STRATEGIE DI SUSSISTENZAAnnali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Lo studio tecno-tipologico ed areale del calcare del sito paleolitico di Isernia La Pineta: un modello interpretativo delle strategie di sussistenza Antonella Minelli1 & Maria Angela Rufo2 2 1 Facoltà di Scienze Umane e Sociali, Università degli Studi del Molise, via Mazzini 8, I-86170 Isernia Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, c.so Umberto I, I-81100 Napoli
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[email protected] ___________________________________________________________________________________ Abstract Studies and researches carried out in the last years at the Palaeolithic site of Isernia La Pineta have shed new light on the activities carried out by human groups in the basin of Isernia during the Middle Pleistocene also offering an important key for the interpretation of their behavioural strategies. Analyses carried out on raw materials have confirmed the presence of two different lithotypes: flint and limestone; the lithological dichotomy is related to a functional dichotomy that seems to have conditioned the activities of human groups in different areas of the site. The necessity to deepen the study on the exploitation of limestone is a consequence of the evidence which was brought to light during last excavation campaigns concerning the identification of a remarkable concentration of flaked limestone pebbles and flake scars in some areas of the explored archaeosurfaces, particularly 3a and the overlying layers. The aim of the present study is to explain the characteristics of the limestone findings both in reference to raw material, its state of preservation and techno-typological evidences. Data so far available have permitted to obtain a precise knowledge of the environmental context and the territorial resources exploited by human groups showing their opportunistic capability to find the most advantageous behavioural solution for their necessities of subsistence. [Technotypological analysis and distribution of limestone at the Palaeolithic site of Isernia La Pineta: an interpretative model of subsistence strategies.] Keywords: Archaeosurfaces, Lithic industry, Raw material. ___________________________________________________________________________________ Il sito paleolitico di Isernia La Pineta si caratterizza per una ricchissima associazione di reperti litici e faunistici riferibili a più archeosuperfici poste all’interno di una complessa serie stratigrafica (Peretto, 1983 a cura di; Coltorti et alii, 2005; Peretto & Minelli, 2006 a cura di). È proprio grazie agli studi e alle ricerche svolte ed approfondite negli ultimi anni sul giacimento che si è reso possibile considerare, in modo decisamente nuovo, le attività realizzate dal gruppo umano che ha abitato il bacino di Isernia durante il Pleistocene medio; un’interpretazione che coinvolge l’intera area di particolare interesse archeologico e scientifico, le cui caratteristiche legate alla sua messa in luce, conservazione, determinazione, interpretazione informatica, sono la chiave per l’impostazione di un discorso più ampio che ricade direttamente nella sfera dell’evoluzione comportamentale dell’uomo preistorico. Lo studio che s’intende presentare, seppure ancora in una fase preliminare, ha lo scopo di dedurre, a partire dalle caratteristiche tecnotipologiche del calcare, le modalità di sfruttamento della materia prima che è presente sul sito in due forme litotipiche differenti, la selce ed il calcare (Peretto, 1994; Minelli, 2002; Crovetto et alii, 1994). Questa dicotomia litologica, e quindi anche funzionale, delle materie prime, sembra avere condizionato gli atteggiamenti comportamentali del gruppo umano, il quale ha operato un duplice sfruttamento della materia prima: molto intenso per quanto riguarda la selce, più superficiale per ciò che concerne il calcare. L’esigenza di incentrare uno studio più particolareggiato sul calcare è scaturita dall’evidenza, presentatasi nelle ultime campagne di scavo, di una concentrazione rilevante dei supporti e dei manufatti in calcare in alcune zone delle A. Minelli & M.A. Rufo / Annali dell’Università di Ferrara, Mus. Sci. Nat. volume speciale (2007) archeosuperfici esplorate (Peretto, 1999 a cura di), in particolare la 3a e gli strati che la ricoprono; questa registrazione ha indotto ad approfondire lo studio delle caratteristiche dei reperti in calcare, sia in riferimento alla materia prima ed al suo stato di conservazione, sia alle tipologie riscontrate, che alle dimensioni delle stesse distinte nettamente da quelle in selce. Per ciò che concerne la materia prima, le indagini stratigrafiche hanno permesso di individuare la zona prossima all’accampamento come area di approvvigionamento. Il calcare si presenta sotto forma di ciottoli di medie e grandi dimensioni, a volte particolarmente alterati. Pur tenendo conto delle difficoltà interpretative, relative ad una facile erodibilità superficiale del calcare, è stato possibile condurre uno studio tecnotipologico completo. Dei 384 reperti analizzati (Tab. 1), tutti localizzati nel I settore di scavo, 304 provengono dallo strato denominato 3coll, a indicazione di una serie di esondazioni che sono andate a coprire i livelli archeologici; 80 reperti dallo strato 3S6-9, che invece si caratterizza come uno strato di sabbie piuttosto grossolane anch’esse ricche di materiale vulcanico. Supporti Ciottolo Mezzo ciottolo Percussore Chopper Chopper-nucleo Rabot Nucleo Nucleo su scheggia Scheggia Incudine Indeterminato TOTALE 3coll 145 26 10 2 0 0 27 5 86 1 2 304 3S6-9 37 4 5 0 0 3 12 0 19 0 0 80 Fig.1. Isernia La Pineta; nucleo subpiramidale (Foto M.A. Rufo) raro caso di piramidali o subpiramidali (Fig. 1). In ogni caso, i nuclei risultano debolmente sfruttati: il piano di percussione per il 90% dei casi è naturale. Il numero dei distacchi presenti sulla faccia dei nuclei varia da 1 a 4; solo in rari casi, tra tutto l’insieme litico studiato, sono stati riconosciuti nuclei a 5 o più distacchi. Decisamente più alta è l’incidenza dei prodotti su scheggia che costituiscono una buona parte dell’insieme studiato (Fig. 2). Uno studio mirato ha permesso di evidenziare tali caratteristiche: netta è la predominanza di schegge interamente corticate, mentre tra le schegge a stacchi in faccia dorsale predominanti sono quelle ad uno stacco (Tabb. 2-3). Nella categoria dei talloni solamente due sono le tipologie individuate: corticato e liscio. Dunque sia la morfologia che la tipologia dei talloni è da ricondurre ad un metodo di débitage di tipo opportunista. La bassa incidenza dei prodotti su ciottolo non deve assolutamente essere associata ad una deficienza qualitativa, infatti, questa specifica classe tipologica risulta tecnologicamente e morfologicamente ben caratterizzata (Figg. 3-4). Tab. 1. Isernia La Pineta; suddivisione tipologica dell’insieme studiato. Ad una disomogeneità di ordine quantitativo, tra i due gruppi di reperti presi in esame, corrisponde una forte omogeneità tecno-tipologica e litologica. Come è facile desumere dalla tabella proposta, oltre ad un’alta incidenza dei ciottoli naturali, discretamente rappresentati risultano i nuclei, per i quali, nella gran parte dei casi si tratta di ciottoli di medie dimensioni di forma allungata e sezioni ovalari appiattite, oltre a piccoli blocchi di forma quadrangolare dalla morfologia irregolare e qualche Fig. 2. Isernia La Pineta; serie di schegge a dimensione variabile (a, b: schegge intere di piccole dimensioni con stacchi in faccia dorsale; c, d: schegge intere di piccole dimensioni parzialmente corticate; e: scheggia intera di grandi dimensioni parzialmente corticata) (disegni D. Mengoli; 1/3 grandezza naturale). 52 A. Minelli & M.A. Rufo / Annali dell’Università di Ferrara, Mus. Sci. Nat. volume speciale (2007) 3S6-9 3coll TOT. S. int. cort. % n. 20 12 80 48 60 Fram. cort. % n. 14 1 86 6 7 Tab. 2. Isernia La Pineta; distribuzione per strato delle schegge intere corticate (S. int. cort.) e dei frammenti corticati (Fram. cort.). 3S6-9 3coll TOT. Uno stacco % n 10 2 90 19 21 Due stacchi % n 27 3 73 8 11 Tab. 3. Isernia La Pineta; distribuzione per strato di schegge intere che presentano stacchi in faccia dorsale. Per quanto riguarda le dimensioni, sembra non esserci una grande variabilità: infatti la lunghezza può essere facilmente racchiusa in un range che va da 4 a 12 cm, la larghezza, in una media di circa 8 cm. Tutti questi reperti sono ottenuti con un numero ridotto di stacchi, generalmente da 1 a 3 ed in senso unifacciale, a conferma di un debole sfruttamento della materia prima. La classificazione tipologica dei choppers, considerando in questo gruppo soltanto i reperti ad esso ascrivibili, mostra come in 3 casi si tratti di tipi non appuntiti, a tranciante convesso non denticolato ed in due casi a bordi convergenti asimmetrici. In ognuno dei manufatti esaminati la fronte prodotta dagli stacchi è piuttosto larga formante un angolo piuttosto spesso. I rabots rappresentano certamente la tipologia di manufatto in calcare meglio caratterizzata: i tre studiati sono di grandi dimensioni (media lunghezza: 110 mm, media larghezza: 72 mm, media spessore 48 mm) e sono ottenuti con un numero piuttosto elevato di stacchi, in qualche caso anche di grandi dimensioni, che fanno assumere al manufatto una caratteristica forma a ventaglio. I tre reperti analizzati nel corso di questo studio sono molto ben caratterizzati morfologicamente, ma spesso molto sottile è il limite tra chopper e rabot. I dati emersi e finora proposti evidenziano una logica di sfruttamento della materia prima piuttosto semplice, in particolare un tipo di débitage a pochi piani di percussione, non gerarchizzati e non preparati, con rapporti di adiacenza, opposizione ed ortogonalità. Dunque, la linea produttiva può essere messa in relazione con un tipo di débitage opportunista (unipolare ed ortogonale), quale risposta ad esigenze funzionali, produttive ed adattative. L’analisi tecno-tipologica svolta, in particolare sull’industria in calcare, ben si inserisce nell’insieme delle conoscenze già acquisite nel corso degli anni sul giacimento paleolitico di Isernia La Pineta, proponendosi sia come singolarità tecnotipologica, sia come parte di una coscienza comportamentale ben strutturata. È dunque possibile affermare che il gruppo umano che ha abitato il bacino di Isernia avesse una sicura conoscenza delle risorse del territorio da cui una opportunistica capacità di sfruttamento delle risorse all’interno di un preciso contesto ambientale si sia ravvisata quale soluzione comportamentale più vantaggiosa per la risoluzione delle necessità di sussistenza. Fig. 3. Isernia La Pineta; chopper (disegni D. Mengoli; 1/5 grandezza naturale). 53 Isernia.P) ed il gruppo di ricerca che ha preso parte alle attività di indagine archeologica sul sito. Cuoco”.. La tipologia. 131: 11-22. laterale. Centro Europeo di Ricerche Preistoriche. Rufo / Annali dell’Università di Ferrara. Longo L. la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise. Peretto C. Minelli & M. rabot (da sinistra: visione frontale. & Peretto C. Isernia. il Centro Europeo di Ricerche Preistoriche (C. Cosmo Iannone Editore. (1994): Le industrie litiche del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta.. (2005): New 40Ar/39Ar. Mus. (2002): Il giacimento paleolitico di Isernia La Pineta per lo sviluppo delle conoscenze del popolamento antico in Italia: i reperti litici e le archeosuperfici. Italy. Collana Ricerche 3. Ettore Rufo. Marzoli A. Bahain J.. la sperimentazione.A. XV ciclo. in particolare: Marta Arzarello. Istituto Regionale per gli Studi del Molise “V. ½ grandezza naturale). Gli insediamenti nel territorio di Isernia. stratigraphic and paleolithic data on the Isernia La Pineta Lower Paleolithic site. Cuoco”. Minelli A. Quaternary International. curriculum Paleontologia Umana. Consorzio Universitario di Bologna. Bologna. Ursula Thun Hohenstein.. Peretto C. a cura di): I suoli d’abitato del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta. (1983. & Vianello F. in particolare la persona del prof. Giuseppe Lembo. Aracne Editrice. Isernia.. Voinchet P. Feraud G. 54 ... Annarosa Di Nucci.. Human Evolution. Ton-That T. Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise “V. (2006.A. Molise. Nat. Ferrara e Parma (inedita). Rosalia Gallotti. 9: 175-207.R. Mengoli. Bibliografia Coltorti M. Calderini Editore. posteriore) (Disegni D. (1999. Central Italy): tools or flacking waste? The result of the 1993 lithic experiments.. Thun Hohenstein U. Sci.000 anni fa. Crovetto C. Peretto C. Minelli A.. (1994): The carinated denticulates from the Paleolithic site of Isernia La Pineta (Molise. a cura di): La preistoria in Molise.E.. Marilena Cozzolino. Peretto C. Cosmo Iannone Editore. Isernia La Pineta. a cura di): Isernia La Pineta. volume speciale (2007) Fig. Carlo Peretto.-J. Ringraziamenti Si ringraziano l’Università degli Studi di Ferrara. Un accampamento più antico di 700. Peretto C. Tesi di dottorato in Scienze Antropologiche. 4. natura e distribuzione dei reperti. Ferrari M. & Minelli A. le tracce di utilizzazione. m. La scoperta del sito risale all’estate del 2001 e si deve al sig. che . alle sorgenti del fiume Volturno e ad un’altitudine di circa 500 m s.o prevalentemente . nel 90% del campione.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Il complesso musteriano di Grotta Reali (Rocchetta a Volturno. to be ascribed to a recent phase of the Middle Palaeolithic. I wish to remark the meaningful presence of blades obtained thanks to a laminar method sensu stricto. La grotta. naturali o indotti.it ___________________________________________________________________________________ Abstract Grotta Reali. prima via per un inquadramento cronologico-culturale del complesso. In tal sede si presentano. come suggerito dalla presenza di prodotti e sottoprodotti provenienti dalle diverse fasi della lavorazione.S. ad una fase recente del Paleolitico medio. recuperati a partire dal 2001 ai piedi della grotta. che ha messo in luce una successione di circa 2. Pierluigi Berardinelli. which runs along the basin of the Volturno river for about 5 Km. appare parzialmente alterata da episodi di crollo. laminar) are well represented. The analysis of the lithic assemblage. sì che risulta oggi poco agevole ricostruirne la morfologia originaria.5 metri di potenza.l. aprendosi in una parete di cava attualmente in disuso. ___________________________________________________________________________________ Grotta Reali è situata nel comune di Rocchetta a Volturno (Molise). I-44100 Ferrara ettore. cosicché. In ragione dello stato di conservazione non ottimale del deposito. Il complesso si presenta altamente omogeneo (dato confermato dalle prime osservazioni condotte sul materiale proveniente dal sondaggio).in situ. i susseguenti sopralluoghi dei ricercatori dell’Università di Ferrara hanno condotto all’individuazione del contesto di provenienza del materiale rimaneggiato e all’individuazione di livelli insediativi sul lato meridionale di una “placca” di travertino che attraversa il bacino dell’alto Volturno per 5 km circa (Brancaccio et alii. Middle Palaeolithic. se si eccettua la presenza. dunque. has shown the application of different débitage methods: both opportunistic (S. opens inside of a tufa bank. evidentemente legata al substrato sabbioso-travertinoso del deposito. pur nella natura della raccolta. 1994) ed è interessata per tutta la sua estensione da diffusi fenomeni carsici. sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica del Molise e dell’Università degli Studi di Ferrara. Quanto allo stato superficiale. [The Mousterian complex of Grotta Reali (Rocchetta a Volturno. a Mousterian site discovered not long ago in Rocchetta a Volturno (Molise).rufo@tin. attribuito.so Ercole I d’Este 32.A. 1988. discoid. i primi risultati emersi dall’analisi di un significativo campione di manufatti fuori-strato. all'interno della quale sono stati riconosciuti almeno due orizzonti antropizzati intercalati a livelli sterili di matrice sabbiosa.) and predetermined methods (Levallois. c. di una patina bianco-opaca. Molise): preliminary analysis of the lithic industry. la quale sembra si sia svolta interamente . a distribuzione totale e profondità variabile. Nel 2002. i manufatti si caratterizzano per un buono stato di conservazione. Università degli Studi di Ferrara. Methods of débitage. su base tecno-tipologica.] Keywords: Travertine. è stata condotta una verifica stratigrafica preliminare. Molise): prime osservazioni sull’industria litica Ettore Rufo 2 Dipartimento di Biologia ed Evoluzione.D. le indagini sul campo sono state precedute dallo studio del materiale di superficie. è stato possibile procedere ad un’analisi tecnologica completa e ad una fedele ricostruzione della catena operativa. Violante et alii. pur se talvolta è supponibile la messa in opera di catene operative miste (Boëda. unipolare e bipolare) (Boëda. che proseguiva poi secondo una gestione ricorrente. Fig. 1990. SUPPORTI Schegge a débitage identificabile Débris e frammenti Nuclei Percussori Lastrine TOTALE n. l’approccio tecnologico (Boëda et alii. Rufo / Annali dell’Università di Ferrara.in affioramenti o depositi detritici poco distanti. omogenea. 1995) ha evidenziato l’applicazione di diversi metodi di débitage autonomi (Fig. tale idea è rafforzata dalla significativa percentuale di schegge corticali e semicorticali (14%).00 Tab. 3) Nucleo Levallois ricorrente centripeto. i quali. 1934 2418 58 1 1 4412 % 43. altamente rappresentativa è la categoria dei débris.02 100. Tra questi. 3). Nat. 3. il grigio e il nero. Sci. 1) . 1) Nucleo Levallois a scheggia preferenziale. Rufo). Composizione generale dell’insieme. 1992) (Fig. dall’esiguo numero di nuclei a scheggia preferenziale si deduce che tale modalità veniva probabilmente introdotta in una fase iniziale della catena operativa. 56 . sottoprodotti provenienti da fasi intermedie delle catene produttive. prelevata sotto forma di lastrine di dimensioni medio-piccole come suggerito dall’andamento dei residui corticali su alcuni supporti . Lo sfruttamento alternato/incrociato di più piani di percussione. volume speciale (2007) impedisce però solo in rari casi la determinazione litotipica e la lettura tecnologica. ubicate a circa 3 km in linea d’aria dal sito. Allo stato attuale delle ricerche non sembra vigano relazioni tra tipo di materia prima e scelte tecniche. in tal senso. aggiungono veridicità all’ipotesi che la lavorazione si dispiegasse sul sito. Metodo Levallois: numero di prodotti per modalità. a tessitura medio-fine. pur se non ricollocabili negli schemi operazionali.83 54. ascrivibile ad almeno nove tipi diversi. 1993) o opportunista (Arzarello. 1. 2. Fig. 1. Percentuali di attestazione dei diversi metodi di débitage. 2) Nucleo a punta Levallois. 1). Relativamente alle sequenze di produzione. n. Inizan et alii.31 0. 2. 2). Mus.preferenzialmente descritti a partire dall’esame dei nuclei (Fig. qui attestato nelle sue varianti lineale e ricorrente (centripeto.02 0. 6) Nucleo su scheggia (disegni E. 1997) . dà vita a nuclei residuali globulosi o poliedrici di dimensioni generalmente ridotte (Fig. 1994. La materia prima utilizzata è esclusivamente selce. Ben rappresentati i metodi comunemente definiti “con predeterminazione”. 2004) è quello meglio rappresentato.E. L’insieme analizzato si compone di 4412 pezzi (Tab. Chazan. 4) e schegge di dimensioni variabili e morfologia non standardizzata. Il débitage a piani ortogonali (Forestier. mirato ad una produttività massimale. 4) Nucleo a piani ortogonali.81 1. All’interno del campione. particolarmente incidente il metodo Levallois. 5) Nucleo sublaminare. Fig. 1997. di colore variabile tra il bianco. Van Peer. una serie di prospezioni ha portato all’individuazione di due presunte aree di approvvigionamento. . Ringraziamenti Si ringrazia.. l’equipe coinvolta nelle prime indagini sul sito di Grotta Reali (Marta Arzarello. che fornisce. Archaeology. Paléo. Imprimeries Del mas. Paris.. Stanzione D. in particolare. 2003). dunque tramite un metodo laminare stricto sensu. & Meignen L. Antonella Minelli. (1997): Redefining Levallois. l’Università degli Studi di Ferrara e. Giuseppe Lembo. (1997): Technogenèse de systèmes de production lithique au Paléolithique inférieure et moyen en Europe occidentale et au Proche-Orient. 5: 53-82. Università degli Studi di Ferrara. Journal of Human Evolution. Rufo / Annali dell’Università di Ferrara. in corso di studio. la significativa attestazione di punte Levallois. Verona. (1995): Préhistoire de la pierre taillé 4: Technologie de la pierre taillée. Di un certo interesse è l'attestazione del débitage discoide. poiché il metodo discoide è attualmente segnalato in un numero esiguo di siti italiani. 2003. 2003. volume speciale (2007) Da rilevare. (2002): The issue of the middle to upper Palaeolithic transition. (1961): Typologie du Paléolithique ancien et moyen. 9. La sua incidenza nel complesso di Grotta Reali ne accentua l’interesse documentario. indice di regola prossimo a 3l=L e derivano da una gestione uni-bipolare del nucleo. Peresani. 1995). il prof. talora a tendenza laminare. 2003. 2: 43-80. Nat. 57 . 1994. Meignen & Bar-Yosef. Bulletin de la Société Préhistorique Française. Roche H. Geneste J. (1993): Le Clactonien. Non sembrano rappresentati metodi di creazione o ripristino della Bibliografia Arzarello M. 2002. Habilitation à diriger des recherches. nel tecnocomplesso. Mus. Bordeaux. il Comune di Rocchetta a Volturno. Chazan M. la Soprintendenza Archeologica del Molise. Forestier H. Grimaldi S. Boëda E. Tesi di Dottorato inedita. che sembra configurarsi nell'insieme come una catena operativa indipendente. Occasionale. contribuendo al dibattito che da circa due decenni sta vedendo sfatarsi il binomio esclusivo Homo sapiens-metodo laminare (Arzarello.. Boëda E. (1996): Mousterian reduction sequences in central Italy.. & Bar-Yosef O.A. Monographies du C. convessità sagittale tramite distacco di lame a cresta (“tipo Paleolitico superiore”). 2004. 90 (6): 392-404.. Ipotetiche.. D’Argenio B. Boëda E. (1990): Identification des chaînes opératoires lithiques du Paléolithique ancient et moyen. I diversi elementi d’interesse restituiti dal sito (quale la presenza. Reduron M. Inizan M. Carlo Peretto. oltre che per gli studi sul Paleolitico medio del Molise (regione sinora affetta da vuoti documentari in tale settore). Ethnology & Anthropology of Eurasia. si pone come elemento di nuovo spessore nello studio del comportamento tecno-economico dei neandertaliani. & Tixier J. Mise en application d’une nouvelle méthode de débitage s’inscrivant dans la variabilité des systèmes de production lithique du Paléolithique ancien. Taddeucci A. Revillion. Ursula Thun Hohenstein). La presenza di lame ottenute attraverso uno sfruttamento di volume. Quaternaria Nova. 1996. Marilena Cozzolino. Boëda E. Marco Pavia. il Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia. Meudon. Maria Angela Rufo. Brancaccio L. la scelta dei supporti per il ritocco non sembra ispirata ad una selezione specifica su base morfologica o dimensionale. poi. Le lame ottenute tramite metodo laminare hanno bordi e nervature (sub)paralleli.. Italia). Bordes F. pur non escludendosi una sua introduzione secondaria nell’ambito di catene Levallois ricorrenti centripete.R. 33: 719-735. anche per il più generale dibattito sul comportamento tecnoeconomico dell’Uomo di Neandertal. CREP. Memorie della Società Geologica Italiana. (1994): Le concept Levallois: variabilité et méthodes. è l’applicazione di schemi bisonanti (débitage su scheggia). Annarosa Di Nucci. generalmente. 2002. con prevalenza dei raschiatoi su encoches e denticolati compositi (Bordes. l’omogeneità del complesso di Grotta Reali è confermata dal confronto col materiale di scavo. (1993): Le débitage discoïde et le débitage Levallois récurrent centripète. Ferreri V. Peresani. Come anticipato. Terradas. dalle quali esso è distinto in base ai sei criteri tecnici fissati in letteratura (Boëda. le deduzioni sulle modalità di occupazione del sito. Paléo. Revillion & Tuffreau. 2003). prodotti allungati. & Voltaggio M. 3 (11):12-21. allo stato attuale. CNRS. 41: 673-683. 1961). Slimak. a causa di una sospetta sottorappresentazione indotta da generalizzazioni di eredità bordesiana (Grimaldi. (1988): I travertini di Rocchetta a Volturno (Molise): datazioni con 230Th e modello deposizionale. Sci. associate ad alcuni nuclei gestiti secondo il principio della “nervatura-guida” (Inizan et alii. 1993). ma non sempre validi (Mourre. di un’importante componente laminare da sfruttamento volumetrico) ne fanno comunque un punto di riferimento. Gli strumenti sono poco rappresentati (4% dell’insieme). 1999). Université de Paris-X-Nanterre. Slimak. Per quel che concerne gli schemi ricorrenti. sebbene la ricchezza dell’insieme e la sua varietà tecnologica lascino presumere che i gruppi neandertaliani che occuparono il sito svolsero al suo interno attività differenziate.M. Meignen L. per il diverso e immancabile supporto dato alle ricerche. da ultimo.E. 1994. VI: 279-310. (2004): Contributo allo studio del comportamento tecno-economico dell’uomo di Neandertal: l’industria litica della serie musteriana del Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. maggioritaria risulta l’applicazione della modalità unidirezionale.L. (1994): Quaternary Travertines at Rocchetta a Volturno (Isernia. Advances and implications. 1120: 19-31. BAR International Series. Guide book to the field trip. (2003): Discoïd ou pas discoïd? Réflexions sur la pertinence des critères technique définissant le débitage discoïd. In: Peresani M. 5. (1999): Mise en évidence d’une composante laminaire et lamellaire dans un complexe moustérien du sud de la France. April..E. Port Racine (Manche). BAR International Series. Slimak L. Advances and implications. (1994): Les industries Laminaires au Paléolithique Moyen en Europe Septentrionale. eds. Discoid lithic technology. 15th Reg. Slimak L. 11: 89-109. Ferreri V. Rufo / Annali dell’Università di Ferrara. & Tuffreau A. (Ed. D’Argenio B. Advances and implications. (ed. Paléo. Van Peer P.. L’exemple des gisements de Saint-Germain-des-Vaux. Discoid lithic technology. 1120: 33-65. (1994. (Ed.). 