Agamben, Giorgio_Nynphae

March 25, 2018 | Author: errazu4890 | Category: Giovanni Boccaccio, Dialectic, Homo Sapiens, Theodor W. Adorno, Thought


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Aut Aut Aby Warburg29-07-2004 14:15 Pagina 53 Nymphae GIORGIO AGAMBEN Egli è vero che tutte son femine, ma non pisciano. Boccaccio 1. Nei primi mesi del 2003 si poteva vedere al Getty Museum di Los Angeles una mostra di video di Bill Viola intitolata Passions. Durante un soggiorno di studio al Getty Research Institute, Viola aveva lavorato sul tema dell’espressione delle passioni, che era stato codificato nel XVII secolo da Charles Le Brun e ripreso poi nel XIX secolo, su base scientifico-sperimentale, da Duchenne de Boulogne e da Darwin. Risultato di questo periodo di studio erano i video esposti nella mostra. A prima vista, le immagini sullo schermo sembravano immobili, ma, dopo qualche secondo, esse cominciavano quasi impercettibilmente ad animarsi. Lo spettatore si rendeva allora conto che, in realtà, esse erano sempre state in movimento e che soltanto l’estremo rallentamento della proiezione, dilatando il momento temporale, le faceva sembrare immobili. Questo spiega l’impressione insieme di familiarità e di estraneazione che le immagini suscitavano: era come se, entrando nelle sale di un museo dove erano esposte le tele di antichi maestri, queste comiciassero per miracolo a muoversi. A questo punto, se aveva qualche familiarità con la storia dell’arte, lo spettatore riconosceva nelle tre figure estenuate di Emergence la Pietà di Masolino, nel quintetto attonito degli Astonished il Cristo deriso di Bosch, nella coppia piangente della Dolorosa il dittico attribuito a Dieric Bouts nella National Gallery di Londra. Decisiva ogni volta non è, però, tanto la trasposizione in abiti moderni, quanto la messa in movimento del tema iconografico. Sotto gli occhi increduli dello spettatore, il musée imaginaire diventa musée cinématographique. In quanto l’evento che essi presentano può durare fino a una ventina di minuti, questi video esigono un’attenzione a cui non siamo più abituati. Se, come Benjamin ha mostrato, la riproduzione dell’opera d’arte si accontenta di uno spettatore distratto, i video di Viola costringono invece lo spettatore a un’attesa – e a un’attenzione – insolitamente lunghe. Se è entrato alla fine, egli – come si faceva al cinema da bambini – si sentirà obbligato a rivedere il video dall’inizio. In questo modo l’immobile tema iconografico si trasforma in storia. Ciò appare in modo esemplare in Greetings, un video esposto alla Biennale di Venezia nel 1995. Qui lo spettatore poteva vedere le figure femminili, che la Visitazione di Pontormo ci presenta intrecciate, mentre si avvicinano lentamente l’una all’altra, fino a comporre alla fine il tema iconografico della tavola di Carmignano. Lo spettatore a questo punto si rende conto con sorpresa che a catturare la sua attenzione non è soltanto l’animazione di immagini che era abituato a conaut aut, 321-322, 2004, 53-67 53 nella “quale similitudine”. maniera cum mesura de terreno e aire”. Gli storici della danza si sono interrogati sull’origine di questo “danzare per fantasmata”. egli citi Aristotele e insista sulla dignità dell’arte della danza. Benché.. Domenico – o. Domenico enumera sei elementi fondamentali dell’arte: misura. come lo chiamavano amici e discepoli – era il più celebre coreografo del suo tempo. piuttosto. Quest’ultimo elemento – in verità assolutamente centrale – è definito in questo modo: “Dico a ti che chi del mestiero vole imparare. Come può un’immagine caricarsi di tempo? Che relazione vi è tra il tempo e le immagini? Intorno alla metà del Quattrocento. esse non cessano di trasformarsi e di crescere”. la trattazione si situa a metà fra il manuale didattico e il compendio esoterico legato alla tradizione orale da maestro a allievo.. misura del terreno e “fantasmata”. Domenico da Piacenza compone il suo trattato Dela arte di ballare et danzare. che su tratta di comprendere. le immagini vivono dentro di noi. il tema iconografico è stato ricomposto e le immagini sembrano arrestarsi. la quale è mossa cum lo intelecto della mesura. Domenichino. secondo la regola disopra. ogni immagine anticipa virtualmente il suo svolgimento futuro e ricorda i suoi gesti precedenti. cioè con l’immaginazione. ciò significa che vi è una vita delle immagini. Qui il filosofo. memoria. memoria e immaginazione. secondo la testimonianza degli allievi. e con la stessa facoltà con cui avvertono il tempo”. di una trasformazione che concerne la loro stessa natura. Come l’autore stesso afferma in un’intervista pubblicata nel catalogo: “l’essenza del medio visivo è il tempo. maniera..Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 54 siderare immobili. che è “de tanto intelecto e fatica quanto ritrovare se possa”. Ogni istante. nel moderno. piuttosto. Si tratta. si potrebbe dire che essi non inseriscono le immagini nel tempo. memoria. compendiata nel breve trattato Sulla memoria e la reminiscenza. noi siamo database viventi di immagini – collezionisti di immagini – e una volta che le immagini sono entrate in noi. 2. tale da contrarre virtualmente nella propria tensione interna la misura e la memoria dell’intera serie coreografica. affermava che “solo gli esseri che percepiscono il tempo ricordano. infatti. bisogna danzare per fantasmata e nota che fantasmata è una prestezza corporale. È certo che essa deriva dalla teoria aristotelica della memoria. alla fine. cioè che facto el moto. E poiché. Se si dovesse definire in una formula la prestazione specifica dei video di Viola. legando strettamente insieme tempo. Quando. esse si sono in realtà caricate di tempo fin quasi a scoppiare e proprio questa saturazione cairologica imprime loro una sorta di tremito. sii tutto di pietra in quello istante e in istante metti ale come falcone che per paica mosso sia. agilità. ma il tempo nelle immagini... il maestro intendeva esprimere “molte cose che non si possono dire”.. all’inizio del suo libro. Domenico chiama fantasma un arresto improvviso fra due movimenti. non il movimento. La memoria non è. che aveva esercitato un’influenza determinante sulla psicologia medievale e rinascimentale. como dice el poeta. che costituisce la loro aura particolare. facendo requie a cadauno tempo che pari aver veduto lo capo di medusa. ma il tempo è il vero paradigma della vita. possibile sen54 . cioè operando mesura. maestro di danza alla corte degli Sforza a Milano e a quella dei Gonzaga a Ferrara. Warburg non scrive. Il giovane