3.Lorizio. Metafisica Agapica - Verita' e Carita'

March 29, 2018 | Author: brunomorabito | Category: Reason, Faith, Metaphysics, Truth, Divinity (Academic Discipline)


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Giuseppe LorizioCarità, verità e santità nell’orizzonte della metafisica agapica Relazione al VI corso dei simposi rosminiani: “Etica contemporanea e santità”, Stresa 26 agosto 2005 In un tempo nel quale il sano pudore sopravvive a stento sembra del tutto fuori luogo esercitare falsi pudori, sostenuti magari dal pretesto del “politicamente corretto”, che spesso nuoce al dibattito culturale e alla ricerca della verità ad esso sottesa. Senza appunto alcun falso pudore e con la dovuta parresia, alla quale deve corrispondere l”audacia della ragione” (FeR, 48), ci sembra intellettualmente doveroso e coerente, nel momento in cui ci accingiamo a pensare il profondo nesso da un lato e le complesse connessioni dall’altro, implicate nelle tre parole presenti nel titolo (carità, verità e santità), smascherare alcuni falsi dilemmi, dai quali anche una teologia poco accorta può lasciarsi irretire. Si tratta di posizioni molto diffuse e consistentemente alimentate (stavo per dire foraggiate) dalla sedicente cultura laica, che più correttamente va denominata laicista (con tutta la carica ideologica che ogni –ismo comporta). La pars destruens (quella relativamente più facile) del mio discorso punta il dito su tre false alternative dilemmatiche, oggi imperanti nel nostro povero areopago culturale. Mi riferisco a) al falso dilemma tendente a contrapporre fede e ragione, b) alla connessa falsa alternativa fra verità e libertà e c) infine alla perpetrata – anche di recente – contrapposizione fra verità e carità. Le alternative dilemmatiche, tendenti a spezzare dei legami consolidate sono da attribuirsi all’azione del diabolos (come colui che separa e divide), laddove la tenuta del legame è invece opera dello Spirito (legame fondamentale tra le persone divine e persona Egli stesso). Non vorrei tuttavia che la vis polemica presente nella prima parte della mia relazione inducesse l’idea, da me sempre ben lontana, di voler instaurare una sorta di apologetica della contrapposizione nei confronti della cultura contemporanea e delle sue espressioni. Tenterò, invece, come mio solito, di leggere anche in queste false alternative dei semi di verità, sui quali poggia il nostro rifiuto a spegnere il lucignolo fumigante. La pars construens del mio contributo riguarderà invece la tematica della santità nella sua consistenza ontologica, pienamente percepibile solo nel quadro di quella metafisica agapica, che il genio di A. Rosmini (ovviamente sulla scorta di una grande tradizione) ha saputo pensare ed 1 esprimere nel suo tempo e che noi siamo chiamati a ripensare e riproporre nel nostro. Di tale metafisica agapica, con la sua componente pneumatologica, cercheremo qui di seguito di enucleare alcuni sviluppi di carattere a) epistemologico, b) ontologico e c) ecclesiologico ed escatologico, tralasciando l’aspetto antropologico della santità, di cui si sono già abbondantemente occupati in chiave filosofica A. Fabris e in prospettiva teologica I. Sanna. La conclusione ci porterà verso il vertice della metafisica agapica, ossia alla valenza speculativa dell’amore intratrinitario. Questa relazione, mentre mi offre un’occasione preziosa per riprendere alcune tematiche già trattate altrove e riportarle, in un certo senso, nel loro grembo rosminiano, mi consente di compiere ulteriori, magari piccoli, ma a mio avviso significativi, passi avanti nella ricerca teologica che vado conducendo. 1. a) Fede e ragione: il falso dilemma e l’alterità non alternativa. La modernità compiuta ci ha ormai da tempo abituati al motto “non più credere, ma pensare!”, agitato come un vessillo di vittoria e di emancipazione della ragione dalla fede, della filosofia dalla teologia, dell’uomo da Dio. Dal Kant di “Che cosa è l’illuminismo?” al Feuerbach del Diario, l’alternativa dilemmatica tra fede e ragione sembra richiedere una scelta univoca ed inequivocabile, perché chi vuole iniziare a ragionare non può o non deve più credere. Non di rado tale dilemma si è espresso in termini drammatici e fortemente provocatori. Basterebbe rievocare una famosa scena de Il settimo sigillo di I. Bergman, quando il cavaliere Antonio, che, a sua insaputa, si sta confessando dalla morte, esclama: “[…] il mio cuore è vuoto. Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura […] È così crudelmente impensabile percepire Dio con i propri sensi? Perché deve nascondersi in una nebbia di mezze promesse e di miracoli che nessuno ha visto? Come possiamo credere in chi crede se non crediamo a noi stessi? Cosa sarà di quelli come noi che vorrebbero credere ma non ci riescono? E cosa sarà di quelli che non vogliono e non possono credere? Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio sapere. Voglio che Dio mi tenda la mano, che mi sveli il suo volto, mi parli”1. In tempi più recenti, tuttavia, il dilemma si ripropone, senza tuttavia assurgere alla qualità speculativa esibita dalle filosofie dei secoli che ci hanno preceduto, né assumere i toni drammatici assunti spesso in sede artistica e letteraria a supporto dell’ateismo tragico e della proclamazione dell’evento della morte di Dio. L’alternativa dilemmatica tra fede e ragione oggi, al contrario, sembra vestire piuttosto i panni della pigrizia intellettuale o della contrapposizione ideologica, 1 I. BERGMAN, Il settimo sigillo, Iperborea, Milano 1994, 27-28. 2 assunta in particolare verso la forma cattolica della fede cristiana, che, da sempre e come sempre, non si stanca di proporre l’armonia tra il sapere e il credere, indicando in maestri del pensiero quali Agostino e Tommaso dei punti di riferimento imprescindibili e capaci di offrire un sicuro orientamento nella ricerca di tale armonia. Quanto all’assunzione pigra della contrapposizione va segnalato che essa può riguardare sia i credenti che i non credenti o i cosiddetti agnostici. La fatica di pensare la propria fede e di cercare sempre nuove armonie con le diverse forme di razionalità che l’umano conoscere di volta in volta mette in campo viene accuratamente evitata dalla maggior parte dei credenti, che sembrano optare per un quieto fideismo, piuttosto che per una fede pensata e in grado di esibire la propria costitutiva forma di razionalità. La contrapposizione ideologica si è in particolar modo espressa a ridosso della promulgazione dell’enciclica Fides et ratio, assumendo i toni, tutt’altro che kierkegaardiani, dell’aut fides aut ratio ed invocando la testimonianza, falsamente interpretata come adesione meramente pratica al Vangelo, come l’unica possibile via di credibilità del Cristianesimo, invitato a rinunciare ad ogni pretesa filosofica o metafisica. La necessità di contrastare queste tendenze potrebbe indurre anche i credenti più avvertiti e addirittura i teologi ad imboccare la scorciatoia dell’annessione integralistica della ragione alla fede, diametralmente opposta all’annessione della fede alla ragione di ottocentesca memoria. In ogni caso si rinuncia a pensare fino in fondo il nesso, la et, tra l’orizzonte della fede e quello della ragione, ritenendo ad esempio che l’esercizio di una ragione autentica sia possibile solo all’interno della prospettiva credente e dando vita ad un’epistemologia teologica certamente coerente e consequenziale, ma che sembra ancora profondamente abitata dal falso dilemma, risolto in maniera inclusivistica. La prospettiva che invece qui (e altrove nei nostri lavori) intendiamo adottare, in primo luogo intende la fede e la ragione non solo in termini propriamente epistemologici, ma come espressione di due realtà, che stanno l’una di fronte all’altra e tra le quali va innanzitutto intravisto ed espresso un rapporto di autentica alterità. Riteniamo infatti che, nella riflessione del rapporto fede / ragione, non si possa tralasciare il fatto che il passaggio dall’una all’altra non è affatto scontato e spontaneo e che l’armonia fra le due sfere non è affatto “prestabilita”, ovviamente quoad nos. Si tratta, infatti, come sia il teologo Max Seckler che il filosofo Remo Bodei, hanno recentemente ricordato di due “mondi vitali” che si fronteggiano e che vanno sempre di nuovo armonizzati e lasciati incontrare2. Particolarmente importante mi sembra l’interpretazione del Mi riferisco alle relazioni tenute dai due illustri studiosi nell’ambito del Convegno Internazionale a cinque anni dalla Fides et ratio tenutosi alla Pontificia Università Lateranense e i cui atti sono stati pubblicati in A. LIVI – G. LORIZIO 2 3 che l’enciclica Fides et ratio pone nel suo incipit. a condizione che tale dottrina venga riscattata dalla cattura neoscolastica e ripensata alla luce delle acquisizioni della teologia e della filosofia contemporanee. ma aldilà di ciò contrassegni di realtà più ampie. Naturalmente il luogo dell’armonizzazione ossia della et è la persona che crede e pensa e che nell’atto di fede è chiamata al coinvolgimento non solo delle proprie facoltà cognitive e della propria razionalità. della cultura religiosa e di quella secolare. naturale e soprannaturale.). bensì. Essi stanno a significare i due mondi vitali della fede e della ragione. il duplex ordo viene a porsi come duplice appartenenza dell’uomo e duplice sfera di conoscenza. dove il suo luogo originario viene indicato nella persona del Verbo fatto carne. Non bisogna tuttavia dimenticare che questa visione antropologica dell’atto di fede deve essere strettamente connessa al carattere teologale e quindi di grazia della fede stessa. A tal proposito va innanzitutto rilevata l’interpretazione cristologica di tale dottrina. Ma l’enciclica supera però poi considerevolmente. oggi fortemente avversata anche in sede teologica. 4 . Lateran University Press. Si trova qui il fondamento della metafora delle due ali. Questa interpretazione mi sembra ampiamente condivisibile. del pensiero filosofico e di quello teologico. ma che vale a garantire di fatto la legittima autonomia delle diverse forme di razionalità. 58). anche in quanto lascia (edd.teologo fondamentale. e l’ «e» che li connette rinvia ad uno dei più grandi problemi della teoria della conoscenza: la questione della relazione reciproca tra i due mezzi di conoscenza e del rapporto tra metodi e contenuti di conoscenza filosofici e metodi e contenuti di conoscenza teologici. la dottrina tipicamente cattolica del duplex ordo cognitionis. intende far proprio e riproporre. compresa quella filosofica e mette al riparo da ogni tentazione integrista. che si esprime nel paradosso dono-scelta. Roma 2005 (il luogo citato della relazione del teologo a p. I termini fides e ratio per essa non sono solo concetti della teoria della conoscenza teologica. ripensandola. il piano epistemologico nel senso tecnico specialistico. In secondo luogo questa uscita dall’alternativa dilemmatica attraverso la prospettiva dell’alterità. in singole parti del testo e anche nel suo intero impianto di interessi. Analogamente alla dottrina delle due nature e della loro unione ipostatica. È una delle istanze centrali dell’enciclica quella di riconciliare questi mondi l’uno con l’altro e di condurli ad un rapporto reciproco costruttivo”. Il desiderio di conoscere la Verità. all’esercizio della propria volontà libera e della propria affettività. Teologia e filosofia a cinque anni da Fides et ratio. ed in misura non secondaria. che intravede nell’enciclica Fides et ratio qualcosa di più e di diverso rispetto a quanto si può proporre in un orizzonte specificamente epistemologico: “È vero che anche nell’enciclica Fides et ratio i termini fede e ragione sono da concepire come concetti fondamentali della teoria della conoscenza teologica. apologetico. senza tuttavia tralasciare affatto la dimensione cristologica. infatti. Anche qui tuttavia rinveniamo lo scarto fra la conoscenza della fede e quella meramente umana (dei sapienti e dei dotti). che ovviamente vengono non ad escludere. Mi sembra però altrettanto plausibile una interpretazione del duplex ordo in chiave trinitaria con riferimento. cui l’uomo è chiamato a partecipare attraverso la rivelazione. in relazione a quella che chiamo la dimensione cosmico-antropologica della rivelazione. 21-22) dove il livello soprannaturale della conoscenza-amativa è dato dal rapporto fra il Padre e il Figlio. Mi preme altresì segnalare come si diano almeno altre due possibilità interpretative possibili in ordine a tale dottrina.ampio spazio alla “cristologia filosofica”. tutt’altro che astratta e meramente intellettuale. dinamica ed esistenziale della conoscenza biblica. che il passaggio dall’una all’altra esige. intesa come ricerca concernente la valenza speculativa (gnoseologica ed ontologica) dell’evento Cristo. In terzo luogo l’alterità non alternativa tra fede e ragione aiuta a ben comprendere la metafora del “salto”. allorché descrive il rapporto fra il Padre e il Figlio in termini oblativi (relazione come dono – “tutto mi è stato dato”). D’altro lato il reciproco donarsi delle persone nella Trinità resterebbe chiuso in se stesso (“nessuno conosce”) se attraverso la rivelazione (= ¢pokalÚyij). il cui protagonista è il Figlio (cristocentrismo). dove il Cristo viene interpretato e proposto come modello e paradigma della fede. in quanto particolarmente utile sul piano dialogico e.25-27 ║ Lc 10. attraverso il ricorso al verbo ™piginèskw = conoscere. se si vuole. Tale metafora consente di porre in termini drammatici e in tutta la sua serietà il rapporto fra fede e ragione. Il loghion. che richiama tutta la pregnanza esperienziale. Si può privilegiare questa impostazione. E tale apertura è caratterizzata da una originaria gratuità. al famoso loghion cosiddetto giovanneo (Mt 11. che possiamo chiamare due 5 . perché l’atteggiamento richiesto per addivenire a questa autentica gnîsij è quello della recettività e della semplicità dei piccoli. chiamando in causa le figure della ragione creata e della ragione redenta e ricordando come il credente ovviamente utilizza un’unica ragione. che è quella redenta. ma ad integrare quella cristologica. sicché gli sforzi degli intelligenti e dei sapienti (cui si fa riferimento all’inizio) risultano vani. pone in primo luogo l’accento sulla prospettiva intratrinitaria. anzi cristocentrica. non potesse raggiungere gli uomini. In primo luogo mi riferisco ad una interpretazione del duplex ordo in chiave antropologica. espressa dal verbo bouleÚw (= “lo voglia rivelare”). ad esempio. nella quale si rinviene la possibilità dell’esercizio della “ragione creata”. dare ragione al profeta. d’altro lato. Cinisello Balsamo 2004. che già da sé è in grado di riconoscere l'incessante trascendersi dell'uomo 3 R. sarà compito dei successivi momenti della riflessione segnalare e costruire dei “ponti” o dei “trampolini” che rendano possibile l’attraversamento del “fossato”. cioè di riconoscere i propri limiti e quindi di rendersi conto che può esserci qualcosa che supera i nostri comuni schemi razionali. mentre da parte della fede si tratta delle ragioni che essa può e deve esibire attraverso il sapere teologico e la filosofia cristiana. mentre la Croce può dare alla ragione la risposta ultima che essa cerca. La sapienza della Croce. signori miei. risulta originario rispetto al messaggio cristiano. quando per sua bocca Dio dice: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri» (Is 55. di salvezza. bisogna ammetterlo. PENNA. Devo inoltre aggiungere che il tema del “salto”. 6 . oltre che dalle vicende del pensiero moderno e postmoderno. riferendosi all’Apollo del santuario di Delfi che lo aveva definito come l’uomo più sapiente. esclamava: «In realtà.. Il DNA del Cristianesimo. 