58 . LII: 111-141. Discoid lithic technology. CNRS Éditions. In: Peresani M.). Lille. & Golubic S. Terradas X. Sci. Nat. Prehistory Press. (Ed.S. Violante C. In: Peresani M. Peresani M.. In: Peresani M.A. BAR International Series. Rivista di Scienze Preistoriche. In: I.). (2003): Discoid flaking method: conception and technological variability. volume speciale (2007) Mourre V. de Seclin (Nord) et de Riencourt-les-Bapaume (Pas-de-Calais). Dossiers de Documentation Archéologique. Advances and implications. Revillion S. Publications du CERP. Mus. (2002): Nuovi elementi di valutazione per la variabilità del Paleolitico medio dell'Italia centrosettentrionale: le industrie a tecnologia discoide.. Actes de la table ronde international de Villeneuve-d’Ascq (13-14 novembre 1991). Meet. 1120: 209223. Ischia. Paris. Madison. BAR International Series.). Facies Analysis and Sedimentary Model of an Organogenic Carbonate System. Central Italy). Peresani M. Revillion S. Discoid lithic technology. 18.): Les industries laminaires au Paléolithique moyen. (2003): An initial overview of the Middle Palaeolithic Discoid industries in Central-Northern Italy. 1120: 1-18. (2003): Les débitages Discoïdes Mousteriens: evaluation d’un concept technologique. (1992): The Levallois reduction strategy. 1994. U. principalmente composti da scarti litici e resti di pasto. estesa su una superficie complessiva di circa 50 m2. in provincia di Verona. all’interno di una lieve depressione formata da pietrisco calcareo ed estesa su una superficie di circa 1 m2. ancora in corso. In particolar modo.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Analisi tecno-economica di una concentrazione di scarti litici (US 411) dai livelli epigravettiani di Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana.it. collocandosi alla fine del Paleolitico superiore (Tardiglaciale würmiano). in press). Università degli Studi di Ferrara. nell’area più esterna si susseguono livelli a prevalente matrice limosoargillosa. associati a tre ciottoli con tracce di utilizzo come percussori/abrasori. Riparo Tagliente rappresenta uno dei giacimenti pleistocenici più significativi dell’Italia settentrionale sia per la seriazione dei depositi. che copre la durata di alcuni millenni. con una distribuzione areale differenziata nelle varie zone (Fontana et alii. Situato nell’area della Lessinia. Techno-economical analysis. il riparo si apre lungo il fianco sinistro della Valpantena. in questo volume. Composta principalmente da scarti litici. 2002. la seconda all’area antistante la volta rocciosa. si propone di mettere in evidenza le modalità di occupazione e di sfruttamento delle risorse naturali nel sito da parte degli ultimi gruppi paleolitici (Fontana et alii.] Keywords: Late Epigravettian.000 e 30. Verona) Maria Giovanna Cremona & Federica Fontana Dipartimento di Biologia ed Evoluzione. Waste products. c. separati da una superficie di erosione in forte pendenza verso l’esterno del riparo: uno più antico situabile tra circa 60. attraverso l’esame analitico delle diverse testimonianze emerse dall’esplorazione sistematica. dei depositi epigravettiani di Riparo Tagliente. con industrie dell’Epigravettiano recente (Bartolomei et alii.000 anni or sono (Würm inferiore e medio). 1). di cui costituisce la sequenza di riferimento per la fase più antica dell’Epigravettiano recente. e uno più recente.it ___________________________________________________________________________________ Abstract A small concentration of lithic waste products (Stratigraphic Unit 411) has been recently recovered in the Epigravettian deposits of Riparo Tagliente. a 250 metri di quota. Lithic concentration. Liagre. L’unità stratigrafica 411 L’unità stratigrafica 411 è localizzata tra due grandi massi di crollo. con spessore massimo di 18 cm (Fig. ___________________________________________________________________________________ Introduzione Il presente studio fa parte di un progetto più ampio che. sono individuabili due principali zone: la prima corrisponde alla superficie protetta dal riparo. 2005). presso la località di Stallavena (Comune di Grezzana). 1982). nell’area finora più intensamente indagata (settore nord-occidentale).[Techno-economical analysis of a concentration of lithic waste products (S. L’area protetta dal riparo è caratterizzata dalla presenza di strutture di abitato mentre quella antistante la volta si distingue per la presenza di accumuli pressoché continui di resti antropici.fontana@unife. In this paper we will not discuss the functional significance of this concentration but we will try to describe some portions of the reduction sequences which were recognised by the technological analysis and the refitting of the elements that compose the assemblage. Per quanto riguarda i depositi epigravettiani.so Ercole I d’Este 32. con industrie musteriane ed aurignaziane. oggetto del presente studio. con presenza di resti di pasto e scarti di lavorazione in stato caotico e di alcune concentrazioni di diversa natura fra cui l’unità stratigrafica 411. La sequenza stratigrafica identificata è costituita da due serie di depositi densamente antropizzati. tale ammasso conteneva anche . sia per lo stato di conservazione degli stessi. I-44100 Ferrara crmmgv@unife. federica.411) from the Epigravettian layers of Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. Verona). in base a confronti preliminari effettuati con la successione messa in luce nell’area della trincea. Sono stati individuati 31 rimontaggi: 3 su nucleo. Nat. quello di associare le informazioni emerse da tale studio con i dati spaziali.M. in secondo luogo. pers). 1. la cui presenza è attestata sui Monti Lessini occidentali e individuabile entro un raggio di alcuni chilometri dal sito (Bertola comm. Il principale riferimento stratigrafico in questa zona esterna è costituito dal livello di pietrisco US 365. dal momento dell’acquisizione della materia prima fino all’abbandono dei manufatti prodotti. Per ragioni di spazio. Cremona & F. Planimetria del tetto di US 411. 60 . Approccio metodologico e obiettivi dello studio L’approccio metodologico adottato in questo lavoro consiste nello studio tecno-economico dei manufatti litici che compongono l’insieme esaminato (US 411) al fine di risalire alle sequenze di gesti compiute dagli scheggiatori. Le materie prime utilizzate appartengono a quattro diverse formazioni geologiche. su cui US 411 poggiava. comprende complessivamente 1. Scaglia Variegata e Scaglia Rossa). tutta l’area interessata dalla presenza dell’unità stratigrafica risultava fortemente concrezionata. concentrandosi principalmente sulla lettura tecnologica dei manufatti e sull’analisi dei rimontaggi effettuati. suddivisi tra prodotti. Sci. ai tagli 14-15 riferibili al Dryas antico. 14 alla fase di gestione (2 dei quali associati alla fase di produzione e 3 a quella di messa in forma) e 2 alla fase di produzione. il presente studio. associato. volume speciale (2007) scarsi frammenti faunistici. sottoprodotti e residui (nuclei) (Cremona 2003-2004). Fontana / Annali dell’Università di Ferrara. ha avuto due principali obbiettivi: innanzitutto. 12 attribuibili alla fase di messa in forma (4 dei quali associati a gestione e produzione).G. quello di contribuire alla ricostruzione delle catene operative e. tralasciando gli aspetti relativi all’interpretazione funzionale dell’ammasso. alcuni elementi di microfauna e malacofauna. frustoli di carboni e frammenti di ocra. La lettura tecnologica e i rimontaggi L’insieme litico esaminato (US 411). In particolare. Fig. al fine di indagare la composizione “strutturale” dell’insieme e capirne il significato funzionale nell’ambito dell’area esterna del riparo. in questa sede ci limiteremo ad esporre i risultati dello studio tecno-economico che ha consentito di ricostruire alcuni segmenti delle catene operative messe in atto dai gruppi epigravettiani.214 elementi. Si tratta di selci di età giurassica riferibili al Gruppo di San Vigilio (Calcari Grigi) e di età cretacica (Formazioni del Biancone. Mus. Per quanto riguarda l’abbandono dei blocchi utilizzati. Il mantenimento della convessità trasversale della superficie di scheggiatura e la ripresa del ritmo di débitage si svolgono. Fig. ma non consentono di evidenziare la ricerca di standard precisi. per estendersi eventualmente alle facce adiacenti con andamento semitournant.G. tuttavia. invece. frequentemente a partire dallo stesso piano. Fontana / Annali dell’Università di Ferrara. I supporti di plein débitage vi appaiono invece scarsamente rappresentati (8. con una leggera sovrarappresentazione di tipi B4 e B4-B2. In alcuni casi si rileva anche l’utilizzo di un piano accessorio. escludendo gli elementi non diagnostici (41. l’apertura della superficie di scheggiatura mette pure in evidenza comportamenti diversi: lame di apertura su convessità e spigoli naturali. l’US 411 risulta composta prevalentemente da litotipi della formazione del Biancone (90. Le due operazioni essenziali. si nota la presenza di un numero esiguo di nuclei giunti alla fase finale di sfruttamento (per dimensioni o spessore).3%) mentre. si svolgono senza un ordine prestabilito. in modo unidirezionale partendo dalla faccia più larga del supporto utilizzato (ciottoli o arnioni di forma sub-ovale o sub-parallelepipeda) o da quella più stretta (blocchetti o arnioni piatti). più raramente da un piano secondario opposto: in genere questa operazione implica un arretramento del colpo sul piano di percussione e le schegge prodotte presentano spessori maggiori. l’insieme appare composto prevalentemente da elementi riconducibili alle fasi di gestione (28%) e messa in forma dei nuclei (18%). Al rapido abbandono di questi elementi. mentre la presenza di creste parziali realizzate in corso di lavorazione (néo-crête) indica lo svolgersi di ulteriori operazioni volte a ripristinare l’andamento delle nervature in vista del distacco di una lama dal fianco. Nat. L’analisi dei rimontaggi e dei singoli elementi ha consentito di evidenziare lo svolgersi di operazioni diverse. mentre la maggior parte degli elementi risulta rapidamente abbandonata a causa di incidenti che ne hanno alterato la volumetria generale o portato alla formazione di irregolarità sulla superficie di scheggiatura. In secondo luogo. 2. soprattutto nella porzione prossimale. per la rarità dei prodotti (lame e lamelle) presenti nell’insieme. apertura del piano di percussione e della superficie di scheggiatura. Ben documentata è invece la fase di gestione che si alterna a quella di produzione. Mus. Tali valori rispecchiano grosso modo quelli relativi alle materie prime disponibili localmente. il ripristino del piano di percussione è realizzato tramite il distacco di schegge e tablettes di ravvivamento. è presente un discreto numero di nuclei (4%). evidenziando la generale assenza di preparazione dei fianchi del nucleo.5%). invece. Dal punto di vista delle catene operative. Cremona & F. La fase di messa in forma dei blocchi è attestata dalla presenza di alcuni manufatti diagnostici e da una serie di rimontaggi. 2). scarsamente documentata. finalizzata a rimettere in forma il nucleo. La prima avviene generalmente con il distacco di una calotta accompagnata da altre schegge finalizzate a conferire al piano un orientamento e una morfologia adeguata anche se non mancano attestazioni che evidenziano l’utilizzo diretto di superfici naturali o di fratture preesistenti sul blocco selezionato. rientrano nel range degli elementi lamellari e laminari. La fase di produzione è. In alcuni casi la scelta operata è chiaramente legata alla morfologia dei blocchi. Infine. in proporzione. Rimontaggio di schegge corticali per la realizzazione di una cresta. senza intervalli significativi. in posizione opposta a quello principale. Sci. con una netta prevalenza della variante di colore grigio scuro (B4 e B4-B2) seguita da quella di colore bruno chiaro (B2). di evidenziare che questa procede. Il ripristino della superficie di scheggiatura avviene con il distacco di schegge di mantenimento.M. attestandosi le dimensioni tra i 5 e 30 mm di larghezza e i 20 e gli 80 mm di lunghezza. nella maggior parte dei casi. dato il campione limitato a disposizione. si associa la presenza di altri supporti che non recano alcuna traccia di sfruttamento o caratterizzati esclusivamente dal distacco di uno o due negativi (pre-nuclei). L’esame dei nuclei consente. 61 . con funzione di gestione della convessità longitudinale. volume speciale (2007) In particolare.7%). tramite interventi effettuati in posizioni prestabilite. principalmente mediante il distacco di lame laterali: queste presentano un dorso frequentemente corticato. I moduli dei prodotti (rilevati anche in base ai negativi dei distacchi sui nuclei). ma anche preparazione di creste frontali tramite il distacco di schegge ortogonali all’asse di scheggiatura come ben evidenzia un rimontaggio composto da una serie di schegge semi-corticate (Fig. Antonio Guerreschi per aver messo a disposizione il materiale di studio oggetto di questa indagine e per i preziosi suggerimenti. Bonci F. Tesi di Laurea in Ecologia Preistorica. Analisi tecnologica dell’US 411. studi che sicuramente potranno ulteriormente chiarire le modalità di sfruttamento delle risorse litiche e l’organizzazione delle attività all’interno del sito. svolta sotto la supervisione scientifica di F. palaeoeconomic and spatial attributes. Series. fra cui un esemplare quasi interamente rimontato (Fig.G. 2005): l’introduzione nel sito di abbondanti quantità di noduli. Scienze dell’Uomo. 3. Fig. ( a cura di): Preistoria Veronese.. XV.S.P.G. Guerreschi A. 2^ serie. blocchetti e ciottoli silicei di qualità diversa che spesso non appaiono essere stati sottoposti a precisi criteri di selezione. Ecole doctorale N° 355 «Espace.S. In: Aspes A. (2002): Riparo Tagliente. Un particolare ringraziamento alla dott. & Thun Hohenstein U. una raccolta dei diversi litotipi che rispecchia. 2006. la disponibilità offerta dal territorio limitrofo.. dove si collocano le vere e proprie strutture d’abitato. In conclusione. in parte già riscontrati nel corso di altri studi (Liagre. Pizziolo G. funzionali.. sez. studi di dettaglio per la zona interna. 3). Analyse des «Officine Litiche» de l’abri Tagliente (Vénetié). Liagre J.. 2005. C. Proceedings of the XV U.. la frequentazione di Riparo Tagliente da parte degli ultimi gruppi di cacciatoriraccoglitori europei. ma devono essere visti nell’ambito dello specifico contesto spaziale dal quale provengono.. ancora Bibliografia Bartolomei G. Lisbon. Cilli C.A. Italy)... 95-98.. in parte correlabile alla forma e alle dimensioni degli stessi... Fontana et alii. Liagre J. la presenza di un numero abbondante di nuclei abbandonati ad uno stadio iniziale di sfruttamento o.. & Sala B. iniziata subito dopo il ritiro dei ghiacci dalle Alpi meridionali. una notevole variabilità nelle operazioni di messa in forma di noduli. Fontana / Annali dell’Università di Ferrara. Nat.. 3 (4): 51-105.. Université de Provence. comunque. Congress. integrated analysis of technological. Bertola S. sia qui riversati da altre aree (Liagre. Detecting the organisation of living-floors through a G. Peretto C. in press). F.. Fontana F. in buona parte. Liagre J. Fontana F. presenti sotto forma di concentrazioni di entità e composizione diversa. Sci. sia derivati da attività di lavorazione in posto. Mantovani E. Cilli C.. Formation doctorale : Préhistoire.P. Conclusioni L’analisi effettuata ha consentito di ricostruire alcuni segmenti delle catene operative messe in atto nell’ambito di un preciso momento della frequentazione del riparo. indicando per questa area una funzione di zona di accumulo di scarti. Culture et Sociétés. (in questo volume): L’unità stratigrafica potenzialmente produttivi. (1982): I depositi würmiani del Riparo Tagliente. Cattani L. la prevalenza di scarti tecnici e residui e la scarsa rappresentazione dei prodotti che probabilmente venivano trasferiti verso altre aree del sito o all’esterno dello stesso. blocchetti e ciottoli. Cremona & F. appare strettamente legata alle favorevoli caratteristiche topografiche ed ambientali offerte dai Monti Lessini. Annali dell’Università di Ferrara. È chiaro che tali aspetti non possono essere considerati con valore assoluto per identificare le caratteristiche relative alla modalità di sfruttamento delle risorse nel sito. Guerreschi A. Cremona M. Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali. Ringraziamenti Il presente lavoro costituisce una sintesi di una parte della tesi di Laurea di MG. allo stato attuale delle ricerche. 380 p. Université Aix-Marseille I.. contributi e aggiornamenti. Bonci F. e di fare alcune considerazioni sulle modalità di sfruttamento delle risorse litiche. il cui intensivo sfruttamento è ben documentato in tutti i livelli archeologici del sito. invece. Analisi integrata di attributi tecnologici. (2005): Gestion de l’activité de taille et de l’espace domestique au Tardiglaciaire en Italie nord orientale. Bertola S. (A.I. sez.I. 2003-2004): Contributo allo studio delle modalità di occupazione e di sfruttamento delle risorse nel sito epigravettiano di Riparo Tagliente. è attestata la presenza di nuclei ricavati da frammenti o da schegge spesse. Cremaschi M. di cui un aspetto essenziale è rappresentato dall’abbondante presenza di materie prime silicee. evidenziando una serie di comportamenti tecnologici.ssa Maria Chiara Turrini per la realizzazione delle mappe digitali. volume speciale (2007) In contrasto con questo aspetto di rapido abbandono.M. Mus. Guerreschi A. Tali caratteri sembrano infatti contraddistinguere gli insiemi litici che si ritrovano nella zona esterna all’aggetto del riparo.. Mancano. paleoeconomici e spaziali. Rimontaggio di un nucleo ottenuto da un frammento. 5: 42-47. Pizziolo G. Longo L. functional. Università di Bologna. BAR Int. Fontana F. (in press): The first occupation of the Southern Alps in the Late Glacial at the site of Riparo Tagliente (Verona.. Thun Hohenstein U.. Ringraziamo il prof. & Liagre J. 62 . prevalentemente riferibili alle fasi di messa in forma e gestione di alcuni nuclei.. La serie epigravettiana. VR). 11 nei depositi epigravettiani di Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. Broglio A. Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Studio tipologico dell’industria sauveterriana di Galgenbühel/Dos de la Forca (Bolzano) Ursula Wierer Dipartimento di Scienze Ambientali “G. [Typological analysis of the Sauveterrian industry of Galgenbühel/Dos de la Forca (Bolzano). which are dominated by common tools. in graduale aumento. 1. Gli strumenti comuni (Fig. via della Cerchia 5. Gli scavi archeologici.l. Università degli Studi di Siena. La struttura tipologica degli strumenti è dominata in tutte le fasi dalle schegge ritoccate.5 16. hanno messo in luce una serie stratigrafica datata tra la metà del IX e la metà del VIII millennio B. 2004. talvolta massiccia.2 Fase 3 106 21 127 Fase 3 83. (Fig. Numero e indici di frequenza degli strumenti e delle armature (secondo Broglio & Kozlowski. it is possible to ascribe the industry to the middle Sauveterrian. 2006).5 43. cal. On the base of the characteristics of microlithic armatures. Italy) shows an unusual typological structure of the retouched artefacts.5 Totale 640 336 976 Totale 65.5 Fase 2 157 35 192 Fase 2 81. effettuati tra il 1999 e il 2002 dall’Ufficio Beni Archeologici di Bolzano. 1). anche se mostrano un leggero aumento dimensionale a partire dalla fase 1. Negli insiemi litici del Galgenbühel si osserva innanzitutto una predominanza.6 34. c. n. Questo lavoro. svolto nell’ambito di un dottorato di ricerca (Wierer. Middle Sauveterrian. Per questo motivo i rispettivi dati vengono accorpati nella valutazione statistica (Tabb. presenta i risultati dell’analisi tipologica con lo scopo principale di un inquadramento più dettagliato nell’ambito del Sauveterriano. compared to the ones recovered at the contemporaneous rockshelters of Romagnano Loc-III and Gaban (Trento). seguite dalle lame ritoccate e dalle troncature (Tab.5 Fase 4 92 63 155 Fase 4 59.) strumenti armature Totale Ritoccati (%) strumenti armature Fase 1 260 200 460 Fase 1 56. diventa tuttavia significativa soltanto nelle fasi più recenti 4+5. 1983) . I-53100 Siena .8 18. Sarfatti”.mimmurs@hotmail. tenendo conto dell’accorpamento delle unità stratigrafiche in 5 fasi di frequentazione. 1).5 40. in accordance with the 14C dates.4 40.6 Fase 5 25 17 42 Fase 5 59. Sezione Ecologia Preistorica..] Keywords: Early Mesolithic. Ritoccati (nr. Microlithic armatures. degli strumenti sulle armature. 2004).com ___________________________________________________________________________________ Abstract Flint industry of the mesolithic site Galgenbühel/Dos de la Forca in the valley bottom of the Adige River (Bolzano. con indici tra 56% e 83% (Tab. A livello di gruppi tipologici emerge la somiglianza dei complessi litici delle fasi 2 e 3 e delle fasi 4 e 5. Le caratteristiche dell’industria litica inseriscono l’intera serie nel Sauveterriano che caratterizza il Mesolitico antico sul versante meridionale delle Alpi.C. Il sito è stato ripetutamente meta di gruppi umani che sfruttavano soprattutto le risorse legate all’ambiente umido (Bazzanella et alii. 2006).4 Tab. 2).m. è un piccolo riparo sottoroccia nel fondovalle dell’Adige a 225 m s. 2-3). L’analisi tipologica Lo studio prende in considerazione i manufatti ritoccati delle campagne di scavo 1999-2001. La frequenza dei grattatoi. Analisi tecnologiche e funzionali sono in corso. s. 1) sono frequentemente ricavati su prodotti di decorticamento e della gestione dei nuclei. Wierer & Boscato. ___________________________________________________________________________________ Introduzione Il sito mesolitico Galgenbühel/Dos de la Forca ubicato nei pressi di Salorno in Provincia di Bolzano. dati preliminari sulle materie prime sono pubblicati (Bertola et alii. Sono generalmente di taglia ridotta (circa il 90% ricade entro i 40 mm). La laminarità oscilla tra 18% e 31%. 1. Tra i triangoli si manifestano dei sensibili cambiamenti tipologici nell’ambito della serie (Tab. le punte a due dorsi (fasi 1 e 2+3) e i dorsi troncati (fasi 1 e 4+5) (Tab.0 19. Nelle singole fasi al massimo 1/5 dei grattatoi sono su lama. 1.8) (17.9) (8. Le troncature. 4).0 - 3 3 82 98 7 1 2 2 2 5 1 2 2 3 1 1 2 1 6 14 4 1 1 49 260 211 29 157 128 19 106 87 16 92 76 2 25 23 115 640 5 Tot. spesso parziali. 14). f.7) (2.0) (6. 50 Fase 1 % N-V 6.6) (26.0) (12.9 0. volume speciale (2007) Gruppi tipologici (Broglio & Kozlowski. Mus. 10 64 6 13 28 Fase 3 nr.2 20. 3). tra cui 438 dalla fase 1).0) Tab.3 0./triangoli R-Triangoli S-Punte a due dorsi U-Punte e lame a dorso margII V-Diversi a dorsoIII W-Frr. IIIncluse le lame a dorso marginale < 30 mm.6 15.7 1.8) Fasi 4+5 % N-V (4. Poche armature sono a dorso trasversale rispetto all’orientamento del supporto. 11 39 3 11 16 1 1 Fase 4 nr 13 29 3 15 10 2 Fase 5 nr. Totale nr.5 1.0 5. 1.9 11. Su 79 armature l’estremità è formata da un piquant trièdre che attesta l’uso della tecnica del microbulino per l’accorciamento del supporto d’origine.9 - Fasi 4+5 % A-L 17.9) (14. a spalla e a muso (classe XVI). 4: 2 e f. Quanto alla struttura tipologica delle armature il sito è penalizzato dal basso numero di esemplari. Wierer / Annali dell’Università di Ferrara. 9 8 16 21 10 44 16 4 10 62 200 138 3 1 1 1 6 5 1 2 15 35 20 4 1 1 7 21 14 2 3 Fase 2 nr. IIIIncluse lame a dorso > 30 mm.9 0. sono per lo più corte. Numero e indici di frequenza degli strumenti per gruppi tipologici (IInclusi gli incavi su scheggia non frammentari. 5: 3).2 Fasi 2+3 % N-V (2.0 1.0 18. soltanto qualche sporadico dorso mostra ritocco bipolare.6 2.5) (5.8 11. Gli esemplari su scheggia tettiformi.2 13.9 7. visto che per il 97% non supera i 3 mm. ogivali. 26-27). Soprattutto nella fase 1 si sottolinea la presenza di parecchie troncature ipermicrolitiche (< 16 mm) (Fig.0) (24.lamin.8 51. tipici dei complessi sauveterriani.) I grattatoi sono caratterizzati da una forte incidenza dei tipi frontali e dei tipi corti (2>ia>1).4 1. n. Fase 3 nr. 34 Tot.9) (8. nn.5 0. i cui esemplari interi misurano al massimo 30 mm si verifica una diminuzione di taglia nelle fasi 4+5 (Fig. 4. 1983) N-Punte su lama/sch.5 5.9 19.4 3. 46 250 16 Fase 1 % A-L 3. incluso il tipo bilaterale nelle fasi 1 e 2. 1983) A-Grattatoi B-Schegge ritoccateI C-Bulini D-TroncatureII E-Lame ritoccateIII F-Becchi e perforatori G-Coltelli a dorso H-Punte I-Pezzi scagliati K-Compositi L-Diversi M-Frammenti Totale A-M Totale A-L Fase 1 nr. Questo sembra talvolta dovuto all’uso del margine attivo piuttosto che a una modificazione intenzionale del bordo. 28. Numero e indici di frequenza delle armature microlitiche.8 47. f. 30).1 2.0) (32. 3: 3. Sci.0) (4.9 0.0) (4. 12 19 22 36 17 66 27 8 15 114 336 222 Tot. nn. 1 2 Nell’ambito delle armature microlitiche.1 2.2 38. Tra le lame ritoccate si annoverano in tutte le fasi diversi esemplari ad incavi. 1. IIIIncluse le lame a dorso < 30 mm). 2). 138 Tot. Il gruppo comprende anche numerosi incavi su scheggia (Fig. L’usuale applicazione di tale tecnica è del resto provata dall’alto numero di microbulini rinvenuti nel sito (618.2 31.0) (4.U. motivo per cui le percentuali delle fasi 2+3 e 4+5 sono da considerare con cautela.dorsi tronc. in molti casi ricavate su scheggia. sono presenti in basso numero (fase 1: 5. 215 Tot.8) (11.2 7. Lo spessore delle armature è fortemente standardizzato. Tra parentesi: percentuali calcolate su basso numero di strumenti (ILarghezza minima: 6 mm. I gruppi più frequenti sono i triangoli. 3. Le schegge ritoccate includono per lo più strumenti poco sistematizzati nel supporto e nel ritocco. Gruppi tipologici (Broglio & Kozlowski. Fase 4 nr 2 5 5 8 1 13 1 2 2 24 63 39 6 17 11 4 2 3 1 1 Fase 5 nr. Nat. Infine si segnala un coltello a dorso curvo di tipo “Rouffignac” (Fig. Si segnala infine l’assenza degli “skrobacz”.I O-Punte a dorso P-Segmenti Q-Dorsi e troncature Q/R-Frr.5 Fasi 2+3 % A-L 9.4 3. 2.0) (10.5 0. 99 Tab.2 11. 211 Tot. 4 9 Totale nr. II Incluse le troncature su scheggia. di dorso Totale N-W Totale N-V Fase 1 nr. 8 109 4 40 41 4 Fase 2 nr.9 4. 64 . 12. Anche la struttura tipologica degli strumenti è inconsueta rispetto ai coevi siti trentini dove abbondano solitamente i grattatoi (in media 40% a Romagnano e a Gaban).<3). 15: Pezzi scagliati. classificabili come isosceli (def. AC2-1: Sauv. Recente) (Kozlowski & Dalmeri. In quest’ultimo caso potrebbe trattarsi di armature in corso di lavorazione (Fig.M. medio e 29 FB: Sauv. n. I triangoli suddivisi per classi (tra parentesi gli esemplari con terzo lato interamente ritoccato). La debole incidenza delle armature microlitiche al Galgenbühel costituisce un fenomeno insolito nell’ambito delle industrie sauveterriane del fondovalle atesino dove queste non scendono quasi mai sotto il 60%. Wierer / Annali dell’Università di Ferrara. 11. 3. volume speciale (2007) Triangoli nr. 1969. 6. 1. 25: Bulini. I dorsi e troncatura.E. 27: Diverso rimontato con residuo di lavorazione (1-11: Fasi 4+5.U. 65 . 2. i triangoli segnano un netto cambiamento con la fase 4. 16. 