Le Sette Regole d'Oro di un Manager di Successo di Paolo Facchinetti Il discreto interesse suscitato tra i nostri lettori dell'articolodi Management e Marketing pubblicato sul n. 1 della nostra rivista ci ha invogliato a scriverne un altro dove prenderemo in considerazione il lavoro di due autori che hanno affrontato il problema della leadership da due prospettive opposte ma complementari. Il primo autore è l'americano Steven Covey, scomparso nel luglio di quest'anno, celebre in tutto il mondo per aver scritto nel 1989 il libro “I 7 Comportamenti delle Persone Altamente Efficienti”. Il secondo autore Sydney Finkelstein invece ha scritto nel 2004 il libro “Perché dei Brillanti Manager Falliscono”. Personalmente ritengo che questi libri ed altri libri del genere contengano per la maggior parte aria fritta, cioè che per essere pubblicati debbano riempire un certo numero di pagine per lo più inutili. Ciò non toglie che, ridotti alle dimensione di poche pagine, possano dare degli spunti interessanti ed a volte addirittura decisivi per la vita di tutti noi, anche come imprenditori. Entrambi gli autori elencano sette regole, il primo in positivo cioè sette regole che un bravo imprenditore deve fare proprie per aver successo. Il secondo invece descrive 7 cattive abitudini che un bravo manager deve evitare pena il fallimento della propria azienda. Ecco qui di seguito le Sette Regole che un bravo imprenditore dovrebbe rispettare secondo Steven Covey: Essere proattivi. Essere “proattivi” significa assumersi la responsabilità per la propria vita, che a sua volta significa smettere di dare la colpa di tutto ai propri genitori o ai nonni o magari ai dentisti. Le persone proattive non passano il loro tempo a lamentarsi e riconoscono di essere "in-grado-didare-risposte”. Sanno di essere loro stesse al centro delle proprie decisioni. Le persone “reattive”, invece, sono spesso troppo influenzate dall'ambiente che le circonda. Trovano fonti esterne da biasimare per i loro comportamenti (“a me m'ha rovinato la guera” diceva Alberto Sordi). Anche il tempo le può condizionare: se c'è bel tempo si sentono bene, se il tempo è cattivo le loro prestazioni si riducono. Tutte queste forze esterne agiscono come stimoli a cui rispondere. Secondo Covey è proprio tra lo stimolo e la risposta che giace la nostra più grande forza – lì abbiamo la nostra libertà di scegliere la risposta. Il linguaggio è un indicatore importante di come una persona vede le cose. Una persona proattiva usa un linguaggio causativo: io posso, io preferisco, ecc Una persona reattiva usa un linguaggio che la mette a effetto: non posso, mi tocca..., se solo potessi... Le persone reattive credono di non essere responsabili di quello che dicono e fanno perché secondo loro non hanno potere di scelta. Invece di reagire o preoccuparsi di condizioni sulle quali hanno poco o nessun controllo, le persone proattive concentrano il loro tempo e le loro energie sulle cose che possono controllare. L'attenzione delle persone proattive si concentra soprattutto sulle cose del proprio ambiente che sono in grado di influenzare: la salute, la famiglia, il proprio lavoro. Le persone reattive, d'altro canto mettono la loro attenzione più su quei fattori per i quali possono fare poco o nulla: il debito pubblico, il governo, il terrorismo, il tempo. Acquisire consapevolezza delle aree in cui spendiamo le nostre energie è un passo da gigante per diventare proattivi. Pensare partendo dalla fine. La regola n. 2 si basa sull'immaginazione - la capacità di immaginare nella nostra mente ciò che attualmente i nostri occhi non sono in grado di vedere. Questa regola si basa sul principio che tutte le cose sono create due volte. Vi è una prima creazione mentale, e una seconda creazione nel mondo fisico. La creazione nel mondo fisico segue quella mentale, proprio come un edificio segue un progetto. Se non facciamo uno sforzo cosciente per visualizzare ciò che siamo e ciò che vogliamo nella vita, allora autorizziamo altre persone e circostanze a dare forma a noi e alla nostra vita a seconda di dove ci vogliono incasellare. Si tratta di armonizzarci di nuovo con la nostra unicità definendo i nostri orientamenti personali, le nostre aspirazioni all'interno di codici morali entro i quali possiamo compiutamente realizzarci. Intraprendere qualcosa con bene in mente la fine significa iniziare ogni giorno, ogni attività o progetto con una chiara visione della direzione desiderata e di dove si vuole arrivare, e poi proseguire proattivamente per realizzare quegli obbiettivi. Ad esempio possiamo condurre il nostro laboratorio realizzando lavori di altissima qualità impiegando molto tempo e perciò accontentarci di un profitto orario non esaltante oppure al contrario possiamo massimizzare la produttività ottimizzando il nostro profitto orario, accontentandoci però di una qualità esecutiva