28).] è nulla per ridurre a nulla le cose che sono» (1 Cor 1. Penna aggiunge: “Ma. Per esprimere la natura della gratuità dell'amore rivelato nella croce di Cristo. dunque. il biblista R. del Vero. Occorre il salto della fede: non tanto nel senso rinunciatario e un po’ lesionistico del credo quia absurdum quanto piuttosto nel senso della dignitosa ammissione socratica di «sapere di non sapere». Da questo punto di vista preme richiamare un luogo particolarmente significativo dell’enciclica Fides et ratio: “Parlando il linguaggio dei filosofi suoi contemporanei. l'Apostolo non ha timore di usare il linguaggio più radicale che i filosofi impiegavano nelle loro riflessioni su Dio. supera ogni limite culturale che le si voglia imporre e obbliga ad aprirsi all'universalità della verità di cui è portatrice. Ed è ciò che Socrate sostanzialmente condivide. per dire che nel crocifisso appare un Dio ancora più grande la ragione non basta. Non la sapienza delle parole. / Vuoi vederlo ancora più grande? / Fermati davanti alla croce!” in rapporto al luogo paolino del lÒgoj toà stauroà (1Cor 1. insieme. Bisogna. L’identità cristiana allo stato nascente. Da parte della ragione essi sono indicati nei praeambula fidei. in definitiva. e col suo oracolo egli vuol dire che l’umana sapienza vale poco o nulla»”3. l’unico vero sapiente è il dio. durante il processo.18-25). ripensati e riproposti in chiave di teologia filosofica e in chiave antropologica.8). Dopo aver citato i versi di un anonimo bavarese: “Grande è Dio nella natura / dappertutto c’è la sua impronta.. San Paolo. appartenendo in buona misura a quello che è stato recentemente definito il DNA del cristianesimo. La ragione non può svuotare il mistero di amore che la Croce rappresenta. quando. che evoca il “fossato”. ma la Parola della Sapienza è ciò che san Paolo pone come criterio di verità e. Paolo raggiunge il culmine del suo insegnamento e del paradosso che vuole esprimere: «Dio ha scelto ciò che nel mondo [. Quale sfida viene posta alla nostra ragione e quale vantaggio essa ne ricava se vi si arrende! La filosofia. 167.“sponde”. a cura di C. l’incontro sarà felice come l’intesa dell’amore: felice nella passione [. 4 7 . Bologna 1962. nella nostra prospettiva.verso la verità. La conoscenza “scientifica” del reale. 1. che stenta a lasciarsi pensare e criticamente assumere: quello della scienza. in ultima analisi. poiché la forza del caso qui non può nulla) noi possiamo chiamarlo con un termine più specifico: scandalo”4.. nella mentalità diffusa sembra esprimersi secondo la convinzione tendente a separare l’esercizio della libertà dalla ricerca della verità. del mondo e di Dio. ma oltre il quale può sfociare nell'oceano sconfinato della verità. alimentandosi di un mito. Quanto più. b) Il falso dilemma verità versus libertà. Poiché i livelli di conoscenza che hanno a che fare con visioni dell’uomo. bensì anche di quella filosofica. Un ulteriore fuorviante dilemma. sembra serpeggiare nella cosiddetta opinione pubblica. Questa prospettiva dilemmatica comporta l’esclusione dall’ambito delle scienze propriamente detto non solo della forma della razionalità teologica e del sapere che da essa si genera. il rapporto è infelice. Qui si mostra evidente il confine tra la ragione e la fede. e questo amore infelice – se posso dirlo – dell’intelligenza (il quale. aiutata dalla fede può aprirsi ad accogliere nella « follia » della Croce la genuina critica a quanti si illudono di possedere la verità. imbrigliandola nelle secche di un loro sistema. in un’armonia che non toglie la differenza. FABRO. è come l’amore infelice che ha il suo fondamento in un egoismo frainteso: più in là l’analogia non va. infatti risulterebbe oltremodo necessitante e cogente. 137. può essere invocato e prefigurato nell’ambito dell’orizzonte agapico. “Lo scandalo del paradosso (un’illusione acustica)”. a meno che essa non accetti di lasciarsi condurre e sviluppare nell’orizzonte S. KIERKEGAARD. Tale spazio d’incontro. KIERKEGAARD. anche colta. strettamente connesso a quello appena smascherato. implicano un profondo coinvolgimento della libertà di adesione. in S. allora le discipline o gli ambiti disciplinari che li coltivano sarebbero lontani dalla possibilità di potersi esibire come scientifici e. ma diventa anche chiaro lo spazio in cui ambedue si possono incontrare” (FeR. invece. che i migliori cultori anche delle scienze cosiddette hard ormai sembrano per lo più aver accantonato e demolito. tale attitudine si esercita. contemporanea. veritieri. bisognerebbe notarlo. Zanichelli. Briciole di filosofia e postilla non scientifica. né mortifica uno dei due termini di riferimento a vantaggio dell’altro: “Se il paradosso e l’intelletto s’incontrano nella comune comprensione della loro diversità. Se lo scontro non è di comune intesa.]. La prospettiva scientista. 23). tanto meno “scientifiche” ossia “veritiere” sarebbero le tesi da accogliere. Il rapporto fede e filosofia trova nella predicazione di Cristo crocifisso e risorto lo scoglio contro il quale può naufragare. tanto da non lasciare alcuno spazio alla decisione del soggetto di aderirvi o meno.. che quando io a ragion d’esempio scrivo colla mia mano un b in luogo d’un a. Newman (anch’egli con precedenti di studi matematici rilevanti. la mia mano il fa o volontariamente o meccanicamente. Sed contra… mi piace richiamare un passaggio rosminiano. Se la mia mano è determinata 8 . si consideri. ma ci limitiamo qui ad indicare una strada per ulteriori ricerche. sono così distinte e precise. Senza elaborare oltre una teoria del determinismo matematicogeometrico. forse più strutturati di quelli di Rosmini). Di qui si può in generale stabilire. Un’altra cagione d’errore che s’introduce ne’ calcoli. la nostra volontà non ha una precedente inclinazione né ad un risultato nè ad un altro”. allora succede che il matematico sbagli. Un’ulteriore conseguenza dell’assunzione del falso dilemma verità / libertà possiamo facilmente rinvenirla nella tendenza sempre più diffusa a relegare l’ambito del religioso e della fede nel privato.scientista sopra descritto. nel quale. Rosmini afferma che solo apparentemente gli assunti di tale disciplina obbligano la mente all’adesione. senza qualche cooperazione della volontà. che l’una dall’altra è dissimilissima e di tutt’altra natura. persino con le verità che sembrano escludere ogni implicanza del libero arbitrio. come le geometriche. come le cause occasionali più prossime non inducono esse necessariamente l’uomo in errore senza che la volontà ceda negativamente o anche positivamente acconsenta. e questa è una delle cagioni degli errori che prendono i matematici. Ciò che ci interessa più direttamente è invece il tema della “necessità dell’assenso”. Ed ecco come Rosmini articola il proprio ragionamento: “Noi non esitiamo a dar l’assenso alle verità fornite di certa evidenza. mi sembra che in questa sede al Roveretano stia particolarmente a cuore porre in rilievo come la libertà sia sempre e comunque implicata nel rapporto dell’uomo con la verità. Per altro queste cause occasionali più rimote non hanno alcuna effìcacia di produrre per sè l’errore senza le più prossime. La questione è così formulata: “perché alle verità fornite di certa evidenza. 2. Di notevole interesse storiografico e gnoseologico credo sarebbe l’istruzione di un confronto fra la teoria rosminiana dell’assenso e quella di J. come le geometriche. posto da Rosmini proprio in relazione alle asserzioni matematiche e geometriche. sembra che noi siamo necessitati a dare l’assenso”. riservando appunto al pubblico dibattito solo quanto sarebbe “scientificamente” verificabile o falsificabile. anche perchè il più delle volte esse sono scompagnate dalle cause occasionali dell’errore: cioè 1. E a vedere che la fallacità delle potenze e degli istrumenti non portano l’errore di necessità. In tal caso gli strumenti del calcolo sono cause occasionali dell’errore. Ed ecco l’annotazione: “Quando incontra che v’abbia somiglianza tra queste verità. Quando la mano o la lingua erra in un calcolo. «che anche tutte potenze e gl’ istrumenti di cui fa uso l’intendimento a pervenire alla conclusione del suo giudizio possono essere cause occasionali sebbene più rimote di quelle che abbiamo annoverate) di errore». riferendosi all’epistemologia della matematica. l’errore necessariamente vi s’introduce. H. sono gli sbagli di lingua o di penna. Milano 2001. ella nol fece. Rusconi. Attualità della parola. tr. Il cuore cherubico. Nella prospettiva rosminiana sarebbe un indicatore del limite delle conoscenze matematico. 25-33: breve ma intenso saggio sull’importanza della fede in Dio. di. a cura di N. Milano 1989: contiene tre saggi dedicati alla filosofia del linguaggio. Tra le opere dedicate alla figura e al pensiero di Florenskij segnaliamo: N. D’altra parte nella logica della fede. a cura di N. III. VALENTINI E L. la cooperazione della volontà è anche positiva. in L’altra Europa 5 (1987). Ruscono. e sull’unità dei credenti di tutte le confessioni e religioni. sicché fra l’adesione della verità e l’esercizio della volontà libera si dà un nesso profondo ed imprescindibile. Sul nome di Dio. ŽÁK. 129-211. 49-62: riflessione sulla crisi del cristianesimo e sul suo superamento per mezzo di un’apertura ecumenica delle chiese. Guerini e Associati. l’istanza veritativa non può mai disgiungersi da quella etica. a cura di N. Note sull’ortodossia. 5). Roma 1990: raccolta di saggi di carattere filosofico sul tema dell’arte e dell’estetica. ZOLLA. ma lasciò questa ire a sua posta: il che è una inordinazione. Il sale della terra. e lascia solo uno sbaglio che non è un vero onore»”5. it. MISLER. Perciò il matematico non cade in un vero errore formale. di E. 3-19: breve saggio sui fondamenti spirituali del popolo russo. Vita dello starec Isidoro. it.. Nel caso però della cooperazione negativa della volontà. Qiqajon. it. 202-203 (§ 1301) (EC. FLORENSKIJ tradotte in italiano ricordiamo: La colonna e il fondamento della Verità. Gangemi Editore. TREU. in L’altra Europa 1(1991). in D. La venerazione del nome come presupposto filosofico. di R. di N. di E. in Russia Cristiana 4 (1977). 5 9 . La struttura della parola. Geometrie della parola nel pensiero russo tra ‘800 e ‘900. vera e propria summa della teologia e spiritualità ortodosse. it. allora la cooperazione della volontà è solamente negativa. collegato intrinsecamente con il tema dell’esistenza uni-trina di Dio. it. CHARITONOV. a cura di E. fondata sulla Rivelazione come orientamento. Il valore magico della parola. Scritti teologici e mistici. tr. LINGUA. Adelphi. quello che impedirebbe anche in esse e attraverso di esse l’esercizio di una piena libertà: Questo principio di limitazione – leggiamo nei manoscritti per una filosofia della matematica . padre spirituale di Florenskij. impostata in chiave teologico-antropologica. non ha sbagliato in operare». La lingua tra scienza e mito. filosofo e sacerdote russo. a cura e tr. ROSMINI. ZUGAN. Arnoldo Mondadori. G. a cura di N. FERRARI-BRAVO. Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del grande matematico. ZUGAN. TREU. a cura di N. tr. l’errore si può chiamare puramente materiale. di E. tr. la mia lingua ecc. di R. di E. Milano 1999: riflessione filosofico teologica sul tema del rapporto «uno-molteplice». Ma quando comincierebbe egli ad esser formale? Nel fine del calcolo. tr. MESSINA. it. Slovo. di C. Pisa 2000. it. La prospettiva rovesciata e altri scritti.A. Città Nuova – CISR. it.meccanicamente a scrivere il b. GUAITA e L. ETS. in P. MISLER. VALENTINI. ŽÁK. Le porte regali. se il giudizio finale del risultamento del calcolo si avesse per assoluto e per infallibile. Saggio sull’icona. FLORENSKIJ. Il valore magico della parola. «Non dimenticatemi». Lo spazio e il tempo nell’arte. Se la determinazione della mano a scrivere il b è volontaria. toglie l’errore formale e volontario. Milano 1995: lezioni tenute agli Atelier superiori tecnico-artistici di Stato sul tema dell’analisi della spazialità e del tempo nelle opere dell’arte figurativa. La natura magica della parola. di G. Magnano 1992: affascinante racconto sul monaco Isidoro. Roma – Stresa 2005. VALENTINI e L. se al fine del calcolo dice: «Questo è il risultamento. La laura della Trinità e di san Sergio e la Russia. Il significato dell’idealismo. intr. Il pensatore russo Pavel Florenskij6 A. che bene spesso è sottintesa. 6 Tra le opere di P. Adelphi. Cristianesimo e cultura. tr. TREU. KAUCHTSCHISCHWILI. tr. Casale Monferrato 1999: raccolta di alcuni brani significativi di carattere teologico-spirituale. tr. Una tale prudente riserva. VALENTINI. Milano 1998: capolavoro di Florenskij. cioè l’errore è avvenuto perchè mentre la volontà intelligente dovea dirigere la mano pel fine del calcolo. MISLER.è quella legge per cui il ragionamento che si fa sulla cosa viene impedito a seguire con tutta libertà la cosa stessa. se pure la mia mano. Piemme. t. A. MUSCHIO e N. ZOLLA. a cura di G. Medusa. Milano 2000: scelta accurata delle lettere di Florenskij ai famigliari che testimoniano da vicino il dramma degli ultimi anni della sua vita. Milano 1977: trattazione originale del tema dell’icona e dell’iconografia. Nuovo Saggio sull’origine delle idee. ŽÁK. anche se noi spesso non lo sappiamo. cit. ci circonda: “in Lui infatti viviamo. Florenskij. La teodicea trinitaria di P. Città Nuova. ci guidano e operano su di noi. Teologia della bellezza e linguaggio della verità. dice sant’Agostino”7. Vedi anche la nota corrispondente. Interessanti le annotazioni secondo cui il tema della libertà. perché si può affermare in anticipo che la conoscenza della verità esige una vita spirituale e quindi è un atto eroico. c’è la sfera della nostra libertà che con ‘e sue radici. il raziocinio. presso di noi. in quanto non esclude la ragione. possiede il Pavel Florenskij: la sapienza dell’amore. ma che. mentre può esercitarla e di fatto la esercita nella possibilità di accogliere o rifiutare la realizzazione della somiglianza divina9. Verità come ethos. Verità come ethos. 10 .d. viene trattato in connessione con quello del peccato... non vedrebbe l’oggetto extrarazionale. cit. 377-378. ib.A. scrive: “Del resto non deve nemmeno essere diversa. il dono di compiacersi o no della vita con Dio. ci muoviamo ed esistiamo”. L. Infatti si può credere solo all’antinomia. 8 Cf ib. alle sue vette possiede il dono dell’autodefinizione. nella lettera VI. immersi in un inesplorabile abisso delle azioni Divine. allo stesso tempo. essendo antinomico non costringe la nostra libertà e dischiude tutta l’estensione della fede volontaria o della maligna incredulità.. FLORENSKIJ. L’uomo. Roma 1998. 7 P. perché ogni giudizio non antinomico viene semplicemente accettato o respinto dal raziocinio. La colonna e il fondamento della verità. Se la verità fosse non antinomica. 195...è molto chiaro e determinato a questo riguardo. nemo credit nisi volens. Infatti non si può obbligare nessuno a credere o a non credere. bensì la accompagna con l’esercizio della volontà libera. cioè l’autonegazione. 215-255. in Florenskij. visto che non trascende i confini del suo isolamento egoistico. in particolare nella lettera VII della Stolp8. quindi. dove naturalmente non si tratta di una fede velleitaria e cieca. Interessante notare come il velle credendi venga interpretato come fondamento della meta-storicità dell’atto di fede. e quindi non avrebbe lo stimolo ad abbracciare l’eroismo della fede. e l’atto eroico del raziocinio è la fede. Bologna s. muovendosi in cerchio nel proprio campo. attinge dalle stesse energie Divine fondandosi del tutto su di esse. grazie alle quali e attraverso le quali possiamo esistere. ŽÁK. Proprio con il dogma incomincia la nostra salvezza. pensato in rapporto all’uomo fa sì che la volontà libera venga percepita e teorizzata nel quadro della stessa struttura metafisica dell’essere umano e strettamente connessa all’immagine di Dio che l’uomo porta in sé come “nucleo santo” del suo esistere. Qui la teodicea incrocia l’antropodicea: “Dio è attorno a noi. Ma al di là di tutto ciò. EDB. L’atto di autonegazione del raziocinio precisamente è un’espressione dell’antinomia. Queste energie Divine. perché il dogma. Questo punto d’appoggio è il dogma. Lo statuto ontologico-veritativo della libertà. 716-718. che sono la Divinità stessa. non è in grado di esercitare la libertà rispetto a questo suo nucleo costitutivo originario. sull’antinomia. non avrebbe un punto d’appoggio. 9 Cf a questo proposito L. intesa non tanto come castigo ulteriore. forza ed energia. ritenendolo di fatto Testo citato in ib. il perdono della cattiva volontà è impossibile. e tuttavia a livello fondamentale non ha mancato di marcare con forza il nesso tra verità e libertà.. Jaca Book. 258-315. ma come orizzonte metafisico del negativo e della morte. essendo essa il prodotto creativo della libertà. 