20-22: Segmenti. dove aumentano le forme corte e predominano gli scaleni lunghi a base corta. soltanto la fase 1 comprende qualche punta corta (I. Fase 2 5 (1) Fase 4 Fase 5 Totale 1 4 (1) 2 22 (3) 5 (1) 2 (1) 12 (1) 1 9 (1) 15 (2) 1 17 (2) 1 8 1 15 (2) 1 45 (4) 1 1 7 (1) 6 (1) 13 (2) 1 3 (1) 66 (8) Tab. 4. 19-30: Fase 1) (disegni L. 10-11. Le punte a due dorsi sono generalmente allungate.Schema stratigrafico con date 14C AMS cal. 2000). Sci. 2. A Galgenbühel si osservano inoltre le seguenti differenze: . Fig. Le fasi 1 e 4+5 con il 40% circa trovano confronto unicamente con lo strato AC5 di Romagnano. tra questi si segnala un unico triangolo del tipo “Montclus” nella fase 4 (Fig.E. 12-17: Fasi 2+3. 3-4. 13. 28-31: Triangoli. nn. 23-24: Dorsi e troncatura. Armature microlitiche: 1. 19: Punte su lama/sch.a. 1983) e di Riparo Gaban entrambi ubicati 20-30 km più a valle. G. Tra gli sporadici segmenti il tipo corto è presente soltanto nella fase 1 e le forme sinusoidali nelle fasi 1 e 4.E. indicato come anomalo all’interno di un processo evolutivo uniforme (Broglio & Kozlowski 1983. 13. 2.laminare. 2-30 . Mus. 1415. 2σ (ETH. significativi nelle fasi 4+5. 17-18. Assenti nella fase 3. AC9-3: Sauv. Soltanto nello strato AC4 di Romagnano le schegge ritoccate predominano sugli altri gruppi. Recente) (Broglio & Kozlowski.schegge con incavo/i abbondanti (sconosciute a Romagnano e Gaban). Baglioni). 14: Coltello a dorso (1-10: Fasi 4+5. mostrano per la maggior parte una troncatura obliqua o un piquant trièdre. 18-33: Fase 1) (disegni L.Strumenti comuni: 2. 4-5. 8. 28.. 357) e come scaleni a base lunga. 22-24. Confronti e considerazioni Le caratteristiche tipologiche dell’industria sono state confrontate con i complessi litici di Romagnano Loc-III (strati AF-AE: Sauveterriano antico. Nelle fasi 1 e 2 sono quasi esclusive le forme lunghe. 2.M. Nat. 19: Grattatoi.146) Per il valore delle fasi 2+3 non esiste finora termine di paragone. Baglioni). 7. 10. . medio. L’incidenza dei triangoli con terzo lato totalmente ritoccato è sempre bassa. 32-33: Punte a due dorsi. 5-9.E. 9. 26-27: Troncature. Fase 1 isosceli corti isosceli lunghi scaleni corti scaleni lunghi a base lunga scaleni lunghi a base corta indeterminabili lunghi indeterminabili Totale Fig. 1 .scarsi grattatoi su lama (a Romagnano e Gaban il rapporto grattatoi su lama/scheggia è di circa 1:1). Nelle fasi 1-3 sono frequenti gli esemplari con indice di allungamento superiore a 4 che per la loro morfologia fusiforme rispondono alla definizione delle punte “di Sauveterre” (G. 20-21: Lame ritoccate. nei pressi di Trento (strati 30 FC: Sauv. 11-18: Fasi 2+3. 12. 23-24). p. 18: Punte a dorso. 1972). Zurigo) e fasi di frequentazione. p. 16-17. 30: Schegge ritoccate. 8). 29: Frammenti ritoccati. 25-26. Broglio A. 69. con la collab.. (2006): Le risorse litiche utilizzate presso il sito di Galgenbühel/Dos de la Forca (Salorno-BZ. XVI ciclo. 19: 93-148. dove i sensibili cambiamenti tipologici delle armature durante il Sauveterriano medio vengono percepite come tendenza evolutiva. attribuzione in sintonia con i risultati delle datazioni radiometriche (Fig. Nella struttura delle armature le principali differenze del Galgenbühel si esprimono in un tasso generalmente più alto dei dorsi troncati e in un’incidenza inferiore dei segmenti (massimo 11% rispetto al 8-27% di Romagnano e Gaban). 364-375. 36: 3-42.M. 367-371.lame ritoccate ad incavi o a ritocco denticolato ben rappresentate (solo due nella sequenza di Romagnano. Les armatures non géometriques – 1. Section 7 .. Broglio. Aspetti culturali e ambientali del Mesolitico antico nell’area alpina. & Wierer U. Cusinato A. (2002): Riparo Gaban: the mesolithic layers. & Dalmeri G. (1972): Epipaléolithique ..K. Etudes et Travaux. Nonostante le differenze l’industria litica permette di correlare il sito con i coevi giacimenti della conca di Trento. G. (1983): Tipologia ed evoluzione delle industrie mesolitiche di Romagnano III. si inseriscono bene nel Sauveterriano medio (cfr. 85-98. BAR International Series 1302.E. Preistoria anche dalla relativa frequenza degli esemplari a tre lati ritoccati. Annamaria Ronchitelli per la sua costante disponibilità al confronto.maggioranza di troncature corte (scarse a Romagnano e presenti con un solo esemplare a Gaban).E. Secondo queste ultime. Wierer / Annali dell’Università di Ferrara. & Wierer U. Bazzanella M. .. Tesi di Dottorato in Preistoria-Ambiente e Culture.E. 1). Mus. molti dei quali lunghi a base corta. 2004. la base della nostra serie può essere avvicinata allo strato AC7 di Romagnano. s. 2006. 355-366. La particolarità strutturale degli insiemi litici del Galgenbühel potrebbe essere legata alla diversa vocazione economica del sito. come confermato Bibliografia Bazzanella M. Le punte a due dorsi con la prevalenza delle forme lunghe rispetto a quelle corte. Bertola S. Acts of the XIV UISPP Congress. 215-225. 66 . (1969): Epipaléolithique-Mésolithique Les microlithes géométriques. in assenza del “fondo di base stabile” individuato tra i triangoli di Romagnano (gli scaleni lunghi a base lunga e gli scaleni corti). mentre la fase 4 è prossima ai livelli AC5-AC3 per l’aumento degli scaleni lunghi a base corta... ICAZ. Il motivo è da cercare sia nella mancanza del citato “fondo comune dei triangoli” che nella quasi completa assenza del gruppo dalle fasi 2+3. Un fenomeno osservato a Romagnano nel corso del Sauveterriano medio è la sostituzione dei triangoli isosceli lunghi e scaleni lunghi a base lunga con gli scaleni lunghi a base corta.K.U. più frequenti a Gaban). il cambiamento tipologico all’interno del gruppo sembra pressoché totale. G. Kozlowski S. 2001.): Mesolithic wetland exploitation at Galgenbühel / Dos de la Forca. (2004): Galgenbühel/Dos de la Forca. Wierer U. 28: 293-310. Un nouveau site sauveterrien dans la Vallee de l´Adige (Bozen/Bolzano. costituiti per il 90-98% di scaleni. lasciando pochi dubbi sull’appartenenza dei gruppi umani alla stessa cerchia culturale. Atti della XXXIX Riunione Scientifica dell’IIPP. la sequenza di Salorno coprirebbe quasi tutto il lasso cronologico di tale fase (cfr. hanno caratteristiche recenziori rispetto al Galgenbühel. Giampaolo Dalmeri per i chiarimenti riguardo la tipologia utilizzata e Lapo Baglioni per aver curato i disegni dell’industria litica. Bazzanella M. Studi di archeozoologia in onore di Alfredo Riedel. Basilea (CH). (2006): Lo sfruttamento delle risorse animali nel sito mesolitico di Galgenbühel/Dos de la Forca (Salorno – BZ): la macrofauna. Preistoria Alpina. Ripartizione Beni Culturali. & Wierer U. La somiglianza con i livelli del Sauveterriano medio viene sostenuta anche dalla scarsità dei triangoli a tre lati interamente ritoccati (caratteristici del Sauveterriano antico e recente). & Kozlowski S. Bolzano. Bulletin de la Société préhistorique française. Italie). i complessi del Galgenbühel possono essere inquadrati nella fase media del Sauveterriano. (a cura di). 1. Sci. The fish fauna. di Bassetti M. Ringraziamenti Ringrazio l’Ufficio Beni Archeologici della Provincia di Bolzano per l’affidamento del materiale in studio. Val d’Adige): modalità di approvvigionamento e direttrici di spostamento. Italy. I triangoli del Riparo Gaban. Bruhn F. Eastern Alps. Bulletin de la Société Préhistorique Française.E. Tra gli strumenti del Galgenbühel l’unico carattere in sintonia con il Sauveterriano medio è la generale presenza delle schegge denticolate: nella serie di Romagnano sono esclusive proprio della fase media. volume speciale (2007) . Diversamente da Romagnano. n. in particolare grazie alle armature microlitiche.Mèsolithique. Per via del picco degli isosceli lunghi nelle fasi 1 e 2. al Galgenbühel essi marcano un cambiamento netto tra le fasi 1 e 4. Alpina. & Boscato P. Rahden. AC9-AC3 di Romagnano). (2004): Il sito di Galgenbühel/Dos de la Forca a Salurn/Salorno (BZ). Betti L. In: Tecchiati U. Etudes et Travaux. Liége (BE). 66. Preistoria Alpina. Verlag Marie Leidorf. Università di Siena. Proceedings of the 13th Fish Remains Working Group Meeting. Firenze. & Griggo C. con faune che indicano una chiara preferenza per l’attività della pesca. Betti L. Wierer U. Broglio A. 2005. 1992).M. Sala B. (1992): Mountain sites in the context of the North-East Italian Upper Palaeolithic and Mesolithic. (c. Oxford. In base alle caratteristiche tipologiche. Nat.The Mesolithic. A Salorno. 2003). della loro distribuzione nello spazio e degli aspetti geoarcheologici delle unità litologiche. è posto a pochi metri dal fondo del Vallone di San Bartolomeo: qui le pareti verticali pongono in luce rocce calcaree con intercalati noduli selciferi. ___________________________________________________________________________________ Introduzione Il presente lavoro esamina i reperti legati all'estrazione e alla lavorazione della selce: i percussori in calcare provenienti dagli scavi del Riparo "Ermanno de Pompeis" presso l'Eremo di San Bartolomeo di Legio. . via Santa Maria 53. Lo studio dei reperti rinvenuti (tutti estremamente freschi e praticamente non rimaneggiati). Two types of hammerstones have been observed: the larger ones. ha posto in luce livelli di frequentazione databili alla fine del Tardiglaciale pertinenti ad una officina litica riferibile all'Epigravettiano italiano. and the smaller ones referred to the flaking of the raw material. diretti da Giovanni Boschian del Dipartimento di Scienze Archeologiche dell'Università di Pisa.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) I percussori del Riparo "Ermanno de Pompeis" presso l'Eremo di San Bartolomeo di Legio (Pescara). Barbara Zamagni Dipartimento di Scienze Archeologiche. generally with lamellar shapes. Università degli Studi di Pisa. iniziati nel 1990 e proseguiti con cadenza annuale fino al 1999 (Boschian. la maggiore concentrazione di percussori è localizzata per lo più nell'Unità 4.it ___________________________________________________________________________________ Abstract The study examines the hammerstones coming from excavations at the "Ermanno de Pompeis" Shelter. Flint workshop. the frequentation of the site is datable to the end of Late Glacial. ha permesso di ricostruire le catene operative dell'estrazione dei noduli e della lavorazione della materia prima.zamagni@arch. l'aspetto fisico. dello spessore di circa 2 m. spesso ben estraibili per la forte fratturazione della roccia. or within the bedrock conglomerate.] Keywords: Italian Epigravettian. Il riparo.unipi. un'ampia nicchia lunga circa 40 m e larga 6-7 m. I percussori Per quanto riguarda la distribuzione spaziale dei reperti esaminati. Si distinguono due tipi di percussori: quelli più strettamente legati all'estrazione della selce e quelli correlabili alla sua lavorazione (sbozzatura degli arnioni e ritocco di lame e schegge). 1962). often with flake detachments due to impacts. Hammerstones. strictly linked to the extraction of flint pebbles. come quello di tutti gli altri reperti del riparo. I litotipi sono sempre calcareniti (packstone e wackestone: Dunham. the use-wears show generally intense and repeated percussion. sul versante settentrionale del Gruppo della Majella in provincia di Pescara. selected within the sediment of the stream flowing below the shelter. while the traces on the sides are very rare. Preferential use areas are the ends and the edges. These hammerstones are always calcarenite pebbles. I-56126 Pisa b. è fresco. [The hammerstones from the "Ermanno de Pompeis" Shelter near the San Bartolomeo of Legio hermitage (Pescara). which is interpreted as a flint workshop referred to the Italian Epigravettian. 50 of which are fragments. l'officina litica vera e propria. The hammerstones used for flint flaking and retouching are 136. ma entrambi provenienti dal sottostante conglomerato o dal letto del vicino torrente. Lo scavo La successione indagata. Le zone d'uso preferenziali sono le estremità e i margini. 2). alcuni grossi ciottoli. mediante scheggiatura scagliosa bifacciale presentante un restringimento mediano ed un tranciante ad un'estremità opposta ad una superficie non funzionale. potrebbe essere dovuta ad una possibile immanicatura.B. un probabile cuneo. La loro superficie presenta evidenti tracce di impatto: si ipotizza quindi che venissero utilizzati per disaggregare la roccia della parete.5 cm. Per quanto riguarda la prima categoria. peso 341 g.5x7. che si rileva su un margine dello strumento nella zona di maggiore restringimento. 86 integri e 50 frammentari. 2005). Il secondo è costruito in selce grigia. Sci. 40-41. conserva inoltre buona parte del cortice (Fig. 3. 150. L'usura. dimensioni 12x8. 1). Zamagni / Annali dell’Università di Ferrara. Il primo ha forma non perfettamente fusiforme e sezione triangolare. ben arrotondati. Le loro forme sono lamellari. volume speciale (2007) anche se non mancano esemplari che presentano superfici interessate da dissoluzione puntiforme del calcare. Percussore discoidale con margine spianato dovuto a una intensa attività di percussione. secondo la tipologia proposta da Galiberti (2001. Mus. pp. a tessitura grossolana. spesso con stacchi dovuti agli impatti (Fig. le usure indicano percussione in genere intensa e ripetuta. I percussori utilizzati nella scheggiatura e ritocco della selce sono 136. il colore è beige con inclusi biancastri. all'interno dello strato archeologico corrispondente al momento di massima frequentazione.4x4. Piccone in selce con una estremità appuntita. addossati alla parete di fondo. più rare le tracce sulle facce. Cuneo in selce.5x6. 1. pp. costituita da minute scheggioline. Fig. 2. altri oggetti da cava rinvenuti sono un piccone ed un altro strumento. Fig. sono stati rinvenuti. più raramente discoidali: si nota quindi una certa tendenza nella scelta e quindi nell’utilizzo dei ciottoli (Ricci Lucchi 1980. entrambi in selce. 68 .2 cm per un peso di 803 g. hanno dimensioni intorno ai 20-25 cm e un peso che va dai 2 kg fino a oltre i 5. La tessitura della roccia silicea è media. Fig. 3). si presenta interamente scheggiato con una sola estremità appuntita opposta ad una superficie non funzionale (Fig. le misure sono 19. Nat. Le dimensioni sono prevalentemente comprese tra i 3 e gli 8 cm. 156). 105-116. Paris. localizzate alle estremità delle facce piane. Almerigogna per i disegni e G. attestata dai rimontaggi effettuati. Mus. CNRS Editions. d). 2006). Una probabile funzione riscontrata sperimentalmente da de Beaune (1997) è quella di "martelletti" (maillet) nella percussione indiretta per la lavorazione di materiali organici (legno e materie dure animali). (1997): Il ciottolo inciso ed utilizzato dall'insediamento gravettiano di Bilancino e i "ciottoli a cuppelle" in Italia.B. Due frammenti presentano infine tracce di utilizzo puntiforme o leggermente lineare. Bibliografia Aranguren B. Ringraziamenti Si ringraziano per la cortese disponibilità il signor G. Sci. Rivista di Scienze Preistoriche. 1999).A. Chieti-Celano 2001. XXXIIe supplément à Gallia Préhistoire. Boschian per la realizzazione delle foto e la composizione delle figure. Percussore allungato con butterature (a) e striature (b). Beaune de S. 5. Questo secondo tipo di percussore trova confronti con numerosi siti del Gravettiano e dell'Epigravettiano. & Peresani M. Lo stesso alto numero dei prodotti di scheggiatura rinvenuti finora nel riparo (75. costituiti appunto dai ciottoli calcarenitici. 1997. Nat. i bulbi di distacco delle lame e delle schegge prodotte nell'officina sono perciò poco rilevati. Atti della XXXVI Riunione Scientifica IIPP. Zamagni / Annali dell’Università di Ferrara. forate sono del resto presenti tra i materiali dell'officina (Zamagni. Fig. Frammento di martelletto (a) dove si notano le tracce puntiformi (b) leggermente allungate dovute all'uso come percussore indiretto associato a uno strumento in selce. 4) (Negrino 2002. 5). Boschian G.000) ben si correla con l'elevato numero dei percussori e con le loro tracce di uso intenso. che prevedeva l'uso di percussori relativamente poco duri. volume speciale (2007) Questi strumenti sono perfettamente correlabili con la tecnica di scheggiatura. Fig. come per esempio la perforazione di conchiglie. De Stefani M. Particolari delle striature (c. mentre i talloni sono lisci. (1997): Les galets utilisés au Paléolithique supérieur. Atti 69 . 4. Scavi 1990-1999. & Revedin A. mentre trovano ampia diffusione in siti neolitici ed eneolitici italiani ed europei (Weisgerber. talora naturali. p. (2003): Il Riparo "Ermanno de Pompeis" presso l'Eremo di San Bartolomeo di Legio. Edifi. 2005). con diffusione in tutta la penisola italiana (Aranguren & Revedin. dovute al contatto ripetuto con materia litica (Fig. Riguardo ai due strumenti in selce (piccone e cuneo) non sono stati rinvenuti confronti in giacimenti coevi. (2005): Ciottoli con tracce d'utilizzo dai depositi epigravettiani di Cava Romita. Cyclope neritea e Natica sp. De Stefani & Peresani. Firenze. 243). Sempre attinenti alla tecnica di scheggiatura sono alcune lunghe strie longitudinali che si riscontrano sui margini di 5 reperti e riferibili ad una azione di raschiatura del margine del piano di percussione del nucleo. atta a smussare eventuali scalini o crestine (Fig. XLVIII: 187-222. Diecimila anni di storia intorno a una cava di diaspro. Ricci Lucchi F. 799-803.). Sci. Bochum. Zamagni B.I. Zamagni / Annali dell’Università di Ferrara.J. Dunham R. Classification of Carbonate Rocks. 2003.G. (2006): Manufatti in materia dura animale dal Riparo "Ermanno de Pompeis" presso l'Eremo di San Bartolomeo di Legio (Pescara). Atti della XXXIX Riunione Scientifica I. In: Campana N. In: Galiberti A. Archeologia in Valle Lagorara. Firenze. Una miniera di selce di 7000 anni fa. (2002): I percussori. Origines. (1962): Classification of Carbonate Rocks According to Depositional Texture. volume speciale (2007) della XXXVIII Riunione Scientifica I.A. (1980): Sedimentologia. Defensola.I.B. In: Ham W. (Ed. Die Suche nach dem Stahl der Steinzeit. Memoir. 947-950. Rassegna di Archeologia. Bologna. Nat. PortonovoAbbadia di Fiastra. (2001): Proposta di una scheda tipo per la classificazione e lo studio degli utensili litici da miniera (picconi e mazzuoli).. (a cura di). Weisgerber G. Galiberti A.P. Parte I. 1: 108-121. (a cura di).P. Materiali e tessiture dei sedimenti. 234248. Firenze.P. A. CLUEB.. 70 . Galiberti A. Protagon Editori Toscani. 125-140. Siena. (a cura di) (1999): 5000 Jahre Feuersteinbergbau. 2004. Mus.. (2005): Utensili per l'attività estrattiva e per lavori di supporto ad essa relativi. 18A: 3955.P. Firenze.P. Maggi R.E. Negrino F. fino alle zone umide con ippopotami. Nella importante sequenza stratigrafica si distinguono tre fasi insediative: la prima (archeosuperficie 3c) che poggia su uno strato di travertini che costituiscono la base della serie stratigrafica del giacimento. condotti dall’Università degli Studi di Ferrara in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni archeologici del Molise. Associati ai reperti ossei si ritrova un’abbondante industria litica costituita da strumenti su scheggia in selce. Università degli Studi di Ferrara. it is possibile to confirm that human groups that lived in Isernia La Pineta during the Middle Pleistocene. [The Pleistocene fauna of Isernia La Pineta (Molise): archaeozoological analysis of the US 3S1-5. tra i più importanti giacimenti preistorici fondamentali per lo studio dell’antico popolamento nel bacino mediterraneo. 1983. Thus. alle aree più boschive. Al tetto della serie stratigrafica. cui seguono livelli costituiti da sedimenti lacustri (ghiaie e sabbie). un’ampia biodiversità che è il risultato di ambienti naturali diversificati. ___________________________________________________________________________________ Introduzione Il sito di Isernia La Pineta si impone. popolate dai Cervidi. denominata archeosuperficie 3S10 e l’insieme faunistico oggetto di questo studio (US3S1-5).so Ercole I d’Este 32. hanno messo in luce una sorprendente quantità di resti faunistici e di manufatti litici.it ___________________________________________________________________________________ Abstract An archaeozoological and taphonomical analysis has been carried out on the macromammals remains coming from the sandy levels US 3S1-5 of the archaeological deposits of Isernia La Pineta (Molise. 1982. Gli scavi del giacimento. 1994. were the main factors of modification of the faunal assemblage. 2006). Il presente lavoro ha lo scopo di presentare i risultati conseguiti dallo studio archeozoologico effettuato sugli insiemi faunistici raccolti nel livello 3S1-5 del I settore di scavo durante le campagne di scavo 2000-2004 al fine di comprendere l’entità dell’intervento antropico nel loro accumulo.] Keywords: Middle Pleistocene. 1999-2000. Subsistence strategies. Coltorti et alii.com. 2006). assieme ai dati palinologici. come choppers e chopping tools in calcare (Peretto. tartarughe e uccelli acquatici (Sala. 1999. soprattutto denticolati e da strumenti su ciottolo. testimonianze di un’intensa frequentazione antropica avvenuta durante le fasi iniziali del Pleistocene medio. Peretto. Italy). si rinvengono livelli di ceneri vulcaniche (Delitala et alii. La seconda (archeosuperficie 3a) che giace sopra un notevole spessore di limo lacustre di origine alluvionale. L’associazione faunistica. 2005. da quelli a prateria aperta che favoriscono il pascolo ai grandi erbivori. è riferibile alle fasi iniziali del Pleistocene medio. c. grazie alla gran quantità di materiale archeologico rinvenuto. The study revealed that this assemblage has been modified by a relevant anthropic activity related to butchery actions as cutmarks and intentional bone breakage.thun@unife. Archaeozoology. by their intensive activities of exploitation and processing animal carcasses. Minelli & Peretto. I numerosi taxa presenti consentono di delineare. 2006). Rufo et alii. è stata rivolta all’analisi delle alterazioni delle superfici ossee per ottenere dati . probabilmente più frequenti sui rilievi circostanti il sito.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) La fauna pleistocenica di Isernia La Pineta (Molise): analisi archeozoologica delle US 3S1-5 Annarosa Di Nucci & Ursula Thun Hohenstein Dipartimento di Biologia ed Evoluzione. ursula. in cui si trova la terza superficie d’abitato. Particolare attenzione. I-44100 Ferrara annarosadinucci@hotmail. riconosciuta nelle archeosuperfici. 1). Per lo scheletro appendicolare si riscontrano frammenti attribuibili sia agli arti anteriori che posteriori. l’orso (Ursus deningeri) e l’elefante (Elephas (Palaeoloxodon) antiquus). Di tale specie. acoronatus) e la iena (Hyaena cf. Sci. mentre per quello appendicolare sono presenti Fig. Nat.52%) è imputabile soprattutto alla presenza di numerosi frammenti ossei diafisari. 1. 2). Isernia La Pineta. per lo scheletro assiale non sono stati identificati reperti attribuibili a tale porzione scheletrica ma. 2). Hyaena brunnea). che permettono il NRT US 3S1-5 % 1024 100. ammontano a 1024 (NRT). Rappresentazione del campione: numero totale dei resti (NRT). 72 . numero dei resti non determinati (ND).59% dei NRDt. la presenza di alcuni frammenti con dimensioni riferibili alla taglia del bisonte. tra cui 3 M3 destri e 3 M3 sinistri. clactoniana). frammenti mandibolari (3) anche con denti in connessione anatomica e frammenti di cranio (1). 2006). 1-2). frammenti craniali. denti isolati. numero dei resti determinati (NRD). Per lo scheletro assiale non si ha nessun reperto. le specie più rappresentate sono il bisonte (Bison schoetensacki). con 64 reperti che costituiscono il 34. seguita dal rinoceronte (Stephanorhinus hundsheimensis). Rappresentazione grafica della composizione faunistica. I reperti dello scheletro appendicolare sono pochi. di questa specie sono presenti numerosi resti dentari. Di Nucci & U. mentre 186 sono i resti per cui si è riusciti a giungere anche ad una determinazione specifica (NRDt) (Tab. 2). seguiti da frammenti mandibolari con denti in connessione anatomica e due frammenti di cranio. 1.A. (Tab. Il bisonte risulta essere la specie più rappresentata del complesso faunistico. dei quali 464 indeterminati (ND) e 560 determinati (NRD). Anche per questa specie i segmenti ossei maggiormente presenti. con un totale di 34 reperti costituisce il 18. tra i resti ossei determinati. rispetto a quelli posteriori dove sono stati identificati solo 2 tarsali. Isernia La Pineta. sono i denti isolati. Con un numero molto esiguo di reperti sono presenti anche il daino (Dama dama cf. La bassa percentuale dei reperti determinati totalmente (18.31 NRD 560 54. tra cui un cranio quasi completo. La presenza di 2 M3 destri permette il calcolo del NMI che è di 2 individui. 2): per il cefalico.16%) rispetto a quelli non determinati (45.16 Tab. tuttavia si nota la prevalenza di frammenti attribuibili agli arti anteriori. I segmenti anatomici più frequenti sono (Tab. Tab.31%) e determinati a livello anatomico (36. calcolo del Numero Minimo di Individui (NMI) che assommano a tre. 374 sono stati definiti solo a livello anatomico (NRDa). volume speciale (2007) tafonomici utili all’interpretazione dell’accumulo.52 NRDt 186 18. pari al 18. comunque. cranici e vertebrali (Tab.00 ND 464 45.92% dei NRDt. con 35 reperti. La composizione dell’insieme faunistico Il numero totale dei reperti rinvenuti nell’area esplorata e appartenenti al livello 3S1-5. con particolare riguardo al riconoscimento di qualsiasi evidenza o traccia che potesse essere ricondotta ad attività antropiche (Di Nucci. il cervo (Cervus elaphus cf. L’orso è la specie più rappresentata tra i carnivori. si sottolinea tra i NRDa (Tabb.69 NRDa 374 36. Sulla base del numero dei resti (Fig.38% dell’insieme dei resti ossei determinati (NRDt). si hanno soprattutto resti dentari (21). 1. Thun Hohenstein / Annali dell’Università di Ferrara. US 3S1-5. la cui determinazione a livello specifico è resa difficoltosa dall’elevata frammentazione dei reperti per fattori antropici e post-deposizionali. il megacero (Megaceroides solilhacus). Il rinoceronte è la seconda specie più rappresentata. 20022003). Mus. 2). US 3S1-5. numero resti determinati tassonomicamente e anatomicamente (NRDt). segnalata per la prima volta proprio in questo campione di studio (Sala. (Tab. frammenti mandibolari e cavicchie. numero resti determinati anatomicamente (NRDa). 86% dei NRDt). Di Nucci & U. metapodiali e falangi (Tab. invece. 