modesta! L'importante è avere una visione chiara e il più possibile precisa degli ambiti entro cui vogliamo operare. Dare precedenza alle cose più importanti. Per vivere una vita più equilibrata, dobbiamo riconoscere che fare tutto quello che ci passa accanto non necessariamente va bene. Non c'è bisogno di sovraccaricare noi stessi. Tutto ciò che serve è capire che va bene dire NO quando è necessario e quindi dobbiamo concentrarci sulle nostre priorità. La Regola 1 dice: "Tu sei al comando. Tu sei il creatore”. Essere proattivi riguarda la scelta. La Regola 2 riguarda la prima creazione mentale. Cominciare con la Fine in Mente significa mettere in moto l'immaginazione. La Regola 3 è la seconda creazione, la creazione fisica. Questa regola è dove le regole 1 e 2 si fondono insieme. Accade giorno dopo giorno, momento per momento. Qui abbiamo a che fare con la gestione del tempo. Ma non solo, la Regola 3 riguarda più in generale la gestione della vita, come pure - i nostri scopi, i nostri valori, i nostri ruoli per i quali dobbiamo stabilire delle priorità. Quali sono le "prime cose?" Le prime cose sono quelle a cui noi, personalmente, attribuiamo maggior valore. Se mettiamo al primo posto le cose a cui noi attribuiamo maggior valore saremo in grado di organizzare e gestire il nostro tempo in base alle priorità personali stabilite nella Regola 2. Pensare vincere-vincere. La maggior parte di noi impara a basare la propria autostima sul confronto e la concorrenza. Pensiamo al nostro successo in termini di fallimento da parte di qualcun altro. L'equazione sbagliata è: se io vinco, tu perdi, o se vinci tu, perdo io. La vita diventa un gioco a somma zero. C'è solo una torta per tutti, e se tu ti prendi una grossa fetta, ce ne è meno per me, questo a me non va bene e quindi cercherò di fare in modo che tu non riesca a prendertene nemmeno un po'. La vita, compresa quella professionale, diventa una guerra con vincitori e vinti. Ma è davvero un gioco divertente? No! No! No! Con questa concezione “vinco io se perdi tu” si tengono immutati gli spazi in cui avviene la competizione sia nel tempo che nei luoghi. Al contrario la visione della competizione professionale vincere vincere deve tenere conto del primo imperativo di chi si pone sul mercato e cioè non deve guardare al concorrente come sfida centrale ma al mercato che va ad affrontare. Vincere-vincere vede la vita come un'arena cooperativa e non come un'arena competitiva. Vincerevincere fa in modo che noi affrontiamo il mercato dentale con una struttura della mente e un atteggiamento del cuore che cerca costantemente dei benefici reciproci in tutte le interazioni umane. Entrambi abbiamo un pezzo di torta da mangiare ed ha un sapore davvero buono! Il teamwork studio-laboratorio si deve ispirare a questo principio. Una persona o un'organizzazione aziendale (un laboratorio) che affronta un conflitto con un atteggiamento vincere-vincere possiede tre tratti caratteriali fondamentali: 1. Integrità: aderisce strettamente ai propri veri sentimenti, valori e impegni. 2. Maturità: esprime le proprie idee e sentimenti con coraggio e considerazione per le idee e i sentimenti degli altri. 3. Una mentalità di abbondanza: crede che ci sia spazio per tutti. Molte persone pensano in termini di o/o: o sei gentile o sei duro. Vincere-vincere richiede entrambe le cose. Si tratta di un equilibrio tra coraggio e giusta valutazione di tutte le parti e fattori coinvolti. Cercare di capire, prima di farsi capire. La comunicazione è la capacità più importante nella vita. Si impiegano anni per imparare a leggere e scrivere, e prima ancora anni per imparare a parlare. Ma per quanto riguarda ascoltare? Che tipo di formazione abbiamo ricevuto che ci consenta di ascoltare un altro essere umano in modo da poterlo veramente comprendere? Probabilmente nessuna. La maggior parte delle persone, e probabilmente anche noi, cerchiamo innanzitutto di essere capiti; vogliamo che le nostre idee facciano breccia. E in questo modo, è possibile che ignoriamo l'altra persona completamente, facendo finta che si stia ascoltando, ascoltando selettivamente solo alcune parti della conversazione o concentrando l'attenzione solo su alcune parole dette, mancando del tutto il significato generale del discorso. La maggior parte della gente ascolta con l'intento di rispondere, non di capire. Mentre l'altra persona sta parlando prepariamo nella nostra mente la replica o la domanda, tutto filtrato poi dalle nostre esperienze di vita, dal nostro quadro di riferimento. "Oh, lo so come ti senti. Mi sono sentito anch'io allo stesso modo." "E' accaduta la stessa cosa anche a me." "Lascia che ti dica quello che ho fatto in una situazione simile." Mentre ascoltiamo spesso mettiamo in relazione ciò che un altro ci sta dicendo con le nostre esperienze personali. Tendiamo a rispondere in uno dei quattro modi: Valutiamo: giudichiamo