, da quando cioè l'indagine nel settore ha iniziato a procedere con una accelerazione notevole. In alcuni settori della ricerca storica o, per meglio dire, per alcuni periodi definiti il contributo della ricerca archeologica ha sempre rappresentato e costituito un punto di riferimento, basti pensare all'archeologia longobarda e più in generale all'archeologia altomedievale; in altri settori e per altre epoche, come anche per la storia urbana, il contributo della ricerca archeologica viceversa si fermava alle fasi classiche e a quelle che comunque potevano presentare aspetti monumentali. La storia dell'insediamento medievale è stato campo di indagine talvolta estremamente incisivo di soli storici; al proposito il richiamo alle opere di Elio Conti sul contado fiorentino e di Pierre Toubert sul Lazio è d'obbligo, come la stessa ricostruzione della maglia degli scambi commerciali era affidata alle sole fonti scritte; rimanevano ignorati non solo aspetti fondamentali della produzione di beni di consumo come la ceramica, il vetro e tutti i processi tecnologici legati a questi come ad altri aspetti, ma la stessa risorsa di messaggio e la valenza documentaria che questi materiali hanno. I singoli saggi che qui si pubblicano affrontano alcuni dei problemi appena accennati facendo in ogni caso un ricorso organico alla fonte archeologica, superando il limite di una sterile polemica, che fortunatamente pare avere poche radici nell'esperienza italiana, almeno per il Medioevo, polemica che ha visto oziose contrapposizioni fra storici ed archeologi. Gli uni e gli altri infatti sono "produttori" di "evidenze", gli uni non possono fare a meno del "documento" prodotto dagli altri come delle rispettive problematiche: esiste in sostanza, il problema della ricostruzione di una società che ha lasciato diversi tipi di testimonianze: si tratta di capire e di cogliere il valore del "campione"documentario - sia esso fonte scritta o materiale - su cui stiamo lavorando, confrontarlo, integrarlo e spiegarlo. Vi sono tendenze oggettive e soggettive alla "riduzione" del lavoro archeologico all'antiquaria e alla mera classificazione descrittivistica, come pub esistere l'attitudine alla semplice "edizione" e "traduzione" del documento scritto: I'interpretazione dei fatti, che costituisce il mezzo per fare avanzare e arricchire le problematiche di ricerca, è impegno degli archeologi in un confronto sistematico con la documentazione scritta e la problematica storica, ma è altrettanto imprescindibile per gli storici non rinunziare alla risorsa costituita dall'evidenza e dalla problematica archeologica. In questo senso i saggi raccolti in questo volume, seppure diversi fra loro, sono a mio avviso esemplari perché vi si coglie generalmente il tentativo di elaborare interpretazioni senza selezionare tipi di informazioni disponibili e d'altra parte gli autori riescono ad indicare prospettive di ricerca, ponendo nuove domande e nuovi problemi. L'acquisizione di nuove informazioni e la costruzione di nuovi "documenti" potrà mutare il quadro che in alcuni di essi si è iniziato a delineare, ma rimane sostanzialmente fermo, se non altro, il dato fortemente positivo dell'uso intrecciato delle diverse tecniche di ricerca. Il dibattito su queste tematiche, iniziato utilmente un quindicennio fa sulle pagine di "Quaderni Storici" e quindi proseguito e per certi aspetti allargato sulle pagine di "Archeologia Medievale", inizia a dare i suoi primi frutti, anche se fra storici, geografi e archeologi non sono mancati e non mancano momenti di incomprensione e di confronto anche severo, da cui per altro tutti possono uscire arricchiti. I limiti di una selezione di contributi che affronta prevalentemente i problemi accennati sono evidenti non solo sul tema in questione del rapporto storia-archeologia, ma soprattutto perché sono sostanzialmente elusi tutti i problemi di quel largo spazio costituito dalla specificità metodologica dell'archeologia medievale, che rappresenta un momento non secondario della ricerca, trovando fra l'altro vastissimi territori comuni non solo con tutte le altre archeologie (preistorica, classica e postmedievale), ma anche con le scienze naturali, il restauro dei monumenti e in generale con le discipline che investono lo studio, la valorizzazione e la tutela della sedimentazione storica. Verso gli autori dei saggi il curatore della raccolta ha un debito di riconoscenza particolare, non solo perché hanno gentilmente espresso la disponibilità alla ristampa dei loro lavori, apportando a volte modifiche, correzioni e aggiornamenti o "subendo" alcuni ritocchi, ma per la piena collaborazione data in fase di composizione del volume, che in alcuni casi, come ad esempio nei saggi di 0. von Hessen, di C. La Rocca e P. Hudson e di R. Hodges, li ha spinti a fornire una traduzione di testi usciti recentemente in altri paesi, offrendo la possibilità di accedere a contributi inediti in Italia. È stato più volte ricordato che paragonata alle altre archeologie, I'archeologia medievale appare ancora ad uno stato di "infanzia", giacché possiamo far risalire la "fondazione" di questa disciplina come scienza storica agli inizi degli anni Sessanta. Fu infatti Gian Piero Bognetti che in un articolo comparso nel 1964 su I rapporti pratici tra storia e archeologia pose «con forza il problema del rapporto organico fra le due aree di ricerca sottolineando fin dall'apertura del saggio che «I'operare dell'archeologo presuppone un corredo talvolta assai raffinato di nozioni storiche» e aggiungeva che . «è di per sé, un problema "storico" quello che spinge all'indagine archeologica; ed è la consapevolezza storica che fornisce, nella più parte dei casi, i principali criteri per la valutazione di quanto viene scoperto dall'archeologo». 1 E Bognetti parlava facendo riferimento ad una esperienza che lo aveva visto protagonista: egli infatti, che già fra le due guerre aveva individuato i resti di Castelseprio (Varese), la cui rilevanza per la conoscenza dell'Altomedioevo è divenuta paradigmatica, si era fatto promotore di campagne di scavo nel sito dell'insediamento medievale 1 In Tecnica e diritto nei problemi dell'odierna archeologia, Roma (CNR) 1964, PP. 169-76. utilizzando una équipe di archeologi dell'"Istituto di Storia della Cultura Materiale" 2 e aveva intrapreso, con lo stesso gruppo di studiosi, le ricerche sulle origini di Venezia impiantando un cantiere a Torcello 3 Contemporaneamente si diffondeva e si allargava il dibattito sull'archeologia nell'ambito del "Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo" di Spoleto e, sotto i suoi auspici, vennero intrapresi gli scavi sull'insediamento altomedievale di Invillino 4 (Udine) diretti da Joachim Werner, lo studioso che già da tempo era noto in Italia per essere stato l'editore con il Fuchs5 di materiali prevalentemente longobardi rinvenuti a partire dall'inizio del XIX secolo 6. Sempre alla metà degli anni Sessanta datano la prima istituzione di una cattedra di archeologia medievale nelle università italiane e la fondazione del "Museo dell'Altomedioevo" a Roma 7, che si costituiva riunendo i materiali provenienti dagli scavi di fine Ottocento e primi Novecento delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino e accogliendo viceversa soltanto pochi materiali altomedievali laziali. In sostanza in questi anni si andava legittimando e consolidando l'uso della ricerca archeologica per l'Altomedioevo, seguendo un percorso che saldava in qualche modo la tradizione archeologica tardo antica e quella della ricerca protostorica mitteleuropea con la storia. Nello stesso tempo, sotto la spinta di una storiografia medievale italiana che si andava rinnovando soprattutto grazie al ruolo propulsivo della scuola delle "Annales", si impiantavano una serie di indagini sul terreno che travalicavano i confini di una periodizzazione che concludeva il ruolo 2 M. Dabrowska, L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Castelseprio: scavi diagnostici 1962-63, "Sibrium", XIV (1978-79), PP.1-138, al quale si rinvia per la bibliografia. 3 L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Torcello. Scavi 1961-62 , Roma (Istituto Nazionale dell'Archeologia e Storia dell'Arte, monografie III) 1977. Cfr. G. Fingerlin, J. Garbsh, J. Werner, Gli scavi nel castello longobardo di Ibligo lnvillino (Friuli). Relazione preliminare delle campagne del 1962, 1963 e 1965, "Aquileia nostra", XXXIX (1963), PP.85-135, gli scavi ripresi nel 1972 e 1973 sono stati pubblicati preliminarmente sulla stessa rivista nel 1973 da V. Brierbauer, mentre l'edizione definitiva è ancora in corso di stampa. S. Fuchs, J. Werner, Die longobardische Fibeln aus Italien, Berlin 1950. Uno dei maggiori rinvenimenti di materiali fu ottenuto infatti, nel tentativo di individuare l'abitato romano alle porte di Cividale, fra il 1817 e il 1826 quando il religioso Michele della Torre fece emergere una grande necropoli romana fra le cui tombe si trovavano anche numerose inumazioni con corredo costituito da oggetti «preziosissimi, in oro, bronzo dorato, in gioie benissimo conservate e tutte con appiccicagnolo di imperatori greci, le quali usavano partare al collo», che l'erudito riteneva appartenere ad un cimitero costituito al momento di una battaglia fra Goti e Bizantini, mentre si sarebbe scoperto soltanto successivamente che si trattava invece delle tombe dei longobardi della prima generazione giunta in Italia al seguito di Alboino. Dopo la scoperta di tale celebre necropoli - cfr. fra l'altro M. Brozzi, Il sepolcreto longobardo "Cella": una importante scoperta archeologica di Michele della Torre alla luce dei suoi manoscritti, "Forum lulii", I (1977), PP. 22-62 - nel corso dell'Ottocento, e segnatamente nella seconda metà del secolo, si infittiscono le notizie di rinvenimenti e scavi di necropoli appartenenti all'epoca longobarda. Ma sarà soltanto fra il 1893 e 1898 che archeologi professionisti (sebbene non medievalisti) scaveranno le due più note e vaste necropoli dell'Italia centrale, quelle di Nocera Umbra e Castel Trosino. Da questo momento i ricchi corredi delle popolazioni germaniche catalizzano l'interesse degli archeologi, un interesse che sarà di tipo antiquariale e/o "ideologico" e soltanto più recentemente diverrà interesse puramente scientifico in un contesto di rapporto fra "culture" (cfr. Germani e Romani, a cura di V. Brierbrauer e C. G. Mor Bologna 1986). In sostanza con l'edizione delle due necropoli di Nocera e Castel Trosino, rispettivamente nel 1919 e nel 1902, nasce quell'archeologia longobarda, che, all'indomani delle ricerche dello svedese Salin (1904), diventeranno ben presto terreno di ricerca privilegiato di studiosi di stirpe germanica quali Aberg, Fuchs, Werner e von Hessen, cui va il merito di una sistemazione complessiva dei materiali che sempre più numerosi, e disordinatamente in molti casi, entreranno nelle collezioni dei musei italiani (ma anche stranieri, per opera dei clandestini, ed il caso di Chiusi è esemplare), dopo essere emersi nel corso di scavi operanti da archeologi nostrani, i cui studi rimarranno per altro marginali rispetto alla consolidata ed egemone tradizione tedesca: il Galli, editore dei materiali chiusini e vivace operatore nell'ambito fiesolano, ne è un tipico esempio. Ma per una storia degli studi nel campo dell'archeologia longobarda, ancora da definire analiticamente, si rinvia al primo capitolo del volume di A. Melucco Vaccaro, I longobardi in Italia, Milano 1982. 66 5 4 7 Per le problematiche inerenti il museo in questione si rinvia agli ampli contributi di A. Melucco Vaccaro e L. Paroli che aprono il X numero di "Archeologia Medievale". il lavoro metallurgico e sugli statuti minerari di Massa Marittima e più in generale della Toscana pubblicati negli anni 1858-1859 sulle "Annales des Mines". Cento anni di ricerche archeologiche italiane: il dibattito sul metodo . il problema di un confronto più serrato con la documentazione scritta e quindi con problematiche storiografiche più mature e complesse. il cui operare originalmente sulle orme di Viollet le Duc. e dove lavorerà il d'Andrade. Nel quadro di "allargamento" tematico e cronologico della ricerca archeologica postclassica assumono un ruolo non secondario anche gli scavi e le indagini di superficie promossi in Italia dalla British School di Roma. Campori. mostra una chiara tendenza ad appiattire sull'epoca preromana ogni forma di attività estrattiva con caratteristiche preindustriali. anche quello del rapporto con una tradizione antiquaria di radici profonde10 . Numerosi riferimenti a quanto elaborato a cavallo fra Ottocento e Novecento da questa generazione di studiosi.dell'archeologia con l'" origine" del romanico8 e l'inizio di una documentazione scritta relativamente ricca. Torino 1985. Langton Douglas accanto ai nostri Funghini. e che a tuttoggi rimangono base documentaria e punto di partenza di non pochi studi storico topografici ed archeologici. Whitehouse. ha privato però la ricerca di strumenti di grande utilità per i secoli centrali e per l'Altomedioevo. sotto la spinta della cultura transalpina. sono contenuti nelle più recenti ricerche che si vanno pubblicando sempre più numerose a livello regionale e locale. verso cioè la ceramica di uso comune non decorata. Si veda quanto scriveva G. Malagola. che ha costruito le basi per una storia della ceramica che generalmente non parte prima della comparsa della maiolica arcaica. Matera 25-31 maggio 1969. Simonin sull'attività estrattiva. Roma 1971. potevano essere utilizzate e ricollocate in un quadro di riferimento molto più maturo e in grado di ridefinirle come documenti di maggior significato. P. continueranno ad essere fertile terreno di ricerca per gli archeologi ed in particolare degli etruscologi che sulla rivista "Studi etruschi". 10 Basti fare riferimento al Muratori e ai suoi "continuatori" sparsi in molte delle regioni italiane. La dilatazione cronologica dell'indagine archeologica ha posto sul tappeto della ricerca oltre che. Castelli e villaggi nel’Italia padana. Urbani di Gheltof. A. Duby ( Le società medievali . Per un esaustivo quadro del gusto "archeologico" Ottocentesco si vedano le belle pagine introduttive di A. poi parzialmente rivista. e per studiare i fondamenti materiali delle strutture sociali allargando l'orizzonte della ricerca storica e liberando «in una certa misura la storia sociale dalla sua dipendenza dalla storia economica»9. e ci basti pensare alle esperienze di Boni e di Pigorini13 o agli studi storico-archeologici sull'attività estrattiva della seconda metà dell'Ottocento14. temi che troveranno momenti di approfondimento nei lavori dell'Haupt e del Lotti. come abbiamo appena detto. ad opera soprattutto di anglosassoni e tedeschi. in Atti del 11 Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana.11 con il collezionismo di origine ottocentesca che. pp.) a proposito dell'archeologia medievale agli inizi degli anni Settanta. Passeri. 85-119. Settia. diretta prima da J. 103 S. 9 8 . o come il Dizionario storico e topografico. e più in generale con la tradizione positivistica. che concentra Di questa opinione. 11 In questo quadro il gusto "archeologico" ed il desiderio del pittoresco iniziò ad investire i monumenti medievali ed in particolare quelli gotici. il quale. Wallis. Bode. 13 Sul problema si veda D. Manacorda. un'area dove la ceramica è ancor oggi difficilmente utilizzabile come "fossile guida". che alla fine del secolo scorso e nei primi decenni di questo aveva avuto un grandissimo peso nello studio dei monumenti medievali e negli stessi centri abitati. era M. fra la fine degli anni Venti e i primi anni Cinquanta. le cui acquisizioni. aprendo la strada per affrontare i temi legati alle vicende dell'insediamento e al rapporto uomo-ambiente. ampio margine all'argomento grazie soprattutto all'interesse di Minto. 9-17. per altro. di Emanuele Repetti che sono i più espliciti esempi di quella cultura. Il disinteresse generalmente constatabile fino agli inizi degli anni Sessanta verso quelle classi ceramiche che definiamo acrome. 14 Si fa riferimento in particolare ai lavori di L. In particolare si è posto il problema del "recupero" della cultura neogotica. Napoli 1984. dove cultura umanistica e osservazione scientifica sono inestricabilmente congiunte. 16 (1982). e per quanto riguarda la Toscana è d'obbligo il riferimento ad opere come i Viaggi del Targioni Tozzetti. Cagiano de Azevedo. Tali indagini minerarie che hanno paralleli cultori in varie parti d'Italia. aveva fornito materiali ceramici e gli "incunaboli" della maiolica italiana ai musei pubblici e privati di molti paesi europei12. dove l'ispirazione seottiana faceva porre al centro di non poca produzione di romanzi il paesaggio del rudere e del eastello fino dal primo Ottocento. PP. "Quaderni di Storia". daranno. influenzerà la cultura restaurativa italiana ben oltre Boito. 12 Manca fino ad ora una storia del collezionismo e dell'erudizione antiquaria relativa al materiale medievale quindi è impossibile valutare con precisione il ruolo svolto da personaggi quali Fortnum. Argnani. soprattutto nell'Italia settentrionale ed in Piemonte in particolare. Ward Perkins e quindi da D. Lo studio dell'archeologia medievale in Italia. La Liguria è infatti la prima regione che si dota di uno strumento come la tipologia delle ceramiche postclassiche e preindustriali. ha fra l'altro evidenziato l'impossibilità di muoversi su scale diverse. Il gruppo di ricerche in antropologia medievale (Parigi): un approccio interdisciplinare del basso medioevo rurale dell'Europa occidentale. mentre sempre a ricercatori anglosassoni si devono le prime sistemazioni dei materiali ceramici provenienti sia da raccolte che da ricerche sul campo. 18 .VV. London 1979 (trad. M. Roma 1985). a cui si rinvia anche per una sintesi storica delle ricerche e delle metodologie utilizzate. a cura di J. Non di minor rilievo per altro ha rivestito quanto si andava contestualmente elaborando all'interno di alcuni gruppi di ricerca regionali: il "Gruppo ligure di ricerca sulle sedi abbandonate» che vedeva uniti storici. tanto da costituire oggi un modello di riferimento alternativo alla consolidata metodologia che sta alla base dei volumi editi nella collana Forma Italiae. nei primi anni Settanta dove si è coniugato storia ed archeologia sino dall'inizio. it. W. In tutti i casi che abbiamo ricordato i cantieri di scavo divengono centri di formazione e di dibattito per storici ed archeologi. la cui sintesi è riportata tra i saggi pubblicati nel presente volume. Tiziano Mannoni elabora la classificazione delle ceramiche liguri. Ma la "British School at Rome". di funzioni. The Changing Landscape of South Etruria. The medieval glazed pottery of Lazio. 337-54 e quanto in più occasioni elaborato da G. nonostante l'approccio metodologicamente corretto.la sua attenzione sui villaggi abbandonati del meridione e dell'area laziale15. diveniva tema di confronto concreto fra storici ed archeologi. "Papers of the British School at Rome". rimasta sostanzialmente isolata. Whitehouse. La ceramica medievale a Genova e nella Liguria. non opera isolata. 20 T. ma ad uno strumento di analisi di contesti sociali. mentre 1'Università di Salerno. facendo un uso ottimale anche dell'esperienza che si era andata consumando con l'insegnamento di Nino Lamboglia. Mannoni. Potter. 15 Non vi è infatti alcun dubbio che il saggio di D. dove il problema dell'incastellamento. che segue di due anni un breve saggio dedicato all'argomento sulla rivista "Medieval Archaeology" e di un solo anno un altro saggio dedicato alla ceramica dell'Italia centrale e meridionale edito nella stessa sede. III (1976). tanto è che. I risultati del lavoro pluriennale della scuola britannica sono stati pubblicati da T. Caputaquis Medievale . vol. "Archeologia Medievale". geografi.. pp. promuove in collaborazione con gli archeologi dell'"Istituto di storia della cultura materiale" di Varsavia una sistematica indagine sull'area della città abbandonata di Capaccio vecchia in Campania18. ricerche che trovano spazio nei papers di quella istituzione16. Roma 1984 è un caso felice di pubblicazione integrale di uno scavo condotto. affronta il problema della morfologia dell'insediamento con un approccio interdisciplinare del tutto inedito nel caso italiano ed elabora strumenti di analisi e di datazione nuovi. 19 Un approccio interdisciplinare allo studio delle sedi abbandonate in Liguria. rappresenta il punto di partenza di una ceramologia che si pone come strumento essenziale per una ricerca archeologica che sta muovendo ancora i primi difficili passi.. 2.VV. seppure costituisce il centro di ricerca straniero che forse più profondamente influenza e coopera con istituti e studiosi italiani. Histoire et archéologie d'un habitat médiéval en Sicile. Archeologia e trasformazioni del territorio. archeologi e naturalisti (Massimo Quaini. la datazione imprecisa del cosiddetto "Forum Ware" condizionerà negativamente l'interpretazione dei dati che emergevano dalla ricerca di superficie nell'area laziale. di tecnologie produttive e spia di contatti economici fra le diverse aree mediterranee 20. la cui definizione è comunque tutt'altro che agevole. Noyé. che così marcatamente segnano la ricerca sul campo in questo settore. rispettivamente Salerno 1975 e Napoli 1984. guardando a questo tipo di manufatto con un'ottica che non si limita all'utilizzazione di un "fossile guida". XXXV (1967). 16 Si vedano al proposito i due volumi AA. Mentre l'edizione dello scavo Brucato. per il Medioevo. Tiziano Mannoni)19. fra non poche difficoltà. ad una tematica che in Europa aveva prodotto una vasta letteratura ed evidenziato il ruolo dell'archeologia nello studio della dinamica insediativa. Pesez. Diego Moreno. da quella regionale se non subregionale. 40-86. Genova 1971 che è la più matura risposta italiana. pp. raccogliendo l'eredità di Bognetti. infatti l"'Ecole Française de Rome" svolge anch'essa un'intensa attività su insediamenti rurali siciliani17. Storia del paesaggio dell'Etruria meridionale. I e II. muovendosi su un'area estesa e per certi versi omogenea. 17 Sull'impostazione di lavoro dei ricercatori legati a questa istituzione si veda AA. 24 del 1973 dei "Quaderni Storici". l'unico. e. . il prodotto del lavoro archeologico gli appare sempre più uno strumento integrato ed essenziale per la ricostruzione storica complessiva (Castelli. una posizione che a distanza di circa un decennio. dedicato al tema Archeologia e geografia del popolamento. nata sostanzialmente dall'incontro delle esperienze condotte in Liguria ed in Toscana24. 31). in questa sede si trova un saggio di grande respiro dove Toubert ha affrontato con chiarezza il tema dei rapporti fra documentazione scritta e dati archeologici non senza rivendicare un'assoluta separazione fra storici ed archeologi. orientando temi di dibattito soprattutto nell'ambito del centro di studi spoletino. con il GRAM (Gruppo ricerche archeologia Medievale Palermo) di breve vita (1971-72). Ward Perkins. promossa dall"'lstituto nazionale di archeologia e storia dell'arte26 segnano definitivamente la fase di 21 Cfr. da Carmelo Trasselli a Nicola Cilento e Paolo Delogu. Relazione delle campagne di scavo 1972. 24 23 Al gruppo ligure si deve l'inizio della pubblicazione del "Notiziario di Archeologia Medievale" a partire dal settembre del 1971. Toubert pare aver notevolmente attenuato. ha costituito uno strumento di informazione rapido relativamente a iniziative di scavi. Scavi di Luni II . 26 Roma 1976. 2. dove compaiono studi sulle indagini relative alle fasi e ai materiali postclassici di B. 22 In entrambi i numeri della rivista in questione i singoli saggi sono introdotti da un contributo. quest'ultimo. nonostante che si sia notato già da allora come fossero presenti spunti di una tendenza a cercare "scorciatoie" nella costruzione del documento archeologico. a cura di A. la comparsa del primo numero della rivista "Archeologia Medievale" nel 1974. concludendo il convegno cuneese del 1981 sui castelli. viceversa. Pisa. H. ma anche critiche ed incisive pagine sulla storia della disciplina. dei soli storici quando si parla in termini di "signoria di castello" (p. Frova. viceversa. autori rispettivamente Massimo Quaini e lo stesso Quaini con Diego Moreno che costituiscono ancor oggi un punto di partenza teorico importante per la ricerca archeologica postclassica. e. Blake e S. pp. 403-7). Si trattava di un'insofferenza giustificata dal faticoso e lungo processo analitico sui materiali che talvolta esaurisce l'energia di chi opera sul campo. non si stancava di compiere opera di collegamento anche con gli storici. e dal n. Storia e Archeologia. nonostante le oggettive specificità archeologiche. Datano sempre agli inizi degli anni Settanta alcuni episodi che mar22cano in modo sostanziale l'orientamento prevalente dell'archeologia medievale in Italia: i dibattiti suscitati dal n. Sebbene non in forma omogenea. che. Torino 1984. Mentre nel gruppo toscano si stava sviluppando proprio in quel periodo un interesse archeologico verso i problemi dell'insediamento incastellato e si stavano muovendo i primi passi per la costruzione delle cronologie ceramiche in un rapporto proficuo con la "Soprintendenza all'antichità d'Etruria" diretta da Guglielmo Maetzke. Lusuardi Siena. Comba e A. si pone come momento di ricomposizione di settorializzazioni disciplinari per una storia delle "culture" postclassiche e preindustriali. portando l'esempio dei castelli che rimangono campo di azione comune quando si tratta di vita materiale abitato ecc. 25 Vol. Palermo 1976. Salerno e Roma e lo scavo di Luni21. che. pressato dalla spinta "spontaneista" dei gruppi di ricerca regionali che già operavano sul campo con nuove strategie e generalmente con punti di riferimento extranazionali. che abbia anche scelto la pratica dell'archeologia riuscendo a produrre non solo linee originali di ricerca. 31 del 1976 della stessa rivista incentrato sulla cultura materiale23. Cagiano di Azevedo. 1973.In altre regioni il lavoro archeologico si andava catalizzando all'interno di istituti di storia medievale o intorno a cantieri di scavo dove la correttezza dei direttori permetteva di prestare attenzione ai livelli di vita successivi alle fasi classiche. al proposito si potrebbero indicare gli istituti di storia delle università di Firenze. mentre l'unico docente di archeologia medievale. incontri e notizie bibliografiche: un ruolo che continua a svolgere tuttora.1'organizzazione del Colloquio Internazionale di Archeologia Medievale di Palermo-Erice 25 ed infine la Tavola rotonda sull'archeologia medievale . 1974. Roma 1977. A. Settia. a cura di R. Ma il significato più rilevante dei due contributi sta nell'aver posto le basi per una definizione di una pratica di ricerca. Palermo. la ricerca archeologica di ambito postclassico agli inizi degli anni Settanta stava prendendo consistenza con l'apporto e il contributo determinante degli storici: da Gina Fasoli a Elio Conti. degli ispettori medievisti all'interno degli organi della tutela archeologica.E in questo senso si è parlato di una "filiazione" e di una vicinanza fra l'archeologia medievale e la preistoria. 27 . In questo senso ha pesato non poco. in Atti dell'VIII Convegno Internazionale della ceramica.. Delogu. in positivo. Archeologia medievale. 29 Cfr.un'"autonomia" disciplinare che a livello istituzionale si trasforma in un incremento consistente di insegnamenti universitari e alla messa in moto del meccanismo che porterà all'introduzione. 51-64. seppure ancor oggi consistente in ambito postclassico. In realtà l'esperienza che era andata maturando all'interno della ricerca di Carandini e della sua équipe aveva una storia notevolmente simile. aveva attinto a piene mani soprattutto È indicativo al proposito che uno dei primi ed originali interventi sulle analisi stratigrafiche sia stato elaborato da T. attraverso le indagini di superficie condotte in Liguria dal Mannoni. Gli stessi metodi dell’archeologia estensiva hanno avuto. materiali organici in generale che non sempre erano valutati come possibili indici di assetti pregressi. XXII (1970). dove si evidenzia l'attenzione posta ai problemi delle trasformazioni ambientali attraverso la registrazione sistematica delle informazioni di carattere naturalistico: pollini. come è verificabile nelle diverse annate di "Archeologia Medievale". ancora non numerosissime. appare fortemente ridimensionato. pp. degli scavi postclassici infatti presentano solitamente sezioni paleoecologiche. come pure sistematiche analisi mineralogiche di impasti ceramici per l'individuazione delle aree di provenienza dei materiali da mensa e da trasporto 28. un bilancio di venti anni. con rare e definite eccezioni. a quella dei gruppi regionali dove la ricerca archeologica postclassica. Albisola 1975. resti osteologici. agli inizi degli anni Ottanta. Storie della terra. da quei pochi e ancor poco noti archeologi medievisti che pubblicavano una rivista giunta al secondo numero»30. pp. L'archeologia medievale nasceva e si muoveva quindi libera dalle ipoteche che potevano provenire dalla tradizione antiquaria e lontana dalla tradizione storico artistica e dell'archeologia classica. il ruolo svolto ancora una volta dalle scuole straniere. Andrea Carandini si accorgeva di esser stato preceduto. il cui impegno. nella parte propositiva. "Bollettino linguistico". ancorché estremamente vitale e stimolante. La ceramica dal Medioevo all'età Moderna nell'archeologia di superficie della Liguria centrale ed orientale. siano in perfetta assonanza con i metodi di indagine adottati dagli archeologi postclassici. 121-36. XIII (1986) a cui si rinvia per un'esauriente quadro delle vicende della disciplina e per un quadro delle linee di ricerca attuali. Sui metodi dello scavo archeologico nella Liguria montana. nonostante il rapporto che abbiamo visto anche con altre tradizioni. mentre a livello di ricerca sanciscono nel confronto con la storia il terreno privilegiato su cui impostare la propria strategia. Manuale dello scavo archeologico. 30 Cfr. Mannoni. "Archeologia Medievale". Mannoni L. P. (Applicazioni di geopedologia e geomorfologia). momenti di notevole approfondimento29 e la stessa indagine stratigrafica è stata generalmente e dall'inizio il minimo comun denominatore degli interventi intensivi. ed in particolare da quella inglese. È stato infatti recentemente notato che «nel lanciare la sua crociata contro la tradizione aulica dell'archeologia classica italiana. 28 E interessante notare come le tecniche di scavo descritte da A. che lasciano poche tracce sul terreno. e T. Bari 1981. Le edizioni. sul piano del metodo. si sono potute collocare all'avanguardia in particolare nell'ambito della ricerca sul campo nel contesto delle archeologie. Carandini. rompendo la tradizionale dicotomia fra scienze "umanistiche" e scienze "naturali"27. almeno per l'aspetto dell'indagine sul campo (rapporti da un lato con Nino Lamboglia e dall'altro con la missione inglese a Cartagine). e più in generale delle dinamiche sociali ed economiche a spingere verso elaborazioni di tecniche di indagine che. La funzione trainante dell'archeologia medievale nel qualificare i »problemi di metodo nella ricerca ha contribuito in modo incisivo ad aprire un fruttuoso dibattito all'interno dell'intera archeologia italiana. Ma è stato proprio il rapporto stretto fra la domanda storiografica tesa a risolvere i problemi delle dinamiche insediative di epoche caratterizzate anche da strutture precarie. dei cantieri di scavo postclassici. 32) e i risultati raggiunti permettono fino ad ora di intravedere un nuovo modo di fare storia della città. aree aperte e strutture pubbliche in una città dell'Italia settentrionale. Torino 1985. risale già alla metà degli anni Sessanta ed ha visto protagonista ancora una volta Tiziano Mannoni. "Archeologia Medievale". ma anticipate da un paio di casi. Le indicazioni che vengono raccolte mostrano come la città tenda generalmente a svilupparsi per isole. 5-52. mentre il secondo. P. talvolta riferibili ad usi di ampie aree ortive in altri a depositi di rifiuti o a crolli di case di terra. Le strutture antiche del territorio. pp. ma appartenevano ad un substrato di conoscenze tecnologiche autoctone. Hudson. Milano. dedicato ad Archeologia e pianificazione del territorio. che per altro coesistevano con altre tipologie edilizie differenziate. Annali 8. La Rocca. alterando zone precedentemente abitate. vuol dire indicare chiavi di lettura filologicamente corrette delle fonti materiali nel loro complesso le quali permettano di superare le artificiose separazioni disciplinari che impediscono di cogliere nel suo insieme ciò che è stato prodotto da l'uomo nel lungo periodo nelle sue più 31 Gli scavi nell'area centrale di Genova. il suo riferimento31. rilevabile attraverso la lettura dell'andamento delle cinte murarie. Pringle. mettendo in relazione i processi di stratificazione con le trasformazioni urbanistiche. ma anche relativamente al rialzamento consistente delle quote di uso. si veda C. e con strutture antiche che. D. "Dark ages" a Verona: edilizia privata. per il caso pavese si veda P. perché è il terreno dove si potrà più concretamente operare quel disegno di ricomposizione delle archeologie da un lato e dall'altro dell'archeologia medievale con la storia. al recente saggio di B. e come si sia largamente diffuso l'uso del legno come materiale da costruzione per le case-capanne. Insediamenti e territorio. a cura di G. VII(1979). 32 . ha avuto in un altro archeologo medievale. IV(1977). Pindena ecc. Per un quadro generale dei problemi di archeologia urbana si rinvia oltre che ad "Archeologia Medievale". con la storia dell'architettura e dell'arte e più in generale con le scienze del sopravvissuto. D'Agostino. D. Firenze 1981 Cfr. Castello-San Silvestro furono iniziati nel 1967 e sono stati soltanto parzialmente editi: cfr. come edifici pubblici in pietra e/o mattone. Brogiolo. Verona. che si è potuto guardare all'archeologia stratigrafica come ad una scienza di analisi del territorio nella lunga durata. talvolta anche di diversi metri. dove le problematiche della cultura materiale e delle scienze etnografiche assumevano una centralità che fino a quel momento non gli era riconosciuta. Comunque in generale si tratta di accumuli causati da una mancata manutenzione delle infrastrutture. Inoltre l'unità delle archeologie è la base su cui stanno maturando le iniziative di archeologia urbana che. Insistere sulla rilevanza dell'unità dell'archeologia postclassica con le a tre archeologie e con lo studio del "sopravvissuto". ma che inizia già in epoca tardo antica e si protrae per tutto l'Altomedioevo. che Mannoni definisce «archeologia globale». Questo fenomeno.dall'esperienza anglosassone. quello pavese. Per l'Altomedioevo stanno emergendo informazioni preziose non solo relativamente alla riduzione degli spazi urbani. con vaste aree inedificate e coltivate. vedendo attivi in particolare gli archeologi medievistici (si vedano al proposito i casi di Brescia. XIII (1986). L'archeologia urbana si è diffusa come pratica soprattutto nell'Italia centro-settentrionale. venivano riutilizzate in forma parassitaria. che vedeva unificati sul piano del metodo gli archeologi medievisti e un settore importante dei classici. quando non erano usate come cave. i cui tempi non sono forse unitari. si caratterizza per la presenza di spessi "strati neri" a forte componente antropica. Lo scavo dell'area sud del Convento di S. Archeologia urbana e programmazione della ricerca: I'esempio di Pavia.. "Archeologia Medievale". Silvestro a Genova. dove continuità e fratture possono essere concretamente valutate al di fuori di schematismi precostituiti e di letture "formali". Archeologia urbana in Lombardia . dalla capanna al monumento. Andrews. 47-207. Peter Hudson. hanno iniziato ad essere impiantate soltanto a partire dagli anni Ottanta. la cui interpretazione in parte si differenzia da quanto si va scrivendo di seguito. Ed è proprio da questa nuova prospettiva. quello genovese. Modena 1985. In realtà l'archeologia urbana rappresenta uno dei nodi più rilevanti per la ricerca nei prossimi anni. nel nostro paese. Mentre per un caso di studio privilegiato. in Storia d7talia. L'evidenza archeologica mostra inoltre che gli edifici in legno non erano un retaggio di culture germaniche. uno dei quali. pp. Blake. L'antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia. anche nella loro eterogeneità. Archeologia e Storia. Archeologia globale a Genova pp. M. Soprattutto importante nel caso italiano dove la "storica" divisione nell'ambito della ricerca postclassica fra storia e storia dell'arte e architettura ha creato delle "separazioni". mentre recentemente M. 295-308. Pesez e R. Bucaille. M. radicalizzando in qualche modo l'incomunicabilità33. Problemi tendenze e prospettive dell'archeologia medievale in Italia. Civiltà. cultura o vita materiale?. Napoli 1985.. 136-52. Le Goff. riprendendo spunti anche da quanto elaborato nella voce Cultura materiale della Enciclopedia Einaudi. Mazzi. XII (1985).VV. La necessità del confronto con i temi privilegiati della storia dell'arte emergono con grande chiarezza da la maturità raggiunta dal metodo di analisi stratigrafico. Archeologia e storia di un monumento mediceo. si potrebbe ricordare AA. Pesez. Archéologues et Historiens. Per una rassegna critica dell'andamento del dibattito intorno a questi problemi si veda J. Bari 1980 e G. da J. Pesez. Più difficilmente utilizzabile il breve saggio di H. Mannoni. 35 Cfr. Milano 1980. di quanto si va elaborando al proposito. che non ha mancato di dare contributi imprescindibili anche nella lettura di monumenti significativi34: si è in sostanza conclusa la fase in cui l'archeologia postclassica si interessa di ciò che gli storici e gli storici dell'arte e dell'architettura tralasciavano. pp. Ma per la definizione degli" spazi" comuni fra storici ed archeologi oltre al citato saggio di Serena Mazzi si veda anche il contributo di J. cit. S. ha riproposto il problema della cultura materiale fra storia ed archeologia in termini estremamente chiari ed incisivi.—in Mélanges d'archéologie et d'histoire médiévales en l'honneur du Doyen Michel de Bodard.diversificate e complesse attività. pp. "Archeologia Medievale». Inoltre la ricerca di come l'archeologia contribuisce a la costrazione della storia e soprattutto del documento storico è proceduta ad un livello assai elevato e sulle cose. gli scavi nel "cassero" senese della Fortezza di Grosseto. Storia della cultura Materiale. i saggi che seguono sono esemplificativi. Poisson. che sono state accentuate nel quadro del dibattito storiografico che ha avvicinato vita materia e. A distanza quindi di dieci anni dall'incontro-seminario di San Marino di Bentivoglio (Museo della Cultura Contadina) da titolo Una rifondazione dell'archeologia postclassica: la storia della cultura materiale35. "Società e Storia". "Archeologia Medievale". gli interrogativi posti a lora alla discussione sono ancora terreno di dibattito vivo 35 e i temi aOora impostati sono divenuti oggetto di indagini problematiche e non certo una pratica di ricerca discriminatoria dove la cultura delle collettività è stata contrapposta a quella dell'individua ità. 34 Oltre i casi genovesi di Santa Maria in Passione e dell'ex convento di San Silvestro. 129-50. pp. a cura di J. Genève-Paris 1982. M. S. quotidianità con la lunga durata e l'analogia e viceversa l'evento con il monumento e l'anomalia. in La nuova storia. Firenze 1985. R. che ha segnato una tappa importante del dibattito epistemologico relativamente all'archeologia nel suo rapporto con le a tre scienze storiche. pp. Francovich. cui fa continuamente riferimento Mannoni (Archeologia globale. III (1976). 573-92. e da J. 7-24. "Quaderni Medievali" 12 (1981). Il Palazzo Corigliano tra archeologia e storia. pp. 4 (1979). M. RICCARDO FRANCOVICH Al proposito si rinvia al numero monografico di "Restauro & Città" dedicato ad Archeologia urbana e restauro ed in particolare al saggio di T.). 3347. Gelichi. Vannini. 33 . in Storia d’Italia. Delogu. Longobardi e Bizantini. 2 Questo contributo è stato presentato alla «Third Italian Conference». Aspetti archeologici di Goti. Die Longobarden in Pannonien und in Italien . mentre una ricostruzione storica che tiene ampio conto delle evidenze archeologiche è in P. ha creato gli strumenti di lettura cronologici e ha ricostruito l'evoluzione del costume nazionale longobardo. Malone e S. contrapposta all'Impero romano. l'uno di Otto von Hessen. pur non investendo come è noto. Alemanni e Longobardi. 164-8. The Cambridge Conference IV. pp. I. soltanto recentemente si è cominciato a riflettere in modo diverso a questo proposito. Galasso. 1 . a cominciare dall'Äberg per giungere al Werner e al von Hessen. a cura di C. soprattutto indagando i resti delle aree di inumazione e dando uno spazio più limitato al problema degli insediamenti e quindi del rapporto fra l'elemento germanico e le popolazioni autoctone (fra i pochi casi indagati si ricordano quelli di Castelseprio e di Invillino del Friuli). entrambi inediti in Italia. che evidenziano altrettanti diversi approcci. a cura di G. Cambridge 1984. A. che in parte restò all'Impero. a seconda della vicinanza cronologica e spaziale dal momento e dall'area della prima migrazione e dal diverso grado di assimilazione reciproco che si era raggiunto. innescando una serie di processi di trasformazione economico-sociale che determineranno il successivo sviluppo dell'Italia medievale. Infatti i Longobardi. Ortalli. costituì un fatto molto più traumatico rispetto a quella gotica. Torino 1980. comprensivo di una ricca bibliografia rinviamo al recente volume Magistra Barbaritas. Guillou. I'intera penisola. Bierbrauer. Storia dei Longobardi. 1 l'altro di Cristina La Rocca Hudson e Peter J. 3-216. Ndl'occasione di questa edizione italiana gli autori hanno rivisto il testo ed aggiornato la bibliografia. 445-508. pp. 225-46. che si protrasse in forme diverse per oltre due secoli. Barbari in Italia. Oxford 1985. in Sonderdruck aus der Propyläen Kunstgeschichte . la traduzione dal tedesco è di Nori Zilli.I Longobardi in Italia: insediamenti e cultura materiale L'invasione longobarda dell'Italia (568 d. 3 Per uno sguardo complessivo ed esauriente al problema delle migrazioni germani che in Italia.C. e pubblicato con il titolo Lombard immigration and its effects on North Italian rural and urban settlement. in Papershin Italian Archacology IV. G. Delogu. segnarono un punto di cesura con il mondo romano anche a livello politico e istituzionale. Stoddart. instaurando una dominazione germanica sulle popolazioni romanze. in P. pp. pp. L'archeologia dell'epoca longobarda ha generalmente privilegiato l'elemento germanico: una grande tradizione di studi dell'Europa centro-settentrionale. Il lungo processo di interrelazioni "culturali" fra Germani ed autoctoni ha assunto nelle diverse parti della penisola connotati talvolta diversi. Berlino 1982. Milano 1984 ed in particolare al saggio di V.). In questa sede offriamo due brani. al quale si rinvia per la bibliografia sull'argomento3. Hudson 2. gli storici romani fanno menzione di questo popolo come di una stirpe germanica in lotta con Roma. Anche dal punto di vista archeologico in tale periodo è difficile definire questo popolo come unità a se stante. ma verso la metà del IV secolo diminuì di importanza. I1 corredo funebre nelle tombe femminili della prima generazione di immigrati. il fenomeno potrebbe essere spiegato con l'emigrazione almeno parziale della popolazione. Mentre Bainhaib viene oggi identificato da parte degli studiosi con la Boemia. Allora. quali testimonianze archeologiche di quel periodo. Dopo questo accenno le fonti storiche tacciono per almeno due secoli. Il praefectus equitum di Tiberio. Innanzi tutto compaiono le necropoli con tombe a fila (Reihengräber) che fanno chiaramente parte del mondo merovingico orientale e documentano l'immigrazione di nuove popolazioni da nord-ovest. I Longobardi nelle proprie tradizioni affermano di aver abbandonato le antiche sedi per spostarsi prima ad Antahib e poi a Bainhaib. lo stesso riferisce Tacito circa cento anni più tardi. In questo caso vengono citati seimila Longobardi che combattevano a fianco dei Marcomanni contro i Romani e che si spinsero in quell'occasione fino alla Pannonia. scritta fra il 770 e il 790 e che vengono ripetute dalle fonti successive. occupavano il territorio dei Rugi. In ambedue i casi troviamo inoltre pettini e recipienti di terracotta. la regione cioè fra le attuali Amburgo e Luneburg. redatta intorno al 643. cioè l'attuale Bassa Austria.diversamente . esistono. Queste notizie riportate anche dalla Historia Langobardorum di Paolo Diacono. la Origo gentis langobardorum. non abbiamo per il momento nessuna indicazione valida per identificare Anthaib. vinti e distrutti da Odoacre. Velleio Paterculo. come risulta nell'introduzione all'Editto di Rotari. i Longobardi da parte loro invece affermano di essere originari della Scandinavia. corrisponde a quello in uso fra le popolazioni di ambiente merovingico. I doni funebri per le donne consistono in gioielli e accessori dell'abbigliamento per gli uomini soprattutto in armi e oggetti di ornamento per l'armatura. Nella zona che gli storici romani indicano come sede dei Longobardi. ne parla e osserva che sono particolarmente bellicosi. L'insediamento durò fino ai primi secoli dopo Cristo. delle necropoli talvolta piuttosto grandi con tombe a incinerazione usate senza interruzione per almeno due o trecento anni che confermerebbero una prolungata presenza "longobarda". Insieme alle collane di perle troviamo in genere un paio di piccole fibule a "S" o di fibule a disco e un paio di fibule a staffa relativamente piccole. L'occupazione del paese dei Rugi da parte di un nuovo gruppo etnico in questo periodo è attestata anche dalla ricerca archeologica.Otto von Hessen I Longobardi in Pannonia e in Italia Il nome di Longobardi riferito a una stirpe compare per la prima volta negli anni intorno alla nascita di Cristo. La storia vera e propria dei Longobardi ha inizio soltanto nell'anno 487-88. come risulta dalle fonti storiche. I nuovi venuti inumavano i propri morti secondo il rito dei Reihengräber in tombe orientate. Il nome dei Longobardi ricompare nei testi storici di nuovo nel 166-67 durante la guerra dei Marcomanni. sono state più volte messe in dubbio e non hanno trovato fino ad oggi conferma certa dal punto di vista archeologico. Mentre le fibule a "S" . Come sede di questa stirpe viene indicata la zona del basso corso dell'Elba. che negli esemplari più semplici erano fuse in un sol pezzo con la fibula.presentano un gran numero di varianti. le fibule a staffa e quella a disco. possiamo notare che il materiale non è unitario. che sono certamente di origine franca. Questa variante dello stile zoomorfo. Nelle necropoli dei primi decenni del VI secolo. quella di Brünn e quella di Poysdorf. dall'altro le ciotole a doppio cono con motivi a stralucido tipiche del mondo orientale.e inoltre anche fibule a rosetta e a disco ornate a cloisonné. come quelle trovate nella Tomba 18 di Hegykö. Le forme preferite dai Longobardi sono le fibule a staffa dalla piastra di testa semicircolare e il piede ovale terminante con una testa di animale in rilievo. ma comprende una serie di forme molto diverse fra loro. al cui vertice si trova spesso un ribattino col gambo. Vorrei qui ricordare le tombe di due orafi. va posta. Il loro numero varia a seconda della grandezza della fibula. Se consideriamo le fibule a staffa delle tombe longobarde in Pannonia.da quelle appartenenti a altre civiltà dell'ambito merovingico . I1 corredo di armi. La piastra di testa è circondata da protuberanze. si tratta di fibule con la piastra di testa rettangolare e il piede romboidale. nel periodo pre-pannonico e all'inizio della fase pannonica delle migrazioni longobarde. comprende innanzi tutto una spada (spatha). basandoci sulle pubblicazioni disponibili. per cui vanno considerate come un elemento a se stante. ma per lo più le fibule sono decorate con ornamentazione zoomorfa in Stile 1. nella sua forma originaria. ma che vanno considerate specificamente longobarde. Accanto ai succitati esemplari di "importazione" che sono di provenienza occidentale. indicato in genere come tipo Cividale. Roth. Talvolta compare la ornamentazione geometrica a Kerbschnitt abituale nelle fibule merovingiche. e che discende dalle Relieffibeln (fibule a rilievo) nordiche. che oltre al corredo di armi contenevano gli arnesi da orafo e nel caso di Poysdorf. Nelle tombe femminili si trovano spesso coppie di fibule a staffa di provenienza occidentale come i due esemplari di Hegyko . Oltre alle tipiche fibule a staffa con piastra di testa semicircolare compare in Pannonia un altro tipo. ma non sempre. Questa forma classica di fibula longobarda si sviluppa da prototipi occidentali fino ad assumere caratteri propri. è la cosiddetta Schlaufenornamentik. che possono talvolta. nelle tombe maschili di questo primo periodo. consiste. che compare quasi contemporaneamente. Quanto alla ceramica nelle tombe longobarde di quest'epoca compaiono due forme principali: da un lato le ciotole scanalate caratteristiche della zona dell'Elba. Certi ornamenti che . Questi nuovi tipi di fibule e la loro ornamentazione sono le prime testimonianze di un'arte autonoma prettamente longobarda. si ricollegano direttamente ai modelli occidentali. nello sviluppo della ornamentazione longobarda. in generale in questo periodo l'abito delle donne longobarde segue in tutti i dettagli la moda occidentale. in Pannonia gli orefici longobardi sviluppano nuove forme. periodo in cui i Longobardi si diffusero oltre il Danubio in Pannonia. che indica la provenienza originaria. si sviluppò per suo conto sotto l'influsso longobardo. una a "S" e una a staffa con piastra di testa rettangolare. fra lo Stile I e lo Stile II. che non possiamo più catalogare genericamente come merovingiche. mentre in quelli più pregiati venivano approntate separatamente e poi inserite nella piastra. mentre compaiono più di frequente offerte che fanno pensare a legami con l'ambiente occidentale merovingico e alemannico. Il gruppo. Una variante dello Stile 1. la lancia con la punta a foglia di salice e lo scudo con umbone a cono schiacciato. secondo H. si nota la tendenza ad abbandonare gli oggetti di tipo turingio-boemo. contenere dettagli zoomorfi appena accennati. di nastri intrecciati e disposti con rigida simmetria. addirittura due modani per la fabbricazione delle fibule. indicano che il pezzo si rifà a un modello di origine nordica. Le piccole fibule vengono abbandonate poco dopo l'insediamento in Italia. ma accanto a questo compaiono elementi ripresi dalla moda bizantina. in quattro campi nei quali sono rappresentati alternativamente una figura umana accovacciata e due animali intrecciati fra di loro. Vorremmo qui citare le placche delle briglie di Veszkeny. esse erano cucite su un velo che veniva disteso sul volto dei defunti. Nell'altro gruppo le placche emisferiche sono divise da una croce in rilievo. tipiche del periodo italo-longobardo. Lo si nota chiaramente in esemplari trovati nei cimiteri di Cividale del Friuli. si trovano. Il primo è ornato da una greca e da un semplice nastro intrecciato. Qualcosa di analogo si può notare per i reperti provenienti da tombe maschili della stessa epoca. prodotti di artigiani locali. il che costituisce un'indubbia prova della migrazione del popolo longobardo. Vengono anche usati anelli di metallo nobile e nelle tombe di donne ricche compaiono pendenti d'oro infilati nelle collane di perle. sotto l'influsso di elementi provenienti da culture diverse. che compaiono frequentemente nell'ornamentazione zoomorfa nordica. gruppi di linee. un pendente di argento dorato e delle falere a forma di croce. provenienti dalle necropoli dell'epoca della venuta in Italia. Perciò la fibula di tipo Cividale dimostra come nel periodo pannonico della migrazione i Longobardi. Le fibule a staffa diventano più grandi e al posto della decorazione in Stile I e in "Schlaufenstil" subentra quella in Stile II sviluppatasi dopo la venuta in Italia. queste ultime si possono dividere in due gruppi in base alla loro forma. che nei primi tempi è ancora ornata a cloisonné. In questi centri. Si tratta di croci. che può essere considerato veramente longobardo. per la figura umana accovacciata ritroviamo delle lontane analogie nell'arte nordica.rivelano un influsso diretto dell'arte ostrogota e fanno pensare che queste fibule siano state approntate per i Longobardi da orafi ostrogoti rimasti in Pannonia. Le donne longobarde dapprima rimangono fedeli all'antico costume con le fibule. al loro posto compare la fibula a disco. Nocera Umbra e Castel Trosino presso Ascoli Piceno. Data la varietà dei motivi usati nella decorazione esse rappresentano uno dei documenti più importanti per le arti minori longobarde. Mentre la croce e anche i motivi zoomorfi si rifanno in generale all'arte pannonico-longobarda. La decorazione del pendente a mezza luna consiste in due animali affrontati in Stile I e una maschera umana fra due teste di uccelli rapaci. motivi questi che provengono da forme mediterranee. come pure in altri luoghi di scavo d'Italia. abbiano creato un nuovo stile. I reperti. anche se finora di rado. Poco tempo dopo si notano tuttavia delle innovazioni che vanno ricollegate all'influsso della civiltà bizantino-mediterranea. come la spatha nordica col pomo d'oro di Gyirmod e la placca di cintura franca di Szentendre. ritagliate in sottile lamina d'oro e per lo più decorate con tecnica a sbalzo.come i tralci a spirale. Questa nuova decorazione non viene usata soltanto sulle fibule a staffa. che probabilmente provengono dalla tomba distrutta di un principe. indicano che i Longobardi nei primi decenni a partire dal 568 continuano a seguire la tradizione pannonica. in genere piuttosto piccole. questi due motivi. Accanto a oggetti di alta qualità "importati" da altri ambiti culturali. Accanto alla ornamentazione .già compaiono in queste fibule. maschere e teste di uccelli assai stilizzate lungo il bordo del piede . Si sono conservati soltanto gli anelli dei filetti con agemina in argento. i cui bracci terminano con teste di animali. s'incontra lo stesso patrimonio di forme che sono caratteristiche dell'epoca pannonica. ma compare anche sulle guarnizioni di cintura o su altri oggetti simili e in particolare sulle cosiddette crocette in lamina d'oro. in particolare gli orecchini d'oro e d'argento ornati di sottile filigrana. Ai primi decenni del VII secolo appartiene anche la placca frontale del cosiddetto elmo di Agilulfo trovato in Val di Nievole. Le scene riprodotte sulla superficie dello scudo possono derivare da modelli tardoantichi. in parte filigranato. che si sviluppano in forme analoghe. La massima fioritura delle arti minori longobarde e dell'oreficeria corrisponde ai primi decenni del VII secolo. Spesso in queste tombe si trova del broccato d'oro. venivano indossate cinture multiple con guarnizioni d'oro e d'argento. anche con placche sagomate a forma di figure. secondo il modello orientale bizantino. Altri oggetti di lusso provenienti da tombe maschili di questa epoca e anch'essi influenzati dallo stile mediterraneo sono le preziose selle e le placche delle briglie. perché. come nel caso dello scudo di Stabio in cui è rappresentata una scena di caccia. ad eccezione di alcuni anelli a sigillo. ma anche elementi non longobardi di provenienza bizantma. Talvolta la decorazione consiste solamente di croci.a Schlanfenstil. Tipiche della ornamentazione longobarda sono le cinture per sospendere le armi e le guarnizioni degli sproni. Di contro. In questo campo si nota una evoluzione. notiamo una forte somiglianza sia nelle forme che nello stile. non conosciamo praticamente nessuna rappresentazione della figura umana. ma anche più importanti dell'arte longobarda. Continua l'usanza di deporre nelle tombe le armi. Vi è rappresentata la tradizionale scena dell'atto di sottomissione: il re siede in trono fra due armati a cui si avvicinano da destra e da sinistra due gruppi di figure condotti ciascuno da una vittoria alata. quelle in ferro. Le fibule a staffa vengono sostituite da una grande fibula a disco in cui sono inserite pietre disposte a croce o guarnizioni in filigrana. che fa pensare a abiti riccamente decorati e che compare anche nelle tombe maschili. Nelle poche tombe femminili dell'epoca che si sono conservate si trovano solo oggetti che seguono la moda mediterranea. Un genere tipico dell'epoca italo-longobarda è rappresentato invece dai cosiddetti scudi da parata longobardi. in casi particolarmente preziosi. Inoltre vengono usate spathe col pomo d'oro o d'argento. che è . come per esempio nello scudo di Gisulfo di Cividale o nello scudo di Borgo d'Ale. Ambedue sono sia di bronzo che di ferro. invece. I reperti longobardi della metà circa del VII secolo hanno caratteri completamente nuovi. La foggia delle cinture si sviluppa in forme particolarmente ricche. per quanto concerne i doni funebri degli uomini di quest'epoca. i cui ornamenti riportano in parte motivi mediterranei come delfini contrapposti o simili. la placca di Agilulfo rappresenta una delle testimonianze non solo più interessanti. sono ornate da una quantità di motivi eseguiti nella tecnica dell'agemina e della placcatura. Le guarnizioni di bronzo in genere sono ornate solo da ribattini e hanno i bordi centinati. ornati con ribattini dorati e. I reperti di questo periodo. come orecchini e fibule a disco e talvolta anelli di metallo nobile. I doni funebri che di norma venivano deposti nelle tombe femminili consistono in orecchini d'oro con ametisti e altre pietre preziose. nella fase più sviluppata troviamo varianti in Stile II. Anche se la rappresentazione si rifà a modelli antichi. Se confrontiamo questi reperti con oggetti appartenuti a donne non longobarde trovati in tombe della Sicilia e della Sardegna. o derivare dall'iconografia cristiana come nello scudo di Lucca in cui compare un calice fra due pavoni e un guerriero che porta una croce in piedi fra due leoni. in parte con ornamentazione zoomorfa in Stile II. ciò indica che è avvenuta una totale assimilazione degli usi autoctoni da parte delle donne longobarde. che sono assai importanti e numerosi ci danno un'immagine di quanto ricca fosse la produzione in oggetti d'oro e d'argento. diminuisce anche il numero dei reperti stessi. si può constatare che permangono caratteristiche particolari che ci permettono di distinguere chiaramente le sepolture dei Longobardi da quelle degli autoctoni. Già all'inizio del VII secolo accanto alle guarnizioni di cintura in metallo nobile. Infine verso la metà del VII secolo si abbandonano le guarnizioni di cinture quintuple in ferro.I'ornamentazione. Al momento in cui compaiono tali reperti cessa presso i Longobardi l'uso del corredo funebre e di conseguenza anche la possibilità di ricostruire la storia di questo popolo dal punto di vista archeologico. sia sulle guarnizioni delle cinture quintuple che su quelle multiple. . compaiono allora delle guarnizioni di cinture molto strette e lunghe. per lo più nastri a "otto". mentre si continuano a usare cinture dello stesso tipo in bronzo. Agli inizi circa dell'ultimo trentennio del VII secolo siamo alla fine di questa evoluzione.presente anche a nord delle Alpi. in bronzo e in ferro.che in base alle conoscenze attuali si pone all'inizio del secondo trentennio del VII secolo . In un secondo stadio . compaiono le cinture quintuple con agemina piuttosto grossolana in Stile II. che talvolta presentano un ornato mediterraneo a tralci. diventa di qualità superiore. per cui sembra giusto pensare a dei rapporti fra i Longobardi e i loro vicini del nord. sagomate. Contemporaneamente si trovano guarnizioni multiple in ferro la cui ageminatura cerca di imitare il motivo bizantino a punto e virgola (ornamentazione a spirale in tutte le sue varianti). talaltra graziosi motivi in Stile II. Prendono il sopravvento decorazioni eseguite con cura in Stile II che rivestono l'intera superficie. A1 medesimo periodo appartengono anche guarnizioni di cinture multiple in ferro dalla placcatura raffinata. queste ultime sono per lo più ornate di agemina a righe o di placchette in bronzo applicate e decorate con punzonature. Torino 1980. Guillou. 153-66. ma reciproci. IV-120. cioè dai più "civili" romani verso i "barbari". C. Longobardi e Bizantini in Storia d’Italia a cura di G. in I caratteri del secolo VII in Occidente. 4 (1971).Cristina La Rocca Hudson . in Atti del I Congresso internazionale di studi longobardi. G. pp. 103-59. Sturmann Ciccone Reperti longobardi e del periodo longobardo dalla provincia di Reggio Emilia. Sestan. Il materiale altomedievale dalle collezioni Stibbert di Firenze. sono un tradizionale argomento di dibattito nella storiografia sia politica. Storiche e Filologiche". Settia dell'Università di Torino per le utili discussioni sull'insediamento presso la collina torinese. Firenze 1983. Cini. per averci informato dell'esistenza di oggetti di corredo altomedievali inediti e per averci sostenuto ed incoraggiato durante la ricerca. soprintendente ai Beni archeologici per il Veneto. La composizione etnica della società in rapporto allo svolgimento della civiltà in Italia nel secolo VII in Occidente. 94-135. Delogu. G. Hudson. Reperti autoctoni di età longobarda dal Museo Civico Archeologico di Bologna . Die langobardischen Funde aus dem Graberfeld von Testona (Moncalieri-Piedmont). Potere centrale e società locale. G. cit. frutto di una comune ricerca. In questa sede. Ortalli. 67-110. C."Archeologia Medievale". 646-48. 2 3 A. 4 O. ma anche che tali rapporti variarono quantitativamente e qualitativamente a seconda del territorio esaminato e non sono da intendersi soltanto in una direzione. sia urbani. Il quadro che si delinea archeologicamente dell'Italia durante l'età longobarda è dunque limitato alla sfera della classe dominante. I ritrovamenti barbarici nelle collezioni civiche veronesi del Museo di Castelvecchio. pp. M. P. sia giuridica1. Classe di Scienze Morali. Aspetti di vita economica e sociale nell'ltalia del secolo VII. e soltanto di recente per alcuni reperti. pp. Carretta. Problemi dell'insediamento rurale Gli effetti della migrazione longobarda sull'insediamento sia rurale sia urbano. E. si è iniziato a prospettare la possibilità che si tratti di oggetti relativi alla popolazione locale4 . Vorremo ringraziare la professoressa Bianca Maria Scarfì. . in I caratteri del secolo VII in Occidente. La questione longobarda e la moderna storiografia italiana. M. Il. C. Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano. London 1981. Falco.. Ricci. 76 (1967). Wickham. Infine siamo grati al professor Aldo A. Central Power and Local Society. p. pp. A. Tabacco. Milano 1983). Il regno longobardo. "Rivista Storica Italiana". dottoressa Giuliana Cavalieri Manasse. pp. von Hessen. I Longobardi in Italia. quali le fibule zoomorfe. L'Italia nel primo Medioevo. I Longobardi nel territorio vicentino. Early Medieval Italy. pp. Vicenza 1979. Spoleto 1952. si vogliono invece illustrare alcuni esempi tratti sia da contesti rurali. I. Delogu. VIII (1981). Fasoli. "Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino. Milano 1982. Torino 1979. è stato redatto per la parte I da Cristina La Rocca Hudson e per la parte 2 da Peter J. completamente avulsa dal contesto territoriale di insediamento e chiusa ad ogni contatto culturale. definendo genericamente come "Longobardi" gli oggetti databili dalla fine del VI alla fine del VII secolo3. né possono essere limitati ad una rigida divisione tra prodotti bizantini e *Il presente lavoro. 1 G. Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. I. 23-29 aprile 1957.Peter J. ed anche l'ispettore per la provincia di Verona. von Hessen. Melucco Vaccaro. pp. 64977. per dimostrare non solo che vi furono interferenze reciproche tra Longobardi e popolazione locale. it. Spoleto 1958. in P. Id. Il modo in cui le fonti archeologiche altomedievali sono state utilizzate nel passato non sembra invece aver fornito dati significativi per comprendere i rapporti che si instaurarono tra i Longobardi e la popolazione romanza2. Verona 1968. pp. o le fibbie da cintura di bronzo massiccio. Gli studi riguardanti la classificazione e la datazione dei corredi tombali longobardi si sono infatti per lo più limitati ad incasellare questi manufatti in categorie tipologiche. 64-80 (trad. O. S. 3-216. per averci permesso di pubblicare la ceramica proveniente dal cortile del tribunale di Verona.. 7s. Hudson Riflessi della migrazione longobarda sull'insediamento rurale e urbano in Italia settentrionale * 1. Problemi di insediamento e di popolamento nell'altomedioevo. pp. Id. Galasso. Reggio Emilia 1977. ove nel secolo scorso venne alla luce la necropoli altomedievale di Testona7 e le moderne province di Brescia e Verona. 17-52. LXXXII (1984). includendo quegli abitati. Dai possessori dell'età carolingia agli esercitali dell'età longobarda. A. Romania Germanica.. Calandra.anche di schiavi . cit. 68 s. X (1969). A. Dizionario di toponomastica veneta. 237-328.. pp. "Bollettino storico bibliografico subalpino". Torino 1979. con toponimi derivanti sia da nomi personali latini sia germanici. pp. pp. Äberg. 133 e 135. in Anglo-Saxon Cemeterie 1979. poste sulle sponde opposte del lago di Garda.L. Id. e Calvisano (Brescia). Death. sono stati presi in esame accanto ai siti tuttora esistenti. Verona 1982. 4-6 e 18-22. Testona: la necropoli di età longobarda. 11 (1974) pp. ~Archivio Storico per le Province Parmensi". Insediamenti abbandonati sulla collina torinese. tranne la distrutta N.longobardi. 172-86. XXVI (1977). Le vicende del popolamento in un territorio collinare: Testona e Moncalieri dalla preistoria all'altomedioevo. cit. cit. "Archeologia Medievale". Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. La distribuzione dei dati archeologici . Migrazioni e accentramento di abitati sulla collina torinese nel basso medioevo. Petracco Siccardi. il che costituisce un'indubbia limitazione. T.. Pellegrini Osservazioni sulla toponomastica "barbarica. Tabacco. ed è significativo notarlo.. B. Typologie des toponymes Romans d'origine germanique dans l'ltalie du Nord. Wickham.. se non senz'altro alla classe dominante germanica. Uppsala 1923. pp. Pellegrini.sono germanici. pp. sembrano indicare l'usanza di seppellire soltanto in cimiteri ufficialmente "autorizzati". È infatti ragionevole ritenere che toponimi aventi radice in un nome personale germanico e documentati nell'Altomedioevo siano riconducibili. 12 . G. Milano 1961. attestati nelle fonti scritte altomedievali. Rathz. pp. in Cristianizzazione ed organizzazione ecclesiastica delle campagne nell'alto medioevo: espansione e resistenze. 6 5 A. 1-52 10 G. Die Langobardischen Funde. e neppure cambiamenti nella struttura territoriale tardo romana11. XXII (1978). I toponimi derivanti invece da nomi comuni non sono stati considerati. pp. pp. 11 Berlin-Leipzig 1936. 1-12. anche quelli abbandonati nel corso del Medioevo8. Chapman. Questo sembra essere il caso delle necropoli maggiori qui esaminate: Testona (Torino) circa 450 tombe. in Verona in età gotica e longobarda. 11 A. 228-34. I. G.. pp. C. Settia. Castagnetti. Die Goten und Longobarden in Italien. Venezia 1960. Early Medieval Italy. "Onoma". che venivano perciò usati da più villaggi circonvincini12.veronese. in Testona. 9 8 D. A. a cura di P. Dickinson. Watts Oxford (British Archaeological Reporis.. pp. Dizionario di toponomastica piemontese. pp. British Series 82) 1980. senza dubbio ad insediamenti sorti ex novo presso quelli già esistenti in età tardoantica. Per una storia della comunità. ma può in ogni caso permettere delle considerazioni indicative9. per le altre due aree si sono considerati soltanti gli abitanti attuali. E. "Studi Medievali. Osservazioni sulla toponomastica. 1-86. Mentre per la prima zona. p. perché la loro adozione nella lingua corrente anche in epoche di molto successive li rende inutilizzabili ai nostri scopi10. L'organizzazione del territorio rurale nel Medioevo. Torino 1980. mentre. «Villam circa castrum restringere». È stato d'altronde già notato che nelle fonti scritte altomedievali la maggioranza dei nomi propri . Settia. In primo luogo occorre chiarire che la presenza di una necropoli longobarda estesa e numericamente consistente non significa necessariamente una presenza germanica più rilevante rispetto ad altre zone. "Quaderni storici". Spoleto 1982. Id. dimostrando chiaramente la diffusione di questo costume anche tra la popolazione di origine locale6. Pievi e cappelle nella dinamica del popolamento rurale. 24 (1973). Per il contesto rurale sono state prese in esame tre aree campione: la collina ad est di Torino. 905-44. B. pp. nessuna delle necropoli rinvenute in provincia di Verona supera le 50 sepolture. Id. Oliveri. 10-16 aprile 1980. 500 tombe. M. i siti delle necropoli più a lungo frequentate. 445-89. Negro Ponzi.è stata rapportata ai dati toponomastici. "Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino". Brescia 1965. 59-79. Al contrario. 255-61. Gamillscheg. 7 C. di estensione più limitata. Dizionario di toponomastica lombarda. secondo la proposta di Äberg5. IV (1883).in prevalenza sepolture . Id. 458-60. M. La Rocca Hudson. Di una necropoli barbarica scoperta a Testona. a pp. culture and Society. von Hessen. «Vico Sahiloni» e «Silva Arimannorum». .come gli "otto orciolini ed anfore di terra rossastra" e la pilgrimflask ricoperta da un'invetriatura verde18 provenienti da Testona. pp. Per una storia della comunità. The Anthropology of the Lombards. indice di un'area precisamente definita e limitata in cui era permesso seppellire14. Fumagalli e G. riutilizzato dai Longobardi16..VII. In ogni caso. 16 A. altri esempi in O. 18 Calandra. 68 (1980). Note sul materiale barbarico trovato nel bresciano. Rizzini.46. 1v-2r. Panazza.menzionano la presenza di un muracium nell'area ove si rinvenne la necropoli longobarda15. Sia Testona. "Commentari dell'Ateneo di Brescia". cit. Oxford (British Arcaeological Reports. International Series 61) 1979. tav. a cura di V. Firenze 1971. Settia. 2 e fig. cit. conservatisi fino al XIII secolo (fig. a p. von Hessen. La necropoli longobarda delle tombe in fila della zona di Ciringhelli Povigliano. P. in Medioevo rurale. Rossetti. "Memorie Storiche Forogiuliensi". pp. 351. Serie A. 17 La Rocca Hudson. La necropoli. ereditando l'organizzazione insediativa romana. La collezione Calandra. che potrebbe suggerire l'esistenza di un edificio romano in rovina. 1. 143-7. A. 18s. Il tipo di alcuni oggetti di corredo ed i dati antropologici. 20 L Kiszely. Le vicende del popolamento in un territorio collinare. p. tavv. cit. Sulle tracce della civiltà contadina. XLIX (1969).. mentre a Calvisano furono rinvenuti due olpi invetriate19. Primo contributo all'archeologia longobarda in Toscana. La toponomastica come fonte per la storia del popolamento rurale. pp. 35-56. anno 1351. in Testona. 15 Archivio Comunale di Moncalieri.. n. La sovrapposizione delle sepolture. di altri siti cimiteriali oppure di tombe isolate sembrerebbe indicare l'esistenza di un'area cimiteriale "ufficiale" (fig. tav. 14 Calandra. 13 .. 20-54. Di una necropoli barbarica scoperta a Testona. provano inoltre che nei pressi di tali nuclei cimiteriali vi furono insediamenti della popolazione locale che si rapportarono in qualche modo con quelli germanici. I manufatti comprendono ceramica di tradizione locale. Di una necropoli barbarica scoperta a Testona. "Faenza". 142. G. Scritti in onore di G. sia Calvisano si trovano infatti in zone caratterizzate da toponimi prediali latini. 4). Blake. 19 Blake Ceramica paleo-italiana. 3 e 29. a p. O. Gli oggetti barbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia. cit. a p. 1894. 1 e fig. 43. von Hessen. Inoltre a Testona i catasti del XIV secolo seppur tarda attestazione . pp. 39. tav. fornito dallo studio delle ossa umane. 93-9. n° 25. 3c. in Problemi della civiltà e dell'economia longobarda. Questo dimostra chiaramente che i Longobardi si sovrapposero semplicemente accanto alla popolazione esistente. IV: L. l'esistenza di aree autorizzate e delimitate per le sepolture non implica necessariamente che i Longobardi riorganizzarono radicalmente l'assetto territoriale. cit. 22s. H. Milano 1964. nelle immediate vicinanze. cc.12-39.necropoli presso Buttapietra-su cui però nulla si può ormai dire . Pejrani Baricco. Bognetti. che si accompagna all'assenza. inoltre i resti antropologici femminili di Testona sono per la maggior parte relativi al tipo alpino-mediterraneo e quindi presumibilmente riferibili alla popolazione locale20. Catasti. provincia di Verona. Ceramica paleo-italiana. pp. 3)17. a p. pp. PP. Bologna 1980. 137-70. P.che si aggirava sulle 100 tombe13. Castagnetti. 341s. sia di piccole necropoli21. Tombe barbariche. Distribuzione dei toponimi romani ( ) e germanici ( ) e delle necropoli longobarde ( ). Zevio. FIGURA 1 Provincia di Torino: territorio medievale dei comuni di Chieri e di Moncalieri. isolate. in cui ad una fitta distribuzione di toponimi latini si accompagna un numero assai modesto sia di tombe isolate. C. a nord di Verona. I ritrovamenti barbarici. Armilla bronzea. p. Verona 1984. pp. Per Valpolicella cfr. C. Cipolla. Anna d'Alfaeo. M. Se quest'ultimo può essere il caso della Valpolicella. p. e dell'area nei pressi di Cellore d'Illasi.. per Cellore d'lllasi cfr. 5). Come è noto.. in A. "Notizie degli Scavi di Antichità". ad est della città (fig. von Hessen. in altre zone la situazione è assai diversa. l'abitudine di seppellire in cimiteri "ufficiali" coesistette accanto a quella di creare ex novo delle piccole aree cimiteriali. La Rocca Hudson. 25. la seconda possibilità non è necessariamente indicatrice di una presenza longobarda più labile o più sporadica. 12s e 27s. cit. 1880. La Valpolicella dall'altomedioevo all'età comunale. S. Nonostante questo. 21 . Zevio e Cologna Veneta. in prossimità dei moderni centri di Chieri (Torino) (fig. Berlin-Leipzig 1913. documentati nell'Altomedioevo come locus et fundus -vale a dire insediamenti con un proprio territorio . unito al genitivo di nomi di persona germanici.FIGURA 2 Provincia di Torino: territorio medievale dei comui di Chieri e di Moncalieri. Il.si trovano toponimi contraddistinti dall'unione di un nome quale Mons o Vicus. necropli con più di 100 sepolture(G). Falco22. nella pianura bresciana. poiché nel veronese essi sono in numero maggiore . a cavaliere di aree in cui si concentrano fittamente toponimi latini. In queste località. ad vocem. e di Brandico. Romania Germanica. come Maco. 5).i Longobardi sembrano aver avuto un'influenza decisiva nella strutturazione del territorio medievale. Infatti. 22 E. nella pianura veronese (fig. 1). nonostante il numero limitato di ritrovamenti archeologici . Povegliano.per il torinese ed il bresciano. gruppi da 2 a dieci tombe ( ). Gamillscheg. Distribuzione delle necropoli longobarde: sepolture isolate ( ). Bemo. . tranne forse per le odierne Gambara e Gottolengo24. pp. Dizionario di toponomastica piemontese. poste nella pianura lungo il corso del Mella. Distribuzione dei toponimi romani ( ) e germanici ( ) e delle necropoli longobarde(G). . cit. Milano 1968. Una terza possibilità è la formazione di insediamenti longobardi in aree del tutto incolte e disabitate durante il periodo romano. Sembra pertanto di trovarsi di fronte a situazioni simili a quella documentata a Cologno Monzese (Milano)23: la creazione ex novo di insediamenti con un proprio territorio. Società e istituzioni del contado Lombardo durante il Medioevo. 244 e 265. il gruppo germanico sembrerebbe aver imposto la propria autorità. In questo caso. ricorre 23 G. Rossetti. Se ciò non sembra essersi verificato nella provincia di Brescia.FIGURA 3 Provincia di Brescia:toponimi e necropoli. Cologno Monzese. 24 Olivieri.. formato attraverso l'acquisizione di parte della terra degli insediamenti confinanti. organizzandosi indipendentemente dalla popolazione locale e creando nuovi centri abitati. I ritrovamenti barbarici.G. C. 18. M. 31 F. Verona 1976. IV. Anche nella parte occidentale della collina torinese.C ed il sec. Catalogo dell'Armeria reale di Torino. 6). Insediamenti abbandonati sulla collina torinese. 542-5. Zevio. a. necropoli altomedievale. tra XII e XIII secolo da toponimi che indicano la presenza di aree incolte. Brede. coincidenza si verifica specialmente nella provincia di Verona (Molina. Concesio34 e dove sono stati rinvenuti piccoli nuclei cimiteriali altomedievali. ed in seguito da una necropoli altomedievale. Villa Cogozzo: cfr. doc. Arsitie (ardo). "Archeologia Medievale". Cremaschi. Hudson. Tomba longobarda scoperta a Nograr di Valpolicella. 32 A. Gussago: cfr. Cognasso. 1914. 27 von Hessen. Tracce di necropoli barbarica presso la strada nazionale Torino-Mocalieri. 26 Soprintendenza Archeologica di Verona. p. 23. contengono in genere esigui Breonio e Molina: cfr.n. La Rocca Hudson. A.. cit. p. 35 Villa Carcina: cfr. zona formata da ripide vallate e caratterizzata. Evoluzione di un tratto di Pianara Padana (prov. Villa Cogozzo. La Rocca Hudson. forse casuale. Reggio e Parma) in rapporto agli insediamenti ed alla struttura geologica tra il XV sec. 3000 anni fa a Verona. Museo di Storia Naturale di Verona s. Marchesini. pp. Notiziario 1982. e Mozzecane (fig. Legnano. che in un buon numero di casi si trovano in località occupate nella tarda età del Ferro e poi abbandonate. Notiziario 1981. 33-49. Xl d. in Soprintendenza Archeologica della Lombardia. Breda. Panazza. 29 Settia. p. e che sembrano definitivamente abbandonati fino all'età dei dissodamenti estensivi del XII secolo. p. Zoni. 163. 112s. Tragnago. 32. 33 M. Sarezzo (Brescia). cit. J. È questo il caso della val Trompia a nord di Brescia. Cimitero altomedievale. cit. Supplemento agli oggetti barbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia. p. p. Rizzini. 34 Olivieri. Tombe barbariche. Supplemento agli oggetti 25 . Cartario dell'abbazia di san Solutore di Torino. pp. quali Padisium (pagus) forse con significato di pascolo comune29.. Note sul materiale barbarico trovato nel bresciano. Aspes et alii. Quest'ultima. P. A. Colognola ai Colli. e nella pianura presso il corso dell'Adige. nell'alta 26 Valpolicella25. in Soprintendenza Archeologica della Lombardia. 27 28 Valeggio . pp. infine. in particolare pp. Questo processo è ipotizzabile in base alla presenza di reperti archeologici romani ed altomedievali. 103s. cit. Sarezzo: cfr. 30 P. che è più complessa da interpretare e per cui è più difficile scandire cronologicamente le tappe di uso e di abbandono del suolo: si tratta di insediamenti occupati sotto diverse forme durante l'età romana. 542-70. 31 e 35. 42. Loc. bruciata e disboscata per permettere la coltivazione. In questo caso sembra pertanto che gruppi di Longobardi preferirono fondare nuovi insediamenti in zone prima disabitate e incolte. Esiste. Milano 1983. costruite con lastre di calcare locale. area incolta. 76. R. A. Dalla fine dell'età del bronzo all'arrivo dei Romani nel territorio veronese. secondo il costume germanico35. che si accompagnano a toponimi genericamente romanzi. Questo dato è del resto provato anche da altre fonti. ai reperti archeologici di età longobarda30 Si affiancano toponimi germanici quali Saxias 31. nei territori delle odierne Bovolone .. Milano 1982. un'ulteriore possibilità. Essi sono formati da una cinquantina di tombe. p. 588. "Commentari dell'Ateneo di Brescia". Baldaria. 143. armo 1089. Povegliano. p. "Memorie Storiche Forogiuliensi". Barocelli. Pinerolo (Biblioteca della Società Storia Subalpina 44) 1908. 263s. dato che le analisi pedologiche condotte per la pianura romagnola hanno dimostrato che questo territorio venne messo a coltura solo durante l'Altomedioevo mentre durante l'età romana la zona era paludosa33.. "Notizie degli Scavi di Antichità". P.C. tav. 1915. V (19801. nelle colline sopra Caprino. Dizionario di toponomastica lombarda. XXXIX (1952). 159. Villa Carcina (BS).invece più frequentemente nella provincia di Verona. I. cit. 27996. Peschiera. 142s. Torino 1890. Caprino Rivoli. Le vicende del popolamento in un territorio collinare. cit. 28 Cipolla. in cui gli attuali abitati sono tutti contraddistinti da toponimi indicanti caratteristiche del suolo. disposte a file. p. p. Rizzini. pp. come Villa Carcina. Angelucci.... 184 e 191. Gazzo)32. 37s. a p. . 165. p. p. Panazza. Note sul materiale barbarico trovato nel bresciano. quali la spada e le armi in genere. FIGURA 4 Provincia di Brescia: distribuzione delle necropoli longobarde..prevalentemente armille dalle estremità ingrossate e pettini d'osso. mentre mancano del tutto i tradizionali attributi militari longobardi. gruppi da 11 a 50 tombe (G)..elementi di corredo. Sepolture isolate( ). 