1 1 32 2 2 1 1 1 2 3 1 1 1 1 1 1 1 283 3 2 1 2 3 2 1 5 64 3 1 9 15 374 Tab. rinvenute su una falange. p. Il numero esiguo di strie di macellazione identificato su reperti determinati non permette una ricostruzione dell’intero trattamento delle carcasse animali ma ne indica.A. Per quanto riguarda il Numero Minimo di Individui. sono rappresentati da 15 reperti (8. l’orso è rappresentato da due esemplari per la presenza di 2 P4 sinistri e 2 I3 sinistri isolati. la iena è rappresentata da un unico frammento distale di tibia destra che conserva parte della diafisi e tutta l’epifisi articolare. US 3S1-5. Diafisi Epifisi Metapodiale Sesamoide Malleolare Falange ind. NRDt NMI 4 34 2 1 20 1 5 35 2 1 1 2 1 2 1 1 2 1 1 1 2 7 16 1 1 15 1 3 21 2 3 5 3 4 3 18 1 1 1 3 6 1 1 11 17 8 16 2 2 4 l’esiguo numero di reperti. Mus. alcuni frammenti di vertebre (3). Coxale Femore Tibia Tarsale Metatarsale Falange post. 27). un frammento di tibia e una diafisi (Tab. 2005). Nat. Sul metatarsale e il metapodiale di orso. di coste (6). un metapodiale e una falange di orso). Analisi tafonomica Per quanto riguarda lo stato di conservazione delle superfici ossee. In misura notevolmente inferiore sono rappresentate le altre specie (Fig. permettendo un’analisi dettagliata delle superfici ossee e il riconoscimento di strie di macellazione su 6 reperti (un frammento indeterminato. tibia. comunque. Distribuzione dei segmenti ossei per specie e segmento anatomico.1.11% dei NRDt). si presentano come raschiature che decorrono lungo l’asse longitudinale della diafisi (Thun Hohenstein et alii 2005. che nel caso del metapodiale. denti isolati. 2): il daino e il megacero sono rappresentati da soli resti di palco ed il cervo da un unico M3 sinistro. documentano una delle prime tappe della macellazione e potrebbero comunque indicare il carattere saltuario di questa attività nei confronti dell’orso e confermare l’accesso primario ad alcune carcasse (Thun Hohenstein et alii. induce a pensare ad una azione di scuoiamento e/o disarticolazione. Thun Hohenstein / Annali dell’Università di Ferrara. un frammento prossimale di radio di rinoceronte. 2) sono profonde e ripetute e documentano un’azione di distacco di masse muscolari. Della totalità del campione esaminato (NRT 1024) 629 reperti presentano superfici ben conservate. Non è stato possibile calcolare il NMI per 73 Indeterminati 1 1 1 4 2 1 1 Rinoceronte Megacero Ungulati Elefante Cervide Bisonte Cervo Daino Orso Iena . 2. I Cervidi sono rappresentati in totale da 9 resti ossei (4. metapodiali e falangi. 1. volume speciale (2007) Segmento anatomico Corno/palco Cranio Mandibola Dente isolato Vertebra Costa Scapola Omero Ulna Radio Carpale Metacarpale Falange ant. tali tracce. I reperti più frequenti sono i denti isolati (15). sebbene non siano numerose. qualche azione: la presenza di numerose strie sul frammento di emimandibola destra di bisonte. seguiti da una porzione di bacino (ileo+ischio+acetabolo) sinistro. invece. 2). un frammento di mandibola di bisonte e un metatarso. una scapola incompleta.81% dei NRDt) (Fig. 2). esfoliazione e weathering con differenti gradi di intensità ed estensione. un frammento di mandibola. I reperti attribuiti all’elefante sono 20 (10. 2). sono state rinvenute strie di macellazione imputabili ad un’azione di scuoiamento. gli Ungulati. Le strie presenti sul frammento prossimale di radio di rinoceronte (Fig. una costa ed una diafisi. Sci. il Numero Minimo di Individui ammonta ad 1. tra cui denti isolati e frammenti mandibolari. Le evidenze di macellazione rinvenute su segmenti anatomici appartenenti all’orso sono di particolare rilevanza. una nella fossa massetterina e una in prossimità della branca montante dove si inserisce il massettere. strie imputabili ad un’azione di disarticolazione sono state. Tab. si osserva che i reperti esaminati presentano superfici diversamente interessate da fenomeni di alterazione quali erosione. Talora tali alterazioni hanno reso difficoltosa l’individuazione delle strie legate all’utilizzo di uno strumento litico e di quelle tracce originate a seguito di fenomeni di abrasione o calpestio. Isernia La Pineta. tra cui palchi isolati. Tab. un frammento di omero. Isernia. volume speciale (2007) Il numero totale di frammenti su cui è stato possibile osservare tali evidenze ammonta a 333 reperti dei quali quelli determinati a livello tassonomico sono 32. Delitala M. L’uomo e l’ambiente. Frammento prossimale di radio di rinoceronte (A) su cui si notano strie lineari che mediante l’osservazione al SEM hanno evidenziato le microstriature all’interno del solco principale (B. Collana Ricerche. orso (NR 4. & Minelli A. Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise «V. Molise. C. Nicoletti M. & Peretto.. metatarsale.. Peretto C. & Peretto C. (2005)...C. A. Nature. & Thun Hohenstein U. Antonella Minelli. Dunque. Isernia.. (1982): Reversed magnetic polarity at Isernia La Pineta. Bahain J. Di Nucci A. frequenza e distribuzione areale nell’archeosuperficie 3a del I settore di scavo.. Di Nucci A. Schmidt V. (ed. Peretto C. frammenti craniali.P) ed il gruppo di ricerca che ha svolto le attività di indagine archeologica sul sito. Thun Hohenstein U. Di Nucci & U. Corso di laurea in Scienze Naturali. (1999): I suoli d’abitato del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta. & Visentini P. Mus. le tracce di utilizzazione.. Gli insediamenti del territorio di Isernia. Thun Hohenstein / Annali dell’Università di Ferrara. I reperti paleontologici del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta. Minelli A. In Isernia La Pineta. L’analisi dei piani di frattura ha portato all’individuazione di un numero abbastanza elevato di reperti fratturati intenzionalmente. Tesi di laurea in Antropologia. Università di Ferrara. Natura e distribuzione dei reperti. Fig. Sala B.000 anni fa. Sala B. Feraud G. Carlo Peretto e Benedetto Sala (Università di Ferrara) per le utili discussioni sull’argomento. Rufo M. (2005): New 40Ar/39Ar. (1983): Datazioni argon-potassio sulla serie pleistocenica di Isernia La Pineta. elefante (NR 1. CERP. Fornaseri M. Voinchet P. Un accampamento più antico di 700. la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise. Sala B.A. Nat. Delitala M. Minelli A. Quaderni del Museo Archeologico del Friuli Occidentale. (2006): L’industria litica: l’industria in calcare del sito paleolitico di Isernia La Pineta. Giuseppe Lembo. femore. & Sevink J. è possibile affermare che l’uomo resta uno dei principali agenti di modificazione delle carcasse animali all’origine di questo accumulo. (1994): Le industrie litiche del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta. In Peretto C. la sperimentazione. Cremaschi M. McPherson A. il Centro Europeo di Ricerche Preistoriche (C. Cosmo Iannone Editore. 131: 11–22. Rivista di Scienze Preistoriche. Analisi archeozoologica delle US 3S1-5. Mariangela Rufo. che a volte presentano i caratteristici incavi di percussione e/o distacchi in faccia corticale e midollare. (2006): I Vertebrati fossili: le nuove specie rinvenute a La Pineta.. Italy. (a cura di). frammenti di tibia e metapodiale). (1999-2000): Industria litica di Isernia La Pineta (Molise). Cosmo Iannone Editore. 2: 171-173. Il bisonte è la specie che presenta più evidenze (NR 14. frammento di metatarso).....R. 2002-2003): Strategie di sussistenza adottate nel sito paleolitico di Isernia La Pineta.. 3: 54-69.. Ringraziamenti Si ringraziano in particolare i proff..-J. & Nicoletti M. omero. C) e la tipica morfologia a coda di cometa del punto di uscita dello strumento litico (D).A. Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise “V. Esu D. & Peretto C. 87-186. frammento di diafisi) e daino (NR 1.). (A. CERP. Preistoria in Molise. Minelli A.. Cuoco”. Ettore Rufo. In Peretto C. metacarpale. US 3S1-5. Il Quaternario. stratigraphic and palaeoclimatic data on the Isernia La Pineta Lower Palaeolithic site. Sci. a new lower paleolithic site in Central Italy. In: Malerba G. Marilena Cozzolino. Quaternary International. radio. In Peretto C. Lo sfruttamento di Ursus deningeri nel sito Paleolitico di Isernia La Pineta. L: 15-37.. frammenti di mandibola. 3: 36-38. mandibolari e di radio). Caratteristiche tecno-tipologiche. Tonon M. Bologna. Marzoli A. tibia. Cuoco». Preistoria in Molise: gli insediamenti del territorio di Isernia. la tipologia. Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise “V. Peretto C. 300: 173-176. tibia e diafisi). Minelli A.. Calderini Editore. unicamente frammenti mandibolari). 13-15 Ottobre 2003). C. documentato in particolar modo dalla presenza di strie di macellazione ed evidenze di fratturazione intenzionale. (1996): Gli animali del giacimento di Isernia La Pineta. (a cura di). Isernia La Pineta. Cuoco”. mandibola. Van Otterlo R. (1989): Note sull’avifauna del deposito di Isernia La Pineta. Conclusioni Lo studio archeozoologico e tafonomico del campione faunistico proveniente dai livelli sabbiosi 3S1-5 confermano un importante intervento antropico. Fornaseri M. Coltorti M. ungulati (NR 4. 6: 23-29..E. (a cura di) Atti del 4° Convegno Nazionale di Archeozoologia (Pordenone. in particolare: Marta Arzarello. cervidi (NR 2. Isernia. 74 . 2... Bibliografia Coltorti M.. Ton-That T. porzioni di cranio.. Peretto C. falange) seguito da rinoceronte (NR 5. Collana Ricerche. Rosalia Gallotti.. 65-66. l’ungulato dominante è lo stambecco con una percentuale del 17. riferibile alla transizione KesseltTursac.1% sul totale). sono riferibili al Gravettiano antico (Palma di Cesnola. 1990. Al di sotto del versante si estende la pianura foggiana. 1993). I livelli 23C e 22F I livelli 23C e
[email protected] ± 400 B.Foggia): exploitation of the distal portions of Bos primigenius limbs. è situata lungo la riva sinistra del Vallone di Settepende poco al di sotto di uno dei più bassi gradoni calcarei di origine cretacica (100-150 metri s. Experimentation carried out on the distal portions of cattle legs suggests. assicurò ai cacciatori paleolitici che frequentarono il sito un’ampia scelta tra le prede cacciabili: cavallo ed uro dovevano infatti occupare. the adoption of a probable chaîne opératoire. Questa particolare posizione. sono inclusi nell’ampia stratigrafia del deposito interno di Grotta Paglicci che copre un arco di tempo compreso tra il Paleolitico inferiore e l’Epigravettiano finale. di origine carsica. Limbs. per il vicino livello 23A e 28. il 23C. Sezione Ecologia Preistorica. for this type of skeleton. I resti di cervo e cinghiale sono stati rinvenuti in quantità inferiori. al confine di due ambienti molto diversi.) presenti sul fianco meridionale del Gargano. Sarfatti”. Università degli Studi di Siena.l.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Studio della distribuzione delle tracce antropiche sui resti di ungulati del Gravettiano antico di Grotta Paglicci (Rignano Garganico-Foggia): il trattamento delle frazioni distali degli arti di Bos primigenius Jacopo Crezzini Dipartimento di Scienze Ambientali “G. per il 22F4). ha fatto registrare una considerevole quantità di tracce antropiche presenti sulle superfici ossee: strie. cervo e capriolo erano probabilmente presenti. via delle Cerchia 5. nelle fasi climatiche più aride. sesamoides and phalanges of Bos primigenius. Un tale tipo di associazione testimonia un ambiente di prateria derivata da una fase climatica fredda e asciutta. condotta sui resti faunistici recuperati all’interno dei livelli 23C e 22F.2% sul totale dei macromammiferi ritrovati (Tab. le praterie e le steppe della pianura. oggetto di questo lavoro. I resti ossei recuperati all’interno del livello 22F mostrano una brusca diminuzione dei caprini con un forte aumento della presenza dell’uro (50. All’interno del livello più antico. I-53100 Siena . metapodial bones. ___________________________________________________________________________________ Il sito paleolitico di Paglicci Il sito paleolitico di Paglicci. accompagnato da una buona presenza di equidi e del camoscio. Segue l’uro.it ___________________________________________________________________________________ Abstract The taphonomic study of ungulate bones from two Ancient Gravettian levels of Grotta Paglicci (Rignano Garganico – FG). [Distribution analysis of anthropic traces on Ungulates remains from the Ancient Gravettian of Grotta Paglicci (Rignano Garganico .P.] Keywords: Taphonomy. Analisi tafonomica sperimentazione del materiale fossile e L’analisi tafonomica. tarsals. L’industria litica e le datazioni 14C che hanno fornito ambedue i livelli (28. comprende la grotta e l’attiguo riparo esterno.m. Bos primigenius. durante le fasi umide. incavi . Questa cavità. nelle macchie e nei boschi dei valloni. situato nel comune di Rignano Garganico in provincia di Foggia. has showed a large quantities of anthropic traces on the bone surfaces related to the exploitation of the carcasses with lithic tools. 22F and 2C. The observation of marks distribution on every single identifiable skeletal element of ungulate has pointed out the high quantity of traces on carpals.300 ± 400 B. mentre specie boschive come cinghiale. 1).P. camosci e stambecchi risiedevano invece nei dirupi a nord. Numero dei reperti determinati e relative percentuali dei macromammiferi recuperati nei due livelli gravettiani di Grotta Paglicci (Boscato. 76 . Asportata totalmente la pelle. il metatarso. Gran cuneiforme: confronto tra le strie presenti su un campione fossile (in basso) e quelle prodotte sulla superficie dello stesso osso nel corso della sperimentazione (in alto). si presenta racchiusa in un sistema di strutture fibrose (e non solo) intricato in ogni sua parte.6 Cervus elaphus NR 22 14 % 4. tarsali. Per le operazioni di taglio si sono utilizzate schegge di selce non ritoccata. Attraverso una sperimentazione condotta sulle porzioni più distali di zampe di bue domestico si è cercato di ricostruire una possibile sequenza operativa adottata dall’uomo nel trattamento di queste parti anatomiche. NR 22F 23C 73 25 % 15. volume speciale (2007) Equus ferus Str.2 Bos primigenius NR 235 28 % 48. Lo spellamento Lo spellamento è iniziato incidendo la pelle in norma dorsale. Appare quindi chiaro come. 2005). NR 23 20 % 4. Durante la sperimentazione questo osso è stato segnato in posizioni simili da azioni di taglio condotte per l’asportazione di legamenti e tendini (Fig. 2). Sci. molto rapide.2 12 Equus hydruntinus NR 40 21 % 8. gran cuneiforme. dalle quali. Una delle ragioni di operazioni tanto intense sembra desumibile dall’osservazione sperimentale. Le prove sperimentali (Fig.7 13. Sui resti di seconde falangi di uro recuperate negli strati gravettiani si registra una marcata varietà di tracce per natura e posizione: tagli profondi sul lato laterale. comprendenti la seconda fila dei tarsali (cubonavicolare. necessaria per staccare la pelle in prossimità della zona delle unghie. avvenute senza mai intaccare le superfici ossee sottostanti con la lama di selce. Crezzini / Annali dell’Università di Ferrara. metapodiali. di percussione e fratture provocate dall’utilizzo da parte dell’uomo di strumenti litici durante il trattamento delle carcasse (Boscato & Crezzini. in connessione con le altre ossa. a loro volta. Molti elementi di prime e seconde falangi provenienti dai livelli 23C e 22F presentano segni di taglio. NR 10 9 % 2 4. La seconda falange di bue. Strie “accessorie”. i resti di carpali. 1) sono state effettuate su zampe posteriori di vitello (11-12 mesi di età).2 10 Equus sp. provocate sulle prime falangi di bue domestico dal taglio dei fasci fibrosi dorsali durante la sperimentazione. sul collo dell’epifisi prossimale del metatarso ed è proseguito con un taglio lungo l’asse principale dell’arto. 1.5 17.7 Vulpes vulpes NR 5 28 % 1 13.3 Sus scrofa NR 29 13 % 6 6. si sono ottenute evidenze capaci di confermare o meno le metodiche adottate. Nat. 1. Tra le ossa degli ungulati rappresentati. con strie in posizioni analoghe. Le diafisi dei metatarsi di vitello coinvolte solo in questa operazione non hanno riportato segni.8 9.4 Capra ibex NR 37 36 % 7. hanno permesso di portare a termine in breve tempo lo scuoiamento. Cinque di questi resti sono riferibili a prime falangi di Bos primigenius e riportano evidenze in norma dorso-laterale e dorso-mediale. 2. La sequenza operativa seguita nella sperimentazione: 1) spellamento. non ha provocato strie sulle falangi. mentre una grande incudine ed un percussore sono serviti per la frattura delle ossa.4 Tab. la macellazione è proceduta di pari passo con l’osservazione del campione fossile. piccolo cuneiforme). a prescindere dagli obiettivi. in essi le tracce occupano esclusivamente i lati mediale e dorsale di questo tarsale. Considerando i reperti appartenenti a Bos primigenius. La rimozione dei fasci fibrosi principali L’esame del campione gravettiano mostra numerosi elementi di gran cuneiforme. Mus.6 6. Incisioni successive. di specie diverse. 1996. le falangi ed i sesamoidi.J. 2004). 3) frattura delle ossa in connessione anatomico. Anche l’azione più incisiva. 2) rimozione dei fasci fibrosi principali.2 Rupicapra sp. L’analisi tafonomica dei resti faunistici di Paglicci ha infatti suggerito alcune vie percorribili nelle prove sperimentali. falangi e sesamoidi di Bos primigenius riportano il maggior numero di evidenze. Fig. qualsiasi trattamento fatto su questi elementi richieda Fig. si presentano del tutto simili per morfologia e posizione a quelle rilevate sul campione gravettiano. “incastonata” tra la prima e la terza falange e sovrastata in parte dall’unghia. sia in norma dorsale che ventrale. strie in norma dorso-mediale e profonde tacche in prossimità della faccia articolare distale. si assicura alle falangi un appoggio più stabile rispetto a quello ottenibile trattando gli stessi elementi isolati. tutti riconducibili a Bos primigenius. In Fig. Tra queste. Molto interessante in particolare è l’elemento fossile che su questo lato riporta un incavo di percussione addossato ad una serie di strie. applicazioni dure e ripetute. 5). Tre resti riferibili a questi elementi ossei. coprendo quasi completamente la terza falange. Nel campione fossile esaminato in questo lavoro si è registrato un solo sesamoide prossimale di Bos primigenius segnato da interventi antropici. Evidenze simili sono state prodotte sui sesamoidi prossimali di bue sottoposti alla sperimentazione dal taglio delle strutture fibrose ventrali. La somiglianza dei danneggiamenti suggerisce come l’elemento fossile possa essere stato danneggiato nel corso di operazioni simili a quelle eseguite nella sperimentazione. Come possiamo vedere in Fig. La sequenza di interventi deducibile dalla sovrapposizione di questi segni può accordarsi con la procedura seguita nella nostra sperimentazione: frattura delle ossa preceduta dall’asportazione dei tendini e legamenti principali. due sono riferibili a prime falangi di uro fratturate in norma dorsale. volume speciale (2007) Fig. un solo sesamoide metatarsale di uro con evidenti segni di macellazione. tra il materiale fossile ritrovato si registrano un buon numero di falangi di varie specie fratturate intenzionalmente dall’uomo. inoltre. Interventi sul legamento ventrale sembrano essere le cause più ragionevoli di queste strie. La rimozione dei principali fasci fibrosi dorsali e ventrali ha consentito la successiva frattura di falangi e metapodiali per il recupero del midollo. I resti riferibili a terze falangi di bue e di altri ungulati recuperati a Grotta Paglicci non presentano segni di interventi antropici. La frattura delle ossa Grazie anche alla buona determinabilità che contraddistingue queste ossa. comprendono due frazioni di metatarsali ed uno di metacarpale. Crezzini / Annali dell’Università di Ferrara. la sperimentazione ha dimostrato come sia più vantaggioso agire su questi elementi scheletrici quando ancora si trovano in connessione anatomica con il metapodiale per mezzo di piccoli elementi fibrosi e cartilagini. All’interno del campione fossile esaminato in questo lavoro i resti di falangi e metapodiali di uro presentano numerose evidenze di colpi sul lato dorsale. particolare). E’stato infatti appurato in sede sperimentale come la presenza di queste morbide strutture attutisca. l’azione antropica è rappresentata sia da negativi di distacco che da strie in norma dorso-mediale. su due piccole porzioni prossimali. Parallelamente non si registrano danneggiamenti sulle superfici ossee delle terze falangi di vitello coinvolte nelle prove sperimentali.J. La scarsa probabilità di avere tracce su questo osso può essere imputabile al grande sviluppo dell’unghia che. 4 le zone di frattura presenti su una prima falange Fig. tanto da renderlo inefficace. Si segnala. Questo reperto porta una tacca sulla superficie esposta. 3 possiamo osservare le tracce presenti in norma dorsale sul campione gravettiano confrontate con quelle prodotte su una seconda falange durante la rimozione dei fasci fibrosi dorsali in sede sperimentale. Tra questi. Tali operazioni hanno infatti segnato questo piccolo osso nel corso delle prove sperimentali. l’analisi delle prime falangi di Bos primigenius può essere arricchita da confronti con i risultati ottenuti nelle prove sperimentali. E’ possibile così sfruttare al meglio la forza del colpo e di eventuali contraccolpi (Fig. la protegge dal contatto con gli strumenti litici. 3. il colpo atto alla rottura delle ossa. Nat. Le prove sperimentali si sono quindi concentrate su un tipo di frattura operata colpendo le ossa su questo lato. Procedendo in questo senso. Evidenze di fratture si registrano anche su frammenti di metapodiali. In tal modo. il cui sviluppo è stato interrotto dal distacco di una parte dell’osso (Fig. 77 . ponendo il lato ventrale delle ossa su di un’incudine. 4. Sci. Confronto con una prima falange aperta nel corso della sperimentazione (dx). Per quanto riguarda la rottura delle falangi. 4. Mus. Prima falange: frammento prossimale fossile con strie interrotte da un incavo di distacco (sin). Seconda falange: frammento distale fossile con strie in norma dorsale (sin) e elemento integro con evidenze provocate dal taglio dei fasci fibrosi dorsali in sede sperimentale (dx). (a cura di). & Visentini P. Gli spessi fasci fibrosi presenti nella zampa di questo ungulato infatti. almeno nella posizione. Boscato P. 6: 67-74.Sui resti gravettiani delle ossa di uro. 2) colpo su elemento in connessione anatomica. Sci. quasi certamente. fratturata in sede sperimentale e su un campione fossile hanno morfologie ben confrontabili. tarsali. volume speciale (2007) Fig. Comparazione tra un campione fossile (dx) e un frammento prodotto nella sperimentazione (sin).Le numerose tracce di frattura ritrovate in norma dorsale sulle superfici ossee dei resti di falangi e metapodiali di Bos primigenius (e non solo di questa specie) recuperati nei livelli 23C e 22F suggeriscono una rottura delle ossa avvenuta colpendo queste ultime sul loro lato dorsale. Pordenone. 1991. GERCAP edizioni. (1993): La campagna di scavi 1991 a Grotta Paglicci. L’Aurignaziano e il Gravettiano antico. San Severo. 5. Spellamento . le tracce di taglio sono rappresentate da strie sulle superfici dorsali del gran cuneiforme. 6. Palma di Cesnola. Riguardo all’uro però. L’osservazione di queste evidenze suggerisce la probabile esistenza di una metodica adottata dall’uomo nel trattamento delle frazioni distali delle zampe di questo bovide Prove sperimentali condotte sulle stesse porzioni degli arti di bue domestico hanno analizzato la seguente sequenza operativa: Bibliografia Boscato P. Questa sembra essere un’operazione indispensabile per la successiva frattura delle ossa. Fig. 9-16. metapodiali. appoggiando il lato ventrale di queste ossa su di un incudine. Illustrazione di due possibili procedure adottabili per la frattura della prima falange: 1) colpo su elemento isolato.. 2003. (1996): Grotta Paglicci: la fauna a grandi mammiferi degli strati 22-24 (Gravettiano antico-Aurignaziano). costituenti la frazione di arto esaminata in questo lavoro. Boscato P. In tal modo. falangi e sesamoidi di Bos primigenius riportano un alta quantità di interventi antropici. Palma di Cesnola A. Grenzi Ed. Tali tracce sono comparabili a quelle prodotte dalla rimozione dei fasci fibrosi principali sulle ossa di bue sottoposte alla sperimentazione. Protostoria e Storia della Daunia. La presenza di tendini e legamenti più grandi può infatti attenuare la forza dei colpi sferrati su falangi e metapodiali impedendone la rottura Frattura delle ossa in connessione anatomica . Atti XI Convegno Nazionale sulla Preistoria. Palma di Cesnola A. In: Armando Gravina (a cura di). 78 . & Crezzini J. (a cura di) Paglicci. 6).J. In: Giuseppe Clemente (a cura di). 1990. si assicura alle falangi un appoggio più sicuro rispetto a quello ottenibile trattando questi elementi isolati. Gerni edizioni. a quelli presenti in prossimità dell’articolazione prossimale dello stesso osso. Atti del XIII Convegno Nazionale sulla Preistoria. Atti del 4° Convegno Nazionale di Archeozoologia. non permettono il contatto tra i margini taglienti della selce e la superficie ossea di questi elementi scheletrici. i risultati ottenuti nelle prove sperimentali propongono altri interessanti confronti. Conclusioni Tra i reperti ossei di ungulati recuperati nei livelli gravettiani 23C e 22F di Grotta Paglicci. fratturato durante la sperimentazione attraverso un colpo dorsale (Fig. avvalorano l’ipotesi che il cacciatore gravettiano adottasse metodiche analoghe a quelle descritte in questo lavoro nel trattamento della frazione distale degli arti di uro. Mus. Protostoria e Storia delle Daunia. San Severo. questa operazione non sembra documentabile dall’analisi tafonomica dei suoi resti fossili. evidenze sui lati laterale e mediale delle prime falangi e segni di collocazioni diverse sulle seconde falangi e sui sesamoidi.Il trattamento della frazione distale della zampa di Bos primigenius da parte del cacciatore gravettiano aveva inizio. Rivista di Scienze Preistoriche. Nat. La sperimentazione dimostra infatti come lo scuoiamento non generi normalmente tracce sulle ossa delle frazioni distali dell’arto di bue. Le analogie tra le evidenze prodotte sulle ossa durante la sperimentazione e quelle presenti sui resti degli stessi elementi scheletrici del campione fossile recuperato a Grotta Paglicci. Metatarso: evidenze di frattura su porzioni prossimali. i resti di carpali. 49-62. Quaderni del Museo Archeologico del Friuli Occidentale. In: A. con lo spellamento. Rimozione dei fasci fibrosi principali . Un frammento prossimale di metatarso riporta negativi di colpo relativamente simili. Anche riguardo ai resti fossili riferibili a metapodiali precedentemente descritti. XLVI (1): 145-176. (1990): Sui risultati degli scavi condotti a Grotta Paglicci nel 1989. L’attività sperimentale ha evidenziato inoltre come sia più facile ottenere la frattura delle falangi colpendole quando queste si trovano ancora in connessione anatomica con il metapodiale grazie a piccole strutture fibrose e cartilaginee. (2004): I macromammiferi dell’Aurignaziano e del Gravettiano antico di Grotta Paglicci. (2005): L’uomo e la Iena macchiata. sfruttando al meglio la forza dei colpi e dei contraccolpi. 