e quindi esprimiamo il nostro accordo o il nostro disaccordo. Chiediamo: Facciamo domande in base al nostro quadro di riferimento. Consigliamo: Offriamo soluzioni ai problemi posti in base alle nostre esperienze di vita. Interpretiamo: Analizziamo le motivazioni e i comportamenti degli altri in base alle nostre esperienze personali. Niente di male potremmo dire. Sono atteggiamenti accettabili, ma la maggior parte delle volte derivano solo dalla nostra voglia di essere protagonisti della comunicazione. Nell'ambito dei rapporti professionali è importante mettersi in una posizione di attento ascolto rispetto al nostro interlocutore, soprattutto se è un nostro cliente. Tutto ciò riguarda noi in quanto titolari di laboratorio odontotecnico. Occorre però considerare come anche il dentista sia nella medesima condizione poiché anche per lui esiste un cliente (il paziente) che deve attentamente ascoltare. Imparare a lavorare in sinergia. Per dirla semplicemente, sinergia significa "due teste sono meglio di una". Sinergia è l'abitudine ad una cooperazione creativa. Significa lavoro di squadra, apertura mentale e l'avventura di trovare insieme nuove soluzioni a vecchi problemi. Ma non avviene automaticamente. Si tratta di un processo, e attraverso questo processo, le persone mettono sul tavolo tutta la loro esperienza personale e le loro competenze. Insieme, possiamo produrre risultati di gran lunga migliori che individualmente. La sinergia crea una condizione di reciproco rispetto delle conoscenze altrui, con l’implicazione nel caso del dentista e dell’odontotecnico che ciascuno dei due conosce a fondo le problematiche dell’altro e affronta la risoluzione protesica considerando non solo le proprie difficoltà esecutive ma anche le difficoltà operative del suo partner collaborativo. La sinergia ci fa scoprire insieme cose che molto meno probabilmente scopriremmo da soli. È l'idea che il tutto è maggiore della somma delle parti. Uno più uno fa tre, o sei, o sessanta! Quando le persone iniziano a interagire insieme per davvero, e sono aperte alla reciproca influenza, iniziano ad avere nuove intuizioni. La capacità di inventare nuovi approcci aumenta in modo esponenziale a causa delle differenze. Valorizzare le differenze è ciò che veramente crea la sinergia. Diamo veramente valore alle differenze mentali, emotive e psicologiche delle persone? Oppure ci auguriamo semplicemente che tutti siano d'accordo con noi e solo così riusciamo ad andare d'accordo con gli altri? Molte persone erroneamente confondono l'omogeneità con l'unità, tutti uguali per essere uniti. Che noia! Le differenze dovrebbero essere considerate come punti di forza, non di debolezza. Esse aggiungono gusto alla vita e creatività al lavoro. Le diverse competenze del dentista e dell'odontotecnico dovrebbero sempre produrre sinergia e non conflitto. Affilare la lama. Affilare la lama significa preservare e valorizzare il bene più grande che abbiamo – noi stessi. Significa avere un programma equilibrato per l'auto-rinnovamento nelle quattro aree della propria vita: fisica, sociale/emozionale, mentale e spirituale. Ecco alcuni esempi di attività: Fisica: Organizzare il proprio lavoro in modo equilibrato che ci permetta un'attività fisica, un riposo adeguato. Rinunciare ai vizi che danneggiano la salute; cercare di essere in forma perché non possiamo metterci in malattia. Sociale/emozionale: Creare dei rapporti sociali significativi con gli altri, non limitati all'ambiente di lavoro e alla famiglia. Mentale: Non smettere mai di imparare, leggere, scrivere, impegnarsi intellettualmente. Tenersi aggiornati. Spirituale: Darsi degli stimoli in questo senso. Non vivere solo per il lavoro o parlare solo di denti o al massimo di macchine o di sesso, ma cercare anche altri interessi che ci facciano crescere come persone: arte, cultura, percorsi di evoluzione personale. Affilare la lama ci mantiene freschi in modo da poter continuare a praticare le altri sei regole. Aumenta la nostra capacità di produrre e gestire le sfide che ci circondano. Senza questo rinnovamento, il corpo diventa debole, la mente meccanica, le emozioni grossolane, lo spirito insensibile, e la persona egoista. Non è un bel quadro, vero? Un imprenditore, un manager, prima di essere tale è un individuo e come tale deve cercare di mettere se stesso nelle migliori condizioni psico-fisiche per avere poi successo nella propria attività lavorativa. Questo non lo insegna solamente Covey, l'autore che abbiamo preso in considerazione oggi, ma è alla base di tutte le scuole di management moderne. Speriamo quindi di avervi dato degli spunti interessanti anche se abbiamo parlato poco di azienda, di produzione e di business. Non abbiamo più spazio sufficiente per occuparci del secondo autore a cui abbiamo accennato all'inizio dell'articolo. Lo terremo in serbo per il prossimo numero della rivista!