filologo americano aveva rinnovato la filologia omerica mostrando come la tecnica di composizione orale dell’Iliade e dell’Odissea si fondava su un vasto. Ma ciò significa che l’essenza della danza non è più il movimento – è il tempo. come quelli che scagliano un dardo non hanno più la possibilità di trattenerlo. così anche colui che cerca nella memoria imprime un certo movimento alla parte corporea in cui tale passione risiede”. fraintendendo l’espressione del maestro) che alla Pathosformel warburghiana. La somiglianza concerne anche la spettrale. ecc. Albert Lord e Gregory Nagy hanno mostrato che le formu55 . ma finito repertorio di combinazioni verbali (i celebri epiteti omerici: podas okys. come pausa non immobile. Il motivo per cui rammemorare non è in loro potere è che. di memoria e di energia dinamica. per Domenichino. polytropos. In questo senso. come pure sarebbe stato possibile. ma carica. attraverso una Pathosformel testimoniata in una pittura vascolare greca. formula di pathos. un pathos della sensazione o del pensiero. bensì nell’immagine come “capo di medusa”.). “pié veloce”. essenzialmente un’operazione condotta sulla memoria. la quale è un’affezione. “elmo abbagliante”. Certo è che nulla assomiglia di più alla sua visione dell’immagine come Pathosformel del “fantasmata” che contrae in sé in un brusco arresto l’energia del movimento e della memoria. La danza è. Non è improbabile che Aby Warburg avesse avuto conoscenza del trattato di Domenico (e di quello del suo allievo Antonio da Cornazano) quando preparava a Firenze il suo studio sui Costumi teatrali per gli intermezzi del 1589. Forse il miglior modo di comprenderne il senso è di accostarlo all’uso del termine “formula” negli studi di Milman Parry sullo stile formulare in Omero. ma Pathosformel. l’immagine mnemica è sempre carica di un’energia capace di muovere e turbare il corpo: “Che l’affezione [pathos] sia corporea e che la reminiscenza sia una ricerca in questo fantasma. ritmicamente configurate in modo da potersi adattare a sezioni del verso e composte a loro volta da elementi metrici intercambiabili. che taluni sono sconvolti quando non riescono a ricordare nonostante la forte applicazione della mente. modificando i quali il poeta poteva variare la propria sintassi senza alterare la struttura metrica. sottolineando l’aspetto stereotipo e ripetitivo del tema immaginale con cui l’artista ogni volta si misurava per dare espressione alla “vita in movimento” (bewegtes Leben). che riconduce il tema iconografico di un’incisione dureriana al “linguaggio gestuale patetico” dell’arte antica.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 55 za un’immagine (phantasma). insieme. Il vero luogo del danzatore non è nel corpo e nel suo movimento. appare da ciò. 3. Il concetto di Pathosformel compare per la prima volta nel saggio del 1905 su Dürer e l’antichità italiana. Pathosform. Antonio da Cornazano. in un’incisione di Mantegna e nelle xilografie di un incunabolo veneziano. una composizione dei fantasmi in una serie temporalmente e spazialmente ordinata. “di molti inganni”. pubblicati a Parigi negli stessi anni in cui Warburg lavorava al suo atlante Mnemosyne. e che l’agitazione perdura anche quando non cercano più di ricordare – soprattutto i melancolici. korythaiolos. perché sono molto sconvolti dalle immagini. dunque. Sarà bene prestare innanzitutto attenzione al termine stesso. stereotipa fissità che sembra convenire tanto all’“ombra fantasmatica” di Domenico (così. quando a Chicago la temperatura si fa improvvisamente torrida. penetrò nella stanza. in compagnia di un giovane studente. 4. di creazione e performance. ma. che si trasforma ogni volta in un incantevole incubo”). torturano. nessuna è seplicemente una copia. sono degli ibridi di materia e di forma. Nathan Lerner. ma nell’esecuzione”. strangolano e sventrano le 56 . imitando una voce femminile (una bambina?). che schiavizzano. ma. sono cristalli di memoria storica. Ma quando Lerner. ma che. si trovò davanti a una scoperta inattesa. un fotografo e designer che viveva a Chicago. Le Pathosformeln sono fatte di tempo. esattamente come le Pathosformel di Warburg. “fantasmati” nel senso di Domenico da Piacenza. aprì la porta della camera in 851 Webster Avenue in cui era vissuto per quarant’anni il suo inquilino Henry Darger. Nessuna delle immagini è l’originale. accatastati in un angolo su un vecchio baule. era stato visto frugare nella spazzatura come un barbone. Come spiega il frontespizio.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 56 le non sono soltanto zeppe di materiale semantico destinate a riempire un segmento metrico. “il poema non è composto per l’esecuzione. Darger. che Kant definiva per questo nei termini di un’autoaffezione. di primavoltità e ripetizione. Nelle parole di Lord. vi erano una quindicina di volumi dattiloscritti rilegati a mano che contenevano una sorta di romance di quasi trentamila pagine. Nello stesso senso. si tratta della storia di sette bambine (le Vivian girls). che guidano la rivolta contro i crudeli adulti Glandolinians. La tavola contiene ventisei fotografie. bottigliette vuote di bismuto. intorno ai quali il tempo scrive la sua coreografia. con lo sguardo fisso nel vuoto (così lo ritrae l’unica fotografia recente). Ma un essere la cui forma coincide puntualmente con la materia e la cui origine è indiscernibile dal suo divenire è ciò che chiamiamo tempo. La ninfa è un indiscernibile di originarietà e ripetizione. Era sopravvissuto fin allora al limite della miseria lavando i piatti in un ospedale e i vicini lo udivano a volte parlare da solo. nel corso delle sue passeggiate. Dov’è la ninfa? In quali delle sue ventisei epifanie essa consiste? Si fraintende la lettura dell’atlante se si cerca tra di esse qualcosa come un archetipo o un’originale da cui le altre deriverebbero. fra originale e ripetizione. la composizione formulare implica che non sia possibile distinguere fra creazione e performance. dal titolo eloquente In the Realms of the Unreal. Usciva di rado. cui è dedicata la tavola 46 dell’atlante Mnemosyne. da un rilievo longobardo del VII secolo all’affresco del Ghirlandaio a Santa Maria Novella (dove compare la figura femminile che Warburg chiamava scherzosamente “signorina portainfretta” e che. la ninfa non è né una materia passionale cui l’artista deve dare nuova forma. che aveva lasciato la camera qualche giorno prima per trasferirsi in un ospizio per persone anziane. né uno stampo cui piegare i propri materiali emotivi. Allo stesso modo. D’estate. ritagli di giornali). Si prenda la Pathosformel ninfa (fig. Nel novembre del 1972. era un uomo tranquillo. è il metro a derivare probabilmente dalla formula tradizionalmente trasmessa. di forma e materia. Jolles definisce “l’oggetto dei miei sogni. 