11-20. Tafonomia sui resti di ungulati del Gravettiano antico di Grotta Paglicci (Rignano Garganico – FG). In: Malerba G. Crezzini / Annali dell’Università di Ferrara. innanzitutto.it ___________________________________________________________________________________ Abstract The carpological researches on the specimens of the dwelling sites of “Villaggio delle Macine” (Castelgandolfo. osservati dal punto di vista planimetrico.. via S. in tal senso. Centro di Ricerche Archeobotaniche “ArcheoFlorae”. cornioli. Palaeocarpological analysis of the perilacustrine sites of “Villaggio delle Macine” (Castelgandolfo. Given a statistical value these data depict a tangible and objective image of the daily routines. Vitale 30. Sambucus ebulus L. Sia i pendii del cratere vulcanico del lago Albano. forniscono importanti informazioni per completare la ricostruzione del paleoambiente. caratterizzato da specie arbustive eliofile.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Ambiente ed economia di sussistenza nell’età del bronzo. altri reperti. Roma) and Castellaro Lagusello (Mantova) have provided important information in order to outline the paleo-environment and the economy of subsistence of local communities during the Ancient and Middle Bronze Age. I-48100 Ravenna c_leti@yahoo. confrontandone le peculiarità e sottolineandone differenze e analogie. soprattutto cereali. Prunus spinosa L. sulla varietà degli ecosistemi caratterizzanti l’ambiente perilacustre. il presente intervento si propone di esporre i risultati delle analisi paleocarpologiche condotte sui reperti di questi abitati perilacustri risalenti all’età del bronzo. trattati mediante flottazione e setacciatura con setacci a maglie fini ed infine determinati e conteggiati. Pile dwellings. Roma) and Castellaro Lagusello (Mantua): comparison among two realities. ma anche e soprattutto archeobotaniche. come altri giacimenti palafitticoli italiani ed europei. Università degli Studi di Bologna. grazie ai depositi asfittici di bacino lacustre.. condotte su vari campioni provenienti dai due siti. Rubus fruticosus L. nel contempo. Analisi paleocarpologica dei siti perilacustri di “Villaggio delle Macine” (Castelgandolfo. quali Ficus carica L. biancospini e diverse Rosaceae... noccioli. opportunamente prelevati. ___________________________________________________________________________________ Introduzione Castellaro Lagusello (Mantova) e “Villaggio delle Macine” (Castelgandolfo. Sambucus nigra L. Tutti i dati raccolti informano. Le deduzioni derivanti dalle analisi paleocarpologiche. Parte dei macroresti si è conservata per imbibizione. in entrambi gli insediamenti è comunque maggiormente rappresentato l’ambiente di margine boschivo. Roma). the archaeobotany research is mainly focused on agriculture and on the emergence and diffusion of the various agricultural practises. probabilmente come risultato delle operazioni cui sono stati sottoposti i vegetali prima di diventare parte integrante della stratificazione archeologica del sito. Vitis vinifera L. e Physalis alkekengi . si sono dimostrati veri e propri archivi di informazioni non soltanto archeologiche. specie che ben si adattano a substrati drenati e a climi temperati. Carpology. dell’economia di sussistenza e.] Keywords: Bronze Age. [Environment and subsistence strategies in the Bronze Age.. possono chiarire alcuni aspetti della distribuzione organizzativo-spaziale degli abitati. ci sono pervenuti carbonizzati. In the middle of the protohistorical revolution. such practises are still limited to the picking of wild species and the daily use of plants and constitute the elements that are deducible from the analytical data. i medesimi dati. sia le colline moreniche dell’area benacense. sede di Ravenna. durante l’età del bronzo dovevano essere ricoperti da una boscaglia termofila a latifoglie in cui vegetavano querce. Roma) e Castellaro Lagusello (Mantova): due realtà a confronto Marialetizia Carra Dipartimento di Archeologia. Fig. 1991. la testimonianza di Brassica napus HORDEUM TRITICUM CEREALIA Fig. è stata osservata in molti campioni l’associazione Polygonum/Chenopodium. (Carra. in particolare. anche da altre specie rinvenute in minore quantità. L’alimentazione era basata sui cereali (Figg. stagnanti ed eutrofizzate (Potamogeton cfr. A Castellaro. “Villaggio delle Macine”. del rovo. in sostanza. 35). per l’area laziale sono state identificate piante erbacee amanti di climi caldi e di substrati ben drenati (varie specie di Caryophyllaceae. sono le erbacee di sponda lacustre. accompagnati a “Villaggio delle Macine”. in particolare del fico. 1.). 2002. in particolare erbacee CEREALI PAPAVERO ALTRI COLTIVI FICO MORA ALTRE SPECIE EDULI appartenenti alle famiglie Cyperaceae. invece.. le cui caratteristiche ambientali ben si accordano a quelle delineate per le specie arboree con le quali condividevano. ricchi di sostanze organiche e azotate. del sambuco e del corniolo risulta a volte fin troppo accentuata. Maler. 3. Le considerazioni che derivano da quanto evidenziato mostrano un ambiente praticamente già molto simile a quello attuale. 1999.). La cerealicoltura. 1984.M. basica e ricca in minerali. i legumi. Lemna sp. Jacquat. 1). Ceratophyllum submersum L. secondo un abituale trend di frequenze attestato per l’età del bronzo anche in altri siti palafitticoli nazionali ed europei... principalmente su frumento (Triticum dicoccum Schrank. questo può essere collegato. Da Castellaro proviene. 1993. 2000-2001). 1993. Fugazzola Delpino et alii. producono molta semente). nell’area laziale. se non dal Neolitico. Carra / Annali dell’Università di Ferrara. favorite dalla componente pedologica vulcanica. 19881989. quali Panicum miliaceum L. Jones & Rowley-Conwy. tanto da sovrastimare l’attività antropica di raccolta di questi frutti spontanei (Fig. ma facenti parte di quei cereali che erano già presenti tra i coltivi fin dalla prima età del bronzo. La maggiore frequenza di alcune di queste piante. Castellaro Lagusello. Labiatae. Fugazzola Delpino. tipiche di acque calme. la stessa nicchia ecologica (Fig. Nat. Najas marina L. Triticum monococcum L.. e Setaria italica L. impiegato ovviamente come pianta tessile e il papavero da oppio (Papaver somniferum L. natans L. ghiaiosi o limosi. oltre a specifiche problematiche di natura postdeposizionale. Sci. dovuta al perdurare nei secoli delle medesime condizioni edafiche. sia in termini di numero di specie determinate che di singoli reperti conteggiati.) e le alghe (Chara sp. a rappresentare zone prative più aride che potevano trovarsi marginalmente o frammiste agli ambienti boschivi. 1999. Le principali tipologie di reperti rinvenuti. Rottoli.). Castelletti et alii. il lino (Linum usitatissimum L. che ben si sviluppa in terreni umidi sabbiosi. per esempio. Compositae e Labiatae. in entrambi i siti sono state rilevate anche tutte quelle specie tipiche degli ambienti di sponda lacustre.. Polygonaceae e Ranunculaceae adatte a substrati più o meno idrofili. 1999-2000. Tracce di altre coltivazioni riguardano. con una distribuzione delle associazioni vegetali del tutto analoga. L. Mus. volume speciale (2007) CAPRIFOLIACEAE CHENOPODIACEAE POLYGONACEAE RANUNCOLACEAE ROSACEAE MORACEAE SOLANACEAE ALTRO Fig. 2.).). Molto meno rappresentate. per citare solo le famiglie più numerose). tra cui spicca la fava (Vicia faba L. Ovviamente. Carra & Cattani. Triticum spelta L. anche alla diversa produttività di semi e di frutti in seno alle diverse specie (papavero e fico. largamente usato a scopo medicinale e narcotico. L. e Triticum aestivum/durum) e orzo (Hordeum vulgare L. Castellaro Lagusello. 80 . 2). dove questa associazione floristica non è stata riscontrata. Diversamente da Castellaro. Le componenti selvatiche. 81 . Per quanto riguarda l’analisi spaziale degli insediamenti. L. potevano venire tostati (in entrambi i contesti sono stati rinvenuti quasi sempre carbonizzati) o essiccati per renderli più appetibili e consentire una maggiore conservazione... per esempio. in particolare battitura e torrefazione.) Crantz. L. i petali del papavero e di alcune Compositae e i fiori dell’iperico (Hypericum sp. sembra essere suggerito dal ritrovamento di erbacee quali. a “Villaggio delle Macine” sono visibili alcuni accumuli di cereali in associazione a specie eduli selvatiche. delle bacche dell’alkekengi. AESTIVUM/DURUM T. MONOC/DICOC T. oleifera Del. Analisi dei vari tipi di frumento rinvenuti. Echinocloa crus-galli (L. DICOCCUM T. Mus. MONOCOCCUM T. che potevano costituire una fonte alimentare integrativa in periodi di scarsi raccolti.M. corniole. Atriplex sp. SPELTA TRITICUM SP. lascia supporre che i campi venissero sottoposti a frequenti arature e zappature (Maler. Carra / Annali dell’Università di Ferrara. Un altro aspetto legato all’alimentazione.. Brassica sp. 1999). a Castellaro è ascrivibile con un certo margine di certezza alla varietà selvatica.) Pollich. inibendo. SPELTA Fig. frutti di bosco (principalmente more e fragole). fichi. 5 “Villaggio delle Macine”. Taraxacum officinale Weber e di piante infestanti dei coltivi come Chenopodium album L. Tali T. DICOCCUM T. anche se non sono state riscontrate prove concrete dell’utilizzo di queste specie. ha reso possibile elaborare ipotesi concernenti altri usi dei vegetali. Castellaro Lagusello. per l’aumento della capacità conservativa in rapporto al cereale pulito ed una migliore difesa da muffe e parassiti. 4. Questi trattamenti avevano lo scopo di separare i cereali dalle erbe infestanti e dai frammenti di spiga. vegetale utilizzato per l’estrazione di olio. altra importante fonte di sostentamento era data dai frutti eduli di piante che vegetavano nei pressi degli abitati. Il ritrovamento di numerosissime furcule1 (a Castellaro questa tipologia di reperti supera di molto il numero delle cariossidi e copre quasi la metà dei macroresti determinati) induce a pensare che le operazioni di preparazione dei cereali. un ibrido. una sorta di regime di semiaddomesticamento. diventano più numerose le piante denominate “domesticoidi”. diversi da quello alimentare.. L’analisi di due siti che hanno conservato un così grande numero di resti carpologici. Le coltivazioni. Carthamus lanatus L. avvenissero all’interno dell’abitato. a costituire scorte alimentari per i mesi invernali. Per ciò che concerne la ricostruzione delle pratiche agricole. si preferiva lasciare le cariossidi avvolte nelle proprie glumette (pratica ben attestata soprattutto a “Villaggio delle Macine”). Silene alba (Miller) Krause. prugne e mele selvatiche. Infine. però. non ancora inquadrabile con sicurezza fra le specie coltivate. al contrario. Parliamo. Alcuni di questi frutti. quali le bacche dell’ebbio (Sambucus ebulus L. volume speciale (2007) T. delle more. A partire dall’epoca degli insediamenti.) Beauv. dei frutti del sambuco.) Schreber) e di altre Labiatae. per cui possiamo supporre l’impiego a scopo medicinale del lattice del fico.). delle viole. MONOCOCCUM T. 1984). ghiande e nocciole completavano la dieta arricchendola di vitamine e fibre. per esempio. del camepizio (Ajuga chamaepitys (L. Infine.. di Polygonaceae e Umbelliferae. nel contempo il processo di germinazione del chicco (Jones & Rowley-Conwy. in precise aree. per esempio.) e del corniolo sanguinello (Cornus sanguinea L. Vitis vinifera L. Camelina sativa (L. HORDEUM VULGARE ALTRO Fig.). esistono moltissime piante dotate di effetti curativi. Nat. a “Villaggio delle Macine” i dati morfometrici mostrano una prima evoluzione della specie selvatica. della corteccia e dei fiori del corniolo. di tutta quella serie di vegetali usati dall’uomo per ricavarne pigmenti per la colorazione dei tessuti. var. è stato osservato come a Castellaro non siano presenti aree di concentrazione di una singola varietà ma vi sia una distribuzione piuttosto uniforme dei macroresti all’interno dei quadrati campionati. indice certo di coltivazione.. presumibilmente. Valerianella dentata (L. opportunamente adibite a tali attività. la maggiore incidenza delle specie annuali infestanti dei coltivi rispetto a quelle perenni. L. Sci. oppure di spazi adoperati come scarico o latrine. (1989): Hauterive-Champréveyres 2. Preistoria Veronese. Ambienti e culture delle socità neolitiche. 7. come nel nostro caso (Jones & Rowley-Conwy. (2000-01): Zafferone selvatico (Carthamus lanatus) e cardo della Madonna (Silybum marianum). la diversità planimetrica registrata nella stratigrafia verticale della distribuzione dei reperti carpologici. La Marmotta (Anguillara Sabazia. In: C’era una volta Lazise. Les plantes de comunità nel corso del tempo. & Pessina A..L. In: Fugazzola Delpino M. l'âge du Bronze. Corso di Laurea in Conservazione Beni Culturali.C. Rottoli M. 84. Fugazzola Delpino M. Castelletti L. 8 (1-2): 8794. 184-191. 1. queste ultime normalmente identificabili dal rinvenimento di specie dai semi di piccole dimensioni allo stato non carbonizzato. Maier U. (1993): La Marmotta (Anguillara Sabazia. 8. (2002): Dati paleobotanici dell’insediamento di Castellaro Lagusello (MN). Lake Constance. 1 82 . 1984). Scavi 1989. Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. RM). Museo Friulano di Storia Naturale. Springer Berlin/Heidelberg. Germany.: Hornstaad Hörnle I A. piante raccolte o coltivate nel Neolitico antico a La Marmotta. In: Pessina A. Scavi 1989. D’Eugenio G. Sci. Archéologie neuchâteloise. (1988): Hauterive-Champréveyres. tenendo anche conto che le strutture dell’area insediativa sembrano essere state progressivamente spostate in base alle variazioni del livello del lago (cambiamenti rilevati anche su base archeologica). può essere interpretata come un cambiamento degli utilizzi degli spazi da parte della Bibliografia Carra M. l’utilizzo dello spazio insediativo e conoscere le molteplici nicchie ecologiche che contraddistinguono gli ambienti perilacustri. volume speciale (2007) concentrazioni potrebbero essere interpretate ipotizzando la presenza. Neri Pozza Ed.). 2° serie. le furcule fanno parte dell’asse centrale della spiga. è stato possibile contestualizzare gli insediamenti. Archéologie neuchâteloise. & Pessina A. Università degli Studi di Bologna. (a cura di). D’Eugenio G. Patrimonio Storico Artistico del Trentino. Campagne 1969-76. & Rottoli M. Bullettino di Paletnologia Italiana. ________________________ Elementi di sostegno della cariosside dei cereali. Carra M. Anguillara Sabazia (RM). Vicenza. Catalogo della mostra.. 84: 181-304. Nat. (a cura di). Un abitato perilacustre di età neolitica.A. Contributi ed aggiornamenti. & Cattani L. 91-92. Saint-Blaise. Catalogo della mostra. 8. (1991): Resti vegetali e alimentari da Lazise.M. Grazie all’indagine archeobotanica di queste due distinte realtà. Carra / Annali dell’Università di Ferrara.. (1999): Agricultural activities and land use in a Neolithic village around 3900 b. Scavi archeologici nella zona palafitticola di Fiavè–Carera. Castiglioni E. l’economia di sussistenza. Trento. Editions du Ruau. Un abitato perilacustre di età neolitica. Situazione dei depositi e dei resti strutturali. Settemila anni fa il primo pane. Mus. & Rowley-Conwy P. di un’area comprendente zone di focolari o di stoccaggio.. (A. Rottoli M. Saint-Blaise. Udine. in corrispondenza di esse. In: Aspes A. Vegetation History and Archaeobotany. appendice 1. Éditions Ruau. Jacquat C. Parte I. Bullettino di Paletnologia Italiana. Analisi paletnobotaniche: prime risultanze.C. (1993): “La Marmotta”. Catalogue des fruits et graines. RM). Jones G.A. avere dati sull’alimentazione. Studio paleocarpologico dell’insediamento palafitticolo di Castellaro Lagusello in provincia di Mantova. & Muscio G. Inoltre. Sezione Scienze dell’Uomo.A. (a cura di). Contribution à l’histoire de l’environnement et de l’alimentation.A. Bullettino di Paletnologia Italiana. 5: 124-125. Scavi 1989. Tesi di laurea in Ecologia Preistorica. Il sito della Marmotta sul Lago di Bracciano. 1999-2000): Economia di sussistenza alla fine dell’Età del Bronzo nell’area benacense. Jacquat C. (1984): Plant remains from the north italian lake dwellings of Fiavè (1400 – 1200 b. (1999): La vita quotidiana del Neolitico. In: Perini R. Les plantes de l'âge du Bronze. Fugazzola Delpino M. (a cura di). Antonino è posto su un’altura in “Pietra del Finale” (un calcare miocenico modellato da intensi fenomeni carsici). Data were collected on species. una buona conservazione dei resti ossei animali. During the excavations carried out at the castrum of S. con un culmine a 287 m s. ultimatesi nel 1998. per la maggior parte delle US protostoriche con fasi occupazionali. localizzato nell’ area D. while wild animals are less frequent and are represented by few elements of red deer and hare. . followed by pigs and cattle. da Rosanna Giovinazzo che ha analizzato anche i resti ossei relativi alla fase tardo antica ed altomedievale (Giovinazzo. Sheep/goat are the most represented animals. sia per l’esiguità di scavi incentrati su questo periodo fino ad ora condotti nella regione. in una fase preliminare. a. hanno consentito una buona conservazione della stratigrafia protostorica in una situazione orografica decisamente sfavorevole.. IV taglio. datata tra il XV e gli inizi del X sec. age at death. e da uno profondo. inoltre. Uno dei dati più eclatanti emerso durante le campagne di scavo a S. Antonino in una posizione rilevante nel quadro dell’archeologia della protostoria ligure. che in altre aree indagate ha comportato un ampio degrado dei terreni in posto. I taglio. Antonino a significant number of animal bones were collected. US 104. The exploitation of marine resources seems to be scarce. I-16126 Genova 2 Istituto di Storia della Cultura Materiale (ISCUM). [Archaeozoological investigations on the faunal remains from the site of S. The 950 identified animal bones have been recovered in ditches that are likely to have been used for discarding food.spinetti@alice. attualmente. skeletal parts. A partire dal luglio del 1982 sono state intraprese una serie di campagne di scavo dirette da Tiziano Mannoni e Giovanni Murialdo. Among the domestic species. the dog is also present. 1971). Laboratorio di Archeologia e Storia Ambientale (LASA). via di Sottoripa 129R/5. 2001). La fauna è stata studiata. La conformazione della roccia di base del sito e la sovrapposizione dell’insediamento tardo antico. height at withers and method of butchery.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Indagini archeozoologiche sul sito di S. relativi ad un suolo a lento accrescimento con una sovrapposizione di battuti fortemente antropizzati). (questa cronologia è stata ottenuta tramite analisi al 14C eseguite su carboni prelevati da un livello stratigrafico superficiale.it 1 ___________________________________________________________________________________ Abstract This study aims to analyse the role played by animal species in the economy of the settlement during the Final Bronze Age. Questa inattesa scoperta colloca. US 104. Questo approccio ha consentito di recuperare un numero elevato di reperti anche di dimensioni molto ridotte. Laboratorio di Archeozoologia.C. ___________________________________________________________________________________ Indagini archeologiche L’insediamento fortificato di S. situata nell’immediato entroterra di Finale Ligure in provincia di Savona (Boni. È stato quindi possibile evidenziare una prolungata sequenza stratigrafica. mediante setacciatura con griglia di 2 mm. Università degli Studi di Genova. Economy.] Keywords: Bronze Age. Antonino (Savona): la fase insediativa della tarda età del bronzo Alessandra Spinetti1. Gli scavi archeologici sono stati effettuati. sia per la quantità e tipologia dei reperti recuperati.m. L’elevata alcalinità del terreno ha consentito.l. il sito di S. Antonino è costituito dall’individuazione di una prolungata fase occupazionale relativa alla tarda età del bronzo. I-16124 Genova alessandra. Daniela Marrazzo1 & Rosanna Giovinazzo2 Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea (DISMEC). via Balbi 6. Faunal remains. Antonino (Savona): the Final Bronze Age occupational levels. Mus. non sono emerse strutture riconducibili a spazi abitativi conclusi. La fauna Benché i reperti archeozoologici si presentino. Ovis aries L. alcuni frammenti di cervo. consentono una buona valutazione delle diverse risorse carnee e casearie nell’alimentazione. I resti ossei della tarda età del bronzo presentano un’alta percentuale di frammentazione. pari all’86%. inoltre. o con cordoni ingrossati ad impronte digitate. a. lepre e malacofauna marina. a. quindi. infine. 2001). un rocchetto in terracotta ed.C. come fonti sui consumi carnei fornendo. I resti di mammiferi rinvenuti costituiscono il 94% dei frammenti ossei identificati e la maggior parte di questi appartiene alle specie domestiche di allevamento: ovicaprini. suini e bovini I reperti faunistici esaminati rivelano solo eccezionalmente segni di bruciatura ed anche le tracce di macellazione sono piuttosto rare. Camogli) e. Malacofauna marina Ostrea edulis Acanthocardia tubercolata Ossa determinabili Ossa indeterminabili TOTALE Tab. Canis familiaris L. parzialmente. sulla varietà della dieta. Eventuali capanne potevano sorgere nello spazio soprastante sulla pendice dell’altura. volume speciale (2007) Lo studio dei materiali ha fornito l’evidenza di una più intensiva frequentazione nell’età del bronzo recente (XIII a. quale spazio di sosta e di attività antropiche. Lepus europaeus Pallas Uccelli Indet. prevalentemente destinate alla conservazione degli alimenti. fusaiole. Spinetti et alii / Annali dell’Università di Ferrara. tutti i distretti scheletrici sono presenti. di cui 950 determinati. 1). % 225 313 378 6 24 33 40 - 1 2 - 1 - 11 13 950 5. Fauna selvatica Vertebrati mammiferi Cervus elaphus L. Essi.924 reperti ossei. una serie di punte di frecce con codolo in lamina di bronzo. più in generale. Nell’area D. essenzialmente. Specie animali identificate.) e che trovano confronti con altri siti liguri (grotta della Pollera. Tra queste sono attestate forme con decorazione degli orli e delle pareti incise o ad impressioni. conseguentemente.) ed una successiva contrazione delle tipologie riconducibili al Bronzo finale. S. una visione parziale del tipo di economia prevalente nella zona. La fitta sequenza di buche da palo rinvenute nei livelli d’uso non consente la sicura identificazione di eventuali abitazioni presenti nell’area. il loro studio può procurare importanti indicazioni sul sistema ecoculturale che li ha prodotti. suggerendo che gli animali venissero allevati in loco (Tab.A. Le ossa degli ovicaprini sono quelle maggiormente rappresentate. Antonino (Savona) Fauna domestica Vertebrati mammiferi Bos taurus L. 1. In generale. Zignago. in maggioranza provenienti dall’area D. ai quali potrebbero essere ricondotte almeno alcune delle buche da palo individuate. sulla parte sommitale o di crinale (Murialdo.C. scavata integralmente fino a raggiungere la roccia di base. 84 . Il campione relativo al periodo di frequentazione protostorica dell’altura e del successivo abbandono è costituito da un totale di 6. Sus domesticus/Sus scrofa L. con l’area padana nord occidentale e con la Francia sud-orientale. A queste si associano forme più rare in ceramica mediamente depurata o fine riconducibili ad una facies culturale corrispondente all’età del bronzo recente (XIII-inizi XII sec. Sci. Esso non era occupato da abitazioni ma forse da recinti.C./ Capra hircus L. e quella tardoantica e altomedievale. Le forme ceramiche individuate si riferiscono a produzioni locali in argille poco depurate. cioè sulla qualità dei regimi alimentari proteici e. L’ipotesi interpretativa si è orientata nel senso di un terrazzamento naturale impostato su un gradone roccioso utilizzato in modo intensivo e in un periodo prolungato. Antonino di Perti si propone come un’importante occasione per ottenere nuovi dati circa l’approvvigionamento carneo e le pratiche di allevamento in uso durante le due principali fasi di occupazione: quella protostorica. Nat. Di particolare interesse risultano una serie di oggetti rinvenuti nell’area D: spilloni in bronzo di diversa tipologia. e. illustrata in questa sede. un numero relativamente basso di ossa determinate (Tab.947 6. Vezzola. 2). L’insieme comprende anche gli unici resti di cane recuperati durante l’intero scavo. modellate a mano e cotte in ambienti scarsamente controllati.924 1 2 14 86 Lo studio dei resti ossei animali provenienti da S. Periodo P/R: XIV-X sec. von den Driesch. Payne. 85 . 1976). invece. ricavata dalla lunghezza totale degli astragali. Bovini. ha indicato una maggiore presenza di scrofe. Spinetti et alii / Annali dell’Università di Ferrara. 1969) e dall’eruzione e consumo dei denti mandibolari (Silver. I dati ottenuti tramite l’esame della saldatura epifisaria indicano che gli animali erano preferibilmente macellati in età sub-adulta.2 1. a differenza di quanto rilevato per le fasi successive.9 5. 1969. effettuata sulla morfologia dei canini. generalmente. Questo lascia supporre uno sfruttamento degli individui per i prodotti secondari nonché per la forza lavoro. tibia e metatarso (Fig. 1987) rivelano che la maggior parte degli individui veniva uccisa sia in età adulta. 1976). L’altezza al garrese delle pecore. 1982). Per quello che riguarda il calcolo dell’altezza al garrese. Ancora una volta. Le pecore risultano numericamente superiori alle capre.3 38. la misura media ottenuta è di 657 mm (Teichert. La presenza del cane è limitata ad un solo individuo rappresentato da sei frammenti ossei.8 8. da due scapole di cervo e due metatarsi di lepre. ovicaprini e suini: distribuzione degli elementi scheletrici. effettuato sulla lunghezza totale degli astragali. considerata la presenza di querce e lecci. volume speciale (2007) S. in un ambiente boschivo idoneo. I frammenti di ossa di bovino sono stati rinvenuti in quantità minore rispetto agli ovicaprini e ai suini. invece. Mus. cioè dopo aver sfruttato l’animale per ricavarne la lana. Ovicaprini: localizzazione delle tracce di macellazione (disegno modificato da A. intorno ai 36 mesi (Silver. 1969). von den Driesch. Sci.8 45.7 6. La fauna selvatica è testimoniata. La ripartizione sessuale. 2). I dati desumibili dalla saldatura delle ossa lunghe (Silver. 2. 1976).8 68. che dopo il quarto anno. Alcune scapole presentano tracce di macellazione così come alcuni metapodi (Fig. Antonino (Savona) Elementi Gruppo I scapola omero bacino femore Gruppo II radio ulna tibia rotula fibula Gruppo III cavicchie Gruppo IV mandibola mascella denti sciolti Gruppo V metacarpo astragalo calcagno metatarso falangi metapodi ossa isolate carpo/tarso % gruppi I II III IV V Bos taurus 1 9 5 3 6 4 4 4 102 7 6 3 8 36 15 12 Ovis aries / Capra hircus 2 15 6 3 3 2 14 1 3 5 2 251 4 15 5 4 25 8 10 Sus domesticus / Sus scrofa 10 11 6 10 7 14 7 9 2 122 15 6 7 5 48 12 22 Fig. L’analisi del grado di consumo dei denti ha evidenziato un livello piuttosto importante di consumo dello smalto della tavola masticatoria anche in animali stimati ancora in età giovanile. secondo i tempi di eruzione dei denti (Grant. I dati relativi all’età di morte indicano come. 1.7 Tab. 1969. tra gli animali macellati. indice di un allevamento e macellazione operate nel sito (Tab. Nat. Spinetti. 