378-379. così come sono espressi nella VIII lettera. La divinizzazione dell’uomo dunque esige il suo assenso libero e si espone allo scacco del peccato con la conseguenza della geenna11. cit. La rivelazione naturale è pienamente conosciuta e compresa alla luce della rivelazione soprannaturale. L’antinomicità del dogma del destino ultimo è logicamente indubbia e psicologicamente evidente”12. E in nostro potere spalancare i nostri cuori alla Sorgente dell’essere ricevendo da Esso i flussi di vita. contrariamente al soggettivismo privo di. oppure. Ma in quel caso iniziano a seccarsi i nostri legami con il mondo e tutto il nostro essere sta per morire”10. esiste anche l’amore di Dio e quindi anche una vera libertà della creatura. è di carattere cosmico. Al tema della geenna è dedicata la lettera VIII della Stolp. rifugiarci sotto terra. se la libertà non è reale. cf P. Non ritenere cattiva la cattiva volontà significherebbe non riconoscere la realtà della libertà. se non c’è una reale libertà della creatura. Milano 1985. Da un altro punto di vista l’attenzione di questo geniale e versatile pensatore verso le scienze della natura. di chiuderci nella soggettività. In questo senso la lezione di Florenskij può essere assunta come paradigmatica rispetto ad un nucleo teoretico decisivo caratterizzante la teologia fondamentale. Tesi e antitesi sono inseparabili come l’oggetto e la sua ombra. non c’è kénosis e quindi non c’è amore. 12 Ib. STANILOAË. nemmeno l’amore di Dio per la creatura è reale. E se non c’è amore non c’è nemmeno perdono. fuggire dall’essere. 29: “La Chiesa ortodossa non separa la rivelazione naturale da quella soprannaturale. e ciò sempre nel quadro del carattere antiteticoparadossale della realtà che la fede esprime: “Se la libertà dell’uomo è una vera libertà di decisione. e viceversa. se esiste il perdono di Dio. Il genio dell’ortodossia. al contrario.. 263. Chi nega l’antitesi nega la tesi. non c è nemmeno una delimitazione reale da parte della Divinità sulla creazione. Se c’è una vera libertà è inevitabile anche la conseguenza: la possibilità della cattiva volontà e quindi l’impossibilità del perdono. di quel qualcosa di ontologico che è del soggetto e che. Questo è il potere della nostra soggettività. chi afferma l’antitesi afferma anche la tesi. secondo cui “la creazione è rivelazione”13. la rivelazione naturale è data e permane attraverso l’azione soprannaturale di Dio”. La colonna e il fondamento della verità. Al contrario. risulta ben in linea con l’affermazione tipica della teologia fondamentale ortodossa. La teologia del Novecento ha evitato accuratamente gli esiti radicali in chiave escatologica del pensiero florenskijano.. 11 10 11 . 13 Mi limito a citare a questo proposito D.potere divenire da Lui odi allontanarsi da Lui. FLORENSKIJ. c) L’alternativa tra verità e carità L’attitudine antimetafisica di alcuni esiti del pensiero Novecento. Glossa. Ratio fidei.VERWEYEN. tedesca di Gottes letzes Wort. Milano 1988. Il futuro della religione. Milano 2005. recentemente riproposte in R. sembrerebbe dover necessariamente determinare la rinuncia ad ogni forma di oggettività. Cf a questo proposito il cap. RORTY – G.267). certamente condivisibile. Rorty. soprattutto in quello che è stato definito l’ambito continentale. 14 12 . fra la dimensione oggettiva del vero (che ovviamente dal nostro punto di vista è irrinunciabile) con la prospettiva oggettivante (attribuita appunto ad una interpretazione in chiave metafisica della verità). oppure sviluppando una fenomenologia dell’atto di fede congrua con la dinamica dell’azione umana. mentre la prima era del 1990). e che si potrebbe anche denominare ermeneutico. elaborata da M. 264. malgrado una libertà recalcitrante?”. 265 – cf tutto il paragrafo dedicato al teologo tedesco “L’evidenza dell’assoluto nell’evidenza della libertà: la rifondazione pratica del trascendentale”. che mantenga il nesso strutturale fra verità e libertà. 15 Cf a questo riguardo il testo programmatico della scuola milanese: G. COLOMBO (ed. “Sapere e libertà”. cf quanto scrive un interprete: “La riflessione trascendentale sulla fenomenologia del Sollen (ove Verweyen introduce la terminologia della manifestazione) mostra che il principio incondizionato – il fondamento ultimo – può essere adeguatamente pensato solo come condizione di possibilità della mia libertà (in questo senso ha carattere di promessa). e del sapere che dalla fede si genera15. EPIS. In questa sede propriamente filosofica stupisce in particolare la confusione. L’evidenza e la fede. Brescia 2001 (sulla III ed. 17 Si pensi alle posizioni convergenti di G. La parola definitiva di Dio. coinvolgendo in esso lo stesso cristianesimo. A proposito della posizione di Verweyen circa questo argomento. Milano 1995. Queste tesi. può costituire un vero e proprio baluardo nei confronti del fondamentalismo e della violenza che in esso si impone. ripetuta a mo’ di ritornello. Blondel e con la sottolineatura della possibilità della negazione e dell’atteggiamento recalcitrante della libertà16. in quanto tendenti ad esasperare la tematica della kenosi. 16 In questa direzione muove H. ib. Brescia 1996. VIII: “Un senso definitivamente valido. che è del 2000. la cui concezione della carità sarebbe radicalmente alternativa rispetto al concetto di verità elaborato in sede metafisica17. BERTULETTI. Solo un pensiero rivelativo.. Saggio di teologia fondamentale. peraltro molto diffuse non solo in Italia. ib. mette in campo un ulteriore falso dilemma. Solidarietà.). non mancano di esercitare un influsso non Cf a questo riguardo P. della seconda prospettiva. Vattimo e R.. la cui appartenenza va ancora una volta reclusa nel privato delle coscienze. la cui evidenza non è anticipabile alla sua istituzione a posteriori” (M. come autosvuotamento di Dio. Garzanti. Compendio di teologia fondamentale. con particolare riferimento al saggio di A. in particolare in ambito religioso. Il Dio affidabile. carità. I modelli della giustificazione della fede nella produzione manualistica cattolica della teologia fondamentale tedesca post-conciliare. dove si parla della fede come affidamento e si tenta appunto una ontologia dell’affidamento. in particolare 429-554. 444-465. VATTIMO. Queriniana. SEQUERI. 234-247. appunto soggettive. ib. Il rifiuto.costitutivo dell’atto di fede testimoniale14. ironia. Glossa. 1. Queriniana.. op. Rifondazione della fede. G.8). Milano 2004.mistero. a contrapporre carità e verità. non si tratta di professare una dottrina.. Sicché la logica della fede cristiana ha un principio kenotico e un fondamento agapico su cui poggia e attraverso i quali si costituisce e si esprime. ZABALA. dove alla kenosi del servo fa riscontro la sua esaltazione e glorificazione: “Con la fine della metafisica. Come abbiamo rilevato proprio in questa sede lo scorso anno. “La metafisica della seconda persona”. tendenti ad esempio ad indicare il dinamismo kenotico in sede intratrinitaria19. Una religione senza teisti e ateisti”. ultimamente. 21). con i soliti luoghi comuni contro l’intellettualismo che caratterizzerebbe la sottolineatura della valenza veritativa della fede cristiana. Tra le altre posizioni teologiche nelle quali la tematica della kenosi assume un rilievo fondativo ed esclusivo cf K.6-11) in cui è attestato. Ciò che è in gioco. 19 Ad esempio H. scopo delle attività intellettuali non è più propriamente la conoscenza della verità. da filosofi come Robert Brandom e Bas van Frassen e di teologi come Jack Miles e Carmelo Dotolo [di quest’ultimo si cita La rivelazione cristiana. Paoline.. 39).18). Analoghe osservazioni critiche si possono altresì rivolgere all’utilizzo del termine kenosi in rapporto alla creazione. e più avanti: “Ciò che è in gioco nella fede non è il soprannaturale. in Hermeneutica. Queriniana. Il Crocifisso risorto. BRAMBILLA. Annuario di filosofia e di teologia. in Il regno attualità 50 (2005) 343-355. Giustamente. ovvero nel lÒgoj s¦rx ™gšneto (Gv 1. Nella cultura contemporanea questa posizione non è rappresentata solo dall’ermeneutica. von Balthasar sostiene che “l’annichilamento di Dio (nell’incarnazione) ha la sua possibilità ontologica nell’autorinuncia eterna di Dio. RUHSTORFER “Credere e pensare: la presenza della rivelazione in occidente”. che a questo punto andrebbe meglio denominata come una vera e propria (il)logica20. cit. U. ma anche come il termine kenosi vada più realisticamente applicato alla vicenda del Figlio e quindi alla sua vicenda storica e risulti problematico inserirlo nella trinità immanente. altrimenti lo si abbassa». con particolare riferimento alla libertà creata e quella della croce. 241-242. che finisce con lo smarrire il senso stesso della parola (cf a tal proposito L. la rinveniamo in V. rifacendoci a Rosmini. “Introduzione. 252) ecc. dove il verbo dice riferimento al carattere storico di tale principio. 18 13 . Storia. Per questa sintesi del pensiero balthasariano utilizziamo F. La Trinità mistero di comunione. Si tratta di lavorare” (p. piuttosto è questo mondo” (p. bensì quella «conversazione» nella quale ogni argomento ha il fondato diritto di trovare un accordo senza ricorrere ad alcuna autorità. mi sembra sia più corretto esprimersi in questi termini: la logica della fede cristiana ri-conosce il proprio principio nella kenosi del Logos. e attraverso tale principio scopre il proprio fondamento nel nome del Dio neotestamentario che è Ð qeÕj ¢g£ph ™st…n (1Gv 4. se non attraverso un’analogia troppo spinta. “liberato dalle sue escrescenze sofiologiche” (ib. Di qui deriverebbero e qui si fonderebbero la kenosi della creazione. RORTY – G. 241). VATTIMO. Brescia 1998. Un’analoga tendenza. LADARIA. di esso «non si deve farne un oggetto. evento. Morcelliana. MANCUSO. con il bene della loro anima” (p. insegna Simone Weil. la sua donazione tripersonale”. Mondadori. Il principio kenotico va tuttavia interpretato e riflesso nella dinamica propria dell’inno della lettera ai Filippesi (2. Paoline. come principio e fondamento della logica della fede cristiana. 20 Coerentemente con una prospettiva radicalmente antimetafisica o postmetafisica. 34-37. VITIELLO. “Se si vuol essere cristiani. ma anche da scienziati come Thomas Kuhn e Artur Fine. il nascondersi di Dio va posto piuttosto in relazione alla vicenda del peccato e trova un suo ulteriore momento drammatico di nascondimento nella croce. Milano 2002]” (S. Brescia 2005. ma è il bene degli uomini all’interno della vita concreta che coincide. il quale non manca di rilevare il debito balthasariano verso Bulgakov. dove leggiamo: “LA verità infatti non è un teatro metafisico nascosto dietro chissà quale stella. Ladaria rileva come la tesi di von Balthasar risulti certamente suggestiva e particolarmente significativa in ordine al tentativo di pensare l’Assoluto in prospettiva agapica. 226-227). Milano 2005. Risurrezione di Gesù e fede dei discepoli. Per amore. forse molto meglio mascherata. L. nell’orizzonte antimetafisico. questa tendenza alla illogica viene richiamata da V. 40). in R.marginale anche su alcune proposte teologiche recenti18. a nostro avviso. Dal punto di vista invece di un’autentica logica della fede. Lo spazio lasciato vuoto dalla metafisica non deve più essere riempito da nuove filosofie che pretendano di esibire un fondamento estraneo alla «conversazione». diventando simile agli uomini. ma annientò se stesso prendendo la condizione di schiavo. frequentando sia la prospettiva scheleriana dell’“amore che fa Cf H. BAUSOLA. perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli. 21 14 . Per questo Dio lo esaltò e gli diede il nome che è al di sopra di ogni nome. egli. possiamo rinvenirla in sede fenomenologica. Alla “credibilità dell’amore” è stato intitolato il convegno celebrativo del centenario della nascita del teologo svizzero organizzato per ottobre 2005 presso la Pontificia Università Lateranense. Si tratta. nel quale il riconoscimento del vero non può mai essere disgiunto dall’esercizio della libertà e dal coinvolgimento della carità. Questo momento della nostra riflessione può felicemente incrociare un famoso frammento 582 di Pascal: “Ci facciamo un idolo della stessa verità. è la sua immagine e un idolo che non bisogna amare né adorare. Città Nuova. su questo tema balthasariano cf R. Una prospettiva di particolare interesse. secondo una famosa espressione di von Balthasar. Roma 1981. pur essendo di condizione divina. 582 Brunschvicg = 597 Chevalier). Riconosciuto nell'aspetto come uomo. in terzo luogo la logica della fede cristiana è una logica simbolico-sacramentale. a gloria di Dio Padre. Milano 1978. e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore. della capacità di credibilità che solo l’amore può ingenerare e sviluppare. morte di croce. Hans Urs von Balthasar. umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte.Öj ™n morfÍ qeoà Øp£rcwn oÙc ¡rpagmÕn ¹g»sato tÕ enai ‡sa qeù. †na ™n tù ÑnÒmati 'Ihsoà p©n gÒnu k£myV ™pouran…wn kaˆ ™pige…wn kaˆ katacqon…wn.che abbiamo indicato altrove). ¢ll¦ ˜autÕn ™kšnwsen morf¾n doÚlou labèn. Il fondamento agapico della logica cristiana esige a sua volta che l’ontologia e la metafisica che vi si dischiudono debbano essere intese e sviluppate nel senso di una ontologia trinitaria e di una metafisica della carità. In questo senso vengono a coincidere la credibilità della Rivelazione con quella dell’amore21. kaˆ p©sa glîssa ™xomolog»shtai Óti kÚrioj 'Ihsoàj CristÕj e„j dÒxan qeoà patrÒj. e meno ancora bisogna amare o adorare il suo contrario che è la menzogna”22. Borla. Rusconi. non considerò suo bene esclusivo l'essere uguale a Dio. L’aggancio con le precedenti riflessioni è costituito dalla possibilità (che per chi scrive è una vera e propria necessità) di innestare la tematica della “credibilità” dell’amore nel quadro della prospettiva agapica. antinomia e compimento . qan£tou d stauroà. Roma 1977. Opuscoli e Lettere. Pensieri. nella quale l’orizzonte amativo si coniuga felicemente con l’istanza veritativa e la riflessione sulla libertà e il suo esercizio. Questa impostazione fondamentale del tema impone un’articolazione che ci sembra di poter esporre secondo i seguenti passaggi: a livello gnoseologico. a cura di A. 661 (fr. FISICHELLA. in secondo luogo la logica della fede cristiana è una logica del paradosso (nei tre sensi – dirompenza. diÕ kaˆ Ð qeÕj aÙtÕn ØperÚywsen kaˆ ™car…sato aÙtù tÕ Ônoma tÕ Øpr p©n Ônoma. U. ™n Ðmoièmati ¢nqrèpwn genÒmenoj: kaˆ sc»mati eØreqeˆj æj ¥nqrwpoj ™tape…nwsen ˜autÕn genÒmenoj Øp»kooj mšcri qan£tou. Solo l’amore è credibile. o se si vuole “eucaristica” (anche per questo aspetto rimandiamo ad altri nostri lavori). PASCAL. VON BALTHASAR. per il teologo fondamentale. 22 B. Dinamica dell’amore e credibilità del Cristianesimo. perché la verità senza la carità non è Dio. sulla terra e sotto terra. la logica della fede cristiana esige un pensiero rivelativo. La prima è di natura puramente affettiva. Essere responsabili della fede. KERN . che – spesso anche per ragioni condivisibili – stenta a lasciarsi superare soprattutto nelle proposte elaborate in ambito tedesco. IV: Trattato sulla gnoseologia teologica. 15 . Il luogo in cui queste dimensioni si armonizzano è da rinvenirsi nell’affettività. sviluppata nell’ambito della “metafisica agapica” da un lato non intende instaurare alcuna alternativa rispetto alla classica “metafisica dell’essere”. resta sul terreno più propriamente antropologico ed ontologico. che è una pure voce del cuore.). Solo quando si hanno entrambe. anche di recente25. La Parola definitiva di Dio.M. nonché di ripensare radicalmente il modulo teologico-fondamentale della triplex demonstratio. la donazione di sé raggiunge il suo carattere pieno”24. J. [Die Zweite ist die Stimme unseres freien Personzentrums = La seconda è la voce del nostro libero nucleo personale – espressione non presente nella traduzione italiana]. evita accuratamente ogni riferimento intradivino e. svolge un ruolo paradigmatico rispetto alle altre forme di amore e alle loro espressioni. vol. Rivelazione e conoscenza nella filosofia della religione di Max Scheler. Inoltre il ricorso alla prospettiva della “metafisica agapica” consente di evitare una sorta di “riduzionismo ontologico”. Hildebrand così riassume il proprio pensiero a riguardo: “Vediamo dunque che ci sono due dimensioni ella donazione di sé. 23 Cf il bel libro di G. vol. VON HILDEBRAND. Cinisello Balsamo 2005. WERBICK. Compendio di teologia fondamentale. Essenza dell’amore. SECKLER (edd. San Paolo.vedere”23. si declina in termini di coinvolgimento fra l’aspetto del dono e quello della libertà. La seconda è il sanzionamento della presa di posizione donativa. POTTMEYER . Vol. Bompiani. coerentemente col suo metodo e con le sue impostazioni. tradizione. DE SIMONE. La figura dell’amore sponsale. Queriniana. anche quando tratta dell’amore di Dio. Milano 2003. 