43. gruppi da 2 a 10 tombe( ). necropoli con più di 50 sepolture barbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia. cit. cit. . tesoro di Isola Rizza ( ). necropoli longobarde( ).FIGURA 5 Provincia di Verona: toponimi e necropoli. Distribuzione dei toponimi romani ( ) e germanici ( ). 100s. gruppi con più di 10 sepolture (G). poiché le due possibilità non sono necessariamente contrapposte.Casale Lozzi (Nocera Umbra).FIGURA 6 Provincia di Verona: Distribuzione delle necropoli longobarde. 37 38 36 Kiszely. Ad esempio a Pettinara-Casale Lozzi38 (Ascoli Piceno). Firenze 1978. cit. "Bollettino d'Arte".come le armille ad estremità ingrossate e decorate da più file di perle a rilievo. Il cimitero altomedievale di Pettinara . Padova. p. Sepolture isolate ( ). 157s. The Antrhopology of the Lombards. von Hessen. gli oggetti dei corredi. attribuiti alla popolazione locale. Sebbene gli oggetti presenti in queste sepolture appartengano a tipi che compaiono anche in tombe longobarde . sono databili alla fine del VII secolo o all'inizio dell' M. p. nella tomba del cavaliere di via Monte Suello 4 a Verona36 . XLIX (1964). Tombe longobarde di Valdonega . Rinaldi. va infatti dagli status symbols indicanti l'appartenenza all'esercito ai semplici oggetti personali. potrebbe indicare sia che ci troviamo di fronte a sepolcreti della popolazione locale . Archivio Soprintendenza Archeologica del Veneto. ad esempio.1'assenza di armi e di ceramica tipicamente longobarda. 402s. p. L. tesoro di Isola Rizza( ). . che si rinvennero. ad vocem "via Monte Suello". Se la presenza di questi oggetti indichi un periodo cronologico più avanzato oppure una diversa matrice etnica è difficile stabilirlo. gruppi da 2 a 10 sepolture ( ). La composizione del corredo è varia. 0.come sembrano indicare anche le analisi antropologiche37 oppure ad un avanzato stadio della coabitazione tra indigeni e Longobardi. VIII, mentre le analisi osteologiche indicano un'origine germanica dei sepolti39, mentre a Sovizzo (Vicenza) la stessa necropoli, circoscrivibile nell'ambito del VII secolo, accanto ad un indubbio e purtroppo imprecisato numero di tombe con armi40, presenta circa 120 tombe con i soli pettine e coltello, recentemente scavate dalla Soprintendenza Archeologica del Veneto. Comunque il problema dell'identificazione della razza del sepolto in base al suo corredo funebre sta assumendo connotati sempre più problematici, poiché è via via più chiaro che non sempre le tombe con armi appartengono a Longobardi41, ne viceversa quelle con misero corredo sono sicuramente indizio della popolazione locale. 2. Le città Il comportamento flessibile dei Longobardi nei confronti della struttura insediativa tardoantica è evidente anche nel contesto urbano, sebbene i cambiamenti provocati dalla popolazione germanica siano di altra natura. Vi sono ancora assai pochi dati che possono essere sfruttati per delineare lo sviluppo urbano in Italia settentrionale dalla tarda antichità sino alla fine del periodo longobardo. Le fonti scritte, nella loro esiguità, forniscono soprattutto elementi sugli edifici ecclesiastici ed in misura assai più ridotta sulle residenze pubbliche del potere regio o ducale42. I dati archeologici si limitano invece, nella maggioranza delle città, a sepolture che dimostrano sia la continuità di uso dei cimiteri romani nel suburbio, sia la presenza di sepolture isolate all'interno della cerchia muraria43. I soli scavi urbani che abbiano scoperto resti di case altomedievali sono stati intrapresi in siti abbandonati durante il Tardomedioevo, come Luni44 e Castelseprio45. H. Blake, Sepolture "Archeologia Medievale", X (1983), pp. 175-98, a p. 176. Cini, Ricci, I Longobardi nel territorio vicentino, cit. 41 Kiszely, The Anthropology of the Lomabrds cit. p. 196. 42 D. A. Bullough, Urban change in early Medieval Italy: the example of Pavia, "Papers of the British School at Rome", 34, (1966), pp. 82-130, a p. 92. 43 Per Verona cfr. von Hessen, I ritrovamenti barbarici, cit., p. 7s; P.1 Hudson, M. C. La Rocca Hudson, Verona: Cortile del Tribunale and Via Dante, in Lancaster in Italy, University of Lancaster 1983, pp. 9-21, a p. 17s. 44 B. Ward-Perkins, Ricerche su Luni medievale, in Scavi di Luni II. Relazione delle campagne di scavo 1972, 1973, 1974, a cura di A. Frova Roma 1977, pp. 633-38; Id. Two byzantine houses at Luni, "Papers of the British School at Rome", 49 (1981), pp. 91-8. 45 M. Dabrowska, L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Castelseprio: scavi diagnostici 1962-63, "Sibrium", XIV (1978-79), pp. 1-138. 40 39 FIGURA 7: Ricostruzione della viabilità roma di Verona: sepolture longobarde ( ); case di periodo longobardo( ); area non edificata ( a tratteggio). Fino ad epoca recente non vi erano dati relativi alle città, tuttora esistenti, che potessero chiarire in quale misura i risultati ottenuti a Luni e Calstelseprio erano estendibili agli insediamenti urbani che continuarono a sopravvivere oltre l'età romana. Infatti, malgrado l'intensificazione dal 1980 in poi delle ricerche archeologiche urbane nel nord Italia, specialmente nella regione lombarda46, mancano ancora quasi completamente resti di case civili altomedievali (VII-X secolo). L'unica eccezione è rappresentata da Milano, dove qualche elemento strutturale fu rinvenuto durante gli scavi per la "linea 3" della metropolitana in piazza del Duomo47 accanto ai dati più consistenti di Verona, che qui si presentano. Archeologia urbana in Lombardia, a cura di G. P. Brogiolo, Modena 1984. D. Andrews, D. Perring, Gli scavi in piazza del Duomo, in Soprintendenza Archeologica della Lombardia, Notiziario 1982, cit., pp. 63-5, a p. 64, Id. Piazza Duomo lotto due, Soprintendenza Archeologica della Lombardia, Notiziario 1983, Milano 1984, p. 91s. 47 46 FIGURA 8 Verona, Via Dante: fronte stradale tardoromano e altomedievale (fine V- fine XII secolo). La campitura grigia indica la seconda fase edilizia ( inizio VII secolo), mentre quelle chiare al di sopra e al di sotto indicano la prima e la terza fase edilizia (rispettivamente fine V secolo e fine XI secolo). In questo lavoro, si considerano alcuni aspetti della topografia urbana, utilizzando i risultati degli scavi intrapresi dal 1981 a Verona48, integrando tali osservazioni con i dati di altre città, in primo luogo Pavia, basati però essenzialmente su fonti scritte e topografiche. È stato più volte notato che la parziale conservazione del reticolo stradale romano nelle città moderne dell'Italia settentrionale e centrale e Verona e Pavia sono due degli esempi più noti di questo fenomeno deve significare una certa continuità dell'intensità di insediamento urbano anche durante l'Altomedioevo49. La natura di tale continuità è stata recentemente chiarita nei recenti scavi di tre siti urbani a Verona, aventi caratteristiche diverse: il cortile del tribunale (circa 900 m2 all'interno di un'insula romana), via Dante (una strada urbana romana) e palazzo Maffei, collocato sul lato settentrionale di piazza delle Erbe, sul sito del Foro romano50 (fig. 7). Lungo il lato occidentale di via Dante, è stata messa in luce una struttura muraria (lunga 22 metri ed alta circa 2 metri) (fig. 8), che rappresenta la fronte stradale altomedievale, e che è collocata 4,5 metri ad est della fronte stradale romana51. Si tratta di case costruite durante il V secolo, periodicamente restaurate durante l'Altomedioevo ed abbandonate soltanto alla fine del XII secolo, quando l'intera zona venne acquisita dal Comune di Verona, e vi si edificò il palazzo comunale52. Il 48 49 Hudson, La Rocca Hudson, Verona: Cortile del Tribunale and Via Dante cit. B. Ward-Perkins, From Classical Antiquity to the Middle Ages. Urban pubiic building in Northen and Central Italy, Oxford 1984, p. 179s.2 50 G. Cavalieri Manasse, Verona Palazzo Maffei: resti di edificio pubblico, "Quaderni di archeologia del Veneto", I (1985), p. 47s. 51 P. J. Hudson, M. C. La Rocca Hudson, Verona: Cortile del Tribunale and Cortile del Mercato Vecchio, in Lancaster in Italy, University of Lancaster 1984 pp. 22-5. 52 P. J. Hudson, La dinamica dell'insediamento urbano nell'area dei Cortile del Tribunale di Verona. L'età medievale, "Archeologia Medievale", XII (1985), pp. 281-302. L'abbandono definitivo di queste strutture si verificò tra la fine del VI e l'inizio del VII secolo54. pp. 54 53 . 59 H. University of Lancaster 1980. p. 60 L. le zone all'interno delle insulae sembrano invece sgombre di edifici. già compromesso. furono costruite delle case di abitazione nella estremità settentrionale del Foro. Altri dati per Verona sembrano confermare quest'ipotesi. Inoltre. semplicemente bianchi bordati con una fascia nera. Si è già osservato che segni di decadenza urbana erano manifesti a Verona fıno dalla fine del V secolo. of Classix & Archacology in 1979. Hudson. 151-7). Il deposito di terra scura che sigilla le macerie del crollo degli edifici tardoantichi suggerisce che la zona del cortile del tribunale fosse stata adibita a zona coltivata. cit. 29-35 81-90. Verona Palazzo Maffei: resti di edificio pubblico. al centro di un isolato romano57. 17s. Blake. Archeologia urbana e programmazione della ricerca: l'esempio di Pavia. 7s. 55 Hudson. La presenza di sepolture isolate e non associate ad edifici ecclesiastici è presumibilmente anch'essa indice di aree aperte. 1-7 (ora in Scritti di Carlo Cipolla. C. Alcuni ambienti sono completamente abbandonati. Verona: Cortile del Tribunale and Via Dante. che provocò la decisa diminuzione della committenza per nuovi edifici60 e 1'abbandono dei ceti dominanti della città era intimamente connesso con la diminuzione del volume degli scambi economici che si verifıcò tra V e VI secolo. ma segni di crisi urbana compaiono già con la fine del V secolo. Pavia. 1. J. Hudson. Economia e società nell'"ltalia Annonaria". 255. Mor Verona 1978. Il ruolo avuto dai Longobardi nel ridimensionamento dell'intensità edilizia urbana è comunque difficile da isolare. Verona: Cortile del Tribunale and Via Dante. 57 C. La Rocca Hudson. fino all'inizio del IX secolo. 5-12. Nessuna nuova struttura fu ricostruita in quest'area. mentre lungo la strada romana vi era ancora un fitto insediamento. in Lancaster in Italy: archaeological research undertoken in Italy by the Dept. I'arrivo della nuova classe dirigente longobarda sembra aver soltanto peggiorato tendenze già in atto. cit. con la facciata posta circa 9 metri più a sud rispetto all'edificio monumentale romano sottostante. L'età medievale. p. 93-102. pp. ed infıne la ricca tomba femminile rinvenuta nel secolo scorso presso palazzo Miniscalchi. mentre in altri i mosaici sono semplicemente sostituiti da pavimenti di terra battuta. I risultati dell'esame del cavo veronese sembrano trovare sostanziale conferma per Pavia. 19s. von Hessen. una sepoltura sul lato settentrionale del Foro 56. I (1906). ed un'aula absidata53. Firenze 1981. a p. In questo quadro generale. pp. pp. Questi dati forniscono dunque l'immagine di una città fittamente abitata durante il periodo tardoantico ed altomedievale. Alla fine del V o al massimo all'inizio del VI secolo. quando un incendio provocò la loro totale scomparsa. p. Qui diverse sepolture altomedievali sono state rinvenute all'interno delle insulae della città romana58. 5s. 58 P. Pertanto. "MadonnaVerona". S. 56 Cavalieri Manasse. L'area dell'odierno cortile del tribunale fu intensamente riedificata durante la fine del IV secolo. p.. cit.fronte stradale altomedievale occupava la metà occidentale della strada romana ed era connesso al retro degli edifici monumentali posti lungo il lato orientale del Foro. A Verona vi sono tre episodi di questo genere: una tomba inserita nell'aula absidata al cortile del tribunale55. Una tomba barbarica scoperta nel Palazzo Miniscalchi a Verona. modifica ed attenua quest'impressione. Hudson. I ritrovamenti barbarici. a cura di G. Cipolla. la costruzione in età longobarda e carolingia di chiese al centro di isolati romani potrebbe essere un'ulteriore indicazione di aree rimaste inedificate dall'età tardo romana (ad es. Ruggini. e 1'unico scavo stratigrafico eseguito all'interno di un isolato non ha identificato resti strutturali di questo periodo59. Pietro in Vincoli). Tale sviluppo include la costruzione di nuovi ambienti con pavimenti a mosaico. La dinamica dell'insediamento urbano nell'area del Cortile del Tribunale di Verona. La situazione riscontrata all'interno dell'insula romana.. A palazzo Maffei si è riscontrata una situazione del tutto simile. Milano 1961. cit. La Rocca Hudson.. e questa crisi potrebbe essere attribuita alI'abbandono della città da parte dei maggiori latifondisti. cit. a nord del fiume Adige. In via Dante la striscia di lastricato romano su cui si costruì l'edificio altomedievale venne totalmente asportata e le sue lastre vennero usate come soglie (fig. cit. 140-50. 66 Hudson. pp. cit. ma qui non vi è alcuna prova archeologica di un insediamento romano extra moenia65.Vi fu inoltre una sostanziale continuità nell'insediamento suburbano. 64 I. G. A Verona. questo dato è testimoniato dalle tombe longobarde scoperte in Valdonega nel 196461. I'unico dato per l'esistenza di suburbi altomedievali è il toponimo germanico Mons Falconis. I muri delle case scoperti negli scavi veronesi sono formati pressoché integralmente da materiale romano reimpiegato. 65 P. in Atti del V Congresso internazionale di studi sull'alto medioevo . Belli Barsali. 3 (1971). sembra che l'anfiteatro ed altri edifici monumentali collocati nelle zone di insediamento longobardo. p. 461-554.. "Venetia". Fainelli. I. Fermo. nelle tecniche costruttive vi fu invece un considerevole ridimesionamento qualitativo. nella zona chiamata nell'813 villa prope portam Sancti Firmi. pp. 120-27. 63 V. 61 62 Von Hessen.492. 25. Pavia. Archeologia urbana e programmazione della ricerca. 8). A Pavia. pp. Se vi fu una sostanziale continuità nell'estensione delle aree urbane e soltanto una diminuzione delle aree edificate. in una zona occupata nell'età romana da suntuose ville suburbane62 e presso la chiesa di S. pp.Lucca 1971. cit.. a p. Tosi. . Hudson. potrebbero aver sofferto la stessa sorta66. La casa romana di Valdonega e il problema degli «oeci colonnati». chiamata porta dei Leoni63. 5-69. Anche a Lucca sono menzionate case di abitazione nel suburbio sin dai primi documenti dell'VIII secolo64. La topografia di Lucca nei secoli VIII-XI. I ritrovamenti barbarici.. 9-11. A palazzo Maffei il lastricato del Foro venne asportato per lo stesso scopo e le fondazioni di un edificio pubblico vennero demolite per soddisfare la domanda di mattoni. cioè presso la porta repubblicana. nella zona sud occidentale della città. pp. ed infine a Pavia. Codice diplomatico veronese. Venezia 1940. Spoleto 1973. a p. in Archeologica urbana in Lombardia. Tabaczynska. . In qualche caso si crearono dei tipi ibridi con caratteristiche 67 68 Ward-Perkins. La più volte notata commistione di abitudini e tradizioni si riflette anche in materiali di uso quotidiano. come le strutture scavate a Luni67 e Castelseprio 68. La facciata delle case altomedievali in via Dante era interamente costruita con materiali di reimpiego. mentre i muri interni divisori erano soltanto basse fondazioni forse per elevati di legno. A Verona il materiale reimpiegato era semplicemente legato da argilla. Castelseprio. Ricerche su Luni medievale. 38 e 78s. cit. per esempio la ceramica. Quindi. cit. Dabrowska. p. Leciejewicz. Legenda: 1) ceramica acroma con beccuccio applicato. 3) base di ciotola con invetriatura interna e decorazione a stampo longobarda.. pp. Tabaczynski. 636. anche in questo campo l'arrivo dei Longobardi fu caratterizzato dalla prosecuzione di tendenze già presenti tra la fine del V e l'inizio del VI secolo.FIGURA 9 Verona. 2) ceramica invetriata con beccuccio applicato. ceramica longobarda proveniente dal cortile del Tribunale. 4) ceramica longobarda con decorazione a stampo. Si presentano qui quattro esempi particolarmente significativi dal cortile del tribunale (fig. 72 Blake. p. cit. Ceramica paleo-italiana. O. I1 fluido panorama che si è presentato dimostra come non sia più attuale parlare dei Longobardi in termini di specifici tipi di insediamento oppure di manufatti. Die Langobardiischen Keramik aus Italien. 9). di tradizione locale. .. decorata con stampigliature circolari con una croce centrale: la stessa stampigliatura è presente su un bicchiere. esaminare in modo più approfondito alcuni aspetti del sistema di relazioni che. Il primo ha impasto grezzo ed è decorato da una linea incisa. mentre il secondo è rivestito da vetrina giallo-marrone e decorato a rotella. È sembrato infatti fruttuoso.che accomunano caratteri della produzione locale romana. ed è forse in questa direzione che future ricerche potranno contribuire a meglio conoscere questo periodo della storia italiana anche attraverso l'archeologia. come l'invetriatura verde o marrone69 e della produzione tipicamente germanica. Ceramica paleo-italiana. von Hessen. si vennero a creare con le popolazioni locali. 4. di volta in volta. I primi due mostrano la diffusione di una forma tipicamente longobarda: la fiasca monoansata con beccuccio applicato71. oltre che di estremo interesse. 31s e tav. La terza è la base di una ciotola invetriata. cit. non sono più da considerarsi eccezioni. 23 71 Ibid. Wiesbaden 1968. con impasto grigio e decorato a stralucido. a stralucido e stampiglia70. 69 70 Blake. Quindi la fiasca da pellegrino di Testona e le borraccia invetriata con stampigliature da Biella72. p. e quindi tipico della produzione longobarda. Charlemagne and the originis of Europe2. . come appaiono in un quadro geografico estremamente ampio e comparato sulla base dell'informazione archeologica. 1983. 1 2 "Opus". Richard Hodges e David Whithouse. sono le linee originalmente tracciate dagli autori di questo saggio che pone prospettive rinnovate alla ricerca archeologica. sintetizzano brillantemente in quest'articolo pubblicato nel 19831 quanto più estesamente scritto nel loro volume Mohammed. fasc. L'interesse dell'intervento sta non tanto negli apporti critici alla tesi di Pirenne. è viceversa di grande efficacia la ripresa in positivo della ricerca sulla "crisi" del Tardoimpero e l'inizio del Medioevo. che viene ampiamente discussa e corretta. Carlo Magno e altri Gli Autori. 1. l'analisi dei tesori del Mare del Nord alla fine del secolo VIII-inizi IX e lo sfruttamento di una grande rete di contatti commerciali con l'area islamizzata. tanto frequente nella tradizione anglosassone quanto desueto nella tradizione storiografica italiana.Maometto. Si tratta in sostanza di un tentativo di sintesi delle informazioni archeologiche che vengono rapportate in un bilancio storico complessivo. pp. soggetto ad "aggiustamenti" e a ricalibrature. i radicali mutamenti degli assetti nell'insediamento rurale. quanto piuttosto nel fatto che questo è il primo studio che affronta tale tema utilizzando sistematicamente le fonti archeologiche su larga scala: in sostanza. In questa direzione le diverse forme che assume "la decadenza" urbana. 253-66. se appare scontato il superamento del dibattito sulla tesi di Pirenne. giungendo a conclusioni che un quarantennio di dibattito storiografico aveva in qualche modo già definito. London. II (1983). Tutte le citazioni di Maometto e Carlo Magno si riferiscono alla terza edizione della versione inglese. ad esempio. hanno iniziato a darci abbondanti dati archeologici riguardanti il periodo che noi (ma non i nostri colleghi islamici) chiamiamo Altomedioevo. quello di Carlo Magno. quindi. la valorizzazione e la ricerca. È usata la documentazione numismatica. aveva già completato la prima stesura del suo capolavoro Maometto e Carlo Magno. it. elaborato poi nei primi capitoli de Le città medievali del 1925 e presentate in molte sedi: a Roma. Maometto e Carlomagno . come da molto tempo ha fatto l'Europa settentrionale. Di conseguenza lo storico si trova di fronte ad una nuova.Richard Hodges . Il bacino del Mediterraneo e l'Asia occidentale. Vorremmo illustrare l'importanza dell'archeologia per lo storico attraverso l'esame di una delle pietre miliari della storiografia moderna .. Sicuramente non crediamo che l'archeologia possa sostituirsi alla storia tradizionale. ha molto da dirci adesso. come la Francia e la Grecia. riguarda le origini del primo impero europeo del Medioevo.alla luce di questi nuovi dati archeologici. una rivista annuale (Archeologia Medievale) a diffusione internazionale. Bari 1939). oggi all'archeologia del Medioevo è riconosciuta piena legittimità per quanto riguarda la tutela. 284-5 (trad. Essa è basata quasi esclusivamente su fonti letterarie. ricchissima fonte d'informazioni. Ci sono professori che insegnano questa materia nelle università. spesso sostenuta dalla ricchezza derivata dal petrolio. ma questo è praticamente l'unico aspetto della cultura materiale preso in considerazione. senza dubbio molto è stato già realizzato e in paesi vicini. Praticamente ignorata agl'inizi degli anni Sessanta. Siamo tuttavia certi che è il solo mezzo a nostra disposizione per aumentare notevolmente la banca dei dati per lo studio del Medioevo e che. quindi. Un analogo sviluppo si sta verificando anche in alcuni paesi islamici dove nel passato la cultura materiale degli ultimi 1300 anni era stata trascurata (a parte i monumenti più famosi e le maggiori opere d'arte) a favore di civiltà più antiche: di solito quelle classiche nel Mediterraneo quelle preistoriche e protostoriche nell'Asia Occidentale.David Whitehouse Il Mediterraneo e l'Europa nell'Altomedioevo* Tra gli sviluppi più positivi dell'archeologia in Italia negli ultimi 20 anni sono la diffusione dello scavo stratigrafico e lo studio quantitativo della cultura materiale nell'archeologia classica e l'affermarsi della archeologia medievale. ispettori specialisti nelle soprintendenze. Pirenne. Oggi. porta ad applicare ai resti del primo periodo islamico le tecniche archeologiche più avanzate e cioè: lo scavo stratigrafico. Ecco testualmente la quintessensa della tesi di Pirenne contenuta nella parte conclusiva di Maometto e Carlo Magno1 : *Testo riveduto di una conferenza tenuta alla British School at Rome il 20 maggio 1982. pp. l'uso di modelli mutuati dagli antropologi e dai geografi. e ancora di più ne avrà in futuro. le analisi scientifiche e le statistiche dei manufatti e dei reperti biologici. Sebbene rimanga molto da fare. La tesi centrale. Sebbene non riveduta. 1 . all'Institut Historique Belge (l'Accademia Belgica) nel 1933. H. quest'opera è la trattazione più ampia e matura di argomentazioni esposte dapprima in un articolo pubblicato nel 1922. Mohammed and Charlemagne . è vero. sono stati fatti simili progressi nello stesso campo. Lo facciamo senza intenzioni polemiche. presto divenuta famosa come "la tesi di Pirenne". Nel 1935. Londra 1958. quando il grande storico belga Henri Pirenne morì. una maggiore valutazione del patrimonio culturale più recente. sviluppatosi nel vuoto lasciato nell'Europa occidentale dalla caduta dell'Impero romano.la tesi di Pirenne . la ricognizione in superficie programmata. "Oudheidkundige Mededeelingen". Basti ricordare che i primi risultati dello scavo dell'insediamento commerciale di Dorestad in Olanda furono pubblicati nel 19303. Henri Pirenne: a biographical and intellactual study. venne pubblicata la tesi di Holgar Arbman intitolata Schweden und das Karolingische Reich. Per la prima volta nella storia. A Roma. Paesi come l'Africa e la Spagna. e i dati numismatici sono stati riconsiderati più di una volta2. 6a ed.per mantenere l'espressione tradizionale . 5 H. Fin dal suo apparire. L'Oriente era l'elemento fecondatore. la cui origine era nel Nord germanico. Anche all'epoca in cui Pirenne era ancora in vita. nella Germania settentrionale4. quest'ampia ricostruzione di Pirenne provocò un dibattito che ha continuato a riaccendersi in maniera intermittente per quasi mezzo secolo. la ars barbarica ecc. Malgrado il conseguente disordine. l'asse vitale fu spostato a nord del Mediterraneo. La decadenza in cui cadde la monarchia merovingia in seguito a questo cambiamento. Sveriges aldsta handelstad. Lyon. Arbman. L'Europa. pp. inevitabile risultato della regressione economica. Il Medioevo . Dopo la morte di Pirenne. In questi paesi apparve un'altra religione ed una cultura completamente diversa. Costantinopoli il centro del mondo. che erano sempre stati parte della comunità occidentale. Le invasioni germaniche non distrussero né l'unità mediterranea del mondo antico.stava iniziando. dal 650 al 750. "Classica et Mediaevalia". né nelle istituzioni esistenti. Jankuhn. La causa della cesura con la tradizione antica fu il rapido ed inatteso avanzamento dell'Islam. 9 (1930). nel 1937. 32-93. e nell'Impero che essa fondò. 13 (1952). assunse una nuova fisionomia. e da queste si originarono le innovazioni del tempo: il monachesimo.. si lasciò assorbire dal feudalesimo. La fase transizionale fu lunga. essendo incapace di mantenere una sua amministrazione. che esaminava attentamente i rapporti tra il mondo scandinavo e quello carolingio. 2. Opgravingen von Dorestad. Stoccolma 1939. Gand 1974. in un periodo cioè in cui in Occidente non vi era più un imperatore. Fu durante questo periodo di anarchia che la tradizione dell'antichità scomparve. né ciò che potrebbe essere considerato essenziale nella cultura romana. mentre affioravano nuovi elementi. né nella situazione linguistica. diventato un lago musulmano. assorbito nella sua battaglia contro i musulmani. Holwerda. dominata dalla Chiesa e dal feudalesimo. Tutte le conseguenze di questo cambiamento divennero lampanti dopo Carlomagno. Il Mediterraneo occidentale. Nell'anno 600 la fisionomia del mondo non era diversa da quella che aveva nel 400. Così la chiesa cambiò bandiera. 4 H. Negli anni A. 2 . la conversione degli anglo-sassoni. E il suo potere era tanto maggiore in quanto che lo Stato. la chiesa non ebbe rivali. gravitarono d'ora in avanti nell'orbita di Baghdad. Fu nelle regioni attorno a questo mare che la civiltà fu conservata. Neumunster 1976. Riising. La civiltà che sopravvisse era mediterranea. Birka. L'Occidente fu preso d'assedio e costretto a vivere delle sue proprie risorse. Haithabu: ein Handelsplatz der Vikingecrzeit. il quale. Il papa si alleò con questa nuova dinastia rompendo con l'imperatore. l'archeologia aveva iniziato ad illuminare alcuni aspetti del problema dell'Europa nord occidentale. scavi furono iniziati in un altro emporio. pp. B. The fate of Henri Pirenne's thesis on the consequences of Islamic expansion. dette vita a una nuova dinastia. così come si conservava ancora nel V secolo. Si può dire che durò l'intero secolo. non era più l'arteria principale del commercio e del pensiero come era sempre stato.1. Tale sviluppo si completò nell'800 con la costituzione di un nuovo impero che consacrò la rottura tra l'Occidente e l'Oriente dando un nuovo impero romano all'occidente: la prova evidente che si era separato dal vecchio impero che continuava ad esistere a Costantinopoli. non apparve nessun nuovo principio né in campo sociale ed economico. 3 H. Poco dopo. non poteva più proteggerlo. Haithabu. Il risultato di tale avanzamento fu la separazione finale dell'est dall'ovest. e la fine dell'unità mediterranea. I documenti sono stati setacciati alla ricerca di nuovi dati che appoggiassero o screditassero le conclusioni. differenziandosi leggermente nelle varie regioni. 87-130. Nel 1940 e 1943 lo stesso studioso pubblicava i vecchi scavi di Birka in Svezia che fornivano abbondanti informazioni sulle relazioni commerciali dei Vichinghi5. la carolingia. "Historia". Dopo la "rinascita" edilizia del secondo quarto del V secolo. pp. The population of Imperial Rome: the Regionaries. Duncan-Jones. ma di non più di 500. 46-108 (trad.] la grande estensione delle mura .la capienza dei luoghi di spettacolo. decadenza urbana e diminuzione degli scambi commerciali. di notevole grandezza delle terme. 10 Cassiod. ci fu una pausa fino alle grandi opere del tardo VIII e IX secolo9. 264. Glass vessels in Britain and Ireland. Hermansen. in D. A Roma i pochi e controversi dati delle fonti scritte riguardanti le quantità di pane e altre vivande distribuite gratuitamente implicano una popolazione di non meno di un milione di abitanti al tempo di Augusto. se vogliamo considerare il problema in termini di una "cesura" . Profilo di una città. D. Werner. Troviamo la stessa decadenza urbana altrove in Italia. it.fra l'Antichità e il Medioevo . Harden. .Cinquanta Joachim Werner. 1956. Dark Age Britain. scrisse Pirenne. Cassiodoro sottolineò il declino demografico dell'Urbe quando contrappose la situazione attuale con quella del passato «[. pp. cit. non esistevano più)10. p. Krautheimer. Il declino urbano inizia ad essere documentato dappertutto. 234. Invece che ad un unico episodio catastrofico nel VII secolo.scrisse .D. Cosa ci dicono? Sarebbe assurdo tentare di offrire in questa sede un commento archeologico su tutti gli aspetti di un problema così ampio e complesso. Mohammed and Charlemagne. i quali effettivamente abolirono le relazioni commerciali tra il Mediterraneo e l'Europa continentale. Londra. Aspetti sociali del IV secolo . Luni aveva già iniziato la sua decadenza nel periodo imperiale.000 nel V secolo8. Proprio come è impossibile ora ignorare i dati archeologici nello studio dell'Altomedioevo nell'Europa nord-occidentale. Harden. pp. Cercheremo invece di trattare tre importanti elementi della Tesi di Pirenne: le condizioni economiche nel bacino mediterraneo al momento in cui arrivano gli Arabi.la civiltà mediterranea era ancora essenzialmente unitaria alla vigilia dell'invasione Islamica. pp. il Mediterraneo. 307-46. 4. G. Roma 1981). B. Per quanto riguarda la tesi di Pirenne. The Economy of the Roman Empire..39 6 . Intorno al 525. Pirenne propose due conclusioni. Maria Maggiore che di S. Var. Donald Harden e altri esaminavano gli scambi internazionali tramite la diffusione di determinati tipi di manufatti come oggetti di metallo e di vetro6. . "Bericht der Römisch-Germanisch Kimmission" 42 (1961). Roma 1951. quindi. Cambridge 1974. ad esempio nel porto di Luni. quindi. Sabina. Senza gli Arabi (rappresentati simbolicamente da Maometto). R. che vide la costruzione sia di S.] testimoniano le multitudini di cittadini» (che. 8 S. n. ci troviamo di fronte ad un processo lungo e discontinuo di smembramento politico. isolando i Franchi e lasciando che essi stabilissero le loro nuove strutture politiche ed economiche. L'archeologia ci offre una prospettiva diversa. 7 Pirenne. allo stesso modo sta diventando rapidamente impossibile ignorarli nel Mediterraneo e nell'Asia occidentale. 312-1308. A. tanto fondamentali quanto semplici: 1. 230-8. Roma. ma il suo destino negli ultimi secoli dell'Impero non era affatto unico. Princeton 1980. Rome: Profile of a City. Primo. La ricerca archeologica ha continuato con un buon ritmo e oggi la nostra conoscenza dell'Europa carolingia deve molto allo scavo e allo studio della cultura materiale. e la nostra conoscenza dei Vichinghi gli deve ancora di più. 27 (1978). 129-68. p. 312-1308 . la nuova Francia (rappresentata da Carlo Magno) sarebbe stata inconcepibile7.la "cesura". comincia ad esistere un discreto numero di informazioni archeologiche per tutte le zone interessate. Fernhandel und Naturalwirtschaft in östlichen Merowingerreich nach archalogischen-numismatischen Zeugnissen. 132-67. 9 R. 400-1000. B. si capisce. pp. . ma nel V secolo la J. XI. le radici locali dell'economia carolingia e la riforma monetaria dello stesso Carlomagno. P. Mazzarino. . il numero di mulini [. che fino a circa il 400 doveva 1a sua vita all'esportazione del marmo delle vicinissime cave di Carrara. cioè come era all'inizio del V secolo 2.fu creata dagli Arabi. Roma naturalmente era sempre un caso a parte. Reece. ed invece di una architettura domestica i mattoni in recenti scavi hanno rivelato . Luni: the Decline of a Roman town . Fevrier. Parte della rete stradale finì per essere bloccata da rifiuti. 50 (1982). Nel V secolo. Produzioni anforiche presenti nella Cartagine di età romana: nuovi elementi per la ricostruzione dei flussi commerciali del Mediterraneo tra il V e a VII secolo (dattiloscritto inedito presentato all'Istituto Gramsci. anche il commercio diminuiva. Cambridge 1979. Whitehouse. Observations sur l'habitat urbuin et rural dans la Gaule méridionale (dattiloscritto inedito presentato all'Istituto Gramsci. R. Barker. Not so different from England? A Byzantine House in Italy. le costruzioni in mattone o pietra. La lista include Efeso. Carthage: overseas trade and the political economy. Mileto. Meno scontato. Anche nel Mediterraneo orientale. D. Sebbene i particolari cambiamenti e la cronologia siano differenti lo stesso processo si osserva a Cartagine. Ma all'inizio del VII secolo tutto cambiò. Archaeology and the 'Twenty Cities' of Byzantine Asia . 12 H. 313-21. o quasi. 59 (1979). G. 469-86. 2. Whitehouse Papers in Italian Archaeology. Blake. 17s. 17 C. the coins. Sardi e Smirne: tutti centri ampiamente scavati nell'ultimo secolo. troviamo lo stesso fenomeno: una rapida decadenza prima dell'arrivo degli Arabi )14. 1977-8. 400-700 . Agosto 1981. Clive Foss. dopo la quale la vita urbana di Efeso declinò rapidamente. 6 (1980). Hurst. Id. 81 (1977). quindi. come anche la scoperta di frammenti di anfore provenienti da Gaza in strati sicuramente posteriori al 550 ad Anguillara nella Campagna Romana. The Schola Praeconum I. 13 P. Proprio come il declino delle città. Ma il numero delle imbarcazioni ed il volume dei prodotti trasportati erano esigui a paragone agli scambi commerciali di qualche secolo prima17. "Antiquaries Journal". pp. Quelques observations sur villes et campagnes au Maghreb à la fin de l'Antiquité . 91-8.situazione precipitò. Potter e D. "American Journal of Archaeology".. Two Byzantines houses at Luni. Id. Excavations at Carthage. queste mancano. dove anfore importate dal Mediterraneo orientale erano comuni fıno alla fine del VI secolo. e non vi è dubbio che il declino urbano fosse quasi universale13. Guardiamo Efeso. La zona urbana è piena di inumazioni riferibili. dalla Turchia e anche da Gaza in Palestina15. ad esempio. Giovanni. Nel V secolo. furono abbandonate». in M. Questo è il periodo dell'invasione persiana. parte della città fu ricostruita. p. «a uno stadio avanzato del declino economico e demografico. secondo uno degli scavatori.modestissime costruzioni in legno11. lamps and fauna .. Non ci sorprende che nella misura in cui le città declinavano. Oxford 1978. quando zone della città non erano più occupate e le leggi tradizionali. T.. Ward-Perkins. con la possibile eccezione di Smirne. 19-49. le armate islamiche stavano attaccando un sistema già decisamente indebolito. si verifıcò in maniera diversa B. Id. Reese. 11 . 15 D. sicuramente avrebbero trovato tutte. pp. uno dei viali principali. Fulford. 16 M. data a partire dalla quale le relazioni commerciali sembrano essere declinate molto rapidamente16. pottery. Uno scavo come quello della Schola Praeconum mostra ceramiche da tavola dall'Africa settentrionale e anfore dalla Tunisia. Il mattone crudo sostituì materiali da costruzione più durevoli. dall'Egeo. Anche se gli scavatori possono non aver trovato modeste strutture di legno come quelle scoperte a Luni. Per quanto riguarda il VII secolo. 49 (1981). Id. Tutto questo si verificò prima e non dopo l'invasione islamica12 Una storia analoga sta venendo alla luce altrove nel Mediterraneo centro-occidentale. "Papers of the British School at Rome". sebbene quasi universale. A D. I. "Popular Archaeology". Napoli 1982). pp. pp. A. c. pp. secondo le quali la necropoli doveva stare fuori le mura. forse. Foss. Panella. poi sotto Giustiniano venne eretta la magnifica chiesa di S. manufatti e vettovaglie provenienti da ogni angolo del Mediterraneo e oltre. Recentemente. Fourth Interim Report. o ceramica da tavola africana dello stesso periodo a Farfa nella Sabina. Byzantine and Turkish City. Napoli 1982). in tutte le città.. ha pubblicato uno studio delle "venti città dell'Asia" nominate da Costantino Porfirigeneto nel X secolo. Ephesus after Antiquity: a Late Antique. "Reading Medieval Studies". una città come Roma consumava materie prime. era piena di case di cittadini ricchi. è il fatto che una trasformazione simile si verificò anche nel cuore dell'Impero bizantino. Pergamo. la zona intorno l'Embolo. 68-80. Il commercio mediterraneo ancora esisteva: lo scavo a Luni lo dimostra. La stessa situazione si verifica a Cartagine. "Papers of the British School at Rome" . Nella maggior parte dei casi non mancava che un colpo di grazia.perfino nel vecchio foro . 14 C. Infatti. Cambridge 1969. e la stessa cosa si sarebbe verificata se i canali di scolo non fossero più stati mantenuti22. Nel momento in cui diminuivano i grandi mercati urbani per il grano. lo attribuisce ad un cambiamento metereologico. Buried assumptions: some problems in the interpretation of the 'Younger Fill' raised by recent data from Greece. 24 L. Potter. p. pp. elaborata dal geologo Claudio Vita-Finzi nel suo studio classico The Mediterranean Valleys. Questo riempimento è uno strato di alluvium trovato nelle valli in molte zone del bacino Mediterraneo. The Mediterranean Valleys. The Mediterranean Valleys. è che contrariamente alla ipotesi sostenuta da Pirenne. ma anche le reti stradali. M. Le Mura di S. La prima. Parigi 1886. 23 J. Whitehouse. Comunque. M. Per Pirenne. Whitehouse. 21 G. 319-22. tuttavia. Anguillara Sabazia (Roma): Ultima relazione provvisoria. 19 Per quanto riguarda l'Etruria meridionale. 4 (1982). IX (1982). Un aumento nella pioggia produrrebbe un maggior volume d'acqua nei fiumi che causerebbe una più rapida erosione ed una maggiore capacità di trasportare l'alluvium. pp. Celuzza. G. La Valle d'Oro nel territorio di Cosa. Le Liber Pontifcalis. anche il declino nel volume del commercio era lungi dall'essere uniforme. I dati. "Archeologia Medievale". I cambiamenti geomorfologici nelle vallate e negli estuari avrebbero intaccato non soltanto l'agricoltura. Duchesne. quando saremo in grado di riconoscere non solo la terra sigillata africana. B. in seguito alla recessione commerciale. secondo la quale l'alluvium fu una conseguenza del declino del sistema agricolo romano. il numero di siti rurali del VI secolo scoperti dagli archeologi in una zona come l'Etruria meridionale o nell'ager Cosanus è di gran lunga inferiore al numero dei siti del II secolo18. pp. dato che noi identifichiamo tali siti soprattutto in base alla presenza di certe tipiche ceramiche d'importazione (in particolare. 39-46. D. tuttavia. In futuro. pp. La decadenza della vita urbana e la recessione economica possono essersi accompagnate a cambiamenti radicali nell'insediamento rurale. in "Archeologia Medievale" 9 (1982). 399 e 411. Arthur. i porti (come quello di Roma) e perfino le stesse città. 1979-1981. Esistono due ipotesi principali sull'origine dell'alluvium. Il punto essenziale. vedi anche P. "Journal of Archaeological Science". esso ha importanti implicazioni per il periodo che c'interessa. 22 Vita-Finzi.. la mancata riparazione delle terrazze avrebbe portato il suolo all'erosione. cosa che attualmente purtroppo non è possibile19. Sicuramente. pp. The UNESCO/Libyan Valleys Survey: Report on Three years of Fildwork . Le ceramica dell'Italia Meridionale: produzione e mercato tra V e X secolo.20. In questo miscuglio di città morenti. 31-62. a volte in maniera drammatica: la città di Olimpia nel Peloponneso venne letteralmente seppellita dal fango e dalla ghiaia portata dal fiume Cladeo. ma anche che le recentissime ricerche della missione dell'UNESCO nei uidian della Libia danno prove sicure contro l'ipotetico aumento21. I. 247-64. e disastrose alluvioni vennero registrate a Roma nel 589 e in seguito tra il 715 e il 73124. it. gli Arabi chiusero il Mediterraneo ed in seguito i T. 105. Stefano. Jones. n. L'alluvium veniva depositato dai fiumi. E.C. 8 (1981). Qualunque sia la spiegazione corretta per l'alluvium23. terra sigillata africana) non sappiamo fino a che punto la scarsità di siti identificati sia dovuta semplicemente alla scarsità di ceramiche importate sul mercato locale. Londra 1979. sebbene i dati archeologici siano difficili da interpretare. 20 C Vita-Finzi. 13944 (trad. 56.. tuttavia. cit. Resta l'altra ipotesi. Regoli. l'olio ed il vino. dove è andato a finire Pirenne? Proprio qui.da una regione all'altra.: Storia del paesaggio dell'Etruria medirionale. Tuttavia. W. Roma 1985). D. pp. un contributo alla comprensione della ceramica d'uso comune ci viene dagli scavi ad Anguillara: D. sono attualmente difficili da interpretare. saremo in grado di valutare molto più accuratamente la densità dell’insediamento rurale nel periodo tardoromano. crisi economiche e vallate soffocate dall'alluvium. The Changing Landscape of Southern Etruria . 18 . in "Dialoghi di Archeologia". ma anche le ceramiche di uso comune. Il destino di Olimpia fu un esempio estremo di un fenomeno piuttosto comune. il crollo dello scambio su vasta scala ebbe luogo prima dell'arrivo degli arabi e non fu causato dagli stessi arabi. devono ammettere non solo che non c'è alcuna prova a favore di un aumento di precipitazioni. Wagstaffe. p.s. I sostenitori di questa ipotesi. creatosi secondo alcune datazioni radiocarboniche nel periodo 400-900 d. Barker. abbiamo indicazione di quanto può essere accaduto dal fenomeno geologico conosciuto come the Younger Fill (il riempimento recente). The Plan of St Gall. 31 Horn. I. Koch.infatti era iniziato in Europa con la fine dell'amministrazione provinciale di Roma se non prima . l'artigianato e l'imprenditoria erano praticamente scomparsi e i dati archeologici convergono su una quasi totale dipendenza dalla produzione locale. "Zeitschrift für Archäologie des Mittelalters". e così via. Galinié. Biddle. pp. Cfr. come a Luni25. 28 W. Il palazzo imperiale ad Aquisgrana. Firenze 1982. così come concepiti nel periodo romano. Thomas. Come nella maggior parte del Mediterraneo. Si potrebbero citare molti esempi: il palazzo del vescovo recentemente scoperto a Tours. Paradosso? Pensiamo di no. 31-43. Negli insediamenti rurali della Francia troviamo una gamma di manufatti molto più ristretta di quella che era una volta esistita nelle città romane. The Plan of St Gall. Sebbene i dati archeologici siano più abbondanti in Inghilterra che in Francia. Absatzgebiete merowingerreitlicher Topferewen des nordlichen Nechagelsieter . di cui Ingelheim e il recentemente scavato Schloss Broich furono i discendenti caloringi30. vedi la recente lista di M. mentre le monete non furono più di uso comune. 99-150. 27 Pirenne. Dove si hanno tracce di occupazione continua. L'economia di mercato era crollata. non esistevano più27. che sia d'accordo o meno con tutte le nostre ipotesi. Redruth 1981. Wilson. occupava solo due ettari (la maggior parte era vuoto) mentre il grande monastero ideale di S. in The Archaeology of Anglo-Saxon England. Archéologie et topographie historique de Tours-IVème-Xléme siècles . C. la ceramica da tavola dalla Tunisia32. Alcuni di questi erano nelle vecchie città: piccoli nuclei circondati da quartieri praticamente abbandonati. 30 G.Franchi. 26 25 . 33-56. R. 29 H. A provisional list of improted pottery in post-Roman Western Britain and Ireland. Towns. Berkeley. Die spatkarolingische Burg Broich in Mulheim and der Ruhr. viveva nella città romana di Canterbury al tempo della missione di Agostino nell'anno 597 e più tardi la più famosa residenza reale. pp. Diminuirono anche la produzione su scala più o meno industriale e il commercio regolare su lunga distanza. il giudizio di Pirenne sulla società ed economia della Francia merovingia è confortato dai dati di scavo: città e commercio. Mohammed and Charlemagne. si tratta di edifici di legno. p. Aethelberht. I. la costruzione di prestigiosi monumenti pubblici e sontuose residenze private terminarono. pp. Los Angeles e Londra 1979. Dusseldorf 1968. È la storia di Luni e di dozzine di altre città sia continentali che mediterranee29. il centro amministrativo più importante dell'Europa occidentale. Questo processo era già maturo quando arrivarono gli Arabi . cit. ad Aquisgrana. i complessi monastici nelle città della Provenza. complesso e discontinuo. isolati nell'Europa occidentale. sorse al centro di un'altra città romana28. non dobbiamo farci influenzare dalla fama di questi siti e sopravvalutare il loro carattere monumentale. per esempio.. Il Catalogo del vasellame bronzeo italiano alto medievale. e per la maggior parte fatti localmente da non professionisti o al massimo da semiprofessionisti26. non ebbero altra scelta che quella di creare la loro stessa identità politica. Horn. cit. Il periodo tra il V e il VII secolo quindi vide lo sviluppo di una società agraria in cui la maggior parte della popolazione era sparsa in modesti insediamenti rurali. Per l'archeologo. "Jarbuch fur Schwabisch Frankische Geschichte".. 106-7. pp. Sebbene gli Arabi non c'entrino. Gallo fu progettato per solo 240-260 persone tra monaci e laici31. cominciamo ad avere un'idea circa le condizioni delle città tardoromane del continente nei cosiddetti "secoli scuri". 32 Per le ceramiche mediterranee nell'Europa occidentale. Carretta. ma ogni tanto prodotti stranieri raggiungevano anche le parti più distanti dell'Europa: il vasellame di bronzo fuso arrivava dall'Egitto. Tuttavia. Il commercio crollò. Anche il paesaggio merovingio conteneva centri di potere. tra il V e il VII secolo. Due aspetti dello stato carolingio che l'archeologo può contribuire a chiarire sono quelli che riguardano le città e il commercio: specialmente in che misura esistevano sia prima di Carlo Magno che dopo. pp. Londra 1976. Binding. il distacco dell'Europa dal Mediterraneo fu un processo più lungo.ed in questo senso sembrerebbe che Maometto abbia ben poco a che fare con Carlo Magno. 164-74. preferendo interpretare queste rare e costose M. re di Kent. a cura di D. vedi C. Per il vasellame di bronzo egiziano in Italia. naturalmente. 342. 6 (1978). centri di potere sia civile che ecclesiastico. come i monasteri (che in seguito godranno grande prosperità sotto Carlo Magno e i suoi successori) e le ville reali. Vi erano. 27 (1973). il vino dalla Palestina. anche sotto i carolingi. in Karl der Grosse 1. La scoperta a Helgo di una statuetta di Budda. Un elemento essenziale in questo sistema è la creazione di posti di frontiera. La dendrocronologia dimostra che la costruzione di Haithabu era già in corso nell'anno 810 circa40. che emerge come uno dei maggiori insediamenti di questo periodo. pp. tutti e quattro questi posti fissi subirono un drammatico cambiamento. Ad alcuni chilometri da Sutton Hoo. è chiaramente dimostrato dalla crescita esplosiva di Dorestad. Aumentò la quantità e la varietà della cultura materiale. creato dopo una raid che vide la distruzione del vicino porto carolingio e la deportazione dei mercanti.le cosiddette gateway communities dei geografi e degli antropologi34. K. Excavations at Dorestad 1: the harbour. Divennero molto più grandi (alla fine Dorestad si estendeva per 250 ettari) e testimoniano non soltanto dell'esistenza di commercianti ma anche di artigiani. e non è un caso che le stesse misure furono subito adottate da Offa e da Leone III39. Shietzel. Londra 1922.importazioni come oggetti di scambio di carattere non commerciale. The Viking Age in Denmark . un centro commerciale svedese. È un passo piccolo. Dark Age Economics. 16 (1981). fu esaminata anni fa da Malinowski e da Marcel Mauss33. nel caso europeo. dove gli scambi possono essere controllati . Gli obiettivi evidentemente erano di stimolare l'economia e di facilitare l'esazione delle tasse. Ergebnisse und Probleme. il commercio. W. Non è affatto assurdo pensare all'Europa occidentale in questi termini. Il successo della riforma. Il peso del denaro d'argento aumentò di un terzo e Carlo Magno fece l'impossibile per allargare la diffusione e l'uso della moneta. dimostra come gli B. W. Quale motivazione spinse i Danesi ad imbarcarsi in questa impresa? Dato il carattere commerciale di Haithabu. K. Dusseldorf 1965 pp. Argonauts of the Western Pacific. che permettono lo scambio di oggetti di prestigio e di lusso tra i capi o. fusa nel Kashmir. dove i dati archeologici mostrano lo sviluppo di un'attività economica non meno intensa di quella del Mare del Nord. abbondantemente documentato nella letteratura antropologica. Essai sur le Don. Subito fuori della frontiera carolingia. L'emergenza di un vero sistema commerciale (sarebbe difficile spiegare il fenomeno in altri termini) coincideva con una svolta nello sviluppo della moneta medievale in Europa: la riforma monetaria di Carlo Magno dell'anno 793 o 79438. 36 1vi. M. "Berichte uber die Ausgrabungen in Haithabu".. Le monete. Haithabu. 39 Ibid. Mauss. Londra 1982. Sappiamo dall'antropologia che lo scambio di doni è un mezzo preferito per rendere omaggio e rinforzare relazioni politiche e sociali. Malinowski. Il re di Wessex aveva Hamwih. 501-36. Amersfoort 1980. cit. la risposta sembra sia che essi volevano controllare le nuove relazioni commerciali tra la Francia e il Mar Baltico. Werwers. se non altro dal punto di vista commerciale. Grazie all'applicazione della dendrocronologia ai legnami conservati negli strati più umidi a Dorestad. J. pp. Stand der siedlungsarchäologischen Forschung in Haithabu. le quali descrivono esattamente questo fenomeno35. precursore del gorto di Southampton. Nel continente. Anche il grande tesoro di Sutton Hoo può essere facilmente interpretato come frutto di una serie di scambi di doni piuttosto che di rapporti commerciali. i Danesi fondarono un insediamento che aveva un solo scopo. H.. divennero più comuni. L'insediamento era Haithabu. si trova il porto di Ipswich. quello che. London 1980. 34 33 . 40 Jankuhn. Il Mare del Nord non è la sola zona in cui si svilupparono i porti commerciali negli anni intorno all'800. 35 Ivi p. Hodges. 66-86. già dallo scorso secolo documentarono la ricchezza degli abitanti dal IX secolo in poi. 38 P. Grierson. prima molto scarse. Gli scavi nei cimiteri di Birka. Alla fine dell'VIII secolo. van Ess. Hoogstrnat 1. R. L'idea non è nuova. Infatti analoghi posti di frontiera stanno iniziando a venire alla luce. si hanno Quentovic e Dorestad 36. 124. tra reucci locali. Parigi 1925. Randsborg. è sufficiente ricordare le lettere scambiate tra Carlo Magno e Offa. 37 W. 85-92 e 171s. sappiamo con grande precisione quando lo sviluppo prese il via: nell'ultima decade dell'VII secolo37. Money and coinage under Charlemagne. re di Mercia. dagli scambi di doni porta alla creazione di specializzate partnerships semi-commerciali. Abbiamo insistito sullo sviluppo dei centri commerciali lungo le coste del Mare del Nord e il baltico. D. cit. ci hanno dimostrato che anche qui cominciò ad espandersi un ricco centro commerciale intorno all'800 circa42. Svear i Osterviking. 45 K. Early Muslim Architecture. vicino Leningrado. Varangica. Ellmers. quindi. A. vedere. alMutawakkil. cit. s'intende) al Baltico. Ma i palazzi e La statuetta è stata illustrata in numerose occasioni. Creswell. La scelta fu brillante e gli scrittori arabi del IX e X secolo sono unanimi nelle loro lodi. Ya'qubi scrisse: «Il Tigri ad oriente e l'Eufrate ad occidente sono gli approdi del mondo». e abbandonata dai califfi nel 882. vedere E. tuttavia. distano meno di 40 km. Questo elogio dell'archeologia può forse sembrare troppo simile ad un annuncio pubblicitario e dobbiamo ammettere che. L'Iraq. D. Nell'anno 750 l'ultimo califfo della dinastia omniade fu spodestato.. . propone un ingrediente speciale. .]. creata ex novo nel 836. Wilson. Non esiste illustrazione più sconvolgente della ricchezza a disposizione degli Abbasidi che Samarra. il califfo alMansur decise di fondare una nuova città sul Tigri. provando lo sviluppo dei porti nel Mare del Nord e nel Baltico entro un brevissimo periodo compreso tra il 790 e 1'810 circa. Arhus 1953. in oriente. nessuna dettagliata descrizione del sito è mai stata pubblicata. costruito pochi anni dopo dal suo successore. e erano già collegati da canali. il Tigri e l'Eufrate. ne costruì un'altra. È vero. The Wikings and their origins . Più tardi. portando tra le molte altre cose. un'altra nuova capitale a 129 chilometri a nord di Baghdad. ma era anche un punto d'incontro per alcune delle maggiori carovaniere dell'Asia. Per la descrizione dei principali monumenti. Dodici anni più tardi. argento dalle miniere di Afghanistan e Uzbekistan. 43 Pirenne. 1-5. Fu un'impresa incredibile. C. anche questa due volte più grande di S. Tabari fa esclamare il califfo: «Questo è il Tigri: qui non c'è distanza tra noi e la Cina. Sappiamo tutti che gli stessi Vichinghi sfruttarono una vasta rete di contatti commerciali con la Russia e l'Oriente islamico. In poche parole. Tutto ciò che è sul mare può venire a noi»45. 2a ed. i materiali da costruzione (per la maggior parte mattone crudo) e la mano d'opera costavano poco. Herzfeld.più della distanza tra Roma e Ostia46. . Secondo al-Muqaddasi. Esitò. verso le basi del loro stesso potere. e grande tre volte più del Vaticano.. In un arco di tempo di appena 46 anni. 46 Stranamente. al-Mu'tasim aveva un'area quattro volte maggiore dei Vaticano. Neumuster 1972. 41 . . Questo fu sostituito da un nuovo palazzo. nel punto in cui i grandi fiumi. Il nemico non può avanzare salvo che per nave o sopra un ponte». Frühmittelalterliche Handelsschiffart in Mittel und Nordeuropa . come qualsiasi inserzione per detersivi. Riproponiamolo noi. London 1970. dopo molte indecisioni. 44 H. 2. Per una serie di fotografie aeree. divenne il centro di un vasto impero politico e commerciale. Mohammed and Charlemagne.] vi sarà sollievo da un'altra [. Lo stesso califfo costruì anche una moschea grande più di due volte S. forse la città più grande mai esistita prima di questo secolo. Stoccolma 1955. percorrendo il Volga»43. Baghdad non solo era ben situata per esercitare il commercio marittimo. Arbman. . ed è questo l'ingrediente speciale44. gli Abbasidi riuscirono a costruire una città che si estendeva lungo il Tigri per 35 km . Dark Age Economics . . venne detto al califfo: «sarai sempre circondato da palme e sarai vicino all'acqua [. Stender-Petersen. pp. la nuova informazione archeologica ha mutato completamente le nostre idee circa le origini dei rapporti commerciali nell'Europa nord-occidentale. Berlino 1948. 42 Hodges. I nuovi califfi della dinastia degli Abbasidi decisero di trasferire la corte e il governo dalla vecchia capitale. gli scavi a Staraya Ladoga. 183s. Londra 1968. e sulle relazioni tra il mondo carolingio e i Vichinghi. Recentemente. pp. Damasco. 33. A. e abbandonò l'argomento. vedere Creswell. fig.] se una regione soffre siccità [.oggetti possano essere importati da paesi sorprendentemente lontani41.. la moschea di Abu Dhulaf. Pietro. Ausgrabunden von Samarra VI. Altre strade portavano verso ovest in Siria e a sud-ovest fino in Arabia ed Egitto. La "via di Khorasan" arrivava dall'Iran e Asia centrale. ad esempio. Pirenne quasi lo scoprì quando scrisse di «una grande via commerciale che conduceva (dall'Oriente. I1 palazzo del fondatore di Samarra. Early Muslim Architecture. Pietro. Esaminiamo solo quattro dei principali edifici. Geschichte der Stadt Samarra. proveniva dal commercio con le città del Baltico ed esse lo ottennero tramite il commercio con l'Oriente. pp. Arab Seafaring. p. mosaici e stucchi. e non solo contenitori: sono presenti anche pregevoli ceramiche da tavola. Questo coincide inoltre con un notevole cambiamento nella ceramica d'uso. all'epoca governata dal califfo Harun al-Rashid. Gli strati contemporanei e successivi alla costruzione. Chittick. egli diceva. S. ma rare e in forma di giare per l'importazione di sostanze deperibili. come riassunto. il simultaneo sviluppo dell'economia carolingia.e il peso del nuovo denaro pesante di Carlo Magno era simile a quello del dirham di Harun al-Rashid50. 50 S. realizzata in soli 46 anni. E per finire.le moschee erano rifiniti in marmo. Torniamo alla riforma monetaria di Carlo Magno. egli precisava. Ricapitolando. Charlemagne and Ruric . Mohammed. The Arab geographers and the East African Coast. Trimingham. Ora. la fondazione di Baghdad nel 762 provocò un boom economico nell'Asia occidentale. contengono una maggiore quantità di materiale cinese. ma vagamente anche della costa orientale dell'India. Siamo convinti che Bolin aveva ragione. I (1953). Il Baltico. Londra (s. Crediamo non si tratti di altro che del momento in cui iniziò il contatto diretto con la Cina. vorremmo aggiungere un ulteriore elemento interessante. I. in sostituzione di quello indiretto. Ciò rappresenta un considerevole investimento e già denuncia un momento eccezionale di sviluppo economico. New York e Londra 1975. Beirut 1964. Money and coinage. pp. la costruzione di una città per l'estensione di 35 km. quindi riparata in più di un'occasione.d. il grande porto medievale del Golfo48. Già sapevamo dalle fonti scritte che i rapporti commerciali ebbero una lunga storia nell'Oceano Indiano. che aumentò di un terzo l'ammontare dell'argento nei suoi denari. 47 . L'informazione ci viene da Siraf. Siraf: a medieval city on the Persian Gulf . da G.. 115-46. e l'inizio di un commercio diretto con la Cina negli anni intorno all'800 è sintomatico dell'enorme forza dell'economia abbasida. Rotberg. E la data? Gli storici ci dicono che non può essere prima del 792. cit. Siraf fiorì per più di due secoli grazie alla sua funzione di porto di scalo per una flotta mercantile che trafficava lungo tutto l'Oceano Indiano. in H. pp. Per l'Africa orientale. Come? La risposta venne data poco dopo la pubblicazione di Maometto e Carlo Magno da un giovane numismatico. Una recente analisi di 71 tesori scoperti nelle repubbliche occidentali dell'Unione Sovietica rivela che il volume di monete d'argento islamiche esportate verso il Baltico raggiunse una proporzione senza precedenti negli anni 790-820 circa: il periodo in cui È sufficiente confrontare il Periplo con le notizie date dai geografi arabi. Anche all'inizio del primo millennio dopo Cristo. data della costruzione della moschea indicata dalle monete. La chiave di lettura della storia di Siraf è la moschea principale. "Storia della Città". N. è pieno di tesori di monete . fino a Sofala in Mozambico e all'isola di Madagascar47. deve aver consumato una parte del bilancio nazionale. 5-39. il Periplo del Mar Rosso dimostra una conoscenza non solo dello Sri Lanka. Whitehouse. 1 (1976). le ceramiche cinesi erano presenti. cit. Id. quando il governo cinese riaprì il Cantone ai mercanti stranieri49. La prima costruzione sembra abbia avuto luogo contemporaneamente alla costruzione del bazar. e anche qui l'archeologia si aggiunge alla storia come un'indispensabile fonte d'informazione. ad esempio. Un importante elemento nella ricchezza degli Abbasidi fu il commercio marittimo. Malgrado un ambiente arido ed improduttivo. 40-55. Alla fine dello stesso millennio. ricostruita. East Africa and the Orient. quali ehe fossero i materiali usati. "Scandinavian History Review". 48 D. L'archeologia ci dice che non può essere dopo gli anni 815-25. l'archeologia ci dice con precisione impressionante quando questi lunghissimi viaggi iniziarono. Naturalmente. costruita. Bolin.). R. pari o forse maggiore di quella destinata oggi al programma di difesa di una o l'altra delle superpotenze. L'argento. 49 Hourani. e in ogni caso. vedere J. Store Bolin. Siraf III: The Congregational Mosque. Arab Seafaring. 66. Hourani.quasi tutte islamiche . il cuore commerciale della città. Grierson. del commercio baltico e del boom nell'Asia occidentale non può colpirci. d'altra parte. mercanti viaggiavano regolarmente dal Golfo Persico alla Cina e dall'Africa Orientale. Prima della costruzione della moschea. Oxford 1981. grandi quantità d'argento51. Viking-age Coinage in the Northern Lands. Blackburn. 51 . È una domanda senza risposta. e cambiare per uso interno. Metcalf. Noi crediamo. Ninth-century dirhem hoards from European Russia: a preliminary analysis . Harun al-Rashid governò un impero dieci volte più vasto di quello carolingio e dall'enorme capacità economica. la Cina e sfruttarono le ricchezze naturali dell'Africa orientale.l'economia abbasside raggiunse il suo apice e il nascente sistema carolingio era in grado di ricevere. Dove ci ha portato questa discussione? Riassumiamo: Carlo Magno tentò di sviluppare un più coerente sistema economico nell'Europa occidentale. pp. S. In questo preciso momento. D. Noonan. che per quest’impresa egli ottenne la maggior parte dell'argento dai commercianti del Baltico. conoscevano questa ragnatela di relazioni commerciali (un vero world system) a cui appartenevano entrambi. A. l'imperatore e il califfo. Altrove i mercanti islamici rinforzavano i rapporti con il baltico che serviva da legame tra la rete commerciale dei Carolingi e degli Abbasidi fornendo le zecche dell'Occidente con l'argento dell'Afghanistan e di altre regioni asiatiche. i capitani di Siraf iniziarono regolari contatti marittimi con un altro grande impero. 47-118. in M. ma che merita lo stesso di essere fatta: Carlo Magno e Harun al-Rashid. M. o no? T. i quali a loro volta lo ottennero dal Medio Oriente. incoraggiando il commercio e senza dubbio facilitando l'esazione dalle tasse tramite la riforma monetaria. S. le città altomedievali. nati in una tradizione di padronaggio che non si era ancora spenta. nel saggio di seguito pubblicato1. 1 La città altomedievale. 111-24. si appoggiavano ai monumentali crolli delle terme romane. sintetizza il ruolo che l'archeologia deve svolgere e il complesso delle problematiche intorno a cui devono ruotare le ricerche. In Lombardia. di cui la documentazione scritta tenderebbe a dare un'immagine diversa. Non vi è dubbio che se affrontiamo il problema urbano in Italia dal punto di vista politico ed istituzionale il problema della continuità sarebbe generalmente risolto positivamente. appaiono più che un agglomerato omogeneo. dove l'archeologia urbana comincia a dare i primi risultati. Il caso di Firenze è esemplificativo per molte situazioni. In altre aree della penisola il quadro non è diverso. pur conservando la presenza delle sedi delle autorità civile ed ecclesiastica. rimane ancora tutta da definire quella lucchese. cominciano ad essere indagati sistematicamente per capire gli assetti che hanno caratterizzato questa fase.La città altomedievale Uno dei temi su cui si è concentrata l'attenzione della storiografia sulla città è quello della continuità fra Antichità e Medioevo: un problema destinato ad essere ancora ampiamente dibattuto e probabilmente rimanere irrisolto perché può essere evinto soltanto nelle grandi diversificazioni temporali e nelle diversità geografiche. Ma ancora molti aspetti del problema devono essere chiariti mentre è assodata la fragilità dello spessore della cultura cittadina in Firenze. E in questo contesto di una storia urbana che non si basa su una consolidata conoscenza dei resti materiali della città che Ward Perkins. " Archeologia Medievale". e non sempre. . disseminate di insediamenti talvolta concentrati intorno ad una chiesa con annessa area cimiteriale e circondate da aree ortive. dove i livelli di vita altomedievali. riproducendo un modello rurale sulla continuità delle rovine di una cultura urbana (naturalmente non mancano eccezioni). Il largo lasso di tempo di oltre sei secoli che separa gli impianti romani delle città italiane dagli impianti romanici è generalmente simmetrico ad un altrettanto vasto dislivello fra le quote di partenza dei rispettivi edifici. X (1983). comunque tutta da verificare. Una situazione determinata oggettivamente dalle scarsissime conoscenze relative alle strutture fisiche della città altomedievale. costituiti prevalentemente dai resti di strutture precarie. pp. ma se andiamo a leggere le strutture materiali ci accorgiamo di profondi e incisivi mutamenti sia nell'organizzazione degli spazi sia nei modelli dell'edilizia privata. ma certo non esaustivo della varietà della casistica che vedeva contemporaneamente in alcune aree metropolitane bizantine svilupparsi impianti religiosi di vaste proporzioni. ci basti al proposito richiamare la labilità delle strutture urbane altomedievali a Firenze recentemente evidenziate da uno scavo nella piazza della Signoria. che soltanto in questi ultimi anni. dislivello caratterizzato da un accumulo di strati neri: sono questi contenitori delle informazioni relative alle strutture abitative e all'organizzazione degli spazi della città altomedievale. di solito con una base economica non soltanto agricola. come limiti geografici. *Vorrei ringraziare le molte persone che mi hanno fornito idee ed informazioni per questa relazione. parlerò soprattutto in termini demografici ed economici. . Come limiti cronologici ho preso. mentre i vecchi centri. Infatti risulta che per la maggior parte delle città europee tutte e due le definizioni sono accettabili. La definizione è necessariamente vaga e ampia. Per esempio. anche se non saranno ovviamente sempre d'accordo con le mie interpretazioni dei dati dei loro scavi e delle loro ricerche. Barker e R. come un concentramento di persone. Però può anche darsi che il conservatorismo amministrativo ritardi questa congiunzione. in relazione particolare con l'archeologia. vorrei ringraziare Gian Pietro Brogiolo. Soprattutto. ed ignorando l'esistenza di un vicino centro economico molto fiorente. piuttosto che amministrativo. 179-90. nel X secolo Luni nella Liguria era ancora la città capitale della Lunigiana ed il centro del potere ecclesiastico e secolare: però a livello demografico ed economico era sicuramente in condizioni molto ridotte e forse già superata in ricchezza e popolazione dalla vicina Sarzana. Sergio Nepoti. Maria Pia Rossignani. Bisogna anche che mi fermi un attimo a definire la parola "città". a cura di G. In primo luogo perché ovviamente in un periodo senza iscrizioni che forniscono dati amministrativi.Bryan Ward-Perkins L'archeologia della città * 1. Oxford 1981. Perciò in genere potere economico-demografico e potere amministrativo finiscono nello stesso posto. 1 Vedi per esempio G. Mengozzi. cioè nella stessa città. A richiesta della redazione ho ridotto le illustrazioni a due. intendendo cioè insediamenti con una popolazione notevole (anche se lascio del tutto vago il significato di «notevole»). Guido Vannini e David Whitehouse. che sono. In secondo luogo perché l'archeologia può invece fornire preziosissimi dati sull'economia e sulla densità della popolazione. poco conosciute ed essenziali alla comprensione del testo. Silvia Lusuardi Siena. pp. il periodo dal 400 al 1000. Due sono i tipi di definizione più comuni: uno che considera la città in termini politici e come il centro amministrativo del territorio circostante. e insediamenti con funzione economica specializzata che li differenzi dal mondo rurale. Quindi della «città». più o meno. Peter Hudson. La città italiana nell'alto Medio Evo. in Archaeology and Italian Society. spesso anche con privilegi e diritti specificamente "urbani"1. in questa relazione. Hodges. l'Italia a nord della Toscana: cioè la Liguria e tutta la Val Padana. ma anche artigianale e commerciale. Introduzione È mio compito in questo articolo trattare della città altomedievale italiana. e. come vedremo. però può servire. dove però la cattedrale fu spostata soltanto agli inizi del secolo XIII2. proprio gli aspetti della vita urbana spesso trascurati dai documenti. Ward-Perkins. Roma 1914. perché nuovi centri di sviluppo economico e demografico diventano normalmente anche centri amministrativi e zone investite di privilegi speciali. che perciò non acquista per molto tempo privilegi urbani. mantenendo per secoli i privilegi di una città in un insediamento già decaduto. perdono alla fine la loro posizione legale e amministrativa. per aver fornito informazioni ancora inedite. l'archeologia ci può dire pochissimo sulla posizione politica e legale di un insediamento. in fasi di decadenza economica e demografica. Luni: the prosperity of the town and its territory . al livello di un villaggio. l'altro che la considera in termini economici e demografici. 2 B. Per l'archeologia medievale è necessario senz'altro concentrare gli sforzi e le ricerche sulla definizione e sull'identificazione della città come centro demografico ed economico. e per questo aspetto dobbiamo basarci sulle fonti scritte. in termini economici e demografici. Storia di Milano. storiche e filologiche''. e vorrei dedicare un po' di spazio ai problemi generali dello scavo in questo campo. e. 5 Belli Barsali. it. in contrasto col Bassomedioevo. Per un'idea della potenzialità della documentazione ravennate cfr.. o meglio. Wickham. è mio compito. Il fatto è che la fase altomedievale di un insediamento urbano risulta spesso difficile da trovare. dei quali due sono inevitabili. sarà fondamentale per la nostra conoscenza della città altomedievale italiana. di donazione o di vendita di proprietà dentro e fuori della città4. palazzi ecc. 82-130. non ancora molto studiata è Ravenna.J. C. anche nel caso eccezionale di Lucca. dove per fortuna è rimasta una buona documentazione. Belli Barsali. 34 (1966). e ulteriori studi potranno forse moltiplicare tali esempi. Per quanto io sappia. Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano. Per la maggior parte delle città italiane le fonti scritte prima del 1000 documentano soltanto la loro esistenza o no. per essere più preciso. The surviving remains of teh Leonine wall . Perciò le fonti scritte generalmente parlano degli insediamenti soltanto in termini amministrativi. 487 99. Rendiconti della classe di scienze morali. non è stata conservata in elevato nessuna casa domestica attendibilmente databile prima del 1000.Lucca 1971. serie VIII. e non ci permettono di sapere se queste cosiddette «città» fossero anche centri economici e demografici fiorenti. I motivi di queste difficoltà sono tre. difficile da capire. 500-608. Urban change in early Medieval Italy : the example of Pavia . "Papers of the British School at Rome". London 1981. è vero. 461-554. una volta trovata. "Accademia Nazionale dei Lincei. ma. pp. L'Italia nel primo Medioevo. Per l'Altomedioevo rarissime sono le strutture ancora evidenti sopra terra. B. mentre del Bassomedioevo ne esistono migliaia. Le case descritte dal Codex Traditionum Ecclesiae Ravennatis. II. 6 S. 30-57.. 3. A. però saranno sempre rari. 47 (1979). pp. e. dipendiamo dai rarissimi casi di persone citate nei documenti con il nome del loro mestiere. in questo caso. Milano 1954. Potenzialità e problemi di scavo Quindi l'archeologia è fondamentale. Esistono ancora. pp. Quasi unico è il caso di Lucca. Archeologia urbana e programmazione della ricerca: l'esempio di Pavia. un quadro della vita urbana e della topografia di case. pp. quanto alle case. abbiamo solo descrizioni brevi e molte vaghe per quanto riguarda la loro forma ed i materiali costruttivi5. per esempio lunghi tratti delle mura leoniane intorno alla Città Vaticana6. 3 . Bullough. di carte private. in Atti del V Congresso internazionale di studi sull'alto medioevo . Potere centrale e società locale. cit. pp. come per esempio quelli di Pavia e di Milano disponiamo di una documentazione scritta un po' migliore. Saranno. M. adeguata per fornirci ulteriori dettagli: soprattutto per quanto riguarda l'ubicazione e la fondazione delle chiese3. invece. Per la città altomedievale non è un compito difficile. D. Altra città relativamente ben documentata. 159-81. attraverso i documenti. 85 (trad. Central Power and Local Society. Milano. che va dal secolo VIII in poi. XXVII (1972). Early Medieval Italy. pp. con l'unica e importante eccezione delle chiese. non è l'archeologia duplice. Milano 1983). per informazioni sulla vita economica. p. le lacune sono molto grandi e molte delle informazioni sono discutibili e poco dettagliate. strade. come si può fare in base alle fonti scritte per molte città del Bassomedioevo. Per esempio. Hudson. perché in pratica l'informazione a nostra disposizione è scarsissima. e quello dei resti di scavo. e la presenza o assenza al loro interno della gerarchia ecclesiastica e secolare. Cagiano de Azevedo. "Papers of the British School at Rome". Queste carte ci permettono di disegnare. Però. 4 I. alcune strutture non religiose. Ward-Perkins. Spoleto 1973. lo studio delle strutture sopra terra. La topografia di Lucca nei secoli VIII-XI . Le fonti scritte Dopo queste osservazioni su problemi di definizione e di indirizzo generale. P. o se invece fossero piuttosto villaggi con un palazzo ducale o comitale ed una cattedrale. scrivere della natura delle prove esistenti che illustrano il mio tema. In alcuni casi. gli scavi a chiarire il problema della città altomedievale. La topografia di Lucca . Però. Gibson. Firenze 1981.2. mentre è appunto nostro compito eliminare il terzo. sepolture. e schiacciato fra le massicce strutture romane e basso post-medievali 7. cit. 7 . o falso.). Lusuardi Siena. In certi casi si può dimostrare che fasi di vita altomedievali mancavano del tutto (p. e Luni in Liguria9. Cfr. per Luni cfr. Gli altri due motivi che non consentono di trovare o di capire l'Altomedioevo urbano sono purtroppo legati alla realtà delle cose. Fino a dieci anni fa questo dato di fatto era senz'altro il peggior nemico dell'Altomedioevo. Lusuardi Siena.. però. Perciò. Scavi di Luni II. Quaderni". in confronto col periodo romano e col periodo bassomedievale. Dabrowska. pp. Roma (Istituto Nazionale d'Archeologia e Storia dell'Arte. 45-50. Early Medieval Italy. il secondo motivo che non consente di trovare l'altomedievale è molto interessante. Bologna e Pistoia. in genere resiste meglio a questi tardi interventi. Frova. però il disgraziato Altomedioevo risulta bucato. in pochi secondi con la ruspa ed in pochi minuti con il piccone. La ragione è semplice: l'abbandono nel periodo medievale facilita enormemente il lavoro dell'archeologo. S. "Sibrium". troveremo alcuni punti di «vuoto» altomedievali. L. Atti del VI Congresso internazionale di studi sull'alto medioevo . Relazione delle campagne di scavo 1972. 33-6. però. lasciando da parte le chiese. Ed inoltre questi siti abbandonati non hanno tutto quell'accumulo spaventoso e disturbante di strutture solide e di interventi profondi tipici del periodo post-medievale. "Centro Studi Lunensi. Brogiolo. La fase romana. Tabaczynski. se lo scavo non è buono. cisterne. Leciejewicz. ovviamente. dovuto all'assenza di resti altomedievali. pp. buche per rifiuti. Castelseprio in Lombardia. 8 Wickham. Tabaczynska. Leciejewicz. pp. P. L. "Centro Studi Lunensi. Nuove indagini archeologiche a Castelseprio. E.Milano 1978. anche Hudson. come penso sappiamo tutti. Quaderni" 1 (1976). è che scavo sia abbastanza rigoroso. pp. E. 35-48 e B. WardPerkins.Quest'ultimo motivo che non consente di trovare o di capire gli insediamenti altomedievali è l'incapacità tecnica dell'archeologo. e non possiamo che accettare la situazione di fatto. Per scavare basta pagare i danni per il pascolo o per i cereali. di prossima pubblicazione). pp. è un rischio non ancora del tutto eliminato. Più si scava. 1-138 e G. Torcello. bloccare per mesi la costruzione di una nuova scuola. Primo: soprattutto in una situazione di continuità di insediamento attraverso il Bassomedioevo fino ad oggi. Oggi questo rischio di distruzione irresponsabile del materiale archeologico da parte degli archeologi stessi è minore di quello che era anche poco tempo fa. più diventa chiaro che i resti di case altomedievali non consistono generalmente in bei muri e pavimenti resistenti al piccone o anche alla ruspa. le città altomedievali erano più rare e più piccole. Roma 1977. ma consistono in fragilissime tracce di terra battuta. per poter documentare con certezza questo vuoto. Spoleto 1980. nello scavo dell'abside di S. 9 Per Torcello cfr. 1973. Situazioni del genere sono state documentate in diverse zone di scavo a Genova Pavia. pp. Archeologia urbana e programmazione della ricerca. mentre in città bisogna affrontare tanti problemi (spostare un parcheggio. per Castelseprio cfr. S. p. fondazioni. ma sono fondamentali per capire la storia di una città e delle sue varie espansioni e contrazioni. Archeologia altomedievale a Luni: nuove scoperte nella basilica. o anche del tutto distrutti da vari interventi tardo e post-medievali: cantine. S. 475-99. 4. muretti a secco per pali: quali possiamo distruggere tutti. Notizia preliminare. fogne. Tabaczynski. XIV (1978-79). Se documentato bene. deviare una fogna ecc. cercando l'Altomedioevo sopra le città romane o sotto le città tardomedievali. Calstelseprio: scavi diagnostici 1962-63. Una casa bizantina a Luni. Giorgio a Bologna. Tabaczynska. Scavi 1961-62 . è pure chiaro che. cit.e. dovuto soltanto all'incapacità dell'archeologo di riconoscere un buco per palo o un battuto di terra. 631-71. 4-5 (1979). succede spesso che i fragili resti della città altomedievale siano stati molto mal ridotti.. tagliato. 80 s. monografie III) 1977. S. Città abbandonate e città attuali Finora. pozzi neri ecc. interventi e strutture che rendono lento il lavoro e frammentaria e difficile da capire la stratigrafia orizzontale altomedievale. La cosa essenziale. le scoperte più frequenti e clamorose del periodo altomedievale sono state fatte in città abbandonate Torcello nel Veneto. 1974 a cura di A. essendo più profonda ed anche spesso molto solida. senza neanche accorgercene. Questi punti sono in un certo senso deludenti per l'archeologo interessato a questo periodo. non si saprà mai se il vuoto è vero. Anche se c'è stata una continuità notevole di vita urbana in Italia8. M. delle zone artigianali ecc. 10 . che salva i dati possibili in una zona destinata alla ricostruzione. Perciò. o prevalentemente. in Italia per quanto riguarda i grandi programmi di scavo in città. Luni e Castelseprio. Almeno due sono le risposte valide a questa domanda. L'unico modo valido per inserirci è convincere il mondo non-archeologico che l'archeologia urbana ha un contributo importante da offrire. della diversità sociale ed economica documentabile in zone diverse dell'abitato. e perciò dobbiamo senz'altro affrontare l'archeologia delle città nella loro continuità fino ai nostri giorni. ci limitiamo a pochi siti e corriamo il rischio di esaminare soltanto insediamenti meglio definiti «proto-urbani» (come Torcello e Castelseprio) o «post-urbani» (come Luni).Perciò si potrebbe anche chiedere: «Allora perché non scavare soltanto nei siti abbandonati. Però in almeno due città attuali. Canterbury. l'archeologia rimane in un certo senso anch'essa morta e ristretta a predelimitate «zone archeologiche» di ruderi. le città morte. è ovvio che. sia a causa dei tanti interessi. cit. delle differenze nella cultura materiale dei vari ceti sociali. in una Si veda ad esempio Archeologia a Genova . Invece. Sicuramente l'archeologia urbana dei centri storici attuali non sarà mai facile. ed è forte. come ci sono negli Units dei centri storici inglesi di Londra. o quasi totale distruzione dei resti archeologici. per demolire le concezioni dell'archeologia come la disciplina dei monumenti e delle necropoli. L'interesse per la storia della propria città esiste. Però già in città come Genova e Pavia abbiamo visto realizzarsi felicemente questi sforzi10. Soltanto con una serie di scavi si può cominciare a parlare della storia generale di una città attraverso i secoli: delle sue contrazioni ed espansioni. La seconda ragione per scavare ancora abitati è forse anche più importante. diretta a chiarire. possiamo mostrare che l'archeologia è un'attività molto larga che fa vivere la storia sepolta dappertutto. degli edifici pubblici. York. dove si incontrano minori fastidi e dove c'è maggior possibilità di ricavare piante complete di edifici e depositi intatti?». e non è soltanto un pretesto accademico per bloccare per diversi mesi i lavori edilizi. La storia della città in Italia è prevalentemente una storia di continuità e di sviluppo. se lavoriamo anche nei centri attuali. su scavi necessariamente multistratigrafici e molto turbati. soprattutto in città ancora abitate (dove l'archeologo deve necessariamente aspettare la possibile occasione di fare scavi preventivi). la quale comporta necessariamente la totale. 