2). 1). che annoverano.2 11. momento in cui si ottiene la maggior quantità di carne con bassi costi di produzione. L’accelerazione del ritmo di usura potrebbe essere imputata ad un’alimentazione pesantemente condizionata dai frutti delle limitrofe boscaglie e dal probabile allevamento all’aperto. gli animali superassero i quattro anni di età e di come pochissimi venissero macellati allo stadio giovanile. 1975.A. segnala una media di 554 mm (Teichert. tra il secondo ed il terzo anno di vita. quasi esclusivamente verri.9 42.0 6. 8.3 0. metacarpo. tratto da Barone.6 36. tutte le parti dello scheletro risultano equamente rappresentate. I suini sono quantitativamente e qualitativamente ben rappresentati nel campione in esame.2 14. Le tracce di macellazione sono state rinvenute sulle porzioni distali del radio. (1976): A guide to the measurement of animal bones from archaeological sites. probabilmente allevato allo stato brado (le misurazioni effettuate sulle ossa lunghe sembrerebbero confermarlo). Oxford. Silver I. Nat. Gli ovicaprini. un insediamento fortificato nella Liguria bizantina. (1982): The use of tooth wear as a guide to the age of domestic ungulate. Tiziano Mannoni per aver messo a nostra disposizione la campionatura faunistica oggetto di questo studio ed il prof. la pesca e la raccolta di molluschi marini hanno lasciato poche testimonianze e non sembrano rappresentare un’importante risorsa alimentare. In questa fase la pratica della filatura risulta.und frühgeschichtlichen Schweinen. e Bibliografia Barone R. nonché sull’allevamento dei suini. (2001): Le risorse alimentari animali: i dati archeozoologici. essere testimoniata un’economia alimentare ampiamente basata su attività pastorali. (2001): La fase insediativa della tarda età del macellato tra il secondo ed il terzo anno di vita. 283-302. Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche. Bovini: localizzazione delle tracce di macellazione (disegno modificato da A. Amsterdam. A. Journal of Archaeological Science. ovicaprini. Thames & Hudson. Oxford. un insediamento fortificato nella Liguria bizantina. probabilmente mantenuti allo stato brado. La presenza molto rara di segni di combustione potrebbe suggerire un metodo di cottura basato sulla bollitura della carne ancora connessa a parti ossee. Archaeozoological Studies. volume speciale (2007) Fig.). 51-69. Spinetti. von den. Ringraziamenti Desideriamo ringraziare il prof. sfruttati per la carne ed anche per la lana. La caccia. con buona probabilità. (1969): Osteometrische Untersuchungen zur Berechnung der Widerristhöhe bei vor. 2). Spinetti et alii / Annali dell’Università di Ferrara. Teichert M. suini e bovini che sembrano essere state allevate in loco (Tab. infatti. Istituto Internazionale di Studi Liguri. invece.). In: Mannoni T. Istituto Internazionale di Studi Liguri. & Higgs E. Vigot Frères. Sci. Giovanni Murialdo per i dati di scavo. & Murialdo G. S. & Murialdo G. Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche.. (1975): Osteometrische Untersuchungen zur Berechnung der Widerristhöhe bei Schafen. L’animale destinato espressamente al consumo della carne era. (1971): La Pietra di Finale. New York. In: Mannoni T. Teichert M. Peabody Museum Bulletins. Tome 1. (eds. Ageing and Sexing Animal Bones from Archaeological Sites. 2. 1). il maiale. 109. (1969): The ageing of domestic animals. In: Wilson B. Murialdo G. (a cura di). 14: 609-614. Payne S. 1976). (a cura di). Antonino. Giovinazzo R. Grigson C. 86 . In: Brothwell D. Paris. (a cura di). tratto da Barone. oppure il completo distacco dal supporto scheletrico prima dell’arrostimento. Grant. Boni P. BAR Series. Pochi frammenti di molluschi marini sono le uniche testimonianze dell’esistenza di contatti fra il sito e la costa (Tab. dai resti delle tre principali specie domestiche di allevamento. 18: 102-150.T. Antonino. prevalentemente. Mus. London. quindi. verosimilmente. analogamente a quanto affermato per i bovini. (1976): Anatomie comparée des mammifères domestiques. Harvard University. come forza lavoro e macellati dopo i quattro anni. Ostéologie. Kühn-Archiv. & Payne S (Eds. Nel sito di S. S. 83: 37292.A. 639-656. Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Pavia. Antonino sembra. Science in Archaeology. bronzo. I bovini venivano utilizzati. In: Clason A. al termine del loro ciclo produttivo. ampiamente attestata da un numero significativo di fusaiole e da un rocchetto in terracotta. (1987): Reference codes for wear states in the mandibular cheek teeth of sheep and goats. Conclusioni Il materiale proveniente dai livelli di occupazione della tarda età del bronzo è costituito. Driesch A. venivano. 73-81. ossia il fenomeno potrebbe essere messo in relazione con il tipo di fibre utilizzato. sez. bitroncoconiche o . riscontrati nella maggior parte dei siti italiani dal Neolitico all’età dei metalli. 1973). 1976) o la Lagozza (Guerreschi. Di Fraia 2005. Inoltre. Università degli Studi di Pisa. come Fossacesia (Cremonesi. presentano dimensioni molto simili a quelle del Neolitico finale italiano e una sensibile riduzione del diametro col passaggio all’età dei metalli (Vaquer. Spinning. con un passaggio dalla predominanza di forme discoidali piatte o lenticolari a quelle biconiche. spools and loom weights. Chieti) Valentina Mistretta Dipartimento di Scienze archeologiche. dal momento che non necessitano di molte operazioni di preparazione e possono essere ritorte in un filo anche a mano. Appare probabile infatti che le fibre utilizzate per prime siano state quelle lunghe (presenti in quasi ogni tipo di pianta fibrosa. sottile).] Keywords: Late Bronze Age. Paletnologia e Etnologia. Le fuseruole sono rappresentate a Fonte Tasca da 87 esemplari in terracotta dalla morfologia piuttosto varia (Mistretta 2004. 1965). con la creazione di fuseruole adatte. come appunto le fuseruole biconiche.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Analisi funzionale dei manufatti relativi alla filatura e tessitura provenienti dall’insediamento del Bronzo Finale di Fonte Tasca (Archi. ma piuttosto strettamente legate a esigenze di tipo funzionale. which considers mainly the size and the weight of tools. doppio. Analizzando alcuni siti neolitici italiani. ad eccezione del cotone) in quanto più facili da filare. p. impugnato. have permitted to formulate some interesting conjectures about their role in the spinning and weaving and to reconstruct the complex activities carried out in the site. In questo caso si tratterebbe di fuseruole più leggere e veloci. p. che nelle fuseruole lenticolari e discoidali neolitiche ed eneolitiche si presenta sempre maggiore rispetto agli esemplari di età più tarda. che hanno bisogno di essere preparate per poter essere filate. Weaving. la Grotta dei Piccioni di Bolognano (Cremonesi. ad una evoluzione della tecnica di filatura. 1975). Moment of Inertia. ___________________________________________________________________________________ Lo scopo del presente lavoro è quello di introdurre l’utilizzo di formule matematiche da accostare all’analisi tipologica delle fuseruole al fine di proporre un metodo alternativo di analisi della funzionalità dei manufatti. Anche le fuseruole francesi di epoca neolitica. 194. [Functional analysis of spinning and weaving artefacts from the Late Bronze Age site of Fonte Tasca (Archi. Purtroppo un confronto più esauriente tra le dimensioni delle fuseruole neolitiche e quelle delle età successive si scontra con la penuria di dati disponibili in letteratura. è possibile seguire una variazione morfologica dal Neolitico finale all’età dei metalli. spesso. Le fibre corte invece. A functional analysis of spindle whorls based on the use of Moment of Inertia. poggiato a terra) e con il tipo di filo che si desiderava ottenere (semplice. prendendo in considerazione come fattori fondamentali il peso e il diametro. Chieti). In via di ipotesi potremmo attribuire tali cambiamenti nelle fuseruole. di Paleontologia umana. The results of the studies on the spools and the loom weights. potrebbero essere state utilizzate in seguito. composed by spindle whorls. la Rocca di Rivoli (Barfield & Bagolini. piano-convesse e sferiche nella quasi totalità dei siti esaminati. which are very numerous in Fonte Tasca. con il tipo di tecnica impiegata (fuso sospeso. I-56126 Pisa .it ___________________________________________________________________________________ Abstract This paper examines the evidences about spinning and weaving from the Late Bronze Age site of Fonte Tasca. 1967). via Santa Maria 53.valemistretta79@libero. 537). le dimensioni delle fuseruole sembrano diminuire leggermente: in particolare si assiste sempre a una riduzione del diametro. has allowed their influence on the thread production to be underlined. per le quali si è supposto un influsso dall’area settentrionale della penisola italiana. Tuttavia emerge la possibilità di considerare la variazione di morfologia delle fuseruole e soprattutto la diminuzione del diametro come indipendenti da tendenze del gusto. É dunque molto probabile che la lana venisse utilizzata come fibra tessile a Fonte Tasca. Tale formula è applicabile solo alle fuseruole di spessore costante. cioè quelle discoidali o cilindriche. 214-219). poiché fibre lunghe avranno bisogno di una maggior energia torsionale. Questo punto appare di grande importanza nel momento in cui. quelle con MI compreso tra 50 e 100 il 4% (2) mentre quelle con MI superiore a 100 solo il 2% (1).C. giustificare l’utilizzo predominante. mentre appare essenziale nel caso di forme biconiche o bitroncoconiche. infine. Nat.1 Lo spessore di una fuseruola rappresenta un altro dato di notevole importanza. Da recenti scoperte effettuate a Cipro. in Italia come in altre aree. In questa prospettiva. sebbene non sia da escludere l’utilizzo di altre fibre. misura peraltro presente anche su altri esemplari più piccoli. Naturalmente non è da escludere la possibilità che le fuseruole venissero realizzate anche con altri materiali. Osservando la formula del MI notiamo che raddoppiando il peso e mantenendo costante il raggio MI raddoppia. L’applicazione del MI permette di riscontrare in maniera molto veloce la capacità di filatura delle fuseruole. Sci. mentre un aumento presso la periferia causerà un rallentamento. Il diametro di perforazione di questa fuseruola è di 0. cioè la capacità di un corpo di mantenere costante la sua velocità senza rallentare né accelerare. Una fuseruola con MI maggiore avrà una velocità minore ma un tempo di rotazione maggiore (cioè si fermerà dopo). mentre una con MI minore avrà una velocità maggiore ma un tempo di rotazione minore. mentre quelle corte hanno bisogno di minore torsione. Per questa fuseruola si può ragionevolmente supporre un utilizzo finalizzato al raddoppiamento di due o più fili per la produzione di fili molto spessi oppure per la filatura di fibre molto resistenti.7 cm. sembrerebbe emergere come dato costante dell’età del bronzo un aumento dei caprovini finalizzato allo sfruttamento di prodotti secondari quali latte e lana (D’Ercole & Cairoli 1998. un cambiamento di dimensioni e di morfologia durante le varie fasi di occupazione di un sito testimonierebbe dunque un mutamento del tipo di fibra utilizzata o del tipo di filo prodotto. La necessità di realizzare tali manufatti in varie forme potrebbe. come ad esempio il legno che si conserva con maggiori difficoltà. possiamo ritenere la maggior parte delle fuseruole fosse utilizzata per la realizzazione di fili molto sottili e forse si può anche ipotizzare che l’intero ciclo di lavorazione delle fibre fosse finalizzato quasi esclusivamente alla produzione di un certo tipo di filato destinato o a tessuti particolarmente raffinati o ad attività speciali di cucito e ricamo. come ad esempio il lino. La presenza di poche fuseruole con MI maggiore di 50 potrebbe collegarsi alla necessità di ottenere dei fili di maggiore spessore in relazione a particolari 88 . Soltanto una fuseruola presenta un MI nettamente superiore alle altre (MI=425). È evidente che un MI basso indicherà una frequenza di rotazione molto alta ma un tempo di arresto breve e dunque la produzione di fili stretti e sottili. Per mettere in relazione il diametro delle fuseruole con il loro peso viene applicata la formula del momento d’inerzia. Ciò testimonierebbe che il medesimo fuso poteva essere utilizzato con fuseruole di peso e diametro diverso per realizzare fili di diverso spessore e consistenza. mentre un MI alto indicherà una frequenza di rotazione bassa e un tempo di arresto più lungo e dunque produzione di fili lenti e spessi. specialmente in presenza di una carena a spigolo vivo. mentre la compresenza di fuseruole di dimensioni diverse in una medesima fase di occupazione lascerebbe intuire una produzione diversificata di filati. mentre per le altre morfologie presenti a Fonte Tasca sono state utilizzate le formule relative ai solidi di riferimento che più si avvicinano alle forme in questione. Sulla base degli studi condotti sulla fauna in area centro-meridionale e settentrionale. poiché esso comporta un aumento del peso del manufatto che si ripercuote sulla sua frequenza di rotazione e quindi sul suo MI. Poiché a Fonte Tasca un’alta percentuale delle fuseruole ha un MI molto basso (compreso tra 3 e 50). Mus. ma purtroppo del tipo di fibra utilizzata non abbiamo alcuna testimonianza diretta. volume speciale (2007) cilindriche tipiche dell’età del bronzo. mentre raddoppiando il raggio e mantenendo costante il peso MI quadruplica. Prendendo 100 come valore arbitrario di riferimento. Dopo l’applicazione della formula agli esemplari rinvenuti a Fonte Tasca è stato possibile suddividere le fuseruole in base al valore di MI riscontrato.V. Lo spessore agisce diversamente a seconda del suo posizionamento sul raggio della fuseruola: un aumento di spessore in prossimità dell’asse di rotazione produrrà un aumento di velocità della frequenza di rotazione. della terracotta per la loro produzione. Mistretta / Annali dell’Università di Ferrara. Il diametro della fuseruola costituisce dunque il fattore più importante ai fini del processo di filatura. in genere più resistenti alla torsione. pp. volendo mantenere costante il diametro e il peso della fuseruola si vuole aumentare la sua frequenza di rotazione. Le fuseruole di Fonte Tasca erano perfettamente in grado di filare sia la lana che le fibre vegetali. emergerebbe la possibilità di considerare anche l’utilizzo di un particolare tipo di seta presente in area mediterranea già durante il II millennio a. Questo dato appare importante se posto in relazione al tipo di fibra utilizzata. Nel caso di fogge discoidali piatte di spessore costante questo parametro non viene preso in considerazione. inoltre. La formula generale del momento d’inerzia (MI) è: MI = ½ mr2 dove m indica il peso e r il raggio. consentendo di comparare in modo semplice i valori ottenuti su un campione anche molto consistente di manufatti senza dover per ognuno confrontare peso e diametro. notiamo che le fuseruole con MI inferiore a 50 rappresentano il 94% (45). Fratini. Di Fraia 2005. di filo arrotolabile sui rocchetti può far pensare ad un utilizzo per attività di cucito. Oltre a queste due ipotesi possiamo proporre un utilizzo molto simile a quello delle nostre odierne spagnolette (o “sigarette”): oltre alle dimensioni di molti rocchetti. Fossa 5 (Zanini 1998. Scarceta (Poggiani Keller. p. Di Fraia 2005. 537) tutti in terracotta e ripartiti in base alla morfologia delle teste. p. e quindi il loro numero potrebbe essere sottostimato proprio per tale motivo. Infatti durante il Bronzo finale appaiono i primi esempi di tessuti con armatura a diagonale e con applicazione di motivi decorativi. A Fonte Tasca sono stati rinvenuti 114 esemplari di pesi da telaio (Mistretta 2004. A questo proposito va segnalato che moltissimi esemplari presenti a Fonte Tasca possiedono dimensioni molto piccole. p. giacché essi si presentano davvero sporadicamente non solo in Abruzzo ma anche nel resto della penisola. Purtroppo l’esiguità dei dati a disposizione non mi ha permesso di analizzare il problema in maniera sistematica. d’altra parte l’esigua quantità di filo avvolgibile in tali rocchetti sembrerebbe compatibile più con inserti limitati che con la costruzione dell’intera trama. come testimonia l’alto numero di fuseruole. a calotta. 114-115). al fine di ottenere fili più spessi e resistenti da sistemare sul telaio come ordito. 1997). come ad esempio il telaio orizzontale. In effetti. pp. Il loro utilizzo può essere associato al lavoro sul telaio. la quantità. 194. Sci.V. Analizzando il peso. p. mentre per i fili destinati alla trama si utilizzassero fuseruole piccole e leggere. Nat. p. Il numero di pesi da telaio con peso superiore a 100 è di soli due esemplari. 1999). 111). p. più o meno fitto. 2006). volume speciale (2007) esigenze. Il numero di fili per ciascun peso determina anche il tipo di tessuto prodotto. generalmente esigua. che possono essere piane. p. p. Il ritrovamento di un numero così cospicuo di rocchetti in materiale fittile costituisce un’eccezione nel panorama italiano. 1995). leggermente convesse. lievemente concave. 130). Inoltre particolari motivi decorativi potevano essere applicati anche dopo che il tessuto era stato tolto dal telaio. ad eccezione di un unico esemplare a forma di subparallelepipedo. è possibile pertanto che con la specializzazione della decorazione su tessuto fossero necessari più rocchetti per tenere a portata di mano fili di diverso colore o materiale in modo da realizzare disegni colorati sui tessuti (Migliavacca 1993. non si può escludere la possibilità che venissero utilizzati anche altri tipi di telai che non lasciano alcuna traccia. Mus. 140). (piuttosto consistente) fa ipotizzare che il numero di manufatti 89 . da un primo parziale confronto tra pesi da telaio di fogge diverse presenti in vari siti italiani sembrerebbe che il tipo troncopiramidale sia sempre di dimensioni minori rispetto agli esemplari di forma discoidale o cilindrica (Mistretta 2004. Mistretta / Annali dell’Università di Ferrara. Poggio del Molino (Zanini 1998. 1981. ma il peso di alcuni frammenti. che costituisce il dato più importante per questi manufatti notiamo che esso si concentra essenzialmente tra i 50 e 80 g. 189). I rocchetti rinvenuti a Fonte Tasca sono finora 121 esemplari (Mistretta 2004. 1992). 194. che peraltro appaiono indispensabili nell’ambito di un’ampia produzione di tessuti. Stagno (Zanini 1998. lascia intuire che la scelta di una forma al posto di un altra celi particolari esigenze di tipo funzionale. 537). Un’altra interpretazione può essere formulata grazie al ritrovamento nel nostro sito di alcuni esemplari di dimensioni maggiori rispetto alla maggioranza dei rocchetti. quello verticale a due rulli o il telaio a tensione per la realizzazione di tessuti di piccole dimensioni. Inoltre molti siti che presentano tracce di attività tessile ne sono totalmente sprovvisti. che evidentemente a Fonte Tasca doveva essere in quantità notevole. abbastanza simili a quelle dei moderni supporti. che ovviamente necessita non solo di ritocchi ma soprattutto di giunture per realizzare capi più ampi. che potrebbero ben accordarsi con l’ipotesi di un utilizzo sul telaio. tramite il ricamo o il cucito o l’applicazione sul tessuto di altri materiali (Cataldi et alii. tutti di forma troncopiramidale. 133) e poi all’interno di altri insediamenti del Bronzo finale come Frattesina (Bellintani. La presenza costante di tale morfologia. dal momento che potevano essere utilizzati come spola per facilitare l’inserimento dei fili di trama tra i fili di ordito. Sorgenti della Nova (Negroni Catacchio. che rimarrà predominante anche in epoca storica. I pesi da telaio costituiscono la prova archeologica dell’utilizzo del telaio verticale dove i pesi venivano legati tramite un anello di corda o di metallo a gruppi di fili di ordito al fine di determinare un’adeguata tensione. La presenza di rocchetti in materiale fittile è testimoniata in altri siti. In questo caso si potrebbe pensare a supporti per lo stoccaggio del materiale filato. Sebbene il ritrovamento di pesi testimoni in maniera certa la tessitura con questo tipo di telaio. p. 1996. È possibile che lo scarso numero di rocchetti sia dovuto più che altro alla deperibilità di alcune materie prime: essi infatti potevano essere facilmente prodotti in legno o in canna. Madonna degli Angeli a Tocco Casauria e Martinsicuro (Di Fraia. È probabile che i rocchetti assolvessero più funzioni nel campo dell’artigianato tessile e certamente una comunità che praticava tali attività non poteva esserne sprovvista. È possibile ad esempio che. materiali questi che si conservano con molta difficoltà. I pesi di Fonte Tasca si presentano fortemente standardizzati nel tipo troncopiramidale il quale costituisce la tipologia caratteristica del Bronzo finale in Abruzzo come in gran parte d’Italia. giacché dimensioni maggiori avrebbero costituito un intralcio al lavoro. come ad esempio nel sito eneolitico di Maccarese con ben 38 esemplari (Rinaldi & Ciarico 2002. tuttavia il numero di manufatti presenti in ogni singolo sito è veramente esiguo e nettamente inferiore a quello di Fonte Tasca. magari per la produzione di tipi diversi di tessuti. a sezione trasversale triangolare. si ricorresse a fuseruole più grandi e pesanti. (1993): Lo spazio domestico nell’età del ferro. di Forno del Gallo a Beneceto (PR) e da Lucone di 90 . Bellintani P. II (25). Guerreschi G. Poster presentato al IV Congresso Nazionale di Archeometria. Le dune. quella del lepidottero Bombix mori. Chieti). (2002): Definizione dei gruppi morfologici. mentre a Lucone di Polpenazze tra i 500 e i 950 g. Fratini T. offrono risultati molto interessanti2. Negroni Catacchio N. Belgiorno R. Rosa di Poviglio (RE).net. come mostra il grafico nella Fig. Di Fraia T. Arethusa. Nell’abitato piccolo di S. 2 I pesi da telaio esaminati provengono dalle terramare di S. Tomaso Di Fraia che con i suoi preziosi suggerimenti ha contribuito alla realizzazione di questo lavoro. & Giuliani R. (1965): La grotta dei Piccioni di Bolognano nel quadro delle culture dal Neolitico all’età del Bronzo in Abruzzo. Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Per i manufatti di peso più consistente è ipotizzabile un utilizzo finalizzato alla produzione di stoffe diverse. Dal Bronzo al Ferro. Comunque si può ipotizzare. i pesi di Fonte Tasca sembrerebbero i più adatti a tesserli. Mus. e dunque non coevi al nostro sito. & Mayr A. Pisa. Annali del Museo. L’abitato del Bronzo finale. (1981): Sorgenti della Nova.. (1975) : La céramique Chasséenne du Languedoc. (a cura di). 17. Gavardo. (1967): Il sito della Lagozza di Besnate e il Neolitico superiore padano. (1976): The excavations on the Rocca Rivoli. Bibliografia Barfield L. nella Toscana centro-occidentale. A Forno del Gallo a Beneceto il peso è stabile tra i 600 e gli 800 g. Rinaldi M. Zanini A. Rivista di Scienze Preistoriche. Mistretta / Annali dell’Università di Ferrara. (1999): Tessuti e intrecci dall’insediamento di Lucone di Polpenazze (Polpenazze del Garda – Brescia). il team della missione archeologica dell’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Consiglio Nazionale delle Ricerche. 10: 79 e segg. Firenze. Polpenazze (Bazzanella & Mayr. 1. (1973): Il villaggio Neolitico di Fossacesia (Chieti). Le dimensioni e il peso dei manufatti di Fonte Tasca. (2005): Fonte Tasca. Bollettino del Centro Camuno di Studi Preistorici. (1998): Stagno. Una comunità protostorica e il suo territorio nell’Etruria meridionale. Tenendo conto del peso dei manufatti possiamo ipotizzare che il numero di fili per ciascun peso fosse piuttosto basso (poiché altrimenti i fili non avrebbero ricevuto adeguata tensione) e che. 2005). Tarquinia. ma sono tra i pochi di cui disponiamo per un confronto. In: Manfredini A. XXVIII: 245-297. Scienza e Beni Culturali. Nell’isola di Cipro.. 1. XIX. LV: 537. il lago. rocchetti e pesi da telaio di Fonte Tasca (Archi): un contributo all’individuazione di metodi e prodotti della filatura e della tessitura nell’età del bronzo finale. (1998): Archeologia in Abruzzo. Studio preliminare su alcune classi di manufatti. Bazzanella M. Studio archeometrico del materiale tessile proveniente da un corredo. Mistretta V. D’Ercole V. Rosa di Poviglio (BM) i reperti presentano un peso che varia da 290 a 1300 g. Padusa. Il II millennio a. In: Zanini A (a cura di). (1995) : Sorgenti della Nova.Verona. Pisa. Cataldi M. Un centro abitativo e artigianale dell’età del bronzo sulle rive del Fiora. Preistoria e protostoria delle civiltà antiche. Ringraziamenti Ringrazio il prof. Firenze: 132-133 Vaquer J. testimoniando quindi un aumento nel peso dei manufatti e un probabile cambiamento nel processo di tessitura.V. (1997): La Protostoria nella Valle del Pescara. Di Fraia T. Como. 8. Notiziario. era prodotta e lavorata solo in Cina (Belgiorno. quando la seta vera e propria. (2004): Fuseruole. ha scoperto alcune fibre di ‘seta tortricida’. & Ciarico A. Peso minimo e massimo riscontrato sui pesi da telaio con peso superiore a 100 dovesse essere superiore. Poggiani Keller R. Negroni Catacchio N. suddivisione in fasi e alcune considerazioni sulla cronologia del Bronzo Finale nella pianura padana orientale. 1 I pesi di Fonte Tasca presentano un valore ponderale notevolmente inferiore a quello di tutti gli altri pesi presi in considerazione e questo può indicare che la scelta del peso fosse fortemente influenzata dal tipo di tessuto che si voleva produrre e dal tipo di fibre utilizzate. Origini. Si tratta di reperti databili all’età del bronzo media o recente. confrontati con altri siti anche non coevi. Cremonesi G. Infatti nel caso di fili molto sottili. il mare. & Cairoli R. Sci. Foschi E. Museo delle Genti d’Abruzzo.Rosa di Poviglio Forno del Gallo Lagozza Lucone Ledro Fonte Tasca massimo minimo Fig. che a Fonte Tasca si producessero tessuti molto leggeri e raffinati. Classificazione. nell’abitato grande invece (BR) il peso dei manufatti varia dai 1200 ai 1600 g. Manciano. Giardini Ed. (2005): Cipro contro Cina per la seta più antica del mediterraneo.C. (1999): Scarceta di Manciano (Gr). 1999). Livorno. 