1). al contrario. Non era stato facile farsi strada fra i mucchi di oggetti di ogni genere (gomitoli di spago. ma certamente strambo. Ma ciò significa che le formule. nel carteggio sulla ninfa. dalla portatrice d’acqua di Raffaello fino alla contadina toscana fotografata da Warburg a Settignano. sedeva sulla scala esterna della casa. che non avrebbe mai superato i traumi infantili e presenterebbe tratti indubbiamente autistici. il caso estremo di una composizione artistica unicamente per Pathosformeln. Le immagini di cui è fatta la nostra memoria tendono. vagano assorte o giocano tra fiori e meravigliose creature alate (i serpenti Blengiglomean). il cui rapporto col ci57 . egli non voleva però semplicemente costruire l’immagine di un corpo. incessantemente a irrigidirsi in spettri e si tratta appunto di restituirle alla vita. I critici che si sono occupati di Darger hanno sottolineato gli aspetti patologici della sua personalità. si alternano (a volte sullo stesso foglio) a scene sadiche di inaudita violenza. cioè. Liberare le immagini dal loro destino spettrale è il compito che tanto Darger che Warburg – al limite di un essenziale rischio psichico – affidano l’uno al suo interminabile romanzo. che produce un effetto di straordinaria modernità. ma un corpo per l’immagine. Essa è stata ridotta in schiavitù dai malvagi adulti (spesso rappresentati in veste di professori. aperti per estrarne le viscere insanguinate. 3]) che può combinare come vuole (attraverso collage o ricalco) nei suoi grandi pannelli. Assai più interessante è indagare il rapporto di Darger con le sue Pathosformeln. battuti. egli ritaglia immagini di bambine da album di fumetti o da giornali e le ricalca con una velina. Questo tema definisce – da Klages a Benjamin. Più sorprendente ancora. forse. Quel che qui ci interessa in modo particolare è il geniale procedimento compositivo di Darger. Le ricerche di Warburg sono contemporanee della nascita del cinema. strozzati e. avere in comune è il problema della rappresentazione del movimento. in cui le bambine ignude. infine. l’altro alla sua scienza senza nome. la fotografa e la fa ingrandire secondo i suoi bisogni. Ma l’analogia con Warburg è ancora più essenziale. ma. è un campo di battaglia il cui oggetto è la Pathosformel “ninfa dargeriana”. in genere munite di un piccolo sesso maschile. Ma l’interesse di Warburg per la rappresentazione del corpo in movimento – che egli chiama bewegtes Leben e di cui la ninfa costituisce l’esemplare canonico – non rispondeva tanto a ragioni di ordine tecnico-scientifico o estetico. Come ogni vero artista. fu rendersi conto che il solitario inquilino era anche un pittore. nella politica) del primo Novecento. è sempre già minacciata e in atto di assumere una forma spettrale. Qui paesaggi idilliaci. la loro vita è sempre già Nachleben. Le immagini sono vive. con toga e berretto). quanto alla sua ossessione per quella che si potrebbe chiamare la “vita delle immagini”. Certamente egli è vissuto per quarant’anni totalmente immerso nel suo mondo immaginario.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 57 fanciulle. Ciò che i due fenomeni sembrano. Se l’immagine è troppo piccola. in cui i corpi delle fanciulle sono legati. Poiché non sapeva dipingere né tanto meno disegnare. Darger rappresenta. cioè. La sua opera. L’artista viene così a disporre alla fine di un repertorio formulare e gestuale (variazioni seriali di una Pathosformel che possiamo chiamare nympha dargeriana [fig. come la sua vita. 5. a prima vista. che per quarant’anni aveva pazientemente illustrato in decine e decine di acquarelli e pannelli cartacei lunghi a volte fino a tre metri il suo romanzo. nel corso della loro trasmissione storica (collettiva e individuale). essendo fatte di tempo e di memoria. dal futurismo a Focillon – una corrente non secondaria nel pensiero e nella poetica (e. sopravvivenza. sopravvivenza.. 3. così lo storico deve saper cogliere la vita postuma delle Pathosformeln per restituire loro l’energia e la temporalità che esse contenevano. ridiventa possibile. un nuovo senso. cioè. Si tratta. di cogliere un potenziale cinetico che è già presente nell’immagine – fotogramma isolato o Pathosformel mnestica – e che ha a che fare con quello che Warburg definiva col termine Nachleben. che egli chiama. Egli è. Come si legge nella brochure illustrativa del thaumatoscopio. il cinema – devono riuscire ad afferrare la sopravvivenza retinica per mettere in movimento le immagini. in entrambi i casi. Lo spettatore. Benjamin elabora il concetto di “immagine dialettica” (dialektisches Bild). Si può dire che la scoperta di Warburg è che. appunto. come in un frammento (N. il thaumatoscopio dipende da questo stesso principio ottico: l’impressione lasciata sulla retina dall’immagine disegnata sulla carta non si cancella prima che l’immagine dipinta sull’altro lato raggiunga l’occhio. il passato – le immagini trasmesse dalle generazioni che ci hanno preceduto – che sembrava in sé conchiuso e inaccessibile. Attraverso questa operazione. per effetto del fondersi di due immagini retiniche separate nel tempo.. La prossimità fra le ricerche warburghiane e la nascita del cinema acquista. La conseguenza è che voi vedete le due immagini nello stesso tempo”. nell’immagine dialettica la verità si presenta storicamente come “morte dell’inten58 . poi. in movimento. un dato. il cui sguardo si posava su un disco di carta in movimento. E mentre per Husserl. il primo ad accorgersi che le immagini trasmesse dalla memoria storica (Klages e Jung si occupano piuttosto di archetipi metastorici) non sono inerti e inanimate. vedeva l’uccello entrare nella gabbia. in modo diverso. le immagini dialettiche sono definite dal loro indice storico. vita postuma (o sopravvivenza). in questa prospettiva. infatti. ma posseggono una vita speciale e diminuita. Qui egli distingue le immagini dialettiche dalle essenze della fenomenologia husserliana. È noto che all’origine degli apparecchi precursori del cinema (il fenakitoscopio di Plateau. che le rimanda all’attualità. ma richiede un’operazione.