5. Genova 1976 e Hudson. Se scaviamo soltanto. se vogliamo veramente sapere qualche cosa della città altomedievale l'archeologo e lo scavo devono assolutamente inserirsi in quest’intreccio soprattutto con lo scavo preventivo sistematico. sia per ragioni tecniche. Programmi generali di questo tipo richiedono ovviamente anni di lavoro. Oxford. Genova e Pavia. gli anni trascorsi dalla nascita dell'archeologia medievale sono ancora pochi e le somme di denaro finora disponibili lo sono ancora meno: così anche i risultati non sono stati eccezionali in confronto a quelli nordeuropei. Exeter ed altrove. catalogo della mostra didattica a Palazzo Rosso. ed in due abbandonate. si può già parlare degli inizi di un'archeologia programmata. per l'archeologia urbana. noi archeologi dobbiamo soltanto mostrare che l'archeologia è fondamentale per illuminare questa storia. Archeologia urbana e programmazione della ricerca. e richiederebbero anche idealmente una struttura specializzata di scavatori e ricercatori professionali. se ci limitiamo a studiare queste. Riuscire in questo campo richiede molti sforzi a livello didattico e divulgativo. Però. 58. p. Programmi generali di ricerca Per quanto riguarda lo scopo dei lavori intrapresi e da fare. che si intrecciano su ogni piccolo lembo di terra in una città moderna. Innanzitutto per capire il fenomeno dell'urbanesimo altomedievale non basta certo vedere le città che poi sono decadute e sono state abbandonate.. legittimi ed anche speculativi. sotto ogni casa e sotto i piedi di ogni cittadino. gli scavi più significativi ed interessanti sono quelli fatti nell'ambito di un programma di diversi scavi in diversi punti dello stesso insediamento. 15 Ward-Perkins. 45-50. ed anche la rara formazione di nuovi centri. 11 . con la scoperta. basta fare riferimento al lavoro di Hugo Blake ed alla nuova pubblicazione di Peter J. cit. in tutta la città è stato affrontato il problema della datazione dell'abbandono degli edifici pubblici romani15. e Ward-Perkins. di case molto povere in legno (una con tracce di attività artigianale).. Scavi e scoperte 1967-75. Quaderni". la cattedrale. e. in un'altra. che è la città che conoscono meglio delle quattro finora citate. Tabaczynski. 6. si è verificata anche la trasformazione di una casa romana in un'altra più umile dell'Altomedioevo11. L'abbandono degli edifici pubblici a Luni. Nuove indagini archeologiche a Castelseprio.. 13 Dabrowska. Perciò a Luni. Inoltre. cit. entrambi costruiti proprio nel momento di quest'abbandono. Archeologia in Liguria. il massimo possibile dell'insieme complesso e variabile di una città. una zona di case del VI-VII secolo sul foro romano abbandonato.prospettiva di decenni di lavoro. Anche in altre località. pp. Archeologia altomedievale a Luni : nuove scoperte nella basilica . di probabili tracce di continuità di uso in un vano apparentemente annesso ad una ricca casa aristocratica. una prova è costituita dal fatto che la carta geografica delle città esistenti nel Bassomedioevo (ed anche oggi) in molte regioni è sostanzialmente ancora quella romana: perciò si può presupporre una continuità d'insediamento in Soprintendenza Archeologica della Liguria. Però già a Genova (dove i controlli e la salvaguardia archeologica da parte dell'ISCUM sono unici in Italia) si è documentata la rifortificazione nell'epoca altomedievale del vecchio castrum preromano. il cambiamento di mecenatismo edilizio è documentabile sia dallo scavo delle fasi d'abbandono dei monumenti tradizionali romani. considerando vari temi e problemi nella storia della città altomedievale che possono essere chiariti dall'archeologia. Per esempio. abbandono e formazione di città Risulta molto chiaramente che l'abitudine di vivere in città ha avuto una continuità molto forte in Italia. A Castelseprio. Castelseprio.. Castelseprio e Luni sono forse le uniche città dove si può parlare finora di un'archeologia programmata diretta a fornire la storia generale della città. Hudson12. 33-46. Sopravvivenza. Vorrei illustrare questi scavi. 80-92. in una zona della città. insieme a quelli delle città già citate. l'abbandono di altre. Lusuardi Siena. pp. Early Medieval Italy. le chiese e tre zone dell'abitato entro il castrum13. Un problema fondamentale riguarda la carta geografica urbana. le prove di questa continuità sono spesso ancora molto indirette16. cit. Una casa bizantina a Luni. Sia a Genova sia a Pavia i risultati degli scavi hanno avuto più importanza finora per il Basso che per l'Altomedioevo. però. Genova. Pavia. 3 (1978). per esempio. A Luni. pp. nell'assenza di documenti scritti e di scavi archeologici. Tabaczynska. ed un ambiente apparentemente rimasto in uso fino al VI-VII secolo annesso a terme tardoromane probabilmente private14. 16 Wickham. e. A Castelseprio e a Luni diversi aspetti delle città altomedievali sono stati indagati negli ultimi anni. Genova 1976. cit.cit. cioè la documentazione della continuità di vita di molte città romane. cit. 93112. sia dagli scavi della grande cattedrale paleocristiana e dell'edificio termale privato. 12 Hudson. però. Brogiolo.. informazioni da Maria Pia Rossignani. "Centro Studi Lunensi. 14 Lusuardi Siena. pp. Anche le diversità sociali nell'ambito del VI secolo sono documentate. si può cominciare a comporre in un quadro generale i dati provenienti da diversi scavi eseguiti da diverse persone. Devo sottolineare però il fatto che di problemi da risolvere con lo scavo ce ne sono tanti e che nello spazio a disposizione posso soltanto accennare a ben pochi di questi. in un piccolo scavo nel centro della città. scavi isolati sono stati fatti con risultati importanti per quanto riguarda l'Altomedioevo. Per Pavia. Archeologia urbana e programmazione della ricerca . Leciejewicz. le fortificazioni. hanno avuto soltanto rarissimi controlli archeologici. Biddle. WardPerkins. Però finora queste supposizioni. Torcello. Cities of ancient Greece and Italy: planning in classical antiquity. e per fortuna. dall'Età moderna all'impianto romano. In questi casi si devono ovviamente documentare la restrizione e l'eventuale abbandono dell'abitato. 39. . Piacenza. 21 Informazioni da Gian Pietro Brogiolo e da Peter J. per esempio. soprattutto nella Val Padana. Albenga e Lucca. A Castelseprio. a cura di D. 18 Per esempio a Pavia. 107-9. Verona. e post-medievali fino all'asfalto moderno20. Anche all'interno delle singole città la situazione topografica tardomedievale e quella attuale fanno spesso pensare ad una continuità di vita abbastanza intensa. Rarissimi sono anche gli scavi di isolati di case. Tabaczynska. attraverso sondaggi sotto il monastero di Santa Giulia a Brescia. Città scomparse e città di nuova formazione in Italia in relazione al sistema di comunicazione. c'è il problema delle città in fase di abbandono e delle città in fase di formazione durante l'Altomedioevo. il reticolato di strade della città romana sottostante18. cit. ma bisogna citare anche Torcello22. in Topograpa Urbana e vita cittadina nell'Alto Medioevo in Occidente. molte possibili ragioni di abbandono non lasciano tracce archeologiche (per esempio. più o meno bene. Wilson. e soprattutto quelli economici ed ambientali. 20 Per una sezione stradale parziale cfr. in netto contrasto con l'Inghilterra. Ma in molte città abbandonate (ad esempio quelle dell'alto Adriatico) studi archeologici indirizzati specificamente a documentare e capire la fase di abbandono non sono stati ancora fatti. pp. tav. con risultati molto interessanti. 23 Ward-Perkins. J. London 1976. pp. Per le città di fondazione altomedievale. dobbiamo invece chiarire quando si sono formate e come e quando si sono allargate: problemi già illuminati in parte a Castelseprio ed in un unico scavo a Torcello. Scavi di Luni II. a pp. Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. però molti cambiamenti nella fortuna di una città. e sta per essere fatto su una zona ampia negli scavi attualmente in corso nel cortile del palazzo del tribunale di Verona. e che si spera anche di chiarire con scavi iniziati nel 1981 nella città fluviale di Ferrara. Spoleto 1974. è stato possibile evidenziare la degradazione e l'impoverimento del territorio e della città stessa dal periodo romano a quello altomedievale attraverso cambiamenti commerciali e geomorfologici23. in base alla topografia tardomedievale ed odierna. ma anche tutti i riferimenti alto e bassomedievali. anche se bisogna subito dire che ulteriori lavori (ad 17 C. cit. Towns. Tabaczynski. 320.di materiali importati e di resti di lavorazione: fatti che potrebbero indicare un'economia prevalentemente agraria e locale. In questi casi bisogna cercare anche indicazioni archeologiche per spiegare il fatto insolito di una fondazione urbana o proto-urbana. 53-6. scavi che nel settembre 1981 avevano già raggiunto il X secolo21. dove la continuità della vita urbana è stata molto minore: soltanto le strade colleganti le porte nei muri di fortificazione si sono conservate sulle loro linee originali19. Scavi 1961-62. e. Hudson. cit. In molte città italiane. 505. e vanno anche cercate spiegazioni specifiche di quello che è un fenomeno insolito in Italia. troviamo conservato. 26 aprile-1° maggio 1973. la trasformazione della città romana in quella alto e poi bassomedievale.a tutt'oggi . 58 e 61. Lavori di questo genere saranno ovviamente fondamentali per capire la continuità (o l'assenza di continuità). New York 1974 figg. Brescia. che documentano tutte le loro trasformazioni. Schmiedt. 603-617. Questa sopravvivenza della topografia urbana romana è probabilmente dovuta ad una continuità di insediamento relativamente denso. Luni: the prosperity of the town and its territory. Ovviamente. per esempio.queste città romane anche attraverso i secoli oscuri dell'Altomedioevo17 . 22 Leciejevvicz. nell'Italia settentrionale non è mai stata fatta una sezione attraverso una strada di città che documenti. Accanto allo studio e alla documentazione archeologica delle città sopravvissute. Per quanto riguarda le città abbandonate ho già fatto riferimento a Luni e Castelseprio. nello stesso tempo. A Luni.. a p. Per esempio. una fondazione sostanzialmente militare ed amministrativa sembra forse indicata dalle massicce fortificazioni e dalla relativa scarsità. cfr. Un tale lavoro è stato fatto di recente. 19 M. 99-150. in The archaeology of Anglo-Saxon England . non soltanto il basolato romano. sono documentabili per mezzo dell'archeologia. decisioni amministrative o sconfitte militari). indicazioni di questo tipo sono rintracciabili nella documentazione archeologica. il materiale ceramico è più esotico. 478s. p. 323 e VII (1980). che otteneva cibo dalla campagna. la Forum Ware databile senz'altro fra il V e il X secolo. G. 13-6. sarà per l'Altomedioevo. nei casi di Castelseprio e Torcello abbiamo l'impressione. con contatti a largo raggio (ad esempio. Finley. Le basi economiche delle città Le scoperte a Castelseprio ed a Torcello ci portano ad un problema la cui soluzione è fondamentale per capire le città altomedievali. abbiamo un importante dato sulle relazioni commerciali 24 25 M. Questa ceramica più esotica e questa vetreria forniscono un'impressione della base economica artigianale e commerciale. ma anche in cambio di prodotti artigianali. la città era anche un centro economico specializzato e produttivo. 7. prevalentemente un centro di consumo aristocratico e. invece. Cioè se la città era soltanto un posto dove venivano raccolti e consumati dalla classe dominante e dai loro servitori i profitti dell'economia rurale circostante. a Torcello artigianale e commerciale. di due città con basi economiche apparentemente diverse: a Castelseprio forse prevalentemente agraria e di consumo. Mentre a Torcello. Prendo come esempio della potenzialità di questi studi uno dei pochi tipi di ceramica finora conosciuti nell'Italia centrale. grazie poi alla scoperta di frammenti di Forum Ware nei lavori di superficie nell'Etruria meridionale e grazie a scoperte occasionali in altri scavi in Italia. VI (1979). e. 123-49. fatti nella città da lavoratori specializzati. essendo un manufatto che si conserva molto bene nel terreno e che si può spesso attribuire con precisione a specifiche zone e a precise epoche di produzione. Maioli in "Archeologia Medievale". di decime ecc. e dove abitava anche un piccolo numero di contadini. del commercio in articoli di lusso: negli ultimi due casi ci dà informazioni non soltanto sul commercio entro l'Italia. come alcuni suppongono nel caso della città romana. e di prodotti esotici. Produzioni e scambi Per quanto riguarda la vita commerciale devo far riferimento anche agli importanti scavi in corso a Classe. prima o poi. dove la scoperta di una fornace di ceramica illustra anche la vita artigianale 25. Sarebbe oggi prematuro parlare in Italia di soluzioni definitive a questi problemi. a livello della ceramica fine da tavola. p. ci può fornire notizia degli scambi di certi prodotti agricoli pregiati. importati attraverso i porti e i mercati urbani. il Iuturnae. Forum Ware again. Schede di M. in minor senso. London 1975 pp. ma senz'altro. molto utile per l'informazione di natura economica che può fornire. O se. invece. ed è stata scoperta anche una vetreria altomedievale. che ha permesso la formazione di insediamenti anche ricchi e densamente abitati nella laguna veneta già nell'Altomedioevo. Grazie alla scoperta di scarti di fornace nel luogo di ritrovamento originale. The ancient economy. arriveremo su tale base a disporre di preziose indicazioni sul ruolo della città nella vita commerciale ed artigianale. Per esempio. "Medieval Ceramics". In particolare dobbiamo indagare se la città altomedievale era.. 8. 3 (1980). e nuove possibilità di ricerca. ma anche sugli scambi internazionali. Whitehouse. Al livello della ceramica da cucina può darci un'idea dell'artigianato e del commercio prevalentemente locale di un manufatto comune adoperato da tutti. come per tutti i periodi. e che può benissimo essere chiarito almeno in parte dall'archeologia: cioè la base economica di quei centri. 26 D. La ceramica infatti. sappiamo che questa ceramica era un prodotto urbano romano. anche un centro di produzione agraria24. però già si possono vedere gli inizi di un quadro generale. . con le zone alpine per i crogiuoli in pietra ollare). nel Foro. finora molto sommaria e forse anche sbagliata. Nell'Italia settentrionale sappiamo ancora pochissimo della ceramica altomedievale. anche se non siamo ancora in grado di darne con sicurezza una collocazione cronologica Lacus precisa26. di affitti. il porto di Ravenna. non soltanto dal lavoro dei cittadini agricoltori e da varie forme di imposte. pp. al livello delle anfore.esempio nel «borgo») potrebbero benissimo cambiare completamente quest'impressione. altomedievali di Roma, non soltanto con il territorio limitrofo, ma anche con luoghi molto più distanti (fig. 1). FIGURA 1 Ritrovamenti sicuri e probabili di Forum Ware Da: D. Withehouse, T. Potter, The Byzantin frontier in South Etruria, “Antiquity”, LV (1981), pp. 206-10. L'esempio della Forum Ware e della carta della sua distribuzione illumina un altro problema fondamentale: cioè le relazioni fra città e territorio. È chiaro che la città non può essere studiata isolatamente, ma deve assolutamente essere considerata accanto al mondo agrario circostante. Per esempio, tracce archeologiche di scambi, o dell'assenza di scambi fra città e campagna ed un'idea di quali lavorazioni erano presenti in città e quali in campagna, sono dati fondamentali per capire l'urbanesimo e la sua base economica. L'archeologia fornirà senz'altro, nei prossimi anni, molte informazioni sulla vita produttiva, commerciali ed artigianale della città altomedievale, ed è qui forse che avrà la sua massima importanza, perché questo aspetto della storia economica urbana è quasi del tutto trascurato dalla documentazione scritta del periodo27. 9. Centri di consumo Però l'archeologia potrà anche fornire ulteriori dati sull'altro aspetto della storia economica e sociale, meglio conosciuto dai documenti: cioè sulla città intesa come centro di vita e consumo dell'aristocrazia e dell'amministrazione ecclesiastica e secolare. Qui, con lo scavo di molte chiese Considerando l'archeologia dell'artigianato, bisogna ovviamente sempre tener conto del fatto che molti prodotti non lasciano quasi nessuna traccia nel documento archeologico della loro lavorazione e diffusione (ad esempio tessuti, cuoio e legni lavorati). 27 paleocristiane ed anche altomedievali, parecchio lavoro è già stato fatto anche se bisogna dire che in genere il livello tecnico degli scavi è stato pessimo e che perciò dipendiamo, per le datazioni, non da stratigrafie precise con ceramiche e monete datanti, ma soprattutto da argomenti stilistici, che possono spesso risultare opinabili. Le chiese, o tuttora esistenti o messe in luce dallo scavo, ci danno però una buona documentazione della continuità di vita religiosa urbana e della continuità del mecenatismo aristocratico, sia ecclesiastico che laico, in contesti urbani28. Però, anche se sappiamo molto delle chiese costruite dall'aristocrazia, sappiamo pochissimo di altri aspetti della vita urbana della classe dominate. Per esempio, fra i tantissimi senodochi, monasteri, e complessi episcopali costruiti nel periodo tardoantico ed altomedievale abbiamo conoscenze archeologiche soltanto di una parte del convento di S. Giulia di Brescia, e, di recente, del bagno clerico a Ravenna costruito nel V secolo ed ancora in uso nel IX29. Per quanto riguarda l'amministrazione e l'aristocrazia secolare non sappiamo quasi niente. Nessun palazzo ducale, comitale o reale è stato scavato, ad eccezione di vecchi scavi a Ravenna30, e nessuna casa sicuramente attribuibile ad un membro dell'aristocrazia urbana è stata documentata attraverso l'archeologia. Inoltre la nostra conoscenza di uno dei più significativi edifici pubblici, la cui cura spettava all'amministrazione secolare, le mura di città, è scarsissima. In nessuna città d'Italia sono stati fatti scavi stratigrafici per chiarire come siano state mantenute, o eventualmente ricostruite o sostituite, le mura romane originali31. L'archeologia medievale monumentale, ed anche sepolcrale (delle necropoli con corredi), è ancora molto privilegiata in Italia in confronto all'archeologia domestica ed artigianale. In questa relazione faccio riferimento quasi esclusivamente a quest'ultima, perché la sua enorme potenzialità è meno conosciuta. Anche volendo, sarebbe impossibile in questa sede fare riferimento alla vasta bibliografia esistente su scavi e studi di chiese paleocristiane ed altomedievali. 29 Su Brescia informazioni da Gian Paolo Brogiolo, su Ravenna scheda di M. G. Maioli in "Archeologia Medievale" VIII (1981). 30 G. Ghirardini, Gli scavi del palazzo di Teodorico a Ravenna , "Monumenti antichi pubblicati per cura della reale Accademia dei Lincei", 1918, pp. 738-841. 31 Per la potenzialità di questo tipo di lavoro cfr. ad esempio Royal Commission on Historical Monuments, An inventary of the historical monuments in the city of York, II (The Defences), London 1972, pp. 111-4. 28 Figura 2 Una delle case del VI secolo sul foro di Luni 10. L'effetto delle invasioni germaniche L'ultimo problema a cui vorrei fare riferimento è quello dell'effetto delle invasioni e degli insediamenti barbarici sulle città italiane. Il problema è sapere se le invasioni, e soprattutto quella longobarda nel tardo VI secolo, abbiano avuto un influsso notevole sulla continuità e sulla qualità della vita urbana. Bisogna dire che questi problemi sono ancora da chiarire; però, già in base ai pochissimi reperti fatti, si può cominciare a discutere ed ipotizzare. Per esempio, in un primo momento i muretti a secco delle case e la grezza ceramica di Castelseprio sembravano tipicamente barbariche e germaniche: e perciò il risultato culturale delle invasioni longobarde32. Però adesso, 32 S, Kurnatowski, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Gli scavi a Castelseprio nel 1963 , "Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte", XXVII (1968), pp. 61-92, ripubblicato con leggere modifiche in Dabrowska, Leciejewicz, Tabaczynska, Tabaczynski, Castelseprio, cit.; M. Cagiano de Azevedo, Esistono una architettura e una urbanistica longobarda?, in Atti del convegno internazionale sul tema: La civiltà dei Longobardi in Europa - Roma e Cividale del Friuli 1971, Accademia Nazionale dei Lincei, quaderno 189, Roma 1974, pp. 1-41, a pp. 7-10. d. di base economica (artigianale.con altri lavori a Castelseprio ed altrove. . "Archeologia Medievale". abbandono della malta. ma per almeno cento anni. È anche indispensabile che scaviamo e pubblichiamo bene (perché per l'Altomedioevo. è almeno ipotizzabile che certi cambiamenti nell'architettura domestica (uso del legno. e quelle documentazioni sembrano ora piuttosto tipicamente tardoantiche ed altomedievali. ma di forme locali molto antiche che hanno avuto una nuova importanza in epoca post-romana33. Ed in tutte e due queste attività. Dobbiamo assolutamente accumulare molti dati in più. 1 1. religiosi ed etnici. dobbiamo affrontare rigorosamente i vari problemi storici da risolvere: problemi di continuità urbana (ed anche di abbandono e formazione). il quadro sta per cambiare. da più scavi in più città. come per ogni altro periodo. La campagna dalla tarda antichità al 900 ca. a parte quanto resta limitato ai loro particolari costumi di sepoltura. Si tratta forse non di nuove forme di casa introdotte da barbari. di trasformazione. 2). Perciò. 33 Cfr. pp. e di diversità ed influssi sociali. cioè al tardo VI secolo. lo scavo e la pubblicazione. X (1983). C'è da fare non per un decennio.C. anche G. 73-88. anzi serve soltanto a confondere). con la loro forma di «casa lunga» (Langhaus. Direi che sia ancora da chiarire se i nuovi abitanti germanici abbiano veramente avuto un notevole influsso sulle città. mentre. Brogiolo. Programmi per il futuro Per finire dovrei trattare anche di programmi per i prossimi dieci anni. Due case di legno scavate di recente a Luni appartengono sicuramente al periodo bizantino della città. che da quello che ho scritto sia già chiaro cosa si debba fare. P. commerciale e di consumo). adozione a Luni della pianta a casa lunga) siano dovuti non ad influssi etnici ma a cambiamenti sociali ed economici. sembrerebbe a prima vista ancora più germaniche delle case con muretti a secco di Castelseprio (fig. longhouse) ed i loro buchi per pali. però. Spero. lo scavo poco rigoroso non serve a niente. Castelli e incastellamento nell'Italia centrale : la problematica storica . Comba e A. tenuta dall'autore al convegno svoltosi a Cuneo nel 1981. l'informazione archeologica offre materiali per allargare la "qualità" della ricostruzione storica. da Laicht a Vismara. La casa contadina nell'Italia padana dei secoli VIII-X. le fonti scritte non ricordano le fasi a buche di palo. i1 suo sviluppo e le sue trasformazioni sono stati oggetto di riflessioni da parte di geografi e storici: aspetti istituzionali e politici. che pure rimangono campo privilegiato degli autori lasciano margine a riletture sulla base dell'evidenza archeologica. Wickham. A. Firenze 1985. Torino 1984. a cura di R. che alle fonti materiali dedicano ampio spazio per analizzare aspetti fondamentali della storia dell'insediamento medievale. usano gli "indizi" provenienti dagli uni e dagli altri con esemplare metodologia: la presenza di fasi più antiche di quelle attestate a livello documentario nei siti poi incastellati può essere una spia per cogliere un fenomeno di riconquista delle "sommità" generalizzata prima del fenomeno noto come "incastellamento"? e la diffusione dell'edilizia in legno è un fatto legato a modelli importati dai popoli germanici o non piuttosto un retaggio "culturale" autoctono e profondamente ancorato alla società e ai modi di vivere altomedievali? Le fonti scritte. Il problema dell'incastellamento nell'Italia centrale:l'esempio di San Vincenzo al Volturno. pp. in Castelli. Se per il Bassomedioevo. e cioè l'incastellamento e la struttura della casa rurale altomedievale.Incastellamento e strutture abitative Un uso non strumentale dell'informazione archeologica traspare dalle pagine di due storici. da Settia a Comba. che suggerisce utili indicazioni e producono dati oggettivi per riflessioni nuove1. cioè presenza di capanne e case di legno su quei siti che a livello documentario risulteranno incastellati a partire soltanto dal X -XI secolo. 16 (1983). per le fasi originarie e per cogliere i processi di trasformazione profonda che avvengono fra Tardoantico ed Altomedioevo nell'ambito delle forme di organizzazione del territorio l'archeologia è strumento essenziale senza il quale una ricostruzione storica rischia di essere persino forviante. Il primo C. Gli autori dei due contributi che seguono. 137-48. L'insediamento accentrato e fortificato (generalmente d'altura). in questa relazione. Galetti. Storia e archeologia. quando le fonti scritte sono abbondanti e largamente descrittive. Wickham. da Cusin a Cammarosano. le sue origini. pp. sociali ed economici trasformazioni e distruzioni sono stati illustrati in ricostruzioni di grande incisività e capacità da Conti a Toubert. Settia. è condensato gran parte di quanto poi pubblicato nel volume C. Ma pochi hanno usato con sistematicità la documentazione materiale. ad esempio. 6-28. Il secondo di P. costituisce uno dei caratteri dominanti il paesaggio rurale italiano. 1 . senza "piegare" i diversi tipi di fonti. "Quaderni Medievali". Spesso. Toubert. Ma in pratica. Questo però nel contesto dell'Abruzzo e in una zona che ho studiato di recente. Qualche volta lo chiamerò. come rarissima sia la scelta degli archeologi in Italia di zone di studio che hanno documentazione storica adeguata: una importante causa contingente. la concentrazione. per se stessi o per gli storici dell'arte. tramite la creazione di nuovi insediamenti o il convergere di quelli vecchi: normalmente dentro i castelli (cioè fortificazioni) come nelle analisi classiche del Toubert2. quello sull'accentramento dell'insediamento. datate arbitrariamente da legami con gli avvenimenti politici. non c'è alcuna ricerca sul campo in Lucchesia. le carte di incastellamento. Rome 1973. la fortificazione di insediamenti preesistenti. e introdurvi alcuni nuovi elementi. in cui si uniscono almeno tre processi storici separati: 1. della spaccatura che esiste ancora fra le due discipline: perché. 3. ma con apporti diversi basati su diversi tipi di materiale. Milano 1963. sulla base dell'esperienza condotta nell'alta valle del Volturno nel Molise (il territorio del monastero di San Vincenzo al Volturno). quello socioeconomico. Vale la pena notare subito quanto rara sia ancora questa esperienza. specialmente per gli storici. e si deve scoprirne il perché. Il rapporto tra gli storici e gli archeologi è stato sempre delicato. e (fatto più istruttivo). certamente non minore. Gli storici tendono a pensare agli archeologi come a degli studiosi di supporto. per le tipologie. se non dico altrimenti. e queste sono naturalmente di rilevanza diretta per la ricerca archeologica. tratterò il problema della relazione tra storici e archeologi quando studiano la stessa zona. il circondario e la diocesi di Sulmona. Vorrei mettere in chiaro all'inizio che propongo di concentrarmi su un solo aspetto del processo di incastellamento. le due discipline dovrebbero poter convergere. Questo mi porta a riconsiderare. legati a due zone diverse dell'Italia centrale. «incastellamento» si mostra sempre più un concetto «macedonia» un po' sfortunato. il territorio e la diocesi altomedievale di Valva. la creazione dei territori e della localizzazione giuridica associate ai castelli (cioè la problematica tradizionale del Vaccari)1. questa. È quest'ultimo il caso del quale parlerò. 2. ovviamente in breve. Gli archeologi da parte loro sono stati spesso poco più sofisticati nel costruire le loro tipologie. genericamente. l'intera problematica sulle cause dell'incastellamento.Chris Wickham Castelli e incastellamento nell'Italia centrale: la problematica storica Tratterò due aspetti distinti della problematica dell'incastellamento. «incastellamento». Almeno ora storici e archeologi hanno iniziato ad interessarsi dello stesso campo. riservando «incastellamento» per i primi due processi. Per primo. incastellamento vero e proprio.. o di nuovi begli oggetti per illustrare i libri seri degli storici dell'arte. Vaccari. 2 ed. a mio parere. io almeno ho trovato che le 1 P. e li limitano al ruolo di fornitori di nuovi fatti per gli storici politici. l'accentramento. ad esempio.. delle cause dell'incastellamento in Italia centrale. almeno per una volta. Le territorialità come base dell'ordinamento giuridico del contado nell'Italia medioevale. Dovrebbe essere possibile pensare a questo campo come a una disciplina unificata. ma di solito tenterò di ridisegnarlo «accentramento». A mio giudizio. Il secondo problema che voglio discutere è quello. ma non sempre. . 2 P. in Sabina o nel Milanese? La documentazione storica importante nella valle del Volturno è in gran misura di un tipo specifico. Les structures du Latium médieval. o il costruite delle fortificazioni ad essi più o meno vicine. essa è interessante per la ragione classica che le teorie tradizionali sull'incastellamento non vi funzionano. dell'insediamento. VIII (1981). una zona totalmente posseduta dal monastero e donata da vari duchi di Benevento nell'VIII secolo. il materiale storico che presento è il mio (usando anche le analisi fatte da Mario del Treppo negli anni Cinquanta). "Archeologia Medievale". più della metà di tutte le carte di tale genere sopravvissute per l'Italia centrale dei secoli X-XI. Peter Hayes. "Archeologia Medievale".cose non si risolvono tanto facilmente. Secondo l'interpretazione classica questi documenti rappresenterebbero il ripopolamento di una valle deserta. R. e include. che sollevano alcuni dubbi. se non sbaglio. e con interessi separati dall'insieme: in altre parole. La prima esperienza interessante a San Vincenzo è che la sua storia insediativa sembra largamente divergente. con implicazioni istruttive. Hodges. il materiale archeologico è di Richard Hodges e della sua équipe. 483-92. Il materiale storico è abbastanza chiaro: una ventina di documenti del X secolo. Gli insediamenti con questi documenti sono segnati sulla prima carta (fig. ma è ricchissima di documenti più utili ed espliciti per la storia degli insediamenti (cioè i livelli per la fondazione e popolamento di castelli). con problematiche diverse. Excavations and survey at San Vincenzo al Volturno. pp. dell'Università di Sheffield. Id. 1). a seconda che si privilegi la documentazione storica o quella archeologica.. Molise 1981 . Excavations and survey at San Vincenzo al Volturno. dopo il sacco dato dai Saraceni a San Vincenzo nell'881. Molise 1982. Alcuni dei commenti più retorici (ad esempio adhuc autem locus bestiis et avibus latibula prebens. perché i diversi tipi di materiale tendono ad essere associati con diverse basi di inchiesta. quasi tutte carte per la fondazione di insediamenti sulla «terra di San Vincenzo». La documentazione manca di profondità storica. Alcune delle terre di San Vincenzo erano certo state abbandonate o ancora mai occupate. quasi nulla di specifico per la storia dell'habitat prima del 940 o dopo il 1000. per San Salvatore in Alife nel 950 circa) sono chiose a livelli per una terra che è ovviamente già occupata e coltivata. 299-310. pp. Tale tesi sarebbe sostenuta dalle numerose vivaci constatazioni che si trovano nella nostra fonte del XII secolo per tutti questi documenti. hominibus omnino vacabat. Ho lavorato qui con una équipe di scavo e ricerche sul campo. specialmente del direttore delle indagini sul campo. tramite la fondazione di una schiera di abitati accentrati o castelli (castra nei testi). IX (1982). il Chronicon Vulturnense. e fra le carte e il commento del cronista. Così avviene a San Vincenzo. Non è difficile però mostrare differenze fra le carte stesse. guidate da Richard Hodges3. ma gran parte della zona era abitata continuamente. 3 . insieme con immigrati da tutta l'Italia centrale. per dirla con le parole di Del Treppo. LXXXIV (1955).FIGURA 1 La terra di San Vincenzo al Volturno Non è discutibile. 4 M. L'impressione prima facie è che la maggior parte degli insediamenti siano nuovi: i loro toponimi sono spesso termini geografici con ad-: ad ipsa Causa (un fiume). che San Vincenzo raccolse la popolazione sopravvissuta. ad Ficus. 31-110. in abitati accentrati. però. vanno insieme. "Archivio Storico per le Province Napoletane". ad ipsa Olivella e così via. ciò per permettere il ristabilimento di campi e vigneti. pp. Così. Vincenzo al Voltumo nell'alto medioevo. esplicitamente centri per il dissodamento della terra. cioè l'espansione agraria. La vita economica e sociale in una grande abbazia del Mezzogiorno: S. in molti casi. «centri di raccordo ove si annodino le maglie vieppiù fitte della vita delle campagne»4. i quali furono anche. l'accentramento insediativo e il dissodamento. costituendo. . Del Treppo. Molti dei livelli non richiedono un reddito per i primi 3 o 5 anni. XIII-XIV circa. sono quelle che. caso per caso. Le parti della terra più esposte a pericolo. perché sta tornando di moda come spiegazione: qualunque sia la sua importanza per la fortificazione dei siti (e quest'ultima varia enormemente da luogo a luogo. fu ribattezzato. da San Vincenzo a Cassino). Ma anche una delle carte per il dissodamento. in tutta apparenza.Due altri punti vanno però aggiunti. Fornelli e Valle Porcina. è cospicua per l’assenza di ogni riferimento a un castello. e così sparisce l'immagine della fondazione del monastero in una foresta vergine. non sempre appaiono nello stesso contesto.non lo è ancora. un castrum dall'inizio. Il primo è che. quella per Ficus. Il materiale archeologico. come accade di solito). contengono doveri onerosi di dissodamento. Un'area almeno di probabile vecchio insediamento. Due hanno ceramica che comincia nei secoli VIII-IX. Sette di questi insediamenti sono stati finora investigati un processo possibile perché in ogni caso l'habitat si è spostato a un'altra sede.ma c'è comunque una certa consistenza di materiale. pone in gran rilievo la costruzione delle mura. Il contrasto con i castelli di Montecassino è impressionante: il solo livello per Cassino del X secolo. fuori della terra di S. Altri livelli però. né potrebbe esserlo . direttamente sopra una villa tardoromana. . Questi sono poi sostituiti da un numero alquanto minore di siti bassoimperiali più grandi. sono le ultime che formano insediamenti accentrati. La valle non fu fittamente abitata . già presente in una vita dei fondatori scritta nel tardo VIII secolo. Ma a San Vincenzo il pericolo sembra avere anche meno effetto sull'insediamento che altrove. intorno a Olivella e a Santa Maria Oliveto. quando finalmente ottenne delle fortificazioni. Anche in altre regioni dove invece tale effetto esiste. L'archeologia esclude senz'altro tale ipotesi: la vallata appare infatti disseminata di piccoli siti di età repubblicana e altoimperiale. anche in uno sguardo sommario come questo. cioè ceramica dai secoli. è la storia della ceramica negli insediamenti sulle colline (tutti medievali. come quello per Scapoli. come quelli per Colle. ove infatti manca ogni accenno all'attività militare locale. Nessuno fa riferimento alle mura (benché alcuni o tutti ne abbiano avute) o a servizio militare di sorta. nel 700 circa. e qualche volta in tempi abbastanza recenti. Vincenzo. è naturalmente sempre necessario spiegare perché. Parecchi livelli. probabilmente nel tardo XI secolo. Di questi sette. come. evidentemente. ci dà un quadro istruttivamente diverso: anzi in conflitto su alcuni punti. e anche alla difesa contro attacchi che divengono sempre più di ordinaria amministrazione. Non così per San Vincenzo. siccome gli insediamenti fortificati non sono la sola risposta possibile al pericolo. dall'evidenza dei documenti. per Sant'Angelo in Theodice. incastellato o non. e sembra essere un insediamento aperto. Dunque non c'è un perfetto accoppiamento fra accentramento e dissodamento. La documentazione storica ci dice poco sul periodo prima del secolo X ma si pensa generalmente che tutta la terra di San Vincenzo fosse incolta sino alla fondazione dell'abbazia. con una certa mancanza di immaginazione. mentre l'accentramento e il dissodamento vanno insieme in senso globale (una relazione sulla quale ritornerò). La scoperta più interessante.il complesso abbaziale stesso . come pure alcune altre zone fra Venafro e Alife. quattro hanno mostrato sinora solamente la Proto maiolica. castro Pesclu. nell'estremo sud.mostra persino una certa continuità nel periodo altomedievale. secondo uno sviluppo che è anche tipico di altre regioni d'Italia. posti nella pianura e sui ricchi pendii della confluenza VolturnoVandra. Ma San Vincenzo sembra aver scelto se stabilire un abitato accentrato. il fattore pericolo non ha effetto duraturo sulle forme di insediamento nell'Italia centrale e non formerà parte delle mie analisi. Un sito . è con tutta evidenza ancora una zona di habitat sparso del X secolo. e le milizie locali dei castelli della terra di Cassino hanno un'importanza evidente nella sua storia durante l'XI secolo. che provocò un po' di dissodamento. Il secondo punto è l'assenza di ogni contesto militare in questi livelli. e non possiamo dubitare su una qualche continuità generale di occupazione. non fanno alcun riferimento a tali doveri. non sparsi regolarmente. però. L'accentramento di questa zona nel X secolo è certamente rapido. ma legati a tutta la buona terra della valle. solo uno mostra un orizzonte della ceramica che comincia addirittura nei secoli X-XI. Il nostro scavo ha mostrato che esso fu fondato. quella di Olivella-Santa Maria Oliveto ai confini della terra del monastero e della piana di Venafro. Vorrei che ci sbarazzassimo dell'aspetto militare dell'incastellamento a questo punto. dopo due stagioni di lavoro sul campo. alla sua fondazione nel 995. Ma il lavoro dell'archeologo ora si pone altri problemi: ad esempio qual'è la grandezza ottimale di un insediamento. e concludono che essi siano stati a lungo i soli elementi insediativi della valle. sapendo che la ceramica altomedievale è molto meno comune. Devo sottolineare che per questi dati mi fido degli archeologi di Sheffield. e perciò meno reperibile della maiolica. e gli archeologi che vedono solo questi siti. Ci sono qui certamente punti di convergenza. poiché dà un quadro alquanto diverso da un incastellamento del X secolo. con un lavoro più fitto sul terreno. che si verifica a diverse velocità e in diverse zone della vallata. Vacchereccia. in relazione al paesaggio. senza vernice.devo ammettere . più o meno esplicitamente. che sta divenendo un sito straordinariamente ricco. in base alla documentazione storica. Questo è quanto credo. dove. si trova in una zona che . Senza alcuna documentazione storica. Uno dei siti che hanno la ceramica dei secoli VIII-IX. sopra Filignano. potrebbe facilmente concludere che molti dei siti della vallata abbiano avuto origine prima del 900. specialmente sui pendii delle colline. per un contadino. di nuovi insediamenti su nuovi siti. ma. i siti romani non sembrano avere sbocchi negli stessi luoghi. cioè nella terra più bassa. interessa invece l'approccio. Un archeologo. intorno al IX secolo o forse prima. Essa è stata datata normalmente dai livelli nello scavo al monastero stesso. è un castello documentato nel X secolo come fondazione apparentemente nuova. a cui si presentino alcuni siti inerpicati che cominciano nei secoli VIII-IX (e con un vuoto tipologico nel VII secolo). come gli storici. già esistenti da alcuni secoli. Tale tendenza ha una chiara logica: si possono scavare più facilmente gli elementi che riguardano le risorse.ritenevo. fosse sempre stata di habitat sparso. sarebbe stata ad habitat sparso. e ovviamente necessario. poi accentrato. in caso contrario non ci sarebbe stato bisogno che l'abbazia di San Vincenzo creasse i nuovi centri del X secolo con le note carte di livello. ma l'apparenza del materiale archeologico è prima facie un po' imbarazzante per lo storico puro. nelle vicinanze. vasai ecc. conciliare questa congettura con la datazione storica dei centri dal X secolo in poi. è perciò più strettamente affidabile per la datazione. Ma qui ambedue le parti devono ammetterlo: gli storici che vedono la fondazione. è certamente possibile. è in una zona che dalla documentazione storica. di dover camminare . perché così dicono i documenti. Il sito con ceramica dei secoli X-XI circa del Colle Castellano. potrebbe congetturare (e sarebbe totalmente giustificato nella congettura) che i siti romani del fondo valle avessero una tendenza ad essere sostituiti da siti in collina. con tutta probabilità. nel X secolo. Un'altra differenza metodologica interessante consiste nella spiegazione. e uno (Ficus) come centro aperto. fino al tardo XI secolo. nel caso che ci siano difficoltà fra noi al riguardo posso aggiungere che la ceramica fina nell'Italia centro-meridionale di questo periodo è normalmente ceramica dipinta in bande rosse. quest'anno sono state ritrovate intere camere piene di affreschi del IX secolo. in questi contesti. Il modo più convincente e probabile è dire che i ricercatori sul campo hanno sottovalutato i siti sparsi dell'Altomedioevo.) sia superata dallo svantaggio. che già esistevano come piccoli nuclei. stanno andando oltre le necessità difensive come spiegazione automatica dei siti inerpicati accentrati. e ora tendono a dare rilievo alle loro funzioni nella concentrazione delle risorse. cioè in un contesto simile all'archeologia preistorica. secondo le limitazioni imposte dalla geografia e dall'antropologia? Dobbiamo considerare quanto grande esso dovrebbe essere prima che la convenienza di disporre. Gli archeologi dell'insediamento. I risultati fınali dipendono naturalmente dalla quantità del materiale archeologico scoperto. un altro. che è più comune della ceramica verniciata nel nord e cambia le sue forme in modo visibile. I dettagli qui non importano. specialmente in questa che è una relazione metodologica. Lo sviluppo del X secolo. Ora.benché alcuni di questi ultimi abbiano bisogno di ulteriore studio. era collocata la maggior parte. Per l'Altomedioevo tendiamo ad affidarci alla fortuna: non possiamo però permetterci di basarci su premesse scorrette e non riconosciute. consisterebbe perciò nell'accentramento conscio e diretto di un insediamento sparso entro siti vicini ed inerpicati. ma ciò si oppone al peso naturale e ai presupposti di ambedue i materiali. perché sono notoriamente difficili da trovare. di servizi non agricoli (fabbri. quello storico e quello archeologico. Tre dei quattro siti con la maiolica sono documentati già nel X secolo: due come castelli. Non è stata trovata ceramica medievale al di fuori di questi siti appollaiati sulla collina. naturalmente. generalmente per la loro collocazione. possiamo però vedere chi lo costruì o lo possedette più tardi. Sospetto che tale esigenza sia alla base del raddoppiamento di insediamenti documentato in molte parti d'Italia. LVIII . è logico che tutti abitino un singolo centro. nella seconda parte della relazione. Gribaudi. che si sentiranno. pp. perché se ogni contadino ha una ventina di campi sparsi. "Rivista Geografica Italiana". la riorganizzazione territoriale che accompagnò l'incastellamento nel Lazio. che fu uno dei motivi per i quali essa fu raccolta in siti accentrati più o meno pianificati. individuò la potenzialità dell'«urbanisme villageois». nel terzo mondo di oggi. a dirigere i cambiamenti insediativi.15 km per recarsi nei suoi campi . hanno oggi raggiunto in esse un livello molto avanzato per l'acutezza delle conclusioni. chiedere scusa a tutti coloro. con tutta ragione. anche. diverrebbe abbastanza importante per assicurare una veloce nucleazione dell'habitat. non abbiamo la documentazione. nella vera analisi. Ovviamente. come essi trovano fuori luogo la mia preoccupazione con il possesso e con il potere 5 D. ovviamente. Qualche volta io trovo le preoccupazioni degli archeologi per quella che potrebbe essere chiamata la «castellanistica» un po' fuori luogo. quali tipi di attività e di relazioni economiche ci furono. Gli archeologi che si interessano alle cause trovano molte difficoltà nello stabilire. Il Toubert. e perciò nel grande libro di Toubert questi problemi tesero ad apparire a pié di pagina. e lo stabilirsi del controllo sopra la popolazione contadina. limitati da tali categorizzazioni arbitrarie. accertare che è sicuramente il monastero. con una parte della terra. Per gli archeologi la situazione andrebbe capovolta. a metà strada fra l'incolto sopra e il colto sotto. la gran parte degli archeologi si interessa alle cause. Possiamo studiare la terra di San Vincenzo e mettere in evidenza che tutta la terra fu possesso di un singolo monastero. Quando tali insediamenti divengono troppo grandi.perché. naturalmente. questo ha effetto sull'intera direzione de nostri interessi. La creazione di castelli inerpicati è allora razionale nel senso economico. Ma qui mi occupo dei tipi ideali. certo. dobbiamo perciò cercare dei principî direttivi nelle fonti sopravvissute. I campi parcellizzati. ma poté anche riconoscere come non avrebbe potuto un archeologo. danno anche più razionalità a tali centri. poiché anch'essi sono capaci di imparare dai geografi: il lavoro del Toubert sul Lazio. dominate ma non totalmente possedute da istituzioni ecclesiastiche. e il geografo Gribaudi scrisse cose simili in Italia già nel 1951. pure) la concentrazione dei servizi. mostra di conoscere bene tali argomenti. 19-33. Ma gli storici vedono il problema da un altro punto di vista. equidistante dalle loro terre. per fare delle distinzioni generalizzate. come risultato secolare dell'eredità divisibile. se alcuni dei siti fossero stati allora scavati. come vedremo). per esempio. essi si spaccano e un nuovo centro viene costituito. . Devo. dal 700 al 1050. così tipici dell'Italia contadina. e quali redditi estrasse dai suoi abitanti. quando studiò la Campagna Romana e la Sabina. che cosa esse sono. per l'importanza che dà all'«urbanisme villageois». questi ultimi. anzi. nella realtà. Tornerò infatti all'analisi della razionalità economica dei castelli fra poco. gli storici sulla causa. senza interruzione. con risultati scientifici rilevanti5. e abbastanza spesso nei secoli più tardi. Nell'Italia del X-XI secolo (forse qualche volta nell'VIII. Ma per sapere come furono organizzati strutturalmente questi castelli. ben conosciute dagli storici.e dallo svantaggio di avere troppi vicini che sono altrettanti potenziali nemici. possiamo subito trovare il dissodamento (cosa difficile a scoprire archeologicamente se fatta da siti preesistenti) come una risposta almeno parziale (non totale. Noi storici non possiamo sempre vedere che cosa si fece dentro un insediamento accentrato. Gli storici lo trovano più facilmente. Molte di queste analisi sono anche. circostanza abbastanza comune. come funzionarono. più distanziati essi sono . dall'evidenza archeologica. Sulle origini dei centri rurali di sommità (1951). nelle note. né si possono separare i due concetti. precisamente per questa ragione: l'analisi funzionale è validissima ma non può agire come spiegazione delle cause. Questi tipi di analisi funzionali sono caratteristici di geografi e archeologi. e molti storici alle funzioni. per questa concentrazione di servizi e. almeno durante questo periodo. come qualsiasi archeologo avrebbe dovuto riconoscere. Gli archeologi tendono a concentrarsi sulla funzione. in un periodo di crescita economica. più grandi sono gli insediamenti. i castelli divennero la nuova struttura insediativa di quasi tutta la regione da Grosseto alla Puglia. ed è su questo che voglio intrattenermi nella seconda metà della relazione. Qui ritengo vi sia un vuoto incolmabile che sta nella specifica stessa della disciplina. da Ascoli Piceno a Caserta (per non parlare. In quest'ultima. in particolare perché il materiale documentario che citerò è dell'alto Abruzzo. all'archeologia. qui steso intorno ad un piccolo nucleo o fortificazione disabitata (il cosiddetto habitat centré). E necessario esplorare quali elementi in questa sede hanno un valore veramente causativo. Dobbiamo considerare. Perché importa se la gente viveva in forme sparse o accentrate? L'analisi dell'insediamento è interessante solo nella misura in cui sia veramente una guida all'organizzazione socio-politica e socio-economica. qui più raro ecc. FIGURA 2 Italia Centrale Le forme dell'insediamento dopo il X secolo in Italia centrale non rassomigliano a quelle dell'Italia centrosettentrionale. è infatti così difficile che spesso ci accontentiamo semplicemente di presentare i risultati empirici: l'insediamento fu qui accentrato.politico ed economico. scoprire quali forme di insediamento siano esistite in diversi luoghi del passato. perché forme diverse dell'habitat sono importanti storicamente. poi talvolta si ritirarono ancora. Nelle mie ultime discussioni. qualche volta essi divennero centri temporanei nei secoli X-XI. Non tornerò. cambiando ogni pochi chilometri. ho idealizzato un po' l'analisi dell'habitat. o anche essere utili fra di loro. è di cominciare da basi veramente indipendenti. una zona più o meno archeologicamente intoccata. però. qui sparso. qui più fitto. i castelli furono di solito una addizione a quadri insediativi preesistenti. Nel centro. dunque. Ho già fatto riferimento al problema delle cause nell'analisi dell'insediamento. Neppure penso che sia cosa inutile: il solo modo in cui le due discipline possono convergere. Come sappiamo tutti. naturalmente delle zone . mostra con chiara evidenza l'insediamento sparso sopravvissuto nel suo territorio. uno dei castelli falliti dell'analisi toubertiana che. perché presuppongono una gamma troppo omogenea di strutture socio-politiche o anche socio-economiche per essere probabile nel senso storico. e venga più spesso più tardi o anche mai). A. Travaini. perché non tutti lo fanno. LVIII (1977). 9 . "Archivio della Società Romana di Storia Patria". Wickham. e sopra la terra. L. è il grande periodo dell'accentramento. l'accentramento è notevolmente meno completo. sono rilevanti gli argomenti socio-politici che determinano la scelta. a mio parere. luoghi giuridici e simboli politici per tutto questo processo (benché nel Centro. pp. razionalizzazione agraria il lento aumento del commercio. contro 6 J M. dal lato congiunturale il suo antagonista più notevole è probabilmente Hartmut Hoffmann7. e i processi congiunturali. diversamente dal Nord. Settia. che non posso immaginare sul serio che la maggior parte dei signori dell'Altomedioevo avesse istintivamente. Ma. Le analisi strutturali tendono a mettere in rilievo la «croissance» economica del X secolo. come nel Nord. 8 7 Les structures du Latium médiéval . LII (1979).meridionali. "Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d'Arte". sia pure un po' rozzamente. Aspetti degli abitati medievali nella regione sublacense . che non è stato considerato finora: in certe zone lungamente abitate. Cassino. recensione a P. dal 950 al 1100. San Vincenzo. Subiaco. Toubert. I castelli sono i fuochi razionali di tale crescita. e non concordano con i cambiamenti che veramente vi furono. Ho detto altrove8 che questo modello richiede conoscenze economiche straordinarie. si potrebbe dire). la dimensione politica più importante è quella del controllo: sopra i contadini stessi. l'aspetto giuridico sia secondario nell'incastellamento. non tutti gli insediamenti sono accentrati: un esempio è Pomonte. Anche nelle vicinanze immediate di Farfa. Ma c'è anche un altro punto. eccetto nel Sud bizantino. Rocche. penso piuttosto che potesse ottenere organicamente tali conoscenze solo tramite l'esperienza dell'organizzare del dissodamento.89-104. 1-45. e -XIIe siècles). in Castelli. o del piano di Capua. 17-34. Per questa ragione. liberati di recente dalla pura dipendenza socio-economica dalla fine del sistema curtense e della schiavitù. Torino 1984. pp. Troppo generalizzate. ma in generale il periodo. Travaini. Quando un signore accentra l'insediamento. pp. cioè socio-economici. non c'è l'esperienza dell'«aménagement territorial» che dà ai signori l'esercizio necessario. ovunque. CI (1978). come abbiamo visto. P. per reagire alla crescita e organizzarla. non vennero mai. Comba e A. nei secoli X-XI. Hofman. L. diciamo. nel presente o nel passato. castelli e viabilità fra Subiaco e Tivoli. pp. I tipi di scelte socio-politiche fatte dagli abitanti dell'Italia centrale sono simili a quelle fatte nell'Italia centro-settentrionale dello stesso periodo. "Quellen und C. ma in maniera meno documentata) . Occasionalmente arrivarono prima del X secolo. i signori dell'Italia centrale .Farfa. che rende difficile l'uso semplice di argomenti strutturali: se esiste un orientamento inesorabile verso l'accentramento insediativo per opera dei signori. di cui tratta Martin6). Martin. naturalmente.decisero di metter i loro livellari dentro tali castelli. dissodamento. Proporrei. perché. come alcune parti della Campagna Romana. quasi senza cambiamenti. a causa dell'evidente razionalità economica dell'habitat accentrato. a cura di R. le spiegazioni tendono ad essere generalizzate. Studi sulla società degli Appennini nell'alto medioevo. Penso che ci sia qui un punto empiricamente verificabile. penso. qualche volta. attraverso la sua ampia documentazione. San Clemente di Casauria fra gli ecclesiastici (anche i signori laici fecero lo stesso. il X secolo fu un periodo di indebolimento dello stato e di cristallizzazione dei poteri politici locali: i castelli sono nello stesso tempo centri militari. Qui. almeno in zone di nuovo dissodamento? Ho notato che San Vincenzo non accentra il suo insediamento dappertutto. 65-97. Modalités de l'«incastellamento» et typologie castrale en Italie méridionale (X Storia e archeologia. tutto ciò è possibile anche senza l'accentramento. e in molte zone rimangono tuttora. Delogu e Travaini hanno mostrato che non lo fa neanche Subiaco nel cuore delle sue terre9. Io penso che i due modi di analizzare siano inestricabili (proprio come nella vita reale. Delogu. due tipi di spiegazioni per l'accentramento in Italia centrale: i processi strutturali. Ciascuno di questi ha i suoi sostenitori. Forschungen". H. Velletri. Bologna 1981. Il Toubert ha messo potentemente in evidenza l'analisi strutturale. i castelli come nodi di tutto. cioè socio-politici. cioè a livello ideologico. perché un signore possedette tutta la terra di una zona relativamente vasta. va posta nello stesso contesto: Farfa dominò la Sabina. Anche la politica consistente dell'incastellamento/accentramento. dunque. il castello sublacense più esposto politicamente. Come ho detto. malgrado la crescita economica.le rivendicazioni di rivali. l'accentramento non fu politicamente necessario. 25-54. ma lo fece nei possessi occidentali. san Pelino. Non è puro caso che Castel Sant'Angelo. però. ma ciascuno nel contesto dell'altro. Territorio e cultura tra Tivoli e Subiaco nell'altro medioevo . la Conca Peligna. l'accentramento. a mio parere. penso. senza contrapporle. Così molto spesso l'accentramento diviene un gesto politico. "Atti e Memorie della società Tiburtina di Storia e d'Arte". fuori della città romana abbandonata di Corfinium. ciò che portò. e il rimaneggiamento dell'insediamento fu un'iniziativa particolarmente evidente rivolta a tale scopo. Prima del 1100. Adesso Sulmona è il suo centro. ma non possedette tutta la terra. fu una chiesa isolata. rinchiusa da ogni parte dalle montagne più alte dell'Appennino. Valva non ebbe neanche un centro diocesano di città. non avvenne. la Maiella a est. e non esiste affatto in molte parti dell'Europa. ad esempio dagli abitanti locali ancora proprietari. Oggi Valva è una zona di 10 P. come nel cuore della terra di Subiaco. Tutto questo funzionerà. allora. zona abbastanza isolata. Ma non sempre. in generale. in alcune zone. come illustrazione del problema. fondiariamente e politicamente. che mostra l'accentramento dell'habitat come un processo razionale più o meno evidente. quello strutturale e quello congiunturale. o nella maggior parte della terra di San Vincenzo. io penso che si debbano sempre usare le spiegazioni socio-economiche e sociopolitiche insieme. Ma l'esistenza di una tendenza economica. essa fu anche una città romana. probabilmente molto più apparente al livello conscio. Le ragioni socio-politiche. al fallimento del castello. sostenere il suo potere. Come ha descritto bene il Delogu10. Da parte loro le spiegazioni socio-economiche sono troppo generiche e danno poco spazio alla possibile scelta dei singoli proprietari. dà un peso al contesto socio-politico della scelta. il Gran Sasso a nord. Si potrebbe anche proporre che il processo sia stato imprenditoriale in senso politico: la fondazione da parte di Farfa di un castello fu spesso un pretesto per imporre la propria autorità in un territorio ove essa era contestata. ma non è rintracciabile nel Medioevo come vero centro urbano fino al pieno XII secolo. praticata da Farfa. poiché la cattedrale. Tutto viene così proposto nel contesto del controllo signorile. per ragioni varie. Subiaco non accentrò l'insediamento nella sua terra. L'iniziativa. essi non accettarono. ebbe successo. sono qui presenti e dobbiamo metterli insieme di continuo. Ambedue gli elementi. a Pomonte. l’accentramento è spesso assente o incompleto. . Valva non è stata certo un grande punto di riferimento storiografico nel passato. Questo tipo di processo fu normale in larghi tratti dell'Italia centrale. ma ragioni che finora dipendono dal fatto che è organizzato da loro. È spesso vero anche il contrario: in zone con possesso frammentato. per gran parte dell'Italia centrale. verso Tivoli. Dovette. tutto è fatto dai signori. non spiegano abbastanza: non è necessario che tale relazione fra accentramento e controllo esista ovunque. prese isolatamente. poiché un signore non deve necessariamente accentrare tutti i suoi insediamenti. Delogu. ora il secondo. un elemento sintagmatico nella retorica delle rivendicazioni per il potere politico. necessariamente in breve. Se questi abitanti venivano persuasi a stabilirsi dentro il castello. e dubito che gli ascoltatori conoscano molto al riguardo. Castel Sant'Angelo (ora Castel Madama) ne è un esempio particolarmente chiaro: incastellato da Subiaco e dai Crescenzi nel 1038 (benché l'insediamento stesso sia anteriore). privilegiando ora il primo. LII (1979). Si tratta di una serie di vallate con sbocco nel piano di Sulmona. sia anche l'esempio meglio documentato della riorganizzazione territoriale sistematica. con una schiera impressionante di riorganizzazione territoriale esso si trova precisamente in una delle zone più contestate con il vescovo e la città di Tivoli. E che cosa accade o può accadere in quelle zone del Centro dove si verifica l'accentramento senza che vi sia il predominio di singoli signori? Prenderò l'esempio di Valva-Sulmona. Viceversa. pp. entravano così anche nella clientela del monastero. dove la sua autorità fu geograficamente meno completa e più contestata. Pacentro. Nella Conca Peligna i centri moderni stanno cominciando. che quasi ovunque nella Conca devono rappresentare una forma di insediamento sparso. Che cosa fosse esattamente una villa in questo momento non è certo: tutti sappiamo quanto vaghi e vari siano i sensi di tale vocabolo.insediamento altamente accentrato. con in apparenza una forma insediativa simile a quella di Introdacqua. vicino al 100 per cento. . la Conca non fu una zona dove qualsiasi tipo di cambiamento insediativo controllato dall'alto sarebbe potuto accadere. ma senza l'armamentario politico. che possiamo avere di queste ville (l'esempio meglio documentato è Introdacqua. La rappresentazione. è incastellamento nel senso di accentramento. c'era una preponderanza enorme di proprietari contadini fino a tutto l'XI secolo. benché i centri siano più piccoli di quelli della Puglia o della Sicilia. più vicine a basi ferme di potere signorile in Marsica e in Chieti. caratterizzata da curtes e da loci. l'accentramento quindi deve essere stato più o meno spontaneo. esattamente come nel Lazio di Toubert. però. in modo più aperto di quello che troviamo adesso. uscendo da una struttura vaga e disgregata. con le abitazioni che si estendono un pochino nella pianura. Dobbiamo perciò ricorrere a spiegazioni strutturali. ipotizzando cambiamenti socio-economici (non commercio. Questi nuovi centri non sono castelli. perché non c'è tanta possibilità di scambi in Valva altomedievale). allora. Manchiamo pure di qualsiasi contesto socio-politico normale. Solo una minoranza fu fondata come castello. a cristallizzarsi. C'è segno chiaro di un processo di accentramento. quasi tutti sono chiamati villae. Una gran parte degli insediamenti attuali di Valva esistevano già nel 1112. che ha luogo attraverso il periodo 950-1050. anche se imprecisa. quando sono elencati in una bolla papale. nelle vallate tributarie a nord e a sud. Ciò che sembra di trovare. e certamente mancava nella Conca ogni tipo di minaccia o politica o militare prima dell'avvento dei Normanni. dissodamento e un riordinamento della popolazione rurale in questo contesto. nei secoli tardo X e primo XI. è una delle parti d'Italia in cui l'insediamento è più accentrato. Ce n'erano in Valva. e nello stesso periodo. Ciò avviene dentro un contesto politico ben diverso da quelli che abbiamo finora visto. perché la Conca Peligna non fu una zona dove dominarono grandi signori. allora. c'era per la verità una sorta di vuoto nel potere politico in Valva dei secoli X-XI. ma non di incastellamento: i castelli come tali non sono comuni nelle nostre fonti fino al tardo XI secolo. militare. al confine meridionale del piano) è però quella di un abitato accentrato su un pendio o su un promontorio. tutto 1'alto Appennino anzi. o giuridico che normalmente complica il problema. quando arrivano i Normanni. In breve. Ma quasi tutta la nostra documentazione per la Conca riguarda piccoli nobili e contadini di vari livelli di importanza: in un paese ben documentato. come avanzamenti agrari. n. Codice Diplomatico Veronese del periodo dei re d'Italia. P. CCLXVI. tanto che lo si indicava nei documenti con termini precisi: per lo più sedimen. a. nec in horto laborare»1 Così un testo agiografico padano del secolo XI. Drei. Parma 1910. 446. all'aia. 870. ed. p. Codice Diplomatico Parmense.1. CXIII. Schiaparelli. pp. p. molto più raramente cispide oppure casalivo. 791. strutturati e costruiti dal contadino. 527. I. Roma 1929-1933 [F. casalina. 1. Così Carlo Magno. I. 83. in un capitolare ecclesiastico del 789. 8s. Id. 114. 23-29 aprile 1957. n. 3. 128-31. Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. P. 3 Ad esempio: L. nec in campis arando. spesso una piccola vigna e alberi pomiferas. n. 24. V. n. Dalla caduta dell'Impero Romano alla fine del periodo carolingio. I. a. Galetti. definisce le attività legate all'edilizia «vilissima ac laboriosa rusticorum opera»2. 618. dalle terre de foris3. 912. Le carte degli Archivi Parmensi dei secoli X-XI (dall'anno 901 . n.. n. 2 Vita Theobaldi. nel descrivere le attività proibite nelle domeniche stabilisce: «nec viri ruralia opera exerceant. cit. LXXXV. Torino 1971. a. 87 (1978). 33. 56. F. 16]. in Monumenta Germaniae Historica . vel in petris laborare. La costruzione delle case era infatti compresa tra i vari tipi di attività che caratterizzavano il lavoro dei contadini. 1 Capitularia Regum Francorum . Tiraboschi. Cfr. Barni. cit. 223. la Vita Theobaldi. pp. 961. stalle. 22. Dal secolo sesto a tutto l'undicesimo. Storia della augusta badia di San Silvestro di Nonantola. a. a. Paris 1973. a. Codice Diplomatico Padovano. 3 (1701). 78. 6. 246. P. 231. i «servizi» e i rustici. 1386. comprendente. p. 24. n. oltre all'abitazione (cioè alla residenza vera e propria). n. a. A. G. P. a. n. 998. Elementi per la storia delle campagne padane nelle fonti agiografiche del secolo XI. 231. G. p. G. U. p. Per l'Altomedioevo d'altronde più che di abitazione in senso stretto è corretto parlare di «nucleo abitativo». che riscontra una situazione profondamente diversa da quella dell'area di lungo dominio longobardo. riprendendo alcune disposizioni di suo padre. a. XXVIIII. 769. a. 134. l'area. p. Gloria. p. n. Hannover 1883. a.. tettoie. *Dalla presente ricerca è esclusa la zona padana di tradizione bizantina. terra casaliva. 593. pp. II. p. Roma 1913 [Regesta Chartarum Italiae. n. p.I. 4 Schiaparelli. un orto. nel testimoniarci il progressivo mutarsi del paesaggio delle campagne anche per l'intervento degli eremiti. a. 61. vel arbores caedere. 990. 21. 230. p. n. Golinelli. a.. a. 56. configurati quasi sempre come edifici separati dalla casa ma ad essa collegati in quanto raccolti attorno ad un cortile centrale. 25. XLI. 162-4. granai. siepi. 17. n. p. p. a. in I caratteri del secolo VII in Occidente. DCCLXXXIX. E. 832. 62-63]. c. Torino 1873 [Monumenta Historiae Patriae. Benassi. Admonitio generalis. 882. La casa era inserita in un complesso che raggruppava elementi insediativi diversi. LXXXVI. I. II. c. Regesto della Chiesa cattedrale di Modena. VIIII. a. 968. con un puteo che fornisce l'acqua. Gabotto. p. 128s. 33. 291. 8031 . 77. n. 821. n. p. "Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano". Fasoli. 991. n. in Bibliotheca Hagiographica Latina . 891. 57. G. a. 806. Fainelli. 24. Venezia 1940. Codice Diplomatico Longobardo . Vicini. Venezia 1963. n. per mezzo di recinzioni. CCCCXXXV. P. Boretius. 853. n. pp. la curtis. Aspetti di vita economica e sociale nell'Italia del secolo VII. 291. n. 769. 183. 286. VIII. Codice Diplomatico Veronese. Cfr. p. n. Venezia 1877. IV. a. 16. CCCXIII. fienili. nec domos construere. I. 80. 83. 54. a. 843. p. 898. 947. a. Torelli. nec in vinea colenda.Jun . a. I. Le più antiche carte dell'Archivio Capitale di Asti. o genericamente area e areale4 . 148. 164. n. Codex Diplomaticus Langobardiae . Pinerolo 1904. 854. Riché. 189. a. Parma 1978. metendo vel foenum secando vel sepem ponendo nec in silvis stirpare. II. 876. a. a. p. a. L'Italia nell'alto Medioevo. fossati. 26. 789. La vie quotidienne dans l'empire carolingien. Reggio Emilia 1921. 861. n. Questo complesso di elementi insediativi diversi era sentito come un tutto unico. p. il tutto separato. c. n.Paola Galetti La casa contadina nell'Italia padana dei secoli VIII-X * La maggioranza dei rustici durante l'Altomedioevo generalmente costruiva da sé la propria abitazione. G. a.S. n. 416. 895. Fasoli. Le carte private della Cattedrale di Piacenza (784-848). DLXXX. le cosiddette opera ruralia. 17. A. p. Spoleto 1958. 745. 978. c. a. Codice Diplomatico. 742. c. 910. 970. n. Modena 1785. n. CCXLVI. XIII]. sia per il nostro specifico problema che per la struttura stessa dell'economia e della società. II. p. p. Codex Diplomaticus Langobardiae. 219. a. 750. p. c. Bruxelles 1898-1899. p. Acta Sanctorum. organizzati. n. n. Le carte degli Archivi Reggiani fino al 1050. n. pp. 300. n. Drei. alla scadenza del contratto. cit.. È quanto sembrano saggerire le indicazioni relative al conquestum. pp. cit. Roux. p. 48-63.. Le case erano costruite per la maggior parte di legno.. 54. Duby. nella descrizione di una corte situata nel Veronese. Fossier.È da notare inoltre che questo stesso schema organizzativo era proprio sia delle «case» dei coltivatori dipendenti o dei liberi piccoli proprietari. p. De la fouille à l'histoire. Le carte. CCIX. p. a. 127. pp.. cit. 843. 515s. n. n. a. Codice Diplomatico . XIV. a. pp. di legno erano anche le recinzioni artificiali costruite per proteggere e separare il nucleo abitativo dai campi o da altre abitazioni vicine7.. 948. 7 Schiaparelli. 188. n. ortis et viridario suo et cum arboribus et pomiferis» è distinto dai «casalibus massariciis cum curtis. Andreolli . p.. con il tetto di scandolae di legno o per lo più di paglia. 296s. 27. n. inoltre M. P. a. di portare via quanto avevano accumulato. 1. Galetti.. cit. CLII. . a. 52. a.. XV. anteposito edificiis all'anno 1000). Regesto della Chiesa. n. 130 s. o anche di canniccio. 9 Fainelli. 222-8. in Monumenta Germaniae Historica. 34. p. Codice Diplomatico I. cit. 1. p. n. cit. nel 910. Torino 1981. 447. 191. L'Italia nell’alto Medioevo. 869. ed.. Torelli. 443. Gloria. rr. casis»9. De Bouard. a. p. a. L'economia rurale nell'Europa medievale. "Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo". rr. Wallon. Le premier Moyen Age. c. ortis. Fainelli. 5 Gloria.. ad eccezione delle strutture edilizie: «anteposito edificiis. pp. areis»6. 61. 887. 59.. p. R. XIX bis. cit. 917. a. Codice Diplomatico. Codice Diplomatico 1. 888. p. 58. n. 909. S. argilla seccata. Manuel d'archéologie médiévale.Significative sono le vicende di un gruppo di uomini liberi che nel 920 chiedono all'abate di Nonantola di concedere loro a livello per ventinove anni case dentro le mura del castello di Nogara. 917. X. Paris 1980. n. cit.. pp. p. 255-327. 8 Sul «conquestum»: B. Cfr. XVIII (1978). 968. 822. a. cit. a. A. 77.. 620. 790. 116.. 295. pp. a.. 6 Fainelli. per racchiudere lo spazio abitativo. cit. a. a cura di G. Così nel maggio 887 si stabilisce che il colono alla fine del periodo di locazione possa andarsene via dal «podere» portanto con sé tutti i beni mobili. 1. La maison dans l'histoire. paglia. Queste abitazioni potevano essere «smontate» e i materiali da costruzione. 854 p. cit. I Parma 1930. 304. Lo stesso avviene. 843.. Paris 1975. pp. 91. cit. n. «locus ubi vocabulum est Duas Robores».. soprattutto il legno. n. 303s. Sulle case contadine e sui materiali da costruzione: Barni-Fasoli. n. VIIII. Paris 1976. n. n. p. Fasoli. 44. Cipolla. p. Bluhme. n. n. p. Le carte degli Archivi. pp. Per una storia dell'abitazione rurale nell'alto Medioevo: le dimensioni della casa nell'Italia Padana in base alle fonti documentarie. 46. a. 66. L'Editto di Rotari rivolge particolare attenzione a danni di vario tipo fatti a siepi e recinzioni costruite. Le temps de la croissance. 40. c. Gabotto. Fourquin. DLVI. a. Chapelot. pp. Un contributo per lo studio dei contratti agrari altomedievali. a. n. con assi e pertiche di legno: Edictus ceteraeque Langobardorum Leges. c. potevano essere trasportati in altro luogo per servire all'edificazione di una nuova casa. 98. II. Fontes iuris germanici antiqui in usum scholarum. 292. Le village et la maison au Moyen Age. La civiltà dell'Occidente medievale. 109-36. con un'unica riserva: «post expletos annos tollemus nos vel nostris heredibus omnes mobilias nostras absque calumnia foris de ipso castello. Riché. 24. Le carte degli Archivi Reggiani. 950. n. Le Goff. n. p. 128s. 765. ortis. 303... 22 (1901). 262. cit. F. a. 162s. 985. 7-11. 90 (1982/83). Codice Diplomatico II. 27. n. G. a. sia dei centri domocoltili di grandi e medie aziende. 90. p. Codice Diplomatico I. 120-4. Significativa è al riguardo la descrizione di due curtes donate al monastero di San Zaccaria di Venezia dal conte Ingelfredo nel 914 e poste «in Petriolo et Cona» nel Padovano: si distingue il «domo et cultile et sediminas earum cum curte. 29. n. G.. 63. Duby. 363. p. Le carte. 10 Id. 64. n. LXXIII. Codex Diplomaticus Langobardiae . Paris 1962). areis et sediminas earum»5. cit. 897. 173. Benassi. "Rivista di Storia dell'Agricoltura". Cfr. Torelli. 67-76. cioè alla porzione di beni mobili alla quale l'affittuario aveva diritto allo scadere del termine contrattuale8. La vie. a. 147-76. IX. 859. J. 38. C. 282. cit. lo stesso awiene nel 947-955 per una «colonica in Valle Paltenate in vico Fosado»10. "Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano". a. 980. con la possibilità. cit. Antichi documenti del monastero trevigiano dei santi Pietro e Teonisto. Ad conquestum faciendum. p. p. ortos et viridarios suos cum olivetas et pomiferas» dai «casalis massariciis cum casis. p. Bari 1972 (I ed. 886. 884. in Histoire de la France rurale des origines à 1340. c. CCCLXXIV. 64. Cfr. n. lasciata in donazione testamentaria dal conte di Verona Anselmo al monastero di San Silvestro di Nonantola nel Modenese: il nucleo centrale della curtis con «terris casalivis et sediminas earum cum curtis. cit. che ritroviamo in alcuni contratti di locazione stipulati nei secoli IX e X. 283. 346. Codice Diplomatico I... 947-955. Galetti. Aspetti. Le più antiche carte. p. Codice Diplomatico I. 617s. Hannover 1869. materiali «poveri» cioè. J. XXXIX. Paris 1975. 22. p. Vicini.. a. 57. cit. 940. a. Gloria. p. Codice Diplomatico II. cit. 239. "Rivista di Storia dell'Agricoltura". 11-511. 282: «Si quis de casa erecta lignum quodlibet aut scandolas furaverit. 936. Cfr.. portato. S. p. XXIX (1978). 4-6. p. 3-24. assieme ad altre. 2-4 Juin 1972. n. Nel giugno dell'847 infatti un uomo libero di nome Martino ottiene a livello per ventinove anni dal vescovo di Piacenza Seofredo dei beni in «Tressedenti». La civiltà cit. p. in Artigianato e tecnica nella società dell'Alto Medioevo occidentale. L'organizzazione industriale nell'ltalia longobarda durante l'Alto Medioevo. M. Bognetti. 11-673 alle pp. 14 Era di legno la stragrande maggioranza degli oggetti. Cfr. Gli uomini dei primi secoli del Medioevo avevano d'altronde a disposizione nell'Italia padana vastissime foreste. Id. n. De Bouard. V. soprattutto J. De Capitani D'Arzago. i carpentieri che lavorano alla copertura del tetto della chiesa di Santa Maria di Castelseprio scelgono per le travature il legno di castagno dei boschi locali. ce lo testimonia il fatto che la medesima clausola relativa al conquestum la ritroviamo in un'area lontana. 15 Cfr. Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. Baruzzi. Monneret De Villard. a. 67-74. invece del legno di quercia. V. 103. 2-8 aprile 1970. 41. tendevano anzi a prendere e utilizzare ciò che era a portata di mano. anche U. ma muras et petras12. 48-53. 920. a cura di G. da cui potevano trarre con facilità il materiale da costruzione. A. a.castri et edificiis casis» 11. pp. Histoire et archéologie. p. M. 3. come gli altri popoli nordici e germanici. L'Altomedioevo è stato infatti giustamente definito «il mondo del legno» Particolarmente significative sono due rubriche dell'Editto di Rotari che indicano il legname come elemento base per le costruzioni: r. Che la pratica di «smontare» le case per reimpiegarne i materiali in nuove costruzioni non sia caratteristica di una zona determinata. pp. Fumagalli. conponat solidos sex». nel Piacentino. 57. pertinenti all'oratorio di San Fiorenzo di Fiorenzuola. Le carte. ora in L'età longobarda. s. cit. 218. Torino 1978. per la costruzione delle case. anteposito edificio»13 Il legno era il materiale maggiormente utilizzato nell'edilizia (e non solo!14). r. i capifamiglia si orientano nella scelta di materiali da costruzione più resistenti e meno precari. p. Allorché quindi si vuol rendere l'insediamento di questi uomini all'interno del castello meno provvisorio. pp. Tecniche edilizie in pietra e laterizio . G. XV (1975). edificati15. pp. La costruzione di un edificio in legno era Ivi. Actes du Congrés de la Société des Historiens Médiévistes de l'Ensegneiment Supérieur Public. ad esempio. 125-36. comprensibile scelta in un'età in cui i trasporti erano divenuti difficili. p. Le Goff. Così. Ivi. "Archivio Storico Lombardo". 283. Recherches recents concernant la maison paysanne en bois au Moyen Age en Europe du Nord-Ouest. da lavoro o utili alla casa. 282. Decaens.. con la clausola che «ad expleti libelli cum omni suo foris exeat suprascripto petitor vel suos heredes.. A questo si deve aggiungere il bagaglio di cognizioni ed esperienze nella tecnica costruttiva proprio del popolo longobardo. Il Regno Italico. come ad esempio nell'armatura dei tetti o nei pali di sostegno dei muri altrimenti 16 . Il metallo era infatti scarsamente presente nel settore della strumentazione agricola. P. in Storia d'Italia. più stabile. conponat solidos sex»17. Il. 283: «Si quis de lignamen adunatum in curte aut in platea ad casam faciendam furaverit.con. II.. I reperti in ferro dello scavo di Villa Clelia. pp. Santa Maria di Castelseprio. 222-4. 150s. 222. Galasso.. migliore del primo. 219. legata a particolari usi locali (i documenti sopra citati sono infatti tutti relativi al Veronese). De Angelis d'Ossat. Cagiano de Azevedo. poteva costituire il materiale esclusivo di una costruzione o poteva comunque entrarci in parte. p. n. pp. 423-46. 847. «ad identificare ogni architettura con le costruzioni in legno» e a far risalire l'arte del costruire ad origini e impieghi campestri19. Bognetti. Esistono una 12 11 . 10-2. di cui sicuramente v'era disponibilità non lontano. pp. Note sull'attrezzatura agricola nell'alto Medioevo. cit. Paris 1973. 16 Ivi. 316 13 Galetti. sulle prealpi varesine18. Precarietà dell'economia contadina e affermazione della grande azienda fondiaria nell'Italia Settentrionale dall'VIII all'XI secolo. Chierici. cit. pp. Nel 936 le stesse persone. Milano 1948. in G. P. Besan. che era l'unico materiale edilizio menzionato nel precedente livello. ma la clausola relativa al conquestum non compare più nella nuova peticio. Spoleto 1971. XLVI (1919). Manuel d'archéologie. ma sia diffusa un po' dappertutto. a. non si indica più il legno. rr. II. e soprattutto. 19 G. Maria Foris Portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi . "Studi Romagnoli". 18 G. chiedono che venga confermata dal monastero modenese la concessione del 920. 168. 17 Edictus. 547. in La construction au Moyen Age. seghe. maggiori informazioni le abbiamo per i centri dominici di curtes facenti capo a grandi proprietà20. 812. nella «curte de Citonio». 148. 140-2. 254 Helmst. 864. 430-4. Fumagalli. in base al polittico reggiano. Così. tra cui «secures III. Materiali per un museo. riceve in dotazione dal proprietario oggetti di vario tipo. Per i problemi di identificazione della località: G. soprattutto attrezzi. ci forniscono elenchi di attrezzi agricoli per vari centri aziendali23. pp. Duby. Comunque sappiamo tra l'altro che nell'812 in Toscana un certo Altiperto. pp. falce potatoria una. Codex Diplomaticus Amiatinus. come già in età longobarda. Darmstadt 1971. a. 73. Capitulare de villis . a. un vero e proprio corredo per lavorare il legno. Metz. p. che nella corte di «Griliano» (forse nel Bresciano) di proprietà del monastero di Santa Giulia di Brescia. Hannover 1897. «materia I. scuri. Tübingen 1971. Baruzzi. 87s. 322. Zur Erforschung des Karolingischen Reichsgutes. Per l'identificazione dei centri domocoltili di S. exercitales arimanni in epoca carolingia.Boretius. cit. Castagnetti. M. Roma 1974. alla carpenteria o alla falegnameria24. 24-28 maggio 1971. A. 213. Cfr. a cura di A. p. Luzzati. 104]. mannaria I»22. Giulia di Brescia. attribuito al X secolo.. 204. 87. tra la suppellettile e la strumentazione che dovevano essere presenti in ogni centro aziendale. Spoleto 1966. p. sono indispensabili ovviamente anche per lavori di potatura degli alberi e raccolta di legname leggero). che i documenti ci forniscono sulla strumentazione agricola. Pasquali. Roma 1979 [F. tappolis dui. S. . cit. Sciola di Tizzano nel Parmense. p. I. sfruttando le conoscenze tecniche e le esperienze costruttive dei contadini nella carpenteria. Brescia 1978. 32. in San Salvatore di Brescia. architettura e una urbanistica longobarda? in La civiltà dei Longobardi in Europa. «mannarias II». non tanto destinati al lavoro dei campi. secure una. p. secies VI. 20 Fumagalli. pp. La resa della terra e i patti colonici. Krause.S.I. Kurze. sul domocoltile dello stesso monastero troviamo registrate. 24 Capitularia I. Corte di Migliarina . 4-6. II. Pasquali. su quello della «curte de Inciola». sempre del secolo X. uomo libero. Capitulare de villis . in Id. 8-21.. D'altronde si presupponeva che i liberi proprietari. edd. pialle. 21 W. «mannaria I».. Se consideriamo i dati. pp. a cura di A. nel massaricio ventotto manentes devono corrispondere come canone anche ferro e attrezzi già lavorati. Nella corte di Migliarina sono elencati invece «dolatoria una. n. 30s. e a «Curciliano» sempre «mannaria I». . non molto numerosi. 273. 22 Inventari altomedievali di terre. II. coloni e redditi . C. a «Zeola». perché poteva essere portata a termine utilizzando i materiali stessi sul luogo e senza l'intervento di artigiani specializzati da fuori. La distribuzione geografica delle cappelle e delle aziende rurali descritte nell'inventario altomedievale del monastero di S. tra l'altro. Edictum Pistense. di magistri. der Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel. Enzola nella bassa pianura reggiana. cit. n. L'economia rurale. n. Capitulare Papiense. G. Coloni e signori nell'Italia settentrionale. Tabacco. oltre a quello militare. V. alla manutenzione delle vie di comunicazione era compresa anche la manutenzione ma soprattutto la costruzione dei ponti25. presso Carpi. assione uno. pp. 196-8. a 850 ex. Due polittici altomedievali di area padana. Tommaso di Reggio . pp. a cura di G. n.. Bruhl.inoltre più «economica». se tra i servizi pubblici che erano dovuti appunto dai liberi homines. nel caso di alcuni attrezzi. I liberi del re nell'Italia carolingia e postcarolingia. mannaria I». presenti capillarmente nel territorio prima dominato dai Longobardi e poi dai Franchi possedessero particolari e precise capacità tecniche costruttive. Fois Ennas. Tommaso: V. Pasquali. e l'inventario della corte di Migliarina. quella guida per la gestione dei posssessi regi che è il Capitulare de villis al capitolo 42 elenca. Secoli VI-XI.] asia una. 23 Inventari. S. 25 Capitularia Regum Francorum. alla custodia armata dei placiti. ed. a cura di A. Vasina. I reperti. Alcuni di questi. .. Il «Capitulare de villis». pp. tra cui una scure e roncole per sfrondare gli alberi21. secias [seghe] III». B. Più in generale. Bologna 1978. 