1963-1968.. Nota preliminare. probabilmente destinati non solo al consumo locale ma anche all’esportazione verso altri centri. quindi. (1992): Frattesina di Fratta Polesine: il materiale ceramico conservato presso il museo civico di Rovigo. un ritrovamento che attesta la conoscenza di questa tecnica tessile in ambiente mediterraneo già all’inizio del II millennio a.C.L. volume speciale (2007) 1500 1000 500 0 S. Montalto di Castro. all’interno del complesso industriale cipriota di Pyrgos-Mavroraki. Storia di un metanodotto tra industria e cultura.pyrgos-mavroraki. Cremonesi G. Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Montedison Ed. i tessuti prodotti fossero poco fitti. come quelli prodotti dalle nostre fuseruole. Preistoria Alpina. Nat. Origini. Roma. XXVI: 171-223. Atacina. diretto da Maria Rosaria Belgiorno. probabilmente adoperando fili più spessi. & Bagolini B. Migliavacca M. Consultabile su www. 1995-1996: 447-477. 29: 110-112. Tipografia Editrice Antonio Noseda. 103-115. (1996): L’abitato dell’età del bronzo finale di Fonte Tasca (Comune di Archi. (2006): Necropoli villanoviana dei Monterozzi (Tarquinia). al di là del tipo di fibra utilizzata. cattabriga@comune. che rappresentano scena di caccia ideali ed eroiche e sembrerebbero celebrare il ruolo del signore etrusco. quali l’introduzione del cavallo domestico e la diffusione dei metalli. environment's conditions. 1985. where hunting remains an important activity also for alimentary aims. e nonostante la selvaggina continuasse ad abbondare negli ambienti circostanti. che l'animale "preferito" fosse il cinghiale. via San Vitale 30. che migliorarono l'efficacia delle armi. ma anche nella produzione artigianale. soprattutto nelle società che svilupparono un'organizzazione sociale ed insediamentale complessa. Questo significato originario però. Wild mammals. per frequenza di rappresentazione. [Hunting in Pre-Roman Italy: between subsistence and prestige. 2000).fe. inoltre. un privilegio esclusivo riservato al ceto aristocratico.] Keywords: Archaeozoology. in modo che l'attività venatoria divenisse appannaggio delle sole classi più elevate e che sembrasse donare prestigio a coloro che vi si cimentavano. Not even the efficacy of weapons. the importance of hunting decreased. owing to metal introduction. in una recente revisione della faune rinvenute in Etruria propria (De Grossi Mazzorin. Per quanto riguarda gli Etruschi. la caccia rappresentava un elitario esercizio fisico. social and cultural appearances.curci@unibo. hunted only for power and prestige. Probabilmente per questa popolazione. che trasformò radicalmente l’economia delle comunità antiche. si è arricchito di nuovi aspetti: con l'avvento della domesticazione dei mammiferi.it. Galloni. when hunting lost its original economic subsistence role. in Northern Italy. the peculiarity of the site of Monte Bibele. Si può dedurre. Hunting strategies. le pratiche venatorie persero il ruolo centrale che detenevano nella sussistenza dell'uomo paleolitico. nonostante non contribuisse più da tempo al sostentamento delle comunità (Anderson. Celtic and Etruscan populations. In fact. Roselle o Populonia: il cervo e il cinghiale erano le prede maggiormente cacciate anche se. sede di Ravenna. nel corso del tempo. induces to search out the real role of chase for these communities who lived in the same geographical district. infatti. si attesta anche la caccia alla lepre e ai volatili. between economic choices. for example. In età protostorica. nonostante le tecniche di predazione avessero subito importanti innovazioni. Before the Roman Period. the primary significance of hunting has enriched itself by new aspects since the Neolithic age. increased the economic weight of hunting that will become a prerogative of the nobility. as social organisation complexity grew. A seguito della rivoluzione neolitica. in ancient societies. after mammals’ domestication. mentre fosse praticamente inconsistente nella documentazione dei centri più grandi come Cerveteri. Università degli Studi di Bologna. I-48100 Ravenna s. 2006).Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) La caccia nell’Italia preromana: tra sussistenza e prestigio Sara Cattabriga & Antonio Curci Dipartimento di Archeologia. del quale possediamo testimonianze in ambito funerario. Dalla letteratura non emergono dettagliatamente le abitudini cinegetiche delle popolazioni italiche preromane: possiamo comunque supporre che queste avessero sviluppato una buona attitudine alla caccia. l'importanza economica della caccia risulta sempre piuttosto marginale. in questo periodo. la caccia rivestì un ruolo fondamentale nel procacciamento delle risorse carnee e nel garantire l'apporto proteico necessario alla sopravvivenza. ___________________________________________________________________________________ Sin dai tempi più remoti della storia del genere umano. la caccia diminuì progressivamente e talvolta scomparve completamente.it ___________________________________________________________________________________ Abstract During human evolution. antonio. è stato evidenziato come l’attività venatoria venisse praticata soprattutto nei piccoli centri come San Giovenale e Gran Carro. L'aumento della complessità sociale e culturale nelle comunità protostoriche influenzò probabilmente la disomogenea disponibilità di armamenti all’interno delle comunità. seguito dal . poiché la prolificità di queste specie poteva compromettere le colture agricole.4 0.0 35.3 31.4 2.Largo Europa.5 1.0 19. è attestata minimamente e non essenziale alla sussistenza.5 2.1 34.6 1.5 25. Nat. di visibilità all'interno della società celtica (Galloni.2 0. Curci et alii.2 14.0 1. Curci / Annali dell’Università di Ferrara.5 34.8 2.0 59.3 0.0 41.7 0. invece.0 11.7 12. i felini. Cattabriga & A.4 Tab. notevolmente rappresentato nell’arte celtica come simbolo di forza e di potere.1 0. area 1000 Padova .8 1.4 3.1 27.1 42.4 2.7 35.4 0. Per ciò che ci è noto sui Celti transpadani.2 27.1 5. era frequente presso i Celti. 2002.0 3.6 46. Sci.0 5.0 2.9 47.4 26. 2000). Méniel. Queste ultime erano spesso usate per la caccia alla lepre.1 0. Lo storico latino Arriano scrisse: “Coloro fra i Celti che cacciano sono fortunati e ricchi. lo spiedo e l'ascia.9 36.2 2.4 2.1 2. Percentuali del numero dei resti dei siti dell'Italia settentrionale preromana. la caccia si trasforma da pratica ad arte: l'aggressività e l'istinto si trasformano in saggezza formata da conoscenze e regole e il diletto acquisisce il posto delle necessità.1 0.3 3.C.3 0.2 0.7 33.6 1.via dietro Duomo.5 0.0 6.5 0.6 3. 3.0 25.0 1. costruito su Altri mammiferi selvatici Ovicaprini Cinghiale Capriolo Maiale % NR Barchessone Cappello (MO) Baggiovara (MO) Bologna (via Santa Caterina) Cabriolo (PR) Casale di Rivalta (RE) Castelrotto (VR) Colognola (VR) Forcello (MN) Gradisca (GO) Marzabotto (BO) Mirandola .0 21.8 21. anche la caccia ai cervidi per limitarne la popolazione. 1).4 0. la mazza.1 15.2 0.1 36. 2000. Curci & Cattabriga.4 2. spade.6 3.5 0.1 1. Cattabriga.5 0.0 19.5 1. 2005.1 0. Mus.0 22.0 2. poiché costituiva uno strumento nobilitante.0 2.8 68.8 1. XII).2 37. mentre solitamente l'attività venatoria.S.7 5.6 1.1 55.5 1. l’orso.2 48.6 1.Miseria Vecchia (MO) Monte Bibele (BO) Montereale (PN) Oderzo (PD) Padova .9 0.0 1. informano che nella tradizione ellenica già a partire da tempi molto antichi. Per quanto riguarda la caccia al cinghiale.0 1.0 25. soprattutto indirizzata ai grandi mammiferi.4 3.2 0. Gli altri animali selvatici come il lupo.0 14.. 2006).0 1. che era considerata meramente alimentare e Cavallo quindi di tipo servile.7 0.1 24. volume speciale (2007) cervo. L'interesse particolare per un approfondimento relativo al ruolo dell'attività venatoria presso le comunità di età preromana è sorto esaminando i dati sulle faune rinvenute nel sito etrusco-celtico di Monte Bibele. sulla sua sommità si trova l’abitato. Si praticava l'attività venatoria quasi esclusivamente in gruppo. coltelli.5 39.9 4. Dal mondo greco alcune fonti. 2000.2 15.1 2.1 1.0 60. la volpe ecc.5 21.3 54.0 16.1 0.0 35. a.4 2.4 0.0 11.0 21. come Senofonte. Le fonti sui Celti ci rivelano che gli strumenti maggiormente utilizzati per la caccia erano spiedi.6 15.8 17.1 2.5 3.0 0. la caccia "leggera" ai volatili era anch'essa comune.0 22.4 28. denominato più precisamente Pianella di Monte Savino.0 40.5 0.6 28.6 1.0 46.9 15.8 36.2 0.3 1.5 1.0 14.0 2.0 0. ma la caccia doveva possedere un ruolo importante anche dal punto di vista del prestigio culturale che donava (Cinegetico.8 32.5 0.3 0.4 4.1 0. fase V Pozzuolo (UD) Santorso (VI) Spina (FE) Spina (FE) Saggio A Stufels (BZ) Vadena (BZ) Verucchio (RN) 2.0 24.5 20.6 30. sono scarsamente rappresentati ma dovevano essere necessari per il rifornimento di pellicce e di denti per i monili.1 34. soprattutto se questa era indirizzata alla cattura di cinghiali.9 50.4 0. spesso attaccati da questa specie.5 6.8 0.4 38. doveva avere la stessa importanza della guerra.0 0.9 5. oggetto di studio da qualche anno (Curci et alii. 1987).0 0. databile tra il IV ed il II sec.9 0.0 54.0 14.1 1. in provincia di Bologna.5 1. 1. si può affermare che fra le prede più ambite vi fossero le lepri. cui era associato anche il prestigio sociale. 92 Uccelli Rettili Cervo Asino Cane Pesci Bue .9 43.2 32. arco ma anche trappole e reti (Galloni. a piedi ma anche col carro e spesso con l’aiuto dei cani (Camporeale.3 30. 1984).3 0.0 30.5 0. i cervi e i cinghiali: soprattutto la caccia alla lepre era quasi sicuramente una necessità per proteggere i raccolti nei campi agricoli. Il massiccio di Monte Bibele si colloca tra le valli dei fiumi Idice e Zena.0 22. mentre gli strumenti utilizzati maggiormente erano l'arco.2 0.4 7.4 46. non cercano cibo ma il nobile piacere” (Cynegeticus.1 31. 2005 PETRUCCI. IV-II sec. e Colognola e Miseria Vecchia. 1990 RIEDEL. si nota come a parte Monte Bibele e il sito etrusco di Spina. è eccezionale dal punto di vista economico poiché si potrebbe ipotizzare che la sussistenza fosse ben integrata dall’utilizzo della risorsa carnea fornita dalla fauna selvatica. 1992 CURCI et alii.C. 1978 RIEDEL. 93 . i cui resti presentano chiare tracce di macellazione che ne confermano lo Sito Cronologia Cultura Etrusca Etrusca Etrusca Etrusca Etrusca Retica-Etrusca Retica Etrusca Castellieri Etrusca Etrusca Etrusca-Celtica Castellieri Paleoveneta Paleoveneta Paleoveneta Paleoveneta Paleoveneta Greco-Etrusca La Tene Retica Etrusca sfruttamento alimentare. 1997 Ambiente Pianura Pianura Pianura Pianura Pianura Pianura Pianura Pianura Alta Pianura Collinare Pianura Collinare Pedemontano Pianura Pianura Pianura Alta Pianura Pedecollinare Pianura Montano Pedemontano Collinare VI sec. che variano tra loro per complessità insediative. 1995 FARELLO. a. 2002 FARELLO. a. a.C. 1995 FARELLO. Considerando i dati relativi alle faune selvatiche di Monte Bibele (Tab. a. Colognola (VR) V-IV sec. 1995 FARELLO. Questi valori apprezzabili hanno indotto a riflettere sul loro reale significato. 2000.C. a. seguito dal cinghiale.C. nonostante l'economia di sussistenza sia fondata principalmente sull'allevamento delle specie domestiche. gli altri siti presenti in letteratura relativi al settentrione della penisola nell'età del ferro.C. CATTABRIGA. 1983). il quadro che emerge da questa notevole e diversificata attività venatoria. 1993 TAGLIACOZZO & CASSOLI. 1998 CASSOLI & TAGLIACOZZO 1991 RIEDEL. come il lupo. a. 1985 RIEDEL. sia dal punto di vista quantitativo sia da quello qualitativo. www. Bologna . Sci.fararcheo. dal capriolo e dagli altri mammiferi selvatici caratteristici dell’ambiente boschivo che circonda il sito. L'abbondanza e la tipologia di tracce di macellazione rinvenute sui resti.C. Marzabotto (BO) V sec. dall’età protostorica in poi.4% NR. V-II sec. 1993 FARELLO. avesse una posizione di rilievo nell'economia del villaggio. tipologia culturale delle popolazioni e contesti ambientali. ed essendo rivolta ad una copiosa varietà di specie animali. confermano che si tratta di risultati di battute di caccia a scopo alimentare.Largo Europa Padova – Via dietro Duomo Pozzuolo (UD) Santorso (VI) Spina (FE) Stufels (BZ) Vadena (BZ) Verucchio (RN) IV-II sec. a. è legata alla manifestazione del prestigio delle classi sociali più abbienti. VI-IV sec. V-II sec.C. Tipo Insediativo Villaggio Strutture produttive Città Insediamento Centro protourbano Villaggio Abitato Centro protourbano Villaggio fortificato Centro protourbano Villaggio Villaggio d'altura Strutture abitative Strutture produttive Abitato fluviale Abitato fluviale Castelliere Villaggio Abitato Insediamento Abitato Villaggio Bibliografia FARELLO. Forcello (MN) VI-V sec. il bestiame e le popolazioni dagli animali selvatici pericolosi.C. Baggiovara (MO) Barchessone Cappello (MO) IV sec.C. Cattabriga & A. V sec. CÀSSOLA GUIDA et alii. Nat. VI-IV sec. Un’altra possibile interpretazione dell’attività venatoria. 1992 TAGLIACOZZO. a. a. Curci / Annali dell’Università di Ferrara.C. il gatto selvatico ed il tasso. Prendendo in esame. la caccia svolge quasi sempre un ruolo marginale. a. costituendo una delle risorse di sostentamento integrativa. a. Casale di Rivalta (RE) V-IV sec. V-IV sec.C.9% NMI) appartiene ad animali selvatici. Cabriolo (PR) VI sec. con notevole varietà di specie caratteristiche dell'ambiente montano-boschivo. era l’animale maggiormente cacciato (quasi 12% di tutte le faune). a. 1987 PETRUCCI. Mus. 1984b. accompagnata da un'assenza quasi totale di resti di palco. per il rifornimento delle pelli e pellicce e per ottenere le materie dure di origine animale.C. i resti degli animali selvatici siano molto scarsi (Tabb. tra quelli minori. l’orso.C. Mirandola (MO) Monte Bibele (BO) Montereale (PN) Oderzo (PD) Padova . 1996 FARELLO. infatti. 2002. dove. a. 1984a SCARPA. 1) emerge che il cervo. 1992 RIEDEL. a. 2006.C. Elenco dei siti dell'Italia settentrionale preromana considerati. a Monte Bibele.it FARELLO. Questa particolare importanza economica della caccia a Monte Bibele.C.C. A Monte Bibele invece. 1-2). In questo sito. La prima impressione è che la caccia. Tab.C. senza fini legati a necessità alimentari. non dirette esclusivamente al recupero di pelli o di materia prima.Via Santa Caterina V sec. V sec. Gradisca (GO) V sec. potrebbe essere interpretata come una sorta di anomalia nell'Italia settentrionale preromana. IV-II sec. le quali possedevano i mezzi adeguati per cacciare e traevano piacere nella pratica del diporto in sé. CURCI & CATTABRIGA. che probabilmente era esercitata per proteggere il raccolto.C.C. rispetto a quelle derivate dalle specie domestiche. con strutture in muratura e un sistema stradale complesso (Vitali. del quale si evidenzia la predominanza di resti postcraniali. pur essendo presenti contesti non dissimili dal punto di vista ambientale.C. tra i centri più grandi. 2. VII sec. 1996 TAGLIACOZZO & FIORE. 1986 RIEDEL. a. Castelrotto (VR) IV-II sec. Tale quadro è interpretabile come limitata rilevanza economica della caccia. a. volume speciale (2007) terrazzamenti per un’estensione di circa 7000 mq.S. una discreta percentuale di resti (16. V sec. a. a. 20. a. a. Atti del Convegno Internazionale. Riedel A. In: Balista C.Die Fauna der vorgeschichtlichen Siedlung von Pfatten. (1987): La fauna. 1995. (2000): Storia e cultura della caccia. & Visentini P. In: Malnati L. allo stesso tempo anche la natura dell’insediamento. Modena. In Curci A.. Reperti faunistici. Riedel A. Ocnus 8: 93-103. Quaderni di Archeologia del Veneto. Bollettino del Museo Civico di Padova (1990). XXI (1-2-3-4): 55-97. Tesi di Laurea. Impianto produttivo di età etrusca (IV sec. Museo Civico di Rovereto. & Di Filippo Balestrazzi E. In: Malerba G. Atti del Convegno Internazionale. Méniel P. & Penzo A. I resti faunistici. è la caccia al cervo a prevalere rispetto a quella al cinghiale. Saggio stratigrafico presso il muro romano di Largo Europa a Padova. Farello P. è sicuramente accettabile. (1996): Lo sfruttamento delle faune nel Friuli occidentale tra l’età del ferro e la Romanizzazione – Gradisca... In: Ambrosetti G. 2. (a cura di). Archaeologica Regiensia. (1992): Mirandola.BO): l'abitato di Pianella di Monte Savino nel quadro dell'Italia settentrionale preromana. (1993): Le ossa animali. Macellari R. Montereale. & Tagliacozzo A. 6: 273-283. Farello P. Atti del 4° Convegno Nazionale di Archeozoologia. Archeologia dell'Emilia-Romagna. loc. In: Vitali D. Curci A. che si trova proprio sul crocevia d'influenza delle due aree. Cattabriga S. Farello P. Curci A.. potesse avere una classe aristocratica fortemente gerarchizzata per la quale l'attività venatoria fosse un privilegio ed un piacere d'élite. non è inoltre da sottovalutare la particolarità di un'alimentazione inusuale. Quaderni del Museo Archeologico del Friuli Occidentale. Riedel A. IX: 95-111. (1984a): The fauna of the excavations of Colognola ai Colli (Verona. & Cattabriga S. 285-288. Catalogo della Mostra. cibo per gli uomini In: Curci A. Miseria Vecchia. Quasar. zona collinare naturalmente protetta e ricca di selvaggina. In: Calzolari M. Baldassarri P. (a cura di). Reperti faunistici. 5: 241-255. Cattabriga & A. Archeozoologia del mondo preromano.Scavo 1963. Ferrari V. Padusa Quaderni. Animali tra uomini e dei.). (a cura di).). fulcro di convivenza di culture diverse e complesse come quella etrusca e quella celtica. Gli Etruschi a Nord del Po. potrebbe costituire un ulteriore elemento di interpretazione. Vestigia Crustunei. la situazione può essere paragonata a quella dell'Etruria e a quella di area celtica. Edizioni Bretschneider. (a cura di). & Fiore I. 89-96. (2000): Lo sfruttamento delle risorse animali dell’abitato di Monte Bibele: la casa 14. (a cura di).C. (a cura di). anche se a Monte Bibele. (1985): The fauna of the Iron Age site of Castelrotto (Verona). (1991): La fauna degli scavi 1983-1986 a Santorso. a. Tuttavia. (1978): Notizie preliminari sullo studio della fauna di Spina. Preistoria Alpina. Tagliacozzo A. Catalogo della Mostra. Rovigo. Farello P. (1986): Die Fauna einer eisenzeitlichen Siedlung in Stufels bei Brixen. il fatto che il villaggio di Monte Bibele. Riedel A.. Bollettino del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Fait M. Reperti faunistici. Vitali D. 2002. (1984): La caccia in Etruria. a Monte Bibele il peso economico della componente faunistica selvatica possa essere spiegato dalla collocazione geografica del sito. Pordenone.. allargata anche ad alcune specie selvatiche generalmente non utilizzate a tal fine come il lupo. & Ruta Serafini A. Monterenzio e la Valle dell’Idice. Padova. è fortemente probabile e le evidenze archeologiche ed archeozoologiche possono costituirne un indizio. University of California Press.: caccia e allevamento. 2002.C. Atti I Convegno Nazionale di Archeozoologia. Ed. (1992): Oderzo. La Protostoria tra Sile e Tagliamento. Laterza. Farello P. Atti dei Musei Civici di Storia ed Arte. Preistoria Alpina (1989). & Cattabriga S. (2005): Risorse animali a Monte Bibele (Monterenzo . Sci. (2002): La fauna dell’insediamento protostorico di Vadena .S. 22: 183-220. Monterenzio. 184-192. (1995): L'Emilia dal VI al V secolo a. Antiche genti tra Veneto e Friuli. Ed. (2006): Animali a Monte Bibele: sacrifici per gli dei. scavo 1991. VIII: 166-173.. Nat. ma di sicuro rilievo per la sua posizione lungo la direttrice transappenninica. & Vitali D. Petrucci G.. Barchessone Cappello. Galloni P.F. (A. Università di Bologna. La prima età del ferro nel settore meridionale del castelliere. non ancora considerato urbano. & Giumlia-Mair A. Pettarin S. (1985): Hunting in the Ancient World. Roma. Cassoli P. Insediamenti etruschi lungo il corso del Crostolo. 469-473. volume speciale (2007) Per ciò che concerne le tipologie di specie cacciate. Scarpa G. Northern Italy) (Iron Age). (1992): I resti ossei faunistici dell'abitato paleoveneto di Padova. Riedel A. Croce Da Villa P. Barone L. Palse. 2001-2002): Studio archeozoologico dell’abitato etrusco-celtico di Monte Bibele (Monterenzio . LXXIX: 111-133. (1993): Mirandola. 14: 215276. Archeozoologia del mondo preromano. Càssola Guida P. 111-125. Curci / Annali dell’Università di Ferrara. 25: 165-216. Petrucci G. (1997): Reperti faunistici da Verucchio (RN) . & Cassoli P. Mus. (2006): Il quadro attuale delle ricerche archeologiche in Etruria e nuove prospettive di ricerca. Quaderni della Bassa Modenese. (1998): Pozzuolo del Friuli II. Corli S.. & Malnati L. Da ultimo. Tagliacozzo A. cui bisogna aggiungere il riflesso dello spopolamento dei centri della pianura. via dietro Duomo. (a cura di. rispetto alle fonti e all’iconografia. (1990): Casale di Rivalta. Trieste. & Vitali D. Penzo A. l’orso. 94 . (a cura di). 77-96. le fonti storiche non prendono in esame le connotazioni sociali e culturali che la caccia doveva possedere per questa popolazione etrusco-celtica che risiedeva sull’appennino emiliano. (1987): Chasse et élevage chez le Gaulois. L'ipotesi secondo la quale. divenuti ormai insicuri. Quaderni di Archeologia del Veneto.BO): i settori 3-3a e 24b. Archeologia e storia di un territorio.. 2003. il gatto selvatico ed il tasso. Riedel A. Errance. loc. Curci A. (1984b): The fauna of the excavations of Pozzuolo del Friuli (1980-1983) (Castelliere dei Ciastiei -Trench 1). & Malnati L. In: De Marinis R. Padusa. Gli impianti produttivi e i resti faunistici. Roma. isolato in una Bibliografia Anderson J. Rovereto.F. Nota preliminare. Camporeale G. Gli Etruschi nella Bassa Modenese. (a cura di). via dei Mosaici. I (1): 41-49. 24: 115-122. Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara 55: 1-7. Animali tra uomini e dei. Tagliacozzo A.K. 11: 277-318. (1983): Considerazioni sull’abitato di Monte Bibele. 1: 209-234. Vicenza (età del ferro).A. De Grossi Mazzorin J. e i rilievi dell’unità stratigrafica in formato digitale. Lo studio in oggetto è stato condotto all’interno di un ambiente GIS (Geographic Information System) realizzando mappe distributive.so Ercole I d’Este 32. Agenzia 2000) ha avuto per oggetto una paleosuperficie dell’Epigravettiano finale (US 11) proveniente dal deposito superiore di Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. via Roma 56. Service Municipal d’Archéologie de Chartre. c. I-44100 Ferrara ²Museo Civico di Storia Naturale. Stefano Bertola¹.so Cavour 11. nella zona protetta dall’aggetto del riparo. Università degli Studi di Torino. c. Laura Longo² & Giovanna Pizziolo5 ¹ Dipartimento di Biologia ed Evoluzione. I-53100 Siena federica. sezione di Preistoria. La ricerca. funzionali e paleoeconomici e di dati spaziali. functional. Verona) Federica Fontana¹. I-10126 Torino 4 Maison de l’Archéologie. Intra-site spatial analysis.so M. paleoeconomici e spaziali applicata allo studio di un ammasso di scarti litici (Unità Stratigrafica 11) dai depositi epigravettiani di Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. il sito di Riparo Tagliente è caratterizzato da una serie stratigrafica suddivisa in due depositi principali. dove è collocata l’Unità Stratigrafica 11. L’area esplorata si caratterizza. Ursula Thun Hohenstein¹. ___________________________________________________________________________________ Obiettivi e metodologia della ricerca Scopo della ricerca è stato quello di valutare la possibilità di ricostruire modelli comportamentali relativi alla sfera socio-economica delle società preistoriche – con particolare riferimento alla funzione e all’organizzazione dello spazio abitato e alle modalità di sfruttamento del territorio attraverso un’analisi integrata di attribuiti tecnologici. è contraddistinta dalla presenza di consistenti accumuli di residui . Università degli Studi di Ferrara. l’area esterna.in particolare manufatti litici e resti faunistici . a 250 m sul livello del mare. Verona). c.] Keywords: Late Epigravettian. Francesca Bonci².S systems of technological. Jeremie Liagre4.it ___________________________________________________________________________________ Abstract Extended excavations in the Epigravettian deposits of Riparo Tagliente which were carried out in the last decades in the external area of the shelter have allowed the presence of large accumulations mainly composed of lithic by-products to be identified. In order to investigate the formation dynamics and the functional meaning of one of this accumulations (Stratigraphic unit 11) an integrated analysis with G. palaeoeconomical and spatial was carried out. 1 rue de l’Etroit de Degré. Behavioural models.fontana@unife. 1).I. FR-28000 Chartre 5 Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti. Presentazione del sito e dell’Unità Stratigrafica 11 Situato nei Monti Lessini. di cui quello superiore datato al Tardiglaciale e riferibile all’Epigravettiano recente (Bartolomei et alii. 1982). palaeoeconomical and spatial data applied to an accumulation of lithic by-products (Stratigraphic Unit 11) from the Epigravettian deposits of Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. Viceversa. funzionali. I-37129 Verona ³ Dipartimento di Anatomia. prodotte integrando i database contenenti i dati attributivi ottenuti dallo studio interdisciplinare delle principali categorie di reperti rappresentate nell’insieme preso in esame . Verona) (Fig. per la presenza di strutture abitative e di combustione che hanno consentito di ipotizzare un utilizzo prevalente del sito come accampamento residenziale.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) Analisi integrata in ambiente GIS di attributi tecnologici. realizzata con il contributo del CNR (Progetto Giovani Ricercatori. Cristina Cilli³. [Integrated analysis with GIS systems of technological. d’Azeglio 52. Farmacologia e Medicina Legale. Integrated studies. lungo il versante sinistro della Valpantena. Università degli Studi di Siena. functional. litici. entro un raggio di qualche chilometro dal sito. 2002. caratterizzato da un ammasso di prodotti. Le analisi integrate che costituiscono l’oggetto di questa ricerca sono state applicate ad un’area campione di circa 4 m2 (qq. tagli 10-8). Sci. 13. 2. sottoprodotti e residui di scheggiatura e da un numero meno consistente di resti faunistici.6% complessivo) e superiore (Scaglia Rossa. 24 frammenti di nuclei. Fontana et alii / Annali dell’Università di Ferrara. 14 blocchetti testati e pre-nuclei. In particolare. messa in luce nel 1967 nei quadrati 7-8 della trincea esplorativa e successivamente identificata e scavata (1991-1995) nei quadrati 21-25 e 36-38 è costituita da un livello.521 manufatti. Gruppo di San Vigilio. 37 e 38) relativamente ai primi due tagli (denominati “taglio calco” e “II taglio”). associati ad altri reperti (in particolare resti di pasto) (Fontana et alii. Nat. Calcari Grigi. Planimetria della paleosuperficie US 11.040±170 BP. Studio tecno-economico dell’industria litica L’analisi tecno-economica effettuata ha comportato l’esame di tutti gli elementi di dimensioni superiori a un centimetro. Meno considerevole appare il numero di campioni di età cretacica media (Scaglia Variegata. di cui 7 blocchetti di materia prima non lavorati.5% complessivo) e di età giurassica (Formazione di Tenno. 