191. it. Brescia 2001. introduzione. trad. d’altro lato rende fondamentalmente estrinseca la domanda circa il rapporto della fede con la ragione e della teologia con la filosofia nei termini di una “filosofia prima” oppure di una “filosofia ermeneutica”. Brescia 1990. in questa prospettiva fenomenologica. dove si ha modo di ritrovare una feconda attenzione alla figura del “pensiero rivelativo. J. I: Trattato sulla religione. Brescia 2002. L’amore fa vedere. Queriniana. bensì a farle assumere un atteggiamento di cooperazione nella sanzione della relazione affettiva. Una teologia fondamentale. vol. II: Trattato sulla rivelazione. affettiva dell’amore. dove l’essenza dell’amore. La fenomenologia.H. In ogni caso la dimensione della gratuità del dono non viene ad annientare la responsabilità della volontà libera. ma esso viene a determinare strutturalmente ad esempio anche le proposte di H. dove conoscenza e volontà svolgono ciascuna nel suo ambito il loro ruolo. note e apparati di PAOLA PREMOLI DE MARCHI. Corso di teologia fondamentale. lasciando alla teologia ulteriori approfondimenti. 24 D. ma consentire al lumen Revelationis di rivestirla della nuova luce che emana dal Vangelo. come “risposta al valore”. II: Trattato sulla Chiesa. Ha il carattere di un dono che non ci possiamo dare volendolo. assumendo la forma della Überwerantwort. 25 Risulta fin troppo evidente nella strutturazione dell’Handbuch l’adozione di questo modulo: cf W. VERWEYEN. Concluderei osservando che la riflessione sul rapporto fede/ragione. Queriniana. sia le riflessioni di Dietrich von Hildebrand. il riferimento al pensiero rosminiano risulta imprescindibile e di forte impatto sulla tematica che stiamo affrontando. È a proposito di questo compito che. 279-348. Ratzinger così si esprimeva: “Ed è questa fede . Questioni di filosofia.. La metafisica e la logica agapica vengono ad assumersi il compito di mostrare la valenza ontologica della santità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità. a mio parere. qui mi preme evidenziare come. nella quale l’allora. Florenskij e da I. grazie alla lezione di Italo Mancini. “Doppi pensieri”. Morcelliana. Mancini27. Libri di filosofia. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo. messa in luce tra gli altri da P. Torino 1859-1874. Morcelliana. La carità senza verità sarebbe cieca. Se questa in coincidenza consiste la formula fondamentale della fede cristiana. nel quale la forma morale dell’essere assume la connotazione della forma della santità28. 28 Cf A.solo la fede . proprio in quel luogo della Teosofia. e da cui si ricavano Per una esposizione più completa cf G. un passaggio dell’omelia pro eligendo Pontifice. Soc. Infine la prospettiva da noi adottata consente di smascherare il falso dilemma tendente a porre in alternativa verità e carità. Sul tema del paradosso cf anche A. 26 16 . Tale dimensione risulta infatti con grande chiarezza.che crea unità e si realizza nella carità. MANCINI.. che non può essere relegata semplicemente né nell’ambito dell’etica. La valenza ontologica della santità nella prospettiva della metafisica agapica I falsi dilemmi non appartengono all’autentico paradosso. Piuttosto che produrre dei dilemmi. cardinale J. gli opposti: è qui la sua valenza antinomica. Brescia 2002. A questo proposito vale la pena richiamare. né alla logica che ne consegue.intrecciandosi e non di rado confondendosi col “modello antropologico trascendentale”. 27 Per Florenskij rimando allo studio citato nella nota precedente. in una sintesi non meramente razionale. ROSMINI. in quanto descritto come punto focale della fede cristiana. Brescia 2000. la verità senza carità sarebbe come «un cembalo che tintinna» (1 Cor 13. anche nella nostra vita. verità e carità si fondono. 154-155 (190). I. in ID. LORIZIO. il paradosso cristiano si sforza di tenere insieme. Teosofia. come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. verso le quali il paradosso cristiano si pone in funzione critica ed inverante26. ancora per poco. FABRIS. Paradossi del senso. Morcelliana. In Cristo. bensì alle doxai che l’areopago culturale produce e alimenta. ebraismo e cristianesimo. coincidono verità e carità. I paradossi dell’amore fra grecità. 1)”. né in quello di un vago spiritualismo. il tema dell’“ossimoro teologico” può essere appreso e ripreso nell’attuale configurazione del discorso su Dio: cf a questo riguardo I. ma data e accolta anche sia a livello affettivo che volitivo. PUL. come essa non potrebbe valere a configurare il sapere che dalla fede si origina? 2. ed. magari rivisitato e riproposto in forme diverse. La logica del paradosso in teologia fondamentale. Brescia 2000 e ID. Frammento su Dio. Roma 2001. nella Cf il nostro "Ricerca della verità e metafisica della carità nel pensiero di Antonio Rosmini". supposta dai differenti ambiti del sapere: abbiamo così (solo per fare qualche esempio) una razionalità scientifica. la figura della santità è riflesso dello Spirito Santo. che è appunto denominato “spirito di santità”. il suo riflesso sull’essere e sull’uomo esprime una relazione profondamente analogica fra le tre prospettive indicate. Infine affermare il “primato della forma morale dell'essere” non significa sminuire la portata delle altre due. 29 17 . una razionalità informatica.alcune indicazioni fondamentali: a) in quando espressione della forma morale dell’essere la santità oltre che una valenza ontologica. CISR . con la sua componente pneumatologica.Genova s. Questo politeismo epistemico lungi dal produrre una sorta di disperazione in ordine alla possibilità del dialogo e alla ricerca del senso. a) Dimensione epistemologica della prospettiva agapica Un’attenta riflessione epistemologica non può non rilevare il fatto che piuttosto che ad una ragione univocamente rappresentantesi (e come tale onnicomprensiva e totalizzante) l’intellettuale (occidentale) contemporaneo si trova di fronte alla pluralità delle razionalità. appunto. Abbiamo così la possibilità di costruire un ponte fra carità e metafisica e di parlare. una razionalità storica. VIII. soprattutto attraverso l'elaborazione della dimensione morale dell'essere. al contrario potenziarla e gettare davvero nuova luce sull'intero orizzonte speculativo. passa attraverso il reciproco riconoscimento delle diverse forme di razionalità e dalla loro interazione. L'essere morale nel pensiero filosofico di Antonio Rosmini. Stresa . attraverso un fecondo dialogo interdisciplinare. 30 C. in sede rosminiana di “metafisica della carità”29. Inoltre riteniamo che. d. “sono tutte coessenziali all'essere”30 ed hanno “ugual dignità e pienezza”31. una razionalità matematica. si possa costruire un fecondo rapporto fra sapere filosofico e intelligenza della fede: l'essere morale è il luogo privilegiato in cui questo incontro diventa fecondo e riceve senso. c) nella sua funzione di “legame” fra le altre forme dell’essere e le dimensioni della persona. una razionalità filosofica. Le tre forme. infatti.La Quercia. 202-203 (14875)]. 39. b) nella sua consistenza ontologica la santità appartiene innanzitutto a Dio. una razionalità teologica ecc. nella forma e nella misura in cui Rosmini stesso lo esprime come nocciolo duro della sua concezione ontologica. cercheremo ora di enucleare alcuni sviluppi di carattere a) epistemologico. partecipa del “primato dell’essere morale”. 154 (189).. I. La possibilità di superare la frammentazione. 31 TS. in Rassegna di Teologia 36 (1995) 527-552 [CBR. Di tale metafisica agapica. b) metafisico e c) ecclesiologico ed escatologico. BERGAMASCHI. 2. una razionalità tecnica. può risultare al contrario fecondo e costruttivo. mediata da una teoria della verità sviluppata da un interprete per i parlanti di un'altra lingua. 34 Cf D. anche solo per determinare il disaccordo tra le teorie in competizione.misura in cui fa proprio il “principio di carità”. il che è possibile solo se vi è una base . ma anche la possibilità di una critica a sistemi culturali differenti. ma il richiamo a una comune base d'intesa. A considerarlo su un piano forse poco interessante per Davidson. con le differenziazioni proprie della concezione epistemologica di ciascuno di questi autori. La sottolineatura di questo inatteso 32 33 Cf N. dobbiamo considerarli nel giusto nella maggior parte dei casi”35. Davidson. bisogna notare che il “principio di carità” viene chiamato in causa non solo nella traduzione da un sistema culturale e linguistico a un altro completamente diverso.non segue l'intraducibilità tra teorie concorrenti.dovuta principalmente alle riflessioni di Quine nonché all'accettazione di una teoria semantica della verità non estensionale .del principio di carità è. il Mulino. Il relativismo favorirebbe un atteggiamento di acritica accettazione della differenza culturale. ma anche nell'interpretazione all'interno dello stesso sistema linguistico. da alcuni illustri rappresentanti di questa prospettiva filosofica. Inquiries Into Truth and Interpretation. che comprometterebbe non solo un'effettiva comunicazione. fornisce lo sfondo di un atteggiamento che spiega non tanto la comunicazione scientifica. in particolare da lingue del tutto sconosciute.non è fatto per eliminare ogni disaccordo. cioè il dibattito che ha visto schierati su fronti opposti autori come Kuhn e Feyerabend da una parte. Cf W. Milano 1970). se vogliamo comprendere gli altri.operata da Davidson . non ha alcun senso congetturare che abbracciando tale principio si rischi di cadere in un errore su larga scala. Quine. Word and Object. quanto la più generale costruzione di teorie ontologiche. “Il contesto in cui matura l'estensione a tutto campo .di accordo. Quine e Wilson.per Davidson è impossibile . in Review of Metaphisics 12 (1959) 521-539. Parola e oggetto. Si potrebbe affermare che. Verità e interpretazione.e la realtà è ancorata al sistema linguisticoculturale di riferimento. Non c'è posto però per il relativismo culturale: lo schema non può essere avulso dal contenuto . Cambridge (Mass.. Wilson. 35 Ib. Oxford University Press. anche. Poiché il principio di carità non è un'opzione ma una condizione per avere una teoria efficiente. L. in quanto riesce a giustificare l'insieme delle convenzioni stipulate fra gl'interlocutori in maniera non espressa. it. non c'è spazio per l'errore. O. sulle quali vengono edificati anche i sistemi scientifici. Finché non si è stabilita con successo una correlazione sistematica tra enunciati reputati veri e altri enunciati reputati veri. in base al quale è possibile sia comunicare che assentire o dissentire: “Questo metodo – scrive Davidson . V. Oxford 1984 (trad. connessa con la necessità di fornire un paradigma plausibile per l’esercizio della “traduzione”. il dibattito epistemologico sull'incommensurabilità delle teorie scientifiche appartenenti a paradigmi diversi. senza per questo far proprio il sistema di valori dell'interlocutore. Willard van Orman Quine33 e Donald Davidson34. Bologna 1994. Esso può assumere la forma della diffusa condivisione di enunciati reputati veri da parlanti di "una medesima lingua". Nella teoria espressa dall’ultimo dei filosofi citati. Popper e Lakatos dall'altra. 280s. né è in grado di farlo. alla scomparsa della base empirista di controllo sulla verità degli enunciati . ci piaccia o no. La carità s'impone. Questa procedura. it. “Substances Without Substrata”. che consiste nell'assumere per vere e accettabili il maggior numero possibile di credenze dell'interlocutore. È difficile negare la qualifica di "etico" a questo problema: eppure esso è emerso da una riflessione sulle 18 . oppure può essere una convergenza di massima. il suo scopo è quello di permettere un disaccordo significativo. Harvard University Press. così ad esempio come è stato elaborato e riproposto in sede analitica. il principio di carità presuppone una consapevole assunzione della verità altrui che renda possibile la comunicazione.qualche base .) 1960 (trad. come Neil Wilson32. il Saggiatore. per Davidson. È un pezzetto di etica caduta dalla tavola del banchetto epistemologico: ma di qualche pietanza era comunque un ingrediente” (Per questa citazione ed in generale per l’argomento e il riferimento agli autori cf P. che qui mi propongo di esporre: 1. fuori dell’ambito credente cristiano. in Lateranum 67 (2001) 203-258 e al più recente IDEM. 189-227. tra le problematiche connesse a questa visione epistemologica generale. “Scienza. 36 Riguardo al rapporto fra sapere metafisico e sapere teologico per ulteriori approfondimenti rimando a G. un rilievo non indifferente. enunciando alcune tesi.htm#n30.ingresso della prospettiva agapica in epistemologia va comunque chiaramente dissociata da ogni possibile interpretazione sia metafisica che teologica di queste enunciazioni. recentemente il “principio di carità” è stato richiamato nel bel saggio di V. La razionalità teologica e la razionalità metafisica possono di fatto convergere (fin quasi a coincidere. medioplatonismo e neoplatonismo e con l’aristotelismo. 321-346). Annuario di filosofia e teologia. Il che non significa che queste due forme di razionalità non possano trovare delle importanti convergenze. non possiamo non rilevare come. in Hermeneutica.uniba. 19 . ma direi decisivo. che ovviamente richiedono ulteriori approfondimenti e una non superficiale discussione e dalle quali spero emerga con sufficiente chiarezza il nesso con la tematica della santità. che – per correttezza verso coloro che le hanno espresse – vanno mantenute sul livello proprio del contesto in cui emergono. È un problema etico emerso da una discussione sulla traduzione. “Quale metafisica per. sul web in http://lgxserver. tuttavia.it/lei/saggi/sc/etica_scienza. Morcelliana. dalla. soprattutto allorché intenda esercitarsi intorno alle questioni più radicali concernenti il senso dell’essere e dello stesso sapere. ma non a identificarsi37) nel momento in cui la prima riesce a sviluppare la procedure di verifica di enunciati in assenza di un criterio empirista che rimandi ad una realtà non interpretata. 2. linguaggio ed etica”.. “Quale metafisica?”. da parte dei cultori degli altri ambiti di razionalità. Un’ermeneutica obiettivoidealistica”. in opposizione. Brescia 2005. La questione risulta complessa anche dal punto di vista dell’epistemologia teologica: vorrei qui offrire qualche spunto di riflessione. A questo riguardo basti richiamare il fatto che possiamo storicamente registrare forme di razionalità metafisica elaborate prima. è dato dal fatto che la forma della razionalità teologica viene difficilmente riconosciuta. nella teologia?”. in alternativa. Da parte nostra. sul rapporto tra teoria e paradigmi e sul rapporto tra linguaggio e realtà. “Verità e comprensione. LORIZIO. “Crisi della metafisica e metamorfosi della teologia”. HÖSLE. se non pregiudizialmente elusa. cit. in Hermeneutica. 37 L’identificazione fra queste due forme di razionalità perpetrata all’interno del modello neo-scolastico ha fatto sì che esso porgesse il fianco alla pertinente critica relativa al suo estrinsecismo epistemologico. La razionalità teologica e la razionalità metafisica (e genericamente filosofica – è convinzione di chi scrive che non si dia autentico filosofare senza l’istanza metafisica) non si identificano né coincidono. Di qui i richiami di Fides et ratio alla necessità dell’istanza metafisica per la teologia. quali quelle già lungamente sperimentate nell’ambito dell’ibridazione-contaminazione del Cristianesimo col platonismo. in una parola allorché si tratta della “razionalità metafisica”36. Analoga sorte sembra subire la forma filosofica della razionalità. VIDALI. che è quello propriamente epistemico. Tale elaborazione verrebbe a configurarsi secondo le tre dimensioni (che possono diventare tre momenti) dell’analogia entis. ontologica e teologica. e tuttavia essa. cosa che non sempre accade. la cui correlazione sembra imprescindibile per l’elaborazione di un corretto rapporto fede/ragione nell’ambito della razionalità teologica. III della II parte del vol. in IDEM (ed. aletheiologica. dell’analogia relationis e dell’analogia charitatis. Tale possibilità dialogica passa attraverso l’elaborazione (in campo teologico propria della fondamentale) di una visione teologica della ragione umana. almeno muovendo rigidamente nell’ambito della razionalità propriamente teologica. 5. appartiene in maniera non marginale alla grande tradizione cattolica. La prima dimensione possiamo disegnarla secondo il sintagma della “ragione creata”. 38 20 . per quant’è possibile. si nasconde. Si tratta di un ambito che certe impostazioni. “Analogia e/o metafora nel linguaggio teologico su Dio Padre”.Rivelazione come forma mentis secondo la figura del pensiero rivelativo. L’analogia dell’uno in Platone”. LORIZIO. resterebbe la necessità del confronto-dialogo: a) con le altre forme di razionalità. E il più bello dei legami è quello che faccia. MELCHIORRE. dando origine a conflittualità nelle quali l’alterità tra fede e ragione rischia di trasformarsi in pericolosa alternativa. 