294-8. Milano 1981. cit. Sull'equipaggiamento dei «poderi» contadini si sa ben poco. negli elenchi di attrezzi sono spesso compresi anche strumenti da taglio e da carpenteria (che. in Monumenta Germaniae Historica. 59. 54. cit. accette. Cod Guelf.. p. W. il breve recordacionis del monastero di San Tommaso di Reggio Emilia. Cedogno nel Parmense. Precarietà. A. rasoria una. secure II. Castagnetti. 144. p. Sui «liberi del re» e la costruzione dei ponti: G. ma a quello del legno. Roma-Cividale del Friuli.. secio uno»: asce. 102-5. Giulia. Castagnetti. pp. Stuttgart 1971. ormai decaduti però al ruolo di dipendenti di una curtis di proprietà del monastero di San Colombano di Bobbio. p. al momento di prendere a livello un «podere». p. «securis II. [. 72. Bologna 1983 pp. 43.. 843. n. curte. Le carte.. Regesto. aream faciendo»35. Codice Diplomatico. Le carte. et [. cit. et faciunt pontem de parte monasterii in Papia.. Castagnetti.. coperire. p. p. 69. n. n. Lo stesso avviene per un altro «molendino in valle Fontense»: Ivi. a. uomo libero. a. per beni in Ostiglia. 29 Galetti. cit. di «metato. et unusquisque illorum facit opera ad monasterium ebdomadas V»26. oratorium sancti Hilarii». Piacenza]. 38. cit. a. 845. E comunque soprattutto la contrattualistica che ci fornisce chiare indicazioni sull'attività edificatrice dei rustici. n. 32 Codex Diplomaticus Langobardiae. nel Milanese. VI. 34. a. I liberi. e nell'ottobre del 940 a Novate. 95.. colendum. 22. riparazione delle abitazioni sui fondi che otteneva in conduzione. S. a.] staurando.. ortum. 948. XVIIII bis. a. I. Sulla decadenza dei liberi homines e sulla diffusione della curtis: B. Tabacco. Benassi. 63.. 34 Schiaparelli. 30 Vicini. c. cit. 920. rivolta a soddisfare soprattutto i gusti di una committenza ristretta e di un certo livello sociale. a Collegara30. XX ex his secant pratum in Caulo [Coli. 281. o più genericamente si raccomanda. 7. n. 402. miglioria. Storia. 33 Fainelli.. curte et orto claudere»28 e nell'843 Orsone. 27 Ad esempio. p. Vicini. 122s. p. 90. p. Nell'837 in un livello per beni in Ostiglia il locatario promette di «lavorare et excollere et superabitare [. 2.] edifıcias faciendum ut [. a. 940. cit. n. . 31 Drei.. orto et kanale restaurandum»36. oltre che delle opere di recinzione e riparo del nucleo abitativo. . a... XXXVI. cit. L'azienda curtense in Italia. di «casa seo et canalibus [. p. pp. 135. su uno dei quali aveva edifıcato «tria paliatecta»31.. p. cit. 100-6.. cit. 164. Storia della augusta badia.continuano ad esercitare nella seconda metà del IX secolo tali diritti/doveri propri della condizione di uomo libero. n. a. 35 Tiraboschi. pp. Nel marzo 917 Orso ottiene a livello degli appezzamenti di terreno. p. 26 . n. nell'agosto 910 a chi prende in locazione «ariale uno una cum aquimolo suo in fluvio Tartaris in porto de Rovescello» si fa obbligo addirittura di provvedere a «super ipso ariale molinum edifıcare [. 52. 813. a. più avanti. Colombano di Bobbio 1-4. 886. DLVI. p. tegia palliaticia continendum. un’ ulteriore conferma del fatto che la maggior parte delle abitazioni era opera degli uomini che in esse vivevano. cit. 50. a.. La documentazione è avara di notizie a loro riguardo: questo silenzio delle fonti è. p... XXXIII. Andreolli. di mugnai)33. Valverde (Pavia): «XXX arimanni. 28 Tiraboschi. 27. 910. a. n. n. et ipsa casa recludendum cum petra et tabula. cit. Le carte. 883.] ibi et super ipsa terra casa et canalibus faciendo. . questa volta però di ambito toscano (territorio di Lucca). M. nell'845. p. più probabilmente ad opera del colono27.] rebus et tegia palliaticia meliorentur» su terre nel Modenese. Antichi documenti. n. a. Codice Diplomatico. Montanari. p. a. 888. curte. 69-84. 61. anche se come prestazioni di lavoro dovute alla grande proprietà monastica nella quale sono stati attirati. n. 5.. Cipolla. 869. 36 Drei. conciare.. Il colono doveva occuparsi anche dei lavori di manutenzione. a. per beni ottenuti in locazione nel Piacentino. 773. 829. e nel 907. cit. sui quali conviene soffermarci per evidenziare la particolare qualificazione della loro attività costruttiva. 862. il colono si impegna «ad laborandom. si richiede espressamente «ticta recopiriendum. 156. a. In una charta promissionis rogata nel febbraio del 773.] cum tecto super se abente et rodas et cum universis municionibus et fabrica sua» (ma in questo caso si trattava di persone «del mestiere». claudere»32. non di Inventari. n. Sugli arimanni dipendenti dal monastero di Bobbio cfr. 44.. cit. Codice Diplomatico II. per beni a Borgo Panigale nel Bolognese. a cura di A. Tra gli obblighi del concessionario nei confronti del concedente spesso infatti è richiesta la costruzione della casa di abitazione e degli edifici secondari del sedimen a spese o. p. Le due Adbreviationes de rebus omnibus Ebobiensi Monasterio pertinentibus dell'862 e dell'883 ci elencano infatti per il centro di «Virdi.] sepi recuciandum et ipsa porta cludendum et defindendum»34. 214. Esistevano però degli addetti alle costruzioni. canales edificandom [. p. n. cit. 907. II. . si obbliga «super resedendum et casa palia tecta inibi levandum»29. 837.. cit. Proprietà della terra e lavoro contadino nei secoli VIII-XI. un livellario si impegna «in casina residere et ens continere. 917. Regesto. crediamo. XIV. specialisti.. nel settembre 869. XVII. . cit. 492-517. 10-16 aprile 1980. I. cit. cit. pp.. M. III (1976). Frova. 39 Cagiano de Azevedo. 281-300. p. Per i secoli dell'Altomedioevo sono da ricordare. Manuel. 21-25 ottobre 1978.). come del resto per tutta la penisola. P. Le village. Manuel. Lettura archeologica di un territorio pievano: l'esempio Gardesano. pp. cit. con le relative indicazioni bibliografiche. 42 W. "Archeologia Medievale" VI (1979). 67 e nota 233 con la bibliogr. il centro più importante (W. su impulso di M. La vie. 303. Manuel. Arras 1972. De Bouard. e a Burgheim. pp. cit. 31 maggio-2 giugno 1975. la Germania. De Bouard. Fourquin. Del resto. 309-25.. 37 . Nuove indagini archeologiche a Castelseprio. pp. pp. cit.. London 1954) e del «Deserted Medieval Village Research Group». fatte di materiali «poveri». Ricordiamo anche gli scavi a Wülfingen-am-Kocher. Roma 1977. Chapelot. pp. p. Die Ausgrabungen in der frahmittelalterlichen Siedlung bei Warendorf.. 475-500. Manuel. "Archeologia Medievale". gli insediamenti di Warendorf. i Paesi Bassi. VI-VII secolo (Ivi. schede 1978. p. 573-80. sulla dimora rurale... 330. p. 41 Per Savignone e Luscignano. per l'Italia settentrionale.. V/VI-VIII secolo (Ivi. Manuel. 103-6). p.III (1976). Fossier. VII (1980). 123). non certo di case di impianto semplice ed elementare. Ci confermano quanto si è detto sulle abitazioni rurali. p. Lusuardi Siena. p. 79-88). in Westfalia. 296.). gli scavi a Isle-Aumont nell'Aube (De Bouard. 322. 40 Sui risultati degli scavi presso questa pieve ed anche di altri nel Canton Ticino e ad Albenga. schede 1976. p. Notizie degli scavi. p. 70 e nota 248. religiosi. p. 1-17. cit. o privati di una certa importanza. pp. Delogu. V-VI secolo (Ivi. quello di Gladbach (Riché. schede 1971-'73. Fossier.. 95-97).. T. p. Berlin 1958. pp. Brogiolo. con la bibliogr. p. ma per lo più per il pieno e basso Medioevo. 67-9 e fig. Mannoni. VI (1979). 126) e le due località di Kirchheim in Baviera e di Hedeby (De Bouard. Brogiolo. G. In Gran Bretagna. la stessa disciplina dell'archeologia medievale è di recente sviluppo nel nostro paese37. cit. 70 e note 248 e 249 con la bibliogr. I a p. pp. Fossier. Villages désertés: bilan de la recherche anglaise. Milano. pp. la documentazione scritta ci fornisce dell'edilizia contadina. 311). Chapelot. in Neue Ausgrabungen in Deutschland. cit. p. che riporta notizie degli scavi svolti nel corso di ogni anno. 97s). Notizie degli scavi. che non abbisognavano di tecniche particolarmente complesse e raffinate. 106-10). 119). Recherches. P. Le village. in Atti della XXVIII Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. 476. Fossier. cfr. Il castello di Molassana e l'archeologia medievale in Liguria. Le village.. p. a Morken (Ivi. 251. Per i Paesi Bassi sono stati effettuati scavi di case che datano dal VII all'XI secolo a Leens (De Bouard. Questi ultimi. De Bouard. per rendersene conto. Manuel. 270. Ward Perkins. cit. nel Pasde-Calais (Fourquin. Beresford (Lost villages in England. Fossier. la Gran Bretagna. 533-80. gli scavi a Catholme nello Staffordshire. anche se i secoli dell'Altomedioevo sono anche in questo caso poco coperti38. Paris 1965. S. Le premier. risalente al VII-VIII secolo. pp. p. V/VI secolo . Le village. pp. p. Le village mérovingien de Brebières (Vle-Vlle siècles). schede 1977. cit.. in Atti del VI Congresso Internazionale di Studi sull'Alto Medioevo. Spoleto 1982. ci sono forniti da: Decaens. Notizie degli scavi. 97 e 117) in Renania come il centro di Haldern (Decaens. schede 1971-'73. il Belgio.. sono stati effettuati numerosi scavi di villaggi abbandonati. VI-XII secolo. "Archeologia Medievale". G. e la notizia degli scavi alle pp. Comunque. ma soprattutto gli scavi fatti a Brebières.. in Villages désertés et histoire économique XIeXVIIIe siècles. a sud di Douai (P. Lo scavo nella zona Nord del foro. in Cristianizzazione ed organizzazione ecclesiastica delle campagne nell'alto Medioevo: espansione e resistenze. p.. a cura di A. e a Luscignano in Lunigiana41. pp. p. pp. a Chalton nell'Hampshire. Winkelmann. Le village. nello specifico. tra l'altro. Recherches. Demolon. a Luni42. cit. Cfr. mentre sono più numerosi per i secoli del pieno e soprattutto del Bassomedioevo. Chapelot.. 270. gli scarni dati forniti dagli scavi effettuati a Castelseprio39.X (Chapelot. Il. V (1978). In Germania sono stati studiati.) a Mandeure (Ivi. "Archeologia Medievale" I (1974). 12. p. 128) e a Feddersen Wierde. 296). tra l'altro. rispetto al resto dell'Europa occidentale che già da tempo ha avviato ricerche sulle costruzioni civili e. tra l'altro. che trova riscontro però nei dati che ci sono forniti dagli scavi archeologici. Le village. cit. Le premier. p. Esistono. IV (1977). P. a Bourcheuil. 88-95) e a Odoorn (Ivi. a Bagnoregio in Toscana43. Roma. Basta sfogliare le pagine della rivista "Archeologia Medievale". 38 Dei bilanci degli scavi sulla casa contadina per la Francia. 67-74. la cui attività era rivolta per lo più alla costruzione di edifici pubblici civili.). 633-8. Spoleto 1980. schede 1978. pp. 68. 70 e nota 244 con la bibliogr. Archeologia medievale. pp. presso la pieve di Santa Maria di Val Tenesi sul lago di Garda40. p. 79-134. Ivi. cit. cit. cit. come si è visto. in Scavi di Luni. sono pochi relativamente agli insediamenti rurali minori e all'edilizia privata altomedievali. VII-IX secolo (Chapelot. cit. 67 e nota 234 con la bibliogr. cit. 321. schede 1975. Fossier. I (1974). Questa è appunto l'immagine che. 485. p. In Francia per l'Altomedioevo sono da ricordare. Beresford. a Mucking. centro risalente al I-V secolo (Ivi. pp. in Atti del Convegno dell'Associazione dei Medioevalisti Italiani. a «Refondou» presso Savignone in Liguria.. p. II. le cui notizie appaiono nella rivista "Medieval Archeology".. 128s. a West Stow. 304.personale specializzato. 123). a Kootwijk nel Gelderland (Chapelot. 170. cit. Negli anni 728-729. Cagiano de Azevedo. 737. 48 Schiaparelli. L'arte altomedievale. XLVI (1965). 36 nota 1. sono da ritenersi il «Godefrit viri honesti magistro murarum» che presenzia in qualità di testimone il 19 dicembre 737 a Vianino (Parma) ad un atto di vendita di terra alla chiesa di San Pietro di Varsi e che doveva probabilmente occuparsi della parte muraria di una costruzione.. p. Mor. p. Mor. a Bobbio. Zovatto. C. è un artista molto versatile (ma si tratta di un personaggio singolare. tra l'altro. a. p. sono rappresentate da quei magistri della cui opera abbiamo scarse testimonianze nelle carte altomedievali (tenendo conto anche dell'abbondante documentazione toscana). 20-36. che a «Iohannes magister» dobbiamo l'opera. 1'attività di un certo «Auripert pictor». IV. Cagiano de Azevedo. Maria in Fianello di Sabina (VIII secolo) e all'altare della chiesa di S. 42. 51523. A questi professionisti va attribuita. pp. nullus unquam sic peritus in tantis operibus»47. 113. 76-82 86. dell'anno 736. Sull'arcidiacono Pacifico: C. L'organizzazione. Ricordiamo anche due iscrizioni che riguardano due magistri attivi nell'Italia centrale rispettivamente nella chiesa di S. cit. a. 11 n. 13. Cfr. Fainelli. p. 45 Ivi. I.. e di un altro pictor. 196. Sappiamo così che «Ursus magester cum discepolis suis Iuvintino et Iuviano» ha lavorato nella prima metà dell'VIII secolo al ciborio della chiesa di San Giorgio di Valpolicella. II. a. una certa attitudine artistica. Codice Diplomatico. «Pauloni magestro filio quondam Domnigoni». cit. non tanto l'edificazione delle minori costruzioni quanto quelle degli edifici di carattere pubblico e delle fondazioni ecclesiastiche (pubbliche e private). 203. nota 5). n. Codice Diplomatico. Per l'individuazione delle competenze dei magistri murarum e l'identificazione del magister casarius del documento toscano con un artigiano addetto alle costruzioni: Bognetti. per lo scoto Cumiano. pp. 64. 70. p. specializzati più propriamente nella costruzione di edifici. II. Le carte private ci documentano invece. Codice Diplomatico. G. 49 Schiaparelli. e come testimone ad una vendita. Barsocchini. 800. n. n. Lucca 1837. nel Piacentino46. rispettivamente alle pp. 6: qui con la data 805). cit. 64 nota 2. n. Palermo 1976. G. anche P. nel novembre 815. p. Le carte. 43 M. 327. 47 Sulle iscrizioni apposte dai vari magistri sulle loro opere e sulla bibliogr.. pp. a cura di D. Memorie e documenti per servire all'istoria del Ducato di Lucca. cit. cit. 728-729. Codice Diplomatico. se l'iscrizione che lo riguarda recita: «quicquid auro vel argento et metallis ceteris. proprio a causa probabilmente dell'eccezionalità e alta qualificazione della loro attività. L'organizzazione. 490 e 493. tra i testimoni che sottoscrivono una charta adfiliationis. nota 1. L'autore della decorazione dell'Oratorio di S. 1. «Tendoaldus magister»45. secondo preparazione e provenienza. n. n. pp. a. "Memorie Storiche Forogiuliesi". cit. fa esplicito riferimento al fatto che questa era stata costruita «per manum artificum a fundamentis»44. 101-3. n. almeno per quanto riguarda uomini di Chiesa). 44 Schiaparelli. e quel «Natalis homo transpadanus magister casarius» che nei primi anni del IX secolo erige (con probabilità partecipando attivamente all'opera di costruzione) e dota la chiesa di San Pietro e Santa Maria a Lucca49..Le maestranze specializzate nell'attività costruttiva dedite esclusivamente a tale lavoro. del cui livello di capacità professionale non conosciamo per ora altri casi. come si è detto. 144. 51. 36. nel 737 troviamo. p. p. e che «Pacificus». n. 50.. questa volta nell'Italia settentrionale. p. morto nell'anno 844. II.. 231. in Verona e il suo territorio. in un atto rogato a Lucca nel luglio 754. a vari livelli. in Verona e il suo territorio. 127. a cui dobbiamo. in Atti del Convegno internazionale di archeologia medievale. a. Maria in Valle a Cividale e le possibili epoche in cui poté operare. Palermo-Erice. che «Gennarius magester marmorarius» lavora a Savigliano nel 755. ricordato anche in una charta firmitatis del febbraio 763. Verona 1964 pp. Artigiani qualificati. . 815. cit. Maria. che «Paganus» lavora (negli anni 751-754 o subito dopo 1'800) all'oratorio di Santa Maria in Valle a Cividale.. p. 325. cit. 763. un arcidiacono. p. a. I. Pietro di Ferentillo (739): Monneret de Villard. cit. che ci è testimoniata da opere scultorie o costruttive firmate dall'artefice. in un documento veronese dell'aprile 86548. 192 (il regesto del Barsocchini fa riferimento al t.. ad esse relativa: Monneret de Villard. 865. p. sempre a Lucca. nel dotare di alcuni beni la chiesa di San Terenzio «in vico Colonia» nel territorio di Lucca da lui fondata. dal magister. di nome «Eribertus». L. V. 329. Dalla caduta dell'impero al Comune.. CCCXXII. p.. I. a. quicquid lignis ex diversis et marmore candido. 737. nota 228 (in polemica con Monneret de Villard. 46 Galetti. 754. L'organizzazione. S. cit. 20-22 settembre 1974. Due «casae» longobarde in Tuscia. a.. 353. Esistono. 62. «Trasualdus vir devotus». p. Salmi. 325s. distinguendoli dai vari magistri murarum. 484-504.. 216. 240. p. p. p. servo dipendente di un privato. 409-24. II. potevano avere anche una certa qual rilevanza sociale («Auripert pictor» delle carte degli anni 754 e 763 possedeva numerosi beni e il «magister Pacificus» veronese. G. sia come imprenditori. 205s. in Scritti di Storia dell'Arte in onore di M. cit. Maestri comacini o commacini?. Edictus Rothari. pp. 58 Edictus. 493-5. n. p. Weimar 1947. in L'età Longobarda. cap. nello studio ivi citato (p.. possano «intra provincia vel extra provincia ambulare» liberamente durante il regno di Liutprando. p. 55 Monneret de Villard. a. pp. Id. cit. una danubiana e una asiatica) al seguito dei Longobardi al tempo dell'invasione55. «casa cum vinea. 750. cit. pp. clausura.. dei «consortes». che certamente si valevano dei diritti/doveri propri della condizione dell'uomo libero (quasi sempre li troviamo presenziare in qualità di testi alla rogazione di vari negozi giuridici). 163. «Professionisti dell'edilizia. alla nota 55 mentre Monneret de Villard. 54 Schiaparelli.. n. Per Pacifico cfr. Mor. I capitoli. 46) insiste soprattutto sulla loro funzione di capomastri impresari. S. specifica con estrema precisione le opere che erano in grado di effettuare. 53 G. possono farlo con una «epistola regis. cit. p. Bognetti. pp. un vero e proprio tariffario per le prestazioni che ad essi si richiedevano. 227. cit. a. VIII. di cui coordinavano l'attività. 214. 825.. terra» di sua proprietà54. Giorgi.Si trattava comunque di uomini liberi. Oppure accettavano anche di dirigere l'opera dei servi di un padrone57. pp.. gli argani e i verricelli di cui probabilmente erano provvisti) o espletanti il loro compito «cum maciones» (etimologia significante artigiani associati). U. IV. che sono in questo caso assimilati ai negotiatores. r.. I. personaggio di spicco a Verona50) e certamente spesso svolgevano la loro attività spostandosi all'interno del «Regnum» ed anche fuori51. È soprattutto la legislazione longobarda che ci permette di avere un'idea delle opere che ad essi venivano commissionate e della loro organizzazione del lavoro. tra i testimoni alla stesura di varie contrattazioni giuridiche52. L'organizzazione cit. La legislazione longobarda prevede che i magistri. cit. Id. con un atto di vendita rogato a Toscanella. 51 50 . nota 47.. cit. 492s. Balzani. Maria cit. a. I. 452. Cfr. in Artigianato e tecnica. 29s. n. 71. r. Troviamo infatti numerosi magistri qualificati come «transpadini» nelle carte del monastero di Farfa. pp.. 144 «De magistros commacinos». 46s. Codice Diplomatico. pp. I capitoli cit. 30. 62.. 147-9. cit. C. Roma 1961.. Bognetti. Die Gesetze der Langobarden. a. 259. n. 37-51. L'organizzazione. I1 Memoratorio de mercedes comacinorum58. 155-71).. citina. pp. Capitula extra Edictum vagantia. al confronto di chi. I capitoli 144 e 145 di Rotari ed il rapporto tra Como ed i «Magistri Commacini». n. p. p. Bognetti.. 819. a. Ahistulfi Leges. come quel «Rodpertu magistrum Cummacinum» che nel 739 aliena. Le due rubriche 144 e 145 delle leggi di Rotari ci mostrano come un «magister commacinus» potesse avere con sé nell'opera di restauro o di fabbrica «ex novo» di un edificio dei «collegantes». «De rogatos aut conductos magistros». ma di segnalare e di precisare la loro attività sia come costruttori. organizzatori tecnici dei lavori56. 56 Sulla loro attività di costruttori insiste Bognetti nelle due opere cit. 61. che potevano essere anche altri «magistri commacini» [145]. Beyerle. dei tempi di Grimoaldo o di Liutprando.. 197. Chr. aut voluntate iudicis sui» durante il regno di Astolfo: Edictus. 324-7. a. Liutprandi Leges. Gli artigiani nell'alto Medioevo. di cui ci resta l'iscrizione. 18 III. p. Monneret de Villard. Siamo quindi di fronte a rudimentali «imprese di costruzioni» che assumevano in appalto un lavoro. pp. S. Roma 1879-1914. Esistono. pp. in Artigianato e tecnica. Maria cit. 739. Maria. cap. o di maestranze specializzate provenienti dalla Commagene (ve ne erano due. 824. 59 Bognetti. Il Regesto di Farfa di Gregorio di Catino. Salmi. Vedi anche F. 145. non andava più in là della rudimentale capacità di tirare in piedi una rozza baracca o di obbedir materialmente alle minute prescrizioni di un tecnico»53 dovevano essere quelle maestranze indicate nella documentazione come magistri commacini. S. p. p.. I. nota 48. Per «Auripert pictor» cfr. 765. 57 Edictus. in cui il Bognetti vede la testimonianza di una decadenza di questi artigiani qualificati da liberi imprenditori a dipendenti regi59. P. 93. 6. a. 52 I. 274. I. era un arcidiacono. 434s. p.. cit. cit.. pp. Memoratorio de mercedes comacinorum. cioè persone legate a lui dalla compartecipazione all'impresa [144]. Cagiano de Azevedo. 503s. Milano 1968 (I ed.. Non ci interessa in questa sede stabilire se il termine «Commacini» indica che si trattava di artigiani provenienti dal territorio di Como oppure uomini operanti «cum machinis» (considerando le impalcature. Una sintesi delle varie posizioni in M. Torino 1980. 145 p 30. Per quel che riguarda l'attività artigianale. a p. per 1'uccisione di un servo rusticano [r. Galasso. A. possiamo notare come i 50 soldi previsti per la morte di un servo ministeriale costituiscano una pena piuttosto elevata. pp. 134]. Se confrontiamo infatti tra loro le composizioni pecuniarie previste per l'uccisione dei servi. cit. I. cit. "Archivio Storico Lombardo". nel compilare un breve memorationis dei beni del monastero di San Colombano. come l'esecuzione di una stanza con «camino». pari solo a quella stabilita per l'uccisione di un «magister porcarius». Delogu. Longobardi e Bizantini. si tratta di capacità tecniche che niente hanno a che vedere con la costruzione delle semplici ed elementari abitazioni contadine. Rothari. in Storia d'Italia. mentre cominciamo a trovare documentati artigiani specializzati nella attività di costruzione dipendenti dei grandi proprietari terrieri. 23. 132]. 136]. Come si vede. controllati tutti dal prepositus. G. S. rr. del tetto. Wala aveva organizzato una serie di ministeria (officine centrali). all'interno probabilmente della grande proprietà. 27s. per l'uccisione di un servo bifolco [r. p. 3-216. Per l'analisi del testo del «Memoratorio»: U. pp. per 1'uccisione del suo aiutante [r. si passa poi al prezzo del muro secondo il suo diverso spessore. domum aut casa sibi facienda»62. Inizialmente viene fissato il prezzo di base di un edificio con il solo piano terreno (sala) coperto di tegole e quello di un edificio con un piano superiore (solario) sempre coperto di tegole. con indicazioni per la loro gestione. figulorumque». rr. 20 soldi d'oro. XLVIII (1920). 1-16. che doveva al tempo stesso controllare il lavoro dei servi e provvedere probabilmente all'approvvigionamento del materiale necessario per Edictus. che utilizzava per le attività artigiane e le industrie domestiche e ai quali attribuiva un notevole valore. per l'uccisione del suo aiutante [r.Conviene soffermarci su di esse. 20 soldi d'oro. nota 58. Monneret de Villard. di tecniche edilizie che richiedevano capacità professionali particolari. che nell'ambito di un'economia di tipo prevalentemente silvo-pastorale in qualità di addetto alla custodia del branco dei maiali. delle fondazioni e di alcuni lavori di rifinitura. 60 . in P. per 1'uccisione di un maestro porcaro [r. cit. Delogu. Note sul memoratorio dei maestri commacini. Il Regno Longobardo. 493-500. 130-136. pp. Ci ricordano i «servi ministeriales docti aut probati» che l'Editto di Rotari elenca tra il personale che un grande proprietario teneva presso di sé. di chiusure per le finestre in legno o di telai per vetri di gesso. p. 25 soldi d'oro per l'uccisione di un servo massaro [r. Sullo scorcio del primo trentennio del IX secolo (833-835) l'abate di Bobbio Wala. 131]. 135]. 50 soldi d'oro. cit. 73. per 1'uccisione di un maestro pecoraio. 133]. riparazione e costruzione degli edifici. Bognetti. concentrati nei centri domocoltili delle aziende curtensi. Maria. r. a cura di G. Ad essi si doveva tra l'altro anche la manutenzione.. Cfr. 135]. per 1'uccisione di un loro aiutante [r. elaborò uno schema di pianificazione delle risorse del cenobio. capraio e armentario [r. Il «magister commacinus» poteva venire ingaggiato quindi da un proprietario per dirigere o aiutare i suoi operai servi nelle costruzioni. aveva una notevole importanza61: per 1'uccisione di un servo ministeriale [r. Viene poi indicato il prezzo dell'armatura lignea del tetto e dei rinforzi delle travature principali. 61 Edictus. 25 soldi d'oro. l'animale da carne allora per eccellenza. 76. 62 Edictus. 136]. Ortalli. di lastre e colonne di marmo. come si è detto). 50 soldi d'oro. come ci è suggerito dalla rubrica 145 dell'Editto di Rotari: «Si quis magistrum commacinum unum aut plures rogaverit aut conduxerit ad opera dictandam aut solatium diurnum prestandam inter servos suos. mentre a loro dobbiamo probabilmente quanto di rilevante dell'arte architettonica del periodo longobardo ancora oggi ci resta. 16 soldi d'oro. Da ultimo si fissano i compensi per la costruzione di forni con tubi fittili al modo romano e di pozzi di diversa profondità60. in quanto testimoniano la sopravvivenza. indice dell'alto valore che si attribuiva a questa categoria di servi. 130]. Rothari. che poteva essere o in «scandolae» lignee o in tegole. della decorazione e struttura delle pareti secondo due diverse tecniche (opus gallica e opus romanense) e della costruzione degli archi. delle costruzioni che avevano richiesto un secondo ordine di impalcature. Nel corso del IX secolo le testimonianze dell'attività di questi liberi artigiani/costruttori diventano sempre più rare (scarse lo erano già prima.. ma affidati ciascuno ad un responsabile. per una ristretta committenza. Guillou.. P. che doveva occuparsi di «omnis laboratio agrorum et vinearum et edifitiorum. 20 soldi d'oro. 16 soldi d'oro. cit. 1027. Le denominazioni dei mestieri nell'alto Medioevo. r. 158. 140s. 59s. 68s. 244-8. 487s. Sul lavoro del carpentiere: Storia della tecnologia.] indefesse operando deserviant tam vel posteri eorum in supra fato coenobio» si legge nel 929 e nelle successive conferme di Ottone I e Corrado II67.. sette affittuari che. . Roma 1973 [F. n. Alcuni di questi carpentieri. ma nel Pavese) «septem fictales». che d'altronde. 64].] possedisse in valle quae dicitur Antelamo vel eos qui sunt in vico Besozolo cum filiis filiabusque vel omni agnitione eorum [. nel C. Colombano di Bobbio. 1. Bresslau. Capitulare de villis. 395-402. 52-53]. Hannover-Leipzig 1909.S. 87. che. 14. Le osservazioni del Fumagalli sono state riprese da P. XX. L'organizzazione. stabiliva che in ogni centro curtense ci dovessero essere iudices che avessero sotto il loro controllo «bonos [. E. Codice Diplomatico Longobardo. 87s. pp. 118-21. Singer.. pp. I diplomi di Ugo e di Lotario. a. Così nei due inventari bobbiesi dell'862 e dell'883 sono dipendenti della corte di «Luliatica» (località non identificata.. Cfr. Hannover 18791884. 247. alius reddit oleo libras V.S.. Torino 1983. cit. A. n. 65 Capitularia I. . di Berengario II e di Adalberto. che fa riferimento ad un diploma di re Liutprando66. Cod.. I. S. anche per il nostro settore. Questi magistri non dovevano limitare la loro attività al solo centro dominicale del monastero e utilizzavano sia il legno che la pietra. Maria. Sickel. preter eos qui ad cetera officina deputati sint. 68 V. a.. n. quanto piuttosto con il progressivo rafforzarsi della grande proprietà e con il diffondersi dell'azienda curtense. Capitulare de villis. II. 60. «faciunt vineam et cooperiunt casas cum suo ligno»69 e. 137. Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae.I.I. È interessante notare come la specializzazione nell'arte della carpenteria sembri tramandarsi tra queste famiglie: «omnes carpentarios illos quos predictus locus [. Torino 1962 (I ed. p. casas atque muros faciunt» 63. 48s. Die Urkunden den Konrads II.. pp. degli inizi del IX secolo..S. T. 69 Inventari. cit. ed. Con il termine carpentarius inoltre si indicava allora proprio l'addetto alla lavorazione del legno64. . 1. e note 220. H. tertius bracales II. Schiaparelli.. n. 340. 241. pp. Mastrelli. cit. a. I Conradi I. in Monumenta Germaniae Historica. 64 C. a. anche Andreolli. Oxford 1956). VII (1980) pp. "Archeologia Medievale". Codice Diplomatico del monastero di San Colombano di Bobbio fino all'anno MCCVIII. p. Strutture materiali e funzioni nell'azienda curtense. più avanti. ma. 318-20. cit. 494s. p. a. a. Roma 1918 [F. Così. 1033. IX. 66 L. T. 2. Questa organizzazione che Wala vuole dare al monastero piacentino si inscrive nella linea suggerita dal Capitulare de villis. 221. a cura di C. Williams.. segale sextarios III. sullo sfruttamento delle risorse del massaricio. 186. Cipolla. 25-7. p. 63 . Su di essi vedi anche Bognetti. cit. la lavorazione prevalente ci appare essere stata quella del legno. id est [.] carpentarios [. pp. 32. X in Annali della Storia d'Italia Einaudi. vervicem dimidium. J. nel fissare le regole per una buona organizzazione e gestione dei possessi regi. Ma non era tanto sull'attività di questi artigiani costruttori raccolti nei centri residenziali curtensi che si basava la possibilità di realizzare quell'«autosufficienza» che si può considerare come «mito» della società altomedievale. 45. Per il precetto di re Liutprando. p. al quale il testo del 929 si richiama: C... della Val d'Intelvi e di «Besozolo» (cioè di Bizzozzero presso Castelseprio). oltre a corrispondere «unusquisque caseum libras XLI. in Monumenta Germaniae Historica.farli funzionare.] artifices. cit.I. Heiurici I et Ottonis I Diplomata. n. come si è già visto. p. se consideriamo i loro compiti principali e il fatto che comunque erano soggetti alla sovrintendenza di un carpentarius. per il settore che a noi interessa. 75. ed. Wala suggerisce che il «magister carpentarius provideat omnes magistros de ligno et lapide. una forma diffusa di artigianato rurale contadino68. 714 (falso) pp. sul quale troviamo documentato. p. Il sistema curtense: la produzione e lo scambio interno in Italia nei secoli VIII. XXXVI.. . quartus et quintus et sextus reddunt vervices II. in Artigianato e tecnica. 929. p. I. III. id est qui butes et bariles seu scrinia vel molendina. VIII-XII. Toubert. 67 Monneret de Villard. Italia del Nord: sec.. era il materiale più diffuso nell'edilizia. 883.. 862. n. Molmyard A. 26. n. VI. a. 16s... I. Ruper Hall. 36. picula libras V.] nec non et reliquos ministeriales»65. Brühl. Montanari. ed. p. Roma 1924 [F. Guelf 254. Fumagalli.. S. p. cit. 962.. L'azienda. 38]. li ritroviamo dipendenti dal monastero di San Pietro in Ciel d'Oro in Pavia nel 929 (e così pure nel 962 e nel primo trentennio dell'XI secolo) in un atto di conferma di beni per il monastero pavese. alio grano modia III». così l'attività degli artigiani/costruttori dipendenti dal centro di «Alfiano» doveva avere un raggio di azione più ampio di quell'organizzazione curtense. berbices XX.. 4. p.. così come d'altronde avveniva anche per altri settori artigianali75. ma sono soprattutto contadini. 150. 93-116. de rapas modium I. soprattutto di quella specializzata 74. 153. Non devono infatti corrispondere alcun canone. tiene due «sortes» del beneficio di «Homo»70. cit. Andreolli. L'azienda curtense. 151. I prodotti manufatti di questi artigiani. La distribuzione... I problemi dell'approvvigionamento alimentare nell'ambito del sistema curtense. 189. con la conseguente circolazione di prodotti tra le diverse aree ed una certa mobilità della manodopera stessa. de argento solidos X. p. S. cit. che fabbricavano e riparavano i loro attrezzi agricoli. scandolas CCCC»72. vinum medium.Breviarium de terra Sancti Columbani (secolo X-XI). Milano 1959. sullo scorcio del secolo IX.. cit. Le prestazioni di operae artigianali degli affittuari dipendenti (oltre naturalmente al lavoro del personale specializzato concentrato nei centri domocoltili) garantivano quindi una relativa «autosufficienza» della grande proprietà fondiaria per quel che riguarda l'attività edilizia. VIII (1981). non erano utilizzati solo per soddisfare le esigenze dei centri domocoltili da cui dipendevano le sortes sulle quali essi risiedevano. ma dovevano probabilmente avere una circolazione più ampia all'interno dell'insieme della proprietà del monastero bresciano. le suppellettili domestiche e costruivano da sé. cit. pullos LXX. e inoltre l'avverbio «tantummodo» (solamente) è oltremodo significativo: sono scalpellini. Ivi. la propria abitazione. per la maggior parte. 73 Inventari. Sembrano dediti esclusivamente ad un lavoro artigianale invece i «servos VIII qui petras tantummodo operantur» insediati su tre sortes dipendenti dal centro domocoltile della corte di «Summolacu». pp. 72 Inventari.. ci sono testimoniate attività legate all'edilizia. 76 Fumagalli. 74 Id.. cit. opera in ebdomada dies XC»71. lapicidi. 16s. cioè delle tavole di legno per la copertura dei tetti delle abitazioni. qui reddit de grano modia III. fava sestarium I. cit. Questi contadini (in larga misura già piccoli proprietari). pp. e Alfiano Vecchio. attratti sempre più massicciamente nel corso del secolo IX nella grande proprietà curtense. denarios XXX. 159. p... inoltre p.. vicinissime e separate dal fiume Oglio) vi sono quaranta «sortes super quas sedunt manentes XL. cit. 120. dal momento che deve corrispondere delle scandolae. 68. a nord del lago di Garda73. pp. Per l'identificazione del centro di «Summolacu»: Pasquali. uno «scultor». p. Il Regno Italico. hec est redditus eorum: de grano modium tercium.. Leicht. S. Brescia. Giulia. La distribuzione. Giulia. secolo X-XI. 75 P. p. vinum medium et ad fictum porcos XX. Giulia. S. sia pietra lavorata che scandolae. Operai artigiani agricoltori in Italia dal secolo VI al XVI. cit.. 58-71. di nome Giovanni. S. ci testimoniano l'«universale ruralizzazione delle attività. 81s. cit. v. Per l'identificazione della corte di «Alfiano»: Pasquali. Cremona. 151-3. cit. cum ipso canevario et sunt de ipsis VIII magistri ad muros et casas et buttes faciendum. Nella «curte Cervinica» (forse Sernìga nel Bresciano) troviamo «sors una. 61. La distribuzione. Questi otto manentes hanno sì una qualificazione particolare. Si tratta dunque di un contadino carpentiere. 71 70 . p. cit. Così. berbicem I. p. super quam sedet manentem I. anche per il massaricio di corti di proprietà del monastero di Santa Giulia di Brescia. il loro chiudersi e contrarsi all'ambito delle grandi proprietà fondiarie»76. cit. Nella corte di «Alfiano» (Alfianello. Inventari. Per l'identificazione della corte «Cervinica»: Pasquali. Doveva cioè esistere una rete di scambi tra le varie aziende parti di un grande complesso fondiario. o dell'intero complesso delle medesime corti «Cervinica et Summolacu». Per una storia. p. È pensabile che espletassero le operae richieste in qualità di costruttori a disposizione dei bisogni del centro domocoltile: un impegno che li distoglieva dal lavoro sul loro «podere» per più di due giornate lavorative alla settimana (la media delle novanta giornate richieste per tutti i quaranta manentes). Montanari. Galetti. "Archeologia Medievale". ingobbiate. I primi "affondi" sulla ceramica come strumento del lavoro archeologico sono rintracciabili negli Atti dei convegni internazionali della ceramica di Albisola. Diversa per certi aspetti l'impostazione della ricerca in altre parti della penisola dove. come nella rivista "Archeologia Medievale". Accanto a monografie relative a produzioni regionali e subregionali. Ma gli strumenti più complessi ed esaurienti di cui si sono dotati gli archeologi medievali. dove la parcellizzazione dei centri di produzione e l'adozione di tecnologie estremamente povere impone un tipo di indagine a livello microterritoriale. In questa occasione presentiamo le conclusioni di uno studio a livello regionale. Berti e L. sono gli atti dei congressi internazionali su La ceramica medievale del bacino occidentale del Mediterraneo.La ceramica L'indagine sulla ceramica postclassica ha catalizzato le energie degli archeologi medievali in quest'ultimo quindicennio. si sono elaborate carte di distribuzione e si è letta la ceramica come spia di traffici e rapporti ad ampia gittata: rimane ancora molto lavoro da fare soprattutto per quei secoli compresi fra il VII e il XII-XIII. 164-181. nell'Italia centro-settentrionale in particolare. oltre ad una bibliografia esauriente per l'intera penisola e l'Europa mediterranea. . la Liguria. come nell'Italia meridionale e in Sicilia. tenuti a Valbonne nel 1978 (Parigi. Dopo decenni di studi concernenti le produzioni "coperte" (maioliche. anche gruppi di studi sia su tipologie specifiche che sui più diversi aspetti della produzione. a distanza di anni dalla sua comparsa rimane un modello ancora insuperato e certamente esemplificativo di un contesto che comprende almeno l'intera Italia centro-settentrionale tirrenica: si tratta della sintesi storica che conclude il volume di Tiziano Mannoni. 1980) e a Siena nel 1984 (Firenze 1986). In quest'ultimo volume segnaliamo in particolare quei saggi relativi alle produzioni dell'Italia centro meridionale e di Roma. Al centro dell'interesse non è stata la ceramica in sé e per sé. pp. Tongiorgi (Roma 1981) costituisce un punto di riferimento essenziale per la circolazione delle ceramiche nell'intero Mediterraneo. era necessario razionalizzare il campo costruendo tipologie che permettessero di utilizzare il fossile guida per eccellenza come strumento di datazione degli strati da un lato e dall'altro come strumento di comprensione di contesti sociali e funzionali. della circolazione e della funzione della ceramica. che. quanto piuttosto la ceramica come strumento di lavoro archeologico. giunti ormai al diciassettesimo anno di vita. 1 Genova-Bordighera 1975. che costituiscono punti di riferimento estremamente aggiornati sulle produzioni delle aree in questione. La ceramica medievale a Genova e nella Liguria 1. che presentano caratteristiche ben diverse dal quadro delineato da tempo per l'Italia centro settentrionale. e sui quali possiamo trovare. certi apparati produttivi hanno conservato assetti di fabbrica e di commercializzazione a scala più ampia. invetriate) con taglio generalmente da storia delle arti minori. mentre il corpus de I bacini ceramici medievali delle chiese di Pisa. di G. 9 (1966). È noto che l'organizzazione della produzione ceramica nell'Impero romano appare complessa e stratificata. e dove. che insieme all’organizzazione industriale scompare. pp. sezione appiattita (a nastro). pp. dovuti a diverse tecniche di foggiatura: sezione a sella (foggiatura al tornio). diffusasi nel Tardoimpero. È difficile stabilire se esisteva nel Tardoimpero un'organizzazione locale di tipo artigianale. nei boccali depurati altomedievali. I vuoti altomedievali sono dovuti alla mancanza di scavi. comunque. e subordinate produzioni più o meno regionali. che sono sempre tecnicamente buoni (omogeneizzazione degli impasti. ma finora non è stato dimostrato che si tratti di vernici sinterizzate e quindi della continuità della autentica tecnica romana. sia d'uso comune. L'approfondimento di questa stratificazione della produzione del Tardoimpero sarebbe ovviamente molto importante per capire le ceramiche dell'Altomedioevo. poiché anche molte ceramiche comuni di tipo grossolano presentano forme standardizzate e diffusione di mercato in grandi aree. olpi. invece. ma prive della caratteristica vernice3. Quando si parla quindi di continuità o discontinuità. e perciò la continuità potrebbe essere casuale. le tecniche romane vennero ereditate dal mondo arabo. Italia meridionale). 4 3 1 Si notano in realtà tre tipi di sezione dell'ansa. almeno in campo ceramico. C. per non più ricomparire. È certo. si può vedere in alcune forme tardoimperiali che persistono per molti secoli. lucerne ecc. la loro produzione tuttavia continuò a sopravvivere per molti secoli nel Nord-Africa e nel Mediterraneo orientale. XIII (1969). nel senso medievale del termine. I vasi a fiasco. sia pregiata) nelle rozze ceramiche altomedievali. A. 2 Lo studio tecnologico e tipologico di queste fabbriche minori purtroppo è ancora da fare. È facile d'altra parte ipotizzare che il danno peggiore sia derivato ai prodotti di tipo industriale a causa del diminuito o mancato mercato. pp qs 110. si dovrebbe precisare di quali aspetti della complessa produzione tardoantica si intende parlare. da dove continuarono ad esempio a provenire. come il boccale trilobato a basso ventre ed ansa schiacciata4 ed il catino tronco-conico o emisferico. Altri tipi dipinti con ocra rossa sono di origine mediterranea (Spagna. Rottländer. . che Cfr R. anche per la sua precoce comparsa in Renania.)1. sarebbe perciò importante stabilire a quale gruppo appartengano i reperti liguri. Le loro imitazioni (in alcune forme e nel colore) continuano forse anche oltre ai secoli VI o VII. il boccale trilobato costituisce invece una delle forme atte alla mescita delle bevande. anche in Liguria. Il carattere "industriale" va identificato con la standardizzazione dei prodotti e dei metodi di fabbricazione. Is a provincial-roman Pottery standardized? " Archeometry". e 10 (1967). regione nella quale le sigillate provinciali tardoromane presentano una lunga sopravvivenza. anfore scanalate. È evidente che l'intera organizzazione romana non continua nel Medioevo. prevalente nei boccali tardoromani o del XII-XIII secolo. Bisanzio. In compenso è documentata una produzione quasi casalinga delle grandi ville rurali2. 76-91. cfr I Hurst. con al vertice prodotti di tipo industriale. sezione ellittica (a mano). la tecnica delle vernici sintetizzate. Si può anche ritenere di derivazione romana la pittura in ocra rossa applicata su certe ceramiche medievali. Red-painted and glazed Pottery in Western Europe "Medieval Archaeology". 35-47. sia che si tratti di manufatti pregiati (sigillate). propria delle sigillate. nei boccali grezzi. che. pur mutando le forme. che spesso usufruirono di questo tipo di organizzazione produttiva (anfore. si può documentare quasi continuamente fino al Tardomedioevo ed ai giorni nostri.Tiziano Mannoni La ceramica medievale a Genova e nella Liguria 1. Una vera continuità della produzione industriale romana (sia comune. diffusi da poche grandi fabbriche. grandi forni a temperatura ed atmosfera costanti). Mentre la seconda è una forma elementare. fino al Tardomedioevo. 112. 39 (1971). Lamboglia. 7 T. pp. tali prodotti non presentano più tipici aspetti primitivi. I. In Liguria. "Rivista Ingauna Intemelia". scodelle e vasi potori individuali5. 5 . 3 e 10. "Studi Genuensi". p. La persistenza della produzione indigena è ovviamente maggiore nelle aree montane che hanno resistito più a lungo alta penetrazione romana (M. Si è già in parte parlato dei catini tronco-conici ed emisferici privi di rivestimento. G. anche se in alcune regioni dove le tecniche locali si sono maggiormente evolute. E probabile che. Garbsch. W. I (1967). Gli scavi nel castello longobardo di Ibligo-lnvillino (Friuli). tende a continuare nel Medioevo. ingobbiate). ma si può solo tenere conto di ciò che scompare. Late roman Pottery. J. figg. Gli scavi di Albintimilium e la cronologia della ceramica romana . Werner. presentano tipiche materie prime e forme costanti. J. Scompaiono ad esempio con le sigillate i servizi ricchi di forme destinate ai vari usi della mensa. tuttavia aree di produzione e di diffusione della ceramica indigena esistevano già in età preromana7. La ceramica dell'età del Ferro nel Genovesato . anche la diffusione dei prodotti locali subisca in tale periodo delle variazioni: certe forme degli orli delle olle. ma probabilmente sostituiscono le forme analoghe della produzione industriale tardoromana e scompaiono con l'introduzione di forme aperte da tavola di classe superiore (invetriate. 1963 e 1965. e soprattutto le analisi mineralogiche. L'esistenza in età romana di un substrato locale per quanto riguarda i vasi ceramici di tradizione preistorica. dove praticamente la tornitura è stata introdotta soltanto con la romanizzazione. Mannoni. e con essi piatti. Baldassarre. parte I. "Alto Medioevo". che conferma l'uso da tavola. Un avventuroso viaggio commerciale bizantino. Fingerlin. VIII (1970-71). 2. non già perché le olle abbiano subìto un'interruzione. probabilmente a contatto con nuove fabbriche di tipo industriale. Il motivo principale per il quale si può dunque parlare di continuità della produzione romana è che fino al secolo XII non sembra comparire nulla di nuovo dal punto di vista ceramico. I vuoti nella serie si riferiscono all'Altomedioevo. Le ceramiche delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino. Bordighera 1950. ma già ben sviluppata nella ceramica romana del IV secolo. vasi molto meno frequenti delle olle. XXXIX (1968). o stampigli geometrici. all'interno dei quali le olle. di valore non trascurabile sul piano del costume e dell'economia domestica. dimostrano l'esistenza di mercati municipali e regionali. "Le Scienze". i rimanenti prodotti indicano l'esistenza di mercati regionali e subregionali. Roma 1972. non si può certo negare. come le olle e i cinerari. che si potrebbero ritenere di influenza barbarica. Le loro grandi dimensioni e la mancanza di tracce di fuoco. 56-8. "Aquileia Nostra". XVII (1962). si possono ritenere derivati dalle olpi per perdita dell'ansa. dato il nuovo assesto dell'economia. Una certa tendenza alle decorazioni ottenute durante la tornitura (striature dritte e ondulate). 6 N. pp. potrebbero significare Le ultime forme delle stesse sigillate e loro imitazioni sono ovunque costituite solo da catini emisferici e tronco-conici: J. come già in età imperiale. in particolare. Se si escludono alcuni esemplari molto grossolani foggiati a mano che indicherebbero il ritorno in una fase dell'Altomedioevo di almeno una parte della produzione locale a livelli preistorici. Il recipiente tipico che va collocato nel fılone del substrato locale è l'olla. Di questa forma elementare si conosce una serie di tipi abbastanza continua che va dall'età del Ferro fino al secolo XIII per i centri urbani e XV per le aree ad economia chiusa della montagna. Leale Anfossi. 117. Bass. 3-26. ma per la mancanza di livelli datati negli scavi medievali finora effettuati. Hayes. la produzione locale è ben distinguibile anche in età romana (la cosiddetta «rozza terracotta locale»)6.assieme ai boccali costituiscono i prodotti tecnicamente migliori dell'Altomedioevo. Non sono per ora documentati dal VII all'XI secolo. Una stipe votiva (?) a Caprauna. Una estinzione. Relazione preliminare delle campagne del 1962. p. G. si può notare invece per quanto riguarda le funzioni del vasellame. 28. "Bollettino Ligustico». boccali e bicchieri (O. Postmedievale sembra invece per ora l'origine del testo grande da pane. nell'Italia centrale. Abbastanza chiaro è invece l'abbinamento di questi primitivi strumenti per la cottura di farinacei all'economia agricola medievale dell'Appennino orientale funzione che probabilmente ha determinato dopo il primo tipo altomedievale foggiato con terra delle olle. se verrà confermata da successivi scavi altomedievali. né funzionale). della prima ipotesi si può vedere in una importante fonte medievale a proposito delle attività dei contadini nel mese di dicembre: "e si possono far le corde de' vimini. Un riaffioramento del substrato preromano si può invece vedere nelle ciotole ad impasto vacuolato. e proprio per questo è possibile affermare che non sono stati fino ad oggi rinvenuti in Liguria oggetti tipici di tale produzione (vasi con decorazioni a "stralucido" o stampigliatura)10. "fiaschi". di incerta funzione. quando hanno appunto occupato la Liguria. Ma mentre questi ultimi presentano reminiscenze di una tecnica industriale e decorazioni a striatura frequenti nei prodotti d'uso comune del Tardoimpero. Per i cosiddetti "testi" non si può parlare di substrato locale in quanto non sono mai stati trovati fra i reperti di età romana. Silvestro sono attribuibili al periodo protostorico. dei "versatoi" a basso ventre del Tardoimpero. Die Langobardische Keramik aus Italien. le ceste. dalla produzione industriale romana e dal substrato locale. anche nei corredi sepolcrali. uso che è continuato fino ai giorni nostri con piccole varianti nelle forme dei bordi e nelle tecniche di foggiatura8. Meno probabile sembra l'ipotesi dei "vasai erranti". 10 Due frammenti problematici provenienti dagli scavi di Genova S. con tecniche decorative di tradizione protostorica che già in Pannonia venivano applicate su forme di influenza romana. 328). che ne fanno anche un modesto commercio locale. Il "testo" e la sua diffusione nella Riviera di Levante. Anzi proprio la mancanza di tali prodotti in Liguria. che anche fuori della Liguria è più frequente della ceramica longobarda vera e propria11. Per la produzione dei "testi" non necessita un artigianato organizzato. Se dunque un'influenza barbarica vi è stata. ma sembrano un'interpretazione semplice. e perciò assai vicini ai vasi a fiasco locali. in quanto le fornaci da laterizi non sono documentate in Liguria prima del XIII secolo e ad esse si dovrebbero attribuire comunque prodotti con cottura migliore. l'uso di una terra speciale. mentre i rari esemplari. 11 I vasi longobardi sono predominanti nei corredi sepolcrali della Pianura Padana e del Friuli. 49-64. XVII (1965). D'altra parte la ceramica altomedievale italiana non sembra aver subito particolari influenze dalla produzione longobarda in quanto le forme (boccali. meno frequenti rispetto alla produzione romana nei centri urbani della stessa area. 3. von Hessen. Milano 1805. gli stessi vasi a fiasco longobardi non derivano da una tradizione protostorica (né formale. priva di ansa. e stovigli di bisogno" (Trattato della Agricoltura di Piero de' Crescenzi. in proposito cfr. utilizzando quest'ultima per il suo valore cronologico più preciso. pp. 9 Si tratta praticamente di caratteristici vasi per bere: "fiaschi". invece. 8 . p. Sulla ceramica longobarda esistono ricerche esaurienti e specializzate9. L'interesse principale va quindi rivolto alla produzione romana di età longobarda. non può esaurire il problema della produzione dei secoli VI-VIII. ma essa è tradizionalmente inserita nelle attività complementari dei contadini. Ma evidentemente la ceramica prodotta direttamente dai Longobardi in Italia. e che presentano inoltre una cottura non elevata e poco uniforme. cottura e decorazione (stralucido e stampigliatura) di tradizione protostorica. catini ed olle) possono derivare. forse ad uso collettivo.l'introduzione nella mensa di un unico tipo di recipiente. Wiesbaden 1968). Mannoni. Una conferma. rari. in vario modo. starebbe a confermare che forse i Longobardi stessi avevano già abbandonato la loro ceramica tradizionale nella metà del VII secolo. T. le gabbie e molti altri arnesi. tipica delle fornaci "a catasta". Ciò nel Medioevo era possibile anche per le olle e catini foggiati a tornio lento con la stessa terra di gabbro usata per i "testi". appartenenti all'età del Ferro non sono tali da permettere una ipotesi di riaffioramento culturale. come si è visto. i "fiaschi" longobardi presentano tecniche di impasto. fra i reperti archeologici di questo periodo sono molto alte rispetto a quelle di periodi ricchi di buona ceramica. rapporto che potrebbe però anche essere inserito nella tendenza generale del gusto estetico tardoantico all'astrazione geometrica. 75) sono molto simili a quelli di altri siti altomedievali (Castelseprio. Un avventuroso viaggio cit. schiacciato. Per il vetro e per la pietra ollare. Albisola 1973. Mannoni. Recipienti domestici medioevali negli inventari notarili genovesi. 4. Barbero. Gli stessi venditori di oggetti di vetro hanno sempre raccolto i vetri rotti per la rifusione. G. 15 Essi probabilmente cominciano a sostituire già nel periodo tardoromano i caratteristici bicchieri in ceramica. dell'area del boccale con bocca rotonda spesso fornita di un beccuccio applicalo in una delle sue varie forme: a cannone. a partire dall'età carolingia. dei quali si conoscono come si è detto i reperti di scavo. E di ciò bisogna tenere conto nelle valutazioni quantitative rispetto alla ceramica. rispetto al Tardoimpero. lo stesso vetro veniva in buona parte rifuso. che si collega ai boccali laziali con beccuccio di età carolingia e posteriore. ma anch'essa manca nei reperti liguri12 . ovviamente. che nelle ultime sigillate mancano completamente. in Atti VI Convegno Internazionale della Ceramica. pp. escluse cioè le regioni meridionali per i periodi dominati dalle produzioni bizantina e araba (nelle quali la bocca trilobata è praticamente assente). Frova. Credere che l'enorme ribasso qualitativo e quantitativo subìto dalla ceramica nell'Altomedioevo sia tutto da imputarsi ad un deterioramento eccessivo dell'economia in generale. incorporato al bordo. 143s. 14 T. potrebbe essere poco aderente alla realtà. quello che più conta per l'archeologia. metallo (rame. come la maggior parte dell'Europa. A medieval glasshouse in the Genoese Apennines . Invillino e Torcello). È noto però che i metalli sono sempre stati riutilizzati. Roma 1973. tav. un assottigliamento delle pareti. Scavi di Luni . già presente nella ceramica tardoromana (stampigliature). 17 A questo fine informazioni positive sembrano provenire dall’archeologia sottomarina. si può d'altra parte parlare di una continuità dal periodo imperiale. Bass. p. ed inesistenti in Liguria). XVI (19721. come la maggior parte delle altre regioni italiane. vetro e legno. 12 . ad esempio. il legno può essere bruciato e comunque molto raramente si conserva nei depositi archeologici. come hanno dimostrato gli scavi delle vetrerie medievali14. mentre il Lazio. Le percentuali della pietra ollare e del vetro. e più specificamente di quella domestica. ferro). se quelle padane per la produzione longobarda.essa è sul piano decorativo. ma funzionale. Mannoni Sorarù. Un'altra variante barbarica del versatoio tardoromano è il "pegau" francese. Italy. i primi da fuoco ed i secondi. oltre a qualche recipiente di terra. Per la pietra ollare si nota per primo. legate al diffondersi delle vetrerie forestali. A ciò fanno riscontro le informazioni provenienti dagli inventari patrimoniali dei secoli XII-XIII (molto rari sono quelli altomedievali. 43-66. G. 28. mentre il fondo rimane piano e spesso16. p. 16 I piccoli recipienti subcilindrici in pietra ollare rinvenuti a Luni (A. in età comunale anche il fondo si fa sottile e convesso mentre le dimensioni dei recipienti aumentano fino a raggiungere quelle dei lavezzi in pietra moderni. un mutamento nella tipologia dei bicchieri si nota solo a partire dal XII secolo con il sopravvento delle forme cilindriche apode a fondo rientrante. i quali segnalano. Ma l'influenza si nota in senso contrario nelle forme e. da tavola )13. fa parte. anche sulla base degli stessi dati di scavo. altri in pietra. I bicchieri a calice cilindrico su basso e tozzo stelo ne sono una prova15. 13 L. non tanto sul piano estetico. "Medieval Archaeology". Andrebbe inoltre appurato se anche i recipienti da fuoco in metallo siano stati largamente usati nel periodo tardoantico17. La Liguria ha sempre fatto parte dell'area di diffusione del boccale a bocca trilobata. come attestano gli scavi e gli inventari notarili. 163-270. di produzione e di consumo.Per il legno. Sicilia e NordAfrica di scodelle. Padova 1957. Documenti inediti sui traffici commerciali tra la Liguria e la Sardegna nel secolo XIII. L'attività economica di Genova nel marzo 1253 secondo gli atti notarili del tempo. Le olle assottigliano il fondo. con la prima età comunale. Zucchi. ben torniti e ben cotti. Compaiono i tegami con fondo analogo. come si può constatare. fig. costituite da olle. questi ultimi però certamente più costosi anche se assai più durevoli. 19 Ciò è ancora valido. V. Questi fatti provano però che non tutte le tecniche sono decadute (metalli e pietra ollare richiedono tra l'altro materie prime meno usuali). ma dai vasai delle ville. Garbsch. 15. cfr. mentre si vanno affermando da una parte i comuni e dall'altra le aeree feudali. esistono importanti documenti commerciali della prima metà del XIII secolo che attestano l'esportazione da parte dei "tornitori" liguri in Sardegna. taglieri e mortai per diverse migliaia di pezzi18. Lopez. catini e boccali. Calvini. periodo nel quale la Liguria è divisa in marche. Talvolta le somiglianze formali si spingono. diventano più resistenti agli sbalzi di temperatura. più o meno grezze. ad esempio. oltre agli inventari domestici. Se l'abbandono dei complessi servizi da tavola dell'Impero segna almeno nella maggior parte delle famiglie. È solo verso il XII secolo che i vasi comuni si fanno più sottili (terre selezionate). ed entrambi presentano le prime impermeabilizzazioni interne con invetriatura. Fingerlin. "Atti della Società Ligure di Storia Patria". 21 Il maggiore frazionamento subregionale si constata in Liguria per i prodotti foggiati a tornio lento. ed anche al XIII. LXIV (1935). anche quando cioè. cit. attribuibili ai secoli X-XII. tutte le attività risentono di un miglioramento. D'altra parte la stessa produzione altomedievale. Forse lo stesso artigianato non è derivato dall'organizzazione produttiva romana. . ed il costume della gente comune era molto simile ovunque20. un mutamento nel costume. da una mai spenta tradizione protostorica locale. di recipienti funzionali non ceramici abbia ritardato il riaffermarsi di buone tecniche ceramiche e quindi il largo consumo dei loro prodotti. confrontando le olle liguri tipo 13 e quelle coeve del Friuli. E. Lo stesso vale forse per i boccali e catini grezzi rispetto al legno e al vetro. una diffusione in larghe aree. I.. ultimi rappresentanti di una produzione millenaria. la funzionalità dei recipienti comuni non sembra dunque compromessa dal decadimento della ceramica in quanto essa viene rimpiazzata da altre materie più funzionali. È dunque difficile al momento attuale stabilire perché una decadenza della ceramica si instauri stabilmente e soprattutto si protragga così a lungo. Gli scavi. nel XVI secolo. che si fa convesso e. 20 In tutti i paesi europei non soggetti agli Arabi e a Bisanzio fino al secolo XII. pur nella sua semplicità. R. e spesso le forme sono simili in regioni diverse dell'Europa. La pietra ollare ed il rame non scompaiono. eliminando le difformità di spessore del piede. presenta. pp. 18 N. costituendo i primi esemplari di pentolame invetriato da fuoco così come è giunto fino ai giorni nostri. Solo nei particolari più intrinseci come gli impianti si notano le influenze delle barriere locali alla diffusione di merci21. Quali siano i fenomeni che hanno prodotto queste rapide trasformazioni è difficile da stabilire. forse casualmente anche ai dettagli. e che forse non bastano le consuete considerazioni sul diminuito commercio e consumo per spiegare il fatto che un artigianato locale non abbia potuto ereditare dall'organizzazione industriale romana certe tecniche per produrre ceramiche funzionali. S. conche. Puizulu. Werner. come è già stato detto. mentre i prodotti grezzi si attardano solo nelle aree economicamente isolate. Ciò è difficile da spiegarsi se non pensando che una radicata tradizione tecnologica. La porosità e la scarsa resistenza alle escursioni termiche delle olle altomedievali non rendono certo questi prodotti più utili in cucina dei lavezzi di pietra19 o dei poinoli di rame. dal che si potrebbe dedurre che i modelli circolavano anche in questo periodo. predominano ceramiche locali prive di rivestimento. sotto certi aspetti. Ciò. pp. già usata in età romana. Forum Ware. La ceramica medioevale di Roma nella stratigrafia della Cripta Balbi. Roma 1972. secondo altri invece latradizione romana non avrebbe mai subìto soluzione di continuità23. come è stato esposto nel paragrafo precedente. per i quali secondo alcuni autori non si avrebbero ritrovamenti sicuri. "Medieval Archaeology". in tal caso. Locus Juturnae. debba necessariamente avere influenzato l'arte ceramica decaduta ad attività minore. The medieval glazed pottery of Lazio. la maggiore continuità delle quali è forse da ricercare in alcune aree della Pianura Padana24. Essa. Boni. Le invetriate altomedievali sembra che siano molto frequenti. 583-7. rispetto alla costante produzione di ceramica grezza e priva di rivestimento. che ha conferito nel Tardoimpero una maggiore funzionalità ai vasi ceramici da fuoco. al di sopra di ogni polemica retorica. ma il suo impiego generalizzato si ha solo dopo il Mille. tanto da comprendere i dubbi di chi li ritiene oggetti riutilizzati. a Castelseprio. che giuoca quindi un ruolo importante nell'ambito della cultura materiale. mentre. 23 22 G. ma anche la continuazione delle invetriate tardoromane. L'eredità ceramistica dell'antico mondo romano. Ma anche accettando la versione della continuità. 511-44. si nota nel Tardoimpero un crescente impiego dell'invetriatura per recipienti di uso comune. Una continuità della invetriatura del periodo romano esisterebbe dunque in tutti i modi attraverso la mediazione mediterranea. B. 24 . Ballardini. "Notizie Scavi". svolta in ambienti e con procedimenti spesso diversi da quelli della invetriatura della ceramica. pp. 1901. I primi prodotti invetriati che compaiono agli inizi del secondo millennio mostrano fomme da tavola ed un livello tecnologico generale assai superiore alla produzione locale priva di rivestimento essi sembrano provenire dal Nord-Africa.5. pare certamente presente in Italia negli ultimi secoli del primo millennio22. Non si deve neppure pensare che l'esistenza di un'arte vetraria. IX (1965). Mazzucato. O. 55-63. talora con accenti polemici. D. in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale. Nuovi elementi per la datazione della ceramica a vetrina pesante. Forse gli stessi vasi da fuoco invetriati tardoromani costituiscono il primo passo di un mutamento nei recipienti da cucina. Rari sono comunque per ora in Liguria reperti sicuramente classificabili nelle invetriate altomedievali di tipo laziale. "Archeologia Medievale". 4086. Firenze 1986. D. Whitehouse. Resta pur sempre difficile. D Whitehouse. che culmina con il loro completo decadimento nell'altomedioevo. D. Per quanto riguarda la Liguria. La ceramica a vetrina pesante. VIII (1981). Roma 1964. la pietra ollare ed il rame hanno ampliamente sostituito le olle grossolane fino all'introduzione nel XIII secolo della invetriatura del pentolame da fuoco. pp. con altra origine. "Papers of the British school at Rome». spiegare come una tecnica. Manacorda e altri. pp. Nonostante il diffondersi degli scavi medievali il gruppo nettamente più importante di invetriate databili prima del Mille rimane ancora quello del Foro Romano. perciò si dà una certa importanza al suo ruolo nel Medioevo. cfr. Whitehouse. In realtà gli esemplari portati ad esempio dai sostenitori della continuità sono pochi e tipologicamente legati alla produzione tardoromana. e della migliore funzionalità della quale probabilmente non si sentiva bisogno perché sostituita da altri materiali funzionali. XXXV (1967). Probabilmente alcuni grossolani prodotti invetriati dei livelli altomedievali possono rappresentare materiali rimaneggiati. L'invetriatura costituisce certamente una tecnica semplice ed efficace per migliorare le prestazioni e talora anche il pregio estetico della ceramica. Diversi pareri. in particolare ad Albenga e Ventimiglia. sono stati espressi sulle invetriate dei secoli VI-VIII. ad esempio. A Genova e a Savona d'altra parte si sono scavati livelli altomedievali assolutamente privi di ceramiche invetriate. possa essere stata applicata anche nell'Altomedioevo senza mantenere questa sua importante funzione. resta probabilmente il fatto fondamentale confermato dalla irregolare distribuzione delle stesse invetriate altomedievali. in contrasto con le rare e pregiate coppe decorate in rilievo dell'Altoimpero. la ceramica invetriata altomedievale non sembra costituire un prodotto diffuso. p. più raramente da quello centro orientale. I tipi presenti in Liguria provengono prevalentemente dal Mediterraneo occidentale (invetriate o smaltate dipinte magrebine). Da ciò è facile quindi immaginare come i "bacini" costituissero rari oggetti esotici da portare in patria come trofei. ad esempio. Sui motivi storico-economici che hanno determinato l'esplosione commerciale delle "ispano-moresche". cominciavano a frequentare il Mediterraneo. amalfitani e caietani. non solo liguri e italiane. 28 . come quelli vescovili o di grandi famiglie di Genova e Savona. denunciandone perciò un uso diverso da quello già noto. e Genova in particolare. ma di tutta Europa. nei secoli XIV e XV assume volumi giganteschi. Si 25 Mercanti salernitani. che certamente. ricordi o doni. al massimo. sono piuttosto rari finora i "lustri" egiziani e le graffite bizantine. con una invetriatura monocroma a decorazioni plastiche ottenute in foggiatura. 27 Secondo il Vitale il testatore è un oste. per il ruolo preminente svolto nella riconquista politica e mercantile del Mediterraneo sin dai primi tempi. La Liguria e la ceramica medievale nel Mediterraneo. i cosiddetti "bacini". Rebora). e l'Adriatico fino a Pavia. che sono i primi a realizzare gli itinerari commerciali tra il Mediterraneo e il Tirreno fino a Pisa. siano presenti anche nei rifiuti domestici. ma soprattutto la costante presenza di ricchi motivi decorativi. oppure graffite). Whitehouse. La ceramica nel commercio genovese alla fine del Medioevo. Le tecniche impiegate nella fabbricazione di tali prodotti esotici (ingubbiature bianche.6. Vita e commercio nei notai genovesi dei secoli XII e XIII. pp. Blake. Ambrogio vecchio di Varazze26. LXXII (1949). e sul peso esercitato da Genova su tale fenomeno (spesso i documenti chiamano le ceramiche spagnole «genovesche») si veda: G. 90. a giudicare sia dai reperti di scavo per quanto riguarda il mercato interno sia dalla documentazione scritta per quanto riguarda quello esterno28. forse di origine catalana o provenzale. Donato a Genova. 26 Comunicazione non pubblicata di H. Onorantiae Civitatis Papiae. a seguito delle prime crociate e di attività marinare. e ciò forse anche da parte di mercanti intenzionati a crearne un mercato25. "Studi Genuensi". offrono doni in quest'ultima città agli inizi dell'XI secolo (A. "Atti della Società Ligure di Storia Patria". non è possibile stabilire purtroppo a quale tipo e periodo appartenessero quelli mancanti sulla facciata di S. ed anche di Valenza. creano nei secoli XI-XII un incolmabile distacco dal livello delle produzioni locali. decorazioni dipinte policrome e a lustro metallico. sia astratti. tav. delle quali Genova ha il monopolio. Solmi. La Liguria. databili ai secoli XI-XIII. molto interessato all'ambiente delle Crociate. più raramente bizantine. informazione di G. di fatto finora non identificati. anche se un inventario della metà del XII secolo elenca una scutellam pictam de Almeria in una modesta famiglia mercantile27. Aguzzi e T. V. e collocati sull'abside di S. a Pisa e Pavia. smaltature bianche o vivamente colorate. F. sono state fra gli intermediari delle pregiate ceramiche islamiche o bizantine. in Atti IV Convegno Internazionale della Ceramica. L'importazione delle rare ceramiche esotiche dei secoli XI-XIII stabilisce probabilmente un gusto ed una consuetudine nelle classi agiate che non cessano anche quando nei secoli successivi la produzione locale si evolve tecnicamente e stilisticamente. Albisola 1971. Stefano e sulla torre nolare di S. Mannoni al III Convegno Internazionale della Ceramica di Albisola (1970). Vitale. e da spiegare la meraviglia che certe ceramiche islamiche e bizantine debbono avere destato nei primi europei che nel corso dell'XI e soprattutto nel XII secolo. sia figurati. non ne hanno destinato ai propri monumenti che pochi esemplari rispetto. si veda anche: D. Il distacco è tale da non permettere in tale periodo tentativi di imitazione locale. o. che potrebbe avere partecipato alla presa di Almeria avvenuta dieci anni prima del testamento (cfr. Soprattutto il commercio genovese delle "ispano-moresche" di Malaga. Rebora. I. Uno dei meriti degli scavi di archeologia medievale degli ultimi decenni è stato quello di segnalare come alcuni tipi di pregiate ceramiche islamiche. Anche i frammenti provenienti dagli scavi sono legati a palazzi preminenti. Paragorio di Noli e sulla facciata di S. ancora confinate nelle ceramiche grezze e prive di rivestimento. 87-93. I "bacini" islamici decorati in Liguria sono infatti limitati ad una decina. IX (1972). e già conosciute in Italia perché inserite come ornamenti architettonici sulle facciate di chiese o altri edifici pubblici. Si veda anche: Whitehouse. boccali e catini privi di rivestimento. almeno per il tipo tardo di Malaga poco documentato altrove. pp. Nel XIV secolo. Nuovi dati sulla circolazione delle ceramiche mediterranee dallo scavo di Palazzo Ducale a Genova. Storia del Commercio dei popoli latini del Mediterraneo sino alla fine delle Crociate. Esso è alquanto rozzo. e che le analisi mineralogiche indicano come provenienti dal Mediterraneo orientale. La Liguria. Marçais.453-82. Macaulay. Ceramica medieval espofiola. First Report. in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale. una produzione locale. 211 e 260. Barcellona 1967. dal Nord-Africa e dal sud della Spagna. 29 . Brett. pp. Blake. L. R. Pizzolo.Cabona. corrispondenti per i caratteri tipologici e tecnologici alle invetriate verdi che si trovano nei livelli archeologici dello stesso periodo. Torino 1915. De Negri. 57s. D. Per le invetriate islamiche si veda anche: H. assieme a scodelle con ingubbio e vetrina monocroma di colore paglierino ("ingobbiata chiara"). al 1136 l'incursione e il conseguente fondaco genovese di Bugia. Un fatto significativo dal punto di vista del costume domestico è che le prime ceramiche d'uso importate sono recipienti da tavola (piatti e scodelle). 7. principalmente costituito da catini tronco-conici con tesa. A. assieme a Pisa. cfr. e non escludono. e che poteva quindi essere. Albisola 1972. T. pp. A. le monocrome verdi potrebbero rappresentare la prima considerevole corrente di importazione di ceramiche d'uso e ad essa si potrebbe attribuire quell'influenza che giustifica l'improvviso sviluppo nel secolo XIII della invetriatura sui vasi comuni di produzione locale. Stevenson. le analisi mineralogiche escludono i componenti tipici del Nord-Africa e della Spagna meridionale. in Atti V Convegno Internazionale della Ceramica. 31 G. si sviluppa. ma le analisi degli impasti confermano l'uso di terre spagnole. in base ad una globale valutazione dei reperti di scavo. O. The Great Palace of the Byzantine Emperors. G. 31-63. per il tipo più tardo. si constata una imitazione locale delle "invetriate verdi" da tavola. Gardini. p. documenta solo forme chiuse alle quali si può mettere in relazione il tipo 26. cfr. Oxford 1947. il "servizio verde". paesi nei quali le monocrome verdi sono state forse assai più frequenti di quanto si può dedurre dalle grandi monografie ispirate alla stilistica29.potrebbe persino pensare. W. Per l"'ingubbiata chiara" non vi sono per ora evidenti indicazioni sulla provenienza. 269-70. 30 A1 1088 data il sacco di Mehdìa ed i connessi accordi commerciali. Firenze 1986. K. almeno nell'ambiente urbano il servizio ceramico da tavola. O. al 1146-48 la conquista di Almeria e Tortosa. Costantina 1913. 386. cit. 269s. p. pp. La Liguria cit. Llubiá. e che a partire dal XII secolo. al 1149 il fondaco di Valenza. Milano 1968. Les poteries et faïences de la Qal'a des Benì Hammâd . Whitehouse. ad una imitazione speculativa. ma la parentela tipologica più prossima si può stabilire con analoghi prodotti dell'ambiente bizantino31. p. Negli scavi stratigrafici di Genova e di Savona le scodelle verdi di importazione. sia qualitativamente sia quantitativamente con una tendenza ai colori chiari e bianchi che costituiscono un fatto nuovo nelle stoviglie dei paesi europei. ancora destinati all'uso collettivo. Non va dimenticato che Genova è già massicciamente presente nel Mediterraneo occidentale nel XII secolo30. il veicolo di tale corrente. Con i "bacini" decorati dei secoli XI-XII sulle chiese si trovano spesso scodelle monocrome verdi. Storia di Genova.. o forse già nel XIII.. B. praticamente assenti nella attardata produzione ceramica altomedievale. Schaube. J. All'«ingubbiata chiara» si possono associare le invetriate tipo 35a. È questo un accertamento che andrebbe fatto su larga scala e. costituiscono di fatto i primi vasi da tavola ed anche i primi prodotti invetriati che compaiono a fianco alla monotona serie altomedievale di olle. Il rinvenimento di giare islamiche occidentali si può mettere in relazione all'importazione di merci in esse contenute. La ceramica medievale spagnola e la Liguria. se l'indicazione archeologica ligure venisse confermata. D'altra parte invetriate verdi nei secoli Xl-XII si trovano ovunque nel Mediterraneo. oppure ad un prodotto dei vasai mediorientali assoggettati ai regni crociati. La diffusione della graffita arcaica tirrenica sembra legata a territori che hanno avuto molto peso nelle prime Crociate. La forma principale (scodella con tesa ad orlo in rilievo) si direbbe tipica del Mediterraneo occidentale.Un tipo che ha conferito un netto impulso a tale sviluppo. cit. The medieval incised Slipped pottery of north-west Italy. Si veda anche: Whitehouse. Démiams d'Archimbaud. pp. W. in seguito imitato o fabbricato dagli stessi vasai in Occidente. Medieval slip-Ware from Pilgrims' Castle Atlit (1930-31) . D. Blake. Prodotti sicuramente bizantini sono invece le anfore scanalate. III. 19-79. L. in The Quarterly of the Department of Antiquities in Palestine. pur essendo presenti nelle ceramiche bizantine ed islamiche coeve e più antiche. cit. Medieval Finds at Al Mina in North Syria. Una produzione savonese di "graffita tirrenica" è l'unica provata da scarti di produzione e dalle analisi mineralogiche. pp. 155-71. in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale. Anche se la tecnica dello smalto stannifero era già nota C. Picon. 353-408. Firenze 1986. come per i "bacini".. Roma 1981. Iohns. ma ancora oscura è la sua data di inizio anche se sicuramente anteriore alla metà del XII secolo. stile e spesso anche tecniche caratteristici che ne fanno una classe indipendente dalle produzioni del Mediterraneo orientale. e la mancanza di rapporti immediati con le graffite islamiche e bizantine 34. M. Les céramiques médiévales italiennes et la Provence. Démians D'Archimbaud. 271-5. LXXXVII (1938). infatti. Tongiorgi. sono più diversi tra loro delle relative evoluzioni successive. La "graffita tirrenica" raggiunge anche i centri minori della Liguria coinvolta nelle Crociate. Schaube. 6. in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale. Venezia-Torino 1866-1868. pp. 35 Il boccale a piede svasato del XIV secolo è caratteristico della Toscana meridionale e dell'Umbria (cfr.. G. Certa sembra pure l'esportazione da Tiro di ceramica e vetro verso l'Occidente. Lane. pp. 33 G. Le colonie commerciali degli italiani in Oriente nel Medio Evo. cit. N. pp. lo stesso non si può dire per la "maiolica arcaica" che comincia ad affiancarsi ai tipi precedenti verso la fine del secolo XIII con forme e decorazioni caratteristiche della Toscana35. pp. cit. La sua stretta parentela tipologica. mentre è assente in certe aree isolate come la Lunigiana. che riunisce nei manufatti la reiterazione dei tipi e dei motivi decorativi ad una certa individualità e freschezza stilistica del singolo prodotto. in Atti IV Convegno Internazionale della Ceramica. 83 e 199. 21. è la "graffita arcaica". tipicamente medievale. la quale può avere dato origine a quella forma di artigianato. Les importation de céramiques italiques en Provence médiévale: état des question. 34 S. I genovesi sono presenti ad Antiochia fra il 1098 e il 1268. differenze che. Albisola 1971. Storia del Commercio. 317-52. 125-36. La seconda ipotesi spiegherebbe l'origine del tipo. A. I bacini medievali delle chiese di Pisa . H. 1934. pp. "Archeologia".. ma esse sono state molto probabilmente introdotte in Liguria allo stato di contenitori di merci inviate dalle numerose colonie di Oltremare. I motivi decorativi della graffita arcaica. possono far pensare ad un tipo occidentale del quale non si conoscerebbe l'origine (le graffite mancano tra l'altro nei paesi islamici occidentali). indicano quanto le due diverse vie marittime abbiano avuto più importanza della relativa vicinanza terrestre. Berti. stilistica e cronologica con le graffite policrome del XIII secolo rinvenute nei castelli crociati del Medio Oriente32 (a Pisa e in Provenza la graffita arcaica si data a partire dal secondo quarto del XIII secolo)33. sono usati con associazioni. in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale.. ad esempio H. e che per primo ha anche introdotto forme decorate d'uso. anche le differenze esistenti tra la "protograffita" e la "graffita arcaica" padano-adriatica rispetto a quella tirrenica. Gelichi. La Liguria. Si tratta comunque della prima ceramica prodotta in Liguria con una decorazione autonoma rispetto alla foggiatura del vaso. 32 . in Atti III Congresso Storico Liguria-Provenza (1973) (in corso di stampa). Heyd. Blake. I tipi iniziali delle due aree. ma già nel 1065 una loro flotta mercantile scambiava merci nei porti della Siria. Descrizione provvisoria delle ceramiche assisiane e discussione sulla maiolica arcaica. Mentre la Liguria sembra aver giuocato fin dall'inizio un ruolo importante nell'uso e diffusione dell'"ingubbiata chiara" e della "graffita tirrenica". 7. figg. La ceramica ingubbiata medievale nell'Italia nord-orientale . La ceramica savonese. Albisola 1969. 29 e 30). Tongiorgi. Tenuto conto che la corrispondenza per molti manufatti si spinge ad una identità. con o senza decorazioni dipinte. La Liguria. 36 A. perciò si assumono come termine post quem per la produzione della maiolica arcaica savonese i già citati documenti dei vasi pisani operanti a Savona. 5s. Cappelli. che non è oggetto d'importazione in Liguria.. 3-24. poi da Pisa stessa. Tongiorgi. Pisa nella storia della ceramica. G. espressione di un gusto e di una sensibilità originali. Savona 1925. pp. Pisa 1977. sono sempre toscani e in massima parte di Montelupo. che una produzione genovese non è ancora dimostrabile. Secoli XIII-XV. 37 Cfr. e costituirebbero la premessa di quelle certamente provate del XVI secolo. Contributo per una topografia delle antiche fornaci ceramiche savonesi.. cit. LIX (1973). Berti. Cfr. pp. e costituisce la ceramica più diffusa e caratteristica in Liguria fino agli inizi del XVI secolo. prima tramite Pisa. La maiolica di Firenze e del contado. Noberasco. Il tipo savonese di "maiolica arcaica" corrisponde alla tarda produzione pisana38.in Liguria nel XIII secolo. Whitehouse. Cameirana. pp. G. Blake. ma senza stimoli o influenze sulla produzione locale. forse anche per la sua maggiore funzionalità. La "maiolica arcaica" introduce un servizio da tavola completo (sei forme) e. p. cit. in Atti del II Convegno Internazionale della Ceramica. G. probabilmente già esporta a Genova la propria "maiolica arcaica". Milano 1958. 367-74. Si vedano inoltre le piastrelle monocrome.. sotto lo stimolo della pregiata ceramica spagnola del XIV-XV secolo. si tenga conto della quasi inesistenza di vasai nei documenti genovesi di questo periodo rispetto a Pisa: L. essa è solo documentata su laterizi per usi architettonici36. compare tuttavia subito in Liguria come prodotto di importazione a fianco alla "ispano-moresca". e dalla fine del secolo è documentata una produzione savonese delle stesse37. pp. cit. Francovich. sempre più povera e solo funzionale in confronto con le ceramiche importate. pp. e che sembra derivare come forma dai catini grezzi. soppianta gradualmente la "graffita arcaica".assieme a qualche pezzo di "maiolica arcaica" fiorentina. 