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 58 nema resta ancora da indagare. legato al persistere della loro carica mnestica. una gabbia. “è stato ormai sperimentalmente accertato che l’impressione che la mente riceve in questo modo dura circa un ottavo di secondo dopo che l’immagine è stata rimossa. accanto al Nachleben fisiologico (la persistenza delle immagini retiniche). che doveva costituire il fulcro della sua teoria della conoscenza storica. lo zootropo di Stampfer o il thaumatoscopio di Paris) sta la scoperta della persistenza dell’immagine retinica. vita postuma. si rimette. E come il fenakitoscopio – e. la cui effettuazione è compito del soggetto storico (così come si può dire che la scoperta della persistenza delle immagini retiniche esige il cinema che saprà trasformarla in movimento). più tardi. La sopravvivenza delle immagini non è. A partire dalla metà degli anni trenta. per noi. Forse in nessun altro testo egli si avvicina a darne una definizione. in cui erano disegnati da una parte un uccello e. che le costituisce come “dinamogrammi”. 1) del libro sui Passaggi parigini. vi è un Nachleben storico delle immagini. 6. l’intenzionalità resta il presupposto della fenomenologia. a quello su Baudelaire. dall’altra. Mentre queste sono conosciute indipendemente da ogni dato fattuale. mentre lavora al libro su Parigi e. L’immagine dialettica è. per Benjamin. Poiché le cose isolate attestano come immagini le intenzioni soggettive. Le immagini dialettiche sono costellazioni tra le cose estraniate e l’avvento del significato. di cui Benjamin parla. l’essenziale non è il movimento che. Ciò significa che alle immagini dialettiche compete. sembra non capire è che. poiché il progresso tecnico pone continuamente fuori corso dei nuovi oggetti d’uso”. La soggettività se ne impadronisce ponendo in esse intenzioni di desiderio e di angoscia. La teoria benjaminiana non contempla né essenze né oggetti. il tremito leggero. attraverso la mediazione. che queste si definiscano attraverso un movimento dialettico che viene colto nell’atto del suo arresto (Stillstand): “Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato. Ciò che Adorno. là appare un’immagine dialettica. Dove il senso si sospende. ma immagini. implica una conce59 . queste si presentano come ataviche ed eterne. Adorno definisce il concetto di immagine dialettica a partire dalla concezione benjaminiana dell’allegoria nel Trauerspielbuch. In altre parole: l’immagine è dialettica in posizione di arresto”. Come nel “danzare per fantasmata” di Domenico da Piacenza. ma in una pausa carica di tensione fra di essi. Benjamin commenta: “a proposito di queste riflessioni va tenuto presente che nel XIX secolo il numero delle cose ‘svuotate’ aumenta in una misura e un ritmo prima sconosciuti. però. conduce alla Aufhebung della contraddizione. per Benjamin. sono svuotate e in quanto cifre simboliche attirano significati. non è di vederla subito pendere nuovamente. estraniate. come una felicità rapida. Lo scambio di lettere con Adorno nell’estate del 1935 chiarisce in che modo debbano intendersi gli estremi di questa tensione polare. dove si parlava di uno “svuotamento di significato” operato negli oggetti dall’intenzione allegorica. che tenta di riportare in ultima analisi la dialettica alla sua matrice hegeliana. che Adorno critica (“essa – l’ambiguità – non deve assolutamente restare così com’è”).Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 59 tio”. impercettibile. ma il momento dell’arresto. ma. In un altro frammento. che mi indica che è viva”. Benjamin cita un passo di Focillon in cui lo stile classico è definito un “breve istante di pieno possesso delle forme. trattenute nell’istante dell’indifferenza fra morte e significato. La Dialektik im Stillstand. Simile all’intenzione emblematica.. necessariamente ambigua – fra i due termini opposti. come l’akmé dei Greci l’asta della bilancia non oscilla più se non debolmente. una dignità paragonabile agli eide della fenomenologia e alle idee in Platone: la filosofia ha a che fare col riconoscimento e la costruzione di tali immagini. ma l’immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora [Jetzt] in una costellazione. le cose. Decisivo è. cioè. “Dove il pensiero si arresta improvvisamente in una costellazione satura di tensioni” si legge nella XVII tesi sulla filosofia della storia “le imprime un urto attraverso il quale essa si cristallizza come monade”.. Di qui la sua ambiguità. nel pensiero di Benjamin. in cui il medio è esposto come una zona di indifferenza – come tale. “Estinguendosi nelle cose il valore d’uso. essa tiene in sospeso il suo oggetto in un vuoto semantico.” Ricopiando nel suo schedario questo passo. nel miracolo di questa immobilità esitante. Ciò che mi aspetto. e ancor meno il momento di fissità assoluta. un’oscillazione irrisolta fra un’estraneazione e un nuovo evento di senso. la vita delle immagini non consiste nella semplice immobilità né nella successiva ripresa del movimento. secondo Benjamin. chiaro e oscuro. che non soltanto la dialettica non è separabile dagli oggetti che nega. si deve. ma bipolare e tensiva: i due termini non sono né rimossi né composti in unità. né B” e l’opposizione che essa implica non è dicotomica e sostanziale. come un danzare “per fantasmata”. che identifica più o meno immediatamente immagine (Bild) e significato (Bedeutung. in cui il grande storico dell’arte (che aveva ereditato dal padre la passione per le stampe) sembra aver voluto fissare in un’immagine questa sospesa irrequietezza del pensiero. Questa costellazione è. questa “dialettica in stato di arresto” ha un archetipo illustre. finché si ricostituisce l’iniziale unità. la sua formula è “né A. questo stato intermedio. in cui Aristotele paragona l’arresto improvviso del pensiero. dialettica e intensiva. La molteplicità dei soldati (cioè dei pensieri e delle percezioni) in fuga disordinata è improvvisamente percepita come unità. cioè. 7. Qui l’universale non è raggiunto attraverso un procedimento induttivo. che li mantiene in ogni punto distinti. proprio come Benjamin – riprendendo un’immagine di Mallarmé. Vi è un’incisione di Focillon del 1937. in verità. tut60 .Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 60 zione della dialettica il cui meccanismo non è logico (come in Hegel). ma analogico e paradigmatico (come in Platone). Vischer chiama vorbehaltende. la mano dell’autore ha scritto il titolo: La dialectique (fig. senza più fede reale e. In basso a destra. cioè capace di mettere in rapporto un istante del passato con il presente. e soltanto in seguito potrà apparire come terzo momento la forma interamente libera e chiara [. ma si produce analogicamente nel particolare attraverso il suo arresto. alla tensione grafica della réclame – parlava del brusco arresto del pensiero in una costellazione. Secondo Vischer. Esso è nel passo dei Secondi analitici. in cui si produce l’universale. aveva elevato la pagina scritta alla potenza del cielo stellato e. 4).. esteticamente libera e tuttavia non vuota”. Essa rappresenta un acrobata che oscilla appeso al suo trapezio sulla pista illuminata di un circo. introdurre “come seconda forma fondamentale quella che sta nel mezzo fra libero e non libero. È l’animazione naturale [Naturbeseelung]. assunto e ricevuto con vivente trasposizione come una parvenza dotata di senso [sinnvolles Scheinbild]. sospendente. È nota l’influenza che sul giovane Warburg aveva esercitato la lettura del saggio di Friedrich Theodor Vischer sul simbolo. bensì mantenuti in una coesistenza immobile e carica di tensioni. Nella storia della filosofia. “Si deve chiamare simbolico” scrive Vischer “un elemento mitico in cui un tempo si credeva. Secondo l’acuta intuizione di Melandri. Inhalt) e la chiarezza della ragione.. ma che questi perdono la loro identità e si trasformano nei due poli di una stessa tensione dialettica. che raggiunge la sua massima evidenza nell’immobilità. tuttavia. inconscia e tuttavia in un certo senso consapevole. che. Fra la coscienza mitico-religiosa e quella razionale. a un esercito in fuga in cui di colpo un soldato si ferma e un altro dopo di lui e così via. attraverso il quale noi sottomettiamo la nostra anima e le nostre emozioni all’inanimato”. lo spazio proprio del simbolo si situa fra l’oscurità della coscienza mitico-religiosa. insieme. Il mezzo [die Mitte]: possiamo anche chiamare penombra [Zwielicht] ciò di cui qui si tratta. l’atto donatore [der leihende Akt]. nel Coup de dés.]. in cui l’osservatore non crede più alla forza magico-religiosa delle immagini e. involontaria e tuttavia libera. Ma ciò significa. L’atto di creazione. come il luogo del suo stesso mancamento”. che è qui in questione. ogni essere umano – si misura con le immagini. che hanno perduto il loro significato e sopravvivono come incubi o spettri. fra il sonno e la veglia. in cui il singolo – artista o poeta. Ma ciò significa anche che l’operazione che Warburg affida al suo atlante Mnemosyne è esattamente il contrario di quanto si suole comprendere sotto la rubrica “memoria storica”: secondo l’acuta formula di Carchia. per destarsi eventualmente da esse. L’umano si decide. possono riacquistare polarità e vita. oltre a vari schemi di oscillazione pendolare. in questa terra di nessuno fra il mito e la ragione. rimane in qualche modo legato a esse. nell’ambigua penombra in cui il vivente accetta di confrontarsi con le immagini inanimate che la memoria storica gli trasmette per restituire loro vita. Tra gli schizzi recuperati da Didi-Huberman nei suoi scavi fra i manoscritti warburghiani. abgeschnürte Dynamogramme). nella quale tuttavia sono in gioco la coscienza e la libertà dell’uomo. bensì dialettica: non il punto mediano che separa due segmenti su una linea. Come il “fantasmata” di Domenico di Piacenza. come un’autentica voragine del senso. essa “finisce col rivelarsi. nell’incontro con un individuo vivente. né libera né non libera. ma il passaggio attraverso di esso di un’oscillazione polare. potremmo definirla.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 61 tavia. Come le immagini dialettiche in Benjamin e il simbolo in Vischer. in piena coscienza. esso è l’immagine immobile di un essere di passaggio. tenendole in sospeso fra l’icona efficace e il segno puramente concettuale. le Pathosformeln – che Warburg paragona a dinamogrammi carichi di energia – sono ricevute in uno stato di “ambivalenza latente non polarizzata” (unpolarisierte latente Ambivalenz) e solo in questo modo. “Chi è la ninfa. Il funambolo – designato con la lettera K – è forse la cifra dell’artista (Künstler) che si tiene in sospeso fra le immagini e il loro contenuto (altrove Warburg parla di un “movimento pendolare tra la posizione di cause come immagini e come segni”) – ma anche la cifra dello studioso che (come Warburg scrive a proposito di Burckhardt) agisce come “un necromante che. non è una nozione geometrica. in cui le immagini del passato. chiedeva Jolles a Warburg nel carteggio scambiato a Firenze nel 1900 a proposito della figura femminile in movimento dipinta da Ghirlandaio nella cappella Tornabuoni. ha luogo in questa zona centrale (die Mitte. riprendendo un’immagine di Salomon Friedlaender che Benjamin amava citare. vi è un disegno a penna che mostra un funambolo che cammina su un asse tenuto in precario equilibrio da due altre figure. 8. Il centro. la chiamava Vischer. La risposta di Warburg suo61 . nello spazio della memoria. sono tenute in sospeso nella penombra in cui il soggetto storico. cioè. al limite. L’eco che queste idee dovevano trovare in Warburg è evidente. L’incontro con le immagini (le Pathosformeln) avviene per lui in questa zona né conscia né inconscia. evoca gli spettri che lo minacciano”. da dove viene?”. L’atlante è una sorta di stazione di depolarizzazione e ripolarizzazione (Warburg parla di “dinamogrammi sconnessi”. ma anche lo studioso e. si confronta con esse per restituire loro vita – ma anche. e Warburg non si stanca di ammonire che das Problem liegt in der Mitte) fra i due opposti poli dell’umano – zona di “indifferenza creatrice”. ma secondo la sua vera essenza essa è uno spirito elementare [Elementargeist]. un ramo nascosto e. non sono tuttavia né l’una cosa né l’altra. più che 62 . non possono essere spiriti. La seconda parte della definizione (una dea pagana in esilio). Lo spirito. Qui la ninfa si inscrive nella dottrina bombastiana degli spiriti elementari (o creature spirituali). spiriti. che si situa all’incrocio di tradizioni culturali diverse. perentoria: “secondo la sua realtà corporea. (Questa dottrina. lo spirito ne è privo. essi sono puramente e assolutamente “creature”: creati da Dio negli elementi mondani e soggetti come tali alla morte. sembra l’esatta controparte della dottrina di La Peyrère della creazione preadamitica dei gentili). “diverso e separato tanto dagli uomini che dagli animali”. una dea pagana in esilio [. rimanda al trattato di Paracelso De nymphis. e una non adamitica. che. ibridi di corpo e di spirito. Nemmeno è come l’uomo. sylphis. iscrive la ninfa nel contesto più proprio delle ricerche warburghiane. Queste creature sono entrambe le cose e tuttavia non hanno anima.. esoterico. Si deve ribadire. Sono quindi creature particolari. lo scritto sugli Elementargeister – composto nel 1835 – apre il saggio Les dieux en exil). per così dire.. sottile