19 strumenti. per un totale complessivo di 2. Cremona e Fontana. 1. L’Unità Stratigrafica 11. 1.F. 36. Il principale riferimento cronologico per questo livello è rappresentato dalle datazioni assolute ottenute per il taglio/US 10 (12. contenente noduli e strati di selce di buona qualità e molto abbondanti. in questo volume). 21. 559 frammenti indeterminati e 397 schegge frammentarie o indeterminabili. 1426 prodotti e sotto-prodotti della scheggiatura. 23. L’esame della composizione litologica delle selci utilizzate ha evidenziato che queste appartengono a quattro diverse formazioni. volume speciale (2007) Fig. risultano prevalenti i campioni di età cretacica inferiore (72% complessivo) provenienti dalla Formazione del Biancone. Mus. tutte presenti localmente nel comprensorio geografico dei Monti Lessini. 22.3%). dello spessore compreso tra i 15 e i 20 cm. 89 nuclei. Dal punto di vista dei depositi di provenienza si osserva che un numero esiguo di campioni (3%) 96 . I manufatti ritoccati sono rari (19 elementi) e rappresentati prevalentemente da strumenti a ritocco semplice marginale. morfologia del tallone.5%) e dai nuclei (6%). purtroppo spesso non identificati a livello di specie o genere a causa dell’elevato grado di fratturazione imputabile principalmente all’attività antropica. l’insieme faunistico è composto da individui adulti e subadulti. da ascrivere a torrenti locali dalla portata intermittente (quali lo stesso Progno di Valpantena. uro e/o bisonte (8%). situato a poche decine di metri dal sito) e la cui scarsa attitudine alla scheggiatura deve aver spinto i cacciatori ad approvvigionarsi anche altrove. sporgenza del bulbo e intensità delle onde di percussione sulla faccia ventrale. Assai frequente appare la presenza di strie prodotte dal margine tagliente di uno strumento litico. fra cui un bulino presumibilmente utilizzato per la lavorazione di materiali duri (per es. composto da 11 elementi ritoccati (bulini. aspetto che ben si accorda con l’intensa occupazione del sito da parte dei gruppi umani. Diversi frammenti diafisari con incavi marginali e coni di 97 . l’analisi macroscopica di alcuni parametri (regolarità della sagoma.F. l’insieme dei manufatti determinabili appare dominato da elementi provenienti dalla gestione dei nuclei (44%). seguiti da quelli di messa in forma (26. lo stambecco e l’uro con 2 individui. volume speciale (2007) mostra evidenze di raccolta presso gli affioramenti rocciosi. Nei casi meglio conservati. Da interpretare in un’ottica opportunistica è. Viceversa. osso fresco). dai prodotti di plein débitage (23. la percentuale dei blocchi provenienti da depositi torrentizi (15. sesamoidi. in un caso probabilmente legno secco. risulta elevata la percentuale di reperti provenienti da suoli e pozzetti carsici (39. La maggior parte delle superfici ossee presenta un buono stato di conservazione. L’elevata incidenza di blocchetti non lavorati o testati e di nuclei abbandonati ad uno stadio iniziale delle operazioni di scheggiatura o in seguito ad incidenti di lavorazione evidenzia una scarsa attenzione nei confronti dell’economia della materia prima. mentre rare risultano le tracce riconducibili all’attività di roditori e carnivori. le dimensioni. consentendo un’analisi dettagliata delle tracce legate all’intervento antropico. presenza/assenza di preparazione della cornice e del piano di percussione) suggerisce l’impiego alternato di due diversi tipi di percussori (pietra dura e pietra tenera). ha evidenziato la presenza di superfici in buono stato di conservazione. capriolo e cinghiale (11%). in particolare. Dal punto di vista della ricostruzione delle catene operative.8%). Fra i ritoccati 4 esemplari recavano tracce evidenti. rimozione della massa muscolare). I reperti identificati assommano a 143. Fontana et alii / Annali dell’Università di Ferrara. Nat. Dal punto di vista delle tecniche di scheggiatura. alce (10%). mandibole e denti. Per quanto riguarda gli ungulati. Il calcolo del numero minimo di individui è stato effettuato sui denti e sul grado di saldatura delle epifisi. Alcune ossa fetali sono riferibili ai cervidi e si attesta la presenza di denti decidui di orso e cinghiale. 8 presentavano tracce associabili alla lavorazione di materiali vegetali o sostanze anche più dure. il cervo e l’alce da un unico individuo. sembrano potersi evidenziare modalità di messa in forma differenti. Mus.8%).5%). bulini e da un coltello a dorso. seguita da stambecco (19%). troncature. l’orientamento e la localizzazione delle strie non lasciano dubbio sulla loro interpretazione e permettono di attribuirle alle diverse tappe della macellazione (scuoiamento. le specie più presenti sono il cervo. mentre la maggior parte risulta provenire da depositi secondari (alluvioni torrentizie. schegge ritoccate e raschiatoi) e da 22 supporti non ritoccati. Complessivamente. I carnivori sono rappresentati dall’orso (5%) e si attesta la presenza di lince. La specie maggiormente rappresentata è il cervo (24%). Sci. Analisi archeozoologica e tafonomica dei resti faunistici L’analisi archeozoologica e tafonomica dei resti faunistici ha comportato lo studio di oltre 997 reperti che provengono non solo dall’area analizzata (58 reperti ossei) ma dalla totalità dei reperti raccolti nell’US 11. Fra le lame. talvolta associabili ai diversi tipi di materie prime impiegate. da alcune troncature.8%) o dalle falde detritiche situate alla base degli affioramenti rocciosi (36. disarticolazione. Essi sono rappresentati da frammenti di ossa lunghe. vertebre. in relazione alla morfologia dei blocchi utilizzati e obiettivi diversi di produzione. marmotta e castoro. con un probabile uso prevalente del percussore in pietra tenera per il distacco dei prodotti di plein débitage. L’esame micromorfologico effettuato al SEM indica gradi di conservazione differenziati delle strie di macellazione. il cinghiale e l’orso sono rappresentate da 1 adulto ed 1 giovane. suoli e falde detritiche). L’analisi tracceologica effettuata su un campione di 33 manufatti. atteggiamento che trova riscontro nell’elevata disponibilità di rocce scheggiabili nell’area immediatamente circostante il sito. . Liagre J. Liagre. Fontana et alii / Annali dell’Università di Ferrara. Integrazione dei dati in ambiente GIS Aspetto determinante ai fini dell’interpretazione dell’ammasso esaminato... dimensioni. Annali dell’Università di Ferrara. Guerreschi A.. Italy). l’analisi integrata. sez. Fa eccezione la distribuzione dei reperti alterati dal fuoco che risultano prevalentemente concentrati verso la zona più prossima all’aggetto del riparo. Lisbona. Ecole doctorale N° 355 «Espace. Congress. functional. Analyse des «Officine Litiche» de l’abri Tagliente (Vénetié). Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Le carte tematiche realizzate per gli elementi litici hanno tenuto conto di una serie di parametri (integrità. l’integrazione dei dati all’interno di un ambiente GIS ArcView.. funzionali dell’area esaminata. 2^ serie. palaeoeconomic and spatial attributes. in questo volume. quale riflesso delle caratteristiche strutturali e. i Bibliografia Bartolomei G. direttore delle ricerche. ma in seguito alla realizzazione di attività di sussistenza varie e/o allo scarico di materiali diversi legati a pratiche svoltesi altrove (svuotamento di focolari.G. & Guerreschi A. & Sala B. 3 (4): 51-105. in press. Ringraziamenti Ricerca realizzata con il contributo del CNR (Progetto Giovani Ricercatori. Culture et Sociétés.. materia prima e fase di appartenenza della catena operativa). 380 p. Da un punto di vista spaziale. & Liagre J.. Formation doctorale: Préhistoire. manufatti litici presenti non sembrano evidenziare alcuna relazione diretta con i resti faunistici associati. Cremona M. Mantovani E. Broglio A. non permettendo sostanzialmente di evidenziare patterns significativi di correlazione. (1982): I depositi würmiani del Riparo Tagliente. integrated analysis of technological. Scienze dell’Uomo.F. Cattani L.R. ha avuto per oggetto la realizzazione di una serie di carte tematiche finalizzate ad identificare eventuali aree di concentrazione o particolari relazioni spaziali tra categorie diverse di reperti. Bonci F. Antonio Guerreschi.. Fontana F. The first occupation of the Southern Alps in the Late Glacial at the site of Riparo Tagliente (Verona. è risultata idonea alla risoluzione delle problematiche affrontate. benché questi ultimi portino evidenti tracce di intervento antropico (strie di macellazione e fratturazione intenzionale). nonostante l’elevata presenza di scarti di fabbricazione. Liagre J. (2005): Gestion de l’activité de taille et de l’espace domestique au Tardiglaciaire en Italie nord orientale. Pizziolo G.. Contributi e aggiornamenti.P. volume speciale (2007) percussione testimoniano l’apertura delle ossa lunghe per l’estrazione del midollo. Université de Provence. Tale studio si integra. Sci. Agenzia 2000) e coordinata dal primo autore. Series. Si ringrazia il prof. & Fontana F. 98 .S.. Fontana et alii.). per avere messo a disposizione i materiali e la documentazione per lo studio. La serie epigravettiana. Verona): 59-62. a sua volta. Detecting the organisation of living-floors through a G. Proceedings of the XV U. (2002): Riparo Tagliente. lavorazione di materiali vegetali ecc. nell’ambito di un programma di ricerca più ampio avviato nel corso degli ultimi anni.. Guerreschi A. Cilli C.S. Cremaschi M. Gli elementi ritoccati non appaiono rappresentativi delle tipologie più frequenti nel sito e la loro presenza all’interno dell’insieme esaminato appare del tutto anedottica. (in questo volume): Analisi tecnoeconomica di una concentrazione di scarti litici (US 411) dai livelli epigravettiani di Riparo Tagliente (Stallavena di Grezzana. Int... 2006. Université Aix-Marseille I. L’attestazione di elementi litici con evidenti tracce di utilizzo (prevalentemente riferibili alla lavorazione di materiali vegetali ma anche di osso secco) mostra che. (a cura di). caratterizzata da scarichi di ceneri provenienti dallo svuotamento dei focolari.. in press. fornendo utili indicazioni circa l’interpretazione dell’insieme esaminato. eventualmente.I.I.A. Per concludere. Fontana F. In: Aspes A. l’insieme non può essersi formato per esclusiva attività di scheggiatura in loco (officina litica). oggetto di questa ricerca. Nat.P. quanto piuttosto una maggiore densità costante di tutti gli elementi in corrispondenza delle medesime zone. presenza/assenza di alterazioni termiche. XV. B. che prevede l’esame delle ricche evidenze che caratterizzano l’area esterna del riparo (Cremona et alii. I dati emersi mostrano complessivamente che l’insieme esaminato si configura come un ammasso caotico. prevalentemente costituito da manufatti litici riferibili ad operazioni di messa in forma e gestione dei nuclei o all’abbandono degli stessi. produzione di supporti. 2005) al fine di meglio delineare le modalità di utilizzo del sito e di sfruttamento delle risorse del territorio in cui questo è collocato durante le fasi finali del Paleolitico superiore. Preistoria Veronese. 5: 42-47.. Mus. Thun Hohenstein U. Bertola S. Peretto C. Longo L. such as the one that characterises today’s Tolfa mountains. roe-deers. sulla cui cima è stata ritrovata una necropoli altomedievale. ovines and swines have a food and economic intent. b. in prossimità dei Monti della Tolfa. [Faunal remains from San Pietrino di Tolfa (Roma). The study has been carried out on 786 animal bones coming from these layers. horses. tenutosi a Udine nell’aprile 1999 (Fugazzola Delpino et alii. foxes. near Bracciano Lake. hares. b. swines. Verso la scarpata il deposito raggiungeva uno spessore di circa 2 metri. c e 4a.] Parole chiave: Fauna. badgers. Università degli Studi di Pisa. Social-economic profile. The site is a terrace of 144 m2 where are 11 layers with remains of different ages: from the IV-V century B. The wild animals are deers. Questo deposito sembra poter essere riferibile ad un terrazzamento di età altomedievale. c. strati 2a. estesa su circa 144 metri quadri. to Ancient Neolithic. sulla quale erano presenti blocchi di tufo. wild cats. donkeys and dogs. 6 of which belong to domestic and 10 to wild species. strato 1. noti come “castelline”. Environment. birds and turtles. ovines. 3a. ha messo in luce una stratigrafia caratterizzata da una serie di livelli preistorici. .C. (Proprio perché i reperti dall’1 al 4 sono relativi ad episodi moderni di scavo. some of these species are adapted to a severe environment. e: avevano uno spessore medio di 70 cm e contenevano materiali e resti relativi a un rimaneggiamento moderno di strati più antichi. relative allo scavo e più in particolare all’orizzonte neolitico. e da una rigogliosa vegetazione di tipo mediterraneo. The domestic animals are bovines. 2000). Breeding. strati 5a e b: avevano una potenza crescente che andava dai 20 ai 120 cm. L’area indagata. procedendo verso l’estremità del terrazzo. viene di seguito descritta: 1. Alcune notizie preliminari. Il sito è stato indagato. c.Annali dell’Università degli Studi di Ferrara Museologia Scientifica e Naturalistica ISSN 1824-2707 volume speciale (2007) I resti faunistici di San Pietrino di Tolfa (Roma) Silvia Nutini Dipartimento di Scienze Archeologiche. l’analisi dei materiali più recenti è a tutt’oggi inedita. protostorici e dell’età del ferro. dall’alto verso il basso. La successione degli strati. La stratigrafia Uno spesso deposito era presente sul terrazzo sottostante la sommità di una “castellina” tufacea. in un’area collinare caratterizzata da rilievi tufacei. microfauna. in seguito ad una segnalazione del 1985. sono state pubblicate sugli Atti del Convegno “La Neolitizzazione tra Oriente e Occidente”. vengono esaminati nel loro insieme). d. The bovines.Maria 53. 3. 16 species have been recognised. poco distante dal Lago di Bracciano. costituito interamente da 20 cm di humus. tagliati e inglobati all’interno di un terrazzamento di età medievale. I-56126 Pisa silvianutini2002@yahoo. ___________________________________________________________________________________ Introduzione La località di San Pietrino si trova nel Lazio settentrionale. via S. porcupines. b. nel corso di due campagne di scavo condotte nel 1988 e nel 1989 per conto della Soprintendenza dell’Etruria meridionale. on Tolfa mountains. di grandi dimensioni.it ___________________________________________________________________________________ Abstract This study is based on the examination of faunal remains from San Pietrino di Tolfa. 2. Pietrino di Tolfa 19881989. caprovini.0 Tab. è stato possibile distinguere 16 specie. lo strato 5c.8 34. Felis silvestris Schreber Lepus europaeus Pallas Meles meles L. Per ciò che riguarda il materiale proveniente dalla ripulitura.5 0. Vulpes vulpes L.5 1. hanno restituito resti databili al Neolitico antico. 6. presentava uno spessore di circa 20 cm e i reperti venuti in luce sono tutti riferibili al Bronzo medio (cultura appenninica).2 100. Hystrix cristata L. e e 11 non sono stati analizzati perché non hanno restituito alcun reperto osseo. 2.5 2. Capreolus capreolus L.0 SPECIE Fauna domestica Bos taurus L. equidi (cavallo e asino) e cane. Fauna selvatica Cervus elaphus L. e resti rimaneggiati del VI-V sec.8 31.C. quest’ultimo ad esclusivo decoro cardiale (Neolitico antico). Specie determinate nello scavo di S.R.9 2. Resti faunistici dello scavo di S. 9. Vulpes vulpes L. R. 46 82 47 4 1 3 10 1 1 1 6 22 3 4 7 20 258 % 17. lo strato 7. a. Sci. La fauna domestica è composta da bovini. 1. 528 sono risultati indeterminati e 258 determinati (Tab.0 18 27 7 2 1 23. Equus caballus L.1989. fortemente inclinato. Risultati e conclusioni Dallo scavo di San Pietrino provengono 786 reperti osteologici. (frammenti non determinati) F.N.5 1.2 1. proprio perché il passaggio dallo status selvatico a quello domestico ha determinato cambiamenti d’alimentazione e di vita che hanno influito sulla costituzione fisica. suini. La fauna Al fine dell’indagine faunistica. etruschi. dimensioni più grandi rispetto a quelle moderne. Felis silvestris Schreber Lepus europaeus Pallas Meles meles L. provenienti per lo più dai livelli di superficie. con ceramiche a larghe incisioni (tipo Sasso di Furbara) miste a ceramiche a decorazione cardiale. Tab. Ovis vel capra Sus scrofa L. alto medievali. Fauna selvatica Cervus elaphus L.D. gli strati 5d.4 0.3 8. Microfauna Aves TOTALE 4 1 1 6 5 3 2 1 78 5. gli strati 9 e 10. a. (frammenti determinati) Totale numero dei reperti di fauna 528 258 786 % 67.4 0. Nonostante l’esiguo numero. è stato considerato solo il numero complessivo dei frammenti determinati e non determinati. con i loro 82 resti. 2.9 0. % Tab. il materiale degli strati 5d e 5e appariva omogeneo e riferibile al VI-V sec. F. Fauna presente negli strati 1. Nat. contenente solo scarso materiale litico e ceramico. C.4 2. inizialmente. volume speciale (2007) 4.8 100.D. di spessore di circa 30 cm. sono state considerate 786 ossa. C. hanno la percentuale di presenza più alta tra le specie animali rinvenute a San Pietrino. ugualmente inclinato e di 20 cm di potenza. Equus caballus L.2 7. Nutini / Annali dell’Università di Ferrara. caprovini.2 1.6 6. 6 di fauna domestica e 10 di fauna selvatica (Tab.2 1. 2). Microfauna Aves Testudo sp TOTALE N.2 32. Pietrino di Tolfa 1988. conteneva materiali del IV-III sec. 3 e 4 (cava moderna con rimaneggiamento dei livelli antichi). 8.2 3.S. 100 . SPECIE Fauna domestica Bos taurus L.8 18. i N. 3. di questi. Canis familiaris L. Hystrix cristata L. dalla cava abusiva e dai sondaggi nord e sud.1 1. lo strato 8.7 7. appenninici e neolitici. Ovis vel capra Sus scrofa L. Equus asinus L. anch’essi con forte pendenza verso il bordo del terrazzo e di vario spessore.4 1. 5. R.5 1.. Canis familiaris L. 1).6 8. Mus. a.8 2.2 N.4 3. I bovini e i caprovini sono stati i primi ad essere addomesticati dall’uomo.medio (facies di Grotta Nuova). conteneva invece manufatti riferibili al Bronzo antico. 7. i bovini avevano.7 100. lo strato 11 era rappresentato da una sacca residua di deposito. limitato da una fossa quadrangolare incidente gli strati sottostanti.. microfauna (qualche resto non chiaramente attribuibile) uccelli (di cui un frammento 101 . 2.6 100. infine. Nutini / Annali dell’Università di Ferrara. 5. Inoltre bisogna far presente che negli strati 9 e 10. Fauna presente negli strati 9 e 10 (Neolitico antico). volpe. non è da escludere che il suo impiego sia stato mirato anche verso il lavoro nei campi.3 10. di cui uno appartenente agli strati di superficie. una terza falange che si trova nell’insieme del materiale degli strati 5a e 5b. Fauna selvatica Cervus elaphus L. Equus asinus L. Fauna presente negli strati 7a e 7c (età del bronzo medio .) è presente nel sito con un unico pezzo.2 1.) è attestato con 4 resti di cui 2 provenienti dagli strati 1.4 8. 4). La presenza dei suini pare abbinata a quella dei caprovini.4 20.R. atto alla preparazione dei terreni per l’agricoltura e messo in funzione. L’asino.0 Tab.6 13.4 1. sia in quelli del Bronzo medio appenninico (Tab. dalla trazione animale. in numero rilevante soprattutto nell’epoca altomedievale. essendo stato inventato. in percentuale maggiore soprattutto nei primi due periodi.3 66. Microfauna Aves Testudo sp TOTALE N.0 SPECIE Fauna domestica Ovis vel capra Sus scrofa L. Fauna presente negli strati 5a e 5b (età altomedievale). 2. R. Sci. I caprovini sono allevati per utilizzi alimentari e economici (fornitori principali di latte e lana).R. era utilizzato sia per il trasporto di merci che per il semplice spostamento per viaggi. relativi al Neolitico. però.8 N. Testudo sp TOTALE 1 10 6 37 2.cultura appenninica). per cui non si esclude una macellazione per puro scopo alimentare).4 1. Il cane. per cui l’inserimento cronologico risulta difficile essendo strati con abbondante materiale rimaneggiato. Meles meles L. la loro presenza si ritrova in tutti i periodi rilevati nello scavo. 3).0 24. gatto selvatico. così come i caprovini e i bovini.0 7 9 4 19. alcuni denti addirittura datano l’età di morte a circa 18 mesi.4 1. Ovis vel capra Sus scrofa L.. sono state determinate 3 sole ossa: un frammento di omero di caprovino. essendo di stazza piuttosto grande e quindi considerato una buona “riserva” di carne. oltre che dalla mano dell’uomo. volume speciale (2007) SPECIE Fauna domestica Bos taurus L. con un numero massimo di 14 resti nell’insieme altomedievale. dagli strati superficiali a quelli del Neolitico antico (Tab. 11 21 14 1 1 1 1 3 1 6 9 69 % 16. In un primo momento.4 4. nel corso dell’età del rame. 1 2 3 % 33. specie tipica di allevamento. A San Pietrino si ritrovano in tutti gli strati individuati. lepre. il bovino veniva sicuramente utilizzato per scopi alimentari. % Tab. i suini avevano una finalità legata al valore nutrizionale della propria carne. l’aratro. La fauna selvatica è composta da resti di cervo. Ciò indica il fatto che un approvvigionamento tramite allevamento di animali di medie/grandi dimensioni era presente in loco. sono tra gli animali domestici più diffusi e domesticati fin dalle epoche più antiche perché costituiscono un’importante fonte di carne e di grasso. tasso. 5). 3 e 4 possano essere cronologicamente coevi con quelli provenienti dai livelli dell’Alto Medioevo. 3 e 4 e gli altri da ripulitura e dal detrito della cava abusiva. un frammento di astragalo e di metacarpo di suino. probabilmente la sua funzione sarebbe stata di tipo complementare: mentre gli ovini erano più specifici al fine di un rendimento economico inerente alla produzione di lana o alla lavorazione di prodotti caseari (anche se non bisogna tralasciare il fatto che molte ossa rinvenute erano di animali giovani.2 100. Tab. Capreolus capreolus L. Il cavallo (Equus caballus L. Mus. SPECIE Fauna domestica Bos taurus L.7 2. Nat. la cui presenza è attestata sia negli strati di età moderna (Tab. L’asino (Equus asinus L. è attestato nello scavo con 3 resti. capriolo. Ovis vel capra Sus scrofa L. Fauna selvatica Cervus elaphus L. TOTALE N. I suini. 6).7 16. sia in quelli alto medievali (Tab. e. Si può ipotizzare che parte dei reperti degli strati 1.3 1. altomedievali.S. proprio per questo. 4. in quanto probabili frammenti in giacitura secondaria. uno a quelli altomedievali e uno all’insieme raccolto da una fossa di ripulitura. se ciò è giusto. in quest’arco di tempo. nel Bronzo medio. istrice. Canis familiaris L. Il tipo di bovino trovato a San Pietrino è il Bos taurus L.0 100.0 30. 6. Meles meles L. Dall’analisi della fauna. corrispondente al quadro ecologico riscontrabile ancora oggi sui Monti della Tolfa. ha la caratteristica di svolgere le proprie attività soprattutto di notte.. Osteologia.S. La lepre è solita vivere in località con ricca vegetazione arborea. La maggior parte di questi indica un ambiente assai aspro caratterizzato dalla presenza di boschi e foreste. sono state rilevate. che siano pienamente attendibili. 3 2 1 2 2 10 % 30 20 10 20 20 100 Tab. Fauna selvatica Cervus elaphus L. 366-380. toccando un picco massimo di 10 reperti negli strati 7a e 7c. le specie selvatiche sono comunque fondamentali per capire l’ambiente che circondava il sito. 5a e 5b. (1982): Ageing and sexing animal bones from archeological sites. & Payne S. Nutini / Annali dell’Università di Ferrara. 102 . In conclusione si possono fare solo considerazioni di carattere generale poiché. Silver I. Vol.) è un mustelide lento e di abitudini notturne.. 2. il quale non doveva essere troppo differente dall’habitat che riscontriamo oggi nella zona dei Monti della Tolfa. mentre. 3. la prima appartenente alla famiglia dei canidi. quindi. 3. attribuibile a esemplare gallinaceo) e tartaruga. 5a. 3. 7) e appenninico. Meles meles L. in quelli altomedievali.C. il secondo a quella dei felidi. Ne abbiamo a testimonianza un’unica falange destra. Il cervo è un mammifero ruminante. e IV-III secolo a. Negrino F. essendo il numero dei reperti esiguo. Le ossa di microfauna e di uccelli sono poche e difficili da attribuire a determinate specie. (2000): I livelli a ceramica impressa di San Pietrino di Rota (Roma). non è possibile elaborare delle osservazioni. per lo più. 2.. 5b. La volpe e il gatto selvatico sono mammiferi carnivori e cacciatori abbastanza agili. Science in archaelogy. la presenza del cervo è costante per tutto l’arco di frequentazione del sito di San Pietrino. Mus. 1.A. riportata alla luce dagli strati 5a e 5b. In una di quelle ritrovate nell’insieme altomedievale. tende a nascondersi all’interno dei boschi. 7. dove vive solitamente in piccoli branchi. I ritrovamenti a lei riferibili sono relativi a pezzi di guscio non saldabili tra di loro. Sci. 7a e 7c. i suoi resti (6).A. anche se non in percentuale elevata. È interessante sottolineare che è stato ritrovato un cranio in buone condizioni insieme ad altre parti scheletriche che sembrano verosimilmente essere riconducibili ad un singolo esemplare.S. Agricole. Bologna. Thames & Hudson. (1971): The ageing of domestical animals. la caccia era sicuramente praticata. nello scavo sono stati rinvenuti solo 3 reperti e tutti appartenenti all’insieme dei materiali di superficie. tranne che nel Neolitico. La loro testimonianza (2 frammenti) è attestata solo negli strati 1. dal numero dei resti (22) si può dedurre che sia una specie abitudinaria dei Monti della Tolfa. con i suoi 20 resti. Risulta.S (Eds). in quanto tali resti sono distribuiti in tutti i vari periodi. Infine parliamo della tartaruga che. che. negli strati 1. R. provenienti dagli strati 1. 4.C. ma non era così importante. Bibliografia Barone R. Udine. Grigson C. Nat. 4. & Pessina A. 2. Il capriolo ha il suo habitat naturale nelle foreste. relative alle singole epoche rinvenute durante lo scavo. & Higgs E. volume speciale (2007) SPECIE Fauna domestica Ovis vel capra Sus scrofa L. (1980): Anatomia comparata dei mammiferi domestici. S. Pietrino pare avere un’economia basata sull’allevamento e la pastorizia. si può riconoscere una tibia di gallo. 250-268. Bar B. nelle ore diurne. sono stati rinvenuti solo negli strati di superficie. Fugazzola Delpino M. Suoi resti sono stati rinvenuti negli strati di superficie. In: Brothwell D. Ad ogni modo. così come per le specie precedenti. L’istrice è un animale caratterizzato dalla presenza sul corpo di molti e lunghi aculei. London. e in quelli con materiale del periodo etrusco (Tab. cosa che non sarebbe così azzardata se si considera che l’allevamento di pollame era molto frequente in quest’epoca. 5c. 109. Il tasso (Meles meles L. Ed. Fauna presente nello strato 5c (materiale del VI-V secolo a. è l’animale selvatico che ha frequentato di più il sito dopo il tasso.). Testudo sp TOTALE N. 4. Wilson B. Atti del Convegno La Neolitizzazione tra Oriente e Occidente. 1999.