483-510. 275-9. in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale. Questa merce. Cora. mentre nella "maiolica arcaica" pisano-ligure le forme aperte derivano da quelle mediterranee della "graffita arcaica". 125-39 e LVIII (1972) pp. ad opera di pisani e non molto diffusa. Le forti importazioni possono anche trovare una spiegazione economica nella "rivoluzione dei trasporti" verificatasi alla fine del XIV secolo (Rebora. e cioè della seconda metà del XV secolo e della prima del XVI. Firenze 1973. che sembrerebbe essere più antica. La maiolica arcaica in Toscana. subisce una continua involuzione stilistica. continuando con l'aiuto delle imitazioni ingubbiate quella penetrazione negli ambienti sociali meno ricchi già iniziata da quest'ultima. 88). 61-72). R. e che. particolarmente quella prodotta nel contado fiorentino39. Anche i tipi successivi di maiolica italiana. ancora ferma agli schemi medievali. La Liguria non partecipa attivamente al complesso fenomeno italiano che. 8. La ceramica. I e II. Cameirana. 132-7. 27. La nuova maiolica italiana.. L. Berti. p. tuttavia la "maiolica arcaica". 26. pp. oramai politicamente piegata e rivolta ad una sopravvivenza mercantile. Il pavimento dell'antico convento di S. passa evidentemente per Pisa. Non si hanno prove (scarti di fabbrica e dati cronologici sicuri) di una presunta produzione locale di Albenga. Ceramica pisana . L (1964). F. cit. esso è abbinato in queste regioni ad un recipiente aperto tronco-conico. "Faenza". cfr. Descrizione. Tale fenomeno non sembra in genere coinvolgere direttamente le città marinare legate ai grandi mercati internazionali. che quella savonese è tarda. pp. determina l'abbandono della medievale "maiolica arcaica" per creare una maiolica rinascimentale. come si è detto. I presunti scarti di fabbrica genovesi si riducono per ora ad alcuni frammenti di biscotto. L. che dagli inizi del XV secolo è sotto il dominio fiorentino. Francesco. 39 38 . Il boccale della "maiolica arcaica" è il primo versatoio di ceramica fine molto diffuso. La maiolica italiana fino alla comparsa della porcellana europea. Gli scarti di fornace savonesi solo di recente sono stati scavati con metodo e quindi datati archeologicamente (A. si può pensare che Genova abbia sempre importato maiolica arcaica toscana. ben presto indipendente nella tematica decorativa e cromatica. "Faenza". Esempi di prime smaltate a Savona. Per le origini e sviluppo della maiolica arcaica si veda: G. Liverani. soltanto nel secolo XIV si nota una diffusione delle stoviglie smaltate. 10-3. Contributo alla conoscenza della tipologia e della stilistica della maiolica ligure del XVI secolo. Restano infine i prodotti da tavola ingubbiati ed invetriati monocromi ed il pentolame invetriato da fuoco che presenta tipi standardizzati e molto diffusi. su altri mercati come prodotti "genoveschi" (si veda sopra al punto 6). Gênes au xvème siècle . pp.II (1969-70) pp. ma con una tecnica diversa. "Atti della Società Ligure di Storia Patria". La ceramica. Grosso. dopo la decadenza spagnola. in O. e di altre decorazioni meno diffuse ("quercuate". stratificati in classi di diverso valore. pp. 187-222. Mannoni. mentre nelle campagne compaiono solo le classi più povere. Interessante soprattutto la tendenza dei nuovi mercanti a promuovere nuovi metodi di vendita ed una produzione sempre più di serie. T. E quando. non sono state finora rinvenute prove di produzioni locali di quelli "a cuenca". Cenni storici sulla ceramica ligure. cfr. T. cit. IX (LXXX111) (1969). si ritengono tipi prodotti in Liguria da vasai padani. cento anni in ritardo rispetto ai principali centri della maiolica italiana. J. In questo caso i laggioni dipinti policromi del XVI secolo sarebbero una continuazione locale che riprende in parte i motivi moreschi. nel secondo quarto del XVI secolo. cromatici e decorativi) decide di attingere alla ceramica turca44. 44 Cfr. Genova 1932. come questo. 122. in Atti del XIII Convegno Internazionale della Ceramica. Pessagno. Analisi mineralogiche e tecnologiche delle ceramiche medievali. "Le Machine". 319-26. e in particolare la sua classe mercantile. ma le analisi mineralogiche non escludono una possibile produzione valenzana. G. Cenni storici. cfr.Dal secondo quarto del XV secolo al primo del XVI si ha di conseguenza in Liguria un periodo particolarmente ricco di tipi ceramici. V. ma ancora molto usati. 41 L. che raggiunge nel XV secolo una estesa organizzazione mercantile di tipo moderno e che completa praticamente la sua espansione territoriale sulla Liguria42.). con tipi che non rispecchiano più lo splendore del periodo precedente. Albisola 1972. Nota II. Milano 1984). G. "Atti della Società Ligure di Storia Patria". cfr. fenomeno quest'ultimo riscontrabile anche nelle "ispano-moresche" del XV secolo. per i caratteri estetici (formali. 43 Lo dimostrano da una parte i documenti sulla famiglia da Pesaro a Genova nel 1525 (G. 231-6. Paris 1961 (trad. Non si può escludere quindi che i laggioni con decorazione "a cuenca" siano sempre stati importati dalla Spagna assieme al vasellame e venduti. Mentre per i laggioni dipinti del XVI secolo si sono trovati scarti di fornace a Genova e Savona. Con l'avvento della maiolica italiana non cessa il commercio delle ceramiche spagnole. Albisola 1980. dall'altra le nuove tecniche di cottura e formule di composizione degli smalti confrontate con quelle del Piccolpasso. Ad eccezione dei boccali all'italiana. Pessagno. Farris. IX (LXXXIII) (1969).: Genova nel Quattrocento . "a paesi"). Ferrarese. È vero che gli impasti dei due tipi sono molto simili. T. in Atti V Convegno Internazionale della Ceramica. Al vasellame va inoltre aggiunto l'abbondante commercio ed uso di piastrelle da rivestimento spagnole. it. che a Genova sembrano arrivare per tutto il periodo. cit. non sembra in un primo tempo favorire la produzione di una propria ceramica originale. p. Rebora. Alla "maiolica arcaica" tarda si accompagnano gli ultimi prodotti della locale "graffita tirrenica" e le graffite policrome di tipo padano40. 42 Cfr. Mannoni. pp. Grandis. Le gallerie d'arte del Comune di Genova. se utilizza per le innovazioni tecniche ceramisti dell'Italia centrale43. A. la decorazione blu di imitazione Data la distribuzione. che in questo periodo passano dalla monocromia alla decorazione policroma "a cuenca"41. 101-4. Naturalmente l'intera serie è presente solo nelle città e nei castelli. 40 . che assieme costituiscono una classe meno pregiata. della prima metà del XVI. Genova. Piastrelle del secolo XVI di fabbricazione genovese. Una classe locale a parte è costituita dalla "graffita monocroma". decide di creare una propria produzione di maiolica. Panelli. probabilmente primo tipo di una serie di ceramiche conventuali che si evolve nel periodo successivo. Scarti di fomace ad Albisola. Innovazioni tecnichenell'arte ceramica delXVI secolo inLiguria. e le ordinazioni documentate a Savona nel XV secolo dovrebbero ritenersi riferite a laggioni monocromi. Heers. pp. in Atti IV Convegno Internazionale della Ceramica. Vincenzo. ma il mercato locale ha ancora bisogno di ceramiche a basso costo. Presotto. evitando l'uso di ingredienti pregiati ed operando in grandi serie con un minimo di gradevole decorazione. per una decorazione dipinta con motivi geometrico-vegetali e qualche elemento rinascimentale di produzione locale46. dove assieme alle "tofanìe" di legno. in Atti VI Convegno Internazionale della Ceramica. 11). Notazioni iconografiche e stilistiche nella maiolica ligure del XVII secolo . pp. continua con i Cagnola fino almeno al 1630 (G. G. che in parte viene anch'esso importato da Antibo. 59-90. Olivari. Musso. la quale per contro si va progressivamente deteriorando e sfaldando nella propria organizzazione. iniziata probabilmente dai da Pesaro. La produzione a Genova. con lo scopo anche di fornire un provvisorio quadro riassuntivo di tutto il lavoro. Diventano più rozzi e si riducono nella diffusione e nelle Cfr. Si veda quanto già detto nella nota sui laggioni "a cuenca". Albisola 1971. Ceramologia post-medievale a Genova. Sulla base dei dati fin qui esposti si può tentare una prima periodizzazione della ceramica medievale in Liguria. Secoli V-VII. Anche le piastrelle. 195-204. Arrivi a Genova di vasellame di Antibes dal 1560 al 1640. Piastrelle. più raramente imitato ad Albisola48. pp. Savona e Albisola per più di un secolo45. la loro diffusione è grande e raggiunge assieme al pentolame i centri minori delle campagne. pp. "Notiziario di Archeologia Medievale". 45 . Albisola 1973 p. E. scarti di produzione di questo periodo sono stati rinvenuti in un pozzo di via S. Tolto il pentolame. 48 Pisa sembra specializzarsi in questo periodo in prodotti tecnicamente buoni. Milanese. graffita tarda ed altri tipi ceramici postmedievali da uno scarico di fomace di Albisola superiore. Il secolo XVI vede inoltre la fine dei tipi medievali ("graffita arcaica". in Atti del XV Convegno Internazionale della Ceramica. che entrano come ornamento delle nuove e sontuose dimore della nuova classe di potere. G. Non vengono introdotti in Liguria nuovi tipi ceramici rispetto a quelli della articolata produzione tardoromana. J. 275-98. il vasellame d'uso viene importato direttamente da Pisa. 1. p. 123-44. Aprile 1973. cfr. pp. 101. in Atti IV Convegno Internazionale della Ceramica. questi caratteri. che i genovesi preferiscono importare anziché produrre. abbinati al trasporto marittimo. dove si comprano i tipi di valore più basso e l'incidenza del trasporto è minima. Albisola 1970. retaggio di un costume domestico medievale che giungerà fino ai giorni nostri. La "graffita a stecca". forse perché più funzionale47. in Atti V Convegno Internazionale della Ceramica. Albisola 1982. Pentole di Antibo si trovano negli scavi già nei livelli del XV e XVI secolo. poco costosi. Farris Contributo alla conoscenza delle piastrelle cinquecentesche savonesi. devono essere ottimi per la grande diffusione. subiscono una trasformazione. cit.orientale costituisce la base della produzione di Genova. Il fenomeno della "graffita tarda" e "marmorata" pisane si può paragonare in questo senso a quello della "taches noires" albisolese tra XVIII e XIX secolo. Presotto. sostituendo nelle famiglie agiate la maiolica italiana e la ceramica spagnola ormai completamente decaduta. Ricerche d'archivio: la suppellettile ceramica nel SeiSettecento. 3350). Notizie sul traffico della ceramica attraverso i registri della Gabella dei Carati (1586-1636). come confermano i dati archeologici e quelli d'archivio (D. in Atti III Convegno Internazionale della Ceramica. Grendi. Albisola 1971. ma la maggior quantità viene da quelli del XVII.. e prodotti "di terra fatti a Genova a modo di porcelletta" sono citati in un inventario del 1633. Note d'archivio. 47 Si tratta di una terra alquanto retrattaria. Costa Restagno. Sulle imitazioni liguri: M. G. vengono principalmente usate le forme ampie per uso collettivo. lasciando la tecnica a stampo e la decorazione rigidamente geometrica spagnola. Albisola 1972. e le graffite conventuali. "graffita monocroma" e "maiolica arcaica"). 46 Panelli. ma soprattutto sostituisce quest'ultima come prodotto «genovesco» nei mercati internazionali. la "graffita tarda" e la "marmorata" sono ceramiche molto resistenti all'uso e sobriamente decorate in modo veloce. Graffita a girandola. ciò in accordo con la documentazione scritta: D. non solo per il mercato interno. dal quale. mentre alcune forme grezze resistono nelle aree ad economia chiusa. in alcune aree si nota un certo miglioramento tecnico e formale. ma che rende possibile una grande diffusione dei manufatti.forme i prodotti di tipo industriale. ed imitando decorazioni in monocromia azzurra tipiche delle pregiate ceramiche turche. Molto meno frequenti le importazioni dall'area padana. il ruolo di quest'ultima nel mercato interno ed in quello internazionale. Anche le piastrelle policrome spagnole vengono sostituite con quelle dipinte locali. provengono tutti dalle grandi serie stratigrafiche. Inizi XVI-inizi XVII secolo. e forse si tratta di vasai padani trasferiti in Liguria rarissime quelle da paesi europei. e il canale pisano. oltre ad almeno una parte della "maiolica arcaica". metalli. All'accelerato mutamento in atto nei prodotti comuni non è probabilmente estranea la consistente produzione e diffusione della "graffita tirrenica" e dei tipi ad essa collegati. Savona. vetro e legno). prodotta con le nuove tecniche importate dall'ltalia centrale. Con la decadenza della ceramica spagnola. rispetto a quelle degli altri paesi mediterranei. viene assegnato alla maiolica ligure. Fine XIV-inizi XVI secolo. ancora in espansione. Sulla base della tipologia dei prodotti importati è forse possibile suddividere il periodo in almeno due parti. e quindi l'introduzione di vasai che possono avere creato le prime fabbriche liguri di ingubbiata e "graffita arcaica". in particolare. 2. Fine XIII-XIV secolo. e sono costituiti principalmente da forme elementari eseguite ad un livello tecnico molto basso. Per mancanza di livelli databili non è ancora possibile fare distinzione all'interno del periodo e perciò stabilire se alcuni prodotti migliori d'importazione. nella quale la reiterazione banale dei motivi spesso prevale sulla ricerca stilistica. Secoli VIII-X. ma anche per quello esterno abilmente sviluppato dalla nuova classe mercantile. Dalle aree a prevalente economia mercantile scompaiono le ceramiche grezze. accogliendo anche il contributo di vasai pisani. Nel frattempo l'artigrianato locale. ciò nonostante la ceramica domestica non raggiunge quella funzionalità che le permetterebbe di contrastare la concorrenza di altri materiali (pietra. alcuni dei quali invetriati appartengano ancora al periodo precedente e costituiscano già una ripresa in atto prima del Mille. affiancate da una relativa abbondanza di vetro. i quali anzi in questo periodo si affermano maggiormente ed i recipienti di legno sono oggetto di esportazione dalla Liguria. che sembrano stabilizzarsi come residuo di una tradizione locale preromana e romana. 4. Gli altri . 5. Il forte aumento nel volume del traffico marittimo delle ceramiche si realizza in Liguria su due fondamentali canali mercantili: quello spagnolo che fornisce i tipi pregiati. organizza una propria produzione di "maiolica arcaica" e dei tipi da essa dipendenti che affianca a quella della graffite e del pentolame. Secoli XI-XII. sotto la spinta mercantile. I pochi reperti assegnabili a questo periodo per cronologia relativa. mentre si fa consistente il consumo della "maiolica arcaica" toscana. si evolve verso una produzione di serie. mentre meglio resistono le semplici produzioni locali. convertite con una certa continuità di forme nelle prime depurate o invetriate locali da tavola e da bottega e in pentolame invetriato. che vede tra l'altro le prime applicazioni di rivestimenti vetrosi a vasi da fuoco ed opacizzati monocromi alle ceramiche architettoniche. provengono anche i prodotti dell'area fiorentina. Mentre la produzione locale si attarda nella maggior parte del territorio in tecniche e forme altomedievali. 6. 3. In coincidenza delle riprese attività marinare si notano inoltre nei crescenti centri urbani diverse importazioni dal Mediterraneo che vanno dai pregiati bacini decorati al vasellame da tavola monocromo ed infine ai contenitori di merci. La vecchia organizzazione medievale si spacca fra le nuove e presto rinomate manifatture di maiolica e chi si riduce a produrre pentolame (in parte però anche importato da Antibo) ed altri recipienti comuni per il mercato locale. Diventano inoltre più numerose le importazioni della Spagna moresca. metalli e di pietra ollare. sono infine ravvisabili nella continuazione della produzione contadina dei ''testi''. Continua una produzione locale di graffite conventuali che si allarga all'imitazione di quelle pisane. vengono importate in grandi quantità da Pisa. graffite e marmorate.tipi decorati ad uso popolare. . Segni materiali di una economia povera ed autarchica della montagna ligure. da dove passano anche le maioliche fiorentine di tipo corrente mentre rari sono i prodotti padani. "Archeologia Medievale". mentre più noti sono i tipi prodotti presenti in minor quantità negli scavi2. i cui artigiani troviamo disseminati a livello documentario in molte parti della regione e nell'Italia centrosettentrionale. 1 Per una storia della produzione e del consumo del vetro a Bologna nel tardo Medioevo. pp. . ben poco sappiamo per l'Altomedioevo. come è ben esemplificato anche saggio di Sergio Nepoti pubblicato di seguito1. hanno mostrato affinità produttive che potrebbero essere l'indice di un ruolo propulsivo svolto dai centri toscani. viceversa le recenti ricerche sul campo. Rivista di Studi Bolognesi". il nome di una città o di un centro (Faenza per la maiolica e Murano per il vetro). 2 D. Contributo ad una prima sistemazione tipologica dei materiali vitrei alto medievali. 667-88. "Il Carrobbio. Se per le produzioni bassomedievali comincia timidamente a delinearsi un quadro. 321-33. hanno evidenziato una realtà molto più articolata. Schiaffini. IV (1978) pp.I vetri Anche per il vetro. una sola fornace è stata scavata a Torcello all'inizio degli anni Sessanta. In particolare lo scavo di una fornace da vetro in territorio ligure e recenti ricerche di superficie nel territorio di Gambassi e Montaione (Fi). e non è escluso che anche per il vetro emerga per il Bassomedioevo un assetto di organizzazione del lavoro parcellizzato e disseminato in modo omogeneo ovunque in forme del tutto simili a quanto è successo per la ceramica. come i più sistematici spogli documentari. esattamente come per la ceramica o meglio la maiolica. evocava quasi integralmente l'intero complesso produttivo della penisola. L'apertura di cantieri archeologici sulle aree produttive è destinata ad offrire nuovi ulteriori elementi per la conoscenza della circolazione dei prodotti di vetro. XII (1985). Per una storia regionale della cultura materiale: i recipienti in Liguria. Roma 1905. hanno avuto una scarsa eco negli studi successivi. riguardanti soprattutto la produzione degli oggetti d'uso comune. Mannoni. erano condotti prevalentemente con criteri storico-artistici. 4 Per una precisa puntualizzazione di tali problemi ed un concreto esempio dei più recenti criteri di ricerca sui vari tipi di contenitori cfr. che. Taddei . Bordoni. e ne veniva dedotto che l'attività vetraria. trascurando tutta la complessa problematica del ruolo nella vita quotidiana e dell'organizzazione della produzione e del commercio4: solo nel caso di Venezia era possibile passare rapidamente dai documenti medievali. Savona 1879. 229-60. benché la quantità di informazioni disponibili sia notevolmente aumentata negli ultimi anni con la progressiva diffusione dell'archeologia medievale e di ricerche improntate alla storia della cultura materiale. le altre zone di produzione documentate dai secoli XIII e XIV o pur essendo considerate importanti non suscitavano un analogo interesse per gli studiosi. Milano 1960 2 Cfr. "Quaderni Storici". Venezia 1958. A. per la quale erano state esaminate fonti documentarie. I Capitolari delle Arti veneziane . come altre tecniche per le quali mancano le prove di una continuità fra l'epoca romana ed il Bassomedioevo. ed essere infine reimportata dai Veneziani dalle coste orientali del Mediterraneo. Il vetro di Murano dalle origini ad oggi. L e T. di piccole dimensioni e con una limitata gamma di decorazioni. Gasparetto. abbastanza ricche di contenitori di vetro dal secolo XIV1. che per quanto riguarda il vetro non si erano molto modificati dal secolo Cfr. Monticolo . ai vetri pregiati delle epoche successive giunti fino alle collezioni pubbliche e private contemporanee. 31 (1976). come avveniva per altri manufatti di produzione artigianale collocati nella categoria delle "arti minori". come è avvenuto per l'area fiorentina3. per fiorire nell'area bizantina e poi nel Medio Oriente islamico. Firenze 1954. essendo in genere poco numerosi. e in particolare nel periodo medievale. Analogamente uno scarso interesse era suscitato dai frammenti recuperati negli sterri. e fonti iconografiche. E. G. Prima dell'ultimo ventennio le notizie sul vetro medievale italiano riguardavano quasi esclusivamente la produzione veneziana. come invece veniva fatto per i reperti ceramici. Il vetro soffato da Roma antica a Venezia. 1 . ad alto contenuto tecnologico. 3 Le numerose informazioni contenute in G. Mariacher. Queste conclusioni si ritrovavano anche nei trattati di storia della tecnica. in pratica non consentivano di costruire con i soli criteri stilistici una cronologia ed una tipologia legata alle aree di produzione.Sergio Nepoti Per una storia della produzione e del consumo del vetro a Bologna nel Tardomedioevo La storia della produzione e del consumo del vetro nell'Italia preindustriale. L'arte del vetro in Firenze e nel suo dominio . in particolare G. se si escludono alcuni oggetti rinvenuti in tombe del periodo longobardo. L'industria del vetro in Italia e i trattati commerciali. si era estinta in Italia. che testimoniano l'attività dei vetrai a partire dai secoli X e XI ma soprattutto dal secolo XIII. L'arte vetraria in Altare. pp. è ancora in gran parte sconosciuta se si escludono poche aree circoscritte. Per l'Altomedioevo la mancanza di dati era pressoché totale. come nel caso della ligure Altare2 o non venivano neppure considerate particolarmente notevoli. Tale diversità di interesse si spiega considerando che gli studi sul vetro. Williams. come si è già accennato. pp. 7 Il possibile collegamento è stato sottolineato anche a proposito del calice di vetro rinvenuto nella tomba 46 degli scavi fiorentini di Santa Reparata. per la Liguria cfr. Tabaczynski. 1-8. è continuata nell'Altomedioevo. E. Oltre ai resti delle strutture nello scavo di Torcello si sono rinvenuti frammenti di crogiuoli. ora sede del museo6. Aspetti archeologici dell'artigianato medievale. "Memorie di Biogeografia Adriatica". "Archeologia Polski". 886-90 per l'Emilia-Romagna vanno segnalati i reperti. A. 238. del 1965-73. Relazione preliminare delle campagne del 1962. 311-46 (ed. T. "Aquileia Nostra". Hall. L. cal. e D. Palermo 1976. Tabaczynska. G. pp. Gli insediamenti protourbani della laguna veneta prima del sorgere della città di Venezia alla luce degli scavi di Torcello. pone in rilievo il problema degli oggetti dalle tombe di età longobarda. pp. non veniva nemmeno preso in considerazione. Palermo-Erice 1974. Werner. L. A History of Technology. Leciejewicz. 5 . S. 20 ss. 6 Lo scavo è stato oggetto di numerose pubblicazioni. Tabaczynska. abbandonato nell'VIII secolo8. E. 700 B. ivi. II. Tabaczynski. 1-3. pp. A proposito dell'officina vetraria torcellana. J. E. Reperti di età longobarda dagli scavi di Santa Reparata. pietra o osso.C to c. Si possono confrontare ad esempio la parte dedicata al vetro in J. per il vetro come per i metalli. B. Remarks on the Origin of the Venetian GlassmaLing Centre. Lo scavo italo-polacco del 1961-62 a Torcello ha cambiato sostanzialmente la situazione. Harden. ottimo conoscitore del vetro nell'area mediterranea dall'Antichità pre-romana al Medioevo. Histoire des arts industriels au Moyen Age et à l'époque de la Renaissance. pp. pp. Gasparetto. Cassiani e da quello ravennate di Classe. in tombe del VII secolo7. Tabaczynska. 1963 e 1965. 57-136. che viene datato alla fine del VII secolo: O. Questi rinvenimenti dunque indicano che la produzione del vetro almeno nell'Italia settentrionale. dal recupero dei rottami per la rifusione. Gasparetto.. insieme alla maggior parte dei manufatti di uso quotidiano in metallo. R. Labarte. 8th International Congress on Glass 1968. Les fouilles de Torcello et leur apport à l'histoire de la verrerie de la Vénétie. Torino 1962). Comptes Rendus n. VIIe Congrès International du Verre. 8 Cfr. ancora inediti. XXXIX (1968). "Archeologia Medievale". Glashütte aus dem VII-VIII Jahrhundert auf Torcello bei Venedig. pp. con il rinvenimento dei resti di una fornace vetraria databile al VII-VIII secolo nella piazzetta tra la chiesa di Santa Fosca ed il Palazzo del Consiglio.D. Leciejewicz. Glass and Glazes. scarti di lavorazione e frammenti di calici a gambo. E. III. Roma 1977. L. pp. 295-307. A proposito dell'officina vetraria torcellana. spesso conservati male e di difficile classificazione. pp. in C. dallo scavo imolese di Villa Clelia-Castrum S. in Atti del Colloquio internazionale di Archeologia Medievale. Ausgrabungen 1961-1962. II (1975). Holmyard. 1500. mentre nelle principali sintesi di storia economica e sociale dell'Europa preindustriale il vetro. 9 Per la Lombardia cfr. Va però anche considerato che rispetto alla diffusione nell'uso quotidiano la presenza quantitativa nei rifiuti è in genere ridotta. XVI (1971). ed anche in alcuni altri insediamenti altomedievali scavati si sono recuperati vetri in quantità discrete9. J. "Studi Veneziani" VIII (1966) pp. legno. anche se bisogna sottolineare che normalmente i frammenti di vetro presenti negli strati altomedievali sono pochi. che in tutte le epoche ha alimentato un flusso commerciale parallelo a quelli delle materie prime e dei manufatti. ivi Comptes Rendus n. Fingerlin. A. S. 211-4. Forni e sistemi di fusione antichi. Szkla wczesnosredniowieczne z Castelseprio (Les verres du haut Moyen Age de Castelseprio). Tabaczynska. 50-75. pp. anche se quest'ultimo. Oxford 1956. Torcello. a cura di A. pp. E. Garbsch. pp. E. Tabaczynska. vol. 45-58. dedicate in particolare all'analisi della fornace per il vetro: A. 3-18. Roma 1973. IX (1967). Von Hessen. T h e Mediterranean Civilisations and the Middle Ages c. 41922. Gli scavi nel castello longobardo di Ibligolnvillino. 363-98. Singer. Frova. Tabaczynska. Paris 1872-752. 239. 89-105. Mannoni in Scavi di Luni: relazione preliminare delle campagne di scavo 1970-1971. Scavi 1961-62. Id. Numerosi frammenti di calici a gambo ed anche scorie e scarti testimonianti una produzione vetraria sono stati trovati poi negli scavi effettuati negli anni 1962-73 nel castello longobardo di Ibligo-Invillino in Friuli. il contributo di T. Bruxelles 1975. dans le Haut Moyen-Age. ceramica. London 1969.. A. Leciejewicz. Commento archeologico ai reperti naturali antichi e medievali scoperti a Torcello (1961-62). VIII (1969-70). questi ultimi confrontabili con parte dei calici rinvenuti.scorso fino ai recenti anni Cinquanta5. E. italiana. I. J. "Journal of Glass Studies". Le fasi di attività artigianali.D. raccolti probabilmente per la rifusione insieme a frammenti di altri oggetti ed anche di "pani" a calotta sferica di diverse provenienze. Andrews. Ward-Perkins. in provincia di Taranto: Archeogruppo di Massafra. A Pavia nello scavo effettuato all'interno della Torre Civica è stato riportato alla luce un livello di attività artigianali chiaramente collegato ai lavori di rifacimento della cattedrale adiacente e databile intorno al 110012. ivi. D. testimonianti un traffico di vetro in questa forma da vetrerie dove veniva effettuata una prima fusione. Johns. 70-9. S. ottenendo una prima carta di distribuzione delle sedi di produzione in età preindustriale. pp. Un numero inferiore di dati è disponibile finora per l'Italia centrale e meridionale. XLI (1973). un importante rinvenimento di vetri è segnalato anche nello scavo dell'insediamento rupestre di Varcaturo presso Massafra. 3-4. Manifattura vetraria in Liguria tra XIV e XVII secolo. Lamarque. B. ivi. la ricostruzione del funzionamento della fornace. J. ivi. era noto solo per un'epoca molto posteriore: cfr. ivi. dove veniva coltivata una vena quarzosa e si sfruttava il bosco per il combustibile. 171-78. gli insediamenti ed il territorio vengono pubblicati annualmente nella rivista "Archeologia Medievale". con gli scavi dei pozzi di scarico domestico a Tuscania14. 1329. pp. Some Glass Fragments mainly of the12 th-I3th century A. pp. negli scavi del Castello di Lucera. Scavi nella Torre Civica di Pavia. Calegari. sul Monte Lecco presso il valico della Bocchetta. Mannoni. ivi. Mannoni e H. I rinvenimenti più significativi per il Tardomedioevo sono comunque ancora in numero abbastanza ridotto e possono essere elencati in una rapida rassegna. veneziani. V (1978). pp. V (1963). In Liguria gli scavi urbani sono stati affiancati dalle ricerche sulle fonti documentarie. I vetri dagli scavi nella Torre Civica di Pavia. ivi. II (1975). Scavo nella Torre Civica di Pavia. pp. L'archeologia medievale in Italia. Sulle possibilità ed i limiti dell'archeologia medievale. l'analisi della tecnologia impiegata e dei tipi di prodotti vedere: T. 13 Il commercio di simili lingotti di vetro. dal 1974 relazioni di scavo. Whitehouse. "Medieval Archaeology" XVI (1972). 31-97. 24 (1973). "Archeologia Medievale". Vetri. 117-33. 54-68. Charleston. la cultura materiale. I (1974). Glass "cakes" as Raw Material and Articles of Commerce. B. Italy. VIII (1966). Beddoe. dove mancano rinvenimenti di vetrerie: fra quelli conosciuti i ritrovamenti più notevoli di vetri tardomedievali si sono avuti nel Lazio. "Papers of the British School at Rome". 1972. 12 Cfr. Lamarque. R. Ceramiche e vetri medioevali provenienti dal Castello di Lucera. pp. dove insieme a vetri islamici sono venuti alla luce anche probabili prodotti locali15. "Journal of Glass Studies". 1973: Report on the finds from six selocted pits. Excavations at Tuscania. sempre per la Puglia cfr. p. pp. che conteneva quasi cinquecento frammenti residui della fabbricazione di vetrate multicolori con anche decorazioni dipinte. Moreno. pp. 14 Cfr. B. 143 ss. Nepoti. ed in particolare sui problemi e sull'evoluzione delle ricerche italiane fino a quel momento il contributo di T. W. Lo scavo della vetreria medievale di Monte Lecco. il complesso più numeroso di vetri rinvenuti negli scavi urbani è pubblicato in D.. pp. I carboni della vetreria di Monte Lecco. L. e in Puglia. in J. depurazione e coloritura. The Glassware . D. 99-121. from Northern Apulia. M. per un panorama delle ricerche e dei dati sulla produzione ligure: M. W. S. Harden. 15 Sugli scavi di Lucera vedere: D. IV (1977).Il recente moltiplicarsi degli scavi archeologici postclassici in Italia10 ha fornito nuove informazioni sul vetro soprattutto dal Tardomedioevo in avanti. LI (1966). Blake . B. Ward-Perkins. A Medieval Glasshouse in the Genoese Apennines. H. 11 Per la relazione di scavo della vetreria di Monte Lecco. a luoghi dove veniva rifuso e soffiato13. ed è stata individuata e scavata una vetreria. limitata quasi sempre a poche decine di pezzi fno al secolo XV aumenta poi notevolmente. Castelletti. per produrre vetri d'uso comune destinati probabilmente alle mescite pubbliche11. pp 162-207. pp. Notizia preliminare . 219-38. islamici e cinesi. databile fra gli ultimi decenni del XIV secolo ed i primi del XV. che. proporzionalmente alla quantità dei frammenti negli strati. "Quaderni Storici". ed i suoi rapporti con la ricerca storica nel senso più generale vedere il volume Archeologia e geografia del popolamento. 149-70. "Archeologia Medievale". metalli e reperti minori dell'area Sud del Convento di San Silvestro a Genova. 833-60. Mannoni. 93-121. pp. J. T. Massafra 1974. Blake. "Bollettino d'arte". dall'archeologia di superficie e dall'indagine toponomastica nel territorio appenninico. saggi e discussioni sull'archeologia medievale. Ward-Perkins. La produzione dell'Italia meridionale e della Sicilia pone 10 . "Journal of Glass Studies". Ricerche archeologiche negli insediamenti rupestri medievali. Fossati. oltre a quelli più antichi di Sofiana. relative soprattutto al secolo XIV. Corinth. I. Princeton. dove negli scavi del Foro Romano sono state trovate due vetrerie. . e la mancanza di dati è ancora pressoché totale anche per quanto riguarda le fonti documentarie22. artigianato e commercio in Emilia nel Medio Evo. comprendente esemplari sia di importazione sia di presumibile produzione locale. mentre una abbondante quantità di frammenti di vetri del XIV secolo. vitreorum laboratorum. Produzione. per le maestranze delle quali è stata fatta l'ipotesi di un trasferimento in tali aree: cfr. La vetreria di Cefalà.. A. Produzione e consumo del vetro in Sicilia . 108. R. "Archeologia Medievale". . anche se tali ricerche sono state condotte prevalentemente con un'ottica storico-artistica. M. Gli scavi allo Steri . 20 Cfr. p. cit. quattuor solidos bononinorum. . a cura di G. . V.Anche in Sicilia si sono invece scoperti resti di impianti produttivi medievali. XLIV (1940). 489-518.de salma. 37989. 21 Cfr.. Falsone. F. 23 Statuti di Bologna dell'anno 1288 . a partire dalla ben nota serie di tavole imbandite negli affreschi trecenteschi di Pomposa. Greci. de salma vitreorum fractorum. Si consideri per contrasto l'elevato numero di ricerche da un secolo a questa parte sui recipienti di ceramica. pp. poiché mentre i primi sono per lo più di utilizzo comune. Sull'archeologia medioevale (con accenni agli scavi eseguiti allo Steri e alla Zisa) . se si escludono alcuni scavi più recenti inediti. ivi e Bonanno. pp. Bologna 1975. La vetreria di Cefalà Diana ed il problema del vetro siciliano nel medioevo . sulla produzione del vetro a Bologna. raccolte con una prima ricerca di sondaggio sulle fonti documentarie edite ed inedite ritenute più promettenti. Bonanno. dove il rapporto fra i contenitori di ceramica e quelli di vetro è a favore di questi ultimi. pp. XXI-XXII (1972). D. in Storia della Emilia-Romagna. le tariffe daziarie ed i memoriali. soggetti ad un'imposta rispettivamente di quattro e due soldi per salma23. New Jersey. V. G. pp. ogni commensale ha a disposizione un proprio bicchiere o calice di vetro. come si è potuto constatare essa non figura tra le regioni con rinvenimenti archeologici di particolare rilievo. ivi. In una rubrica degli statuti del comune di Bologna del 1288. Fasoli e P.. cit. "Bollettino d'Arte". . Palermo 1976. 17 Cfr. G. 519-47. Pini.. compaiono sia i vetri lavorati sia i vetri rotti. 16 Alcune strutture di forni. Giacomo20. quali gli statuti comunali. 121 s. III (1976). Tusa. Venendo finalmente all'Emilia Romagna. pp. in Atti del colloquio internazionale di Archeologia Medievale. Palermo-Erice 1974.. Produzione artigianato e commercio a Bologna e in Romagna nel Medio Evo. 18 Cfr. XLVIII (1963). Lib. 118 e 120: ". "Archivio Storico Siciliano". inoltre sono state intraprese ricerche sul territorio e sulle fonti scritte e iconografiche21. in Atti del Colloquio Internazionale di Archeologia Medievale. secondo un elenco abbastanza dettagliato. Id. PalermoErice 1974. scorie e numerosi frammenti vitrei sono stati scoperti negli scavi del 1961: cfr. 297-324. p. F. p.. stimolato soprattutto dagli studiosi faentini. Davidson. è stata rinvenuta sempre a Palermo negli scavi dello Steri19 ed un recupero notevole di vetri attribuiti al secolo XIII è awenuto a Gela durante le demolizioni del quartiere S. D'Angelo.. dei commercio e dei consumi in questo settore hanno tuttora una diffusione limitata. In questo quadro ci si è proposti di presentare una serie di notizie. 1. vol. XII. mentre l'iconografia è abbastanza ricca. 337-48. Città del Vaticano 1937. Nuovi documenti paleocristiani nella Sicilia centro-meridionale. 1952. R. D'Angelo. attive a quanto pare fra l'inizio del secolo XI ed il saccheggio del 1147. Mancano comunque per ora anche per il Tardomedioevo sintesi almeno a livello regionale che forniscano serie tipologiche dei recipienti di vetro in rapporto alla cronologia ed anche le ricerche tendenti a ricostruire la storia della produzione. vol. 264. The minor Objects. che precisa la tariffa daziaria per l'esportazione delle merci. "American Journal of Archaeology". . 19 Cfr. 22 Come conseguenza compare solo un breve accenno al vetro nelle più aggiornate sintesi sulla produzione e sul commercio medievali nella regione: cfr. pp. 76-122. D'Angelo. associati a monete del IV secolo16: una vetreria riferibile ai secoli XIV-XV è stata individuata presso le mura del Castello di Cefalà Diana17 e scorie e rifiuti di lavorazione sono stati trovati a Palermo negli scavi alla Zisa18. III rubr. duos solidos bononinorum". A Medieval GlassFactory at Corinth. Vetro lavorato e vetro rotto con un'imposta rispettiva salita a sette e cinque soldi per anche il problema del rapporto con quella simile riscontrata a Corinto. Sella. Adamesteanu. pp. p. mentre per le merci esportate o in transito la tariffa è analoga a quelle del 1351 e del 1383. 15. Sembra che il procedimento fosse analogo anche per la Toscana dove si estraeva una roccia detta "tarso" in cave presso Pisa e Massa Carrara.B. dove si ritrovano le stesse voci rilevate per il 1351 e con le stesse imposte. per le merci importate a Bologna la tariffa è molto più ricca di voci e queste sono suddivise secondo le L. che è priva di data ma si può collocare. che risalirebbe al 1317. 30. 3. sia per l'importazione a Bologna. 22 Ivi p. Comune. fino al Seicento. Fossati. 5. cit. in base alle addizioni datate che nello stesso codice la precedono e la seguono. . vedro rotto per centonaro s. che però sono da riferirsi a cristalli di rocca piuttosto che a vetro incolore o proprio a cristallo al piombo.). d. 18. dove abbiamo ancora soltanto le voci già notate. considerata anche l'imposta elevata alla quale sono sottoposti28. che contiene solo per l'imposta sul transito e sull'esportazione un elenco dettagliato delle merci. in quanto ossida il ferro quasi sempre presente nelle materie prime utilizzate e ne compensa il colore giallo-bruno risultante con la propria tinta purpurea.S. che resterà sostanzialmente immutata. p. Alla fine del Trecento .salma. XXXllv-XXXIVr: manganexe a miglolis sive ciatis pro salma s. Anche per le gabelle toscane del secolo XIV e degli inizi del XV sulle merci connesse alla manifattura del vetro vedere ivi. 3. Frati. Firenze 1903. oppure le sabbie silicee. fra il 1396 ed il 1405: in tale redazione. 29 A. per dexina d. grugiuoli. qui con imposta differente29. dove si trovano ancora il manganese da migluoli ed il vetro lavorato e rotto. e per quanto riguarda i fondenti alcalini le uniche fonti individuabili nella tariffa del 1288 sono il tartaro delle botti da vino e le ceneri di cerro27 ma anche in questo caso va considerato che gli alcali oltre che per la fabbricazione del vetro servivano anche per altre produzioni. 28 Archivio di Stato di Bologna (in seguito A. tranne che per l'ammontare delle imposte. per centonaro solidi 24. nel 1383 abbiamo le norme del dazio delle mercanzie con tariffe dettagliate sia per l'esportazione. cit. s. manganexe da migluoli per soma s. Tariffa daziaria fra il Comune di Bologna e quello di Firenze (1317). 1 e 1/5. Difensori dell'avere. 2 e d. 84. 1 e d. 5. soprattutto.S.B. figurano anche nella tariffa daziaria in vigore per i fiorentini esportanti merci dal territorio bolognese. si trova qui in elenco. abbiamo l'appalto ad un milanese del dacium merchadandie et sigilini.. cc. 17. s. per centonaro d. 27 Statuti del 1288 . 120: ". CXXIIv-CXXVIr: crestalli e overa de crestalli per soma libre 6. durante il dominio di Giovanni Visconti. in blocchi di cava o in ciottoli fluviali che venivano cotti e ridotti in polvere per pestaggio o con mulini. . In quest'ultima tariffa compaiono anche i crogiuoli. con un'imposta di nove soldi per salma26. de salma taxi et cineris de cerro . e come fondenti alcalini con ogni probabilità potassa lisciviata dalle ceneri di legna insieme a soda commerciale piuttosto che ottenere gli alcali dalla calcinazione dei tartrati del vino: cfr. cit. 1. 10.. s. .. 26 Ivi p. ad esempio per gli smalti e. Mannoni. Taddei. 11s. per centonaro s. 7 (per i fiorentini s.inizi del Quattrocento infine risale la redazione più complessa ed organica di norme e tariffe relative alla gabella delle mercanzie. per dexina d 2 e l/2 (per i fiorentini rispettivamente s. mancano invece o comunque non sono identificabili in entrambi gli elenchi le principali materie prime per produrre il vetro: il quarzo. 5). e si usavano anche ciottoli dal letto dell'Arno e sabbie per la produzione più comune: cfr. e vale solo la pena di rilevare che il manganese è qui definito a miglolis sive ciatis. L'arte del vetro. vedro lavorado per soma s. Lo scavo della vetreria. per ottenere detergenti e saponi per l'industria tessile e l'igiene personale. 20. anche il manganesi da bicchieri25. 1 e 1/2). . vitro fracto pro salma s. il biossido di manganese. 6. p. e che presenta un elenco più ampio e sistematico di mercanzie24. cc. per dexina solidi 2 denari 5 (per i fiorentini 1'imposta è ridotta rispettivamente a 1. Nella vetreria scavata a Monte Lecco si è potuto rilevare che veniva usato minerale quarzoso piuttosto che sabbia. Poche novità sono riscontrabili nelle due successive tariffe daziarie bolognesi che ci sono pervenute: nel 1351. soggetto al pagamento di due soldi per salma. Comune. 25 24 . necessari per l'attività vetraria ma non riferibili esclusivamente a questa. 2). p. 2. Difensori dell'avere. vitro laborato pro salma s. impiegato per ottenere vetri incolori. 83. mentre compaiono per la prima volta crestalli e overa de crestalli. duos solidos bononinorum ". 2 e l/2. che sono raggruppati insieme: vi si trovano le clessidre. Sepolture I (sono grato per la segnalazione alla dott. anche per gli statuti successivi. comunque l'esistenza di un commercio di vetri lavorati. bocalitos et alia vasa vitrea. Evidentemente le informazioni ricavabili da tariffe daziarie sono limitate a dati qualitativi sul traffico commerciale.S. e di vendere liberamente tali oggetti purché non fuori del distretto bolognese34. essendo gli oggetti maggiormente prodotti. nella quale sulla base dell'osservazione che vasa vitrea sunt multo solito cariora et debiliora. pp. dal latino. Torino-Roma 1906. di rottami e di manganese alla fine del Duecento è indice di una certa attività di vetrai. vedro da spiechi per centonaro de pexo solidi 6. Ritornando agli statuti comunali bolognesi. XVIII (1977). Statuti del 1352. Va sottolineato inoltre come i bicchieri siano spesso rappresentativi del vetro lavorato in genere. con varianti locali come moçolli. ma un complesso più numeroso di voci relative al vetro. L'arte del vetro. 111-59. in particolare l'appendice documentaria. s. 123 nota 53. appendice VI. 33 Cfr. A questo proposito è interessante rilevare che il termine bichirarius o de bicheriis. sembra testimoniato a Bologna solo nel XV secolo. Pini. al punto che gli artigiani come si constaterà sono identificati come fabbricanti di bicchieri. per costruire le fornaci da vetro. gli occhiali. vedro rotto per centonaro de pexo dinari 6. 34 A. un Johanellus quondam Petri qui facit artem vitrorum denuncia 270 lire dal commercio di olio e 400 lire in oggetti di vetro lavorato31. La rubrica era già stata segnalata.. ed ai rottami. miogli. da cui miolarus o de miolis una denominazione che risulta diffusa.. arluogli de vedro cum sabion d'una hora l'uno solidi 2 per cascuna docina. in Emilia-Romagna. con trascrizione parziale in G. d'avuolio e de burala per lirta de pexo solidi I dinari 6. Setaioli e Quattro Arti.ssa Rossella Rinaldi). III. "Studi Medievali". del 1296-97.B. p. Domenico32. La scarsità di vetrai potrebbe essere spiegata e collegata ad un fenomeno più generale considerando che si è pochi anni dopo la Ivi. terra pistoiexe da fare fornaxe da minoli per centonaro de pexo dinari 6. il quarzo macinato.fornite da altri documenti. preda pesta da migluoli per centonaro de pexo dinari 4. anche se non sono citate le lenti. come si vedrà. inghistarias. sia per le materie prime che per i manufatti. Un esempio di utilizzazione: il patrimonio fondiario del boccaio Giacomo Casella. da cui de ciatis. Il sistema della costituzione economica e sociale italiana nell'età dei Comuni. alla p. arluoglio de vedro de più d'una horadinari 2 per cascuna hora d'arluoglio. CCVIIv. mentre nel Trecento nei documenti bolognesi i bicchieri vengono indicati col termine ciati. cc. LXXXXVIIr. ochiali de busso. compare sotto i Merciai. maggiori informazioni sono. spiechi de legno stagnodi vedradi cum smalto e sença smalto per centonao de pexo solidi 5. viene stabilita la possibilità per chiunque cittadino o forestiero di realizzare extra circulas et muros civitatis Bononie fornaces aptas et abiles ad faciendam miolos.-CXXXVIr A.cyathus. che infatti trova conferma in altre fonti: nel più antico estimo cittadino rimasto. oltre al vedro lavorado d'one raxon salvo che da spiechi per centonaro de pexo solidi 3. 455. quod contingit ex eo quod est penuria magistrorum et solummodo certis licet ipsa facere. Gli estimi cittadini di Bologna dal 1296 al 1329. gli specchi. 31 30 . Sotto gli Speziali si ritrova qui il manganexe da migluoli con imposta per centonaro de pexo solido 1. terra pistoiese. c. Lombardia e Veneto. La prevista introduzione in città di materie prinne per il vetro e per le fornaci testimonia una produzione locale alla fine del Trecento sulla quale. moioli. presumibilmente per laterizi refrattari. oppure col termine miuoli o migluoli. vedro lavorado al modo de Damasco per livra de pexo dinari 6. cit. I. Comune. Arias. che corrisponde a quello in uso nell'area fiorentina33. vetro con decorazioni pregiate. Taddei. inoltre la tomba di una famiglia de Ciatis compare nel sepoltuario del 1291 del convento di S. a parte i rapporti di incidenza dell'imposta. nella redazione de1 1352 è presente una rubrica de vasis vitreis fiendis.compagnie delle arti bolognesi alle quali sono pertinenti30. 32 Archivio del Convento di San Domenico in Bologna. Questa volta accanto alle inghistarie... 15 s. per lo stesso anno 1352 un libro d’estimo fiorentino riporta l'iscrizione di nove bicchierai.B. Lamarque. affiancata da artigiani rivestitori.peste del 1348. Denominazioni antiche dei prodotti muranesi . per la quale non è invece molto indicativo il peso. in cortili retrostanti alle botteghe. per alcuni dei quali è prevista una gamma di diverse capacità (vedere appendice doc. Comune. n.. dove fino ai nostri giorni sono rimasti il tipo di contenitore più usato per il vino e sono stati oggetto di una produzione specializzata. La stessa rubrica è presente negli statuti del 135838 e del 1376 39. Cfr. Va rilevato inoltre che per le fornaci è prevista la collocazione fuori dal centro cittadino. Taddei. c CCLXXVIr. Statuti del 1389. p. 38 A. Le diverse capacità riscontrabili nella rubrica statutaria per i bocaliti e le zuche permettono di ricostruire una scala plausibile per i vari contenitori. cit. come anche a Firenze37. XXI e XXIV. cit. 25-8. Statuti del 1376. Vlll e XV. p. mentre la mancata indicazione per orinali e zuche sembra indicare che per questi si usasse comunemente solo il vetro verde. il che rese abbastanza facili le frodi quando alla fine del Cinquecento fu introdotto come garanzia di capacità un bollo di piombo attaccato alla veste. Zecchin. ma mancano possibili confronti precedenti35. infatti i fiaschi sono più leggeri delle bottiglie e dei boccali ma hanno la protezione del rivestimento. per bolli di vetro con scudi crociati sulle bottiglie rinvenute nello scavo della vetreria di Monte Lecco cfr. Comune. Taddei. da identificarsi evidentemente secondo le dimensioni con damigiane e fiaschi. fissa i rapporti fra qualità del vetro. documentate sia nell'iconografia che nei rinvenimenti archeologici (fig. docc. XIII (1969).B. 41 Per un probabile orinale in vetro rinvenuto a Tuscania cfr. 39 A. le inghistarie dovrebbero essere le bottiglie con corpo sferoidale. L'arte del vetro. 36 35 . 1).S. 38-46 e appendice. rientranza conica alla base e lungo collo con bocca svasata a tromba. ai bocaliti ed ai ciati compaiono anche gli orinali41. che venivano chiamate in modo simile. poiché dopo aver ribadito la possibilità di impiantare fornaci. 121 s. e appendice. 33 e tav. cit. Taddei. questi ultimi documentati dalla fine del Trecento soprattutto in Toscana. anche per gli altri termini. The Glassware.. c. ingrestarie o inghistere. Lo scavo della vetreria. sostituito solo dal 1629 da un bollo di vetro col giglio fiorentino. L'arte del vetro. L. 15.. un'erba palustre detta schiancia e ricoprivano sia fiaschi nuovi sia usati.S. anch'esse col rivestimento. V.. "Vetro e Silicati". p.. pp. testimoniati a Firenze dal 144742.S. ed aver precisato che i manufatti devono essere realizzati con vetro bene cotto et bene temperato e senza impurità che ne provochino una facile rottura o addirittura lo scoppio spontaneo. evidentemente per scongiurare gli incendi: un'analoga preoccupazione da parte dei veneziani aveva fatto concentrare i vetrai a Murano già dalla fine del secolo XIII.. cit. c CCCLXXIIr-v. i bocaliti ed i bicchieri è prevista la produzione in due tipi di vetro. I e la tabella 1). cit. Cfr. Fossati. anche a Venezia dal secolo XIII36. 40 A. e per la documentazione di incendi. XXVa. Per le bottiglie. peso e prezzo per i prodotti più comuni. 2. 42 I rivestitori o fiascai usavano. come ancora oggi..B. dovuti in particolare alla sistemazione della legna in palchi sopra le fornaci stesse per farla seccare. p. che sono previsti cum coperta. mentre in quelli del 1389 40 diventa più complessa e ricca di informazioni. cfr. fig. 27 s. e le zuche. questa volta intus et extra civitatem. Nella rubrica statutaria citata compaiono per la prima volta accanto ai bicchieri denominazioni di altri contenitori: se i bocaliti sono probabilmente boccali con la bocca trilobata. che varia con la forma e viene qui fissato per evitare l'eccessiva fragilità. verde e bianco cristallino. Mannoni. pp. CLXXXIIv. applicato al collo: cfr. Statuti del 1358. quest'ultimo ovviamente più pregiato. 37 Per la collocazione nel secolo XVI delle fornaci in aree centrali di Firenze. però a Bologna in epoca successiva sono testimoniate fornaci annesse alle botteghe di vendita in zone centrali della città. docc. L'arte del vetro. Comune. 58 s. la meza. né suggeriscono una differenza di forme che si possa ricondurre all'esistenza di bicchieri apodi e calici con stelo. cit. p. Poco chiara rimane infine la distinzione che si riscontra per i bicchieri fra ciati gambasini e ciati cristalini: le denominazioni non sembrano riferirsi a diverse qualità di vetro poiché per entrambi i tipi è prevista la produzione verde e incolore.FIGURA 1 Vetreria di Monte Lecco nell’Appennino tra Genova ed Alessandria. Mannoni. Lo scavo della vetreria cit. per la quale sono previsti multipli e un sottomultiplo.2843. si può solo rilevare che quelli gambasini sono più leggeri ed economici. . per l'inghistaria è prevista una sola misura e come confronto è possibile utilizzare la capacità delle bottiglie rinvenute nella vetreria di Monte Lecco. per i bocaliti. delle principali forme prodotte sulla base dei reperti di scavo Le zuche sono evidentemente i recipienti più grandi. distinti in bocalitus de meza e bocalitus de piçola et terçarola. 65. è meno facile dedurre le capacità e rimane anche da chiarire per la misura più piccola la differenza che sembra esistere tra due oggetti di peso e costo equivalente. con unità di misura la quarta. stimata fra 850 e 900 centimetri cubici44. che la gamma dei prezzi unitari varia da uno a tre denari e che in ogni caso quelli in vetro incolore devono essere più pesanti. parrebbe comunque trattarsi di capacità inferiori a quella dell'inghistaria: in questo caso la specificazione de meza non sarebbe riferita alla quarta come per le zuche e si potrebbe pensare invece ad un contenuto corrispondente rispettivamente alla metà e ad un terzo in rapporto a quello delle bottiglie. p.. databile alla fine del secolo XIV-inizi del XV. e questo è per ora l'unico dato sulla collocazione di questi artigiani nell'ambito delle corporazioni bolognesi.. se si trascura la ricordata tariffa divisa per arti nella quale i Salaroli non figurano e che sembrerebbe suggerire un'appartenenza ai Merciai o alle Quattro Arti. in scala. prima della fine del secolo XV. confrontabile con il "mezzo quarto" che si ritrova anche a Firenze come contenuto del fiasco da vino comunemente usato e per il quale è stata calcolata un'equivalenza a litri 2. L'arte del vetro. 43 Fossati. quando 43 44 Taddei. Ricostruzione. Nella stessa rubrica statutaria viene anche stabilito che i vetrai devono essere soggetti alla società dei Salaroli. 47 Cfr. È interessante comunque notare che a Firenze e a Pisa nel secolo XV si riscontrano investimenti e partecipanze in cui sono collegate botteghe e fornaci di vetrai con botteghe di formaggiai o pizzicagnoli: cfr. caratteristiche e prezzi dei contenitori d'uso comune in vetro prodotti a Bologna. Bologna 1880. Questo passaggio ai Fabbri nel Cinquecento è riscontrabile anche per i ceramisti. II e XVI. docc. il quale si impegna a pagarle ottocento lire in quattro anni per l'acquisto A. cit. si associa con Pietro di Bartolo di Giovanni de Gambassi de Ciatis. Biadaiolorum. II).. 317. 48 A. Taddei. Ferraioli e Calderai47. CVIr-v. Capitano del Popolo. nel quale Francesca di Filippo. Memoriali n. seguito poi da alcuni altri nel secolo successivo. pp. L'arte del vetro . 46 Sulla produzione di ceramiche a Bologna fino al secolo XVI vi sono stati studi e polemiche alla fine del secolo scorso e all'inizio di questo da parte di bolognesi e faentini: in particolare C.B.B. pp. Memorie storiche sulle maioliche di Faenza. Per la storia dell'arte ceramica. Libri Matricularum delle società d'Armi e d'Arti V: Blasius lacobi de Pilatis de zuchis alias de bicheriis capelle Sancii losep compare insieme al figlio Geronimo nel 1481 (c. CCLXXXVIIIIv).S. Comune.. "Faenza". Comune. pp. 45 Qualità del vetro verde bianco cristallino verde bianco cristallino verde bianco cristallino verde bianco cristallino verde bianco cristallino Peso unitario in bolognini piccoli once 7 9 once 7 12 once 5 1/2 6 once 5 1/2 7 once 3 4 once 3 5 once 3 10* libre 1/13 12/12 libre 1/11 12/8 libre 1/8 12/5 libre 1/7 12/4 once 3 9* once 4 1/2 16* once 8 24* in proporzione 8 per ogni quarta alle precedenti oltre le prime due Peso unitario . Bicchieraiorum et Casciaiuolorum e facevano anche parte dell'arte dei Medici e Speziali. 3. L. Sighinolfi. 36-42 e passim. un'altra categoria di artigiani che necessitano di fornaci e che produeono contenitori d'uso comune46. Contenitore Inghistaria Inghistaria Bocalitus de meza Bocalitus de meza Bocalitus de pigola et tergarola Bocalitus de pipola et tergarola Orinalis Ciati gambasini Ciati gambasini Ciati cristalini Ciati cristalini Zuche de meza Zuche de quarta Zuche de duabus quartis Zuche maiores duarum quartarum *Cum coperta. dove nel secolo XIV i bicchierai costituivano un membro dell'Ars Oliandolorum.S. 17 e 19 e appendice. secondo le norme degli statuti comunali del 1389 (cfr. 14s e 33-7.TABELLA 1 Tip i. ivi. cominciano a comparire dei bichirarii nelle matricole dei Fabbri45. IV (1916). Malagola. pp. anche alla luce dei recenti rinvenimenti archeologici. per poi passare verso il 1400 all'arte dei Chiavaioli. appendice I). vedova di Pietro de Ciatis de Gambassi. 79-82. Informazioni su vetrai attivi a Bologna sono ricavabili da un contratto del 139148 (vedere appendice. doc. Anche per questa produzione è comunque necessaria una revisione critica dei documenti. mentre un fenomeno analogo è documentato per Firenze.. che ha perso anche il figlio Jacopo ed alla quale sono rimaste in eredità le attrezzature per la produzione vetraria del marito e del figlio. cc. un centro della Val d'Elsa con attività di vetrai documentata dalla prima metà del Trecento. Gambassi. 55 Per la discussione sulla struttura e sul funzionamento delle vetrerie nell'Antichità e nel Medioevo sulla base delle fonti documentarie e dei risultati di alcuni scavi vedere Gasparetto. p. s. II. i documenti esaminati consentono di ricavare una discreta quantità di informazioni per il secolo XIV. p. degli attrezzi metallici. unum par de moglis ab archis. 16s e appendice. quindecim padellas. M. tale fabbrica era la più antica nota anche al Guidicini. Montaione. per Murano Zecchin. unum paleum ad misidandam. Bologna 1868. Cose notabili della città di Bologna. Oltre a consentire la localizzazione di una fornace bolognese questo documento ci dà un'interessante testimonianza sulla località di origine di questi vetrai. III. sebbene ciò non ne chiarisca le caratteristiche né la contrapposizione a cristalini. la donazione nel 1413 da parte di Francesca di questa fornace ai frati Francescani. 52 Il documento è pubblicato in S. 53 Cfr. XXXI (1901). come si è rilevato a Bologna sono presenti alla fine del Trecento. D'Angelo. VI. p. 316. duos ratarellos. ma rimangono ampie lacune di conoscenza sulla struttura delle fornaei55.. chiamata poi de miolis53. Denominazioni. Guida. l'approvvigionamento delle materie prime e del Attraverso un altro documento. p. p. Il fomimentum necessarium è costituito da duodecim miliaria sablonis a vitro. Notizie di produzione vetraria nello stesso periodo si hanno anche per altri tre comuni vicini.. quinque paria de forbicibus ad incidendam lanam et quinque moglas ad pingendum pannum de maglis a miolis. 346. septem puntellos. riceverà in prestito da Francesca centonovantadue lire a termine di quattro anni e condurrà a mezzo con lei la domus seu statio deputata ad artem et misterium ciatorum per dieci anni. cfr. unam rasuram parvam. XI. 27s. cit. l'attributo compare anche altrove ed in particolare in documenti muranesi dal 1311. IX. pagando un affitto annuo di trentacinque lire49. Denominazioni. 10. docc. I. p. Sala X vetrina VII. novem canellas a miolis. Ferretto. cit. Ligure Storia Patria". Codice diplomatico delle relazioni fra la Liguria. 1 e 2. Guidicini. anche a Modena la prima fornace da bicchieri documentata. di vetrai dalla stessa area a Murano dal 1315. 1. cit. sex somas de metallo a miolis. Bologna 1974. "Felix Ravenna" 9 (1913). nel 1339. 5p. G. docc. fra un cesenate che partecipa con un capitale di cento lire ed un cittadino ravennate originario di Gambassi che oltre a cinquanta lire si impegna a fornire le materie prime e l'attrezzatura necessarie52. 353 s. con fornaci documentate dal 1265. Se a Firenze numerosi bicchierai originari di Gambassi sono noti dal 142751. A proposito dell'officina vetraria torcellana. che ricavava la legna per le vetrerie dalla selva di Camporena e San Miniato che disputava al preeedente i diritti sulla selva50. A. dei beni mobili in genere pertinenti alla lavorazione del vetro e delle fornaci esistenti in una casa posta nella cappella di San Remigio: egli promette anche di saldare i debiti di Pietro e Jacopo. Le dimensioni della diffusione dei vetrai toscani dalla fine del 1200 sono sottolineate dalla testimonianza di vetrai fiorentini a Genova dal 1297. A Gambassi potrebbe risalire l'origine dell'attributo gambasini incontrato per i bicchieri negli statuti del 1389. unum miliare de mutoncellis. Di un'antica vetreria . e quest'area e in particolare Gambassi oltre a costituire una notevole coneentrazione di impianti specializzati diedero origine ad una migrazione di vetrai anche al di fuori della Toscana. cit. Zecchin. Anche a Bologna un tratto dell'attuale via Farini era denominato Miola o Migliola o via del Miolo. Arte e artisti in Ravenna. la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante (1265-1321). unam rasuram grossam. unam stateram grossam cum catena. Comune di Modena. unum de ferro. 50 Taddei. Fanti. L'arte del vetro . Vl libras terre de Rezzo sex capsonos inter magnos et parvos. cit. per cinque anni. 54 Per la Liguria cfr. 425.. cfr. unam capzam ad ponendam vitrum et tres cazzas ad mutandam vitrum. Le vie di Bologna. Ritornando alla produzione bolognese. L'arte del vetro. 51 Taddei. e per Ravenna è documentata nel 1365 una società ad artem de mioliis. cit. fu impiantata da artigiani fiorentini nella via dei Grasolfi. dei rottami.. per la Sicilia Bonanno.d. unam cazzolam pannorum. La vetreria di Cefalà. 49 .della metà degli oggetti di vetro. "Atti Soc. p. Bernicoli. vol. Museo Civico Medievale Moderno. San Gimignano. cfr. e dalla documentazione a Palermo nel 1344 e 1345 di due società per la produzione del vetro fra mercanti palermitani che forniscono il capitale e artigiani di Firenze e San Miniato54. p. III. nonché di un artigiano di Gambassi a Sassello nel Savonese nel 1314. 27. che. 57. Guidicini. inghistarias. Recapiti per la privativa dei vetri e G.B. De vasis vitreis fiendis et aliis capitulis rubrica. le funzioni e la situazione economica degli occupati nella manifattura vetraria. e soprattutto mancano per ora dati sui consumi in rapporto alle diverse classi sociali. inghistarias. quando la privativa sarà tempestivamente rivenduta al Senato bolognese prima dell'arrivo dei Francesi. de quibus et omnibus infrascriptis notarius fanghi et stratarum cognoscere et inquirere possit et teneatur et culpabiles punire et quibus possit acusare et denuntiare. Libro VI.000 scudi cfr. 425 e vol. pena conducenti pro qualibet vice XXV librarum bononinorum et ammissionis rerum. che vantava un'attività vetraria familiare di 150 anni a Bologna (cfr. come lampade e calamai. Quia vasa vitrea sunt multo solito cariora et debiliora. tra le altre cose. finché nella seconda metà del secolo XVII passò in dote ai Bentivoglio: Filippo Bentivoglio vendette infine il diritto al Senato nel 1792 per 15. p. CCCLXXII r-v. Per avere delle risposte a questi problemi sono necessarie ulteriori indagini sistematiche sulle fonti scritte ed anche un maggior numero di scavi stratigrafici. II. Et quilibet veniens ad faciendum miglolos et alia vasa vitrea eos faciat in civitate vel comitatu. boccalitos et alia vasa vitrea. a parte un breve periodo all'inizio del Cinquecento in cui la ebbe Nascentorio Nascentori. riscontrabile a Bologna56 come in altre località. sub pena aliter facienti scu aliter fieri facienti et magistro fornacis quinque solidorum bononinorum pro quolibet vase. la durata d'esercizio e la produttività degli impianti. quod contingit ex eo quod [est] penuria magistrorum et solumodo certis licet ipsa facere. dummodo non possint ipsa vasa vitrea integra scu fracta nec etiam tasum conducere extra districtum Bononie per aliquem.l69-71). Assunteria d'Arti. LVII. .. sit et esse intelligatur immunis ab omnibus oneribus realibus vel personalibus vel mixtis que imponerentur per comunem Bononie vel aliquam aliam universitatem comuni Bononie subiectam. cc. 56 La privativa fu concessa nel 1472 dai Sedici Riformatori ai Malvezzi. A. le ricerche inoltre andrebbero estese oltre il termine cronologico che qui ci si è posti. Et debeant dicta vasa vitrea fieri et esse infrascriptarum manerierum.S. et quilibet possit acusare et habeat medietatem condennationis. cit. Una fabbrica di vetri a Bologna già secolare al tempo di Clemente VII. che la mantennero. per chiarire la transizione. nonché sulla produzione dei vetri da finestra. il numero. II. merito duximus statuendum quod quilibet civis vel forensis possit libere et impune facere et fieri facere intus et extra civitatem Bononie fornaces aptas et habiles ad faciendum miglolos. et ipsos miglolos. "Archivio Storico dell'Arte". Archivio del Reggimento. nella seconda metà del Quattrocento ad un monopolio produttivo che arriverà fino alla fine del secolo XVIII. Et potestas teneatur facere preconizari predicta infra quindecim dies a die publicationis presentium statutorum. 1889. infrascripti ponderis et qualitatis ipsaque dari debeant et vendi in civitate Bononie quibuscunque emere volentibus pro infrascriptis pretiis et non pro maioribus. il numero. Statuto del 1389. rabr. p. Cose notabili della città di Bologna.. de bono vitreo bene cotto et bene temperato et sine aliqua immissione ex quibus faciliter non rompantur vel a se ipsis sclopentur seu frangantur. la dislocazione. p.eombustibile. volentes talibus obviare et ut de talibus copia habeatur. 1. Appendice I Archivio di Stato di Bologna. vol. Archivio del Comune. delle lenti e di altri oggetti realizzati in vetro. abolivano tali privilegi. boccalittos et alia vasa vitrea facere et fabrigare et fieri et fabricari facere ac etiam conducere et conduci facere ad civitatem Bononie undecunque et illa vendere possint et teneantur cuilibet emere volenti. zuche de quarta ponderis quatuor untiarum et dimidie pro XVI denariis parvis bononinorum cum coperta. ciati gambasini vitri viridis ponderis ad rationem tredecim pro libra duodecim pro XII denariis parvis bononinorum. et omnia alia vasa vitrea cuiuscunque alterius maneriei pro iusto et competenti pretio exhiberi et dari emere volentibus actenta ratione supradictarum. 317. ciati gambasini vitri albi cristalini ponderis ad rationem XI pro libra. petiit a dicto domino Johanne sibi dari et ipsius decreto comstitui et decerni in suum curatorem Dominicum quondam Guidonis de Manzolis cartolarium et Bononie civem capelle Sancti Josep. quinque pro XII denariis parvis bononinorum. quatuor pro Xll denariis parvis bononinorum. adultus personaliter comstitutus in presentia sapientis et discreti viri domini Johannis de Lapis legum doctoris et civis Bononie. heredi et hereditario nomine recipienti quondam Jacobi sui filii et flii dicti quondam Petri. inghistaria vitri albi cristalini ponderis VII untiarum pro duodecim denariis parvis bononinorum. die vigeximotercio mensis februarii. zuche de meza ponderis trium untiarum pro novem denariis parvis bononinorum cum coperta. promissioni quam facere intendit idem adultus domine Francisce quondam Philipi uxori olim Petri de Ciatis de Gambassi. bocalitus vitri viridis de meza ponderis quinque untiarum et dimidie pro sex denariis parvis bononinorum. bocalitus vitri viridis de pigola et tergarola ponderis trium untiarum pro quatuor denariis parvis bononinorum.. pro qua obedientia et subiectione et fideiussione prestanda exigi ab eis non possit ultra solidos quinque pro quolibet et habeantur pro vere exercentibus artem et membrum artis salarolorum quo ad omnia que disponuntur de dictam artem vel membrum exercentibus et massarius dicte artis teneatur singulis duobus mensibus semel visitare quamlibet stationem dictorum vitrorum et ipsos punire et condennare secundum formam suprascriptam [.CVI r-v Millesimo trecenteximo nonageximo primo inditione quartadecima. bocalitus vitri albi cristalini de pigola et tergarola ponderis trium untiarum pro quinque denariis parvis bononinorum.] II Archivio di Stato di Bologna. de octingentis libris bononinorum in una parte ad terminum quatuor annorum hodie inchoandorum. pro octo denariis parvis bononinorum pro qualibet quarta ultra duas quartas cum coperta. zuche de duabus quartis ponderis octo unziarum pro XXIII lor denariis parvis bononinorum cum coperta. Sub pena cuilibet contrafacienti ammissionis vasi cuiuslibet in quo fuerit contrafactum et dimidie extimationis seu valoris dicti vasi. cc. omnes allie vero zuche maiores duarum quartarum a dictis duabus quartis supra ponderis pro qualibet quarta secundum ratam ponderis aliarum zucharum predictarum. specialiter ad interponendum et prestandum auctorizandum suam presentiam et comsensum. pro precio et extimacione precii plurium rerum et bonorum mobilium. Memoriali n. octo pro XII denariis parvis bononinorum. ut est vitrum et laboratum et non et stracii et feramenta et alia de quibus plene patebit in instrumento venditionis inferius . Archivio del Comune. 1391. Et ut predicta melius observentur volumus quod quilibet magister exercens dictam artem sit subiectus et obediens massario et sotietati artis salarolorum civitatis Bononie. ciati cristalini vitri albi cristalini ponderis ad rationem Vll pro libra. orinalis ponderis trium untiarum pro decem denariis parvis bononinorum cum coperta. ibidem presentem et aceptantem. ciati cristalini vitri viridis ponderis ad rationem octo pro libra.. bocalitus vitri albi cristalini de meza ponderis quinque untiarum et dimidie pro septem denariis parvis bononinorum. Petrus quondam Bartholi olim Johannis de Gambassi de Ciatis habitator Bononie in capella Sancti Remigii.pondus vero et qualitates infrascriptarum manerierum vasorum vitreorum et pretium pro quibus dari et vendi debent sunt hec videlicet: inghistaria vitri viridis ponderis VII untiarum pro novem denariis parvis bononinorum. animo et intentione dictam hereditatem adeundi et in ea se immiscendi sponte et excerta [scientia] per se et suos heredes dedit vendidit et tradidit Petro quondam Bartolli olim Johannis de Gambassi de Ciatis heredi substituto per dictum quondam Jacobum in dimidia hereditate ipsius testamenti. iuxta viam publicam a duobus lateribus. seu fracti et contussi. ac etiam fornacum existentium in una domo comuni ipsorum domine Francisce ut heredis predicte et Petri predicti. cum protestatione tam quam ipse Petrus fecit et promixione quod non intendit per aliqua in presente instrumento apponenda dicte substitutioni vel aliquibus in dicto testamento contentis ullatenus derogare set ea semper ipsi salva fore. Item conductioni quam facere intendit a dicta domina Francisca ad terminum decem annorum proxime venturorum de medietate pro indivixo cum se ipso unius domus seu stationis deputate ad artem et misterium ciatorum posite Bononie in capella Sancti Remigii iuxta suos confines in instrumento de predictis fiendo aponende et clarius describende. Petro del Pigaglo de Ciatis et domine Lasie Nannis speciarii capelle Sancti Laurentii de Guarinis. iuxta heredes Nicolay de Castellis. Eisdem millesimo inditione mense die testibus..] . de omni et quocumque debito olim comtracto et facto tam per dictos Jacobum et Petrum simul vel alterum ipsorum divixii et de omni et toto eo quod ab ipsis comuniter vel divisim habere et percipere deberent. promissionique etiam quam facere intendit ex causa dicte venditionis de dando satisfaciendo et persolvendo de suo proprio et suis expensis cuidam Johanni de Placentia naute. . dimidietatem pro indivixo cum dicto Petro omnium et singullorum ciatorum. quas dictus adultus confiteri intendit se habuisse et recepisse ex causa mutui de puro amore et gratia speciali a dicta domina Francischina ad terminum quatuor annorum hodie inchoandorum et pro rata et parte ac terminis anuatim prout et de quibus in instrumento inde confitiendo inferius declarabitur. habito agnato iurante consentiente aserente et dicente ut supra. ferri seu feratii et aliarum quarumcumque rerum mobillium deputatarum ad usum et pro usu faciendi et laborandi vitrum. Item etiam promissioni quam ipse adultus facere intendit predicte domine de centumnonagintaduabus libris bononinorum in alia parte. Venditio rerum mobillium. vendendarum per dictam dominam Franciscam ipsi adulto pro dicto precio. posita Bononie in capella Sancti Remigii.. fiallarum. iusta heredes Michaelis Solasse [. ibidem presenti pro se et suis heredibus recipenti et ementi.describendo. Et similiter confessioni quam facere intendit ipse adultus de dictis rebus a se habitis et traditis et comsignatis sibi per ipsam dominam.]. et de ipsam stationem in fine termini in eodem statu restituendo [. ex ipsius Jacobi testamento et ultima voluntate scripta in millesimo trecenteximo octuageximonono inditione duodecima die primo octubris. . zucharum et aliorum vasorum vitreorum ac omnis quantitatis vitri laborati et non laborati. heres et hereditario nomine Jacobi eius quondam filii et filii quondam Petri. promissioni de utendo et fruendo arbitrio boni viri et de dando et solvendo pro pensione et nomine pensionis anuatim libras tregintaquinque bononinorum terminis in dicto instrumento describendis. domina Francisca quondam Philipi uxor olim Petri de Ciatis de Gambassi. strazzorum. la lavorazione metallurgica non costituisse soltanto parte di attività in centri dominici. producevano oggetti in metallo artigiani di mestiere sia in area urbana che rurale. seppure marginalmente. esemplare quanto poco noto1. aspetti legati alla produzione e alla circolazione del ferro nell'Altomedioevo. pp. imposta un'indagine sull'attrezzatura agricola dell'Altomedioevo e mette in evidenza come la fonte materiale sia estremamente efficace per ridiscutere problemi di cronologia. soprattutto nel quadro dello sfruttamento della forza idraolica nella lavorazione metallurgica. oltre ai centri signorili e agli artigiani contadini. Fumagalli) ci viene mostrato come nel bresciano nel IX e X secolo. in epoca romanica. ma fosse disseminata nell'artigianato contadino che indirizzava le proprie capacità produttive non solo all'autoconsumo ma anche alla soluzione dei censi dovuti. che si attuava in forme di "erosione" di ogni piccolo affioramento anche superficiale. 423-46. Il quadro che emerge è quindi di grandissimo interesse dimostrando la polverizzazione della produzione che doveva avere una simmetria notevole con l'attività estrattiva (un tema non affrontato ovviamente nel saggio). . 1 I reperti in ferro dello scavo di Villa Clelia (Imola).I metalli Nel saggio seguente. Sarà soltanto con i nuovi bisogni della città di pietra. Attraverso le fonti e la più recente letteratura (V. che spinse allo sviluppo dei centri produttivi presso i corsi di acqua. Contemporaneamente. "Studi Romagnoli". XXIX (1978). diffusione e tecnologia già dibattuti dalla storiografia medievale sulla base di un'evidenza prevalentemente scritta ed iconografica. spinge l'autrice ad affrontare. partendo dall'analisi di alcuni reperti provenienti dallo scavo imolese di Villa Clelia. Non solo. Marina Baruzzi. Note sull'attrezzatura agricola nell'Altomedioevo. che estrazione e attività metallurgica si specializzeranno dando vita ad insediamenti con vocazione specifica in forme però destinate a mutare velocemente per le radicali trasformazioni tecnologiche. Un tema che soltanto recentemente ha nuovamente catalizzato l'interesse della storiografia medievale dopo molti decenni di disinteresse. lo spunto e lo stimolo proveniente da materiali in contesti archeologici certi. di forma allungata. XXIX (1978). a). che si prolunga in una piccola nuca squadrata (fig. in "Studi Romagnoli". b). che ringrazio. il lembo tagliente è perpendicolare all'asse del manico. l'intero gruppo poggiava su una graticola in ferro e gli oggetti si trovavano ingrumati in un unico blocco di forma vagamente rettangolare. La larga superficie del taglio. per diramare. Si tratta di una dozzina di pezzi. si presenta leggermente arcuata. Una parte consistente della medesima annata della rivista raccoglie gli Atti delle giornate di studio che la Società di Studi Romagnoli ha dedicato ai risultati degli scavi (Imola. difficilmente riferibile. tra cui lame di diversi attrezzi. g ed h). Id. come cuneo per legni teneri. Maioli in Imola dall'età tardo romana all’alto medio evo. 1. 1. di dimensioni simili ma di foggia leggermente diversa: una (1170 g) è fornita di una grossa cassa a sezione quadrangolare. Si affiancano ad esse due piccole scuri ad alabarda (a forma di mannaia) rispettivamente di 610 e 960 g (fig. si segnala il rinvenimento. G. la cassa si prolunga in una stretta nuca.. sono state riportate alla luce le tracce di un insediamento probabilmente identificabile con il castrum Sancti Cassiani. Fra i numerosi importanti reperti di tale scavo. 1. il suo peso è leggermente inferiore: 900 g (fig. quasi a formare una piccola scure dalla lama arrotondata. la nuca appiattita fino a confondersi nella cassa. I disegni delle figure 1 e 2 (a cui si fa riferimento nel testo) sono stati realizzati da Miria Mazzetti. Lo scavo di Villa Clelia. ad un'attività artigiana. adatti ad affrontare la maggiore resistenza opposta da legno e radici. La lama della nostra ascia. la maggior parte dei quali riconoscibile come parte trinciante di strumenti di lavoro. tuttavia. 1'altra presenta un corpo più compatto. Note sull'attrezzatura agricola nell'Altomedioevo Nel corso della campagna di scavi del 1978 presso Villa Clelia a Imola.Marina Baruzzi I reperti in ferro dello scavo di Villa Clelia (Imola). la zappa invece può presentare una cassa anche molto sottile. La prima. esse potevano essere impiegate da taglio. Un primo gruppo è stato rinvenuto nello strato di intonaci databile al VI secolo1. per la robustezza della cassa e l'angolazione delle superfici. utile per spaccare e squadrare tavole. la sede vescovile che affiancò la città di Imola fino alla fine del XII secolo. è equilibrata dalla cassa pesante. e la sua lama raggiungere dimensioni notevoli. la lama leggermente arrotondata. ciò lascia supporre che essi fossero originariamente raccolti in un contenitore. 1 . Il peso delle lame e la superficie di taglio non sono tali da suggerire trattarsi di scuri da abbattimento: piuttosto. Al momento del ritrovamento. 1. Completa il gruppo degli attrezzi da taglio uno strumento di piccole dimensioni (450 g) identificabile con un'ascia (fig. c) piuttosto che con una zappa. alcune delle quali presentano ancora tracce di legno nell'immanicatura: un vero e proprio corredo di strumenti. Imola 1979. dicembre 1979). di numerosi oggetti in ferro. La campagna di scavo 1979 a "Villa Clelia" (Imola): relazione preliminare. Il maggior numero di attrezzi è da porre in relazione con attività di lavorazione del legno. vista l'eterogeneità d'uso dei pezzi presenti. anche se la posizione della lama e la sua foggia sono nei due attrezzi spesso simili. Troviamo infatti due scuri. in strati differenti. pp. tuttavia. consta generalmente di un corpo più corto e compatto e di una cassa più robusta. 329-46. Per la datazione degli oggetti e la localizzazione dei rinvenimenti si vedano i contributi di M. FIGURA 1. a-f Reperti in ferro dello scavo di Villa Clelia (secolo VI) . l) che presenta due strette superfici taglienti opposte e perpendicolari tra loro. f) e. in cui è visibile l'occhio per l'alloggiamento di un manico (fig. 1. adatto soprattutto allo scasso di terreni accidentati e rocciosi (450 g). Quest'ultimo è un attrezzo di . probabilmente attrezzi destinati alla scortecciatura dei tronchi. 1. al punto da essere ormai irriconoscibile. 1. m). n). le due lamine di forma semicircolare (fig. una lama fortemente corrosa e contorta. forse. Infine troviamo un martello del peso di 1080 g (fig. g-n Reperti in ferro dello scavo di Villa Clelia (secolo VI) Ancora alla lavorazione del legno erano destinate la sgorbia (450 g) (fig. 1. ed una vanga o pala (fig.FIGURA 1. 1. Alla frantumazione del terreno sembra invece destinato il lungo piccone (fig. d ed e) terminanti alle estremità a doppio uncino (predisposte per una doppia immanicatura?). i). 1. e l'immanicatura.come vedremo . gli stessi attrezzi che. col lembo tagliente leggermente obliquo (fig. 2. oltre alle falci. . appuntito simmetricamente. vengono registrati nei documenti altomedievali tra i mobilia presenti sui poderi dei contadini dipendenti e sulle terre gestite direttamente dai proprietari. suggerendo trattarsi di una pala anziché di una vanga. probabilmente . un'ascia (560 g) dalla cassa sottile. asce. sprovvisto tuttavia di foro centrale per alloggiare il manico (fig. pur eccezionalmente. 2. il principale strumento di lavoro nella piccola coltura. d). e per completare l'insufficiente lavoro dell'aratro nel campo. b). la lama.piccole dimensioni. Ritrovamenti di strumenti in ferro di età medievale. i reperti imolesi costituiscono un piccolo campionario di lame di quelli che furono. anch'essa munita di grossa cassa e nuca quadrangolare. Sotto questo profilo i ferri degli scavi di Villa Clelia assumono un'importanza ed un interesse del tutto particolari ai fini di una migliore conoscenza dell'equipaggiamento tecnico altomedievale. vanghe. 2. un oggetto di peso notevole (2120 g). in buono stato di conservazione (1180 g). soprattuto in numero consistente. L'attrezzo presenta tuttavia una grossa lamina ricurva di metallo sulla parte anteriore dell'immanicatura: forse un vangile deformato? Si tratterebbe allora senza dubbio di una vanga. forma con essa un ampio angolo. sono piuttosto rari (anche perché il materiale. che presenta 1'aspetto di un piccone. a taglio arrotondato. ed infine una lama di coltello di grandi dimensioni e peso (2300 g). Si tratta di una scure. aratri. a). che presenta ancora tracce di legno. prolungantesi in una nuca compatta ed appiattita (fig. ed offrono l'occasione per alcune considerazioni di carattere più generale sull'attrezzatura agricola a disposizione dei contadini. scuri. è leggermente incurvata. anche perché le spalle spioventi e strette dell'attrezzo non sembrano poter offrire una buona presa al piede del lavoratore. per compiere a mano lavori di scasso e rivoltamento del terreno. gli strumenti essenziali dell'attività agricola nell'Altomedioevo: zappe. c).(960 g). tenuto conto della scarsità di informazioni utilizzabili a questo proposito. Del secondo gruppo di strumenti fanno parte quattro pezzi.il coltro di un aratro (fig. raro e prezioso. databile attorno al Mille. con le superfici disposte simmetricamente a forma di cuneo del tutto simile a quella del gruppo precedente. rinvenuti in una zona di rimaneggiamento dello strato altomedievale. 