39 Si tratta di una chiave di lettura importante del I cap. In relazione alla metafora e alla paternità divina. 4. Vita e pensiero. “Un solo Dio e Padre di tutti” (Ef 4. al di fuori. tenderebbero ad ignorare (pur senza escluderlo del tutto). del duplex ordo cognitionis e dell’analogia e. cf a questo proposito V. 41 “Ma non è possibile che due cose sole si compongano bene senza una terza: bisogna che in mezzo vi sia un legame che le congiunge entrambe. dove si può trovare anche un’articolazione della “metafisica agapica” secondo le dimensioni aitiologica. che nelle diverse forme di razionalità si esprime e. sostanzialmente criptobarthiane. VII: “Il più bello dei legami. b) con la razionalità filosofica così come si è espressa e si esprime prima. 31 ca). Milano 1996. La via analogica. 40 Le tre suddette tematiche sono oggetto di riflessione nell’excursus che segue l’esposizione del cap. ho trattato il tema in G. che avrebbe il vantaggio di escludere almeno la forma epistemologica dell’estrinsecismo (non del tutto fugata nei casi sopra addotti di ibridazione) può aiutare a configurare la forma della razionalità metafisica secondo il profilo della “metafisica agapica”39. che dovrebbero essere smilitarizzate da ambo le parti. I del nostro manuale. proprio in relazione al “pensiero rivelativo” nella prospettiva della “metafisica agapica” un’elaborazione dinamica della stessa teoria del “più bello dei legami”41. in Lateranum 46 (2000) 43-64. All’interno della figura della “ragione creata” è possibile da un lato teologicamente riprendere le classiche tematiche dei praeambula fidei. i cui risultati ho ripreso anche nel manuale. affrontare il confronto dialogo con altre forme di razionalità40. sincronicamente poi) costitutive. 231-239. La teologia fondamentale come “disciplina di frontiera” sa bene che ci sono delle “zone comuni” fra le diverse forme di razionalità e specialmente fra quella teologica e quella filosofica. Tale elaborazione o visione teologica (lo sguardo della fede) sulla ragione ci consente di coglierne tre dimensioni (diacronicamente prima. in contrapposizione e dopo le grandi sintesi che il pensiero credente ha elaborato nel corso della sua lunga storia. attraverso di esse. Tale profonda convergenza38. Quando anche il compito delineato nella precedente tesi venisse compiutamente (o nella misura più compiuta possibile) assolto. 3. Atti del Convegno della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense. nella formula linguistica della “ragione naturale”. in particolare il cap.6). oggi dovremmo dire piuttosto. del II volume del nostro manuale di Teologia fondamentale.). una cosa sola di sé e delle cose legate: ora l'analogia compie questo in modo bellissimo” (Timeo. A proposito dell’analogia mi sembra doveroso qui sottolineare che sembra particolarmente urgente. ossia la forma della “ragione redenta” a proposito della quale Maurice Blondel ebbe a definire la filosofia autentica come “santità della ragione”42. M. ma solo penultimo e provvisorio. che a mio avviso è da intendersi appunto come “ragione redenta”. Cinisello Balsamo 1993. compresa quella teologica in rapporto alla res che indagano e riflettono. Se debolezza della ragione o del pensiero significa il non pieno e trasparente esercizio della razionalità nelle diverse forme in cui si esprime. a causa della ferita impressa dal peccato all’uomo. riprendendo e riformulando una preziosa indicazione di G. 42 21 . 552. allora da un lato tale insistenza sulla debolezza non può non riguardare anche la teologia. BLONDEL. A mo’ di esemplificazione paradigmatica. REALE. che colpisce anche le facoltà intellettuali e razionali dell’uomo caduto. Come abbiamo già visto è lo stesso San Tommaso ad escludere la prospettiva sostanzialistica in riferimento a Dio. ed. A questo proposito siano consentite due considerazioni: la prima a proposito della formula tommasiana della filosofia come opus perfectae rationis. La seconda dimensione va disegnata secondo il sintagma della “ragione ferita”. 6. possiamo così declinare le dimensioni (aitiologica. ma cerca di integrarle ed inverarle nello spirito della “metafisica agapica”. San Paolo. “Saggio introduttivo”. ontologica e teologica) della metafisica aristotelica in chiave agapica. 2. 65). ma d’altro lato il teologo sa – dalla fede da cui sgorga il suo sapere – che questa debolezza o infermità non ha carattere ultimo e definitivo. LORIZIO. b) Dimensione metafisica della prospettiva agapica La “metafisica della carità” consente da un lato un pieno recupero dell’istanza metafisica anche in teologia e al tempo stesso di offrire una visione non riduttiva. la seconda tendente a porre questa figura della ragione anche in rapporto alle reliquia peccati. Queste due forme di limitazione imprimono un ritmo di “approssimazione” alle diverse forme di razionalità sopra indicate. 43 Per ulteriori approfondimenti di queste tematiche rimando al mio piccolo lavoro: G. incentrantisi nella istanza teologica” (G. Milano 2003. Paoline. Due ali verso il Vero (“Diaconia alla Verità” 13) . ossia al fatto che la redenzione e il battesimo.quest’ultima come figura che non distrugge le precedenti. a cura di S. 44 “Dobbiamo pertanto concludere che il senso più profondo della metafisica aristotelica resta consegnato alla componente teologica e che l’orizzonte della metafisica aristotelica è dato dall’unità dinamica e dialettica delle prospettive ontologica. Reale44. ma pluridimensionale della metafisica. L’Azione. ossia che riceve la sua perfezione da Cristo. it. il danno provocato dal peccato. In questo senso al limite creaturale proprio dell’umana conoscenza va aggiunto. 7. SORRENTINO. Saggio di una critica della vita e di una scienza della prassi. aitiologica e usiologica. come suo indebolimento. Siamo così al terzo sintagma attraverso cui si esprime questa visione teologica della ragione umana. senza dimenticare del tutto anche la dimensione ousiologica del sapere metafisico. pur togliendo il peccato non ne elimina tutte le tracce. Fede e ragione. aleteiologica. il che comporta l’assunzione di un atteggiamento di profonda umiltà soprattutto allorché questa forma della “ragione redenta” si esprime secondo le modalità proprie della razionalità filosofica (giustificando ampiamente il correlato sintagma della “filosofia cristiana”) sia in quella della razionalità teologica43. in Metafisica I. La “metafisica agapica” ha storicamente svolto e per il nostro tempo ha ancora da svolgere proprio nell’ambito cosmologico il difficile compito di raccordare le tesi della dogmatica trinitaria con quelle della metafisica cristiana. La filosofia dell'essere. Il problema della creazione nella filosofia di Rosmini. Edizioni Rosminiane Sodalitas. suppone il mistero trinitario”46. è una filosofia dinamica che vede la realtà nelle sue strutture ontologiche. II. questa prospettiva trova conferma secondo l'intimo rapporto tra fede e razionalità metafisica” (FeR. attraverso l’itinerario accennato da Giovanni Paolo II. Stresa 1995. Roma 1995. che riceve i suoi principi dalla rivelazione quale nuova fonte di conoscenza. M. ma secondo la dimensione della gratuità che fonda e al tempo stesso consente di relativizzare ogni determinismo. il tema è stato egregiamente trattato in C. 46 X. 22 . 97). ma anche la ragione della diversità e dell’esistenza autonoma di ogni realtà creaturale”47. Queriniana. Il creatore trinitario. Questa dovrà essere in grado di riproporre il problema dell'essere secondo le esigenze e gli apporti di tutta la tradizione filosofica. Nella teologia. Brescia 2003.Rispetto alla prospettiva aitiologica ossia alla metafisica pensata come scienza del principio di causalità (rapporto fra le cause e la causa prima). Recentemente Alexandre Ganoczy48. Teologia sistematica. 48 Cf A. l’orizzonte agapico consente di pensare la causa prima non in termini deterministici. Il Padre. nel quadro della tradizione metafisica cristiana. infatti “se fin dall’eternità. In quanto rivelazione del Dio Unitrino “la creazione non è opera di un Dio che agisca secondo l’unità indistinta della propria divinità: essa dipende dal Padre che agisce nel proprio Figlio. evitando di cadere in sterili ripetizioni di schemi antiquati. anche quella più recente. FENU. allora il Figlio eterno non è soltanto la ragione ontologica dell’esistenza di Gesù nella sua autodistinzione dal Padre quale unico Dio. causali e comunicative. “La creazione del mondo”. 34. 47 W. Come sostiene giustamente Wolfhart Pannenberg la “ragione ontologica” della distinzione fra Assoluto trascendente e mondo creato va trinitariamente intravista nella “autodistinzione del Figlio eterno dal Padre”. Teologia della Trinità e sinergia. Queriniana. Brescia 1994. Dio nel suo mistero. oltrepassando ogni limite fino a raggiungere Colui che a tutto dona compimento. 102. in ID. GANOCZY. Città Nuova. In tal senso la creazione45 va pensata come un atto di amore del Dio Unitrino e così può essere descritta nell’ambito della riflessione sulla dimensione cosmico-antropologica della rivelazione. deve ricorrere alla filosofia dell'essere. Essa trova la sua forza e perennità nel fatto di fondarsi sull'atto stesso dell'essere. DURWELL.. il Padre non è mai senza il Figlio. sulla scia di alcune preziose indicazioni di Wolfhart Pannenberg ed in dialogo con le scienze e la filosofia (in particolare l’ontologia della struttura di Heinrich Rombach) ha elaborato una teologia della creazione in chiave trinitaria. quindi anche alla creazione del mondo. dalla quale 45 Dal punto di vista “rosminiano”. PANNENBERG. allorché nella sua penultima enciclica afferma che: “Se l'intellectus fidei vuole integrare tutta la ricchezza della tradizione teologica. che permette l'apertura piena e globale verso tutta la realtà. intravedendo in essa la partecipazione di ciascuna delle persone divine sia all’atto creativo originario sia a quella che precedentemente abbiamo chiamato la “creazione continua”. come ad esempio nell’espressione del IV vangelo “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10. Se il primo termine esprime Dio nella persona del Verbo. 52 Ib. si tratta di pensare la verità in stretta connessione con la carità e la libertà. Il creatore trinitario. Naturalmente si tratta di una “analogia” (tematica chiave nel lavoro di Ganocky). A tal proposito sembra interessante rilevare come – secondo questo teologo – nell’espressione “creazione continua” i contenuti dei concetti di creatio e conservatio “si avvicinano addirittura nella misura più alta possibile. Come esempio egli [= Rombach] adduce. che da un lato conferisce unità all’agire delle persone in questo caso ad extra e dall’altro consente di leggere ed interpretare ogni loro agire come atto d’amore. Ib. la confessione del musicista. motivata dall’agápē. La “sinergia” divina ha comunque un struttura agapica fondamentale. L’osservanza di questa condizione non diminuisce. questa può essere solo temporale. Quanto alla prospettiva aleteiologica.30): si tratta della “comparsa di uno stretto rapporto fra l’io e una «dimensione illimitata della vita» che autorizza ad esprimere questo giudizio idem sunt. 23 . In tal senso. Sulla base della “idemità” è possibile pensare la tematica della creazione nei termini della “concreatività” trinitaria. biologiche e sociologiche in una analogia multilaterale”52. 51 Si tratta qui di riscattare il pensiero cusaniano da ogni possibile venatura panteistica. Verità e Carità risultano inseparabili nella divina sapienza. avere solo delle motivazioni miste. bensì aumenta la possibilità di inserire anche sinergie fisiche. cit.. creare utilizzando cose già esistenti e procedere in maniera in parte libera e in parte determinata. secondo la quale essi e la loro opera sono una «cosa sola»”49. Affinché ciò non dia luogo a fraintendimenti occorre salvaguardare la differenza fra concreatività divina e concreatività umana: quella è eterna. a partire dalla nozione di “idemità”. nostro comune garante51.possiamo trarre alcuni elementi di riflessione.. “la nuova parola Carità esprime il medesimo Dio nella persona dello Spirito. La filosofia (anche quella qui adottata come infrastruttura concettuale. dal momento che i due processi qui intesi avevano per soggetto un unico e medesimo creatore e costituivano un’unica realtà storica”50. 246. che ci fa discepoli di Dio stesso. creante di per se stessa e infinitamente libera. intesa nel senso dell’idem esse. ossia la teoria della concreatività di Rombach) ha in ogni caso bisogno di un ripensamento e di profonde integrazioni. 296. del poeta e del pensatore. In primo luogo – riprendendo Rombach – il teologo qui si esprime nei termini di una “ontologia strutturale dell’amore”. il teologo così conclude: “Ho dovuto arricchire intratrinitariamente la teoria della concreatività di Rombach per renderla teologicamente utilizzabile e per rendere pienamente giustizia al Cusano. GANOCZY.. accanto alle parole ora citate di Gesù. I testi giovannei offrono abbondante materia 49 50 A. 228. Domande della teologia contemporanea nell’orizzonte del pensiero di Antonio Rosmini. tuttavia non bisogna dimenticare che la nozione di “persona”. agiscono e ci fanno patire. Ciò che si impone necessariamente alla conoscenza non è altro che l’apparenza. ci può portare all’incontro con l’ultima sezione de L’Action di Blondel: “L’essere è amore. Dunque escludersi da sé. per attingere alla feconda identificazione dell’essere con l’agápē. BLONDEL. L’Azione. MENKE – A.Stresa 1979. per così dire. Qui si tratta di pensare Dio secondo il suo nome proprio dato nel Nuovo Testamento nella parola che più di ogni altra esprime la sua natura e quindi di uscire da una visione della carità prettamente prassistica e velleitaria o addirittura sentimentale e banalmente affettiva. rosminianamente intesa. 461-486. KRIENKE. rimaniamo avvolti nella solitudine e nell’oscurità. ROSMINI. OTTONELLO. Tale prospettiva è stata approfondita ed ampliata nell’importante lavoro di M. 553. Accettare questa passione. "Sono dunque due le parole in cui si compendia la scuola di Dio. “Theologie und Metaphysik der Agape im Denken Antonio Rosminis”. Introduzione alla filosofia. Wahrheit und Liebe bei Antonio Rosmini.di riflessione a riguardo e Rosmini vi si appoggia costantemente. significa generare in sé la vita universale […]. significa essere in noi quello che esse sono in loro. P. cit. Ho proposto una lettura in prospettiva agapica del pensiero rosminiano già nel saggio G. La carità come gratuità assoluta è possibile solo a partire da questa profonda ed A. Nella misura in cui le cose esistono. E ciascuno conserva nel fondo l’intima verità del proprio essere singolare. e nella carità è la verità come un'altra: se ciascuna non avesse seco l'altra non sarebbe più dessa”53. In me c’è qualcosa che sfugge agli altri. supremo ed incomunicabile”. e che sussiste solo se mi è inaccessibile. in K. fa comunque riferimento ad un elemento irriducibile ed inalienabile. c’è qualcosa che mi sfugge. questa volta in avanti. se sono come me. quindi se non si ama. E. E rovesciando. recepirla attivamente. nonostante tutta la luce della nostra scienza. a cura di P. LORIZIO.). H. vive al di sopra delle apparenze. Io non sono per loro come sono per me. STAGLIANÒ (edd. Soltanto la carità. LORIZIO. si comunica fino all'intimità delle sostanze. Stuttgart 2004. che “contiene un principio attivo. non si conosce niente. “Ricerca della Verità e «metafisica della Carità» nel pensiero di Antonio Rosmini”. Città Nuova – CISR. Sono tornato sull’argomento in G. Tornando al Roveretano. si tratta infatti di un individuo intelligente e libero. L’egoismo è sconvolto dalla sola idea di tanti egoismi antagonistici. Un secondo passo. mediante l’abnegazione. l’alterità reciproca di Verità e Carità dice l’alterità delle divine persone e il loro relazionarsi. E per questo la carità è l’organo della conoscenza perfetta. ed essi non sono per me come sono per loro. e risolve completamente il problema della conoscenza dell'essere”54. collocandosi nel cuore di tutti. ma ciascuna comprende l'altra: in ciascuna è il tutto. 181. Morcelliana. Credere pensando. ma nella verità è la carità come un'altra. Essa depone in noi quello che è nell’altro. Brescia 1997.. 53 24 . 