e spirituale. L’accostamento fra Elementargeister e dei in esilio è già in Heine (nell’edizione nella “Révue des deux mondes”. pur essendo in un certo modo tanto spiriti che uomini. per questo. e nemmeno propriamente spiriti (in quanto hanno un corpo). e. secondo Paracelso. che implica. infatti. perché mangiano. il Nachleben degli dei pagani. che non poteva non essere familiare tanto a Warburg che a Jolles. però. essi sono per sempre fuori dall’economia della salvezza e della redenzione: Benché siano entrambe le cose. cioè spirito e uomo. crassa e terrena. È dunque un animale. Esiste. su cui si è soffermata soprattutto l’attenzione degli studiosi. Ciò che definisce questi spiriti – e la ninfa in particolare – è che essi. ma appartengono a un grado secondo della creazione. ciascuno dei quali è legato a uno dei quattro elementi: la ninfa (od ondina) all’acqua. perché non ha anima. tuttavia.. Ciò che definisce. una “duplice carne”: una che viene da Adamo. nella genealogia della ninfa. e non sono quindi né uomini né animali (in quanto posseggono ragione e linguaggio).. Non è stato invece notato che la dottrina degli spiriti elementari attraverso Heine e l’Undine di La Motte Fouqué. Più che animali e meno che umani. bevono e hanno carne e sangue [. pygmeis et salamandris et caeteris spiritibus e segnala. non sono né l’uno né l’altro. in ogni caso.]. essa può essere stata una schiava tartara liberata [. pur essendo nell’aspetto in tutto simili all’uomo. L’uomo ha un’anima. è che essi non hanno un’anima.. come un composto di dolce e di aspro o come due colori in un’unica figura. Non possono essere uomini. almeno in apparenza. ma nemmeno sono. Prendiamo il trattato di Paracelso. per certe creature. la ninfa nomina l’oggetto per eccellenza della passione amorosa (e tale essa era certamente per Warburg: “vorrei lasciarmi portar via gioiosamente con lei” egli scrive a Jolles). i pigmei (o gnomi) alla terra e le salamandre al fuoco. non muore. che Warburg chiama in causa direttamente.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 62 na. gli spiriti elementari. In questa deriva.]..]”. la creatura muore. perché si muovono come spiriti. diverse dalle prime due e formati da una sorta di mistione della loro doppia natura. una creazione speciale. i silfi all’aria. non sono stati generati da Adamo. ma il corpo animale non ha.. infatti. Come ogni carne. che nulla si potrebbe pensare di più somigliante. Cristo è nato e morto per coloro che hanno un’anima e sono stati generati da Adamo. allora questa unione conferisce loro un’anima [. come gli uomini. Ma vi aggiunse il miracolo di privarle dell’anima. Muoiono come animali. mancano di un’anima. Per questa ragione le ninfe ricercano gli uomini e spesso si accoppiano in segreto con essi”.. si uniscono con gli uomini e lo diventano – cioè acquistano. Benché siano animali.. nella saggezza sono perfettamente umani. nella lingua..]. di quello anatomico che designa come nymphae le piccole labbra della vagina). Tutta la vita delle ninfe è posta da Paracelso sotto il segno di Venere e dell’amore. Ma unendosi agli uomini in stabile unione. hanno l’umana ragione – solo sono privi dell’anima. virtuosi o viziosi. che senza gli uomini sarebbero animali. più antica tradizione. una mente. pur non essendo eterne. forse. anche la loro carne si corrompe [.]. usando della ragione e governando le loro comunità con giustizia e saggezza. Se ciò avviene.. come gli uomini senza il patto con Dio sarebbero nulla [. che muoiono. tuttavia... che legava indissolubilmente le ninfe al regno di Venere e alla passione amorosa (e che è all’origine tanto del termine psichiatrico “ninfomania” che. con le bestie. Dio le ha infatti create così simili e conformi agli uomini.. La loro riproduzione è simile a quella umana.. Vivono con gli uomini sotto una legge. nei gesti. Come uomini non umani. ma come il bestiame. è che esse possono ricevere un’anima se si uniscono sessualmente con un uomo e generano con lui un figlio. mangiano l’opera delle loro mani. però. gli spiriti elementari di Paracelso costituiscono l’archetipo ideale di ogni separazione dell’uomo da se stesso (l’analogia col popolo ebraico è anche qui sorprendente). “Ciò può essere provato con molti argomenti. Qui Paracelso si collega a un’altra. tanto la ninfa che la sua prole ricevono un’anima e diventano così veramente umane. come gli uomini. ma hanno commercio sessuale [copulatae coiverint] con essi e generano dei figli”. Ciò che definisce. dunque. tessono per sé vesti che indossano come gli uomini. È chiaro. Se egli chiama “Monte di Venere” la società delle ninfe (collectio et con63 . un’anima. come lui.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 63 animale. Non per queste creature.]. mangiano e bevono con gli uomini. Paracelso si sofferma con una sorta di amorosa compassione sul destino di queste creature del tutto simili all’uomo. camminano con gli spiriti.]. e tuttavia non muoiono come gli uomini. Nei costumi.. che non provengono da Adamo: pur essendo in qualche modo uomini. in quanto. migliori o peggiori [. e tuttavia condannate senza colpa a una vita puramente animale: Sono un popolo di umani. senza che nulla rimanga di essi.]. la specificità delle ninfe rispetto alle altre creature non adamitiche. Muore come gli animali. Per questo non possono servire Dio né camminare nelle vie del Signore. È dunque un animale che parla e ride proprio come gli uomini [... Secondo Paracelso. molti “documenti” attestano che le ninfe “non soltanto appaiono agli uomini. a loro volta. amare significa amare una ninfa.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 64 versatio. diventano veramente vive: “E come abbiamo detto che l’uomo è un’immagine di Dio. le ninfe conducono sulla terra un’esistenza parallela. Condannate in questo modo a un’incessante.. com’è noto. almeno a partire dal 1341. – come non riconoscere qui un topos per eccellenza della poesia amorosa). anche se la più alta in rango e un tempo. in verità. così si può dire che queste creature sono le immagini dell’uomo. misto di novellete e di terze rime. Come tale. conserva il lascito. situando poi su questo enigmatico sfondo teologico la letteratura. ma dell’uomo. quam Montem Veneris appellitant. sposta e trascrive un modulo dantesco e stilnovistico in un nuovo ambito (che possiamo definire col termine moderno “letteratura”. nel Corbaccio. prima di morire (qui Paracelso si confronta a suo modo col problema della sopravvivenza degli dei pagani) la loro regina (iam vero Venus Nympha est et undena. particolarmente caro a Jolles. o linguaggio). è certo che la “ninfa fiorentina” è la figura centrale delle prose e poesie amorose di Boccaccio. 