2. era soggetto a continui reimpieghi). Nell'insieme. 89). Dialogi. Moricca.inizi secolo XI) Strumenti di lavoro quotidiano. staccatasi dal manico «ferramentum. se il recupero della lama di un falcastrum . soggetti ad una usura relativamente lenta.una piccola falce per tagliare i rovi2-. dovette costituire una perdita di entità non trascurabile. quod a falcis similitudine falcastrum vocatur» (Gregorio Magno. W. Il loro forzato abbandono. XIV. . . XX.FIGURA 2 Reperti in ferro dello scavo di Villa Clelia (fine secolo X. o il loro smarrimento. come può essere il caso del gruppo di ferri del VI secolo riposti tutti insieme forse in una cassetta. p. 2 . E certo non era fatto di poco conto. Roma 1924. come forse è accaduto ai reperti erratici rinvenuti nello strato più tardo. M. gli attrezzi dotati di parti metalliche venivano fatti oggetto di accurata manutenzione e di continne riparazioni. La definizione è ripresa da Isidoro di Siviglia. Lindsay. 5 (ed. VI. a cura di U. Etymologiae. II. edifici e costruzioni di vario tipo. solo due . un elenco di prodotti. coloni e redditi stesi dai grandi proprietari altomedievali . Bari 1970. cit. le notizie sugli strumenti di lavoro sono rare e sommarie: su tredici polittici altomedievali di area padana. p. pp. Fra IX e XI secolo non sono pochi i documenti di questo tipo. Le Goff. vanghe e spesso anche l'aratro erano fabbricati esclusivamente in legno. Pale. G. 6 Una buona raccolta di esempi tratti dall'iconografia medievale inglese è quella apprestata da W. cit. due scuri. sulla cui estensione in quell'epoca e sul cui ruolo nella vita economica non è qui luogo per insistere. attrezzi. 30.e scivolata in un lago. essi possono inoltre utilizzare due coppie di buoi per l'aratura. che pure costituiscono una fonte di fondamentale utilità per le ricerche di storia agraria9. K. Gailey e A. Che la perdita delle parti metalliche degli attrezzi da lavoro potesse rappresentare un serio danno economico è confermato dall'esame delle fonti documentarie contemporanee . talora assai lunghi e dettagliati8. Milano 1969. Castagnetti). pp. [F. Hi et runcones dicti. adulti e bambini) che lavorano sulla corte principale del monastero nell'area gestita in economia. 3 Narra Gregorio che Benedetto un giorno affidò ad un lavoratore goto l'incarico «ut de loco quodam vepres abscinderet.. rastrelli. Vasina. Apprendiamo. attribuito al X secolo10.I. 10 Ivi. 11 A ciò fa seguito la registrazione dei proventi relativi ai poderi aggregati ai singoli centri domocoltili. come ben testimonia l'iconografıa contemporanea6.presentano inventari di questo tipo. Castagnetti. p. La civiltà dell'Occidente medievale. riservando alle parti trincianti di pochi strumenti l'impiego del metallo5. di cui si può vedere riprodotto un esemplare (conservato presso il Museo Nazionale di Napoli) nello studio citato (tav. La tarda comparsa di ambedue i termini fa supporre allo studioso «that implement was a specialized form of falx invented in later times»: una sorta di falcetto innestato su un lungo manico. 7 Vari esempi in Duby. ivi. adque in manubrium intravit. 195-9 (a cura di A. a cura di A. 30s. L'economia rurale. 104]. a cura di A. 304. che una zappa. otto falci messorie sono a disposizione dei 62 servi (fra maschi e femmine. chiedendo di essere punito. Hassall. così. et noli contristari"» (Dialogi. che perù non fornisce dati sull'attrezzatura agricola. n. qui statim ferramentum Gotho reddidit dicens: "ecce labora. I. I. Duby. le accurate bibliografie premesse ad ogni polittico e la bibliografia aggiuntiva alle pp. IX. Roma 1979. A. G. negli elenchi di attrezzi agricoli sono talora compresi anche strumenti di carpenteria che servivano alla loro fabbricazione7. che «tremebundus». 9 Si vedano. Nel corso del lavoro. ad eccezione di Palladio (cfr. per ogni curtis.come vedremo . in The Spades in Northern and Atlantic Europe. a runcando dicti». Non di rado questo era destinato a rivestire come semplice rinforzo una parte soltanto dell'attrezzo: la punta dell'aratro o il bordo delle vanghe. è come questo assente negli scritti degli agronomi latini. sinonimo di runco. macchinari.da cui si ricava una generale impressione di scarsa presenza di metallo nel settore della strumentazione agricola. forche. Cambridge 1967. . In esso è tracciato. effettuata con uno strumento prowisto di rinforzo metallico (oltre a due gioghi sono infatti registrati Oxford 1911): «Falcastrum a similitudine falcis vocatum: est autem ferramentum curvum cum manubrio longo. Pasquali. badili. p.). et misit in lacum: et mox ferrum de profundo rediit. M. ad densitatem veprium succidendam. una mannaia. Il termine. Esattamente a questo scopo era impiegato l'attrezzo nel racconto di Gregorio (cfr.per una ricognizione dei loro possessi. Ma anche in essi. 5 Cfr.enti ecclesiastici e monastici .. non forniva allora soltanto sostentamento per animali e uomini.le carte private in particolare . tre seghe. la lama dell'attrezzo cadde nell'acqua del lago sulla cui sponda si trovava il goto.S. O. Tommaso di Reggio Emilia. 251. 89). nota seguente). pp. ma anche il materiale primario per la costruzione della stragrande maggioranza di attrezzi. quello relativamente più ricco di informazioni a questo riguardo è il breve recordacionis del monastero di S. p. Belfast 1970. corse a denunciare «damnum quod fecerat». D. Alcuni elenchi di attrezzi agricoli sono rintracciabili nei "polittici". Luzzati. 91 ss. Notes on Medieval Spades. Agricultural implements of the roman world. quibus vepres secantur. Non a caso. Fenton. L'economia rurale nell'Europa medievale. servi e bestiame presenti sul centro aziendale11. L'Altomedioevo è stato felicemente definito una civiltà del legno4. poteva diventare oggetto di miracolo nell'agiografia altomedievale3. quatinus illic fieri hortus deberit». XV-XVI. Il bosco. Fra di essi. inventari di terre. White. Ma Benedetto «tulit de manu Gothi manubrium. 9b). 8 Essi sono ora riuniti (e nuovamente editi) nel volume Inventari altomedievali di terre. 4 J. coloni e redditi . due vomeri). Non molto diversa la situazione nelle altre cinque corti descritte nel polittico, delle quali ugualmente si registra l'attrezzatura rinvenuta sulla pars dominica 12. Notiamo che tra i beni mobili di cui sono dotate le aziende alcuni soltanto - i più rilevanti - vengono registrati: per lo più compaiono utensili da cucina, contenitori per derrate alimentari di vario tipo, soprattutto quelli di grandi dimensioni, ed infine attrezzi da lavoro, ma probabilmente solo quelli dotati di parti metalliche, tralasciandosene molti altri - che pure dovevano essere presenti - di più semplice e comune fabbricazione. È difficile perciò esprimere una valutazione sulla consistenza dell'equipaggiamento tecnico di queste aziende, senza contare che non sappiamo nulla della sua effıcacia. Le laconiche informazioni dei documenti sembrano suggerire una generalizzata carenza di strumenti agricoli di metallo: conclusione cui, in effetti, gli storici dell'economia nella maggior parte dei casi - pur con qualche eccezione13 - pervengono 14. Ma due elementi, almeno, vanno tenuti presenti, per non incorrere in conclusioni affrettate: da un lato, l'organizzazione del lavoro all'interno del sistema curtense; dall'altro, la realtà del paesaggio altomedievale e le sue peculiarità produttive. Per quanto riguarda il primo punto è noto che la lavorazione dei campi tenuti in economia era affidata per gran parte alle prestazioni di opere (cioè alle giornate di lavoro) dei coloni dipendenti, i quali presumibilmente portavano con sé i propri attrezzi, necessari alle diverse operazioni agricole, e spesso anche i buoi per l'aratura (e forse lo stesso strumento aratorio): l'ingiunzione medietatem cum bovis et medietatem cum manibus, che più frequentemente ricorre a proposito delle corvées nei patti colonici15, non sembra infatti riferirsi solo al tipo di lavoro da eseguire, ma anche all'equipaggiamento che i coloni sono tenuti - se possibile - a portare con sé16. A Sciola, nella montanga parmense, sono annotate una falcina, due zappe due mannaie, un vomere per l'aratro, due buoi; i servizi qui sono 36. A Vercallo, nell'alta collina reggiana, dove lavorano 5 servi, non è registrata la presenza di alcun attrezzo. A Cedogno, nella stessa zona, ci sono - a disposizione di 33 servi - due zappe, una mannaia, due falci messorie, una setia; anche un giogo e due buoi compaiono nell'elenco, ma non c'è menzione del vomere: forse sul suolo leggero di questa azienda collinare era considerato sufficiente l'impiego di un aratro di legno temperato al fuoco, il cui lavoro sarebbe stato poi completato a mano. A Curciliano, ubicato probabilmente in alta collina o in montagna, 7 servi dispongono - oltre che del giogo, di un vomere e di un numero imprecisabile di buoi (la carta in questo punto è abrasa) di una mannaia, due zappe, due falcine e tre falci messorie. Relativamente meglio equipaggiata rispetto all'estensione del terreno signorile (di cui possiamo farci un'idea in base alla quantità dei prodotti che vi sono coltivati) sembra essere la corte di Enzola, nella bassa pianura reggiana vicina al Po; qui per 13 servi vi sono tre buoi, due gioghi, due vomeri, quattro zappe, due scuri, una mannaia e quattro falci messorie. Per l'identificazione delle località, cfr. V. Fumagalli, Storia agraria e luoghi comuni, "Studi Medievali", s. 3, IX (1968), pp. 949-65, a p. 955. 13 Si veda ad esempio R. Delatouche, Regards sur l'agriculture aux temps carolingiens , "Journ. des Savants", 1977/2, pp. 73-100, a p. 78 ss. Per un periodo più tardo, le ricerche di P. Toubert sull'area laziale hanno individuato la presenza di artigiani del ferro sul fronte della colonizzazione, «pour fournir à la conquête rurale un outillage dont nous n'avons aucune raison de minimiser la valeur à l'excès» (Les Structures du Latium médiéval. Le Latium métidional et la Sabine du IXe siècle à la fin du XIIe siècle, I, Rome 1973, p. 230). 14 Così, ad esempio, Duby, L'economia rurale , cit., p. 24 ss., Le Goff, La civiltà , cit. p. 256 ss.; J. Dhondt, L'Alto Medioevo, Milano 1970, p. 124; G. Fourquin, Le Premier Moyen Age, in Histoire de la France rurale, a cura di G. Duby e A. Wallon, I, Paris 1975, p. 331 ss. 15 Un elenco dei contratti con coltivatori editi (limitatamente all'Altomedioevo e all'ltalia del Nord) è in M. Montanari, L'alimentazione contadina nell'alto Medioevo, Napoli 1979, Appendice a pp. 481-5. Un aggiornamento del medesimo elenco è in Id., La corvée nei contratti agrari altomedievali dell'ltalia del Nord, in Le prestazioni d'opera nelle campagne italiane del Medioevo, Bologna 1987. L'ingiunzione ricorre in questa stessa forrna anche nel citato polittico di S. Tommaso di Reggio: medietatem cum bovis et medietatem cum manibus (Inventari, cit., pp. 196-8). 16 Esplicite indicazioni in tal senso si rinvengono nella documentazione d'Oltralpe, ove gli inventari espressamente precisano che i dipendenti devono recarsi a lavorare il terreno dominico con i loro propri attrezzi (cfr. Delatouche, Regards sur l'agriculture, cit., p. 78). Un capitolare di Carlo Magno dell'anno 800, relativo al pago Cenomannico ma che può avere un significato più generale, si riferisce ai coloni tenuti ad opere di aratura «cum suis animalibus [. . .] cum suo aratro in campo dominico», precisando che se non hanno animali a sufficienza, devono prestare opere manuali più numerose (Capitularia Regum Francorum, edd. A. Boretius, V. Krause, Monumenta Germaniae Historica, Leges, 1, Hannover 1883, n. 31). Nella documentazione dell'Italia del Nord mancano attestazioni altrettanto esplicite riguardo alle corvées, ma per le opere di trasporto in alcuni contratti si fa precisare ai coloni che «si bubus non abuerimus at manibus aciuvare debeamus» (così in P. Federici Codex diplomaticus pomposianus, in appendice, a Id., Rerum pomposianarum historia monumentis illustrata, Roma 1781, pp. 397-591, n. LXVII, a. 1025, pp. 496s; cfr. Montanari, L'alimentazione, 12 Per valutare, dunque, l'adeguatezza della strumentazione agricola altomedievale, non possiamo prescindere dall'attrezzatura dei poderi contadini. Non manca chi - sia pure in via ipotetica - sostiene una sua migliore qualità, e maggiore consistenza, rispetto alle aziende signorili: il Modzelewski, ad esempio, ritiene che diversamente dal signore, il colono avesse ogni interesse ad investire in attrezzi i pur magri proventi del suo lavoro17. La tesi è interessante, ma difficilmente verificabile, dato che sull'equipaggiamento dei poderi contadini sappiamo ancor meno di quanto si può accertare per i centri dominici. I riscontri documentari fino al X secolo sono davvero pochi: basti pensare che su oltre 160 contratti con coltivatori stipulati nell'ltalia del Nord fra VIII e X secolo uno soltanto fornisce indicazioni a proposito degli attrezzi. Si tratta del contratto di livello stipulato nell'anno 853 fra il monastero veronese di S. Maria in Organo e i fratelli Lusiverto e Luvenperto, i quali «devono premunirsi per poter mantenere, una volta scaduta la locazione, la proprietà dei pochi beni che si sono portati dietro all'ingresso nel podere»18, e cioè, per quanto riguarda gli attrezzi agricoli, otto zappe, cultra una, giuntezos (= correggiati) duos, falces [. . .] torias tres 19 . Quali, in concreto, fossero i risultati di un'agricoltura praticata con tali mezzi, uniti ad una concimazione insuffıciente e a rotazioni irregolari20, è dato rilevare dalle rese unitarie dei cereali, che il già citato inventario del monastero di S. Tommaso ha permesso al Fumagalli di calcolare alcuni anni or sono: esse oscillano, nelle parti domocoltili delle singole aziende, tra 1'1,7 e il 3,8 per uno21. Più basse nelle proprietà ubicate in zone collinari o di montagna, esse risultano relativamente più alte nelle zone più adatte alla coltivazione dei cereali dell'alta e della bassa pianura; in ogni caso si tratta di rendimenti esigui, spia di un livello tecnologico decisamente basso. Entra però in causa a questo punto la seconda delle due considerazioni sopra accennate: la realtà del paesaggio altomedievale e la sua tipologia economica. In effetti, in quel sistema produttivo il settore cerealicolo aveva una importanza relativa, in certi casi addirittura secondaria, rispetto ad altre realtà produttive legate oltre che allo sfruttamento intensivo degli orti - soprattutto all'utilizzo degli spazi incolti: selve, pascoli, paludi. Questi costituirono nell'Altomedioevo, non meno dei coltivi, una fonte di approwigionamento costante per gli uomini, per la possibilità di pascolarvi grandi greggi di maiali e di ovini e caprini, di esercitarvi la caccia, la pesca, la raccolta dei frutti spontanei22. La caratterizzazione fortemente silvo-pastorale dell'economia altomedievale va tenuta ben presente per cit., nota 21 a p. 231; e vedi P. Allegri, I contratti con coltivatori nella Romagna dei secoli IX-XII, tesi di laurea, relatore M. Montanari, Università di Bologna, a.a. 1978-79, pp. 268, 281). Sulle corvées contadine vedi ora il volume Le prestazioni d'opera cit. 17 K. Modzelowski, La transizione dall'antichità al feudalesimo , Storia d'Italia Einaudi. Annali , 1, Torino 1978, pp. 3109, a p. 98. Anche il Delatouche (Regards, cit., pp. 89-91) suppone una migliore attrezzatura (e una maggiore produttività) dei poderi contadini rispetto alle terre tenute in economia dai signori. 18 V, Fumagalli, Le prestazioni di opere sul dominico in territorio veronese nel secolo IX , in Id., Coloni e signori nell'Italia settentrionale. Secoli VI-XI, Bologna 1978, pp. 1735, a p. 28. Sul problema dei beni mobili accumulati dai coloni nel periodo di permanenza sul podere (conquestum) e la possibilità di disporne, vedi B. Andreolli, A d conquestum faciendum. Un contributo per lo studio dei contratti agrari altomedievali, "Rivista di Storia dell'Agricoltura", XVIII (1978), 1, pp. 109-36. 19 V. Fainelli, Codice diplomatico veronese , I, Venezia 1940, n. 189, pp. 285-7 (ma vedi Fumagalli, Le prestazioni, cit., per una più corretta e completa lettura del passo). 20 Cf. Duby, L'economia rurale, cit., p. 37, Montamari, L'alimentazione, cit., p. 162. 21 Fumagalli, Rapporto fra grano seminato e grano raccolto, nel polittico del monastero di S. Tommaso di Reggio , in "Rivista di Storia dell'Agricoltura", VI (1966), 4, pp. 360-2; Id., Storia agraria e luoghi comuni, cit., pp. 953-5. Sulla scorta della vecchia edizione dell'inventario curata dal Torelli l'autore indicava come indice massimo di resa il 3,3 per uno; il valore 3,8 è calcolabile per la corte centrale del monastero (per cui il Fumagalli indicava uma resa 2,8) in base alla lettura del documento proposta recentemente dal Castagnetti (Inventari, cit., p. 196). Sulle rese cerealicole nel Medioevo vedi, ora, M. Montanari, Rese cerealicole e rapporti di produzione. Considerazioni sull’Italia padana dal IX al XV secolo, in "Quaderni medievali", 12 (1981), pp. 32-60. 22 Cfr. per questo soprattutto V. Fumagalli, Terra e società nell'Italia Padana. I secoli IX e X , Torino 1976, pp. 3 ss.; Id., Il regno Italico, in Storia d'Italia, a cura di G. Galasso, II, Torino 1978, pp. 57 ss.; Montanari, L'alimentazione contadina, cit., pp. 19 ss. e 221ss. valutare nella loro giusta portata i dati forniti dalle fonti, a cominciare dalla stessa carenza di strumenti agricoli. La realtà fısica degli spazi incolti costituì lungo tutto l'arco del Medioevo una presenza con cui gli uomini dovettero misurarsi quando vollero conquistare nuove terre all'agricoltura. È signifıcativo pertanto osservare che nei documenti scritti, così come nei riscontri iconografici e nei reperti archeologici (anche in quelli imolesi), accanto agli attrezzi per la lavorazione del suolo gli strumenti da taglio - per diradare rovi, tagliare rami, attaccare il bosco e abbattere quella che i documenti chiamano silva infructuosa23 - sono una costante fissa. Sotto questo profilo è particolarmente interessante l'inventario della corte di Migliarina, nella pianora emiliana presso Carpi24. Nel X secolo, epoca di stesura dell'inventario questa era una vera e propria corte pioniera ai margini di una grande foresta, che nelle annate buone - quando glande bene prinde - poteva ingrassare ben 4.000 maiali25. Fra gli attrezzi di questa corte sono registrate asce, accette, scuri, seghe, pialle: dolatoria una, secure una, secies VI, sappes VII, asia una, asione uno, rasoria una, falce potatoria una, tappolis dai, secio uno26. Un vero e proprio corredo da boscaiolo. Non diversamente funzionale alle caratteristiche delle terre- in buona parte incolte - che Altiperto homo liber prende a livello nell'812, in Toscana, appare l'elenco di attrezzi che gli vengono consegnati al momento di entrare sul podere: questo è composto di quattro appezzamenti a vigna e di due moggi di terra ad pastenandum, per la coltivazione dei quali egli potrà utilizzare tzappa una, marcione unum; l'altra parte del podere è formata da una cetina - zona di recente diboscamento27- di dieci moggi: una scure, un runcone, un runcilione ed una falce mensuria costituiscono il resto dell'equipaggiamento 28. Se ora ci soffermiamo ad esaminare quali fossero i centri di produzione del metallo e degli arnesi metallici, notiamo che nell'organizzazio ne economica della grande proprietà, complessivamente tendente all'autosufficienza, la produzione di manufatti artigianali era prevista talora nei centri dominici, ad opera dei servi prebendari. Dal breve memoriationis dell'abate di Bobbio Wala, stilato forse fra 1'833 e 1'83529, apprendiamo quali erano i principi ispiratori dell'organizzazione economica curtense. Si tratta infatti di uno schema di pianificazione delle risorse dei diversi possessi del monastero, con indicazioni precise per la loro gestione. Una serie di officine avrebbe dovuto provvedere alla fabbricazione di tutti i manufatti necessari al normale funzionamento dell'azienda. Ogni settore doveva essere affidato ad un responsabile, che al tempo stesso si occupasse del lavoro dei servi e dell'approvvigionamento del materiale necessario. Così, per il settore che a noi interessa, Wala suggerisce che «camararius abbatis provideat omnes fabros scutarios [. . .] et ipse provideat omnia ferramenta» 30. Alle diverse necessità del grande complesso monastico, inoltre, rispondeva la specializzazione - per quanto possibile - delle singole aziende, in base alle risorse locali: così Wala «Gardam deputavit ad oleam, Luliaticam ad ferrum»31. Se presso questa corte, ubicata nel Pavese 32, si praticasse anche un'attività Per tale espressione cfr. G. Tiraboschi, Storia della augusta badia di S. Silvestro di Nonantola , II, Codice diplomatico, Modena 1785, n. XXXIII, a. 837, p. 50s; n. XXXVI, a. 845, p. 52 s. 24 Inventari, cit., n. X, pp. 201-4 (a cura di A. Castagnetti). 25 Il dato si ricava dalla decima (400 maiali) che la corte riscuote annualmente, se la produzione delle ghiande va bene, dai coloni che utilizzano la selva (ivi, p. 203). 26 Ivi, p. 204. 27 Cfr. B. Andreolli, Recensione a W. Kurze, Codex Diplomaticus Amiatinus , Tübingen 1974, "Rivista di Storia dell'Agricoltura», XVII (1977), 1, pp. 137-42, a p. 141. 28 Kurze, Codex Diplomaticus Amiatinus , cit., n. 73, a. 812; cfr. ivi, nota I a p. 145, l'identificazione di alcumi attrezzi e di altri oggetti citati nel testo. E vedi Fumagalli, Precarietà dell'economia contadina e affermazione della grande azienda fondiaria nell'ltalia Settentrionale dall'VIII all'XI secolo, "Rivista di Storia dell'Agricoltura", XV (1975), pp. 327, a p. 4s. 29 C, Cipolla, Codice diplomatico del monastero di S. Colombano di Bobbio, I, Roma 1918, doc. XXXVI, a. (833-835?). 30 Ivi, p. 141. 31 Ivi, p. 140. 32 Inventari, cit., p. 137 nota 1. 23 R. cit. pp. nell'88334. in San Salvatore di Brescia. Sono complessivamente 340 libbre di ferro39. con il prodotto della sua attività artigianale. Giulia di Brescia. 38 Inventari. contadino. 2 forche di ferro (che qui compaiono per la prima volta nella documentazione medievale dell'Italia del Nord) ed altre 100 libbre di ferro vengono dai dipendenti della corte di Griliano. 71. E ancora la preoccupazione di procurarsi strumenti di lavoro dovette spingere l'abate di Nonantola Pietro. quindici falci prataricias. nota 49 e contesto. L'economia rurale. 34 33 . Pasquali.. 60 libbre di ferro riscuote da 83 servi la corte di Bradellas in Val Camonica. 37 Per la rilevanza del dato anche in un ambito geografico più ampio cfr. entro il mese di aprile. 142-l67. Ivi n. Ivi n. 137. 69. a commutare il canone in natura corrisposto da Gudepertus faber. Das Eisengerverbe in Mittelalter. 56-57 54. Stuttgart 1968. 130 libbre di ferro provengono dal beneficium dell'amministratore Pietro.. 1 mannaia. p. uno deve corrispondere come canone annuo cinque vomeri33. forse Siniga in comune di Pisogne38.pp. p.. Per questo documento vedi anche oltre. In esso non è documentata alcuna attività artigianale presso il monastero. i cui prodotti erano destinati non al mercato . ubicati nelle ricche colline metallifere delle prealpi lombarde. a p. Per l'identificazione delle località vedi (oltre alle note in calce al testo dell'inventario) G.o non solo ad esso—ma alla soddisfazione delle esigenze di autosufficienza dell'economia curtense. VIII/3. forniscono come canone ferro o attrezzi già lavorati. 29 vomeri. Pasquali). cit. due falces prataricias sono pagate come canone da due dipendenti della corte di Verriana. V. legato alla corte di Vuassaningus. n. pp. Castagnetti). 166-175 (a cura di A. 41 Inventari. 36 Ivi n. nel Pistoiese. 65. Pochi altri documenti lasciano intrawedere qualche aspetto di questa attività: oltre al caso della corte bobbiese di Luliatica che abbiamo appena considerato. a testimonianza di un'attività artigiana diffusa. e lo stesso numero di vomeri è tenuto a prestare ancora al momento della stesura di un secondo breve. 145-65 (a cura di A. Notizie relativamente abbondanti e sistematiche sono quelle che sugli attrezzi e sul metallo grezzo ci fornisce l'inventario dei beni del monastero femminile di S. 3 scuri. n. assegnabile agli anni fra IX e X secolo41. non datata. a p. 158. II. VIII/2 pp.anche le dimensioni42. 1. ma anche (forse soprattutto) in una forma diffusa di artigianato rurale.fatto del tutto eccezionale . 730-731. è certo che. p. Brescia 1978. nel 907.. 20 libbre è il fictum corrisposto ogni anno da un manens della corte di Borgonato. La distribuzione geografica delle cappelle e delle aziende rurali descritte nell'inventario altomedievale del monastero di S. Giulia di Brescia. Dunque. titolare di un podere nel Comasco. una mannaia. 20 vomeri. 5 vomeri da tre manentes di Mairano.estrattiva o solo la lavorazione del metallo. negli anni successivi. cit. nel Pavese. 883). 111 ss. cc. in zone naturalmente ricche di giacimenti minerari ferrosi. databile agli anni a cavallo fra IX e X secolo36. cit. 42 Codex Diplomaticus Langobardiae. 2 forche. obbligandolo a consegnare ogni anno. che appare fra i possedimenti del monastero di Bobbio nell'adbreviatio. 32. 143 (a. Il dato concorda con i reperti degli scavi imolesi di Villa Clelia: il peso dei ferri oscilla infatti tra i 500 ed i 1200 grammi. Queste notizie ci testimoniano un fatto importante: la lavorazione dei metalli non aweniva solo sui centri dominici. a p. Castagnetti). Non sappiamo invece di dove provenisse il ferro che i dipendenti della corte di Sorlasco. in quantità rilevante37. 121-44 (a cura di A. 41-94 (a cura di G. erano tenuti a trasportare fino a Piacenza35. 40 Sull'importanza della produzione di ferro delle miniere bresciane nel Medioevo cfr. 4 falci. dai dipendenti di questa corte provengono manufatti in ferro: dei sette fictales registrati nel breve bobbiese dell'anno 862. 4 vomeri e 4 falci sono consegnati alla corte di Odolo. Duby. pp. 72. VIII/1 pp. 80). Materiali per un museo. con 340 libbre di metallo si sarebbe potuto costruire un numero consistente di attrezzi (anche senza assegnare alla libbra il valore ottimale di mezzo chilogrammo). 3 scuri. 35 Ivi pp. 173. 30 libbre di ferro rendono 8 manentes insediati su una sors dipendente dalla corte di Cassivico. di cui vengono stabilite . Sprandel. ma molti dei poderi dipendenti. CCCCXXII. 63. non sappiamo. 862) e 164 (a. Torino 1873. 39 A titolo puramente indicativo si può osservare che secondo il Delatouche una buona zappa richiedeva circa 800 grammi di ferro (Regards. come le colline bresciane40. Castagnetti). J.]». 98-103). 4. attestando uno sviluppo progressivo della loro attività e della loro rilevanza sociale. La transizione. costellati di ardite fantasie (o. a. 322). Il documento stabilisce. 50 Per gli equivoci derivanti. Le Gall. Les 'falces' et la 'faux'. collegata con una prosperità economica che si manifesta nel possesso della terra44. Vitale] iura». 318: Ugo faber (cfr. 1161. 281). a. In particolare cf. 117: Ugo Iohannis fabri). in Etudes d'archéologie classique. che a mio awiso si potrebbe interpretare così: ogni falce sia lunga due piedi.. 767. Zaccherini. 4: «a tercio latere [di una «mansione que est edificata in monte castro Imola»] tenente lobannes faber per livello de ipsius [del monastero di S. . la documentazione imolese attesta una straordinaria presenza e vitalità di questa categoria artigiana. e poi nell'XI e nel XII.Il terzo polo della produzione di attrezzi in ferro. XVIII. Da questo punto di vista non è forse senza significato trovare menzione di un Iohannes faber. cfr. p. possono fornirci indicazioni concrete sugli attrezzi.] sicut necesse est segandum. 45 S. n. operanti nelle campagne o nelle città. pp. a. 60. 1161. fra gli sterpi: destinazione. 1. ivi. secondo il contratto dell'anno 90748. cit. 5 (261). alla loro conformazione. Quanto alla tipologia degli attrezzi.. Imola 1912. 11. . p. sopra nota 43 e contesto. Sed tale debeant esse [. In realtà. Fumagalli presso l'Università di Bologna: Iconografia e storia agraria: le occupazioni dei Mesi nell'arte medievale padana. Raffigurazioni medievali di falci di questo tipo provengono dall'area fiamminga dove ancora oggi esse sono in uso (cfr. 78. 1. sull'argomento anche Modzelewski. 218. al meglio. discussa nell'a. La società milanese nell'età precomunale. 47 Ivi. e in qualche misura l'iconografia. n. ho condotto nella tesi di laurea. 22 (1959). quando la lotta all'incolto era un'attività quotidiana del lavoro agricolo. p. 1140. . risalente all'anno 96445. per una rassegna delle problematiche 44 43 . Caratteristica principale di questo attrezzo è quella di tagliare l'erba non rasoterra. Né molto più utili risultano a tale scopo i trattati enciclopedici. n. alla loro efficacia d'impiego. n. 217. II.] ut sint unaquaque longa pedes legitimos doos manualis ad mediocrem haminem. 281 (Romesinus faber: cfr. come le Etymologie di Isidoro di Siviglia o il De universo di Rabano Mauro. immagini e oggetti è sempre delicato e spesso problematica l'instaurazione di precise corrispondenze. possessore fondiario nel primo documento imolese conservatoci. 738. Gaddoni G. "Annales de l'Est". n. benché ostacolata dall'abrasione del testo nelle parti che ci interessano.. Launey). ad esempio. 1168. a. 49 Sulla sostanziale astrattezza e ripetitività dei trattati altomedievali vedi Fumagalli. a volte a rischio di fraintendimenti50.. Cfr. p. p. Agricultural implements. 51 Una raccolta sistematica di immagini del XII secolo (le raffigurazioni dei Mesi) che per la forte ripetitività dei soggetti rappresentati si offrono come buon punto d'osservazione per l'indagine storica. sulla loro foggia e taglia. 157 s. n. 89. 10). informazioni di questo tipo sono assolutamente eccezionali nelle fonti documentarie altomedievali: unica nel suo genere è la descrizione dettagliata delle dimensioni che devono avere le falci fienaie fornite al monastero di Nonantola dal fabbro lombardo sopra ricordato. 358 (Bernardus faber). Cfr. pp. assieme ai centri signorili e all'artigianato contadino. dalla non corretta identificazione dei vari tipi di falces menzionati dagli autori latini. 1144.degli oggetti giunti fino a noi. 257. a. n. di dotte citazioni) anche là dove ci si attenderebbero descrizioni precise49. p. 75. cit. p. che certo poteva riuscire utile nell'Altomedioevo. Terra e società. ma ad una certa altezza dal suolo. Le menzioni di fabbri specializzati si moltiplicano nei documenti già a partire dai secoli IX e X43. Chartularium Imolense. . p. anche se il riscontro fra menzioni scritte. 1. (à la mémoire de M. cioè lungo due piedi e quattro semissi. Mayheff. cfr. p. 48 Cfr. e di poter essere utilizzato con una mano sola. e il manico adatto ad un uomo di media statura. Fin dal secolo X. Mém. Leipzig 1892. Risultati concreti si possono tuttavia attendere. L'interpretazione di queste misure. 87. C. Cassiani. 2 ss.] ferreas eatum [. . C. 28. passim (si veda il dettagliato indice onomastico in fondo al II vol. p. le pp. presente sia in città sia negli insediamenti minori del contado46. . entro la cui area sono stati effettuati gli scavi di cui ci stiamo interessando abbiamo esplicitamente attestati almeno quattro fabbri47.). 1187. White. pp. Nello stesso castrum S. 208. 55-72. ed. a. a. Naturalis Historia. che le «falces prataricias bonas quindecim cum [.a cominciare dalla pesatura . cit. se la lettura delle fonti si unisce all'osservazione delle immagini51 e soprattutto all'esame . semisses quattuor [. 1160. era quello degli artigiani di mestiere. quod sunt duos pedes. I. e tav. pone alcuni problemi di interesse non secondario. V. Bari 19742. 270 (Guido faber: cfr. . 1975-76 con il prof. Violante. p. in particolare a proposito della falx foenaria. Esso inoltre .II.secondo l'indicazione di Plinio poteva essere maneggiato anche inter vepres. soprattutto i reperti archeologici. In questo caso ci troveremmo di fronte ad un tipo di falce fienaia il cui manico ha scarso sviluppo in confronto alla lama forse del tipo "italico" descritto da Plinio in opposizione ad un tipo di manico lungo utilizzato ai suoi tempi in Gallia ed in seguito diffusosi altrove (Plinio il Vecchio..a. 46 Ivi. n. Che si tratti di un attrezzo da taglio più sostanzioso che un semplice coltello appare subito chiaro dalle sue dimensioni. Quali forme e quali caratteristiche tecniche avessero gli aratri in età medievale. rispettivamente i francesi charrue ed araire. è quello che li distingue in due classi principali in base alle caratteristiche tecniche delle parti lavoranti ed alle funzioni che esse assolvono58. Münster i. capovolta rispetto all'originale. Intorno all'attività di Deo di Buono. L'Homme et la charrue à travers les siècles. La ricerca di Anselmi ha dimostrato come si possa verificare la compresenza di diversi strumenti aratori in una stessa area. M. inducendo Anselmi ad accogliere questa tesi come altemativa a quella della storiografia tradizionale). Sull'importanza e la maggiore funzionalità di tale classificazione rispetto ad altre precedenti cfr. C. 202-28. Si veda inoltre A. G. Paris 19682. cioè il vomere e. 213-30. San Benedetto in Polirone 1977. area dassica di diffusione dell'aratro "semplice". tra aratri simmetrici e aratri asimmetrici. La complessità e varietà di attrezzi che caratterizzano le carte etnologiche d'Italia degli strumenti aratori56 invitano a guardarsi da eccessive semplificazioni57. Fenton. Il coltro rinvenuto a Imola pesa 2 chilogrammi e 3 etti. pp. 58 A. Aratro e colture nell'Europa nordica medievale. quando sia presente. A che tipo di strumento aratorio apparteneva questo coltro? Non è facile dirlo. 433 ss. 24) i termini aratro e coltro mal restituiscono. Lerche. 471-5. pp. p. 55 Un approccio metodologico alla problematica d'insieme. infatti. Recherches sur les instruments du labour au Moyen Age. a p. Anselmi. Un utile criterio di classificazione. vorrei soffermarmi sui problemi relativi alla identificazione dello strumento al quale era probabilmente fissato il coltello rinvenuto nello strato altomedievale degli scavi di Villa Clelia. XIIe-XIIIe siècles). De Angelis. 54 Per l'Europa del Nord esistono numerosi contributi. VI. Entstehung und Verbreitung des Pfluges. resta un problema aperto55. ivi. "Archeologia Medievale". nota 54) invitano ad attenuare e articolare la tradizionale separazione fra Europa mediterranea. "Bibliothèqùe de l'Ecole de Chartes". la letteratura ricordata da Anselmi (anche se egli non ha potuto evitare un incidente di lettura dovuto alla ambigua traduzione di un brano di J. 1-38. un folto numero di interventi si può reperire nella rivista danese "Tools and Tillage" edita a partire dal 1968 a cura di alcuni tra i più qualificati specialisti del settore: A. con particolare riguardo per questi ultimi. coerentemente con esigenze diverse di coltura e di lavorazione del suolo. Torino 1976. Da ciò prende origine l'equivoco per cui l'area di diffusione dei singoli strumenti è nella traduzione italiana. Per una rappresentazione cartografica che tenga conto della distinzione di tipo funzionale. Per il Bassomedioevo. Grassi. 433. nella storia generale dell'aratro. Parole e strumenti del mondo contadino. p. Haudriccurt. E questo è tanto più vero quanto più ci si allontana nel tempo e scarsi sono i riferimenti per affrontare il problema nel suo insieme. con una aggiomata bibliografia. Calendriers et techniques agricoles (France-Italie.). in Arte e lavoro nella civiltà padana. A questo proposito può risultare utile un raffronto con il peso di alcuni coltri realizzati alla metà del '400 da un fabbro casentinese. XXXI (1976). utilizzando un taccuino di lavoro in cui si trovano registrati peso e prezzo dei singoli manufatti eseguiti dall'artigiano52. Steensberg. 57 Gli studi di Steensberg relativi all'Europa del Nord e quelli di Anselmi pertinenti l'area marchigiana (vedi sopra. Gli aratri e l'economia agraria . G. ed Europa del Nord dove troverebbe largo impiego l'aratro "pesante". il cui peso oscilla tra le 7 libbre e le 101ibbre e mezzo. Le Travail au moyen âge. Heers. Piovi perticari e buoi da lavoro nell'agricoltura marchigiana del XV secolo. pp. Mane.Tra questi compaiono dodici coltri. Oltre al classico P.A titolo esemplificativo. pp. Gille. è offerto da B. cioè tra i 2 e i 3 chilogrammi53. Leser. "Quaderni Storici». Paris 1955. per individuare le caratteristiche discriminanti degli aratri. Aratri ed altri mezzi tradizionali mantovani per la lavorazione del suolo. 53 Ivi. che è stata finora la meno studiata54. Forni. pp.W. la foggia ed il peso possono suggerirne l'identificazione con un coltro e l'appartenenza ad uno strumento aratorio. III (1976). 52 L. p. Poni. in una lingua che non ha conservato due temmini distinti per indicare i due tipi di aratro. 1931. 19. il coltro: ma sulla scorta di questi soli elementi non è possibile risalire con certezza all'attrezzo originario. un'indagine puntuale è stata condotta da S. Sull'attività di questo ha riferito Laura De Angelis. Su questi temi vedi ora P. 85-109. 223. pp. 1962. nelle diverse aree geografiche e soprattutto in quella mediterranea. vedi G. SteensFerg. In proposito cfr. 42932 (e Appendici. una carta degli aratri basata essenzialmente sulle caratteristiche costruttive degli strumenti. J. Paris 1983. p. Un primo tipo di aratro59 è caratterizzato dal vomere relative alla critica delle fonti iconografiche per ricerche di interesse rurale. A. con particolare riguardo alle fonti iconografiche. fabbro casentinese. Brunhes Delamarre. nell'edizione italiana del lavoro (Messina 1973. Molto spesso degli aratri antichi non si conservano che le parti metalliche. Storia d'Italia Einaudi. 56 Si veda ad esempio in C. L'aratro. in modo da poter mettere a frutto ogni informazione che come il ritrovamento imolese . 15. Aratri. 139. 411). Per uno studio tipologico dell'aratro con particolare riferimento alla regione toscana. "Rivista di Storia dell'Agricoltura". ha inteso offrire due differenti schemi d'indagine (cioè due diversi tipi di classificazione. come noto. a tutt'oggi i tempi e le aree di diffusione dell'aratro asimmetrico nell'Europa medievale restano per gran parte da defınire66. Una proposta. Vedi ad esempio i primi risultati di una ricerca sul campo condotta da G. il quale. eventualmente accompagnato da due ali egualmente simmetriche. in Id. p. 129-31). ad esempio. Bologna 1963. Una proposta. pp. 6. osservando che la ripartizione proposta non tiene conto della forza motrice («attelage») e ribadendo i pericoli insiti in una classificazione «formaliste» degli strumenti aratori. 3. L'Homme et la charrue. Nulla. diversi montaggi dando luogo a strumenti abbastanza differenti tra loro. molti storici sono concordi nell'assegnare alla diffusione dell'aratro asimmetrico un ruolo di protagonista in quella che viene definita la "rivoluzione agraria» medievale. Forni. pp. La distinzione fra i due tipi di aratri. a p. Sui loro risultati cfr. B.. 36-47: trad.. 137-44.. di un asse obliquo che ha la funzione di rivoltare completamente la zolla: il versoio60. che avrebbe interessato tutta l'Europa occidentale. 28196. 22-28 aprile 1965. e la sua azione di taglio orizzontale della zolla è completata dalla presenza. p. in Agricoltura e mondo rurale in Occidente nell'Alto Medioevo. che adotta. 59 Questi aratri possono avere. 605-61. 217. tratti dail'Atlante Linguistico Italiano per precisare la diffusione geografica del temmine.. Ma l'arà. che lascia tracce evidenti nei rialzi del terreno (Steensberg. J. cit. p. Infatti. 35s. . Sach.pratica sul terreno un lavoro più profondo. 66 Diverse ricerche archeologiche hanno interessato l'area danubiana. se pure con qualche riserva. M. poi. grazie anche all'azione trinciante di un coltello . sappiamo del suo ruolo nell'area padana. p. scriveva: «Il piò non ha che una tavola e non alza che una gleba over laga. Brunhes Delamarre. è in G. pp. pp. offrendone una sintetica documentazione grafica ed iconografica. alza due glebe rivolgendone una da una parte e una dall'altra» (Poni. "Tools and Tillage". esprime alcune riserve sul metodo adottato. nel recensire il lavoro di Sach.. p.che una proposta vorrebbe fosse chiamato plovo61. 140-2. che tengano rispettivamente conto della distinzione «betwecn the kind of am implement according to ils function and the type according to its shape») per la ricerca sulle basi materiali di una società.il coltro posto verticalmente sull'asse del timone. L'economia del cittadino in villa. del testo già pubblicato in Agricoltura e mondo rurale. 1970. pp. infatti. Se ci si è dilungati su questa distinzione è per un motivo non secondario alla questione che a noi interessa. cit. 61 Forni. 62 Forni. nel Bolognese dal XVII al XIX secolo. Caselli. le parti lavoranti dell'altro tipo di aratro. in circostanze deterrninate. poi ripresa in Una proposta terminologica per semplifcare e chiarire la nomenclatura italiana dell'aratro. I (1968). 3-27.. in molte lingue europee si sono mantenuti due diversi temmini per indicare le due diverse classi di strumenti (ibid). davanti al vomere 64. IV (1977). e quella etnologica dall'altra. in cui il vomere presenta una metà più sviluppata. Proposal for the Classifcation of Prelndustrial Tilling Implements. sul medesimo lato dello strumento. pp. Terminologia agraria medievale in Italia. 267-83). Per le connessioni aratro/forma dei campi il dibattito è ripreso nelle sue linee essenziali in Anselmi. Questo strumento asimmetrico . 65 Così.possa apportare nuovi contribuiti all'indagine. compresa l'Italia settentrionale. p. già era esposta con chiarezza e proprietà di linguaggio dell'agronomo bolognese Vincenzo Tanara. richiamandosi ad una terminologia già in uso nei secoli scorsi in Italia62 e che si riallaccia ad una radice comune alle lingue germaniche per indicare l'aratro asimmetrico63 . cit. "Archeologia Medievale". 86). Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo. Torino 1971. pp. Aratro e colture. Ciò che può essere utile in questo momento è cercare di definire i termini del problema per quanto riguarda l'area che a noi interessa. p. In seguito F. ponendosi 1'obiettivo di separare nettamente il punto di vista fommale da quello funzionale. Tuttavia.. 63 Diversamente che nella lingua italiana. invece. cit. che ha due tavole quali in punta si vanno a congiunger sopra il vomero. Bologna 1644. Brunhes Delamarre. cit. XVII (1977). 4. 620s (nota 13). Asimmetriche. cit. nel descrivere gli aratri in uso nel "piano" bolognese alla metà del '600. da uma parte. basata unicamente sui criteri costruttivi ("Etudes rurales". 60 Haudricourt. nota 9.simmetrico. cit. Tanara. cfr. 64 L'impiego dell'uno o dell'altro tipo di aratro dà luogo ad una lavorazione profondamente diversa dal suolo. Terra e nobiltà nel Medio Evo. come ha ben messo in luce Carlo Poni. Gli aratri. p. V. che esegue un lavoro superficiale di scasso sollevando ai lati le zolle del terreno smosso. cit. Una interessante serie di dati linguistici collegati alla voce plovum. a partire dal secolo XI65. Piovi perticari e buoi. Pellegrini. il Duby ritiene possa giustificarsi il «successo agricolo» verificatosi nell'Europa dell'XI-XII secolo (Il problema delle tecniche agricole. la tipologia degli aratri simmetrici proposta da Haudricourt e Brunhes Delamarre. Spoleto 1966. pp. III. e per lo più attinenti alle singole parti con particolare interesse per l'etimologia dei temmini che le designano. p. e ha dato luogo a diversi emendamenti. adatti a suoli leggeri ed accidentati come quelli mediterranei. Agricultural implements. in cui sono elencati diversi tipi di vomeri e lame per aratri. 72 Un aratro di questo tipo è raffigurato su una formella bronzea collocata nel portale di S... 174). 330 ss. Agricultural implements. Cfr. I caratteri originali della storia rurale francese. La presenza. Torino 1973. 68 67 . tuttavia. Grazie al miglioramento della trazione fu facilitato. Il brano. cit.C. XVIII. ed. 172: latior haec quarto generi et acutior in macronem fastigata eodemque gladio scindens solum et acie laterum radices herbarum secans. 12). Bloch (I caratteri.. più tardi. che porterebbe ad anticipare di alcuni secoli la comparsa di un avantreno a ruote fissato all'aratro. p. 70 Currus autem dixit propter morem provinciae suae in quo aratra habent rotas quibus iurantur (Servii grammatici qui feruntur in Vergilii Bucolica et Georgica commentarii. White. Recherches. che gli avrebbero conferito la sua conformazione più tipica ed una più completa effıcacia di lavoro. è grazie ad un passo della sua Naturalis Historia. Zeno a Verona. l'area mantovana70. 141. Plinio è quello che ha descritto gli aratri in uso ai suoi tempi con maggior ricchezza di dettagli. rendendosi inoltre possibili nuove e importanti trasformazioni dello strumento. del coltro. C. Se un tale tipo di aratro si sia presto diffuso anche in area padana. Steensberg (L'aratro nell'Europa nordica. benché montato su strumenti di tipo asimmetrico73: ciò può rendere difficile interpretare correttamente ritrovamenti archeologici di vomeri e capire a che tipo di aratro appartenessero. 30. realizzata verso la metà dell'XI secolo. per eseguire una aratura inclinata. 69 Plinio. Per ciò che concerne i reperti archeologici. Brunhes Delamarre.. 100-2. (anche per quanto segue). Lo stesso in M. 173). essa tuttavia sembra rappresentare la risposta più idonea alle esigenze di lavorazione di suoli pesanti e argillosi. Uno studio approfondito di tali menzioni. 10. poi. soprattutto per il temmine plaumoratum che compare solo in questo passo. cuspis effigiem palue habet. Brunhes Delamarre.Molti studiosi concordano nell'affermare che il mondo romano conobbe esclusivamente aratri simmetrici. Ancora di recente. cit. cit. L'Homme et la charrue. 61. 88) ha sostenuto che già Virgilio «descrive un assolcatore fissato su un carro a ruote di uso comune nelle terre di Lombardia». 213. Leipzig 1887. che nel commentare un passo delle Georgiche (1. 60) la presenza o meno delle ruote costituisce la caratteristica discriminante delle diverse tipologie di aratri. del IV secolo. unitamente ad una documentazione relativa all'iconografia contemporanea ed ai reperti archeologici è stato condotto da White. lacunoso. 73 Gille. se non è affiancata In talune occasioni essi potevano essere inoltre usati obliquamente. su terreni pesanti e in climi piovosi. La localizzazione e l'individuazione delle fasi di questa evoluzione presentano tuttavia alcuni problemi. Una aggiomata letteratura sull'interpretazione del temmine è segnata in Forni. Le descrizioni di aratri romani giunte fino a noi non sono numerose. L'applicazione del versoio e. cit.. Contribuisce però a farlo credere la nota testimonianza di Servio. Come è noto. Da un punto di vista tecnico. l'adozione delle ruote non implica necessariamente un diverso tipo di aratura. Motivi di ordine filologico oltre che tecnico hanno indotto a ritenere errata l'interpretazione di Servio. cit.. cit. L'aratro a ruote probabilmente rappresentò una fase intermedia di evoluzione dall'aratro simmetrico a quello asimmetrico72. L'Homme et la charrue. pp. quod genus vocant plaumorati. p. del vomere asimmetrico e del coltro sarebbero stati perfezionamenti ulteriori dell'attrezzo. p. 1. Haudricourt. Cfr. 11. 138.un tipo di aratro dotato di un ampio vomere e che presentava una novità allora piuttosto eclatante rispetto agli strumenti aratori mediterranei familiari a Plinio: la presenza di un avantreno a ruote69. sui quali essi praticano uno scasso non troppo profondo. pp. era conosciuto e diffuso . Thilo. cit. che siamo informati che nel I secolo d. cit. come sempre attento ad annotare curiosità e novità68.. dovuti sia alla scarsità del materiale documentario che alla reale difformità del processo. non sappiamo. dove la tendenza dell'aratro ad infossarsi non può essere facilmente arrestata come nei suoli più leggeri del Sud .. va tenuto presente che il vomere continuò probabilmente a lungo ad essere fabbricato in forma simmetrica. Naturalis Historia. p. p. pp. non pridem inventum in Raetia Gadioe duas addere tali rotulas. cit.. identifica il currus del testo virgiliano con un tipo di aratro munito di ruote diffuso ai suoi tempi nella regione nativa del poeta. Bloch. 71 Haudricourt. l'impiego di un aratro che adottasse vomeri di più ampie dimensioni. Tra gli scrittori latini. presenta non poche difficoltà di interpretazione.perlomeno in Rezia .dalla pressione del piede e della mano dell'aratore71. Per M. che rimuove la terra evitando una eccessiva evaporazione ed erosione67. Una proposta. 123-45 (si vedano anche le tavv. iconografici. un primo possibile accenno all'esistenza di due distinti strumenti aratori si trova nell'editto di Rotari (anno 643) al capitolo 288. conponat solidos tres. in Felix Olim Lombardia. né gli scavi. sia riguardo a problemi più strettamente tecnici75. archeologici) non permette di prendere chiaramente posizione in questo senso. antiqui in us. ma non sappiamo con certezza a quale uso adibito79. Cfr. In questa situazione. nota 82 e contesto. Cfr. Sui vari significati di cultrum in età medievale vedi il Glossarium del Du Cange. forse. acutum. è impossibile sapere. Fontes iuris Germ. di cui danno sporadica testimonianza i dizionari. leggiamo: «Novembre à piglià in man un cortel de bechè»).abbiamo visto . il coltro. Orlandi. Gli statuti della società dei Fabbri dal 1252 al 1579. e che l'unico tipo di strumento in uso sia rimasto a lungo il tradizionale aratro simmetrico.al vomere: tra i censi in natura costituiti da manufatti in ferro. databile intorno agli inizi dell'XI secolo.da altri elementi. per l'area che a noi interessa. che ha portato ad una prima periodizzazione della diffusione di differenti strumenti aratori nell'isola (Gille.. Come vedremo. il ritrovamento a Imola di un coltro. La maggior parte delle menzioni che abbiamo registrato sono riservate . ne disciplina la produzione prevedendo tra l'altro la fabbricazione di coltre da pio da parte del membro dei fieri gruossi e di feracieri. si riferisca. Nella redazione volgare del componimento. è certo però che più tardi un termine derivante dalla stessa radice indichierà l'aratro asimmetrico in molti paesi dell'Europa nord-occidentale. volto a individuare la comparsa di termini legati alla stessa radice del plovum di Rotari. G. da sola. Monumenta Germaniae Historica. G. F. Recherches. . che forse può indurre la soggestiva ipotesi di una precoce testimonianza di uno strumento aratorio di tipo asimmetrico in un'area in cui esso è certamente diffuso alcuni secoli più tardi80. difficilmente rappresenta. De plovum76. 75 74 . Si vedano ad esempio gli interessanti risultati di una breve indagine sulle miniature inglesi tra X e XIV secolo. 103-95. p. sarebbe a mio avviso una ricerca fruttuosa. 79 Vedi sopra. né. Cfr. costituisce un dato di notevole interesse. Bluhme. al plovum. va Cfr. i vomeri hanno la preminenza assoluta78. Contini. 57). nota 19 e contesto. hanno portato nell'area padana contributi di qualche interesse.v. 264-5). p. Hannover 1869. sch. 78 Vedi sopra. quo porcos iugulat. Ma la scarsità di indizi documentari (scritti. p. sia riguardo alla cronologia. un elemento sufficiente a stabilire che ci si trova in presenza dei resti di un aratro asimmetrico. sui quali la sua azione poco efficace avrebbe certamente dovuto essere completata dal lavoro della vanga. qui giustapposto ad aratrum. Le opere volgari di Bonvesin da la Riva. ed. tra gli altri si trova ricordata cultra una: certo uno strumento da taglio di notevoli dimensioni. in cui compare 1'unico elenco di strumenti a disposizione di un colono. ad opera dello stesso autore. G. Letteratura e politica nei 'Carmina de mensibus' ('De controversia mensium') di Bonvesin da la Riva. la documentazione scritta dell'Italia padana non sembra fare alcun accenno alla tipologia degli aratri. ed anche nella documentazione dell'area padana e marchigiana77. s. cit. né. 77 Uno spoglio della documentazione per aree ben detemminate. anche sui terreni della bassa pianura padana. Roma 1941. per quanto è a mia conoscenza. suddividendo in dieci gruppi (membri) gli artigiani del ferro attivi in città. 80 Esso doveva ormai essere largamente diffuso quando lo statuto della Società dei Fabbri di Bologna del 1397. 52. 160 (vv. oltre. 76 «Si quis plovum aut aratrum alienum iniquo animo capellaverit. M. Bologna 1974. per tutto l'Altomedioevo.. Da ultimo. 159. Un esame sistematico della documentazione iconografica a questo proposito potrebbe offrire informazioni molto utili. reddat in actogild» (Edictus ceteraeque Langobardorum leges. . pp. A quale tipo di aratro il termine plovum. e quindi può non aver lasciato tracce di sé nel terreno. Ancora per tutto il Medioevo il termine mantenne questo significato: nel D e controversia mensium di Bonvesin de la Riva (seconda metà del XIII secolo) Novembre brandisce un cultrum [. Milano 1978. a p. Nella documentazione scritta. Tavoni. L'unico riscontro documentario relativo ad un coltro non ci fornisce elementi sufficienti per sapere esattamente di che cosa si tratti. ma nulla ci è dato di sapere sulla sua conformazione. et si furaverit. bisogna tener conto del fatto che il versoio fu per lungo tempo costruito in legno. il coltro poteva anche far parte di uno strumento aratorio dotato di questa sola lama74. p. tantomeno. 10). Studi di storia padana dedicati dagli allievi a Giuseppe Martini. Si potrebbe tuttavia pensare che l'assenza di menzioni dell'altra parte dell'aratro asimmetrico necessariamente in ferro. significhi molto semplicemente che esso non era ancora utilizzato. In seguito. In un documento dell'anno 853. Esso è stato identificato non come parte dell'aratro. è chiaro che ci troviamo di fronte ad un attrezzo che risponde alla necessità di una lavorazione più profonda del terreno83. XXVI (1986). 83 Forse non è senza significato ricordare. l'aratro asimmetrico avrà larga diffusione. in "Rivista di Storia dell'Agricoltura". Brunhes Delamarre. la cui funzione è quella di tagliare il terreno verticalmente per facilitare il successivo passaggio del vomere nell'aratura di terreni pesanti o ghiacciati durante l'inverno82. White. p. Latino rustico «culter» = vomere o coltello d'aratro? Aspetti ergologico-storici e semantici dell'etimologia dell'italiano «coltro». cit. L'Homme et la charrue. L'interesse suscitato dal passo di Plinio ricordato poc'anzi ha lasciato un po' in ombra il resto del brano. Forni. soprattutto in relazione alla conoscenza a posteriori dell'impiego moderno del coltro nell'aratro asimmetrico. 81 . al rinnovamento del quale non era ritenuto sufficientemente idoneo il solo scasso del vomere di un aratro simmetrico. XVIII. in un'area in cui.diverso e staccato dall'aratro vero e proprio. cfr. nel caso imolese. Tuttavia.. Naturalis Historia. con Haudricourt e Brunhes Delamarre (L'Homme et la charrue. 171: culter vocatur inflexus praedensam. sia che si voglia attribuire il coltro ad un aratro vero e proprio. come quello di cui abbiamo notizia per l'età romana. p. tale interpretazione sarebbe da respingere in quanto distorta dall'esperienza moderna (analoghi rilievi. in cui l'autore descrive i diversi tipi di lame utilizzabili per fendere il terreno. ed è così descritta: si chiama "coltro" il ferro ricurvo usato per tagliare la terra dura prima che essa venga più profondamente scassata dal vomere che ne segue le tracce81. Haudricourt. terram secans futurisque sulcis vestigia praescribens incisuris. 23-35. Non è da escludersi che uno strumento del genere fosse in uso nell'Italia del Nord medievale: una verifica sul piano iconografico renderebbe l'ipotesi più attendibile. au climat plus humide et au sol plus profond et compact» (ivi. possono essere rivolti alle interpretazioni di cui alla nota precedente). cit. 82 Cfr. E questa l'unica menzione di un culter adibito ad uso aratorio negli scrittori latini.«coutriers» . Agricultural implements. Per le diverse interpretazioni a cui il passo ha dato origine. priusquam proscindatur. 110).. più tardi. Plinio.. che strumenti di questo tipo . pp. 108 ss. secondo Haudricourt e Brunhes Delamarre. Delle quattro ricordate. quas resupinus in arando mordeat vomer. 132.non si trovano nelle regioni mediterranee dal suolo leggero ed asciutto.. ma come uno strumento a sé stante. una in particolare è detta culter.111). che una lama di tal fatta fosse collocata su uno strumento indipendente. Allo stato attuale delle ricerche. 1. cit. à propos de régions plus septentrionales. Sull'argomento vedi G. sia che si ipotizzi l'esistenza di uno strumento separato. Il ritrovamento di coltri di epoca romana in Gran Bretagna e in Irlanda ha fatto supporre ad alcuni studiosi l'esistenza di aratri di tipo asimmetrico in quei paesi per l'epoca romana.trascurata l'ipotesi. p. cit.simile a quello oggi ancora in uso in alcune zone dell'area alpina. sopra accennata. che richiede generalmente una aratura superficiale: aPline avait dû en voir ou entendre parler. il ritrovamento di un pezzo isolato non è sufficiente ad individuare a quale tipo di strumento aratorio esso appartenesse. sul piano documentario. p. Tuttavia. oppure "scienziati" confrontarsi con i problemi della stratigrafia di un determinato sito per cogliere il senso del proprio lavoro in laboratorio. I1 deposito archeologico oggi non viene più selezionato. fonte di ricerca con il suo contenuto "naturale". surrogano e parlano al posto di un'informazione scritta disomogenea e da un punto di vista cronologico e da un punto di vista geografico. materialmente. XI (1984). come ad esempio problemi di carattere mineralogico.I resti organici I1 cantiere archeologico appare sempre più un laboratorio dove si incontrano e si confrontano "scienziati" e "umanisti". individuando diffusioni di specie arboree altrimenti non documentabili. 35-61. petrografico e paleobotanico per poter impostare correttamente analisi che altrimenti risultano inutili appendici ed abbellimento di edizioni di scavo. attraverso la lettura sedimentologica e dei pollini è possibile ad esempio contribuire alla ricostruzione dei quadri ambientali. è esso stesso. 1 Archeologia Medievale". pp. dove lo stesso confine fra le due culture si confonde: non è infatti improbabile trovare archeologi che si specializzano in settori di ricerca che sembravano off limits. che pone fra l'altro il problema del valore del campione archeologico in una prospettiva estremamente concreta e stimolante. I problemi della raccolta dei dati e della loro elaborazione insieme ad una prima sintesi generale sono i temi del saggio elaborato da Maria Ginatempo riproposto nelle pagine seguenti1 relativo al problema di una storia alimentare fondata sulla base dei materiali archeozoologici. . oppure attraverso la raccolta dei materiali osteologici contribuire ad una storia dell'alimentazione che offre quantità e qualità di informazioni che integrano. sia per ciò che concerne le tecniche di preparazione dei cibi e tutti quei sottili meccanismi di identificazione etnica o sociale che passano attraverso il gusto e la qualità dei cibi. 612. 247-80. lo studio dell'alimentazione può prendere direzioni tra le più divergenti. e analogamente ad altri was ist disciplinari. così come sono date per condizionamento "naturale" e soprattutto per condizionamento e modificazione umana (si mangia ciò che l'ambiente è in grado di produrre). ossia le retroazioni che le strutture alimentari hanno sulla storia del corpo. Leroy Gourhan.. Su alcune preferenze alimentari divergenti dall'andamento dei prezzi dei prodotti G. le strutture mentali.Maria Ginatempo Per la storia degli ecosistemi e dell'alimentazione medievali: recenti studi di archeozoologia in Italia Alla storia dell'alimentazione sono possibili. sia per quanto riguarda direttamente la produzione alimentare. Impossibile poi dimenticare un altro aspetto fondamentale che traversa tutti quelli frettolosamente elencati. 57 s. a p. 279 s. pp. a p. infine. archeologiche. sia in relazione ai modi complessi in cui i rapporti di produzione retroagiscono o determinano la produzione stessa (ripartizione dei mezzi di produzione e livello delle forze produttive. 1 . E non soltanto in base al differente tipo di fonti utilizzate (documentarie e letterarie. Braudel. Su alcuni rituali legati al ruolo alimentare della castagna G. A seconda delle scelte di priorità.). iconagrafiche. Capitalismo e civiltà materiale (secoli XVXVIII). trad. orali ecc. ma anche in senso ristretto influenza dei mercati. Note sull'alimentazione medievale. Piccinni. "Archeologia Medievale". sia nel caso di preferenze alimentari non motivabili con un determinismo tecno-ambientale. Torino 1977. in margine al convegno Problemi di storia dell'alimentazione nell'Italia medievale promosso da «Archeologia Medievale». 39-58. Pinto. le strutture tecnico-produttive. o più in generale attraverso il numero praticamente infinito di associazioni alimentari possibili. i rituali. anche a partire da un numero finito di prodotti e dai ferrei condizionamenti biologici dell'organismo umano1. Torino 1977. L'alimentazione infatti appare come un nodo in cui confluiscono. pp. si intersecano e possono essere osservati molti degli aspetti o livelli secondo i quali si considera generalmente suddivisa o composta la realtà che si vuole analizzare. Accanto allo studio delle tecniche del corpo e delle modificazioni storiche e sociali della struttura fiscia (e genetica) dell'organismo umano a queste connesse. il linguaggio e l'estetica alimenare. a fianco della paleopatologia e della storia della medicina. All'interno di ogni sistema alimentare che si intende ricostruire sembrano infatti giocare contemporaneamente: le strutture ambientali. Le fonti documentarie bassomedievali. trad. non possono certo mancare studi che. 603-15 a p. sia nel senso della circolazione e distribuzione dei beni alimentari (ripartizione dei prodotti e differenziazioni sociali dei consumi: non sempre si mangia ciò che si produce). La civiltà del castagno in Italia alla fine del Medioevo "Archeologia Medievale". Più specificamente per il Medioevo i lavori e le tendenze ricordati in G. it. "Studi Storici". per quest'ultimo aspetto in generale A. dunque. com'è noto. VIII (1981) pp. 3 (1982). it. pp. diversi tipi di approccio.) oppure in base alle necessarie "deviazioni" specialistiche che quest'area tematica può richiedere. ecc. VIII (1981). assunta l'alimentazione come uno dei Cfr. 126-97. pp. Chernbini. 338-45 e F. ma senza pretese di esaurire l'argomento. Il gesto e la parola . le strutture degli scambi e le stratificazioni sociali. come ad esempio la cultura materiale. sia meno immediatamente per quanto riguarda l'organizzazione tecno-economica nel suo complesso (si ma mangia ciò che l'uomo è in grado di produrre). frammentarie o di difficile quantificazione . pp. Il cibo del ricco ed il cibo del povero.un contenitore tematico. come indicatori e come "indicata".analogamente a quanto è avvenuto per la cultura materiale o per i villaggi abbandonati o per l'abitazione rurale . direi . Ammesso che solo raramente ci si trova di fronte a situazioni di completa coincidenza di produzione e consumo. Contributo alla storia qualitativa dell'alimentazione. Mazzi. "Archeologia Medievale". Cfr. poniamo.. o meglio per individuare. un altro inconveniente sembra quello strettamente metodologico dell'uso di procedimenti circolari. 321-37 e Id. F. 158 ss. che pure sono stati fatti . di fronte a ciò che rimane in qualche modo esogeno al "contenitore". i dati sui consumi alimentari possono dirci molto sulla produzione e possono essere assunti come indicatori indiretti del sistema ecoculturale entro il quale sono avvenuti. Mallegni.sforzo che non può che vanificarsi di fronte all'evidente differenziarsi e opporsi dei contesti. ricorrendo ad esempio a informazioni sulla struttura ambientale o tecnicoproduttiva. Forniciari. ma che risulta alla fin fine molto più significativo. di serpenti che si mordono la coda. VIII (1981). o meglio sui consumi alimentari. tendano a comprendere e mettere a fuoco il peso delle strutture alimentari sul piano demografico. Un tipo di approccio. interamente dedicato alla storia dell'alimentazione medievale.. Ad esempio il rischio di un descrittivismo. Oppure il rischio opposto di uno sforzo di modellizzazione all'interno del "contenitore" . mi pare. economico-produttivo2. 353-68. verso la capacità di resistenza alle malattie o verso i ritmi dello sviluppo puberale nei cui confronti. pp.e se si parla di società medievale ciò awiene molto di frequente . per creare . ma è chiaro che parleranno correttamente solo se controllati e accuratamente tarati in base alle variabili connesse con le direzionalità sociali. estremamente fecondo e ricco di stimoli. ivi. usando cosı indifferentemente l'uno e l'altro ordine di informazioni. connesso probabilmente con il fatto che lo scopo risulta quello di ricostruire l'alimentazione in una data situazione.principali veicoli delle stesse modificazioni storiche del corpo umano. pp. pur partendo da intenti rigorosamente e ottimamente interdisciplinari. M. ma è necessario . Alimentazione e paleopatologia. le informazioni sulle strutture ambientali. Infine. o in generale sulla produzione carnea o casearia possono costituire degli ottimi indicatori indiretti e fornire preziosi elementi sulle strutture alimentari. e di conseguenza un più accurato controllo e una resa euristica migliore. Consumi alimentari e malattie nel Basso Medioevo . Allo stesso modo. può essere quello che. "Archeologia Medievale". senza operare alcuna scelta di priorità. Questo tipo di approccio latente. 369-92.prioritario. ad esempio M. L'area pedemontana negli ultimi secoli del Medioevo. VIII (1981). ma destinato quasi a essere demotivato dalle stesse ricerche a cui ha dato origine o rinnovata vitalità. appare a volte legittimo owiare a carenze o distorsioni dei dati sull'alimentazione.trovare gli strumenti più adatti per renderli fruibili e depurarli dagli elementi di "disturbo" costituiti essenzialmente dal divergere di produzione e consumo. pp. un esempio può forse chiarire meglio tutto ciò. Torino 1981 e Id. Firenze 1978. Trattati medici diete e regimi alimentari in ambito pedemontano alla fine del Medioevo.e all'interno di questo tipo di approccio. in alcuni dei saggi dell'ottavo numero di «Archeologia Medievale». com'è noto.a titolo di esempio si ricordino i tentativi di definire una volta per tutte il motivo chiave dell'abbandono dei villaggi. se l'interesse si dirige verso le strutture ambientali e le forme di sfruttamento del territorio. se l'interesse del ricercatore è. Nada Patrone. sia a livello quantitativo che qualitativo. svolgono un ruolo improtante i consumi alimentari (o meglio il bilancio proteico). A.. al fine di colmare le lacune o le incertezze delle fonti. G. però. Salute e Società nel Medioevo. e alle carenze dei dati su quest'ultima con i dati sull'alimentazione. sul rapporto agricoltura/allevamento. piuttosto che risalire dalle strutture alimentari ad altre strutture portanti dello stesso contesto. S. finisce. per circoscrivere il campo dell'alimentazione finalizzandolo a se stesso. In questo senso le scelte di priorità possono consentire una collocazione stabile degli indicatori indiretti.sembra infatti comportare alcuni rischi. dei surplus alimentari. magari contemporaneamente. valutare e collocare all'interno di un sistema complesso questi stessi elementi. Intendo dire che quando si deve fare i conti con fonti indirette. Ma. 2 . cap. Barker. 91 e 93. Le campagne italiane dall'XI al XV secolo. Si cercherà inoltre di fare il punto dei risultati a tutt'oggi ottenuti in Italia dalla ricerche in questo senso. 4 È naturalmente ii più vicino alle suggestioni della nuova e stimolante epistemologia archeologica (si veda sul «paradigma ecologico» Ga.operata sempre entro il campo della storia dell'alimentazione o almeno a partire da esso . 59-70. anche M.Kezich. in generale sulla new archaeology. 311-20. Napoli 1979 p.si focalizza sulla possibilità di far luce sugli ecosistemi del passato4 a partire dal settore nevralgico dell'allevamento e della produzione di beni alimentari proteici. Barrau. si concentrerà l'attenzione sulla fruibilità dei reperti faunistici per la storia degli ecosistemi medievali e su alcuni metodi per aumentare o realizzare questa fruibilità. R. "La Ricerca Folklorica". Cartledge.si determina l'oggetto della nostra discussione. a questo proposito quanto ricordato da M.il più dettagliata possibile . cit. "Archeologia Medievale". Faunal Studies and urban archeology. Studi sulla fauna e l'economia medievale in Italia . Montanari. Method and Theory in medieval Archeology. 60 ss. 130-5. a pp. focalizzato consapevolmente sulla ricostruzione dei regimi alimentari. pp. Tra materialismo e metafisica. Bologna 1981. Galasso. Cfr. pp. Problemi e metodi della storia economica. Toubert. in Archeology and Italian Society. dall'animale vivo al reperto che giunge sul tavolino dell'archeozoologo dopo aver subito una serie complessa di modificazioni. Problemi dell'analisi descrittiva sui siti archeologici pluristratificati. Metodi e problemi dell'analisi delle fonti archeologiche. 32 o. A proporre di vedere le potenzialità delle fonti archezoologiche in termini di ricostruzione del rapporto umano/animale è J. 132-5. 2. economia rurale. Maetzke e altri. allevamento o cattura. 265-448 o Montanari. sia perché il primo e più consistente livello di informazioni da essi offerte concerne comunque il rapporto uomo/animale (sia selvatico che domestico) in termini di uccisioneconsumo. a p. pp. Barker. "Archeologia Medievale". la sintesi di G. Milano 1977 sul Lazio altomedievale.e in chi scrive . D'altro canto. a pp. alimentazione e storia dell'alimentazione: le fonti scritte altomedievali. Pinto La Toscana nel Tardo Medioevo. pp. 2 (1980). Feudalesimo mediterraneo. a cura di G. "Archeologia Medievale". pp. II. Ecologia. Note sulla cultura materiale. Hodges. a p. "Archeologia Medievale". l'ecologia culturale e il «materialismo antropologico». In base a questa scelta di priorità . VIII (1981). pp. pp. 9-24.. 91. Barker e R. "Archeologia Medievale". cit. VIII (1981). Ambiente. in generale sui nuovi indirizzi dell'archeologia italiana. piuttosto che dei sistemi produttivi. società. 224 ss. cfr. a cura di R. o G.. L'ottica in cui Graeme Barker da un lato e Judith Cartledge dall'altro propongono di analizzare i problemi della rappresentatività dei campioni faunistici consiste nella ricostruzione . I sulle strutture ambientali della Toscana tardomedievale). I reperti archeozoologici si presentano essenzialmente come fonti sui consumi carnei. it. Cherubini. 3 . pp. Kula. 5 G.. Assunta la divergenza tra produzione e consumo come asse protante dell'intera riflessione e la subordinazione delle informazioni archeozoologiche sui sistemi produttivi a quelle sui consumi come punto di partenza. Judith Cartledge propone di vedere ciò come quattro processi: 1. IV (1977). 300-10. Il caso del Lazio medievale. Maetzke. IX (1982). 244s. 1980: new directions and mis-direcrions.. o P. Beck Bossard. 25-38. Cartledge. VIII (1981). in particolare per i contesti urbani ma anche per gli insediamenti rurali3. pp. 14s. produzione. inoltre Gu... 7-37. ed. Storia. Si veda inoltre G. In generale sui problemi dell'analisi dei consumi e sulla loro irrinunciabile dimensione sociale cfr. pp. G. in Storia d'Italia. Faunal studies. 7-45 e il più vicino agli interessi della nuova storiografia agraria (cfr. cit. 1-16. Oxford 1981. L'alimentazione contadina. pp. Torino 1981. Firenze 1982. L'alimentazione in un villaggio siciliano del XIV secolo sulla scorta delle fonti archeologiche.Entriamo così nel cuore stesso del discorso. Hodges. Cresswell. p. Hodges. pp. 91-7 a pp. sia umane che naturali5. L'alimentazione contadina nell'alto Medioevo. l'interesse prevalente negli studi di archeozoologia . sulle fonti archeologiche pp. sia perché provengono per lo più da avanzi di pasto. IV. Milano 1972. L'unico studio di archeozoologia divergente da queste direzioni risulta quello di Ch. attività successive alla morte dell'animale. W. a cura di G. a titolo di esempio. Archeology in Italy. 3.della storia del campione stesso. in Archeology and Italian Society. J. trasformazioni successive all'interramento. ossia su quello che possiamo considerare come un secondo livello di informazioni dei reperti faunistici e che si riferisce al rapporto uomo/animale vivo. 13-59 e anche B. in Il laboratorio dell'etnologo. Montanari. "Archeologia Medievale". VIII (1981). pp. Barker.si mostra più sensibile ai problemi di produzione/consumo e considera i sistemi di allevamento (o di caccia) con tutte le loro implicazioni come la base su cui agiscono i vari fattori di "disturbo".. I. K. pp. Dry bones? Economic studies and historical archeology in Italy . cit. mettendo a punto strumenti di valutazione per una migliore lettura e per una adeguata comparizione dei campioni già prodotti. selezioni alimentari non coincidenti con il sistema produttivo. Maltby. pp. L'economia del bestiame a Luni. in rapporto agli scavi di Luni e alle variazioni dei campioni prodotti con tecniche diverse. tramite accurati sistemi di controllo e procedimenti statistici a volte molto sofisticati7. 62-4. anzi in pieno sviluppo. tempi e modi di macellazione. a cura di H. Blade. come il nucleo di informazioni a cui arrivare dopo aver eliminato l'influenza di questi ultimi. a p. la profondità del seppellimento. Frova. Mai usciamo un attimo dall'ottica proposta dai due studiosi inglesi o meglio dai loro rispettivi schemi. Barker. e a rendere comparabili i diversi campioni. caratteristiche del suolo. in Scavi di Luni II. Barker. Id. Cartledge. È ormai quasi ovvio che diverse tecniche di scavo determinano campioni faunistici condizionati in modo differente e a più livelli di informazione e che. Oxford 1982. C. 81-9 e bibliografia da entrambi riportata. 725s. 6 . T. 4.. 3. metodi e tecniche di scavo. 91 e 94. pp. The variability of faunal samples and thair effects upon ageing data. cit. The variability. a cura di A. 35-49. in Ageing and Sexing Animal Bones from Archeological Sites. G. 42 e 45. Faunal Studies. soprattutto. cit. di questo o di quel tipo.. a p. Whitehouse. I problemi inerenti le tecniche di scavo e i processi di trasformazione posteriori al Cfr. Oxford 1978. sulla sopravvivenza delle ossa di questa o quella specie. mentre la Cartledge sembra parlare in generale. scavo (archeologico). Dry bones?. 725-35. a pp. Allo stesso modo è ormai evidente che le caratteristiche del suolo. costituendo il momento della produzione dei dati. con queste o quelle informazioni. pp. S. Meno scontato. Studi sulla fauna. La Cartledge invece sembra includere il punto nevralgico delle selezioni alimentari nel primo processo (produzione).. p. stabilendo un discrimine (la morte dell'animale) che risulta tutto sommato poco significativo ai nostri fini. Wilson. Mc. Come si vede. a cura di B. Payne. tipi di seppellimento. è lo specifico campo d'indagine che da ciò viene aperto: da un lato si tende a stabilire come (e quanto) e su quali informazioni agiscano le differenti tecniche di scavo.sulla distanza che separa l'archeologo dalle ossa animali ad attività di produzione-consumo conclusa. B. Barker considera l'azione di "disturbo" di 5 fattori: 1. e di conseguenza sulle quantificazioni che il campione consente e richiede.sia pure con qualche differenza data dal fatto che l'uno pone l'attenzione sui fattori di trasformazione e l'altra sulle trasformazioni stesse . pp. 35 s. cit. Naturalmente entrambi pongono in eguale misura l'accento sulla variabile costituita dalle tecniche di scavo e . W..che tende dichiaratamente a esaminare la rappresentatività dei campioni fannistici per la ricostruzione del sistema economico-produttivo. pur se dichiara che il compito dell'archeozoologia è di ricostruire il sistema di relazioni uomo/animale . luoghi. Roma 1977. 1. o nel primo e nel secondo. J. il tipo di deposito e naturalmente le vicissitudini del contesto materiale da cui provengono i resti ossei possono avere un'incidenza determinante sui processi di frammentazione. Anche ciò apre un campo d'indagine teso a comprendere come e quanto queste variabili causino distorsioni sui dati archeozoologici. Potter e D. dall'altro si cerca di costruire coerenti strategie per i casi in cui non è possibile l'applicazione integrale delle tecniche che meno condizionano il campione faunistico (il setacciamento a secco)6. 7 Barker.4. 37. Maltby. l'adozione di tecniche accurate è la prima condizione della fruibilità del campione.. in Papers in Italian Archeology. 2. M. 82. Grigsons. 5. part. 81-90. 91. cit.si fa per dire . è altrettanto vero che. Studi sulla fauna .. ma non in generale. ma anche tramite potenzialità delle stesse fonti archeozoologiche . pp. p. 61s. cit. sembra opportuno fermare l'attenzione su alcune questioni che riguardano la rappresentatività dei campioni faunistici nei confronti degli stessi consumi alimentari. luoghi differenti possono riflettere contesti socioculturali diversamente alimentati. Faunal Studies. incidenza delle diverse tecniche di scavo e incidenza delle attività di macellazione-scarico. soprattutto in contesti urbani.. essi possono apparire agli occhi di uno storico. Se infatti è vero che i campioni faunistici riflettono il consumo più direttamente che la produzione. Note sull'alimentazione medievale. pp.di alcuni importanti processi che. Questi problemi possono essere raggruppati in due ampi settori. Cartledge. di essenziale per la fruibilità della fonte. solo provvisoriamente possono essere considerati fattori di disturbo. Quest'ultimo fattore agisce in forma più mediata dando luogo a campioni che. l'altro alla lettura e interpretazione globale di questi ultimi. Cartledge.deposito delle ossa .e gli specifici campi di ricerca che essi richiedono . per awenire all'interno di un complesso sistema socioeconomico (o ecoculturale). non tanto un campo estraneo e specialistico al punto da indurre una sorta di delega agli addetti ai lavori . oppure diversamente condizionati in differenti periodi.) o anche tra il luogo di macellazione e seppellimento (o riciclaggio) di alcune parti della carcassa e il luogo del consumo/seppellimento delle altre. l'uno più generale e l'altro più specifico e direttamente collegato alla possibilità di redistribuzione delle carcasse (di parti dello stesso animale) tra differenti luoghi di uno stesso sito o tra siti tra di loro in relazione. ossia alle modalità e soprattutto ai luoghi della macellazione e dello scarico dei rifiuti. non a caso questi processi costituiscono potenziale distorsione sia per la ricostruzione dei consumi alimentari che per indagini sull'economia o sugli ecosistemi. si tratta di processi che avvengono come si è detto ad attività di produzione-consumo già conclusa e che solo secondariamente riguardano l'attività e la vita della comunità nel preciso contesto in cui viene studiata ed è rappresentata dai reperti osteologici (si pensi al caso limite degli scavi nei villaggi abbandonati). Infatti. . cit. Inoltre. pp. 95.. a differenza dell'analisi dei processi di trasformazione delle ossa animali nella terra. 606. 94. cit. ma anche di diversi meccanismi di macellazione-consumo-scarico10.. ma il cui interesse si esaurisce in ciò.ciò infatti può essere vero per la messa a punto di alcuni strumenti di valutazione.non sono certo meno determinanti di altri problemi. p. l'individuazione e la ricostruzione di tutto ciò che succede a esse prima dell'eliminazione e del definitivo interramento costituisce qualcosa di più che la semplice . risultano correttamente leggibili solo dopo attenti controlli e dopo confronti operati su larga scala. sbilanciati ad esempio a favore delle specie consumate intere. dove si mostra come con raffinati procedimenti e a partire da campioni ampi. Tuttavia. 8 9 Si veda ad esempio quanto proposto in Piccinni. e soprattutto Maltby The variability. ossia tra campioni diversamente rappresentativi non soltanto di consumi socialmente differenziati. 94 10 Barker. l'uno riferito alla correttezza dei procedimenti di produzione ed elaborazione dei dati. numerosi e soprattutto opportunamente differenziati è possibile distinguere tra incidenza della sopravvivenza differenziale delle ossa nella terra. Considererei dunque i due ordini di problemi relativi alla rappresentatività dei campioni faunistici su due piani differenti. Voglio giungere a dire che. solo se si è in grado di verificare che non esistono scollamenti tra il luogo di consumo e quello di scarico degli avanzi di pasto (si pensi ad esempio la possibilità che questi ultimi o parte di essi venissero gettati fuori dalle mura della città o come sembra che avvenisse a Londra9 . ossia nella funzione di depurare i dati da fattori di vero e proprio disturbo. Prima di passare decisamente ai problemi concernenti squisitamente l'uso di fonti che riflettono prima di tutto i consumi alimentari al fine di risalire alle strutture ambientali e tecnicoproduttive (o agli ecosistemi). né in forme più complete e auspicabili di collaborazione 8 -. 