54 M. E anche negli altri. in Münchener Theologische Zeitschrift 56 (2005) 63-76. ci inizia al segreto di qualsiasi egoismo diretto contro di noi. e che mi innalza al di sopra di tutto l’ordine dei fenomeni. e queste due parole significano cose diverse. reso maestro degli uomini. Kohlhammer. VERITÀ e CARITÀ. l’illusione dell’egoismo. Roma . a cui Cristo ha soddisfatto. e quindi la difficoltà di quell'antinomia. Dio viene pensato come essere che ama (non solo “oggetto di amore”). Il senso delle cose. È nella persona umana. che trova interessanti riscontri anche a livello cosmologico. nel suo configurarsi come “teologia filosofica” in rapporto al “paradosso”57 della nostra conoscenza di Dio. I. nel quale l’amore trova la sua pienezza e la sua perfezione. Brescia 2000. 131 (166). 57 Pur cogliendone il nucleo veritativo la nostra concezione del paradosso risulta notevolmente differente da quella luterana e barthiana: cf M. Qui non sempre tale convivenza è pacifica ed armonica: la realtà storica comporta la legge dell'antagonismo. Roma 1965. Dal qual mistero però venne un rinforzo di luce alla stessa intelligenza umana.insondabile incomunicabilità o solitudine. Il che consente di declinare la prospettiva ousiologica da un lato in riferimento alla natura divina e dall’altro in riferimento alle tre ipostasi. it. Rosmini ad esempio accenna alla mirabile soluzione del problema dell'uno e del molteplice. Paoline. Einsiedeln 1954. RAHNER. 279-348. Morcelliana.. „Theos im Neuen Testament“ in ID. La rivelazione dell'essenza di Dio come uno e trino ha dunque una ricaduta filosofica di enorme portata. che il Cristianesimo propone: “Escluso dunque il sistema degli unitarî. il Roveretano non si fa scrupolo di affermare che tale mistero non solo può. ossia il Padre e la prospettiva trinitaria che qui è dato intravedere56. 9-47 (trad. 467-585). Dopo aver chiarito il rapporto analogico (quindi non di identità) caratterizzante le tre forme dell'essere in relazione al mistero trinitario. che il tema dell’“ossimoro teologico” può essere appreso e ripreso nell’attuale configurazione del discorso su Dio: cf a questo riguardo I. Hermann Böhlaus Nachfolger. Tale prospettiva chiama in causa il pensiero metafisico. 353-355. 1518”. che le tre forme dell'essere convivono e celebrano il loro incontro. MANCINI. ma deve essere “ricevuto”. “Disputatio Heidelbergae habita. in Werke. 56 55 25 . È solo nel Dio unitrino e nell’essere uno e trino. I. dove il termine Ð qeÕj sta ad indicare il Dio del Nuovo Testamento. Cf il famoso saggio di K.. può essere indagato solo a partire dalla domanda sull'uomo e sul suo destino. che si mise all'opera di rispondere in qualche modo a quel problema più istruita e cautelata contro gli errori”55. piuttosto che un’ontoteologia. come impossibile. rimane che ci sia qualche molteplicità coeterna all'essere.. originaria rispetto ad ogni reciprocità relazionale. ossia riconosciuto ed accolto dalla filosofia. “Doppi pensieri”. Abbiamo così la possibilità di elaborare una teo-ontologia. che ne è l’immagine (l’essere immagine di Dio e non viceversa) che si compone mirabilmente ogni tensione fra la solitudine originaria della persona e la relazione con l’alterità dell’altro. della natura e della storia. Schriften zur Theologie. che ha fatto delirare. Rispetto alla prospettiva teologica. se mi si permette di così esprimermi. che Rosmini chiama “misterioso”. è il dogma trinitario con tutta la sua pregnanza teologica e filosofica. la filosofia di tutti i secoli. Ma questa non deve togliere la perfetta unità e semplicità dell'essere. infatti.. in ID. Graz 1966. ma rivelando il mistero. Ib. Saggi teologici. in ID. Frammento su Dio. È comunque grazie alla lezione di Italo Mancini. Il fondamento di ogni realtà. Benziger. LUTHERS. Akademische Druck. in “Kritische Gesamtausgabe”. Come teologo. A questo proposito non sarà fuori luogo indicare che la paradossalità costitutiva.8-9) sintetizza il suo pensiero. I due passi epistolari di S. 59 Cf in particolare il bel saggio di M. che in un certo senso si attraggono eppure in un altro senso si respingono (nella linea dell’alterità-reciprocità tra fede e ragione che sopra abbiamo richiamato). Peraltro lo stesso Paolo in un altro passo epistolare (cf Gal 4. 21) due importanti testi paolini. la teologia filosofica conosce con la luce della ragione.non coincidendo immediatamente con l'essere .21). dove san Tommaso si interroga circa la necessità della Sacra dottrina oltre le discipline filosofiche. Gribaudi. sive scientia divina. malgrado la fatica. Questa teologia filosofica si distingue dalla teologia propriamente detta (quae ad sacram doctrinam pertinet) sulla base della diversa prospettiva (lumine naturalis rationis) adottata sullo stesso "oggetto": Dio. risulta presente anche nel pensiero di Tommaso d’Aquino. “La dialettica paolina tra possibilità e impossibilità di conoscere Dio”. poiché “Dio lo ha creato come un «esploratore» (Qo 1. Tuttavia secondo san Tommaso vi è anche una teologia che fa parte della filosofia (illa theologia quae pars philosophiae ponitur)60. proponendo una prospettiva diversa dalle precedenti58. la Parola stessa di Dio essendo fonte della sua conoscenza e del suo discorso.A questo livello è interessante notare come nel capitolo II dell'Enciclica Fides et ratio. Ed è in questo contesto tematico che l’enciclica richiama in successione (cf FeR.è limitata e non attinge direttamente Dio. Se la teologia propriamente detta ha come punto di partenza la Rivelazione divina. intitolato "Credo ut intellegam". la cui missione è di non lasciare nulla di intentato nonostante il continuo ricatto del dubbio”. Paolo danno corpo a una delle questioni più appassionanti. La distanza tra Dio e l'umana ragione va attribuita: a) al limite stesso dell'uomo e b) alla situazione di peccato che Per queste considerazioni utilizziamo R. infatti. citando Aristotele: “Sed de omnibus entibus tractatur in philosophicis disciplinis. È a partire da Lui. et etiam de Deo: unde quaedam pars philosophiae dicitur theologia. in cui si misura lo specifico rapporto tra la ragione e la fede e l'apporto di ciascuna di esse. PENNA. mentre nell'altro sembra invece negare questa capacità col dire che l'uomo di fatto non ha mai conosciuto Dio (cf 1Cor 1. poiché in uno afferma non solo la capacità metafisica dell'uomo di conoscere Dio ma anche il reale dato di fatto della sua conoscenza (cf Rom 1. inerente la conoscenza di Dio e le sue modalità. che nella Summa Theologiae vengono considerati il cosmo e l'uomo.19-21).” (esposizione della seconda obiezione). 60 Siamo al primo articolo della prima questione della Summa. Torino 1977. Giovanni Paolo II accenni giustamente alla fatica del credere. motivata dallo scontro tra la fede e i limiti della ragione. Dunque avremo qui una speculazione su Dio alla luce della ragione naturale. ut patet per Philosophum in VI Metaphys. D. in Rassegna di Teologia 43 (2002) 659-671. e dove dà per scontata la teologia filosofica. san Tommaso. San Tommaso d’Aquino e la teologia. CHENU. L’esegesi coglie in questi testi una particolare dialettica tra due poli. si interroga su Dio e soltanto su Dio59. in cui l’Apostolo sembra contraddirsi. e precisi in termini molto appropriati: “Tuttavia.13). nella cui luce può considerare tutte le cose. il credente non si arrende”. 58 26 . la quale . Th. derivante dalla fede teologale. 97) per una metafisica che intenda essere profondamente cristiana e compatibile con la Rivelazione. Da Tommaso a Rosmini. Basterebbe ricordare a tale proposito la posizione tommasiana. in particolare nella tesi secondo cui la nostra conoscenza razionale filosofica del mistero di Dio è di tipo ideale-negativo. 62 Come si sa. Per un rinnovamento dell’ontologia. e terminare l’appetito del sapere nella luce delle menti: sicché al tutto è scemo e vano lo sforzo di que’ savi del secolo. I. L’affermazione secondo cui il Dio cristiano va pensato non senza. abusando della parola. 159 (§ 1241) (EC. Indagine sull’innatismo con l’ausilio dell’esplorazione elettronica dei testi. “La natura scordata. Nuovo Saggio sull’origine delle idee. che quindi prese isolatamente non possono valere a rappresentare ed esprimere l’Assoluto in tutta la sua pienezza. Si tratta di un discorso A. Marsilio. cit. Città Nuova. che – lo abbiamo più volte detto e scritto – non coglie il bersaglio se indirizzata alle grandi figure del pensiero credente.caratterizza la condizione umana. vale la pena qui segnalare come nella prospettiva della metafisica agapica trovi il suo necessario superamento l’alternativa (oggi spesso messa in campo) fra “ontologia relazionale” e “ontologia della sostanza” o “essenzialista” 62. Lonergan.8). per cui fu detto a Mosé: «Io sono Colui che sono». 4. 3. che egli è un essere incomprensibile”61. Il secondo fissa lo sguardo sul Bene stesso. Altro problema è quello concernente l’identificazione di Dio (intendo del Dio di Gesù Cristo) con l’essere. Roma 1998. affermando che questo è il primo nome di Dio. Roma 20002 e il più recente ID. dove l’ulteriorità di Dio rispetto all’essere viene espressa nei termini del rapporto fra l’essere (nome di Dio dell’Antico Testamento secondo Es 3. Quanto agli sviluppi di un’ontologia dinamica nell’orizzonte tommasiano con riferimento alla teologia del Novecento si possono utilmente evocare le figure di K. da cui consegue la valenza veritativa delle ragioni della fede cristiana. III. E che non si tratti di un facile apofatismo. 27-43). Città Nuova. che noi sappiamo per essa a chi rivolgerci senza alcun errore prendere in ciò. 3. secondo la quale Desu non est in genere substantiae (cf il testo di Summa Theologiae I. CODA – L. ad 2um). oppure in senso bonaventuriano. il quale proclama soprattutto l’unità dell’essenza divina. Venezia 2003. nella prospettiva propriamente aristotelica sia la “sostanza” che la “relazione” sono “categorie”. è di tipo reale-positivo. SALMANN. mentre quella teologica.14) il bene o amore (prospettiva agapica . dove afferma che “la nostra cognizione negativa di Dio è dunque tale. Quanto a San Bonaventura ricordiamo che egli ricorre all’immagine dei due cherubini: “Il primo fissa lo sguardo. lo si può mostrare dalle considerazioni che il Rosmini svolge nel Nuovo Saggio sull’origine delle idee. 61 27 . che da questa sorgente inesausta di tutti i beni vorrebbero pur rivolgere e arretrare il genere umano. conoscere praticamente il fonte della bontà. ma oltre l’essere sta ad indicare la necessità di una “concezione dinamica dell’essere” (FeR. Rahner e B. ad I). Un interessante sviluppo delle importanti distinzioni tommasiane circa il carattere positivo e negativo insieme della nostra conoscenza di Dio. Per tutta questa questione rimando alla mia Logica della fede. lo troviamo nel pensiero rosminiano. innanzi tutto e principalmente sull’Essere stesso. Resta aperto e da ulteriormente riflettere e confrontare il tema dell’essenza divina in rapporto all’ontologia trinitaria (cf a questo proposito il saggio di E. Abitando la Trinità. Un futile elogio dell’ablativo”. Su questo tema resta fondamentale il volume di F. cit. 5). L’ascesa naturale a Dio nella filosofia di Rosmini. Situandoci ora al livello ousiologico.. secondo la direzione dell’actus essendi (un luogo particolarmente significativo in S. ŽÁK (edd. 31-34. affermando che il primo nome di Dio è «Colui che è».. e possiamo senza esitazione adorare la nostra causa. Questa tesi si può sviluppare in senso tommasiano. L’identificazione di esso con l’una o l’altra di queste categorie presterebbe ampiamente il fianco alla critica all’ontoteologia presente nel pensiero contemporaneo. in P. PERCIVALE.). 5. ROSMINI. t.nome di Dio nel Nuovo Testamento secondo 1Gv 4. A questo proposito va ricordato come la redenzione operata da Cristo non potrà non incidere sull'esercizio stesso della ragione umana e come la Rivelazione stessa non mancherà di offrire preziosi suggerimenti alla filosofia soprattutto in merito al nostro tema.. Il primo modo riguarda in particolare il Vecchio Testamento. ritenendo tale categoria non correlativa a nessun altra.. Casale Monferrato 1983. bensì anche quello con l’altro uomo. La prospettiva della gratuità. Coloro che navigano sull’onda dell’ontologia relazionale. q. così come l’armonia con Dio. a cura di F. mi limito a segnalare H. la prospettiva agapica (metafisica della carità) non esclude. 65 Fra i tanti possibili riferimenti. 64 A. se si vuole nella “solitudine”. che la rende. ma include quella ontologica. II. 460. un'identità unica ed irripetibile (di Scoto cf ad es. V. 63 La definizione di “persona” di Antonio Rosmini riprende quella di Duns Scoto. Vittore. ma si tratta appunto della relazione creaturale. in quale a sua volta si ispira a quella formulata da Riccardo di S. d. quindi. Mi porta a percorrere questa via una definizione di “persona”. 23. 28 . nel senso originario della ypostasis. secondo cui persona est intellectualis naturae incommunicabilis existentia. Il Dio personale. ma già presente in Riccardo da San Vittore e Duns Scoto63. pertanto. che in quello di una paritaria reciprocità. in quanto la persona costituisce la realtà esistente in quanto esistente. Tale asimmetria non solo viene a riguardare il rapporto col totalmente Altro e a custodirne la trascendenza. un. in quanto contiene un principio attivo. in modo da scoprire la sua vera individualità. Antropologia in servizio della scienza morale. tanto che costui ha il terribile potere di dire no a Dio stesso. attraverso il dialogo. sia a livello teologico che antropologico. Il secondo riguarda il Nuovo testamento. ossia. gli altri e il cosmo. I. C’è abbondante materiale filosofico a riguardo. battezzando «nel nome del Padre. muove piuttosto in un orizzonte asimmetrico. ritrovata in Antonio Rosmini. n. Ord. e volendo dare una definizione più esplicita diremo che si chiama persona un individuo sostanziale intelligente. ma non sempre teologicamente ripreso ed elaborato. risulta connaturata la categoria della incomunicabilitàsolitudine. ROSMINI. mentre consente all’alterità di penetrare l’interiorità e all’interiorità di aprirsi all’alterità. ed incomunicabile»”64. qui si tratta di una “ontologia della persona”65. q.. ma direi proprio per qualità di riflessione. In ogni caso. secondo la quale: “La persona si può definire «un soggetto intelligente». Roma-Stresa 1991.3. Al concetto di “persona”. almeno nella nostra versione. come a chiare lettere sempre abbiamo affermato. nella quale Dio nel creare il mondo già pone l’altro da Sé e il senso di questa alterità si acuisce nel momento in cui viene creato l’essere intelligente e libero. OTT. Non si tratta di negare la relazione. 2). È questa “solitudine” che. a mio avviso. del Figlio e dello Spirito Santo»” (Itinerarium. la cui specificità abita nell’originalità dell’elemento incomunicabile. supremo. alla quale. È ad esempio nell’incomunicabilità che il doctor subtilis rinviene la ragione ultima della persona. ovvero la sua identità (haecceitas) di fronte a Dio (cf a tale proposito. 15). la persona è chiamata ad abbandonare l’individualismo. Certo essa si costituisce a partire dalla relazione. un potere che la morte può rendere definitivo nella forma della eternità infernale. Come non le appartiene l’adozione di una metafisica essenzialista della sostanza. d.Città Nuova. infatti. Marietti. Ordinatio . CISR . tale radicalizzazione non appartiene affatto. § 832. 5).1.complesso e dai possibili risvolti e riferimenti infiniti non solo per quantità di espressioni. p. oggi chiede di essere abitata e pensata come origine della relazione con Dio e dei rapporti interpersonali. infatti per Scoto. Piuttosto che di una “ontologia della sostanza”. Da verificare e discutere sarebbe inoltre la possibilità dell’assunzione di un paradigma ontologico neo-parmenideo in rapporto all’ontologia dinamica. In tutte queste definizioni si individua la caratteristica fondamentale della persona umana nell’esistenza unica ed irripetibile. che l’eternità paradisiaca promette e realizza non annulla la singolarità delle persone (si pensi la culto dei santi). ne sottolineano i guadagni in rapporto all’orizzonte della metafisica agapica. il quale determina la pluralità delle Persone divine. EVAIN. il compito di una ontologia trinitaria relazionata al sapere della fede. Klaus Hemmerle ha indicato l’ontologia trinitaria come un compito imprescindibile per la teologia contemporanea. L’“ontologia trinitaria” ha una lunga storia e può vantare il riferimento a figure di notevole rilievo dal punto di vista speculativo. secondo l’adagio monastico. dunque. 