9. In ogni caso. plasmata secondo la sua immagine. rimangono quali sono state plasmate. nel Carmen bucolicum e. fra il soggetto e l’oggetto. L’oggetto dell’amore – che Dante chiama “ninfa” soltanto in pochi. desiderate – ciò di cui sono immagine.) Ma ancora nel Ninfale fiesolano. come tali. anche se fatto a sua immagine. pur essendo create a immagine dell’uomo. ma. il punto in cui l’immagine o fantasma comunica con l’intelletto possibile. esso è un concetto-limite non soltanto fra l’amante e l’amata.. Warburg evoca discretamente Boccaccio. Egli non inventa qui integralmente. nelle ecloghe. in un senso speciale. secondo un suo gesto consueto. quae longo quidem tempore regnavit sed tandem vita functa est). nel Purgatorio. Di questo concetto-limite filosofico-teo64 . che intitola (non senza una chiara allusione al poema dantesco) Comedia delle ninfe fiorentine. L’invenzione della ninfa come figura per eccellenza dell’oggetto d’amore è opera di Boccaccio. così queste creature. E come l’uomo non è Dio. La storia dell’ambigua relazione fra gli uomini e le ninfe è la storia della difficile relazione fra l’uomo e le sue immagini. (Rubricando nel 1900 “ninfa fiorentina” il quaderno a cui affida la sua corrispondenza con Jolles. E solo nell’incontro con l’uomo le immagini inanimate acquistano un’anima. insieme. come l’uomo rimane tale quale Dio lo ha creato”. dove essa costituisce una sorta di soglia fra il paradiso terrestre e quello celeste) – rappresenta. perpetuamente accompagnano e desiderano – e ne sono. amorosa ricerca dell’uomo. e. soprattutto. egli costituisce retroattivamente come esoterica l’esperienza dei poeti d’amore (in sé del tutto indifferente all’opposizione esoterico/essoterico) e. ma anche fra il singolo vivente e l’unico intelletto (o pensiero.. Secolarizzando in questo modo quelle che erano essenzialmente categorie filosofico-teologiche. quando compone quel singolare prosimetro. un autore.. formate secondo la sua immagine. che non sarebbe certo possibile applicare senza virgolette a Dante e Cavalcanti). ne stravolge e. insieme mimetico e apotropaico. che una ninfa e un’ondina. caeteris dignior et superior. Create non a immagine di Dio. esse ne costituiscono una sorta di ombra o di imago e. nei poeti d’amore. è perché Venere stessa non è. ma decisivi luoghi (nella terza epistola. – congregatio quaedam nynpharum in antro. in cui si insedia la letteratura (e. questi si congiungono (copulantur) con l’intelletto unico attraverso i fantasmi che si trovano nel senso interno (in particolare. in questo senso.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 65 logico. La congiunzione amorosa con l’immagine. L’immaginazione riceve in questo modo un rango in ogni senso decisivo: al vertice dell’anima individuale. cioè. né esse con noi”) e le donne. nella virtù imaginativa e nella memoria). L’oscillazione è. Boccaccio fa invece il luogo in cui porre il problema. che “beve e mangia” (come non ricordare la cruda caratterizzazione boccaccesca delle ninfe-Muse?). La ninfa è. La letteratura moderna nasce. I due testi decisivi e. L’immaginazione è una scoperta della filosofia medievale. essa raggiunge la sua soglia critica – e. al limite fra il corporeo e l’incorporeo. nei poeti d’amore. la quasi-reificazione letteraria dell’intentio della psicologia medievale (per questo Boccaccio. La cesura fra realtà e immaginazione. allora la ninfa fiorentina è sempre già in atto di dividersi secondo le sue due opposte polarità. Nell’introduzione. leggendola come un’evoluzione senile. invece. la scelta è rovesciata e la critica feroce delle donne va di pari passo alla rivendicazione esclusiva del commercio con le “ninfe castalidi”. e benché le donne quelle che le muse vagliono non vagliono. essa possa presentarsi come una creatura in carne e ossa. Secondo Averroè. Non stupisce. che la teoria dantesca e stilnovista dell’amore era volta a suturare. è qui riproposta in tutta la sua crudezza. interna al problema e corrisponde all’essenziale ambiguità della ninfa boccaccesca. In questa.]”. Contro le donne che affermano che “tutte le buone cose son femine: le stelle. che può acquistare un’anima solo unendosi con lui. creata a immagine dell’uomo. in Paracelso. che.. nell’opposizione fra le Muse (con cui “non possiamo dimorare. Boccaccio con brusco realismo apre una cesura insanabile fra le Muse e le donne: “egli è vero che tutte son femine. la sia formulazione più aporetica – nel pensiero di Averroè. ma non pisciano”. in ultima analisi. è. del resto. La consueta miopia degli specialisti ha creduto di risolvere la contraddizione fra questi due testi proiettandola sulla cronologia – cioè. Se “ninfale” è quella dimensione poetica in cui le immagini (che “non pisciano”) dovrebbero coincidere con le donne reali. unico e separato.. potrà trasformare Beatrice in una fanciulla fiorentina).. allora. da una scissione dell’imago medievale. sulla biografia dell’autore. infatti. fingendo di accreditare un pettegolezzo familare. antitetici sono qui l’introduzione alla quarta giornata del Decamerone e il Corbaccio. pure esse hanno nel primo aspetto somiglianza di quelle”). stemperando. L’aporia centrale dell’averroismo. l’individuale 65 . e i singoli individui. nel rapporto fra l’intelletto possibile. insieme.. insieme troppo viva e inanimata. assicurava la possibilità della congiunzione fra il mondo sensibile e il pensiero. diventa qui il luogo di una sublime o farsesca frattura. apparentemente. simbolo della conoscenza perfetta. diventa qui l’impossibile unione sessuale con una imago trasformata in creatura. del rapporto fra vita e poesia. più tardi. le Muse [. prende decisamente partito per le seconde. che non cessa di suscitare le ostinate obiezioni degli scolastici. L’immaginazione. le pianete. i termini della scissione (“le Muse son donne. 10. senza che il poeta riesca più a conferirle una vita unitaria. la teoria kantiana del sublime). squisitamente moderno. che. Nel Corbaccio. Boccaccio. allora questa non può essere attuata da un singolo uomo. Di qui – come sempre ogni volta che si tratta di afferrare una soglia o un passaggio – il vertiginoso moltiplicarsi. aveva interpretato l’eredità averroista nel senso che. fra la molteplicità degli individui e l’unicità dell’intelletto. Lavorare sulle immagini significa in questo senso per Warburg lavorare all’incrocio non soltanto fra il corporeo e l’incorporeo. che costituiscono l’ultima consistenza dell’umano e il solo tramite della sua possibile salvezza. affermando che. Come per il 66 . essa è l’estrema scoria che la combustione dell’esistenza individuale abbandona sulla soglia del separato e dell’eterno. infatti.