81-9.in un fiume ecc. quando qualcosa di strumentale.conquista di una migliore fruibilità della fonte. Faunal Studies .. cit. Si identifica infatti necessariamente con la comprensione raggiungibile non solo tramite informazioni "contestuali". né nell'eventuale utilizzazione dei dati archeozoologici. sia in relazione alla complessiva dieta o meglio alle diverse diete. è comunque un limite generale dello stato attuale delle ricerche sulla storia dell'alimentazione o meglio il loro punto d'arrivo ideale. Sui problemi specifici delle fonti documentarie bassomedievali e in particolari sulla tendenza di esse a illuminare prevalentemente la dieta di gruppi particolari e non sempre socialmente rappresentativi. Frescura Nepoti. Gli uomini dell'irco. 286-8. cioè in un tentativo di definire il consumo pro capite dei gruppi sociali14. pp. risieda nella possibilità di sottoporre a continui confronti (o integrazioni) campioni differenziati in base alle molte variabili descritte12. Storia. Da questi due lavori emerge chiaramente come le fonti sulle macellazioni da sole avrebbero parlato soltanto sul ruolo reciproco delle diverse risorse carnee e non sull'ammontare relativo del consumo carneo individuale e dei gruppi sociali. oppure la dieta degli strati sociali privilegiati piuttosto che quella dei ceti meno abbienti. sempre a partire dagli studi su Exeter. il mondo urbano piuttosto che quello rurale. mettendo in relazione le fonti sulle macellazioni di Massa Lunense all'inizio del Quattrocento con altre fonti fiscali. M. gli spazi che rimangono estranei a queste fonti o illuminati solo in negativo. Le fonti documentarie. cit. cioè su un ordine di informazioni cardine ai fini della storia degli ecosistemi. p. cit. cit. dall'altro lato però ricorda inequivocabilmente come l'arma euristica più importante. pp. 87 (1975). 233 s. Leverotti. alimentazione. pur non essendo un limite proprio delle fonti documentarie. VIII (1981). ma vuole solo delineare.. ancora ivi. "Archeologia Medievale". cit. Naturalmente ciò non nega il valore di quanto possono dirci le fonti archeozoologiche sui regimi alimentari medievali . 13 Piccinni. a pp. 19711975. 535-8 e Pinto. 39 per i casi in cui sono stati svolti lavori in questo senso. pp. cit.. p. a pp. 12 Si veda anche Barker. ai quali è da aggiungere il recentissimo G. e Nigro. cit. dove sono presenti. Nigro. 63-5 e 67 e Cartledge.. Su un piano più generale gli ostacoli più importanti che si pongono alla ricostruzione dei consumi alimentari dai campioni faunistici possono essere identificati. Cfr.cioè ai modi in cui i dati archeozoologici ci parlano degli ecosistemi . "Mélanges de l'Ecole Française de Rome. sui consumi carnei a Prato alla fine del '300.che diventa tanto più importante. Macellazione e consumo della carne a Bologna: confronto tra i dati documentari e archeozoologici per gli inizi del secolo XV. n. Dry bones? . nella indubbia difficoltà di accedere all'universo dei valori assoluti13.. se è vero che le fonti archeozoologiche possono fornire ottime risposte sulla reciproca importanza delle varie risorse carnee e casearie nell'alimentazione e nella gerarchia socioeconomica dei consumi. 281-99. Studi sulla fauna . Ciò. Moyen Age-Temps modernes". pp. Firenze 1983. University of Sheffield 1979. Infatti. Nourritures et consommation en Sicilie entre XIVe et XVllle siècle. pp.. Faunal Studies or urban sites: The animal bones from Exeter . cioè sulla qualità dei regimi alimentari proteici e in parte sulla varietà della dieta. Aymard. difficilmente esse potranno parlare sulla quantità di questi consumi. p. cit. The variability. sia in assoluto. VIII (1981). Il consumo della carne. Per le fonti scritte altomedievali Montanari. Gli uomini dell'irco. 44-6. cfr. 15 Anche questo è un aspetto ricostruibile solo con fonti documentarie (o letterarie).. queste fonti sembrano tacere anche sui ritmi stessi della dieta e sul carattere quotidiano/festivo di alcuni consumi15. è stato verificato che essa agisce fortemente anche sulla determinazione delle età di morte. Riprenderemo comunque più avanti il discorso su questa variabile in quanto. cit. S. 614. 25-41. pp. taceranno per sempre su molti aspetti pregnanti e significativamente messi in luce dai reperti faunistici -. oltre che nella già accennata esigenza di disporre di campioni rappresentativi di consumi socialmente differenziati. ma alla fin fine connotatori dei vari regimi alimentari. Cfr.L'esempio di quanto verificato a Exeter11 è a questo proposito illuminante. M.. Veniamo dunque alle questioni centrali di questa riflessione . Faunal Studies. "Archeologia Medievale". Il consumo della carne a Massa all'inizio del XV secolo: prime considerazioni. Note sull'alimentazione medievale. per una valida lettura di dati che presi alla lettera o isolatamente sarebbero molto ingannevoli. 14 Ivi. M. l'alimentazione che passa per il mercato piuttosto che l'autoconsumo. Leverotti. Bresc. Inoltre.e consideriamo alcune linee generali di esse J. Maltby. Id. 227-39. e i consumi principali (cereali o sostitutivi) piuttosto che quelli minori. 95. ragionata differenziazione interna e profondità di elaborazione.. 535-81. 11 .. Ancora sui consumi carnei si veda il convincente quadro delineato da F. cit. quanto più si constata che le fonti documentarie o letterarie.. e Id. e se da un lato può indurre un certo scoraggiamento per l'archeozoologia in Italia dove non esiste ancora nessun complesso di campioni faunistici paragonabile a quello di Exeter per estensione. Esiste. 87 s.nota giustamente J. Faunal studies . a cura di M. 18 Maltby. avranno nei confronti dell'ecosistema prevalente o meglio del sistema agrario che connota il territorio una rappresentatività molto attenuata o problematica. Questo tipo di argomentazioni. un tipo di produzione del genere esiste e trova posto in un sistema non necessariamente omogeneo. quanto piuttosto quali e quanto risolverle sia fecondo)...e note già. nonostante la permanenza di enclaves protostoriche e gli indubbi caratteri di arretratezza agraria. Tuttavia. che le fonti archeozoologiche consentono. cit. argomenta che 1'archeozoologia medievale è legittima e remunerativa perché le sue difficoltà rispetto a quella preistorica non sono maggiori. p. sulla distribuzione dei prodotti o ancora sulla diversificazione della produzione indotta dalla domanda urbana? Certo. Bologna 1981. stratificata e urbanizzata. M. Ma. Faunal Studies. anche quando il sistema agrario dello stesso contesto storico dovesse risultare del tutto eterogeneo a quello che il campione faunistico urbano superficialmente assunto indicherebbe. The variability. così come è chiaro che il consumo alimentare da essi indicato non rifletterà che una parte (forse piccola) della produzione agricola dell'area territoriale in cui il sito urbano è inserito. oltre a presentare i problemi più sopra descritti. di far luce sul problema della direzionalità dei surplus. in altre parole una produzione specificamente diretta al mercato urbano e da esso influenzata. cit. se non si indica insieme quali sono le potenzialità informative delle fonti archeozoologiche e se non si ha presente che la corrente di informazioni tra queste fonti e quelle sui "contesti" è e deve essere a doppio senso rischia di far pensare che il ruolo dell'archeozoologia sia solo di confermare alcune tendenze generali già individuate per altra via. con quella diversamente finalizzata o direttamente consumata dalle comunità? Come valutare l'importanza relativa dei diversi indirizzi produttivi dell'allevamento nel sistema agrario. ossia che si riduca a ben poca cosa. con scarse o nessuna possibilità di distinzione).per lo studio della società medievale. come ad esempio quella di ritenere legittima l'archeozoologia solo in situazioni di identità di produzione/consumo (in contesti altomedievali ad esempio. Su forme di allevamento di bestiame all'interno delle mura cittadine. grazie alla possibilità di informazioni "contestuali" (ma la questione non sembra essere quante difficoltà esistano. ma difficile da quantificare in generale e anche perché i prodotti provenienti da varie parti del territorio sono raggruppati insieme. Baruzzi. o ancora solo in contesti rurali particolarmente arretrati ecc. un drenaggio (spazialmente ben connotato) di eccedenze agricole. p. la domanda se sia legittimo usare i metodi dell'archeozoologia. ad accurate letture e tramite adeguati confronti tra dati provenienti da contesti differenziati in un'area territoriale. anche se non sempre si può dire che in un contesto urbano la relazione uomo/animale si limita a quella uomo/animale morto. si veda nota precedente. Come non considerare che. porsi questa domanda in generale può non essere un buon punto di partenza o può condurre ad affermare conclusioni. p. È chiaro infatti che i campioni faunistici urbani. Cosa che appare un po' come gettar via il bambino con l'acqua di bagno. almeno a livello generale.prendendo l'esempio dei campioni faunistici provenienti dai contesti medievali urbani. 17 Così Cartledge. e soprattutto bassomedievale. 93s. il fatto che il rapporto uomo/animale si riduce a quello uomo/prodotti animali (fauna domestica) . e 16 Anche porsi questa domanda in relazione ai contesti medievali urbani puù portare a conclusioni che prestano il fianco a critiche. p. . 94. Montanari. Ad esempio Cartledge. quella ad esempio di carne diretta al consumo urbano (e rappresentata nei campioni faunistici della città. cit. ad esempio Porci e Porcari nel Medioevo. i problemi in questo senso sono molti: una volta verificata l'attrazione del mercato (e del macello) urbano . è molto probabile che campioni del genere riflettano un consumo privilegiato. su un piano diverso di riflessione. per gli studi sul contesto storico. infatti. o nelle enclaves di cui sopra. cfr. è indiscutibilmente una società complessa. come rapportare tra loro quantitivamente i diversi tipi di produzione animale dei singoli siti o aree del territorio. M. o acquistato presso i produttori e strettamente finalizzato al consumo17.)16. 70. ma profondamente stratificato e discontinuo? Come trascurare. dunque in situazioni di sostanziale autosussitenza .sviluppati nell'analisi di comunità preistoriche. e che l'archeozoologia urbana godrebbe in più di una serie di "semplificazioni" date dalla particolare struttura sociale urbana—come ad esempio l'accentramento delle attività di macellazione e raccolta dei rifiuti. Maltby18 -. la quale. esse spingono a riflettere sul fatto che. Jones. 67 s. Method and Theory. Faunal Studies. infatti. cit. 191-247. si veda ad esempio P. pp. Studi sulla fauna . 1964). in altre parole come aumento della produttività animale in inscindibile relazione con quello della produttività agricola in generale24.. cit. direzionalità e intensità di drenaggio dei surplus stessi.e soprattutto ciò è un'esigenza irrinunciabile per gli archeologici e per dar luogo a coerenti strategie di scavo . pp. a pp.. E. 73-102. Capitalismo e civiltà materiale. nel riferire sugli studi di Exeter. 245-54 o pp. 67s. cit. Torino 1981. Dall'altro è inevitabile la riflessione che non è affatto automatico che Braudel. Jones. tra i quali quelli di stratificazione sociale. 61132. I. oppure Cherubini. Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II. prima ed. se si considera una civiltà come un sistema complesso. Torino 1980. L'Italia. 202-4 ecc. Il problema è semmai . pp. tuttavia una certa rigidità teorica.. Pinto. Terra nuova e buoi rossi.in quanto contiene delle implicazioni importanti e non esenti da equivoci. Torino 1972. 194s. e Barker. 23. (l'anno si riferisce all'ultima edizione italiana. Sulla fragilità dell'assetto tecnoambientale nella Toscana medievale cfr.soprattutto come individuare la soglia dopo la quale l'influenza del mercato urbano diventa fattore di trasformazione strutturale dello stesso sistema agrario? Sono domande a cui al momento non è certo facile (o possibile) rispondere... è bene soffermarsi ancora sull'ultima delle domande avanzate. e che in un ottica più globale è errato identificare il sistema agrario con il sistema ecoculturale. p. Haussmann. cit. in Storia economica Cambridge. p.. in Id. La società agraria medievale all'apice del suo sviluppo. Economia e società nell'Italia Medievale. com'è noto. o ancora G. Sereni. 44-80.di individuare un certo numero di modelli spaziali20 che servano da guida e da punto di partenza alle ricerche storiche e archeologiche in questo senso. interpretando l'espansione urbana dei secoli XI-XIII come prova dell'aumentata produttività delle campagne22. cit. si è portati ad assumere che a un aumento della popolazione urbana e anche a un miglioramento delle sue condizioni di vita . è vero che nulla ci può essere di anomalo o di esogeno. Maltby. 446-65. cit. 380.) quando descritto rappresenta l'ipotesi di ricerca.per il quale alcuni studiosi anglosassoni spezzano ancora qualche lancia . nell'interpretazione dei dati sulle eccedenze agricole e nella fattispecie quelli sui consumi carnei privilegiati.domanda urbana e trasformazioni strutturali del sistema agrario . per i quali (cfr. 13 ss. Il suolo nella storia d'Italia. così anche in Cartledge.proviene. cfr.debbano corrispondere un aumento della produttività delle campagne e una ristrutturazione del sistema produttivo21. ma tenace modello .—Le campagne italiane. cit. A volte. 23 Sui caratteri di arretratezza dell'agricoltura mediterranea e dell'espansione dei secoli XI-XIII. particolarmente a pp. 24 Maltby. 271-315 e 326-35. Sul problema della costruzione e applicazione dei modelli "spaziali" per la nuova archeologia.. o il "dassico" F. 20 19 . La Toscana nel Tardo Medioevo. cit. L'agricoltura e la società rurale nel Medioevo. Faunal Studies. 21 Ad esempio Barker. 1. pur se le città sono state definite «anomalie del popolamento»19. pp. 412-526. Braudel. pp.delle quali i regimi alimentari sono evidentemente un aspetto importante . esso rischia di appannare la comprensione di più di un carattere di arretratezza e di contraddittorietà della cosiddetta colonizzazione medievale e della sostanziale fragilità del sistema agrario mediterraneo.. Torino 1976 pp. Da un lato si situa dunque l'ipotesi che l'aumento della popolazione urbana sia leggibile in essi come miglioramento della qualità del bestiame e del suo sfruttamento in direzione della produzione carnea. ma anche al Medioevo rurale mediterraneo. p. Ma. se viene trasportato di peso non solo alla realtà mediterranea. tuttavia. Sui processi di degradazione dei boschi mediterranei cfr. soprattutto a pp. dagli studi sull'evoluzione post-medievale che la realtà inglese ha conosciuto ed è per essa probabilmente valido. Hodges. Questo datato. 93. Inoltre. Tutto ciò è stato ampiamente superato dalla storiografia agraria contemporanea23. p. 22 Ciò è latente anche nell'opera meno recente di P. Faunal Studies.. può viscosamente persistere e far dimenticare che probabilmente non è il volume delle eccedenze a caratterizzare e differenziare le civiltà precapitalistiche (o non è soltanto esso) ma tutta un'altra serie di processi. p. Jones. Studi sulla fauna. Per la storia agraria italiana nel Medio Evo: lineamenti e problemi. 3-100. in Storia d'Italia Einaudi. Torino 1976. a pp.. Torniamo all'interpretazione dei dati archeozoologici. P. . Queste fonti. Questi ultimi. pp. nonostante la presenza di eventuali stimoli allo sviluppo quali i mercati.. Questi infatti potrebbero trovarsi al centro di numerosi circoli viziosi che impedirebbero o ridimensionerebbero in modo deciso ogni sviluppo. possono fornirci informazioni sull'utilizzazione (stagionale o no) degli spazi incolti. In relazione alla Toscana ottocentesca e al sistema mezzadrile (nel suo punto di maggiore perfezionamento) cfr. che da un lato negli studi archeozoologici su Exeter25 viene ribadita. e Id. dove mezzadria o colonia parziaria. Firenze 1973. cit. cit. Considerazioni sul consumo della carne a Palermo nei secoli XIV e XV. 328. e in particolare la domanda urbana. Inoltre. anche gli studi citati alla nota 23 e soprattutto Jones. 26 25 . La società agraria. dopo aver individuato nell'interpretazione delle fonti archeozoologiche tre livelli di complessità crescente . "Mélanges de l'Ecole Française de Rome. Faunal Studies. p. o altre forme di intensificazione del drenaggio dei surplus). del patrimonio boschivo o meno in generale. 87 (1975). cioè che all'aumento della popolazione non corrisponde un aumento della produzione. In generale poi. Bresc. Pazzagli. e su una scala potenzialmente priva dei limiti cronologici e spaziali propri delle fonti documentarie. 322-31 (concimazioni).. però. le potenzialità delle fonti archeozoologiche non si limitano al pur prezioso contributo circa la dimostrazione che la realtà mediterranea è uno spazio bianco rispetto al cosiddetto "modello inglese".dalla dieta della singola Maltby. cit. infatti. 60ss e 235-312 (allevamento). Pazzagli. L'agricoltura toscana. anche i dati archeozoologici post-medievali parlerebbero in senso contrario all'ipotesi "inglese"27 . pp.agricoltura e allevamento e sulla tendenza opposta a tenere l'animale al margine della vita e delle pratiche agrarie. Sarebbe a dire che possono dirci molto. transumanza e latifondo connoteranno la realtà agraria fino alle soglie dell'età contemporanea. possono fornire decisive informazioni su quello che è stato definito «un carattere strutturale del modo di produzione mediterraneo»28. Cherubini. Aymard. The variability. Nourritures cit. Feudalismo mediterraneo . 69.pp. 28 Toubert. 235312. né che l'aumento della domanda e dei consumi carnei urbani costituisca un reale ed efficace stimolo per la produttività e per la trasformazione dei sistemi agrari. pp. mentre dagli studi sull'alimentazione siciliana emerge prepotentemente come i consumi carnei del Bassomedioevo e dell'età moderna seguano le curve demografiche in funzione nettamente inversa.. Ma sul contrapporsi di agricoltura e allevamento come limite e contraddizione di fondo dell'agricoltura mediterranea cfr. e Cherubini. Le campagne italiane. a titolo di esempio C. A. 583-95.l'incremento demografico urbano significhi un aumento nella domanda di carne.. 549 ss. 594.forse nemmeno nel modo ancora arretrato e circolarmente vizioso proprio dei paesi d'open field . L'agricoltura toscana nella prima metà dell'Ottocento . Tuttavia. cit. è da credere che in contesto mediterraneo. com'è facilmente intuibile. Moyen Age-Temps modernes". in relazione ai dati medievali. a p. l'assenza di nesso tra incremento demografico urbano e ristrutturazione del sistema agrario.. Come dar torto dunque a Graeme Barker quando. la domanda cittadina e i suoi incrementi ecc. Verificare l'una e l'altra tendenza. nonostante tutte le cautele espresse fin qui e nonostante si debba passare sempre attraverso il filtro costituito dai consumi alimentari e dalle implicazioni e deviazioni che essi comportano. Basti dire. cit. sullo sfruttamento delle risorse carnee provenienti da quelle popolazioni animali che legano il loro ciclo biologico al bosco e alle sue variazioni storiche o comunque all'outfield. sui quali le stesse fonti archeozoologiche hanno qualcosa da dirci. Le campagne italiane. 27 Cfr. p. ma un aumento dei prezzi dei prodotti carnei e un peggioramento della qualità e della quantità dell'alimentazione26. su uno di quei circoli viziosi che sembrano aver svolto un ruono non indifferente nel rendere l'agricoltura mediterranea incapace di trasformarsi strutturalmente per secoli. ossia sull'incapacità del sistema produttivo di integrare organicamente . Giuffrida. potrebbero essere stati soddisfatti secondo soluzioni (e feed-back negativi) specificamente mediterranei (il sistema mezzadrile ad esempio. cit. è molto più che arduo. Il problema della identificazione delle specie nel campione non è certo da sottovalutare e un aspetto di esso è ad esempio l'impossibilità in molti casi di distinguere i resti caprini e ovini (ciò è stato possibile finora solo nel caso di S. 68. ai sistemi di redistribuzione in complesse economie di mercato. 40 e 46. ad esempio. composizione anatomica.. cit.. numero minimo di individui. cfr. relativa importanza di ciascuna specie nel campione. Queste infatti insieme al sesso e alle misure di ciascun tipo di popolazione animale. 4.. lo specchio della relativa importanza delle risorse carnee provenienti da ciascuna specie nel regime alimentare e in seconda istanza quello del ruolo di ciascuna specie nella produzione. 37. cfr. da cui possono essere dedotte. Se ciò è più che ovvio nei confronti del calcolo della frequenza relativa delle diverse specie animali. cit.comunità. cit. Sereni. Il secondo e il terzo invece costituiscono allo stesso tempo il nucleo principale e più fecondo di informazione e il settore più delicato. p. al di là delle distorsioni informative. Barker. Per ciò in relazione alla "civiltà del castagno" e su alcune norme che regolamentavano rigidamente l'allevamento caprino. calcolata tramite: a) b) c) d) numero dei frammenti. Escavation at D85 (Santa Maria in Cività): an early medieval hilltop settlment in Molise. Maria in Cività. 30 29 . a) sesso. 35 (1980). 102s. tipo di frammentazione e macellazione. Wade. pp. 70-124. Terra nuova. cfr. cit.. a p. Dry bones?. b) razze. pp. peso dei frammenti. p. dall'animale nella dieta. c) livelli nutritivi. alle sue basi economiche e i suoi sistemi di sussistenza. al ruolo delle popolazioni animali nell'ecosistema e nell'economia-. 262. diverse specie animali. Generalmente da essi vengono tratti questi ordini di dati: 1. Studi sulla fauna. G. K. nell'economia e nell'ecosistema. Dry bones? cit. La civiltà del castagno. 5. Id. ai meccanismi di macellazione-consumo-scarico. Hodges. 42-4. stato di conservazione e resistenza/fragilità. alle trasformazioni posteriori al deposito. età al momento della macellazione o della morte.). stima della carne. a volte meno della metà delle ossa rinvenute31.. definisce gli studi e le tecniche archeozoologici «the archaeological key to understanding the changing relationship between town and country»29? Oppure quando definisce questi studi come parte essenziale di un approccio completo al sito e al territorio e come un grosso sforzo richiesto all'archeologia e agli archeologi. 3. R. più soggetto alle variabili di disturbo e più problematico. 2. Sulla maggiore pericolosità (ecologica) dell'allevamento caprino rispetto a quello ovino e sulla distruttività del morso delle capre. mentre il primo svolge il ruolo di delimitare l'universo significativo dei frammenti identificabili. che non si pentiranno certo per averlo fatto e ne raccoglieranno i frutti30? Ma vediamo in modo più dettagliato quali sono le informazioni fornite dai reperti ossei animali. p. pp.. Quest'ultimo ordine di dati rappresenta naturalmente lo strumento con il quale saggiare l'incidenza delle variabili che vanno dalle tecniche di scavo. dovrebbero indicare in modo abbastanza diretto la natura dello sfruttamento di ogni specie da parte Barker. meno owio è invece nei confronti dell'età di morte. 31 Barker. dimensioni. Cherubini. che dovrebbe costituire. "Papers of British School at Rome". Studi sulla fauna.. Non sempre però i dati archeozoologici sono così caratterizzati e leggibili. ancora approssimativa. e in generale gli studi citati alle note 23. Viceversa una presenza più o meno alta di bestiame bovino giovane indica un indirizzo dell'allevamento verso la produzione carnea e probabilmente importanti trasformazioni nel sistema agrario e nelle tecniche agricole (tra cui l'introduzione delle colture da foraggio). Sia l'una che l'altra tecnica si basano inoltre su parametri tratti dalla moderna zootecnia e inducono dunque a una complessiva sottovalutazione delle età di morte del bestiame medievale.. Per i bovini. Società agraria. p. Absolute agening of cattle from tooth sections and its relevance to archeology. cit. 59 s. mentre la prevalenza di bestiame ovino adulto dei due sessi indicherebbe una specializzazione verso la produzione di lana e la predominanza di animali giovani o giovanissimi una produzione destinata a soddisfare una domanda di carne34. cit. 34 Barker. Barker.. 38. 37 Barker. p. cit. Queste informazioni sono tuttavia essenziali in quanto indicano l'indirizzo produttivo dell'allevamento. p. cfr. A. 32 33 Maltby. K. J. I dati o meglio le indicazioni in questo senso vanno dunque assunti in generale. ma per lo stato ancora pionieristico di queste tecniche. è ovviamente necessario tenere conto dell'importanza relativa delle tre specie principali e del ruolo delle specie selvatiche. in Agening and Sexing. pp. . 28 e 35. per quanto riguarda i caprovini. 250-9. cit. Ciò naturalmente agisce soprattutto per i campioni piuttosto ampi.dell'uomo (naturalmente si prendono in considerazione quasi soltanto le specie principali di allevamento). P. come ordini di grandezza e mai come precisi e assoluti valori33 .. The variability. 35 Jones. Capitalismo e civiltà materiale . quando questa specie occupa un posto minore o anche quando la struttura d'età (e di sesso) si limita a indicare la presenza di animali sia giovani che vecchi. cit. È stato tuttavia verificato .che le attività di macellazione possono spesso distruggere ossa con informazioni sull'età o meglio causare una loro diversa dislocazione in più luoghi del sito e dunque campioni diversamente condizionati32. si veda anche nota 10. Turner. p. 127-40 e in generale tutto il volume di cui questo lavoro fa parte. è più giusto pensare a una produzione poco specializzata (in contesto rurale) o a un consumo solo in parte privilegiato o ancora a una debole influenza della domanda di carni migliori (in relazione a campioni urbani. 464. anche perché spesso ci si trova di fronte. indica una produzione prioritariamente casearia. 80-2. Ad esempio. cit.sempre a partire dai dati di Exeter. pp. cit.particolarmente i caprovini . Dry bones?. mentre l'analisi condotta attraverso la dentizione e l'usura dei denti risulta più precisa. tanto omogenea ed estesa da non ammettere consumi carnei privilegiati se non entro i limiti costituiti dal surplus di agnelli (semmai è da verificare la direzionalità di questi ultimi e dei prodotti caseari). accanto a resti di agnelli o castrati. Inoltre. Ma. che la funzione principale di questa specie era l'armatura. è possibile pensare a una primitiva economia pastorale37. T. R. anche sistemi produttivi effettivamente poco specializzati e in cui alcune specie . Jones. o in generale la produzione di energia meccanica e che poco spazio per essa rimaneva nel sistema agrario36. Si stanno però mettendo a punto nuovissime tecniche che dovrebbero consentire indicazioni assolute sull'età di morte e che si basano sulle linee di crescita leggibili nelle sezioni dei denti reperiti. Ad esempio nel caso di una netta predominanza di caprovini nel campione e di una struttura d'età ben connotata da femmine adulte e maschi molto giovani. oltre a particolari forme di consumo. mentre la maggioranza dei campioni italiani sembra consentire a questo proposito solo valutazioni poco più che indicative. 36 Sui limiti tecnologici e del sistema agrario che si celano dietro a ciò Braudel. Studi sulla fauna. 59 s.erano allevati con una polivalenza di funzioni... Comunque non è solo la ridotta dimensione dei campioni a causare questo: attraverso la fusione delle epifisi infatti è possibile ottenere solo indicazioni approssimativamente ante quem o post quem. una prevalenza di bestiame femminile adulto. o provenienti da siti per altri motivi privilegiati). quelli cioè che consentono una vera e propria quantificazione delle varie età di morte.. un campione faunistico composto da resti di bestiame adulto o decisamente vecchio indica che l'animale ucciso era alla fine del suo ciclo lavorativo (le bestiae inutiles)35. Coy. per motivi tutti da indagare. Ancora. Il rituale nell'ecologia di un popolo della Nuova Guinea. e R.. sia perché implica l'intera questione del rapporto tra domanda urbana e trasformazioni tecno-produttive dell'agricoltura e socioculturali dell'ambiente e richiede l'analisi della natura del campione e del contesto storico più generale. che della loro funzione nell'economia. la più "economica" . accanto a pochi caprovini allevati con più funzioni. la popolazione animale più direttamente legata alla funzione di produzione di proteine nobili e. Un equilibrio in cui i suini. 40 Montanari. p. Questo suggerimento richiede comunque alcune sfumature e precisazioni. dunque. per le loro capacità di riciclare i rifiuti o in generale per il loro carattere "economico". A. più dei livelli nutritivi. può indicare fenomeni diversi e anche contrapposti.nel senso del lavoro e del grado di sviluppo tecnoambientale che richiede-.. L'economia del bestiame.. 192 ss. p.sia pure in termini di prelievo da bosco e incolto . È nota ad esempio l'importanza dei suini nel sistema agrario altomedievale almeno in relazione all'area padana-. 20s. Porci e Porcari. Dry bones?. insieme a quelle sulle misure. Da un lato. una situazione di scarsa o scarissima pressione demografica e di larga disponibilità di risorse . cit. p... 41 Baruzzi. per antonomasia.. E tuttavia interessante notare. eventualmente il bestiame da cortile e ancor meno bovini tenuti al minimo indispensabile per l'aratura. 225-44. Ma è vero anche che la prevalenza dei suini. ad esempio Barrau. D'altro canto una presenza dominante dei suini può indicare un equilibrio in cui si è esasperata anche a sfavore dei caprovini la tendenza a tenere l'animale al margine di un sistema che non consente la produzione o il reperimento del nutrimento per esso. ovvero un sufficiente rapporto ager/saltus.Laddove un bestiame bovino macellato invariabilmente adulto non lascia dubbi sul tipo di sistema agrario (e tecnologico) dell'area territoriale in esame. trova i suoi equilibri (o le sue precarietà) nell'esasperazione della cerealicoltura. Montanari. ma anche. anche Barker. sia per le oggettive difficoltà di quantificazione di questi dati. in quanto onnivori. 729 s. pp. cit.. Rappaport. 425-31 e 469-80. Per quanto riguarda i suini. cit. e infine di un regime alimentare variato e probabilmente più equilibrato o elastico di quelli dei secoli successivi all'XI40. l'outfield venisse utilizzato in modo diverso da quello che è stato definito modello "longobardo". potenziali concorrenti ecologici dell'uomo39 e conseguentemente potenziale sintomo di disfunzioni a livello del rapporto popolazione/risorse. L'alimentazione contadina. specie se in zone marginali o che per un motivo o per l'altro si apprestano a diventare tali. p. in base al suggerimento di Graeme Barker38. cit. 51 s. risultano l'unica possibile fonte di proteine nobili. È vero infatti che i maiali non sono soltanto la popolazione animale più "economica". la presenza di bovini più giovani risulta di problematica interpretazione. soprattutto se si considera che i campioni fannistici ci parlano soltanto in termini di rapporti percentuali tra le varie specie e non dei valori assoluti di ciascuna di esse. Milano 1980. all'interno del quale essi risultano lo specchio del ruolo decisivo dell'economia silvo-pastorale. Ecologia. pp. e Montanari. come una predominanza crescente dei suini rispetto alle altre specie possa indicare processi degnerativi dell'economia agraria e delle strutture ambientali. Cfr. cit.e la scelta "culturale" verso i suini. 245-50 e 402-4. dei ritmi di crescita e del grado di specializzazione del loro allevamento. pp.questa viene indicata già in modo ampio dalle frequenze nel campione. ossia che non si verificasse la scelta nei confronti della popolazione suina41. in opposte condizioni demografiche e in un capovolto rapporto di ager/saltus-silva. cit. dall'altro in sistema che. Conseguentemente a ciò l'aumento dei maiali oltre una Barker. L'alimentazione contadina. le informazioni sull'età risultano secondarie e ci parlano. della disponibilità e del "libero" accesso alle risorse dei boschi e dell'incolto. 39 Cfr. 38 . Maiali per gli antenati. in relazione ai dati di Luni. 42 s. è da rilevare come nemmeno la verosimile relazione bosco-incolto/maiali in contesti altomedievali sia da assumere in modo automatico in quanto è possibile che. o meglio un'applicazione attenta al tipo di contesto in cui si riscontra la predominanza o l'aumento dei suini. incontra grossi limiti nello stato stesso delle ricerche e nel fatto che non sempre al momento attuale i campioni faunistici si presentano legittimamente comparabili o che non sempre è possibile..può significare certo la rottura di alcuni equilibri. ma in più sensi: da una parte crisi territoriale da spopolamento e «deumanizzazione". boschi e paludi che avanzano. poi si dispone di due campioni coevi (XV secolo) per Bologna.descritte sopra. sede arcivescovile. 338. dati per il XV secolo)43. di dati su 4 siti della città di Genova (piazza Matteotti. tardo Quattrocento). La Maremma è rappresentata dai dati su Scarlino (XI-XII secolo e XV) e sulla fortezza di Grosseto (XI-XIII e XIV) e dai ricchi campioni di Tuscania (seconda metà del Duecento. la Lombardia e l'Emilia. Per l'arco ligure-lunense si dispone di un campione databile all'XI-XII secolo per un'area del complesso di Filattiera (S. sull'importante assunto metodologico che identici dati (in questo caso le frequenze dei suini nei campioni faunistici o la loro importanza relativa nel sistema alimentare ed ecoculturale) possono avere significato diverso in contesti diversi. p. Inoltre. il «Castellaro» di Zignago e Castel Delfino (castelli feudali. il Molise e la Sicilia (che tuttavia resterà fuori dal nostro discorso). cit. non tanto di sintesi. l'Umbria. quanto di intensificazione dei confronti tra dati provenienti da contesti differenziati. dati per il VI-VII secolo. o ancora processi di marginalizzazione di alcune microregioni. degli accurati campioni di Luni (presentati in modo da poter tenere conto dell'incidenza delle varie tecniche di scavo e dei quali i più significativi si riferiscono al VIIVIII secolo e all'XI). 43 Si da qui l'elenco degli studi dai quali sono tratti i dati archeozoologici che verranno analizzati da qui in avanti. un grande complesso conventuale. salvo che per necessarie precisazioni o nei casi in cui si ricorderanno informazioni contenute in questi studi e non limitate agli stessi dati. L'area geografica attualmente toccata dagli studi di archeozoologia medievale comprende. 42 . di parecchi campioni per la Torre Civica di Pavia dall'XI secolo ai giorni nostri. Problemi e metodi. Sulla dannosità dei maiali cfr. 101. via Ginevra. sulla base di ciò che è attualmente edito. È ora venuto il momento di saggiare concretamente le potenzialità di queste fonti sulla base di quanto a tutt'oggi si è fatto in Italia in termini di produzione di dati e di interpretazioni di questi. XIII secolo circa. ad esempio B. dati per il XIII secolo. In generale.il problema è stabilire quale . insediamenti della consorteria dei Fieschi. Storia agraria dell'Europa occidentale (5001850). p. primo Quattrocento. Per il Molise si tratta di un insediamento rurale abbandonato prima del X secolo (un piccolo centro di sommità). appare comunque opportuno tentare uno sforzo di sistèmatizzazione. per brevità si tralascerà di fare altri riferimenti ad essi. Silvestro. e cerchi di cogliere in una visione d'insieme indicazioni che altrimenti rimarrebbero nelle pieghe dei singoli lavori o del tutto in ombra. A ciò è opportuno premettere che un tentativo. Torino 1972. alla Lunigiana e alla Maremma toscana e laziale—le regioni meglio rappresentare . S. S. Monte Zignago (borgo feudale arroccato.certa soglia . Agostino. Giorgio). prima metà Quattrocento. il superamento delle soglie di tollerabilità dell'ambiente nei confronti di irrazionali sfruttamenti agricoli e nei confronti di una popolazione animale che non è certo tra le meno pericolose42. ricostruire e impadronirsi dei necessari strumenti di stima in relazione alle numerose variabili . 1350 circa. Kula. di dati bassomedievali (XIII-XV) per la Rocca Posteriore di Gubbio (sede di una guarnigione). Per una disciplina in rapido e recente sviluppo ciò è naturalmente inevitabile. dall'altra l'esplosione delle contraddizioni proprie di un certo tipo di economia contadina. dati per il IX-X secolo e per il primo Quattrocento).di disturbo e no . rispettivamente XI-XII secolo e XIII). XV secolo) e Molassana (castello. per quanto prowisorio. Questo anche se i risultati che emergeranno da alcuni confronti andranno completamente rivisti nel volgere di poco tempo. non appena cioè i progressi di questi studi daranno luogo a altre possibilità di stima e lettura dei campioni faunistici. e infine di dati per altri 4 siti rurali. oltre alla Liguria. che. tenda a evidenziare le acquisizioni più importanti e i settori che più richiedono approfondimento o verifica. e costituisce piuttosto un sintomo di vitalità che un segno negativo. Slicher Van Bath. sono assenti le ossa bovine. Wade.. La Fauna [della Rocca posteriore di Gubbio]. The economy of medieval Tuscania: the archeological evidence "Papers of the British School at Rome". Francovich e S.. Dopo questa sorta di censimento e nonostante le oggettive difficoltà a procedere a comparazioni. Isetti. Nel campione di S. Silvestro (proveniente dai livelli più antichi dell'orto del castello vescovile) le ossa bovine sono ugualmente assenti. Biasotti. A. III (1976). Cartledge. —Gubbio: G. T. 299-305. tuttavia ci si può porre la domanda se la totale assenza dei bovini sia puramente casuale e —Molise: Hoges. R. pp. part. S. cit. L'economia del bestiame. . Barker. Wheeler Informazioni sull'economia medievale. La fauna della Fortezza Vecchia di Grosseto in Archeologia e storia di un monumento mediceo. pp. Pavia e in parte Gubbio45. pp. —Bologna: Frescura Nepoti. pp. pp. Maria in Cività (Molise). Barker. Silvestro. Notizia in J. 31 (1973). "Archeologia Medievale". 437-51. sono nettamente i più numerosi. pp. Wade. Barker. è naturalmente impossibile dedurre qualcosa.. 155-77. V (1978). Barker. 1. cit. provenienti da campioni piuttosto ridotti e limitati alle quantificazioni relative al numero dei frammenti. L'alimentazione nella Maremma medievale. "Archeologia Medievale". 182-5. 267-74. cit. S. pp. inediti. cit. Due esempi di scavo. Barker. Tuscania e Pavia). —Siti genovesi e liguri: M. VIII (1981). ma i suini coprono quasi i 4/5 e i resti caprovini mostrano un'età di morte piuttosto alta. nel senso della ricostruzione dell'economia di base di alcune comunità o del significato di alcuni consumi urbani o privilegiati sono state fatte al momento solo per Luni. cit. Cartledge. Silvestro si dispone al momento di due campioni confrontabili nel tempo44 . —Genova. L'economia del bestiame . 1: la collina di S. XI-XIII secolo e XIV-XV) e a comprendere all'interno di questi periodi alcune macroscopiche differenziazioni dei contesti da cui provengono i campioni faunistici. cit. Da ciò senza ulteriori approfondimenti e contestualizzazioni. D.. The animal bones from the Cloister of S. "Archeologia Medievale". Il. "Archeologia Medievale". Macellazione e consumo della carne. 331-57. Hodges. "Archeologia Medievale". 358-62. Vere e proprie interpretazioni dei dati archeozoologici. —Pavia: G. Id.. VI-VII secolo) un consumo carneo fortemente basato sui caprovini giovani. 249-66. Alimentazione della guarnigione di stanza sul Monfe Ingino. cit.e in parte anche per quelli bolognesi. 469-74. Le ossa animali dell'area sud del Chiostro di S. Giorgio. pp. "Archeologia Medievale". Silvestro IX-X secolo) un consumo basato all'opposto e quasi per intero sui suini... pp. IX (1982). O. Tuscania. pp. — Luni: Barker. V (1978). in Papers in Italian Archeology. Bari 1980. 42-4 (per Gubbio e ancora per Luni. L'alimentazione dall'osteologia animale in Liguria. 239-46.. ma se si eccettua la stessa Luni sono anche quelli in cui i dati si presentano non solo privi di ampiezza cronologica. —Tuscania: G. The economy of medieval Tuscania cit. Pizzolo Gli scavi nel complesso medievale di Filattiera. Silvestro XV secolo: J. IX (1982).. Informazioni sull'economia medievale e postmedievale di Pavia: le ossa dello scavo. pp. Inoltre per la datazione dei reperti di Filattiera: cfr.Gli insediamenti liguri-lunensi. 358-63 e Id. a cura di R.se non che per S. Per il primo periodo disponiamo di alcuni scarni dati su due siti genovesi che indicherebbero per l'insediamento più antico (piazza Matteotti. 96 ss... —Filattiera: M. 44 Esistono però degli altri e ben più ampi dati su questo sito. pp. ma anche privi o quasi di informazioni sulla natura del campione e del contesto socioculturale che rappresentano. Barker. Silvestro a Genova. Gubbio. Excavation at D85. Cabona. V (1978). Tozzi. piccolo posto è lasciato a quelle suine (23% delle specie principali) o di altre specie e le ossa caprovine appartengono ad animali macellati prevalentemente giovani. proviamo a collocare i dati disponibili entro tre grandi scansioni temporali (ante XI secolo. Dry bones?. —Grosseto e Scarlino: G. Barker. "Archeologia Medievale". Gelichi. Il campione però è molto ridotto e soprattutto non ci è dato alcun elemento per comprendere a quale gruppo sociale sia da attribuire questo tipo di consumo. Escavation at D85. Nel campione del primo. "Archeologia Medievale" VIII (1981). pp. Giovinazzo.. I reperti faunistici di Filattiera. come si vede. cit. 45 Barker. e per l'altro (S. Wheeler. infatti. cit. Lo stesso si paò dire per i dati dei siti genovesi . Cli scavi nel «cassero» senese della Fortezza di Grosseto. P. Mannoni. Biasotti. e Id. Faunal Studies. Genoa. Id. Zignago. pp. pp. Escavation at D85 . Così ci si può chiedere se la differenza tra i due consumi non possa riflettere alcune trasformazioni avvenute tra i due periodi e che significato abbia la predominanza dei suini su una mensa presumibilmente privilegiata come quella vescovile. mentre a Luni si riscontra un equilibrio pressoché perfetto tra suini e caprovini.solo a quelle di Filattiera. Hodges. in relazione alle deboli e regressive strutture ambientali dell'area lunense e di fronte a eventuali incrementi demografici.2%. cit. Wade. quasi a confermare che ogni struttura alimentare e produttiva suggerita dai campioni faunistici per poter essere compresa appieno deve essere irrinunciabilmente messa in rapporto con il proprio contesto ambientale. 103-5 e 109 s. piccolo villaggio molisano (forse composto da una cinquantina di persone) situato in una delle zone ambientalmente meno favorevoli della Valle del Biferno46. pp. di S. Tuttavia. Luni venne abbandonata definitivamente all'inizio del secolo XIII50. Barker. pp. Ward-Perkins.il numero dei frammenti suini risulta poco meno inferiore al 60% della specie principali (Luni 47. Filattiera 42. L'economia del bestiame. Ch. 1. in Archeology and Italian Society. i frammenti di bovini occupano un piccolo posto (tra il 10 e il 15% circa) e indicano un'età di morte piuttosto alta. Maria in Cività.. 307-9. Wickham.. un sistema (agricolo-pastorale) integrato di prevalente autosussistenza47. 730.contesto montano non lontano da Luni . Hodges. 46 . The evolution of hilltop villages in the Biferno valley. cit. 179-90. approssimativamente databili al VII-IX secolo. si veda B. In questo stesso periodo si situano i ricchi dati di Luni provenienti dai campioni di «controllo» del VII-VIII secolo (ossia due di quelli ottenuti tramite setacciamento) e quelli. cit. Escavation at D85. per il villaggio molisano. Una particolare soluzione che. p. Wade.com'è noto. Per Luni emergere invece la mancata scelta produttiva nei confronti dei caprovini48 (allevati comunque essenzialmente per latte e lana e in regime di piccola transumanza) in un sistema tendente a scaricare gran parte del fabbisogno di prodotti carnei sui suini.5%). Luni: the decline and abandonement of Roman town. cit. mentre nel campione di Scarlino essi arrivano a coprire addirittura i 4/5. nonostante i condizionamenti ambientali.se questi confronti sono validi . Si delinea così. ma per S. Luni: the prosperity of the town and its territory. o se nasconda qualche significato. La funzione produttiva e l'importanza dei bovini nel complessivo sistema di allevamento dei due siti sembra dunque abbastanza chiara.derivata da qualche variabile di disturbo. In base alla conoscenza complessiva delle trasformazioni del territorio lunense. di razza piccola e dunque legata ad una piccola transumanza locale). in Archeology and Italian Society. Molise. e anche alla luce del successivo incremento dei suini (nel campione di «controllo» dell'XI secolo). 48 Barker. Maria in Cività ciò si collega a una netta predominanza di ovini (produttivamente polivalenti. in Papers in Italian archeology. e comunque caratterizzato da un rapporto con l'incolto e i boschi senz'altro dissimile da quello dell'Italia padana altomedievale. a pp. . 729 s. salvo qualche eccezione per Luni. nell'insieme dei dati dell'XI-XII secolo relativi agli insediamenti rurali le frequenze dei suini di Luni non risultano affatto anomale anzi si mostrano superiori . piuttosto che un elemento di equilibrio in un sistema tipicamente altomedievale. 305-12. e in entrambi. pp. infatti.. p. 313-21 e Id. In entrambi i campioni sono assenti (o quasi) i resti di animali selvatici. forse connotato da un favorevole rapporto popolazione/risorse.. quasi che la caccia fosse scarsamente praticata. 49 Ivi. 47 Hodges. Barker. Il... Nel campione di C. part.. 103-6. Si veda anche R. cit. cit. potrebbe costituire uno dei motivi del collasso dello stesso sistema microregionale . 50 Sulla crisi territoriale economica di Luni. sembra inoltre possibile avanzare l'ipotesi che la scelta produttiva a favore dei maiali rappresenti qui un potenziale elemento di contraddizione49 e la spia di un lento processo di marginalizzazione. ossia in base a quanto si sa sulla disgregazione del sistema romano di drenaggıo delle acque e sul generale degrado ambientale. rispetto alla necessità di . nonostante le oggettive difficoltà di trarre indicazioni precise dalle età di morte e nonostante nell'intero stock di reperti i resti provenienti da animali macellati adulti siano senz'altro prevalenti. Per gli insediamenti linguri-lunensi. Ma. ricostruiti tramite fonti documentarie da Nigro. all'interno della quale ci sono anche resti di agnelli o capretti. cit. pure sembra di intravedere nel campione duecentesco una maggiore presenza di caprovini macellati prima del secondo anno di età53 . al di là di quanto detto per Luni e il suo specifico contesto ambientale e in generale sul ruolo dei suini nelle economie contadine... considerazioni come questa.nel quale si riscontra tra l'altro una sorprendente presenza di cervidi . Agostino e via Ginevra (XIII secolo). quanto perché è probabile che il campione faunistico rifletta il consumo di una guarnigione. cit. Ma. infatti.. mentre per Castel Delfino.in base alla riflessione che i consumi privilegiati non sono da identificare sempre e automaticamente con l'"urbano". 52 Barker. Può dunque essere relativamente facile pensare che i campioni urbani costituiscano lo specchio di consumi privilegiati.Diversi si mostrano invece sia i dati duecenteschi di Castel Delfino (Savona) e di Tuscania. per C. sia per la finalizzazione al latte e alla lana del loro allevamento. 53 Barker. pp. Ciò 51 Cfr. Wheeler. cit. pp. il ruolo dei caprovini giovani e dei castroni nei consumi carnei di Prato. Viceversa. per Pavia e per i due siti genovesi. Dry bones?. The economy of medieval Tuscania . anche se per un periodo successivo (fine Trecento). 250 e 252 e Barker. Informazioni sull'economia medievale. per Grosseto. insieme ai dati sulle misure. Lucca o Pisa o altri che siano senza nulla sapere sui circuiti di scambio dei prodotti agricoli e nemmeno sul tipo di economia che connotava gli insediamenti in questione? A quest'ultimo proposito si può in questa sede aggiungere soltanto qualche elemento sulla base degli stessi dati archeozoologici. non tanto assumendola tout court come un polo urbano. salvo che a Pavia .. cit.Genova. sia quelli urbani di Pavia (XI-XII secolo) e di Genova S. per Pavia è giusto tenere conto che l'età di morte dei caprovini nei campioni dell'XI-XII secolo sembra indincare. a una leggera predominanza dei caprovini stessi. 44. È possibile ragionare in modo analogo anche per ciò che riguaga Grosseto. svolgessero un periodo di verosimile incremento demografico un ruolo compensatore in campagna. In effetti. invece. attratti comunque dal mercato o dalle macellazioni urbane pur alla fine del loro ciclo lavorativo. le età di morte dei caprovini sembrano essere in diretto rapporto con l'importanza della specie nel campione: per Luni già sappiamo che la produzione carnea risulta circoscritta ai suini sia per la presenza relativamente bassa dei caprovini (30% circa).si unisce una presenza stranamente alta dei bovini. Graeme Barker non rileva questa differenza. Riguardo a Tuscania. i frammenti di caprovini sono di poco superiori a quelli di suini e le età di morte sembrano indicare animali macellati prevalentemente giovani.. c'è da dire che. 4. p. una prevalente produzione di lana nel territorio52. preferendo considerare i dati sulle età di morte nel loro insieme.accanto a una presenza di suini che sembrerebbe anche più alta di quella di Luni si situa però una consistente quota di caprovini (40% circa). ammesso che i campioni disponibili siano significativi a grosso modo comparabili e che quanto detto sia relativamente verosimile. infine. Così può essere legittimo accostare a ciò che anche Castel Delfino . cosa pensare invece della alte quote di ossa suine nei campioni rurali dell'XI-XII secolo e soprattutto della posizione. A Tuscania infatti i caprovini sembrano non lasciare spazio alle altre specie (coprono quasi il 90% del campione duecentesco). che appare diametralmente opposta di Tuscania e Scarlino? Certo sarebbe suggestivo pensare che i suini. Zignago . sia quelli di Grosseto (XI-XIII secolo). di un drenaggio di risorse carnee. relativamente trascurati dai consumi urbani a differenza dei caprovini giovani. o meglio di una domanda di carne soddisfatta innanzitutto con i caprovini giovani51 e solo secondariamente con i suini e con bovini.ricordiamo che si tratta di una zona montana. i quali sono invariabilmente macellati adulti in tutti i campioni del periodo.generalmente macellati giovani. come affermare in relazione ai casi concreti degli insediamenti liguri-lunensi e di Scarlino che essi gravitassero nell'orbita di attrazione di un qualunque polo urbano. tab. a Filattiera. in particolare per la sede dei Fiaschi. Gli uomini dell'irco. 27-38. forse in relazione alla contiguità di datazione e all'ampiezza dell'arco temporale rappresentato che potrebbe eventualmente nascondere variazioni di medio periodo. Questi dati si riferiscono a Pavia (XIII-XVI secolo). Tuscania (metà Trecento e XV secolo). di una risposta contadina ai drenaggi verso il polo urbano e alla domanda di carne caprovina.si tratta naturalmente di animali macellati adulti -. Petronio. in cui l'animale è stato sconfıtto in una sorta di concorrenza allo sfruttamento della terra e in cui solo il maiale può produrre le necessarie proteine nobili trasformando tutto l'economicamente trasformabile. e che la discordanza rilevata a questo proposito rispetto ai dati delle fonti documentarie . Salvo che per i due siti urbani bolognesi del primo Quattrocento (S. quanto a un eventuale ruolo di attrazione dei macelli urbani nei confronti di bestie utilizzate nel territorio quasi esclusivamente per l'aratura. che rimane tale anche dopo aver sottratto una consistente quota di frammenti esplicitamente connessi a attività artigianali. non fosse che per un ulteriore spostamento a favore dei bovini e a danno dei suini.remota o recente .potrebbero infatti riflettere una fascia particolare dei consumi. ossia quella direttamente legata al mercato della carne fresca e utilizzare queste informazioni solo come ordini di grandezza potrebbero risultare legittime solo fino a un certo punto. che unitamente ai dati sulle misure e sulle razze aveva già indotto a pensare alla scelta produttiva verso la lana (il campione di questo periodo è tuttavia piuttosto ridotto). cit. capretti e persino vitelli . Passiamo comunque al periodo successivo (XIV-XV secolo). il campione del quale è l'unico a mostrare una insolita predominanza dei bovini. visto nel suo complesso e anche in rapporto al campione dell'altro sito bolognese dove i bovini sembrano occupare un posto del tutto secondario. Petronio). 54 Si veda per un'eventuale interpretazione in questo senso di dati post-medievali di Pavia (nei quali si verifica un aumento percentuale di bovini e suini) Barker.che le fonti archeozoologiche. piuttosto che suina. una coincidenza quasi completa con i dati del periodo precedente (XI-XII secolo).riguardanti le impostazioni fiscali sulle macellazioni . né tantomeno a una produzione destinata a soddisfare la domanda urbana e potenziale fattore di trasformazione per l'agricoltura . tuttavia anche il solo fatto di impostarla non può non spingerci a ripetere con Barker . abbiamo la fortuna di poter leggere gli altri dati di questo periodo in relazione a eventuali trasformazioni avvenute nei confronti dei periodi precedenti. A Pavia può essere accostato uno dei due siti bolognesi (S. Grosseto (XIV secolo) e Genova S. Le fonti documentarie . Scarlino (XV secolo). oppure un elemento di un sistema agrario fortemente indirizzato verso la produzione cerealicola.potrebbe indicare che la struttura produttiva dell'allevamento caprovino nella Tuscania duecentesca non fosse ancora decisamente specializzata nei confronti del latte e della lana.che sembrano indicare una prevalente macellazione di agnelli. per i due siti rurali liguri (Monte Zignago e Molassana. area per cui non si dispone di informazioni contestuali se non che è attualmente un'area cimiteriale con poche tracce di frequentazione). XV secolo).. Torniamo alla domanda se la predominanza del maiale nei campioni liguri-lunensi e di Scarlino costituisca un sintomo di crisi microregionale . Wheeler Informazioni sull'economia medievale. induce a pensare non tanto a un consumo specificamente privilegiato. Dobbiamo naturalmente concludere che la questione resta integralmente aperta. 254 s. Il ruolo dei bovini nei campioni di Pavia e Bologna S. . a differenza di Pavia. o ancora se possa costituire la spia di alcuni processi di redistribuzione.o di scarsa umanizzazione del territorio. e per Gubbio (XIII-XV secolo. Pavia mostra. guarnigione di stanza sul Monte Ingino). A ciò c'è da aggiungere soltanto che. se correttamente prodotte e interpretate. e che il ruolo di produzione carnea non assegnato al maiale potesse essere assunto da questa specie. Petronio .non sembra poi così accentuata. Silvestro (primo Quattrocento).non ancora per lo meno54 -. possono costituire davvero una chiave per comprendere alcuni dei processi più importanti della storia del paesaggio e dei rapporti città/campagna. p. o meglio giovanissimi. Giorgio. area densamente urbanizzata e S. Invariata sembra rimanere anche l'età di macellazione dei caprovini. nei due siti bolognesi i resti caprovini mostrano una buona presenza di animali consumati giovani. anche soltanto un'analisi sommaria delle variazioni mensili delle macellazioni55 porta a sfumare molto.è stato felicemente interpretato da Graeme Barker come segno della crisi del sistema di transumanza locale. e conforme al classico modello dell'economia contadina. pp. ciò può costituire un ulteriore tassello per la comprensione dell'economia di Tuscania e del territorio circostante. che per la stessa sede vescovile nel IX-X secolo. cit. A ciò si può aggiungere soltanto che. e.6% e 86% di quelli della prima metà del secolo. sia per ciò che riguarda la mensa arcivescovile genovese. 167-70. possa appunto essere la carne migliore. Macellazione e consumo della carne.che rimangono però una quota decisiva dei reperti quattrocenteschi. nell'ambito del generale sviluppo della grande transumanza della Dogana del Patrimonio di S. ossia entro il secondo anno di età . Leverotti è dunque quello di una produttività animale piuttosto ridotta. Marie Vigueur.macellati in larga parte abbastanza giovani. Leverotti emerge come i rapporti percentuali tra le varie specie macellate e tra animali giovani e adulti avrebbero indotto a valutazioni errate circa una prevalenza del consumo di animali giovani o circa un indirizzo verso la produzione carnea. Gli uomini dell'irco . cit. per giunta comprandolo e non producendolo in proprio. Se nel campione trecentesco di Grosseto sparisce l'alta presenza di frammenti bovini riscontrata nel periodo precedente (XI-XIII secolo).delle macellazioni urbane. cit. Pietro57. Roma 1981.i quali giungono a coprire i 2/3 dell'insieme delle specie principali. a Nigro. Invece. The economy of medieval Tuscania . forse anche più vicino a quello adombrato dai campioni faunistici. C. si potrebbe pensare che la Frescura Nepoti. e Leverotti. Ciò naturalmente ci ricorda quanto rilevato sia per gli insediamenti liguri-lunensi e per Scarlino nell'XI-XII secolo. una collocazione sociale dei consumi indicati . chissà. Si potrebbe infatti pensare che quella parte dei caprovini che è sparita nei campioni quattrocenteschi a favore dei suini e in parte dei bovini adulti.. macellazioni non soggette a tasse o tendenti a evadere il fisco ecc. Il consumo della carne. possa appunto essere quella degli animali giovani quasi sottratti alle altre finalità produttive. Quanto a Tuscania. mentre la gran parte della popolazione macellava un solo agnello o capretto l'anno. e in base al carattere quotidiano/festivo del consumo di agnelli e capretti. In particolare nel lavoro di F. la discordanza tra i due diversi tipi di fonte. Silvestro.e un tentativo di defınizione (anche qualitativa) del ruolo dei caprovini giovani e gersino dei vitelli nel complesso della struttura alimentare e produttiva56 potrebbero delineare un quadro molto diverso da quello immediatamente suggerito dai semplici dati quantitativi sulle macellazioni. Dall'analisi più generale si vede invece come questo tipo di consumi svolgesse un ruolo limitato e fosse ridotto a ristrette fasce sociali e a particolari momenti dell'anno. le considerazioni più interessanti emergono dalla constatazione di quanto sembra avvenire in Maremma. Il quadro efficacemente delineato da F. al 73. Così è da credere che un'analisi contestualizzante dei dati tratti dalle fonti documentarie bolognesi. sia per i due siti rurali liguri l'elemento comune e connotatore sembra l'alta o altissima quota di frammenti di suini.. 56 55 . per lasciare spazio ai caprovini . 57 Barker. dalla prevalenza quasi completa dei suini nell'XI-XII secolo alla netta predominanza dei caprovini . a partire da fonti analoghe. cit. Dal campione di Gubbio emerge un consumo (relativo alla guarnigione) pervalentemente basato sui caprovini giovani e secondariamente sui suini. l'attenuarsi del ruolo dei caprovini . 286-8. e che sono in maniera più chiara e decisa macellati adulti . dal 58. sia adulti che giovani per Molassana e S. provenienti da animali adulti per Monte Zignago. J. Cfr. Tuttavia. lasciando fuori altri tipi di consumi. il campione quattrocentesco di Scarlino sembra conoscere un vero e proprio rovesciamento. pp. unita all'assenza o quasi di frammenti di bovini e a una presenza relativamente bassa (sotto il 40% delle specie principali) di frammenti di caprovini. In altre parole. Inoltre.più del 60% delle specie principali e macellati essenzialmente adulti. se le differenze che pare di intravedere nelle età di morte caprovina tra il campione duecentesco e quelli quattrocenteschi hanno un valore euristico. ad esempio quanto è stato possibile fare. Les pàturages de l'Église et la Donàne du Bétail dans la province du Patrimonio (XlVeXVe siècle). o meglio gestito dalla stessa comunità. soprattutto per ciò che riguarda la carne.9% del campione più ampio del tardo Quattrocento.in base ad esempio ad altre fonti fiscali . per la Maremma toscana cfr. a pp. Jones. mentre in altri momenti storici. 444-50. pp. cit. pp. Villaggi abbandonati. cit. Klapisch. ma si pensi ai motivi per cui in alcuni contesti signifıcativamente periodizzati la funzione di sintomo di processi degenerativi dell'economia e del sistema ecoculturale può essere assunta dal crescente ruolo della popolazione suina in essi. Villages désertés en Italie.diminuzione dei caprovini stia in qualche rapporto con un processo che rende contemporaneamente la finalizzazione extralimentare (e extraterritoriale) di questa parte dell'allevamento completa e la transumanza locale sempre meno importante di quella a grande raggio. a indicare fenomeni simili. agli scarti netti e facilmente leggibili di Scarlino. cit.. a pp.dell'incontrastato sviluppo della transumanza cfr. Ch. e a un più generale divergere della produzione dal consumo. cit. pp. XIII-XV: problemi della vita delle campagne nel Tardo Medioevo. spinge a un'ulteriore riflessione di carattere generale. J. 419-59. cit. pp. 345-50. 309-64. Sulla desertificazione delle aree coinvolte da questo fenomeno cfr. Risorse.in termini di ristrutturazioni ambientali e socio-economiche . pp.. a pp. Civiltà e imperi del Mediterraneo cit. 83 e 87s e Klapisch..se pure è quasi banale ribadirlo una svolta che connoterà per secoli e in maniera globalizzante la storia di ampi spazi del territorio italiano. in Storia d'Italia Einaudi. Esquisse. ma anche e soprattutto in rapporto al contesto storico globale e all'interno di alcune decisive periodizzazioni. XIe-XVIIe siècles. pp. 112-5. o precise risposte regressive e fallimentari . La Toscana nel Tardo Medioevo. In generale sullo sviluppo della transumanza cfr. Pinto. non soltanto in rapporto agli specifici contesti ambientali. può per molti versi essere considerata una vera e propria scelta ecoculturale . alle complesse variazioni di Tuscania identici processi di trasformazione dell'ambiente e dei modi di sfruttamento di esso. Pinto. Le campagne italiane . cominci questo sviluppo da zero come sembra avvenire a Scarlino (e nei territori circostanti?).. Sulla transumanza come fenomeno specificamente mediterraneo Braudel.dal "filtro" dati dai consumi della guarnigione di Grosseto nei quali si conserva il ruolo dei caprovini giovani. 73-90. Paris 1965. G.. o si innesti su più antichi sistemi come a Tuscania. alle redistribuzioni dei prodotti. I dati archeozoologici maremmani sembrano dunque riflettere in modo diverso . La Toscana nel Tardo Medioevo. Torino 1973. nei quali il ruolo dei suini sembra rimanere immutato. Chernbini. cit.al degrado terntoriale e alla crisi demografica. Il suolo nella storia d’Italia. pp. Pistoia 1981. non soltanto dopo aver compreso i principali meccanismi connessi alle differenziazioni dei consumi. Il punto di coagulo di questi processi sembra consistere nello sviluppo dell'allevamento transumante in un territorio in via di maggiore o minore desertificazione58. 59 Sulla fallimentarietà . La "soluzione" transumanza infatti. 341-57. La società agraria. non soltanto dopo aver subito innumerevoli trattamenti di depurazione dai fattori di "disturbo". soprattutto Haussmann. Villaggi abbandonati e emigrazioni interne. Klapisch. pp. 58-65 e 80-5. pp. in Villages désertés et histoire économique. 91-115. Cherubini. pp 461-5.in termini di rapporto uomo/ambiente . in Civiltà ed economia agricola in Toscana nei secc. Su questo fenomeno nella Maremma senese cfr. Ch. Day. può essere il dilagare dei caprovini e dell'allevamento transumante59. paesaggio ed utilizzazione agricola del territorio della Toscana sud-occidentale nei secoli XIV-XV. 58 . V. 74-7. Il fatto poi che questi processi sembrino significativamente assenti da quanto è possibile leggere nei dati liguri.. 329-35. Questa riflessione può apparire banale. 421-3.. Ossia che ogni informazione archeozoologica diventa significativa dei processi di trasformazione degli ecosistemi e dell'economia. anche in presenza di evidenze negative. quello di R. I tre scavi. Francovich al saggio Un villaggio di minatori e fonditori di metallo nella Toscana del Medioevo: San Silvestro (Campiglia Marittima). 313-22. 2 (1985). obiettivi posti e problematiche storiografiche2. a diverso grado di avanzamento e quindi di approfondimento esplicitano chiaramente strategie di intervento. ad una riflessione sul valore del campione archeologico. rappresentano comunque un largo spazio delle problematiche presenti agli archeologi che operano sul campo. mentre l'ultimo rappresenta il Rapporto preliminare di R. Crypta Balbi. Il saggio di D. invece. permette di "riscrivere la storia" di una realtà molisana in un quadro di riferimento europeo. Lo scavo di San Silvestro di Campiglia marittima riconduce l'interesse al tema classico dei villaggi abbandonati nel XIV secolo.La pratica archeologica Lo scavo è il momento qualificante la ricerca archeologica: i problemi delle strategie adottate. fisici ed intellettuali sono elementi essenziali per raggiungere gli obiettivi di passare da un'indagine "al microscopio" alla costruzione del documento archeologico e quindi alla elaborazione di un modello. attività produttive e mutamenti tecnologici in situazione ottimale. comprese le miniere contemporanee alla vita del castello. pp. I casi di scavo che abbiamo selezionato come esemplificazioni dei problemi di cantieri in ambito postclassico. Il caso della Cripta di Balbo a Roma è il primo scavo urbano di grande respiro nel quale si pone come problema centrale in modo esplicito il tema del rapporto fra archeologia e restauro architettonico. che qui si presenta è stato pubblicato in " Restauro e Città ". lontani da essere esaustivi della pluralità delle situazioni analizzate negli ultimi dieci intensi anni di attività. elaborati in particolare dal gruppo genovese dell'ISCUM1 rappresenta l'unica chiave per superare i limiti di parcellizzazioni disciplinari. che con la vastità dell'evidenza materiale prodotta in oltre cinque anni di scavi. I problemi di una "continuità" insediativa e del rapporto fra archeologia dell'insediamento e archeologia monumentale sono i temi viceversa dello scavo di San Vincenzo al Volturno. 2 1 . Hodges sugli scavi a San Vincenzo al Volturno è. nella veste che qui si pubblica inedito. apparso in "Archeologia Medievale". 2132. XII (1985). pp. del metodo di ricerca. le domande che stanno alla base di un intervento che presenta costi elevati in termini di investimenti finanziari. che costituiscono barriere insormontabili alla compernsione di fenomeni insediativi e costruttivi. Si confrontino in proposito le ultime cinque annate di "Archeologia Medievale". Manacorda. in una situazione caratterizzata da un'economia estrattiva e di trasformazione metallurgica dove lo stato di conservazione dell'insediamento e la "fossilizzazione" del territorio circostante. Un tema vitale perché la ricomposizione di una lettura fra parti in elevato e deposito archeologico attraverso gli strumenti di una "archeologia globale". permettono di leggere contesti sociali. affiancata da sistematiche compagne topografiche. cfr. e non solo sul piano accademico. 30). Beltrami. così come dello storicismo di tradizione idealistica o materialistica3. Milano 1926. Si veda ad es. 171s. Gurrieri. che ne azzarda un giudizio liquidatorio del tutto ingiustificato. quando non di conflittualità. 78 s. centro storico. Un primo bilancio sommario dovrebbe tuttavia rilevare una persistente condizione di incomunicabilità. La sua esperienza di funzionario della Amministrazione delle Belle Arti sarà concentrata per lungo tempo sul problema delle architetture religiose del Medioevo pugliese. non fu mai ammesso alla Accademia dei Lincei (cfr. più recentemente. il suo maestro e padre spirituale sarà per molti versi John Ruskin6. 14). 2 Architetto preferivano chiamarlo Gherardo Ghirardini ( L'archeologia nel primo cinquantennio della nuova Italia . Atti del II Congresso internazionale del Restauro. che si sarebbe trovato ad assolvere il ruolo di padre senza figli dell'archeologia stratigrafica italiana. nonostante la sua notorietà in campo internazionale.l'interdipendenza delle due discipline è sempre più stretta1. 23-31.che oggi più di altri ci fa discutere . Una collaborazione opportuna per un intervento difficile. cit. Il fenomeno. 1 . F. L. tra le due discipline. Giacomo Boni. nel Foro romano4. Giacomo Boni. Tea.. Ceram. che ne dava comunque un giudizio positivo. pp. 3 Lo stesso R. sul piano della professionalità. «un rètore. Eppure. VI (1979). o. anche Prefazione a C. Giacomo Boni nella vita del suo tempo.Daniele Manacorda Appunti su archeologia e architettura nel cantiere della Crypta Balbi Una storia dei rapporti sul campo tra archeologia e architettura nell'esperienza italiana di questo ultimo secolo è ancora da scrivere. 6 Beltrami. archeologo. Prima che il divario tra le due discipline continuasse ad approfondirsi (ma esso è già consolidato con la cultura antiquaria) il caso di Giacomo Boni segnò un momento nel quale il rapporto tra due competenze. "Archivio Veneto". di riconoscere la grande lezione di metodo che la formazione positivistica di Boni aveva introdotto nella archeologia italiana. Architetto. ha radici profonde. XXIX.. Roma 1912. pp. Bari 1976. e 154 ss. era stata piuttosto quella di un architetto. e quella archeologica. la cui opera scientifica si è ridotta a nulla in pochi anni» (Introduzione all'archeologia classica. pp. p. "Archeologia Medievale". Bianchi Bandinelli dimostrò di non aver sufficientemente compreso l'opera di Boni. 69s. appunto. di cui studierà insieme gli aspetti strutturali e qualitativi5. sembrò trovare aspetti di sintesi. Nevio Degrassi (Nuovi metodi di scavo e restauro archeologico e necessità di un loro coordinamento. in Il monumento per l'uomo. Padova 1972. Boni.). Le sue prime esperienze veneziane saranno sulle impalcature del Palazzo Ducale o a contatto delle fondazioni del campanile di S. Marco. 2 (1885). 17 ss. Marco a Venezia . p. 19 ss. e 46 ss. Boni. Il muro di fondazione del campanile di S. I Milano 1932. 4 Vi entrerà infatti in qualità di architetto della Direzione di Belle Arti. quanto soprattutto nella formulazione teorica degli interventi sul campo e nella loro attuazione pratica.). a p. W. anche E. il cui titolo costituisce anche un programma di lavoro. quella architettonica. cfr. Episodi significativi di intercambiabilità professionali sono oggi più frequenti sui nostri cantieri di scavo e di restauro: la problematica scientifica modifica l'angolazione settoriale dell'intervento e pretende la formulazione di ottiche nuove. I motivi di questa difficoltà di rapporto da parte di componenti diverse della cultura archeologica italiana verso la fıgura e l'opera di Boni vanno ricercati nella incapacità da parte del classicismo di tradizione filologica o di tendenza estetizzante. quanto più i suoi colleghi si studiarono di sfocarne la definizione2. Torino 1955. pur nuovo. Giacomo Boni fu sostanzialmente un archeologo: tanto più lo possiamo affermare oggi. p. 5 G. Eppure la formazione dell'archeologo Boni. Civiltà sepolte. facendolo penetrare per una finestra extraaccademica addirittura nel santuario della cultura classica romana. 3 ss. Roma 1983. cfr. 27 ss 9 Molto interessante a questo proposito è una lettera del Boni del 1893 . 85-91. quasi che quella archeologia monumentale . innanzitutto.L'archeologia di tradizione antiquaria ha assimilato asetticamente l'immagine di Boni. pp.724 ss. Introduzione a E.p. Principi di stratigrafia archeologica. Coarelli. Harris. quale quello dedicato alla "Archeologia e pianificazione dei centri abitati".16 (1982). Se dunque è ancora necessario vigilare affinché non si torni a sottrarre alla specificità della competenza archeologica l'intervento conoscitivo nei siti pluristratificati anche di età post-classica. può realizzarsi soltanto nel quadro di una ricomposizione complessiva delle competenze». La tradizione degli interventi di restauro sui monumenti. ai nostri occhi di archeologi di formazione prevalentemente storica. angustamente sentito come opera di natura strettamente architettonica. Milanese.ad es. con una sintetica esposizione del dibattito interno all'archeologia classica italiana negli anni a cavallo tra i due secoli. Cento anni di ricerche archeologiche italiane: il dibattito sul metodo . Roma 1983 p.riprodotta in Tea. 37. C.pur così disarmata in campo classico di fronte alle necessità di una lettura stratigrafica del manufatto antico .fosse non di meno di impaccio all'intervento di restauro. "Quaderni di storia". 7 . e Il ForoRomano.". Manacorda. al tempo stesso nella storia della sua formazione culturale e nella sua pratica di ricerca troviamo presenti quelle tematiche che sono oggi al centro anche del dibattito sull'archeologia urbana: la stratigrafia. Francovich. Gardini. Giacomo Boni. p.S. R. Manacorda.) come in quelli esecutivi. è pur vero che «la tutela del patrimonio archeologico.1982. "Archeologia Medievale». ed in particolare alla rivista "Archeologia Medievale"10. per evidenti motivi portata a vedere più da vicino i nessi tra archeologia e architettura. che solo in questi ultimi anni sta conoscendo una inversione di rotta. Bonora.precedente di vari anni il suo impegno nel Foro . F.. II (1975). quale strumento portante dell'intervento archeologico. nel quale si segnalano per il nostro discorso in particolare gli interventi di F. VI (1979). A. 399-408 . Né da parte dell'archeologia. "Archeologia Medievale". p. perché se è indubbio che esistano specificità disciplinari è anche certo che esistono D. Sul piano delle istituzioni la lezione del Boni non ha lasciato tracce. inoltre le osservazioni esposte in D. cit. Il processo in atto non è lineare e fa giustamente discutere. Archeologia medievale e istituzioni.o a numeri monografici. Guadagni. si è spesso assistito. e in particolar modo su quelli di epoca post-classica. disconoscendone la teoria metodologica e respingendone la prassi7. R. Molto dobbiamo per questo all'opera svolta dalla nascente scuola di archeologia medioevale in Italia. Francovich. 8 Richiamata da F. Gurrieri. in un'ottica che oggi riassumiamo con il termine di cultura materiale. IX(1982). negando l'intervento archeologico. 10 Mi riferisco agli editoriali della rivista ma anche a singoli contributi . la centralità dell'intervento di restauro nel rapporto tra uomo e monumento antico9. da parte delle competenti Soprintendenze ha testimoniato nel suo complesso una volontà pervicace di ignorare il dato e il contesto archeologico. 11 Si veda in proposito il documento a cura degli ispettori medievisti delle Soprintendenze italiane pubblicato in "Archeologia Medievale". malte ecc. E. Topographie antique et idéologie moderne: le Forum romain revisité . che lascia tuttavia qualche perplessità laddove sembra privilegiare una pur necessaria «attività di tutela per fasce cronologiche di competenza» a scapito di un'altrettanto fondamentale concezione dell'intervento a scala territoriale. l'attenzione rivolta alle tecniche edilizie nei loro aspetti qualitativi (materiali. M. pp. La distruzione sistematica di una quantità incalcolabile di contesti archeologici post-classici è la diretta conseguenza di questa prassi. e in particolare di quello post-classico. pp. Periodo arcaico. nello scarso spessore della sua formazione storico-erudita8 (e lasciamo da parte gli effetti della sua più tarda involuzione irrazionalistica). "Annales E. 439-41: un testo da sottoscrivere. specie a livello istituzionale.C. ad un richiamo alle necessità dell'intervento scientifico. Se oggi i limiti più evidenti della sua opera appaiono. Le stesse prime comparse di ispettori archeologi medievisti sono segnale di una coscienza nuova delle competenze professionali richieste dall'intervento di restauro11. 433. Queste condizioni. La «passeggiata archeologica».. A. La Regina. pp. Nella prospettiva urbana.si sviluppa intorno ad un grande tema di natura urbanistica: il reinserimento di un isolato urbano abbandonato e sconvolto (che racchiude insieme con le preesistenze classiche elementi della topografia cittadina del Bassomedioevo.a misurarsi con strumenti teorici e pratici . Firenze 1984 e Id. Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi. del tardo Rinascimento e dell'età barocca e che ha trovato la sua definitiva fisionomia nel corso del XVIII secolo) nell'ambito di un quartiere che ha visto in epoca recente uno sventramento urbanistico condotto in un punto delicato della più antica viabilità storica di Roma. in L'archeologia in Roma capitale tra sterro e scavo. 75. Cultura architettonica e urbanistica e cultura archeologica sono chiamate a trovare insieme le risposte adeguate. 177-81. Ciancio Rossetto. 13-22. La consapevolezza che «la valorizzazione del patrimonio archeologico costituisca comunque un presupposto fondamentale per la riqualificazione del tessuto urbano» è una delle ipotesi di partenza del progetto Crypta Balbi. Venezia 1983. Manacorda. pp. AA. rivolta al presente e al prossimo futuro della città. destinata a segnare la storia urbanistica di Roma. che fanno di alcuni cantieri di intervento archeologico-architettonico in Roma. Manacorda. in Archeologia laziale. essa offre alcuni strumenti che hanno cambiato qualcuna delle carte in tavola nel gioco delle responsabilità urbanistiche. occasione di costruzione di nuovi laboratori. Rivolta al passato. (a cura di). Roma 1985. che si trova oggi di fronte al profondo rinnovamento in atto nella cultura archeologica italiana . rilevanza monumentale degli insediamenti a scala topografica) . Ad esso si sostituisce l'interesse di una testimonianza diacronica costituita dall'insieme dei dati scientifici propri di uno scavo stratigrafıco in area urbana»14. pp. De Luca. intervento di restauro e intervento Si veda il documento Archeologia postclassica..settori di "confine". Il giardino del Conservatorio di Santa Caterina della Rosa a Firenze. L. in "Archeologia Medievale". Tra le nuove esperienze in atto crediamo che quella in corso a Roma nel cantiere della Crypta Balbi offra un'occasione importante di sperimentazione dei rapporti possibili tra le diverse discipline. Francovich. Archeologia urbana.Un "mondezzaro" del XVIII secolo. cit. "Notiziario di archeologia medievale". L. Firenze. in Archéologie et projet urbain. in Roma Archeologia nel centro. 1'indagine alla Crypta Balbi pur nella centralità degli aspetti archeologici (conoscenza della stratificazione urbana di un settore-chiave del centro storico. Crypta Balbi. in altri termini. pp. in Manacorda. infatti. 14 M. relazioni preliminari e notizie si troveranno in D. Credo si debba rilevare l'importanza del fatto che queste formulazioni giungano dal versante della cultura architettonica. Sagul. La scala urbana pretende che il discorso sul riuso e lo sviluppo del tessuto urbano non vada disgiunto dalla tutela del dato archeologico.VV. cioè dalla sua comprensione e quindi dal suo studio. 1982. 13 (1983). L'enquete archéologique dans la zone de la Crypta Balbi. XII (1985). sia pur mutilata. 13 Sull'indagine in corso alla Crypta Balbi si vedano: D. Manacorda. L'enquete archéologique de la Crypta de Balbus. Archeologia e progetto cit. L. «le stesse opere di restauro e recupero vengono così a definirsi in termini complessi ed ormai totalmente estranei al tradizionale concetto di monumento. 1981-1983. Conforto. "Nouvelles de l'archéologie". Gabucci. 37. 1985. Paris 1985. 3-5. 75-88. 11-6. 345-55. Problemi del recupero urbano. 54664. Per le vicende della Zona archeologica si veda da ultima P. a cura di D. Come si è già altre volte avuto occasione di rilevare13. Se tutelare significa innanzitutto comprendere. 12 . nonché A. pp. della Zona archeologica di Roma15. Programmi della Soprintendenza archeologica di Roma. pp. 471-84 e XIII (1986) pp. quindi dotarsi di strumenti di conoscenza. Ne è premessa lo stesso. IV.la stratigrafia innanzituttorimasti sinora periferici al suo bagaglio concettuale. Roma 1981. contesto da cui l'iniziativa trae origine. Competenze di intervento e necessità di tutela con le relative osservazioni di R. 15 Sulla legge n° 92/1981 e i problemi della sua applicazione cfr. pp. vol. in atto o in programmazione. si collocano nel quadro dell'applicazione della legge speciale per la tutela e la valorizzazione dei monumenti antichi di Roma: una legge che ha fatto molto discutere. e in questo settore si collocano evidentemente gli interventi di scavorestauro12.. Roma. p. gennaio 1984. Saguì. II. essa si riallaccia alle faticose iniziative che attraverso tortuosi cammini condussero alla creazione. si candida a buon diritto tra le discipline in grado di contribuire alla programmazione ed alla esecuzione dell'intervento urbanistico: l'archeologia muove la città. 56(1984).]. e aiuta a sollevare il velo dai suoi "buchi neri". in particolare Manacorda. cioè la somma delle tante archeologie in cui ancora ci dibattiamo. Nel secondo caso il conflitto è interno agli stessi strumenti concettuali dell'archeologia urbana: la sua risoluzione credo vada cercata tuttavia al suo esterno. di pieni a vuoti e anche di vuoti a vuoti sul piano della stratigrafia verticale. cit. Nel primo caso ci troviamo di fronte a problematiche che non dovrebbero appartenere alla prassi dell'archeologia urbana che . ad alzare il tono della polemica.]