29 . A. parallelo. è perfetta. GOUHIER. l’accoglienza dell’altro nella sua stessa differenza. Esse esprimono la verità di quella relazione originaria che coincide precisamente con la posizione stessa dell’ente finito […]. Siamo così al livello ontologico. Florenskij) di Dio. nel nostro tempo resta ancora da svolgere. anche in ambito mistico67.. Paris 1969. di cui bisogna essere consapevoli. dedicato a questa tematica: Cf A. L’impresa che Rosmini ha egregiamente. la fedeltà della libera obbedienza alle esigenze della giustizia. bensì a livello della struttura stessa dell’essere finito = uomo e cosmo (E. insomma. ma in termini prettamente programmatici. Cf K. Nel primo orizzonte si tratta di pensare l’essere nella prospettiva del dono e del dono originario: “Dio è dedizione. di cui abbiamo una consistente elaborazione nel voluminoso saggio di Alain Gouhier. Chi nega la verità della dedizione nega Dio.“Oh sola beatitudo. La costituzione trinitaria propria dell’Assoluto trascendente cristianamente creduto e pensato. 229-238. Roma 19962. cit. Pour une métaphysique du pardon. Città Nuova. di questa ontologia della dedizione ha messo in campo una ulteriore suggestione speculativa nella forma della “metafisica del perdono”. SEQUERI. In tale prospettiva si può dire che la differenza ontologica è la verità intrascendibile della dedizione di Dio: sicché è escluso ogni risolutivo assorbimento del finito nell’originario di un assoluto indifferenziato ed estraneo alla vita storica. E che la dedizione di Dio è il senso indefettibile della differenza. rigorosamente teologica. de l’Epi. HEMMERLE. Anche se ciò fosse fatto in nome della vera religione e della imperscrutabile giustizia di Dio. Siamo nani che poggiano sulle spalle di giganti. 67 Molto opportunamente. portato a termine per l’Ottocento e la Stein e 66 P. senza nulla togliere ai guadagni teoretici della prospettiva relazionale. Un interessante sviluppo. Eppure nonostante le non indifferenti fatiche speculative in atto. è immediatamente connessa alla questione della «gratuità» dell’ente e rinvia inevitabilmente all’orizzonte della libertà”66. Ed. anche se incautamente. l’Essere eterno. Tesi di ontologia trinitaria. la solidarietà con il suo illimitato desiderio di vita. qui. Il Dio affidabile. ma non possiamo semplicemente ripetere la loro lezione. La corrispondenza della rivelazione e della storia. ossia alla concezione dinamica dell’essere propria della prospettiva agapica: la metafisica della carità include una “ontologia della dedizione” e una “ontologia trinitaria”. il riscatto dell’altro nel perdono e nella riconciliazione: sono tutte figure di una simbolica della verità del mondo che è. oh beata solitudo!”. Stein). […] Il dono incondizionato di sé. sicché è esclusa ogni dualistica interpretazione della libertà assoluta che dà luogo e tempo alla vita storica del mondo […] la questione del senso. nella sua radice. invoca di essere percepita e riflessa non solo in rapporto appunto al mistero dell’Unitrinità o Triunità (P. nell'essere stesso. LORIZIO. CODA [ed. anche quando questa esprime e rende manifesta l'interiorità dell'uomo e la sua spiritualità. in quanto è un’ontologia dell’essere che viene per amore da Dio (exitus). San Paolo. dove l’istanza dell’essere trinitariamente articolato non esclude. è necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge. La salvezza in Gesù Cristo e la sfida del pluralismo. Trinità e storia. Milano 2004. la compagnia di Rosmini può consentire quel faticoso e ancora lungo cammino dal fenomeno al fondamento70. lì gli si apre uno spiraglio verso la dimensione metafisica del reale: nella verità. sarebbe radicalmente inadeguato a svolgere una funzione mediatrice nella comprensione della Rivelazione” (FeR. Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio è quella di saper compiere il passaggio. Fede e ragione. 176. 69 Rimandiamo a G. Viene così ampiamente ed esaurientemente ricuperato il carattere previo dell’istanza metafisica rispetto alla fede e al sapere che essa esprime e al tempo stesso si mostra con chiarezza quell’istanza veritativa propria della ragione creata in rapporto alla dimensione cosmico-antropologica della rivelazione ebraico-cristiana. Cinisello Balsamo 2005. Che questo percorso (già disegnato. ma include ed invera mirabilmente quella dell’Uno e delle sue esigenze. individua nel legame agapico l’autentica possibilità di incontro fra l’immanenza o solitudine radicale della soggettività e le istanze dell’alterità con le sue irruzioni e le sue pretese. perché l’essere creato e ricreato si compirà in quanto perfetta immagine dell’Azione trinitaria. 83). 70 “Ovunque l'uomo scopre la presenza di un richiamo all'assoluto e al trascendente. Roma 1984.Florenskij per il Novecento. Roma 1997. La fenomenologia francese tra metafisica e teologia. Genesi. Una ulteriore articolazione di una ontologia trinitaria. Vita e Pensiero. secondo un percorso che mentre utilizza i dati della fenomenologia francese più recente e raccoglie l’eredità levinasiana. Rivelazione e conoscenza nella filosofia della religione di Max Scheler. in P. nei valori morali. cit. Verso un progetto di ontologia trinitaria. Sulla prospettiva agapica in chiave fenomenologica cf il bel libro di G. 119-142. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza. pertanto. della alterità e della gratuità69. o escatologico. l’ontologia dell’essere ricreato per Cristo nello Spirito è un’ontologia trinitaria. senza riferimento alle dottrine rosminiane in un lavoro del 1997: “Attese di salvezza in alcune figure del pensiero post-moderno”. solo nell’eschaton”68. nella persona altrui. nella bellezza.. pensiamo possa esprimersi a partire da una rigorizzazione teoretica di un approccio fenomenologico-esistenziale alle figure dell’interiorità. CODA. in Dio. resta una promessa per il terzo millennio. PEREGO. Sviluppando queste preziose indicazioni si possono percorrere sentieri davvero interessanti e pregnanti per una ricerca teoretica che comprenda la ripresa del tema dei praeambula fidei e delle sue motivazioni profondamente teologiche: “se l’ontologia dell’essere creato è già un’ontologia trinitaria in senso aurorale. L'Unico e i molti. In questo percorso. Un pensiero filosofico che rifiutasse ogni apertura metafisica. in senso prolettico. PUL . Città Nuova. nella Trinità.Mursia. 68 30 . cioè per anticipazione reale: è già un’ontologia dell’essere creato inserito per Cristo nello Spirito del dinamismo della vita trinitaria dell’Amore (fatta salva la distinzione di creato e Increato). L’amore fa vedere. Evento pasquale. DE SIMONE. dal fenomeno al fondamento. tanto necessario quanto urgente. 9-34) nei suoi riferimenti fenomenologici contemporanei abbia a che fare con la teologia e con la metafisica lo si può rilevare dal recente saggio di V. significato e interpretazione di una prospettiva emergente nella teologia contemporanea.]. a nostro avviso capace di mostrare la credibilità della rivelazione cristiana. individuato nella possibilità di pensare P. ma non è ancora un’ontologia trinitaria in senso definitivamente compiuto. Perciò. c) La dimensione ecclesiale ed escatologica della santità L'amore appassionato per la Chiesa che caratterizza tutto l'itinerario biografico e speculativo del Rosmini si manifesta anche attraverso la preoccupazione per la santità della Chiesa stessa. 684 (2064).Città Nuova. La Chiesa. onde poter ulteriormente intervenire con aggiunte relative ai singoli argomenti trattati. di citazioni e rimandi ad altri Autori o maestri di spiritualità. Cinisello Balsamo 1997. che sarà oggetto di vibranti pagine nell'opera più conosciuta Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa71. Utilizziamo in questo paragrafo il materiale messo a nostra disposizione dal dr. Giannozzi. non ha bisogno dell'aiuto di alcuna forza terrena. A proposito della dimensione ecclesiale della santità. per gran parte in lingua latina. 110-111 (14666)]. Jato. Testo ricostruito nella forma ultima voluta dall'Autore con saggio introduttivo e note di N. 65/B. finché non diventerà immune e Cf A. III. mentre nell'archivio stresiano se ne conserva una fotocopia segnata ASIC A. 73 DRS. Stresa . 2.1833]. Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa. una volta tanto. 72 Il manoscritto si presenta come una sorta di schedatura di fonti e temi di spiritualità e contiene annotazioni comprese fra il 1826 e il 1840. Rovereto 1991 [CB. che raggiunge nella “metafisica della carità” il suo culmine speculativo. San Paolo. 21. ma l'altro" [E. 107 (13502)] e il più recente ID. 17.. formulate nel Directorium spiritus72 sulla libertà della Chiesa: il brano è tutto di Rosmini. L. V. VIII. questa è estremamente nociva per la libertà della Chiesa. del gruppo di Torino. 4. anzi. 18. 1-3.trinitariamente l’essere e quindi di rifletterne le forme (ideale – reale – morale.dell’oggettività . in quanto incompetenti. se si vuole della soggettività . Non si tratta ovviamente di una prospettiva del tutto inedita. 221-223. la Chiesa non sarà mai perfettamente libera nella sua funzione. La valenza speculativa dell’evento Cristo. Momenti e valori della spiritualità rosminiana. Infatti. nella dottrina trinitaria e nella sua ripresa teologica e filosofica. IV. Pivano e D. né pure quello legato collo schienale di pelle. è conservato presso la curia generalizia dell'Istituto della Carità. Troviamo nell'Epistolario una notizia concernente questo materiale: Rosmini scrive da Rovereto a P.IX. 75 (1867)].della santità) sull’uomo e sul suo rapporto col mondo e gli altri nelle tre direzioni sopra indicate. 71 31 . Maximae circa libertatem Ecclesiae. GALANTINO. II. È una specie di manifesto. a non intromettersi nelle vicende della Chiesa o a non volerla condizionare. che si trova a Roma. Dario Giannozzi. VALLE. privo cioè. ROSMINI. Cf il bel libro di A. ci sembrano particolarmente significative le massime. ma che affonda le sue radici oltre che nella Rivelazione. che testimonia i sentimenti del giovane prete verso la Chiesa del suo tempo73: MASSIME RIGUARDANTI LA LIBERTÀ DELLA CHIESA 1. 3. Rigler a Trento: "Vorrei anche che mi mandaste uno di que' tre tomi manoscritti che stanno nella scaffa sopra il mio scrittoio e che ha per titolo Directorium spiritus. I santi uomini che governano la Chiesa hanno un animo forte e non si lasciano turbare né dalla perdita dei beni temporali né dalle pene che loro vengono inflitte affinché non esercitino completamente il loro santo ministero e non osservino perfettamente la legge di Dio. Il carisma del fondatore. A. esige sviluppi ulteriori. Antonio Rosmini. la santità infonde rispetto negli uomini. La Chiesa non può essere libera nella sua azione se gli uomini che la governano non sono eminenti per santità. CISR .2. in via di Porta Latina. e propriamente non il verde. Sartori) datata 10 maggio 1984 [CBR. in quanto fornita di santi. Nella biblioteca stresiana vi è una trascrizione dattiloscritta dell'Indice dei contenuti del Directorium spiritus a cura del gruppo di Torino (D. che sta preparando l'edizione critica del testo. Longo. 2. Il testo dell'inedito. e il rispetto li induce. il quale esprime drammaticamente tale preoccupazione. Nel manoscritto Rosmini aveva lasciato diversi fogli bianchi.Roma 1978 [CB. come ammonisce l'Apostolo. e astenerti da ogni apparenza di male. 32 . «Infatti Dio ti ha creato come essere ragionevole. [.. e altre persone come loro. 8. ma la perfeziona. XVI.completamente svincolata da ogni coinvolgimento negli affari politici. andarono in giro così. 5. e non si mostri incline più all'uno che all'altro. In particolare ci preme segnalare il fatto che nel Directorium il 74 Un solo esempio fra i numerosi testi. se ne serva come se non se ne servisse.. ma non si basa minimamente sulla fragile potenza terrena degli stessi principi. 6. e sappiamo che anche in seguito gli uomini più autorevoli del Nuovo Testamento. Infatti è testimoniato dall'autorità delle divine Scritture che anche coloro.G. Amen»". tomo II. di cui può servirsi santamente. ad II)”. le poche pecore contaminate non corrompano tutte le altre e non le facciano morire di malattia pestilenziale. Dio onnipotente. che si devono considerare perduti. ma come imprestati da Dio per disposizione della sua provvidenza. Infatti. tuo Figlio che vive con te nei secoli dei secoli. aggiunta I.» (Holste. mediante questi castighi spirituali. Ma i potenti non avranno mai tanta autorità sui popoli da poterli separare dalla Chiesa. ma è sufficiente comminare le pene canoniche. non temendo né ripromettendosi nulla da loro sia per sé che per i vari popoli. 9. Di qui deriva anche come conseguenza che il mezzo più importante per nobilitare sempre più le sanzioni ecclesiastiche sia la lontananza del Clero da ogni senso di cupidigia e avidità. di modo che i sacerdoti né pensino di accumulare beni temporali. e perché. pago mediante la santità della sua eredità. tomo I. libro I. i veri fedeli di Cristo siano separati dai falsi. essa deve certo giudicare di tutto con giustizia. poiché sicuramente una Chiesa più povera sarà anche più potente. Pietro e Paolo..17) riguarda la scienza che viene dalla volontà. V). ma sia in ogni circostanza interessata alla prosperità e felicità dei fedeli con zelo indefesso. «Gli Istituti cenobitici di Giovanni Cassiano».S. se la Chiesa stessa eserciterà sui popoli più che altro una superiorità morale. conservare ciò che è buono. affinché si correggano e affinché. Ammonimenti di San Basilio Magno Vescovo di Cesarea in Cappadocia al figlio spirituale. che contiene una interessante espressione di commento: "Il rimprovero che Gesù Cristo fa a' discepoli: «Non intendete e non capite ancora?» (Mc 8. mediante la santità dei suoi ministri. In questo modo non è ormai più necessario chiamare in aiuto il braccio secolare per punire i peccati dei fedeli. stando mescolate insieme. onde potersi orientare nel mondo e nella Chiesa: brani tratti dalla Scrittura74. allora i pontefici romani sono costretti ad essere più prudenti nel prendere provvedimenti contro i medesimi principi o regnanti quando peccano pubblicamente contro la Chiesa. Q. cap. «Pertanto. Non si pronunci sui regimi politici. I. Anzi. divenuta più libera. il riconoscere" (sottolineatura mia). ti preghiamo. VIII. I. andavano in giro in questo modo. Di qui deriverà anche come conseguenza che la Chiesa. La prospettiva sapienziale si ricava da una serie di fogli nei quali viene costantemente richiamata la necessità di far buon uso dell'intelligenza. Dio faccia in modo che sia restituita alla Chiesa del suo figlio unigenito N. II). ma deve mostrarsi completamente disinteressata riguardo ai beni terreni. o si adoperino con eccessivo zelo per conservarli. 76 “«Perciò è necessario che il monaco in quanto soldato di Cristo stia sempre in assetto di guerra. che nel vecchio Testamento hanno fissato i capisaldi di questa professione. e avanzi coi fianchi sempre cinti.» (Holste. l'autorità sui popoli tanto auspicata da noi e tanto conveniente ad essa. non si può pensare nessun'altra via d'uscita perché le pene ecclesiastiche ritornino alla primitiva forza ed efficacia per la salvezza dei fedeli. cioè Giovanni. affinché tu possa distinguere il bene dal male. art. 7. non considerandoli suoi perché li ha ricevuti non come beni personali. cioè Elia ed Eliseo. come fece il re d'Inghilterra e parecchi principi tedeschi hanno fatto nel sec. Infatti le pene canoniche diventeranno tanto più efficaci per la salvezza quanto (più) saranno tenute lontane da ogni rapporto con la forza esterna e con la perdita di beni temporali.C. affinché tu possa esaminare tutto. Appendice. Per il nostro Signore Gesù Cristo. né temano di perderli. realizziamo con le parole e con le opere ciò che a te piace. che si unisce strettamente con la santità e la giustizia. e pronto successivamente a lasciare al mondo tutti gli altri beni. dalla Liturgia75 e dai maestri del pensiero cristiano76 offrono validi supporti a queste tesi. bisogna che la ragione naturale si sottometta alla fede: così come anche l'inclinazione naturale della volontà si sottomette alla carità. se poi avverrà che il Clero abbia temporaneamente beni in abbondanza. siccome la grazia non elimina la natura. cap.» (San Tommaso. che meditando sempre ciò che possiamo comprendere.]. se non interpellata. potrà redarguire i potenti. Se infatti un principe può distaccare violentemente tutto il regno dal seno della Chiesa. 75 "Preghiera della sesta Domenica dopo l'Epifania: «Concedici. Summ. a cura di U. 80 T.15-17 (in nota)]». quindi ha insieme un valore di compimento e di attesa. siccome farà allora Cristo medesimo. che tosto risorgeranno. e meglio ancora. 79 Rosmini ricorre a questo testo in T. risorgono i primi. 487-488. di già e non ancora. dirigeranno a quel tempo co' loro consigli gli uomini cui niuno spirito di errore più sedurrà. si carica di una profonda dimensione escatologica nella Teodicea77 e risulta particolarmente evidente nel luogo in cui il Roveretano richiama la “preghiera dei santi” che sostiene la Chiesa nel suo cammino nella storia.Roveretano raccoglie una serie di testi nei quali si mostra come la vera conoscenza debba dipendere dall'amore ed in tale dipendenza si realizzi la santità. 