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 66 e il comune. di un oggetto in qualche modo irreale. Nel corso della tradizione storica. ma da una possibilità di pensare. Ninfale è. di pensare o di non pensare. in qualche modo. perché – come Tommaso insistentemente obietta nella sua critica. cioè. vive. È su questo sfondo che si deve collocare il progetto warburghiano di raccogliere in un atlante – il cui nome è Mnemosyne – le immagini – le Pathosformeln – dell’umanità occidentale. esse sono. ma anche. intelletto materiale. se l’uomo è definito non dal pensiero. secondo il principio benjaminiano per cui si dà vita di tutto ciò di cui si dà storia (e che qui si potrebbe riformulare nel senso che si dà vita di tutto ciò di cui si dà immagine). fra l’individuale e il collettivo. sono anche il luogo del suo incessante mancare a se stesso. per essere veramente vive. la sensazione e il pensiero. memoriale. ma in quest’incontro – come nell’unione con la ninfa-ondina – è insito un rischio mortale. Noi siamo abituati ad attribuire vita soltanto al corpo biologico. Le immagini. delle distinzioni: virtù sensibile. ma la sposta su un tutt’altro piano. la cifra delle Pathosformeln che gli uomini si trasmettono di generazione in generazione e a cui legano la loro possibilità di trovarsi o di perdersi. nella psicologia medievale. storico e collettivo. si unisca a loro. assumendole. pertanto. le immagini si cristallizzano e si trasformano in spettri. se si accetta la tesi averroista. una vita puramente storica. uno spazio in cui non pensiamo ancora. innanzitutto. In questo senso. La ninfa warburghiana sconta questa ambigua eredità dell’immagine. di cui gli uomini diventano schiavi e da cui sempre di nuovo occorre liberarli. cioè sul piano della collettività e della storia. adepto ecc. un elemento decisamente storico. e soprattutto. ma soltanto da una multitudo nello spazio e nel tempo. Le immagini sono. come tale. l’immaginazione – e non l’intelletto – è il principio che definisce la specie umana. ma. amore di una imago. in cui il pensiero diventa possibile solo attraverso una impossibilità di pensare. le immagini hanno bisogno. virtù imaginativa. Già Dante. Resta che questa definizione è aporetica. nel De monarchia. esposto. invece. La ninfa è l’immagine dell’immagine. L’interesse di Warburg per le immagini astrologiche ha la sua radice nella coscienza che “l’osservazione del cielo è la grazia e la maledizione dell’uomo”. che la sfera celeste è il luogo in cui gli uomini proiettano la loro passione delle immagini. Come gli spiriti elementari di Paracelso. In questa impossibilità i poeti d’amore situano la loro glossa alla psicologia averroista: la copulatio dei fantasmi con l’intelletto possibile è un’esperienza amorosa e l’amore è. il singolo uomo non può conoscere – essa situa l’immaginazione nel vuoto che si spalanca fra la sensazione e il pensiero. che un soggetto. al rischio dell’angoscia (che gli stilnovisti chiamano “dottanza”) e del mancamento. L’immaginazione circoscrive. La storia dell’umanità è sempre storia di fantasmi e di immagini. E poiché è nell’immaginazione che qualcosa come una storia è diventata possibile. temuto e rimosso. Questa somiglianza con uno degli oggetti privilegiati delle sue ricerche non poteva non aver colpito Warburg. nell’incontro col dinamogramma carico di tensioni. la capacità di sospenderne e invertirne la carica. come ho fatto finora. Warburg . il sensibile e l’intellegibile e. perché è nell’immaginazione che ha luogo la frattura fra l’individuale e l’impersonale. la possibilità di entrare in rapporto con una figura che mi affascina da quarant’anni e che. come il De umbris idearum. insieme. La definizione dell’atlante come “storie di fantasmi per adulti” trova qui il suo senso ultimo. per aprire. il tentativo dell’umanità di liberarsi da esse. non ha trovato finora la sua giusta collocazione nella storia dello spirito: Giordano Bruno”. secondo l’indiscernibilità tra Clio e Melpomene che Jolles suggeriva in un bel saggio del 1925) è la tradizione e la memoria delle immagini e. al di là dell’“intervallo” fra la pratica mitico-religiosa e il puro segno. Il cosmo. inviata pochi mesi prima della morte. che io non devo qui lasciarmi sfuggire ad alcun costo. Frances Yates non si sia accorta che i sigilli che Bruno inserisce in questo libro hanno la forma di geniture astrologiche.Aut Aut Aby Warburg 29-07-2004 14:15 Pagina 67 vir niger. che. riformulando il programma del suo atlante come una “teoria della funzione della memoria umana per immagini [Theorie des Funktion des menschlichen Bildgedächtnisses]”. lo spazio di una immaginazione senza più immagini. il compito della sua dialettica ricomposizione. in questo senso. La storiografia warburghiana (in questo vicinissima alla poesia. il molteplice e l’unico. nel suo studio sull’Arte della memoria. è attraverso l’immaginazione che essa deve ogni volta nuovamente decidersi. l’enigmatico decano astrologico che egli aveva riconosciuto negli affreschi di Schifanoja. Le immagini sono il resto. lo mette in relazione col pensiero di Giordano Bruno: “Lei vede. non può che essere il Bruno dei trattati magico-mnemotecnici. essenziale è. Le costellazioni celesti sono. È curioso che. di trasformare il destino in fortuna. che è il congedo – e il rifugio – di tutte le immagini. Nella lettera a Vossler. per quanto posso vedere. L’atlante è la mappa che deve orientare l’uomo nella sua lotta contro la schizofrenia della propria immaginazione. in questo senso. La lezione che Warburg trae da Bruno è che l’arte di padroneggiare la memoria – nel suo caso. la traccia di quanto gli uomini che ci hanno preceduto hanno sperato e desiderato. che il mitico eroe omonimo sorregge sulle sue spalle (Davide Stimilli ha ricordato l’importanza di questa figura per Warburg) è il mundus imaginalis. il testo originale in cui l’immaginazione legge ciò che non è mai stato scritto. Il titolo Mnemosyne nomina. nel suo studio sulla divinazione nell’età di Lutero. Il Bruno a cui Warburg qui si riferisce in relazione all’atlante. riproduce geniture quasi identiche. il senza immagine. 67 . insieme. il tentativo di comprendere attraverso l’atlante il funzionamento del Bildgedächtnis umano – ha a che fare con le immagini che esprimono la soggezione dell’uomo al destino.
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