. dei cambiamenti subiti dalle unità abitative e dagli edifici che definiscono il perimetro. Carta da macero e "cocciopesto": appunti sullo scarto di reperti archeologici. pp.. introducendovi ottiche inconsuete. il problema della scelta tra conservazione e distruzione17. Abbiamo avuto occasione di esporre altrove il succedersi delle fasi urbanistiche e di elencare fonti e problematiche relative. vi è un'altra sorta di conflittualità. . La storia del sito è storia di grandi monumenti. adattamenti e trasformazioni in un insieme reso oggi incomprensibile [. Ricci. e specialmente in quello della storia dell'arte. il più pronto. Murature e terre formano un amalgama che solo l'indagine stratigrafica è in grado di cogliere.] ritrovando una forma che questo insieme riscatti dal Cfr. Ma il rifiuto dell'ottica selettiva comporta all'archeologo come all'architetto. di natura più culturale e metodologica. all'indagine stratigrafica come al progetto di restauro. p. Nel cantiere della Crypta Balbi «ci si trova ad operare al di fuori delle ipotesi già sperimentate come valide. . che sorge di fronte alla necessità di scegliere nel corso dell'intervento per la conservazione di un contesto a danno di un altro. che per defınizione rifugge da ottiche gerarchizzanti: isolare un problema con atteggiamento totalizzante significa in queste condizioni condannarsi a non comprenderlo o ad averne quanto meno una immagine assai parziale. Un problema che. ma è anche storia di grandi spazi. È appunto anche questo il grande compito delI'archeologia urbana. A. e secondo parametri metodologici ancora da definire e di difficile definizione [. Archeologia urbana. di pieni e di vuoti e di continne tensioni tra questi due elementi sul piano della stratigrafia orizzontale. archeologi e architetti e non soltanto questi. per quanto riguarda lo "scarto" dei reperti mobili comincia ad essere affrontato in termini più approfonditi da parte degli stessi archeologi: cfr. il più restio.l4 s. di continua alternanza di pieni a pieni. Si tratta prima di tutto di acquisire allo spazio urbano la lettura scientifica delle trasformazioni avvenute [. in taluni suoi rappresentanti. 655-68. certamente.stratigrafico vanno di pari passo e insieme indicano che l'archeologia.a differenza dell'archeologia monumentale . ma nel quale la nuova capacità programmatrice assunta dall'archeologia urbana ha dimostrato di toccare corde assai delicate e di rompere steccati consolidati anche nel campo della cultura architettonica ed urbanistica. non schematizzabile. La storia dell'insediamento copre due millenni e mezzo di vita urbana. a rendersi conto che la disciplina archeologica con cui misurarsi parla un linguaggio e agita problematiche assai diverse dalle fastidiose e rassicuranti retoriche di un tempo. Questo conflitto si colloca su due diversi piani: vi è una conflittualità oggettiva sul piano urbanistico e sociale quando l'intervento archeologico (e di restauro) metta in discussione l'effettiva possibilità di sussistenza delle strutture moderne o contemporanee insistenti su preesistenze antiche. . 17 16 ...non vuole essere il grimaldello per operazioni di sventramenti urbanistici né per allestimenti di "banchetti" archeologici di infausta memoria: deve semmai intervenire per limitare i danni tramutando operazioni distruttive in occasioni di conoscenza. Qui ci limitiamo a richiamare quella che sembra essere una tendenza ricorrente nella tipologia dell'insediamento. nota 13. costituita da un'alternanza di momenti di accorpamento edilizio e urbanistico a momenti di disgregazione e parcellizzazione nell'uso del suolo16. si direbbe. distinguendo strutture originarie e superfetazioni. . coinvolgendo in essa tutti gli operatori del settore. Da questo angolo di visuale riusciamo forse a capire meglio alcuni aspetti della rovente polemica sul progetto di scavo dei Fori imperiali: un dibattito assai complesso. "Quaderni storici". depurata del classicismo e del monumentalismo. duratura se alla conservazione) di unità topografiche delle quali il tempo aveva lasciato che si perdesse la percezione.la successione stratigrafica e quindi la storia urbanistica. . trasformando sì il momento della "distruzione" archeologica in occasione di arricchimento di conoscenze storiche. Milano 1981 p.sia pure a livello di campionature . Se questo problema è il pane quotidiano dell'archeologia stratigrafica e dell'applicazione della strategia per grandi aree20. comprensibili e reinseribili nel contesto urbano»19. Mentre nel primo piano non è in discussione la salvaguardia dei volumi e delle linee essenziali della stessa tipologia dell'insediamento (altra cosa è la discussione sulla destinazione d'uso). I due piani nel nostro caso. Se distruggere significa conoscere. una volta che siano stati inseriti nella sequenza stratigrafica. si imporrebbe rispetto a pur pressanti necessità di conoscenza della natura del monumento sulle cui rovine la chiesa dovette erigere le proprie fondamenta. di cui vengono scavati integralmente ambienti e fondazioni.l'area potesse essere restituita al godimento pubblico. dunque. cit. cit. la cui persistenza consente in questa ottica di approfondire l'indagine al di sotto dei piani d'uso superstiti in altre zone del fabbricato. e che altro non vogliono essere che una riflessione a voce alta su di una tema che non conosce ancora proposizioni definitive. Maria (nota dal X secolo) dovesse ancora conservarne le vestigia in termini comprensibili (lo scavo non ha ancora affrontato quell'area) la sua conservazione. Archeologia urbana. Questa antologizzazione dovrebbe condurre alla definizione di spazi aperti e di spazi fabbricati che consentano di leggere . Tecniche delio scavo archeologico. si intersecano. Sul piano urbanistico potremmo pensare . Questo aspetto della ricerca ha una lunga tradizione in campo classico. con ombre e luci. Una quinta monumentale chiude a sud-ovest il complesso rinascimentale con la chiesa di S. Ph.terminata l'operazione di scavo e restauro . Queste formulazioni astratte. Manacorda. Barker. Se l'area un tempo occupata dalla chiesa di S. a tutt'oggi tra i più complessi e sconosciuti. hanno sinora avuto riscontro nelle scelte effettuate sul cantiere della Crypta Balbi. Problemi del recupero. ma anche in opportunità di ricomposizione (effimera se destinata allo scavo.parallelamente ad una scelta che privilegi il mantenimento delle forme compiute. L'obiettivo è certamente anche quello di recuperare l'uso di parte almeno degli antichi criptoportici (la cui natura ancora ci sfugge) e di riacquistare la praticabilità di un settore della piazza augustea. in un settore perimetrale dell'isolato. Caterina e le arcate superstiti del convento cinquecentesco. In questa sede varrà solo la pena di ricollegarsi brevemente ad una nota polemica degli anni Cinquanta che 18 19 Conforto. individuando un'area dove sia possibile esporre un quadrante delle sue preesistenze. Questo orientamento sin qui seguito si riflette pertanto in una programmazione che abbia come costante riferimento il riconoscimento dei rapporti esistenti (o un tempo esistiti) tra le aree aperte e le strutture in elevato (o quanto di queste ancora resta). 75. p.. 59 ss. 20 Su cui cfr. a scala più grande il problema coinvolge necessariamente un arco più ampio di competenze e si riflette drammaticamente sulla programmazione delle attività di ricerca e di restauro. alla scala ridotta dell'intervento stratigrafico l'intreccio di competenze tra archeologo e architetto torna a porsi attraverso lo studio delle tecniche costruttive. privilegiando in questo caso l'indagine dei livelli bassomedievali dell'area. 13.risultato casuale di oltre quaranta anni di abbandono»18. dove la prospettiva perseguita è quella di creare le premesse per una sorta di antologia degli insediamenti urbani riconoscibile e percorribile una volta che. nel secondo piano non possiamo che rifarci a quanto già osservato all'atto della presentazione del progetto: «L'ipotesi archeologica su cui lavorare è quella della definizione di contesti insediativi omogenei da scavare o da conservare integralmente. p. ma anche di definire un settore dove sia possibile rendere testimonianza della qualità e dell'estensione dell'accumulo altomedievale (la "distruzione" di Roma antica) e del sorgere dei nuovi insediamenti. Manacorda. Nello stesso volume il testo dovuto a G. p. XXIV (1958). nota 2. non sempre sostenuti da una sufficiente capacità di analisi Cfr. 329. di formazione positivistica27 _ rivendichino alla storia dell'architettura «un approccio conoscitivo ispirato ai metodi dell'archeologia. il cui studio tecnico apre orizzonti nuovi alla comprensione della cultura che lo produsse oltre che alla determinazione della cronologia. 26 Cfr. N.. 184.. Da un incontro con le problematiche storico-architettoniche l'archeologo ha molto da guadagnare: l'architettura nella prospettiva archeologica ha spesso sofferto per una irrisolta mescolanza di aspetti tecnici. p. fig.] il punto cruciale del metodo stratigrafico applicato all'archeologia classica»23 consentiva invece al Lugli di teorizzare non solo la legittimità dell'esistenza ma la necessità di distinzione di due metodi formatisi «nella nostra scienza archeologica in relazione col "piano di campagna": il metodo strutturale-architettonico. in Il monumento per l'uomo. Zaragoza 1956. 20 (1983). quella polemica nasceva da una sostanziale contrapposizione metodologica che mentre faceva asserire a Lamboglia che il «rapporto costante fra il monumento e lo strato coi suoi materiali è [.riflette quanto il problema dell'approccio al monumento. della quale gli aspetti archeologici e storico-architettonici non sono che due punti di vista ora paralleli ora sovrapponibili. "Ricerche di storia dell'arte". che .uno degli elementi di novità che caratterizzano l'attuale stagione della archeologia post-classica. 27 La figura di Gustavo Giovannoni meriterebbe in questo contesto di essere analizzata in relazione . per tutto ciò che è sopra terra. Lamboglia. i quali a loro volta cominciano a porsi nuovi interrogativi ed a fare alcuni conti con il passato. che vanifica ab imis ogni ulteriore discorso sul rapporto necessario tra archeologo e architetto.Madrid 1954. 7. 7). dell'autore21..anche attraverso la riflessione sull'opera di personalità contraddittorie del recente passato. Cento anni. p. Lo studio delle tecniche edilizie rappresenta .sul piano culturale come su quello politico-ideologico . I concetti intorno ai quali si definisce la storia della cultura materiale credo possano rappresentare il sottofondo comune a questa ricerca. molto illuminante. Al di là delle forzature e dei limiti delle due posizioni22. Ioppolo. o meglio alla stessa ottica della ricerca archeologica»28. 28 P. "Rivista di studi liguri".. ma che va richiamata per aiutarci a comprendere alcune delle radici culturali delle nostre problematiche25. Il conoscitore di architettura "moderna": quale storia per il restauro .si diceva . Opus incertum. Opus incertum . Metodo di scavo e sistemi di restauro. Caputo. in Cronica del IV Congreso internacional de Ciencias prehistòricas y prothistùricas .con i due grandi personaggi dell'archeologia italiana di formazione positivistica. pp. Contributo per una metodologia nella ricerca archeologica e nel restauro dei monumenti antichi (pp. 904. 321 -30. Mi riferisco alla recensione che Nino Lamboglia dedicò alla ormai classica monografica di Giuseppe Lugli sulla Tecnica edilizia romana ed alla risposta. pp. XIV (1959). e il metodo preistorico-stratigrafico per tutto ciò che è sotto terra»24: una formulazione. p. 21 . 106-8. 24 Lugli. Sentiamo assai più di ieri il bisogno di costruire un linguaggio comune tra archeologi e storici dell'architettura. 25 Pur riconoscendone la funzione per l'analisi dei monumenti la stratigrafia viene confinata all'indagine nel sottosuolo finalizzata allo studio dei reperti ceramici da G. 190: ma si veda nel suo stesso contributo la riproduzione della stratigrafia del crollo della basilica severiana di Leptis Magna. 231-4) testimonia di una ben più matura sensibilità verso i problemi della lettura stratigrafica dei monumenti. . 23 N. Opus certum . come ben si vede. "Rendiconti dell'Accademia dei Lincei". È certamente una posizione anacronistica che più non ci riguarda. Marconi. Lugli. stilistici o tipologici. esempio mirabile per l'epoca (1937) dell'applicazione dell'osservazione stratigrafica al progetto di restauro monumentale (ivi. La direzione è quella della definizione disciplinare di una archeologia dell'architettura moderna26. 22 Cfr. isolati d'altronde nel panorama del tempo. Lamboglia. cit. La datazione stratigrafica dei monumenti di età classica . pp. Giacomo Boni e Nino Lamboglia. p. 158-70 e G. sia stato uno dei temi più delicati del rapporto tra topografia classica e archeologia stratigrafica. cit. . cit. ma a questo complementare 33. Amici. pp. La storia dell'architettura a sua volta non può non beneficiare dell'inserimento delle ottiche stratigrafiche. che restituisce al monumento quella potenzialità di tramissione di informazioni che al rudere non è concessa. Il recupero delle tradizioni costruttive locali nel restauro del patrimonio edilizio esistente. di elementi costruttivi.si potrebbe anche dire questa curiosità . Introduzione a C. ma non il fine della indagine stratigrafica. "Archeologia Medievale". Il conoscitore. Nota su un'archeologia dell'edilizia. Carandini. p. la creazione di archivi di malte. di laterizi. Bonora. funzioni. e come tali sincroniche. gli apporti come le sottrazioni. Roma 1982. due opere che non dovrebbero mancare nello scaffale dell'architetto impegnato nei cantieri di restauro. dove il contatto materiale dei tratti grafici che si sovrappongono l'un l'altro intende proprio testimoniare la dinamicità della stratificazione. propria dell'architetto. di ragionare per organizzazione degli spazi. l'avvio dell'analisi epigrafica doliare di età post-classica. 31 Ricordo a tale proposito le importanti esperienze portate avanti da R. 30 Il problema è ben definito da E. si viene a fondere in forme sempre più interdipendenti con il cantiere di restauro. ad essa storicamente estranee e che le consentono invece a livello di elaborazione un arricchiamento metodologico evidente. con l'allargamento del cantiere ai fabbricati perimetrali. IX s. specie attraverso un uso più diffuso e consapevole della rappresentazione assonometrica. Ed è la quarta dimensione che l'archeologo introduce nella sua documentazione grafica orizzontale al momento della redazione delle piante composite: piante per fase. VI (1979). cit. L'introduzione di strumenti di natura archeologica nello studio delle tecniche edilizie nel cantiere di restauro dovrebbe trovare una corrispondenza nella maggiore acquisizione da parte dell'archeologo della capacità. Prendendo le mosse da esperienze già maturate in campo classico e medievale. Foro di Traiano: basilica Ulpia e biblioteche.99. "Archeologia Medievale". Questa capacità . Bari 1981 e ad Harris. Questa complessa problematica si va affrontando alla Crypta Balbi a misura che l'indagine di scavo.strutturale dei manufatti29. Ma l'apporto più significativo dell'ottica stratigrafica all'analisi archeologico-architettonica è costituito dall'introduzione del fattore tempo nella documentazione archeologica come nel rilievo dei monumenti32. che è il presupposto.). Marconi. ma solo interpretabili in una sequenza stratigrafica che registri le presenze e le assenze. M. Giuliani. 171s. percorsi: un'attitudine certamente non ignota all'archeologo ma troppo spesso limitata da una tendenza descrittivistica che non rende ragione alla mole del lavoro analitico. 29 . ci si indirizza alla elaborazione di una nuova scheda dell'unità muraria31 inseribile nel meccanismo della documentazione archeologica. Guadagni: «L'architetto. Storie della terra . Parenti negli scavi condotti dall'lnsegnamento di Archeologia medievale dell'Università di Siena sotto la direzione di R. Ma un problema in questo senso sembra porsi anche nella formazione professionale degli storici dell'architettura (cfr. mentre la sua qualità viene affıdata alle diverse tecniche di caratterizzazione. cit. 33 Su teoria e prassi dell'intervento stratigrafico rinvio a A. Francovich. o meglio l'archeologo dovrà entrare col proprio bagaglio metodologico nel gruppo di lavoro che interviene sulla conservazione e da questa indispensabile collaborazione nella fase conoscitiva dovranno prendere l'avvio le proposte per l'intervento di restauro». secondo una rappresentazione estranea al repertorio grafico delle sezioni architettoniche.si traduce a livello di rappresentazione grafica nell'attenzione maggiore che l'archeologo dovrebbe rendere alle ricostruzioni topografiche e architettoniche degli insediamenti (un'attitudine assai sviluppata nella cultura ottocentesca e poi via via andata perduta).. F. in part. VI (1979). ma in grado di essere utilizzata nella analisi del manufatto architettonico con la stessa rigorosa duttilità con cui essa può essere utilizzata quale elemento costituente la ricostruzione della sequenza stratigrafica. il muratore. e 176. il tecnico. dovranno farsi archeologi. anche Non si può non concordare con quanto scrive a questo proposito C. 32 Particolarmente chiare mi sembrano a tale proposito le osservazioni di F. È la quarta dimensione infatti che viene documentata principalmente dalla sezione stratigrafica. Principi di stratigrafia. l'immagine esterna dell'architettura. a livello di operatività la possibilità di superare la facciata. riflesso diretto del lavoro umano30. per andare a sezionare le componenti più intime. p. I primi passi riguardano l'awio di una definizione delle tipologie delle tecniche edilizie e dei materiali impiegati. che non si è posta altro obiettivo se non quello di una riflessione su problemi e aspetti del lavoro quotidiano in un cantiere di archeologia urbana. Questa capacità di tradurre in un sistema integrato di documentazione grafica e scritta le osservazioni stratigrafiche condotte sull'insieme monumento-ambiente non è ancora. La riproposizione del criterio di lettura stratigrafica delle planimetrie sui prospetti degli elevati rappresenta il momento di incontro più ravvicinato tra l'ottica archeologica e quella dell'architetto. credo. nella elaborazione dei programmi concorsuali per l'accesso all'Amministrazione dei beni culturali) le vie saranno più tortuose. I1 tema della formazione professionale mi pare quindi che scaturisca come necessaria conclusione di questa serie di appunti. abbiamo bisogno di empiria. il livello di consapevolezza più incerto. . Senza dubbio sarà il moltiplicarsi delle occasioni di incontro sui cantieri che indicherà le strade più adatte al conseguimento di questa formazione professionale. patrimonio consolidato della professionalià dell'archeologo. ma lo sbocco di un approccio empirico deve essere quello della defınizione di una figura professionale nella quale i contenuti di una formazione storico-filologica e insieme tecnico-operativa trovino una sintesi equilibrata. In questa fase.qui secondo uno schema grafıco estraneo al rilievo architettonico ed alla rappresentazione planimetrica di natura topografica. le soluzioni più episodiche. periodizzazioni. ma senza un pronto coinvolgimento delle nostre istituzioni (nella formulazione dei piani di studio universitari. dal punto di vista dell'archeologo. sia nella sua forma ricostruibile per associazioni. la figura dell'architetto in grado di utilizzare a pieno la mentalità stratigrafica nel proprio intervento sul cantiere di scavorestauro. attraverso la storicizzazione del dato stratigrafico: un aspetto centrale della ricerca dell'archeologo. confronti. almeno quanto dovrebbe esserlo. nell'organizzazione delle scuole di perfezionamento. Altrettanto in formazione mi sembra essere. Oltre a raffigurare sul piano verticale la dinamicità della stratificazione (le leggi che presiedono alla stratigrafia verticale sono le stesse definite per qualunque tipo di stratificazione archeologica) la stratigrafia degli elevati introduce al tema centrale del rapporto tra stratigrafie orizzontali e verticali. sia nella sua forma direttamente verificabile nel procedimento di scavo. ma altrettanto fondamentale per qualunque ipotesi di restauro architettonico. 58-60]. fino al disfacimento di questa formazione politica. *Desidero ringraziare la soprintendente dottoressa D’Henry ed inoltre i responsabili e i volontari che hanno lavorato a S. 1 Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni.Richard Hodges Scavi a San Vincenzo al Volturno: un centroregionale ed internazionale dal 400 al 1100* San Vincenzo al Volturno fu uno dei maggiori monasteri benedettini dell'Europa altomedievale. prima di raggiungere l'abbazia fra i monti. San Vincenzo al Volturno è oggi dimenticato. al contrario di molti altri grandi monasteri suoi contemporanei. 2 Ibid. a cura di V. Anche in epoca classica.I. . e governata da una serie di abati potenti1. In epoca post-classica questa stessa catena montuosa segnava il confine fra il Ducato (più tardi Regno) di Benevento e gli stati della Chiesa a nord. fra VIII e IX secolo infine la regione ebbe per un breve periodo il ruolo di frontiera meridionale dell'Impero carolingio. Roma 1925-38. Il suo isolamento geografico attuale non era tale nell'antichità: in periodo preromano la zona si trovava sull'itinerario dei pastori transumanti che ogni anno si spostavano dalla Puglia e dalla Basilicata ai pascoli degli Abruzzi. al cui potenziamento potrà contribuire anche lo scavo e l'apertura al pubblico di San Vincenzo al Volturno. dal XIX secolo. nel IX secolo. anche qui l'emigrazione.S. Il Chronicon Vulturnense. ai piedi dei monti dell'Abruzzo. e storici e archeologi non ne conoscono l'ubicazione e la fisionomia attuale. al confine settentrionale dell'odierno Molise. lo paragona. San Vincenzo si trova a soli 30-40 km in linea d'aria da Montecassino. tuttavia. e una delle principali risorse della regione rimane oggi l'industria turistica. ha risvegliato l'interesse degli studiosi per questo importante centro2 . Solo la pubblicazione del Chronicon. l'instabilità politica del centro e del meridione d'Italia fece sì che la prosperità dell'abbazia dipendesse principalmente dalla sua prossimità ai ricchi pascoli degli Abruzzi: questi assicurarono la relativa prosperità dei villaggi dell'alta valle del Volturno rispetto ai centri del Mezzogiorno. a Farfa e a Montecassino per splendore ed importanza (fıg. nella piana di Rocchetta. i pastori facevano probabilmente tappa nella piana di Rocchetta prima di affrontare l'aspra salita verso le Mainarde a circa 2000 m. Come nel Sud. L'abbazia sorge presso le sorgenti del Volturno. Nei secoli seguenti. dell'ordine di grandezza di un piccolo regno. Federici [F. ed era quindi densamente popolata. di altezza. una storia del monastero compilata nel XII secolo. awenuta negli anni Venti e Trenta ad opera di Vincenzo Federici. Vincenzo. verso le città dell'Europa settentrionale e dell'America ha dato luogo ad un drammatico spopolamento. Tuttavia. ma il viaggiatore moderno deve attraversare gli Appennini e risalire la tortuosa valle del Volturno. 1): il cronista descrive una comunità prospera. p. sconosciuta. . si trovò a dover decidere fra la fedeltà ai 3 4 P. il famoso Codex beneventanus5. come altri monasteri. vanno in primo luogo inseriti nella prospettiva storica dello sviluppo del monastero. San Vincenzo. fino a pochi anni fa. ottenuti in cinque anni di scavi. Giovanni. Taso e Tato. la storia riferisce di come tre monaci dell'abbazia di Farfa. Wright. 5 D. piuttosto che al famoso santo spagnolo4. 166 s. la principale fonte per il periodo che va dalla fondazione di San Vincenzo all'inizio del XII secolo. Il cronista. H. Le ragioni della dedica dell'abbazia a San Vincenzo rimangono oscure e anche il Chronicon non ne fa menzionare3. utilizzò probabilmente documenti dell'VIII. The canon tables of the Codex Beneventanus and related decoration. forse le reliquie del martire menzionato in un documento del X secolo appartenevano ad uno sconosciuto di epoca tardoromana. anche se nel suo scriptorium venne redatto. Paldo. 33 (1979). Quando l'imperatore Carlo Magno. I risultati del nostro lavoro. costruita. benché la scoperta di una cripta affrescata del IX secolo avrebbe dovuto richiamare l'attenzione degli studiosi su questo sito. I tre fondatori collaborarono poi alla rifondazione dell'abbazia di Montecassino.FIGURA 1 Carta di localizzazione di San Vincenzo al Volturno L'ubicazione precisa del monastero altomedievale era. in epoca costantiniana. Princeton 1978. Furta Sacra. 135-56. nel terzo quarto del secolo VIII. il suo isolamento ha scoraggiato qualsiasi ricerca. e. fondarono San Vincenzo all'inizio dell'VIII secolo. secondo la tradizione. In breve. in un luogo selvaggio e boscoso. ai confini settentrionali del Ducato di Benevento. J. Ibid. Theits of relics in the central Middle Ages. come è descritto dal Chronicon Vulturnense. Sembra anche che i monaci restaurassero una chiesa preesistente. appena fondato. IX e X secolo: è però opportuno leggere il Chronicon con una certa cautela. Geary. perché esso venne redatto con lo scopo dichiarato di esaltare l'importanza del monastero in un periodo in cui le sue fortune erano in declino. È probabile che ai monaci venisse fatto dono dei ruderi di una tenuta. pp. Il monastero del secolo VIII era probabilmente di piccole dimensioni. "Dumbarton Oaks Papers". conquistò il Regno longobardo settentrionale. al tempo dell'abate Ato. La decisione dell'abate Paolo. p. 75-7) e suggerisce che la fase finale della chiesa abbaziale sia stata operata da Gerardo. l'attività edilizia nel monastero fu assai ridotta. Storia dei Longobardi. Con l'abate Gerardo. che la usarono come luogo di ritiro estivo. e perciò attribuisce i chiostri della "nuova" abbazia (I'attuale) a Giovanni V (pp. per procurarsi le risorse necessarie a riparare e mantenere il monastero in rovina. Il problema dell'incastellamento nell’Italia centrale: l'esempio di San Vincenzo al Volturno . segnò l'inizio del declino. fıno a che. abbandonata nell'881. la chiesa madre fu totalmente ricostruita. Firenze 1985. anche se nessuno tentò di inserirli nel più ampio contesto della storia dell'abbazia. p. Nel XIV secolo il monastero venne gravemente danneggiato da un terremoto. di schierarsi con i Carolingi. ma nell'ottobre dell'881 un'altra banda. C. Montecassino 1980. Essi ritornarono nel 914-15. intorno al 780. 8 A. ignorò sia l'edificio. È certo che nel periodo che seguì la concessione di queste carte di fondazione e affitto nel monastero si ebbe una fase di grande attività edilizia. dopo una drammatica battaglia. seguendo l'esempio di Farfa e Montecassino7. piuttosto che la chiesa madre. 69 s. di una banda di pirati Saraceni. attaccò San Vincenzo. pare addirittura che il re franco organizzasse lo spoglio sistematico di un tempio romano a Capua. ormai in rovina. può essere stata la causa di una serie di nuove donazioni all'abbazia. Ludovico il Pio. e vi fu invece un crescente interesse per l'amministrazione delle terre di proprietà di San Vincenzo: il Chronicon riporta una serie di carte che documentano la fondazione di villaggi dopo il 940. Lo zenith delle fortune del monastero fu raggiunto alla metà del IX secolo. che la cripta affrescata. ad imitazione della bella basilica di Montecassino voluta da Desiderio. La stesura di quest'opera si colloca all'inizio del defınitivo declino di San Vincenzo. archivista di Montecassino9. 91. gli abati Talarico ed Epifanio continuarono ad espandere il monastero. Gli affreschi richiamarono l'attenzione degli storici dell'arte. quando il monaco conosciuto come Giovanni era già intento a scrivere la storia di San Vincenzo8. alle popolazioni degli insediamenti già esistenti vennero dati in affıtto nuovi terreni. 9 Pantoni. e nello stesso tempo di aumentare la produzione agricola. Al tempo dell'abate Giovanni IV (998-1007) la chiesa madre. Wickham. In quell'occasione. che scriveva a Montecassino. Keppel Craven. cit. ed il prestigio che a questi attribuiva il cronista nel XII secolo. Le chiese e gli edifici.duchi locali e il rispetto verso il potente conquistatore. Fraja-Frangipane. spogliandola di tutti i suoi tesori e costringendo i monaci sopravvissuti a fuggire a Capua. e fu completata solo al tempo di Benedetto (1109-17). un viaggiatore inglese che visitò San Vincenzo nel 1837. Il Chronicon descrive la ricostruzione di San Vincenzo che Giosuè compì con l'aiuto di suo cognato. fu restaurata. un ex monaco di Montecassino all'epoca di Desiderio. ma è solo con il suo successore. di cui sembrava non conoscere la storia. Pantoni. nell'860. allora da poco (1832) scoperta da O. le sue proprietà vennero rilevate da Montecassino. nel 1699. guidata dal feroce Saradan. che nei 150 anni seguenti li studiarono. e. La chiesa abbaziale fu fatta restaurare dai cassinesi. per poi farlo trasportare a San Vincenzo pezzo per pezzo. 7 6 . Per quanto si tratti forse solo di una leggenda.. È probabile che San Vincenzo incoraggiasse l'"incastellamento" della zona. Pantoni crede che il sito del monastero sia sempre stato quello odierno. In quest'epoca secondo Paolo Diacono. Nel secolo che seguì. mentre Giovanni V (1053-76) rinnovò il pavimento nella grande chiesa e costruì un nuovo chiostro. San Vincenzo al Volturno era una comunità di una certa entità6. e probabilmente utilizzarono San Salvatore. e da allora esso ebbe solo importanza locale. Giosuè (792-817). In seguito l'abate Ilario (1011-45) fece costruire un nuovo campanile. mediante la colonizzazione delle aree boschive. Le chiese e gli edifici del monastero di San Vincenzo al Volturno . Dopo Giosuè. i pirati nordafricani si accontentarono di un riscatto. che 1'appoggio carolingio assunse una forma tangibile. questo episodio rivela gli stretti rapporti esistenti fra la corte carolingia e il monastero benedettino. costruendo nuove chiese e ottenendo donazioni dai beneventani. e l'awento. La chiesa abbaziale fu poi danneggiata durante la Paolo Diacono. saccheggiò l'abbazia. con lo scopo evidente di formalizzare il rapporto fra questi e l'abbazia. a circa 400 m. Wiesbaden 1968. portò al drammatico deteriorarsi delle pitture. si sperava di ottenere dati sufficienti sulla forma del monastero per stabilirne la funzione come centro regionale nell'Altomedioevo. insieme ai "restauri" eseguiti all'epoca. Belting. che la famosa pianta di San Gallo fosse quella di un monastero dell'819 circa. In secondo luogo. di cui la cripta avrebbe rappresentato il monumento più insigne. E. Il nostro scopo era di condurre uno scavo ad "open area" per documentare accuratamente lo sviluppo della chiesa e degli edifici circostanti. The Plan of St. In particolare. Studien zu Beneventanischen Malerei. e. R. VIII (1981). Gall. dall'abbazia attuale. 11 10 . di un ettaro di estensione12. Va sottolineato che il lavoro è stato intrapreso con in mente tre punti principali. Il nostro scopo era quello di condurre un programma di ricerca interdisciplinare che ci permettesse di definire il ruolo del monastero nella regione fra VIII e XI secolo. Il professor D'Agostino. come veniva confermato dagli scavi di D. H. 12 W Horn. "Archeologia Medievale". Del Treppo. in seguito al lavoro di C. e dall'ipotesi di W. Whitehouse in un altro insediamento di epoca carlolingia. 483-6. Wickham sullo studio della terra di San Vincenzo compiuto da M. di condurre una ricognizione di superficie e dei saggi di scavo in alcune località della regione legate al monastero. Nel 1972 infıne. ci invitò a scavare la zona circostante la cripta. conosciuta con il nome di San Lorenzo. la fattoria che la sovrastava fu sostituita da un curioso edificio di copertura che. Berkeley 1979. Excavations and survey at San Vincenzo al Volturno . Belting dedicò agli affreschi della cripta10. Horn.Seconda guerra mondiale e restaurata nel periodo postbellico sul modello della chiesa dell'XIXII secolo di cui parla l'autore del Chronicon. noi chiedemmo di studiare non solo la cripta ma anche il monastero nel suo insieme. poco dopo la pubblicazione del famoso studio che H. In primo luogo. Credevamo che l'insediamento avesse avuto un'estensione di circa un ettaro. Born. che hanno poi guidato la nostra strategia successiva. Molise: 1980. volevamo accertare l'estensione del monastero altomedievale compiendo saggi sia intorno all'abbazia attuale che nella zona fra questa e la cripta. in via preliminare al restauro completo degli affreschi sotto la direzione del professor Basile del Centro di restauro di Roma. la chiesa della cripta veniva considerata come una cappella isolata. che a tutt'oggi rappresenta un problema per la Soprintendenza archeologica del Molise. pp. questi scavi avrebbero dovuto formare il nucleo principale di un parco archeologico. Farfa (Sabina). Per ragioni che sono state esposte altrove11. soprintendente nel 1979. Hodges. R. Ricerche precedenti sulla ceramica altomedievale condotte da D. McK. 30-44. ed D. pp. probabilmente quello voluto dall'abate Gerardo. L'abbazia attuale invece si trova sul luogo di quella dell'XI secolo. B. p. la ricerca archeologica sulla terra mirava ad individuare gli insediamenti esistenti durante il periodo più antico della vita del monastero: la densità del popolamento ed altri semplici problemi dovevano essere affrontati e risolti prima di raggiungere una valutazione delle diverse ipotesi relative allo sviluppo dell'economia altomedievale.FIGURA 2 La principale area di scavo di lato al fiume Volturno In terzo luogo. Whitehouse. divenne chiaro che il sito del monastero altomedievale si trovava a sud della chiesa della cripta. Dal 1981 abbiamo portato alla luce presso il Volturno una sequenza edilizia molto complessa. Excavations at D85 (Santa Maria in Cività): an early medieval hillton settlement in Molise. 48 (1980).. Oxford l 978. B. Wade. Whitohouse. T. pp. in ottimo stato di conservazione.. Barker nella valle del Biferno13. Hodges. 91.rs of the British School at Rome". "Pape Pantoni. 10 (1978). pp. D. con la collaborazione. per poi confrontarli con i dati associati alla cripta. Papers in ltalian Archaeology. la nuova soprintendente. Whitehouse nella Puglia settentrionale e da R. comprendente alcuni resti di età carolingia. l'unico punto fermo nella cronologia. suggerivano che era possibile rinvenire tale ceramica. 13 . Potter. Blake. Le chiese e gli edifici. D'Henry. dal 1981. 70-124. 475-505. Era quindi necessario rinvenire tipi ceramici diagnostici in contesti stratificati in varie località della terra. "Medieval Archacology". G. lungo il Volturno. Nell'agosto del 1981. durante la seconda stagione di scavo. Barker. in H. della dottoressa G. Un progetto di 5 anni iniziò così nel 1980. Id. K. W. Hodges e G. The medieval pottery of Rome. cit. Medieval painted pottery in South and Central Italy . il monastero del secolo XI. Il collegamento con i Sanniti. ristrutturazioni. è per esempio con fermato dall'esistenza qui di un vicus repubblicano. La continuità del popolamento è testimoniata dai dati provenienti dalla basilica funeraria di San Vincenzo. —fasi 3a. —fase 2. Mohammed. — fase 5. —fase 4. 14 . prelevarono molto materiale edilizio. —fase 8. c. —fase 7. ristrutturazioni del monastero (fino all'inizio del IXsecolo). D. a differenza dei suoi predecessori. periodo longobardo (tardo VI-VII secolo) —fase 3. riflettono la disintegrazione economica e sociale di questo periodo14. — fase 4a. periodo romano (I-IV secolo d. Whitebouse. c. b. Hodges et abi Excavations at Vacchereccia (Rocchetta al Volturno): a 7th to 12 th century settlement in the upper Volturno valley. "Papers of the British School at Rome". L'esiguità delle risorse a nostra disposizione ci ha finora solo permesso di verificare la sequenza e l'estensione di una piccola parte del sito. Queste in sintesi le fasi costruttive evidenziate dallo scavo del complesso: —fase 0a. la villa va attribuita ad un proprietario locale che consolidò il suo potere con la costruzione di una chiesa e di un cimitero di cui usufruiva la popolazione di questa parte dell'alta valle del Volturno. pp. b. Di dimensioni analoghe fu la villa tardoromana. ristrutturazione e tracce dei danni causati dai Saraceni(881). ed essa operò anche come centro religioso: l'entità delle chiese potrebbe addirittura far pensare ad un vescovato. b. simile a quelle rinvenute nei cimiteri di altre zone dell'Italia centrale e meridionale. il primo monastero (VIII secolo).C. il monastero del X secolo —fase 6a. 148-94. da cui gli architetti del IX secolo d. le guerre Gotiche e l'improvvisa conquista dell'Italia settentrionale e parte dell'Italia centrale da parte dei Longobardi. anche se era un centro importante a livello subregionale. London 1983 R. La pratica funeraria tardoromana persistette senza cambiamenti fino all'awento nella regione di una nuova élite politica. periodo tardoromano (V-inizio VI secolo). tuttavia.). cui accenna il cronista. I resti archeologici interessano un'area di circa 5 ettari e indicano che in alcuni periodi il sito raggiungeva le dimensioni di una piccola città. —fase 6.C. La storia raccontata dagli scavi è sorprendentemente dettagliata. le opere di Epifanio (824-42 e oltre). —fase 5a. Le singole comunità dovevano reagire in modo individuale alle circostanze e contribuivano al crollo dello stato centralizzato: ciò provocò anche la scomparsa dei grandi proprietari terrieri e l'emergere di tenute più piccole coltivate per supplire ai bisogni locali. e quindi offrire una prima valutazione del ruolo di San Vincenzo come centro regionale. Hodges. come suggeriscono i suoi resti (compreso il materiale epigrafico). considerazioni di carattere difensivo ne determinarono la natura. L'invasione bizantina. abbandono. Per il momento. l'abbazia nel tardo XI secolo e quella moderna. —fase 0b. 52 (1984). L'insediamento di epoca imperiale era molto più modesto. etnicamente distinta. il monastero dell'inizio del IX secolo. L'abbandono della villa avvenne in un periodo in cui lo stato non aveva più potere effettivo nelle aree più marginali dell'Italia. —fase 1. pensiamo tuttavia di aver raggiunto dei risultati soddisfacenti in rapporto ai nostri obiettivi iniziali e ci è ora possibile descrivere la sequenza insediativa lungo il Volturno. Charlemagne and the origins of Europe . Ciò è forse contraddetto dalla varietà dei resti culturali e dalla natura della popolazione sepolta nel cimitero. periodo repubblicano.inoltre resti di periodi anteriori e posteriori. R. tuttavia. pp. come centri di potere ideologico da cui manipolare la politica beneventana. L'abbazia di San Vincenzo. 15 . cioè prima della grande ricostruzione questa piccola comunità già risentiva di influenze nordiche. R. recuperate durante il periodo carolingio verso la fine dell'VIII secolo16. come riporta il cronista. L'accento posto sulle sepolture nel lato ovest dell'abside e a quelle nei successivi deambulatori suggerisce l'ipotesi che San Vincenzo. e le sue reliquie non avrebbero attirato grande attenzione al di fuori di essa tranne che in circostanze eccezionali: queste si produssero quando Carlo Magno conquistò l'Italia settentrionale e si alleò con una serie di papi. p. The Carolindan revival of early Christian architecture. W. fu principalmente diretta al regno di Benevento 15. Malone e S. Il Codex beneventanus dell'Abate Alto acquista portata ancora maggiore quando si pensi alla minuscola chiesa imbiancata di fase 3 e al suo altare in mattoni. 1-38. acquistò un rango e una ricchezza prima inimmaginabili: la breve ma efficace diffusione dell'ideologia carolingia. in Papers in Italian Archaeology IV. pp. La fase 3b è degna di nota: alla chiesa sud e alla chiesa della cripta furono aggiunti rispettivamente un protodeambulatorio e un'abside tricora. San Vincenzo al Volturno. Oxford 1985. Quest'operazione chiaramente ebbe luogo fra la fase 3b e la cripta di Epifanio. Paolo. Ullmann. attirati dalla sua evidente potenzialità economica e dall'ubicazione adatta all'amministrazione di comunità disperse. Studien. pp. 261-88. e 1'importante studio di R. Heitz. 24 (1942). a cura di C. Roma 1976. il cimitero era probabilmente ancora in uso.. 27-37. The Cambridge Conference. in Roma e l'età carolingia. 25 s. potenziarono i monasteri di San Vincenzo e Montecassino. Come a Farfa e a Montecassino. Nel caso di San Vincenzo. H. al confine settentrionale del ducato di Benevento. Moreland. cit. Tato e Taso non fecero che occupare un centro ancora operante. Stoddard. "Art Bulletin". Una serie di donazioni beneventane del IX secolo rivelano la vera entità di questo investimento: esso è evidente in modo tangibile nell'impressionante espansione di San Vincenzo. a cui l'abbazia fu dedicata. su di un modello che riassume le caratteristiche del movimento carolingio. e i membri più ricchi delle piccole comunità circostanti poterono ancora ottenere per vie commerciali orecchini in argento di tipo tardoantico. C. pare effettuata sotto il patrocinio di Ludovico il Pio. Il primo monastero è apparentemente molto piccolo e primitivo. così che Paldo.. IV. More Romano. I Carolingi. Entrambe le forme si richiamano a idee architettoniche tardoantiche. The Carolingian Renaissance and the idea of Kingship .i Longobardi. Problèmes d'architécture et liturgie carolingiennes . Krautheimer. J. e fra le loro due chiese. anche a San Vincenzo i monaci scelsero un sito di epoca classica per edificarvi il monastero: pare anzi che in ciascun caso i monaci utilizzassero il nucleo di una tenuta tardoantica in abbandono. La datazione precisa dell'abbazia di fase 4 non può essere stabilita con certezza: l'abate Giosuè può esserne stato l'artefice principale. che facevano capo alla corte longobarda in Italia settentrionale e a quella papale. Patterson. Hodges. London 1969. e formatasi sotto l'influenza locale e isolata dell'abbazia. Il Ducato (più tardi Regno) di Benevento era una marca politicamente divisa. ma la ricostruzione può anche essere stata effettuata dal suo predecessore. fu un romano di questa regione. La comunità deve essere stata molto piccola. che si trovava fra l'impero di Bisanzio e quello di Carlo Magno. 16 Belting. the kingdom of Benevento and the Carolingians. che sosteneva con fermezza l'autorità del Papa come vero e unico agostolo di Dio in terra. deve avere R. Zettler. R. intenta a realizzare un modello ideale17. Il primo San Vincenzo Il monastero di fase 4 appare come un complesso edilizio pianificato comprendente zone adibite alle diverse funzioni: questo è un punto molto importante in quanto sembra sottintendere l'operare di un'autorità centrale. London 1982. The Plan of St. dove ha scoperto un monastero con una simile pianta. di un concetto preciso di quello che è il "monastero modello"18. Shennan. 1325. ringrazio A. e mi ha comunicato ciù che sapeva sulla storia di Reichenau. Barker. che ha discusso questo problema con me. Excavations at D85 . 17 . Gall cit. pp. Cambridge 1982. In particolare ricorrono ovunque nel monastero i richiami tardoantichi: gli affreschi. molto attenta tuttavia ai temi principali della renovatio carolingia. precedente la pianta di San Gallo. 117-2 18 Horn.FIGURA 3 L’abside della Chiesa dell’VIII secolo (lato sud). I monaci e lavoranti laici devono essere stati mille o più: forse nessun altro monastero e quasi nessun altro centro dell'epoca in Europa contava tanti abitanti. Dark Age Economics. essersi concentrata intorno alla collina. la forma degli edifici. l'attività costruttiva sembra tuttavia. 19 Hodges. in Rankingi Resource and Exchange.. Born. che ne recepiva solo un'impressione di grandiosità e imponenza: San Vincenzo era. Scavi in alcuni villaggi della terra di San Vincenzo mostrano che qui. Hodges. divenne venti volte più grande.. La possibilità di espansione edilizia nella piana può avere contribuito a determinare la grande crescita del monastero. The evolution of gatervay communities: their socio-economic implications . la produzione di tegole e vetro si ispiravano tutti a idee e tecniche correnti tre o quattrocento anni prima. La costruzione del nuovo monastero quasi certamente fu completata prima della stesura della famosa pianta di San Gallo: le caratteristiche di quest'ultima indicano la preesistenza. p. La costruzione di San Vincenzo al Volturno ne è un'interpretazione locale. una città agli occhi dei contemporanei. pp. cit. Wade. 112. nelle fasi 4 e 5. Germania Occidentale. prima che l'abate Haito lo mettesse per scritto. Hodges. nel IX secolo. Un'abbazia che. esibiti con l'intento di suggerire con forza ai visitatori l'immagine di un impero rinascente. i colonnati e le arcate. Renfrew e S. a cura di C. La quantità di simboli presenti probabilmente comunicava un messaggio confuso al visitatore laico. San Vincenzo poi fu quasi tutta costruita con materiali di reimpiego. le comunità consistevano raramente di più di cinquanta persone19. come in altre parti d'Europa in questo periodo. nel giro di una generazione. rappresentato un fenomeno eccezionale. Come in una città in esso vivevano artigiani: i dati parlano di una fabbrica di tegole, di un'officina vetraria, fabbri e, quasi certamente, almeno un vasaio. Artigiani del cuoio, del legno, falegnami, muratori, amannensi e pittori devono avere vissuto a San Vincenzo nel momento del suo massimo splendore. Questo deve essersi verificato al tempo di Epifanio, quando, come abbiamo visto, molti dei monumenti principali vennero ulteriormente abbelliti. Gli anni 820-30 furono un periodo importante per gli uomini di chiesa politicamente attivi, poiché essi riuscirono brevemente ad imporre la loro autorità mentre il potere secolare centralizzato cominciò a disintegrarsi20. Gli abati e i vescovi carolingi furono al culmine della potenza durante le guerre civili degli anni 830, ma, come tutti gli altri membri dell'élite, soffersero della recessione economica che seguì. Dobbiamo immaginare Epifanio, nel reame di frontiera, a operare in queste circostanze. La quarta decade dell'800 vide la caduta del governo centrale nel regno di Benevento e l'avvento di fazioni in lotta. San Vincenzo poté quindi prosperare per un breve periodo sfruttando i suoi legami con autorità lontane, decadendo però, come tutti i grandi monasteri dell'Impero, quando la benevolenza dello Stato cessò. FIGURA 4 Forno da ceramica dell’XI secolo (fase 7) Nell'881, data dell'attacco saraceno, San Vincenzo era ancora un'espressione classica del movimento carolingio. Era un monumento molto diverso da quelli di Benevento (per esempio Santa Sofia)21, o dei villaggi collinari quali Santa Maria in Cività 22. Ma nell'881 il momento di massimo splendore del monastero era certamente concluso: le riparazioni eseguite in seguito ad 20 21 Ullmann, The Carolingian Renaissance, cit. Belting, Studien, cit., pp. 42-53. 22 Hodges, Barker, Wade, Excavations at D85, cit., pp. 83-6; fig. 9. un terremoto nella fase 5 rivelano il ritorno a tecniche più antiche e più primitive. Forse per questo il cronista, 250 anni più tardi, fu felice di attribuire la responsabilità del declino agli odiati pagani. I Saraceni, pirati nordafricani del Maghreb, secondo la leggenda saccheggiarono e devastarono San Vincenzo. I nostri scavi suggeriscono un'immagine meno pittoresca di quel mattino di ottobre: gli attacchi furono forse localizzati alla due estremità dell'insediamento e l'equivalente altomedievale di artiglieria leggera, l'arco composito, fu utilizzato per appiccare piccoli fuochi a scopo intimidatorio. Anche se l'impatto psicologico dell'attacco non può essere minimizzato, è improbabile che molti edifici venissero devastati. Va poi notato che le porte delle officine erano sbarrate: questa da sola è un'indicazione del nuovo contesto economico-sociale in cui venne a trovarsi il monastero: i Saraceni non arrivarono inaspettati. Il precario insediamento del X secolo, che tentava insistentemente di richiamare l'attenzione del visitatore sui suoi morti, piazzati all'entrata del monastero, è una scoperta sconcertante nell'era di Cluny. Sembra che, con il rango, scomparisse anche l'abilità tecnica e San Vincenzo tornò ad essere un modesto centro a livello regionale. Naturalmente San Vincenzo, come altre abbazie di questo periodo, lamenta la sua triste condizione23 e il quotidiano confronto con i grandiosi edifici ormai in rovina deve avere umiliato più di un abate. Ciò può avere contribuito a stimolare il crescente interesse nello sviluppo dei terreni di prol?rietà dell'abbazia, ed il tentativo di aumentarne la produzione agricola. È impossibile ignorare il contrasto fra il monastero in declino la serie di atti che documentano il disboscamento di numerosi terreni e l'inizio dell'incastellamento nell'alta valle del Volturno. I redditi crescenti e una rinascita ecclesiastica, nel secolo XI riportano l'abbazia, per un breve periodo, alla ribalta. Come a Farfa e a Montecassino, anche a San Vincenzo fu realizzato un imponente programma di ricostruzione. Nella prima metà del secolo XI l'intera struttura del monastero fu rivoluzionata. L'entità di questo processo è sorprendente, come può notare ancora oggi chi visita gli scavi: l'enormità della distribuzione suggerisce alla fantasia orde di Saraceni, non l'energia spirituale dell'ideologia romanica. La demolizione di monumenti più antichi è un'illustrazione eloquente del modo in cui la tradizione può essere sfruttata in un'epoca e obliterata e negata in quella successiva. La costruzione di un nuovo chiostro a sud di San Vincenzo segnò uno stacco netto dalla storia passata del monastero; la negazione del passato fu attuata anche con la creazione di una nuova abbazia ad opera dell'abate Gerardo, ex monaco di Montecassino al tempo di Desiderio. Lo spostamento sull'altra riva del fiume, da una posizione dominante la piana di Rocchetta ad una di carattere più difensivo, incombente sulla gola del Vo1turno, illustra con forza il nuovo spirito di un secolo importante. Con l'inizio del XII secolo la comunità di Gerardo entrò in competizione con la piccola nobiltà normanna locale, e le fortune di San Vincenzo, isolato dalle principali correnti di traffico italiane, cominciarono a declinare. In un momento di crescente competizione con l'autorità secolare, un monaco (o monaci) di San Vincenzo redasse una vivida descrizione della storia passata del monastero. La narrazione dettagliata e le suggestive illustrazioni descrivono un passato che per secoli è stato difficile comprendere: San Vincenzo raggiunse veramente tale splendore e fama? Ebbe veramente una storia simile a quella della vicina Montecassino o della grande abbazia umbra di Farfa? I1 suo isolamento fra i monti del Molise rendeva ciò poco credibile. Sei stagioni di scavo hanno dato profondità e prospettiva alla storia, portando San Vincenzo al rango di uno dei siti più importanti del periodo altomedievale in Europa occidentale. 23 Chronicon Vulturnense, cit., 1, p. 36 s Riccardo Francovich Un villaggio di minatori e fonditori di metallo nella Toscana del Medioevo: San Silvestro * In Italia, nonostante la ripresa di interesse verso i temi della storia della metallurgia preindustriale1, i problemi dell'estrazione e della lavorazione siderurgica hanno trovato in ambito archeologico postclassico uno spazio molto limitato e confinato all'epoca moderna. E questo nonostante la centralità che tale aspetto della produzione ha avuto in epoca medievale ed in particolare per quell'area della costa toscana che fino dall'epoca etrusca è stata intensamente sfruttata per le sue risorse minerarie2. I1 progetto di scavo archeologico intorno al villaggio minerario di Rocca San Silvestro (Campiglia Marittima-Livorno), intrapreso nel 1984 dall'Insegnamento di Archeologia medievale dell'università di Siena, vuole viceversa riproporre la tematica, sostanzialmente abbandonata nella sua dimensione di ricerca sul campo da oltre mezzo secolo, in una prospettiva che tenga conto degli aspetti relativi all'estrazione, alle tecnologie della riduzione e della lavorazione nel più ampio campo della storia dell'insediamento medievale. L'intervento sul villaggio minerario di San Silvestro si è concentrato, nella prima campagna di scavi, sulle strutture urbanistiche del centro, di cui in questa occasione diamo una dettagliata seppure preliminare informazione, mentre nella seconda campagna (1985), oltre che allargare l'indagine all'interno dell'abitato e su parti significative della struttura «castrense», sono state affrontate le aree di produzione del ferro e di lavorazione del rame. Il progetto di ricerca che ha al suo centro San Silvestro, comprende inoltre, come di consueto, sistematiche indagini documentarie sia relativamente al sito stesso, sia al territorio circostante, dalla Valle della Cornia alla costa a nord di Castagneto Carducci. Ma la ricognizione sulle fonti non si limita al Medioevo—che nel caso della Cornia hanno un carattere di eccezionalità per l'abbondanza degli atti altomedievali conservati, tale da rendere di straordinario interesse il «confronto» con l'evidenza topografica—infatti le stesse fonti di epoca moderna, e non solo la letteratura e l'erudizione storica ed archeologica moderna, insieme alla cartografia antica, sono oggetto di indagini da parte di un gruppo di studiosi. Le indagini documentarie sono partite in anticipo rispetto alle campagne topografiche, appena iniziate nel 1985, ma già fino da ora possiamo notare come la fonte archeologica (sia a livello estensivo che intensivo) offra una quantità di informazioni diverse e nuove rispetto alla ricerca documentaria, e non soltanto per quegli aspetti legati alla storia del popolamento e dell'insediamento, sul quale ci siamo già soffermati in altra sede3, ma anche per quegli aspetti relativi all'attività estrattiva e per la storia della siderurgia che per quanto riguarda l'epoca postclassica e preindustriale rimangono un capitolo ancora tutto da scrivere. Si deve infatti *Del tema che trattiamo in questa occasione abbiamo parzialmente già parlato in R. Francovich, G. Gelichi, R. Parenti, Aspetti e problemi di forme abitative minori attraverso la documentazione materiale nella Toscana medievale, "Archeologia Medievale", VII (1980), pp. 176-205, R. Francovich, Per la storia della metallurgia e dell'insediamento medievale sulla costa toscana: lo scavo del villaggio minerario di San Silvestro, "Rassegna di Archeologia", IV (1985), Id., Rocca San Silvestro: an archaeology project for the study of a mining village in Tuscany, in Medieval iron in society, Stoccolma 1985, pp. 318-40. 1 Per lo stato degli studi si veda il recente volume monografico di "Ricerche Storiche", XIV (1984) dedicato a Miniere e metalli in Italia fra medioevo e prima età moderna e curato da G. Pinto. 2 Cfr. L'Etruria mineraria, Firenze 1981. 3 Si vedano le pagine introduttive a Scarlino I. Storia e territorio, a cura di R. Francovich, Firenze 1985. 4 . di Tiziano Mannoni costituisce una importante e imprescindibile garanzia scientifica). Tale condizione pone difficoltà non indifferenti a chi si trova ad operare sul campo: si tratta in sostanza di ridefinire gli strumenti di datazione delle miniere e delle fosse. ma si allargano anche a quel settore della diagnostica archeologica che in strutture monumentali del tipo di San Silvestro si sarebbero potute considerare marginali. Oltre alle consuete e non sempre facili operazioni di laboratorio legate all'analisi dei materiali rinvenuti nel corso dello scavo secondo le indicazioni di un'archeometria sempre più affinata. Minto. sentito in modo già marcato per quanto riguarda l'attività estrattiva. si aprono strette feritoie strombate. si è rivelato di grande utilità per poter far marciare in modo omogeneo ed equilibrato l'indagine sull'insediamento e ha posto immediatamente il problema del suo allargamento all'esterno delI'area abitata al fine di avere un quadro complessivo delle relazioni fra il sito e il suo immediato territorio. realizzata in muratura a sacco con conci di calcare locale disposti in filari regolari. 303-39. che sono state considerate generalmente sfruttate fino solo all'età romana. questo. nel muro. L'insediamento è circondato da una cinta muraria ben conservata per lunghi tratti. il rilievo dello sviluppo planimetrico dell'abitato. alcune cave.notare che per questa specifica area. 5 Per questo aspetto ci gioviamo della collaborazione preziosa di Marcello Cosci della Regione Toscana. che ne ha permesso una prima interpretazione. Un problema. posta a sud est delle mura e sono state apportate soltanto alcune piccole integrazioni al primo rilievo. fondato generalmente sulla roccia affiorante. con l'uso della foto aerea5 che ha evidenziato una viabilità minore ancora solo parzialmente percepibile sul terreno. Le difficoltà della ricerca in questo campo sono aggravate dallo stato della letteratura archeologica classica che pare viziata da un peccato originale: quello di aver ignorato generalmente l'uso e il «riuso» in epoca preindustriale delle miniere. situazione di Monte Valerio nel Campigliese). coordinata da Italo Insolera. I progetti di A. mentre ben diverso è il discorso per l'epoca moderna. pp. al proposito. è l'unica certezza che il progetto possa avere un buon fine. anche le fonti bassomedievali sono. fin dall'inizio della indagine sulle strutture produttive. e fosse sono state individuate. che non si limitano solo al campo della metallurgia e della geologia (per i quali il coinvolgimento. In questo quadro il ruolo di protagonista che l'amministrazione comunale di Campiglia Marittima ha nella gestione del cantiere di scavo e nella partecipazione alla progettazione dei parchi. rimasero tali fino ad anni recenti (cfr. Di non minore importanza sono i problemi legati alla conservazione e alla fruizione del monumento stesso. ha la responsabilità di non aver guardato con sufficiente attenzione ai problemi di continuità e di rottura sui tempi lunghi4. Il preventivo riconoscimento dei punti di lavorazione dei metalli (ad esempio) attraverso l'uso di indagini magnetometriche. che ha investito l'intera superficie dell'insediamento all'interno delle mura pari a poco meno di un ettaro. di una povertà estrema. e cioè le diverse tecniche estrattive senza i condizionamenti provenienti da una tradizione. che pur fra molti meriti. insieme alla solidarietà che Soprintendenza ai beni architettonici e storici artistici di Pisa e Soprintendenza archeologica della Toscana hanno espresso. differentemente da quanto sappiamo per il territorio limitrofo di Massa Marittima. nota 2) e comunque 1'aspetto dell'attività estrattiva rimane un campo ancora ampiamente scoperto e che viceversa sta drammaticamente depauperandosi per il degrado naturale e soprattutto per l'attività di cava che non di rado ha sostituito l'attività mineraria (cfr. Nel 1985 è stata riportata in pianta anche 1'area di lavorazione del ferro. le problematiche inerenti la ricerca hanno imposto un'allargamento delle cooperazioni. Per una carta archeologica sulle antiche coltivazioni minerarie del bacino mediterraneo "Studi Etruschi". XX (1948-49). e conosciuta anche attraverso la documentazione scritta. all'interno dell'area pertinente al castello. Nel corso del 1984 è stato portato a termine dopo un ampio lavoro di disboscamento. ad esempio. il muro pare successivo alla costruzione di almeno due strutture abitative che vengono sormontate dal muro stesso.FIGURA 1 Carta di localizzazione FIGURA 2 Sezioni NW-SE e SW-NE del castello di San Silvestro La costruzione e l'andamento attuale della cinta muraria è comunque il risultato di un processo piuttosto lungo e non si tratterebbe. in altri casi. la cinta venne ampliata in un periodo successivo alla definitiva conclusione . da una prima analisi. infatti in alcuni casi. Sul lato meridionale poi. il muro pare che coincida con alcuni tratti in muratura successivamente utilizzati come terrazzamenti dell'insediamento. soprattutto nella parte ovest. ed è la situazione a sud-est. di una costruzione avvenuta in un ristretto lasso di tempo. mentre soltanto nel corso della seconda campagna sono state evidenziate strutture abitative. Le abitazioni del villaggio si trovano. le finestre superstiti sembrano riconducibili a due tipi principali. L'area che indichiamo con questo termine occupava una piattaforma immediatamente sottostante il complesso «militare» e sovrastante la chiesa. dove sono impiegate pietre di medie e piccole dimensioni con una sola faccia spianata. a diversi livelli lungo le strade del borgo. interne a questo nucleo. di cui per altro rimangono in vista poche tracce. più difficilmente (forse in un caso) su tre. la torre di guardia. intorno al nucleo fortificato (o «cassero») sviluppandosi da nord-est a sud-est. Un elemento ancora in fase di studio. 4000. Nella parte bassa. è l'apparecchiatura muraria delle strutture emerse che rimanda ad una prima fase costruttiva. che non presenta edifici monumentali o comunque molto diversi come superficie rispetto alle unità abitative del borgo. L'impianto della quasi totalità degli edifici. che era tagliata direttamente sulla roccia affiorante. che presenta almeno due fasi costruttive. Il borgo (3000.della «muratura». sulle ripide pendici del rilievo. ma piuttosto a lotti comprendenti due o tre case sorte quindi secondo un minimo di coordinamento. come è apparso dallo scavo. l'intero complesso è collegato da una fitta e regolare rete di vicoli. Più approssimativo è il tipo di muratura relativo alla seconda fase. Il complesso. fra il «cassero» e il «borgo». e la presenza di merli: probabilmente si tratta di una diversa organizzazione dell'accesso alla porta del castello. Nel punto più alto dell'insediamento sorge. Ecclesia de Rocca a Palmenti (1000). perché emerso nel corso della seconda campagna. vi si accedeva attraverso una porta che si trovava a circa 3 metri di altezza. . Nel corso della prima campagna di scavi la regolarizzazione di una buca praticata dai clandestini ha evidenziato alcuni strati in relazione a strutture murarie di una fase arcaica (corrispondente probabilmente ad una prima fase insediativa. La chiesa aveva un suo spazio definito. Area «militare». non tanto per quanto concerne lo sviluppo planimetrico quanto piuttosto per la superficie abitativa. La torre è realizzata in muratura a sacco con bozze perfettamente squadrate ed è di limitate dimensioni (m 4x5). cinta in basso da un contrafforte probabilmente coevo ad un vano che l'affiancava e quindi nella parte più bassa troviamo un'altra cinta dove si apriva una porta di fianco a due cisterne poste in parallelo. si sviluppano le case e gli edifici di servizio. che si data con buone probabilità a pochi decenni prima dell'abbandono è relativa ad ampliamenti e rifacimenti (in alcuni casi si tratta specificamente di rialzamenti). mentre chiaramente visibili erano i crolli di imponenti strutture abitative. la cinta. su uno sprone roccioso. anche se non mancano eccezioni. e con questo costituiva il «cassero». Area signorile (6000). ma anche dall'area cimiteriale circondata nella parte antistante il sagrato da un muro di terrazzamento. è caratterizzato da muratura a sacco con conci di notevole dimensione disposti in filari piuttosto regolari. delimitava un'altra struttura abitativa di cui alcuni recenti scavi clandestini hanno evidenziato la pavimentazione in pietra. All'interno della cinta. 5000. disposte disorganicamente. religiosa e signorile. Il rilievo ha mostrato che difficilmente ci troviamo di fronte ad un singolo edificio. la parte alta dell'abitato è occupata dagli edifici a destinazione militare. non solo dalle strutture murarie dell'edificio. Tutta l'area era circondata da strutture murarie. come dimostra il diverso tipo di tecnica utilizzata. ma come vedremo questa prima fase ha una sua articolazione ed una sua dinamica. che si aprivano in direzione est con una porta. di cui la seconda. aveva una sua definizione ed un suo rapporto organico con l'«area militare». comunque databile ad epoca postclassica). L'analisi delle tecniche murarie utilizzate per la costruzione del complesso abitativo ha permesso fino da un primo esame l'individuazione di almeno due fasi edilizie nella vita del sito. Si tratta di edifici generalmente articolati su due piani. pertinente alla prima fase. che sembrano seguire un modulo costante. 8000). rialzato in più tempi e da un muro di andamento nord-sud. forse di spacco. Nei frequenti casi dove gli alzati si conservano in buono stato. circondate da una struttura muraria di notevole consistenza. fra il terrazzamento e le cisterne del «cassero». siano esse preromane o medievali. Area produttiva interna (2000). sono emersi due ampi vani rettangolari. 2. che San . sotto la torre. Per concludere questa prima analisi descrittiva ci pare possibile prospettare alcune ipotesi relative al nucleo di popolamento che questo insediamento poteva accogliere. c) come era organizzato lo spazio interno alle abitazioni e agli edifici di servizio. appena impostati. ma soltanto terrazzi e tracce di viabilità e scalette incise nella roccia. d) in quali modi e in quali forme era organizzato il lavoro siderurgico (in particolare. e in questo secondo caso «mettere a confronto» evidenza archeologica e documentazione scritta. Lo scavo appena iniziato nelle ultime settimane delle campagne del 1985 parrebbe confermare la presenza di forni per la fusione di rame. mentre affiorano notevoli quantità di scorie di rame. quando analizzando l'«area industriale» interna si è affacciata l'ipotesi che la sua destinazione ad area di lavorazione sia stata successiva ad un primo uso insediativo. con l'analisi magnetometrica si è potuto evidenziare un punto di anomalia che si è quindi rivelato una fornace «alla catalana» per la lavorazione del ferro solo nella campagna del 1985. privo di minerali ferrosi. era realizzata mediante l'impiego di sottili lastre di calcare scistoso. che veniva cavato nel poggio di fronte (sud-ovest) e il cui uso locale nel Medioevo è ancora oggi testimoniato nella chiesa di San Giusto a Suvereto. raccolti superficialmente dal 1979. dovevano vivere approssimativamente dalle 230 alle 260 persone. La contraddizione potrebbe spiegarsi con il fatto che l'anomalia riscontrabile attraverso l'intervento magnetometrico nei punti di fuoco non sarebbe rilevabile in quell'area dove la concentrazione del calore avviene direttamente sul calcare. Gli obiettivi che ci siamo posti con le prime campagne di scavo sono puntati ad ottenere risultati relativamente a: 1. Le caratteristiche dell'insediamento bassomedievale. forse solo poco più nell'«area signorile». in particolare: a) quale era l'articolazione urbanistica (già in parte «letta» attraverso il rilievo planimetrico). che non presenta evidenti tracce di edifici. Si è così evidenziato un uso in almeno tre fasi dell'area: I. In questo caso. sapendo dalle analisi dei campioni di minerali e di scorie. All'interno dell'«area militare» riteniamo possibile che potessero alloggiare fra le 10 e le 15 persone. cava. al momento. disboscata nel 1984. III.anche se non mancano varianti. abbandonata già nel corso del XII secolo. Il tipo più antico sembra essere quello della finestra strombata con architrave monolitico e più recente invece quello della finestra rettangolare. che deve essere comunque confermato. Questo calcolo si basa su una lettura dell'analitico rilievo condotto nel corso della prima campagna di scavo e non tiene conto delle possibilità prospettate nel corso della seconda campagna. si potrebbe ipotizzare un nucleo di popolamento ancora più consistente in una fase anteriore al XIII secolo. con tetti a doppio spiovente con travature in legno. In quest'area. appoggiati al fronte di una più antica cava di calcare (utilizzata per la costruzione degli edifici dell'insediamento probabilmente della prima fase). II. mentre le preventive indagini magnetometriche avevano dato esito negativo. All'interno della cinta muraria esiste un'ampia superficie che si trova nell'area nord-ovest. La copertura delle case. considerando che dovettero essere in uso contemporaneamente nella fase di massimo sviluppo (XIII secolo) fra le 40 e le 45 case. Il riconoscimento della viabilità circostante il castello ed il suo limitatissimo interland agricolo con i piccoli terrazzamenti per olivi e i «petia de terra» a destinazione cerealicola sono problemi. La dinamica dell'insediamento stesso dalle sue origini. Area produttiva esterna alle mura (9000). area di lavorazione del ferro. mentre nel borgo. b) quali trasformazioni ha subito tale assetto per giungere alla sua definizione. ovile o ricovero per animali. In tale area abbiamo riconosciuto la zona nella quale si dovettero concentrare le attività produttive ed in particolare quelle appunto legate alla lavorazione del rame. che ha ampliato i termini dell'analisi delle strutture murarie presentata da Parenti e gli stessi termini dell'intero progetto. Dando alle stampe il rapporto preliminare relativo alla prima campagna di scavi. 4000. non sarà forse inutile accennare in pochissime parole alcuni punti affrontati nel secondo anno di ricerche. tre diverse situazioni all'interno dell'area del borgo (aree 3000. Francovich. 3. in questo contesto. quando si sta concludendo la seconda. e. . p. cit. 3000: edifici pertinenti al borgo. 206. Gelichi. del rame e probabilmente anche di zinco e piombo6. 5000). 6 Cfr. dove si poteva immaginare di cogliere la lunga durata dell'insediamento.. Parenti. Area 2000: area di produzione del rame. FIGURA 3 Rilievo planimetrico dell’abitato di San Silvestro. o se c'era viceversa contemporaneità. Area 9000: area di produzione del ferro. 8000. naturalmente cogliere le peculiari tecnologie produttive). l'«area signorile» (area 6000). 2. attraverso una prima «pulizia» di una sezione evidenziata da scavi illegali.Silvestro era stata sede di un'industria differenziata per la lavorazione del ferro. Aree 5000. Nel corso del primo anno di intervento si è tentato di dare risposta a questi quesiti indagando: 1. la chiesa (area 1000). Aspetti e problemi. è nostra intenzione capire se ci sia stata una successione cronologica nella produzione dei singoli metalli. Area 6000: area signorile ai piedi dell’area militare (torre). quando ormai la "crisi" aveva già colpito San Silvestro. tutta da quantificare ma esemplificata da una presenza di ceramica che trova confronti come qualità soltanto in contesti urbani e non in contesti rurali8. che al momento non possiamo escludere possa costituire la prima fase insediativa. per motivi «tecnici» (problemi di stabilità di un muro a retta). affiancata da un'attività pastorale che nel corso del XIV e XV secolo diventerà sempre più rilevante fino ad essere l'unica attività praticata su un territorio abbandonato. È chiaro che l'attività agricola degli abitanti del castello costituiva soltanto una piccola ed integrativa parte della vita economica. che se rimane ferma l'interpretazione dell'area come quella occupata dai Della Rocca. signori del castello. in considerazione soprattutto della «specializzazione» delle sue risorse economiche. 9 Stupisce al proposito l'assoluto silenzio delle fonti.Non avendo avuto possibilità di intervenire sull'area cimiteriale. era dedita a tale attività. in particolare la valle del Manienti. Come da chiarire sono gli aspetti giuridici del rapporto che doveva esistere fra l'«universitàs» degli abitanti e i signori del castello. cit. Nell'area dell'abitato è stato inoltre parzialmente scavato un ampio terrazzo. a differenza di quanto potevamo aspettarci. hanno confermato il potenziale informativo che questo sito può esplicitare. ad esempio attraverso lo studio dei forni da ferro e da rame. 7 . se non la totalità. a conclusione delle prime indagini e ricognizioni. 28. p.W. riducendosi probabilmente alla copertura delle mere necessità di sussistenza. mentre rimane da capire se il lavoro siderurgico fosse «specializzazione» nel quadro di una già consolidata divisione del lavoro oppure se si trattava di un lavoro stagionale o comunque praticato dagli stessi «cavatori»9. ha mostrato come la produzione di ferro nell'area 9000 sia cessata alla fine del XII-inizi XIII secolo e viceversa come nell'area 2000 la produzione di rame abbia avuto una maggiore continuità. sarà possibile avere elementi di quantificazione della produzione in relazione alle risorse di minerale presenti nelle pertinenze del castello.).. La popolazione di San Silvestro aveva nell'attività mineraria e nella lavorazione siderurgica la base della propria «ricchezza».. quando. Il dato essenziale che emerge dalla lettura delle permanenze archeologiche. L'intervento sulle strutture produttive oltre che offrire dati rilevanti sulle tecnologie. un lotto predisposto per la costruzione di una casa. di cui neppure diamo cenno. che. dove la «programmazione» urbanistica del centro era più facilmente leggibile e dove è stato possibile riconoscere una fase costruttiva precedente a quelle già evidenti in elevato. appare infatti difficile immaginare l'importazione di materie prime da Il rinvenimento di maiolica arcaica negli strati di riempimento fa ritenere probabile che la costruzione del lotto si sia conclusa nel corso dei primi decenni del XIV secolo. 8 Per alcune prime osservazioni sui materiali ceramici oltre che le relazioni sulle singole aree di scavo si vedano le mie brevi note Per la storia della metallurgia. Nell'area signorile. mai avvenuta 7. Roma 1938. come abbiamo notato. l'intervento nell'area dell'abitato si è concentrato su un lotto frazionato in abitazioni. l'allargamento dello scavo sulla parte sommitale. pp. Le condizioni di conservazione dell'insediamento e la «fossilizzazione» di una parte del territorio circostante. che costituiva un «casalino». che contrasta con quanto viceversa sappiamo per l'Isola d'Elba (cfr. Miniere e ferro dell'Elba dai tempi etruschi ai nostri giorni. apre prospettive di ricerca particolarmente stimolanti per lo studio delle condizioni materiali d'esistenza dei ceti egemoni. ha evidenziato un ampio piazzale delimitato da unità abitative di superficie sostanzialmente omogenee a quelle del borgo che presentavano una tecnica costruttiva di prima fase. Alcuni degli interrogativi ancora aperti potranno trovare soluzione con l'avanzamento dello scavo. caratterizzata da una tecnica muraria molto più imprecisa e approssimata rispetto all'uso del «filaretto» di epoca pienamente «romanica». L'estrazione e la lavorazione del ferro elbano sotto il comune di Pisa. non hanno lasciato un «signum» particolarmente evidente nel tessuto abitativo. giunte fino al Bassomedioevo. 35 55. pur avendo la certezza della loro presenza nel sito. dalle strutture abitative e dai circostanti resti di attività estrattive è che la maggior parte degli abitanti. E questo è un elemento di notevole interesse. in M. come unità di popolamento. che tese ad abbattere ogni superstite emergenza signorile. pare probabile pensare che il dissanguamento del villaggio sia stato provocato da tutta una serie di fattori. In questo contesto appare chiaro comunque come San Silvestro fosse già ampiamente consolidato. e utilizzata in epoca etrusca. ci pare difficilmente individuabile come un indizio per ipotizzare nella zona del castello un'area di inumazione. La stessa prima fase di insediamento medievale non è stata individuata con chiarezza anche se appare assai probabile che anteriormente all'impianto degli edifici «romanici». mentre contemporaneamente sappiamo di lavorazioni stagionali per la lavorazione del ferro Ricognizioni topografiche 1984 a cura dell'Insegnamento di archeologia medievale. unica pietra proveniente da siti leggermente distanti da San Silvestro. si allarga probabilmente intorno alla seconda metà (area 5500 e 4000). 11 Campioni raccolti nel luglio 1985 da chi scrive su segnalazione di Moreno Bargelli. I due frammenti di ceramica a figure rosse non sono una spia sufficiente per farci ipotizzare la preesistenza di un abitato preromano. Per quanto concerne i motivi dell'abbandono del sito possiamo avere dallo scavo soltanto parziali informazioni. Oltre che a San Silvestro sono state rinvenute aree di scorie di lavorazione del ferro nel castello pre-trecentesco di Fornoli presso Roccastrada10. che divenne il centro di popolamento più consistente della zona sotto l'egemonia di Pisa. come la presenza di muretti a secco lungo viabilità interne minori che sembrerebbero costituire una chiusura progressiva di aree dell'insediamento. Interessante notare la coincidenza di questo fatto con l'incremento della domanda di metalli che proprio in quel secolo si dilatò sotto la spinta dei bisogni cittadini. essendo stata utilizzata soltanto nella fase più tarda delle costruzioni medievali e in modo limitato. per concludersi definitivamente nei primi decenni del XV (area 3000). Verso questa interpretazione di lenta estinzione spingerebbero alcune indicazioni archeologiche. anche se per quanto riguarda i minerali di ferro si devono approfondire le analisi che ci permettono di accertarne la provenienza. che hanno determinato la fine dell'insediamento. Il problema dell'origine dell'insediamento medievale rimane uno dei temi più significativi della ricerca anche per tentare di cogliere se esiste un rapporto fra l'iniziativa signorile e lo sfruttamento delle risorse minerarie. potendo trattarsi di riusi provenienti da luoghi vicini e ben documentati in epoca etrusca: lo stesso uso della «panchina» di San Vincenzo. Inoltre non dovette essere estranea alla fme dell'insediamento l'espansione politica pisana. che richiedevano una diversa organizzazione degli spazi per la produzione e una non meno vitale vicinanza con corsi di acqua. coevi alla costruzione della chiesa. fra i quali ricoprì probabilmente un ruolo non marginale il diffondersi delle nuove tecniche di lavorazione dei minerali. nel XII secolo: è infatti riferibile a questo secolo l'ampliamento della chiesa. Appare infatti chiaro che dalle tre diverse situazioni analizzate la fine dell'insediamento pare legata ad un processo diluito che inizia già verso la metà del secolo (area 5000). di cui sono espressione da un lato l'abortito tentativo di fondazione della terranuova di San Vincenzo e dall'altro il viceversa riuscito incremento d'importanza affidato al ruolo di Campiglia. sia esistito soltanto l'impianto. scarti di lavorazione di minerali ferrosi provengono anche dai castelli di Cugnano e di Rocchette (a nord-ovest di Massa Marittima) 11. riferibile ad un'epoca non più alta del X secolo.altri territori. all'interno di alcune strutture abitative (area 5000). Ancora sostanzialmente da affrontare rimane il problema dell'origine dell'insediamento. Silvia Guideri). indice esplicito dell'incremento demografico. anche in ferro e quindi di un certo pregio. mentre molto possiamo sapere sui modi dell'abbandono. rinvenuto in «lacerti» nell'area 8000 e nell'area signorile. 10 . università di Siena (resp. anche se pare contraddittoria la presenza di numerosi manufatti. Se infatti non abbiamo informazioni relative ad episodi traumatici (fatti militari o accidenti naturali). nella sua prima redazione. 13 Vedi nota 10. potremmo trovarci di fronte ai resti di un'attività produttiva promossa dal centro di Campiglia. vicino a Roccastrada13 dove sono stati rinvenuti resti pertinenti ad un forno).lungo la costa toscana. ma non per questo impossibile. e in particolare nell'entroterra populoniese ad opera di «fabbri» pisani12. che vengono generalmente attribuiti ad epoca preromana. che razionalizzando le tecnologie. e nella pianura. pp. Impianti per la lavorazione del ferro sul promontorio di Piombino (1984). cosa da accertare e non affatto scontata. presso corsi di acqua. S. XIV . Se infatti non si esclude che le scorie di rame possano essere tardomedievali. in particolare attraverso l'uso dei corsi di acqua per azionare i mantici dei forni. per iniziative di strutture religiose. Cfr. ma soprattutto a Giugnano. In questo contesto la ridiscussione di quanto fino ad ora già dato per scontato relativamente ai grandi accumuli di scorie di rame accanto ai «forni» di Madonna di Fucinaia. cancellerà nel corso del XIV secolo un modo di produrre di cui soltanto ora cominciamo ad avere un primo quadro. Gelichi. per iniziativa pisana. "Ricerche storiche". generalmente cistercensi (a San Galgano. di una tale rilevanza. che non può non aver condizionato le sorti della più modesta attività siderurgica di San Silvestro. potrebbe aprire un margine nuovo di discussione. Ci troveremmo in sostanza di fronte a diversi modi di organizzazione della produzione metallurgica. 12 . una legata al sistema signorile attraverso l'uso di aree incastellate e le altre legate a iniziative cittadine e/o monastiche. 35 SS.
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