491. ROSMINI. di cui la riedificazione dopo la schiavitù non fu che un simbolo assai lontano dal vero. non solo. felicissimo. scenderà di cielo. dato il comando. se non forse meglio Roma. La venuta del Signore e dei Santi nella storia è ritenuta simile al precorrere delle foglie di fico rispetto al frutto maturo (cf Lc 21. alla voce dell'Arcangelo e alla tromba di Dio. Non senza aver prima esposto le dovute cautele in relazione al millenarismo eterodosso. e apparenti quando e a cui vogliono”78. La santità. i quali formeranno insieme una società sola perfettamente costituita ed ottima. Ed egli pare che la capitale di questo regno universale. e siccome fece ne' quaranta giorni che stette co' suoi discepoli dopo che fu risorto. E sebbene anche durante il regno de' mille anni morranno de' giusti perfetti. Di poi. Rosmini così si esprime: “Or i santi risorti dopo la seconda venuta del Salvatore non saranno in terra visibili di continuo. 489-492. incontro a Cristo [1Ts 4. nella prospettiva del moderato millenarismo che il Nostro adotta. Roma Stresa 1977. che siamo rimasti (cioè quelli di noi fedeli che allora saranno in vita). perché gli uomini avranno seco un Dio-Uomo. T. e così sarà realizzato anche l'ideale della società umana sublimata coll'intervento di Dio medesimo come a principio nel terren paradiso. ma apparenti qua e colà. che sono in Cristo. ed i morti. 373. 33 . ed altri profeti"80.29-3079). ma in essa si renderà presente nell’approssimarsi degli ultimi tempi. sarà la stessa Gerusalemme. noi che viviamo. che dice: «Imperocché lo stesso Signore. staranno privi di gravità nell'aria siccome corpi leggeri. avverandosi appieno quanto profetizzò di essa Zaccaria. se si riferisce a un tal fatto quel luogo difficile dell'Apostolo. MURATORE. saremo insieme con essi rapiti in aria nelle nuvole. Durante il regno millenario "Cristo adunque e i suoi Santi con esso sopra la terra. egli pare. questi. dove si vede che i corpi di Cristo e de' Santi. 77 78 Cf A. ecclesialmente vissuta. Teodicea. n. Città Nuova – CISR. bisogna conservare l'universalità.2). È. consapevole della provenienza immediata da Dio della perfetta giustizia. Costituzioni dell’Istituto della Carità. SARTORI. 24-32 (128-166) e CBR. Città Nuova – CISR. cosí da poter dire con l'Apostolo: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesú Cristo. Seguiremo qui l'edizione critica. Il rapporto genetico della speculazione rosminiana con la Rivelazione. puro. poiché dalla scienza della santità devono fiorire tutti gli studi. santo. per cosí dire. Rosmini. e da essa come da radice procedono egualmente tutti i beni spirituali e temporali. 82 Le Massime furono composte fra il 1826 e il 1829 e pubblicate per la prima volta presso Salviucci a Roma nel 1830. 770-772 . cosí che tutte le altre scienze servano a meglio intendere l'opera della divina Provvidenza rivelata in Cristo Signore ed a cogliere la profondità dei suoi precetti. Infatti la santità costituisce l'assoluta perfezione ed il bene piú universale. quello che è virtú e lodevole disciplina. 4-6 (1607-1619).8). innanzitutto. Roma – Stresa 1996.2). tuttavia. tenendo presente quell'insegnamento: «In conclusione. perché. Come nella santità e nella carità la Società non si lascia porre alcun limite. come del resto in ogni forma di autentica ascesi (e mistica) cristiana. e questi crocifisso» (1Cor 2. 39. come si può facilmente mostrare a partire da alcuni importanti riferimenti contenuti. quando la scienza sarà distrutta.EC.Conclusione: verso il vertice della metafisica agapica: l’amore intratrinitario La tematica della santità svolge un ruolo preminente nella spiritualità rosminiana. amabile. 81 34 . giusto. tuttavia. il quale. e ad essa servire. fra le branche della teologia. onorato. da rinvenire nelle opere speculative il luogo in cui si accede al fondamento dell’essere santo e della sanctorum communio. I. Perciò si deve procurare di non apprezzare gli studi per la loro difficoltà o per il grado a cui promuovono i beni temporali. A. III. Perciò bisogna conservare l'unità delle cognizioni. Città Nuova – CISR. Roma – Stresa 1976. tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4.verrà a costituirsi come primo imprescindibile riferimento nell'itinerario di perfezione del cristiano. a cura di D. nelle Costituzioni dell’Istituto della Carità. e quindi nell'apprezzarla e coltivarla dobbiamo serbare l'ordine che si mostra nella verità stessa. Per le diverse edizioni cf CBR. 604-607. ma per la dignità stessa del loro oggetto. con lo stesso Apostolo. Cosí pure. “non dee portare affetto quaggiù a veruna cosa se non nel caso ch'egli sappia esser quella il mezzo da Dio scelto per la sua santificazione”82. 50. In questo contesto. compresi in modo eminente. e tutti sono in essa. Il tema della giustizia che già il saggio del 1826 sulla divina Provvidenza poneva in stretta relazione con la santità divina . la parte dell'ascetica. viene a toccare – grazie alla sua valenza ontologica – il cuore stesso dell’antropologia e dell’ecclesiologia. che direttamente ci aiuta nello spirito ad unirci maggiormente con Dio. rimanga a noi in eterno una grande carità accresciuta con l'aiuto della scienza”81. secondo il detto: «Non sarò confuso quando avrò ben considerato tutti i tuoi precetti» (Sal 119. fratelli. cosí pure nell'acquisire la cognizione della verità. a cura di ALFEO VALLE. tutto quello che è vero. Pertanto la teologia si deve anteporre a tutti gli altri studi e. si legge: “La cognizione della verità deve tendere a renderci capaci di operare la verità e di aderire ad essa con tutte le forze. Vita e pensiero.. 505. questa essenza nella relazione di oggetto è il VERBO. a cura di U. Milano 1993. REALE. PUL . da cui anche il Roveretano trarrà spunto per la propria esposizione della dottrina trinitaria alla luce del sentimento fondamentale85. MURATORE. Quanto al primo aspetto bisogna rilevare che la trattazione nell'Antropologia soprannaturale.ha dato modo al Roveretano di esprimere in termini vitali la santità di Dio e d’altra parte di declinarla trinitariamente. E la sua attività. Un confronto nelle nozioni di assoluto e materia prima..Stresa 1983. ed Egli è appunto quell'attività. CISR. edizione maggiore rinnovata. testo greco con traduzione a fronte e commentario. Gli individui in quanto tali non sono affatto oggetto dell’amore divino: Dio non si piega verso gli uomini e meno che mai verso il singolo uomo”86. Metafisica. lasciata incompiuta e pubblicata postuma per la prima volta nel 1884. il sentimento adunque in Dio è essenza divina”83. Questa sussistenza. Su questa tematica cf M. Saggio introduttivo. Il teologo non può dimenticare il riferimento al vangelo di Giovanni. [. è santità. e in opposizione a quest'oggetto l'essenza in quanto è conoscente è il PADRE.Città Nuova. per quanto dato all’intelligenza umana. Antropologia soprannaturale. 114-116. Stresa-Roma 1978. Non è vera vita ove non è sentimento. come termine dell'amore sussiste. amato e non amante (l’amante è il cosmo). L'introduzione del Vangelo di Giovanni commentata (a cura di R. se. resta fondamentale il saggio di E. Se al filosofo viene immediatamente in mente il famoso brano aristotelico di Metafisica XII.] L'essenza divina come oggetto di sé ha un sentimento che la fa sussistere.CISR. 33. Milano 1978. La metafisica di Platone e di Aristotele nell'interpretazione di Antonio Rosmini. carità. un sentimento. e in quanto ama se stessa. 23ss. al più. Città Nuova . Si tratta di introdursi nel Santo dei santi. e perciò non ama (o. è un IO oggetto. [. 85 A. generante e generata. ama solo se medesimo). al punto in cui ci aveva lasciati l’elaborazione fenomenologica del rapporto verità. che conosce se stesso. Roma 1981.] Ora questa essenza divina. Sarà la prospettiva teologica prima e teosofica poi quella che consentirà di compiere un ulteriore passo avanti speculativo rispetto. 152. In questo ci Composta tra il maggio del 1832 e l'aprile del 1836. il Dio aristotelico “è oggetto d’amore. Rusconi. ROSMINI. 86 ARISTOTELE. Città Nuova.. REALE. come amata. 7. lezione XLVII a proposito del versetto: "In esso era la vita e la vita era la luce degli uomini" (Gv 1. in edizione critica: A. libertà. Sul rapporto fra la metafisica rosminiana e quella greca con particolare riferimento a Platone ed Aristotele. per scorgervi. 83 35 . onde evitare la deriva averroista o la ripresa hegeliana del nous noetòs nella prospettiva dell’idealismo assoluto.. è carità. SANCHEZ SORONDO. un IO. è vita ottima ed eterna”84. 4). a cura di G. ove appunto si afferma che “Egli [Dio = la sostanza soprasensibile] è anche vita. a cura di G. EN. Infatti il dinamismo dell’essere aristotelico ha bisogno di essere profondamente ripensato alla luce della Rivelazione biblica. come autorevolmente è stato notato. ad esempio. Aristotele e San Tommaso. la sua essenza è vita. Ma ella stessa come amabile. 84 ARISTOTELE. 152. ama se stessa. I. contiene alcune lapidarie affermazioni: “Nome proprio di Dio è quello di vita. BERTI. Il brano citato in AS. senza cessare di essere oggetto. Ed ecco come viene esposta in questa prospettiva la dottrina trinitaria: “Il Padre è l'essenza divina. Roma . Metafisica. perché l'attività dell'intelligenza è vita. BESSERO BELTI). Tale ripensamento impone almeno un “capovolgimento” di prospettiva. ROSMINI. una. il configurarsi di una prospettiva amativa del tutto priva di negatività e di dinamismo kenotico. che sussiste di per sé. ossia nel cuore stessa del dogma trinitario. ma che la nostra adorazione va rivolta a tre persone vive e sussistenti: “Il Padre adunque non è solamente la potenza. 89 AS. Lo Spirito Santo non è semplicemente la carità. ma come amabili e amati non siamo più che una forma intellettiva e accidentale. come pure è la stessa essenza conoscente. e spirata. A proposito della terza persona della divina trinità. Infatti: “L'essenza amata. Nè il Nostro dimentica l'unità della natura divina.ha differenza fra l'amore che abbiamo di noi stessi e l'amore che ha di sé il Padre. generante per via d'intelletto il Figliuolo. Agostino. I. 153. I. Rosmini. è la stessa essenza intesa e pronunciata. e Spirito Santo”89. Cf AS. il subietto medesimo dee sussistere come per sé amato. che in un carme chiama lo Spirito Santo “la divinità amena o amabile” e S. ma dee aver sempre ottenuto tutto il suo effetto: l'atto amoroso deve dunque essere sfavillante. All'opposto in Dio l'essenza divina come amabile e amata sussiste. generata. e il Figliuolo. e spirante. che attribuisce alla terza persona il nome di dono. “celebre per l'esattezza della sua maniera di parlare. ma la potenza viva. onde fra tutti i Padri è denominato il Teologo”. 153-154. e sussistendo in queste tre relazioni in questi tre diretti sentimenti. Rosmini non manca di ribadire a più riprese che non ci troviamo di fronte a tre principi. n. proprio mentre sottolinea le proprietà delle singole persone. Questa essenza intesa sussistente come amata è lo SPIRITO SANTO”87. sussistente. ma bensì il termine vivo. Il Figliuolo non è adunque semplicemente la sapienza. non può essere mai imperfetto. 152-153. Noi sussistiamo come amanti. ma ultimato e quieto nel fine ottenuto. è un IO come amato. per cogliere il vertice speculativo della esposizione rosminiana riguardante la santità divina e la sua enucleazione trinitaria: “Un tale conato proprio della natura dell'amore. ella ha un sentimento. Figliuolo. I. in cui anche l'amore è a concepirsi perfettissimo. 271. E se l'amante è oggimai l'amato. 90 AS. nell'Antropologia soprannaturale cita due luoghi patristici: S. sussistente. sussistente della carità del Padre e del Figliuolo”90. conosciuta. essa è Dio in somma Padre. pel quale l'amante tende a uscire spiritualmente e dividersi da sé per divenire e identificarsi all'amato. L'amante dee aver presa la forma di amato. il termine della sapienza del Padre. I. Gregorio Nazianzeno. in un Essere infinito. in quanto Egli è essenzialmente donabile88. 36 . Ma dobbiamo raggiungere la Teosofia. non siamo che un termine dell'amore non esistente in se stesso ma solo nell'amore dell'amante. e amata. 153. essa acquista le proprietà di generante. Ma questa unica essenza sussiste come conoscente. che è l'ultima 87 88 AS. ma è l'oggetto vivo. La tematica della vita e del sentimento illumina il mistero di Dio nella sua unità e nella sua trinità. II. e quest'altro e altro. un atto di volontà. p. II. come si dice che lo Spirito Santo procede non per modum naturae. in questa costituzione della divina Trinità. 373-374 (1034). ma in essa è dato rilevare il vertice speculativo della metafisica agapica: “L'atto dunque del principio fontale della divina Trinità è un atto che tende sempre in un altro. e dove la catena si scioglie nella comunione mistica. in cui consiste la natura stessa di Dio. ossia un mettere tutto in atto se medesimo: di maniera che l'essenza divina.. che è nel principio e che viene comunicata. Quella di cui riportiamo qualche passaggio è una pagina non facilmente sintetizzabile. ove si coglie il carattere ordinato. un ritenere tutto. l'atto amoroso è atto volontario (Rosmini polemizza con quei teologi che assegnano alla volontà un ruolo subalterno rispetto all'intelligenza e all'essere92).concepibile attualità. finalmente nello Spirito Santo. dove la stessa beneficenza e riconoscenza trova la sua quiete e si consuma95. che è nello stesso tempo un atto della natura divina93. considerata nel Padre come prima. “laonde non malamente possiamo dire che il divino Verbo procede non per modum voluntatis. Giova richiamare a questo punto un luogo centrale. 373 (1033). II.. E così la santità è in tutta la Trinità e nella stessa processione delle persone. infinita. e in un altro. II. assoluta. 94 TS. ma nello stesso tempo sussistono in se stessi per le loro proprie e personali coscienze. ma è ad esso “coesistente e contemporaneo”. per le quali l'uno di essi sa di essere generato. 368-369 (1032).]. e spirante insieme col suo essere generato [. l'ha sempre ab eterno [sic!] raggiunto e di sé promanato. un dare tutto ad altri. che è diffusivo e operativo. 2. I due termini dunque proceduti così dal principio rimangono nel principio. Cf nota di TS II. dove Rosmini espone il suo pensiero circa quello che lui stesso chiama “l'atto del principio fontale della divina Trinità”. 95 Cf TS. due note o condizioni: 1. verace del bene (a proposito della veracità va notato come la conoscenza del vero nella prospettiva del pensiero credente non possa coniugarsi se non in termini di ri-conoscenza). e così sarebbe stato imperfetto e insufficiente a se stesso. e perfetta quiete. e tale atto non è da considerarsi successivo o ulteriore rispetto all'atto intellettivo. e l'altro sa di essere spirato. mentre il principio ha la coscienza personale di essere principio generante. assoluta e universale beneficenza e col carattere proprio del bene. infinita. 93 Cf TS. 37 . A questo punto si situa la riflessione trinitaria sulla carità. Nel turbinio dell'amore infinito. dell'essere”91. che ha come referente costante l'altro da sé e al tempo stesso il sé. non realmente. la carità infinita assume la forma dell'unione. dell'immenso frammento che stiamo evocando. nell'operazione del principio si distinguono logicamente. in tal caso il principio con quell'atto avrebbe cercato un termine fuori di sé. è 91 92 TS. Onde. nel Figlio come riconoscenza e gratitudine. onde il Trisagio angelico”94. giusto. ma naturaliter. ma voluntarie. Ma se quest'altro e altro fosse fuori del principio producente. 1032. 369 della edizione che stiamo seguendo. prima. 1033. nel cammino verso il quale Rosmini si rivela. più che compagno. Di che risulta. ma anche grazie alla santità della sua vita 96 TS. non solo attraverso l’esercizio della sana ragione. 38 .messa in atto per lo stesso atto pel quale sono messe in atto le divine persone distinte realmente tra loro. che il dare tutto se stesso al proprio oggetto e all'oggetto amato è quell'atto con cui si costituisce il principio stesso nell'ultima e infinita sua perfezione”96. 295-296 (1383). Le pagine che abbiamo riportato possono credo sufficientemente offrirci preziose opportunità di attingere il fondamento agapico della fede e della metafisica cristiane. III. capace di condividere anche con chi non appartiene al suo secolo quei vertici di contemplazione speculativa cui è pervenuto. amico.
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